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Grande spinta al biologico
Le norme europee sulla trasparenza delle produzioni bio scattate dallo scorso 1° gennaio e l’imminente conversione in legge a Roma delle disposizioni a favore dell’agricoltura biologica daranno un colpo di acceleratore ai consumi di alimenti organici. Non che le vendite di prodotti biologici si siano arenate, ma i tassi di sviluppo in Italia hanno progressivamente perso velocità, a parte l’eccezionale 2020 (+7% delle vendite a 4,3 miliardi di euro) segnato dal lockdown e dai consumi rigorosamente in casa. Insomma, il biologico nel carrello piace ancora nel nostro Paese, mentre all’estero corre il Made in Italy. Nei 12 mesi terminanti a luglio 2021, le vendite complessive del food biologico in Italia sono in crescita del 5% con ricavi per 4,6 miliardi di euro. Anche l’export bio Made in Italy continua la sua corsa: +11% rispetto allo scorso anno, totalizzando 2,9 miliardi di euro sui mercati internazionali e confermando l’Italia come il Paese più export oriented d’Europa.
«Siamo tornati alla normalità – commenta il presidente della catena specializzata EcorNaturaSì, Fabio Brescacin -. Il 2021 è stato leggermente peggiore del 2020, ma un po’ meglio del 2019. Quindi si è vista la crescita nel confronto con un anno normale». Nel 2020 i ricavi di EcorNaturaSì (354 punti vendita, di cui 130 di proprietà e il resto indiretti) sono balzati del 18,6% a 470 milioni di euro di fatturato (dati Mediobanca). «Il rallentamento della crescita degli ultimi anni – aggiunge Brescacin – dipende anche dal processo di razionalizzazione degli assortimenti bio della distribuzione moderna. C’è meno spinta rispetto al passato e questo si traduce anche in meno vendite. Inoltre incide l’imporre la private label al posto del prodotto di marca altorotante».

Tra casa e fuori casa
L’Osservatorio Nomisma divide, nei 12 mesi terminanti a luglio 2021 i consumi interni in “domestici”, pari a 3,9 miliardi di euro (+4%), e “fuori casa”, pari a 701 milioni di euro (+10%). La ristorazione collettiva e commerciale ritorna a crescere dopo il fisiologico -27% (487 milioni di euro) registrato nel 2020. La distribuzione moderna con il 56% fa la parte del leone tra i canali di vendita del domestico: 2,2 miliardi di euro (+2%) tra ipermercati, supermercati, libero servizio, specialisti drug, discount ed e-commerce. Gli ultimi due canali continuano a registrare i maggiori incrementi: +10,7% i discount a basso costo (a 205 milioni di euro) e +67,3% l’online (a 75 milioni di euro). Da segnalare anche la crescita dei negozi specializzati bio (+8%), che soddisfano un quarto (26%) del consumo interno con quasi un miliardo di euro di vendite. Il restante 19% (723 milioni di euro, +5%), proviene da negozi di vicinato, mercatini, farmacie, parafarmacie, gruppi di acquisto solidale.

Continuerà la crescita del bio, al netto dei provvedimenti legislativi? «Sono ottimista – risponde
Giuseppe Cantone, direttore com-
merciale di MD –. Il bio continuerà a crescere in generale e anche nel canale discount. Per esempio, nel processo di upgrading di MD, il bio trova ottima visibilità tra i prodotti top di gamma anche nel nuovo format appena lanciato: dalla linea Lettere dall’Italia a Vivo Meglio linea salutistica, ai prodotti funzionali. Resta inteso che il driver del nostro bio rimane il rapporto qualità/prezzo. Non possiamo disattendere le aspettative dei nostri clienti». Meno ottimista Brescacin per il 2022: «Si naviga a vista – dichiara l’imprenditore –. È impossibile fare previsioni perché nessuno sa quale strada possa prendere la pandemia e quanto possa durare. Quindi è meglio tenere un atteggiamento prudente».

