La Freccia - febbraio 2019

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lasciando una breve relazione per i colleghi che incontreranno gli stessi pazienti. Perché questo lavoro non è solo arte, ma – lo conferma la scienza – una vera e propria cura. È ormai attestato, infatti, che l'umorismo ha un impatto positivo

sulle condizioni fisiche e psicologiche dei malati. In prima fila nella ricerca sul settore c’è l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, che nel 1995 fu il primo in Italia a introdurre i clown in corsia. «Abbiamo condotto diversi studi – spiega Laura Vagnoli,

psicologa presso l’istituto – che hanno dimostrato come la presenza di clown in ospedale riesca a ridurre significativamente l’ansia nei bambini prima di un intervento chirurgico e durante l'induzione dell'anestesia, uno dei momenti che temono di più». Ma il lavoro di questi professionisti ha un’influenza benefica anche sui parenti dei ricoverati e sugli operatori sanitari. «Con una ricaduta sul clima che si respira nell’intero ospedale», conclude Vagnoli. A conferma che far ridere è davvero una cosa seria. LF soccorsoclown.it federazionenazionaleclowndottori.org

A LEZIONE DI FELICITÀ

«La positività è un’attitudine mentale, quindi educabile». Ne è convinto il neuroscienziato Andrea De Giorgio, che all’Università di Torino terrà una serie di lezioni finalizzate ad allenarla. Sulla scia di uno dei corsi più gettonati a Yale, infatti, il 6 aprile e l’11 e il 25 maggio l’ateneo ospita il laboratorio per aspiranti infermieri Quando siete felici fateci caso. Neuroscienze e psicologia della felicità. «Non si può eliminare la sofferenza ma è possibile cambiare la nostra predisposizione imparando ad accoglierla e non a contrastarla», spiega l’esperto. Lo stress del reparto può allontanare gli operatori sanitari dalla visione della persona. «Si finisce per non rapportarsi più con il malato, ma con la malattia stessa. Mentre è importante non perdere di vista l'individuo e rendersi conto sempre che la sua storia non è la nostra». Per riuscirci, si parte dalla definizione personale di felicità. «Perché come dicevano gli eristi greci», conclude il docente, «se non sai cosa stai cercando non sai neppure di averlo trovato quando lo incontri». M.G.

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