Quali sono i prodotti biologici nel carrello degli italiani? Considerando solo la merce preconfezionata a peso imposto, le tre referenze più vendute nella distribuzione moderna sono uova (valore 137 milioni di euro), confetture e spalmabili a base di frutta (106,5 milioni) e bevande vegetali (69 milioni di euro). La drogheria alimentare (pasta, prodotti da forno, conserve, sughi) incide a valore per il 57% sul totale, seguita dal fresco con il 21% (formaggi, salumi, yogurt, uova), l’ortofrutta con il 12%, le bevande con il 6% e carni e freddo con il 2%. Quali le abitudini dei consumatori di bio? Il 54% della popolazione fra 18 e 65 anni viene considerato “consumatore frequente”, ossia mette a tavola prodotti bio ogni giorno o almeno una volta a settimana. «Il biologico sta crescendo in Italia come in tutto il mondo – scrive l’Osservatorio Nomisma – ma mentre siamo i primi in Europa per numero di coltivatori biologici (80mila) e di imprese di trasformazione (oltre 10 mila), la spesa pro capite cresce lentamente: appena 70 euro contro i 188 della Francia e i 180 della Germania. Comunicazione, formazione e ricerca universitaria, istruzione scolastica: sono queste le linee su cui il governo italiano dovrebbe investire per innescare un processo virtuoso nello sviluppo di un’economia agricola biologica anche in Italia. Una svolta culturale necessaria, per sostenere produttori e distributori impegnati a fornire ogni giorno beni sostenibili a tutti i livelli della filiera, dal prodotto all’imballaggio». “ Comunicazione, formazione e ricerca universitaria, istruzione scolastica: sono queste le linee su cui il governo italiano dovrebbe investire per innescare un processo virtuoso nello sviluppo di un’economia agricola biologica anche in Italia.



La nuova legge Ue
Il Green Deal europeo è la strategia al centro dell’agenda politica della Commissione. L’obiettivo primario è fare dell’Europa il primo continente a impatto zero sul clima, nonché incrementare la sostenibilità dell’economia e migliorare la qualità della vita e la salute delle persone. La produzione biologica è un cardine verso un sistema alimentare sostenibile, attraverso il rafforzamento degli sforzi degli agricoltori per contrastare il cambiamento climatico, proteggere l’ambiente e ridurre l’utilizzo di sostanze chimiche. Dall’inizio di gennaio è scattata la nuova legislazione europea sulla produzione biologica. Nelle intenzioni, vuole garantire una concorrenza leale tra gli agricoltori, prevenendo al contempo frodi e mantenendo la fiducia dei consumatori. Per questo sono state introdotte norme sulla produzione che semplificano il quadro regolatorio attraverso la graduale eliminazione di una serie di eccezioni ed esen-
zioni. Si rafforza il sistema di controllo grazie a misure preventive più rigorose: i produttori extra Ue dovranno rispettare le norme comunitarie e le leggi sul biologico copriranno un elenco più ampio di prodotti (per esempio sale, sughero, cera d’api, mate, foglie di vite, cuori di palma) e comprenderanno norme di produzione supplementari per quanto riguarda le carni di cervi, conigli e pollame. Infine la certificazione sarà più facile per i piccoli agricoltori e si seguirà un approccio più uniforme per ridurre il rischio di contaminazione accidentale da pesticidi.

La Commissione europea ha varato il piano d’azione per l’agricoltura biologica nell’ambito del Green Deal destinando il 25% dei terreni disponibili all’agricoltura bio entro il 2030. L’Italia ce la farà? Quasi certamente sì. Abbiamo 2,1 milioni di ettari coltivati, quasi il 18% della Superficie agricola utile (Sau) totale, quindi si può centrare l’obiettivo del 25% di Sau bio anche entro il 2027. A condizione però che «vengano resi disponibili fondi adeguati, intorno al miliardo di euro in 5 anni – calcola Giuseppe Romano, presidente dell’Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab) - e si mettano a sistema azioni congiunte finalizzate ad accompagnare il percorso di conversione dal convenzionale al biologico, si favorisca la transizione ecologica e digitale e si stimolino i consumi, così da mantenere in equilibrio domanda e offerta». Proclami nel deserto? No, a dicembre il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli ha incontrato i vertici di Aiab e Federbio che si sono detti soddisfatti, ma bisognerà attendere la stesura del Piano strategico nazionale per verificare quante proposte saranno recepite e quante risorse destinate allo scopo.

L’IDENTIKIT: REDDITO MEDIO-ALTO E ACQUISTI SETTIMANALI DI FRUTTA E ORTAGGI

In oltre la metà delle famiglie italiane (54%), cibo e bevande bio si consumano almeno una volta a settimana e per il 50% dei responsabili degli acquisti alimentari il biologico nel carrello rappresenta sempre la prima scelta, soprattutto per alcune categorie di prodotti come frutta, verdura e uova. Quasi 9 famiglie su 10 hanno acquistato almeno una volta nell’ultimo anno un prodotto biologico e in 9 anni il numero di famiglie acquirenti è aumentato di circa 10 milioni. È questa la fotografia dell’evoluzione del consumatore italiano di biologico scattata dall’Osservatorio Sana-Nomisma. La crescita dei consumi domestici riflette il progressivo ampliamento della consumer base (almeno una occasione di acquisto negli ultimi 12 mesi) che nel 2021 ha raggiunto l’89% delle famiglie. Nel 2012 questa percentuale era del 53%. Ma qual è il profilo del frequent user bio? In primis, il reddito e il titolo di studio: la quota è più alta tra i responsabili di acquisto con reddito mensile e titoli di studio medio-alti. Incide anche la composizione del nucleo familiare: dove ci sono figli e, in particolare, bambini con meno di 12 anni, la percentuale di user abituali cresce fino al 62%. Anche le abitudini alimentari influenzano il consumo frequente di prodotti bio: nelle famiglie in cui ci sono vegetariani o vegani il tasso di frequent user bio sale al 76%. Tra gli attributi incentivanti all’acquisto di biologico c’è la provenienza: il 57% decide di comprare un prodotto bio se gli ingredienti sono di origine italiana e il 37% se la sua provenienza è locale o a km zero. Ma qual è la leva che guida il primo acquisto? Sicuramente la curiosità (per un 57%), ma ancor di più la percezione di acquistare prodotti privi di pesticidi e chimica di sintesi.

Il brand Made in Italy
Intoppi invece sul versante legislativo: dopo 15 anni di attesa, il Senato ha approvato (con 195 voti a favore, uno contrario e un astenuto) il disegno di legge sull’agricoltura biologica (numero 988). Ma fino a tutto lo scorso dicembre il provvedimento non è stato calendarizzato alla Camera dei deputati per l’approvazione definitiva, probabilmente anche per l’ingorgo della Legge Finanziaria. La legge è uno snodo cruciale per il biologico: definisce i compiti delle Regioni, istituisce il marchio del bio made in Italy, il Tavolo tecnico per la produzione biologica e il Piano d’azione nazionale con cadenza triennale, il supporto alle imprese agricole nella conversione al biologico e le azioni per favorire l’aumento della domanda. A questo proposito, è intervenuto il presidente
di Alleanza cooperative agroalimentari Giorgio
Mercuri che, in una lettera indirizzata al presidente della Camera dei deputati Roberto Fico, ha ribadito «l’indiscussa centralità che il provvedimento legislativo assume, anche in considerazione delle recenti scelte della Commissione europea in materia di agricoltura biologica. Le nostre aziende restano ferme, con un provvedimento che aspetta ancora di essere calendarizzato, mentre il resto dell’Europa corre». Anche secondo Brescacin «il quadro giuridico in evoluzione in Europa e in Italia, da un lato, e una maggiore attenzione alla salute, dall’altra, produrranno quasi certamente effetti positivi anche su produzione e consumi di biologico. Infatti, le previsioni sono ancora improntate a una crescita dei consumi in tutta Europa. Compresa l’Italia che è un paese di grande tradizione nel bio, ma di bassi consumi».
DMM COVER
BONSIGNORE: PER COOP IL BIO VALE 250 MILIONI DI EURO

Il brand Coop Vivi Verde non ha cessato di crescere durante il lockdown e anche dopo: il trend a valore è +6%. Così l’esordio di Paolo Bonsignore, direttore prodotto a marchio e marketing Coop Italia. «Il nostro marchio di prodotti biologici Vivi Verde, con il quale abbiamo esordito nel 1999 - aggiunge il manager - è il primo brand bio venduto nella grande distribuzione in Italia con oltre 250 milioni di euro di fatturato nel 2020».
E oggi?
Da un anno l’intera linea Vivi Verde, il bio di Coop, utilizza imballi riciclabili, riutilizzabili o compostabili. Stiamo parlando di oltre 750 referenze. L’innovazione dei prodotti e delle linee va di pari passo con la scelta di rafforzare ulteriormente l’ecosostenibilità che per Coop è un impegno che viene dai lontani anni ’80.
Quali le maggiori categorie di Vivi Verde?
Tra i prodotti di punta, sicuramente le uova, sulla cui filiera l’impegno di Coop risale al 2002, anno della nascita della filiera controllata delle uova a marchio Coop e delle prime uova bio. Oggi le uova Vivi Verde nascono da galline italiane allevate senza uso di antibiotici. Vivi Verde è un vero e proprio brand e, come tale, vive in un costante stato di sviluppo e affinamento.
Come nascono le linee di prodotti?
Coop, attraverso l’iniziativa storica “Approvato dai Soci”, raccoglie costantemente i feedback di soci e consumatori e li utilizza per creare nuovi prodotti oppure per migliorare quanto già a scaffale. Si tratta di un’operazione che negli anni ha raccolto decine di migliaia di feedback e che ha consentito di sviluppare le linee di successo che oggi tutti conoscono, Vivi Verde in primis. Per Coop qual è l’identikit del consumatore tipo di bio?
Non esiste più un consumatore tipo. Anche l’ultima fotografia scattata dal Rapporto Coop 2021 ci restituisce la fisionomia di più tipologie di consumatori, usciti anche profondamente trasformati dalla pandemia. Un italiano su due ha cambiato le proprie consuetudini alimentari, chi indulgendo nel conforto alimentare e chi approfittandone per una dieta più equilibrata e salutare. Se solo il 18% non si riconosce in alcuna cultura alimentare e il 24% fa riferimento solo alla dieta mediterranea, oltre la metà degli italiani si riconosce anche o esclusivamente in altre identità alimentari (bio, veg&veg, gourmet, iperproteici e low carbs) e nel 2021 abbiamo anche registrato la comparsa della nuova tribù dei climatariani, ovvero di coloro (1 italiano su 6) che dichiarano di adeguare il proprio regime alimentare per ridurre l’impatto ambientale. E.S.
PESCATORE (BENNET): VENDITE STABILI MA CRESCE IL NOSTRO MARCHIO
Il mercato del bio non è maturo, anzi conserva grandi potenzialità. Un elemento determinante per crescere sarà la riduzione della forbice dei prezzi al consumo tra prodotti bio e convenzionali. E in questo la crescita della private label sarà un elemento importante: parola di Simone Pescatore, direttore marketing e comunicazione di Bennet. «Oggi il bio – aggiunge Pescatore – non cresce più a doppia cifra come un tempo ma rimane in terreno positivo. Soprattutto si tratta di uno sviluppo sano, dettato da un consumatore più attento al proprio benessere e all’ambiente».
Quali sono i brand di Bennet dedicati al bio?
Sono la linea “Bennet-Bio” che abbraccia il mondo alimentare e la linea “Bennet Cosmesi Naturale bio” per la cura della persona. Quanto pesa il marchio proprio sulle vendite di bio?
Rispetto alle vendite totali di bio, i nostri brand dedicati pesano attualmente il 46% a valore e il 52% a volume.
Quali categorie di prodotti sono più acquistati?
Sono numerosi: prodotti freschi come verdure di IV gamma, uova, yogurt, preaffettati in busta, pasta fresca, latte, prodotti a lunga conservazione come le bevande vegetali, conserve (principalmente legumi e derivati dal pomodoro), panificati, cereali prima colazione, confetture e spalmabili, biscotti e farine.

A quanto ammontano le vendite di bio in Bennet?
Nel 2020 le vendite hanno superato complessivamente i 22 milioni di euro. Nel 2021 abbiamo registrato un andamento piuttosto stabile nel complesso, mentre è aumentata al suo interno la quota del marchio privato Bennet-Bio con un trend del +14,7% a valore.
Gli ultimi dati parziali indicano vendite in bio in rallentamento nella distribuzione moderna?
È plausibile. Negli anni precedenti la grande distribuzione ha beneficiato di un travaso di consumatori dal canale specializzato grazie al maggior presidio del biologico in tutti i principali settori merceologici. Dopo il boom ora le quote cominciano a consolidarsi. È possibile tracciare il profilo del consumatore tipo di bio?
È attento alla salute e alla sicurezza dei prodotti che sceglie per sé e per i suoi famigliari. Non ultimo, è attento all’ambiente. Cerca cibi più sani, senza pesticidi ed altre sostanze indesiderate. Ci sono in vista nuovi lanci di bio?
Siamo determinati nel processo di sviluppo dei prodotti Bennet-Bio con l’obiettivo di essere presenti in tutti i settori merceologici. A livello promozionale daremo maggior risalto nei volantini. E.S.