PREMIUM IN Magazine - 1/2009

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Edmondo Berselli

esaminarne le ragioni senza raccontarsi delle panzane. Se non si ricorre a una cura adeguata, il male di pancia aumenta. Fedele alla regola che si è dato, Edmondo Berselli emette sentenze più tenui nei commenti che scrive per “La Repubblica” e per “L’Espresso”. Però non si nasconde, e le dimostrazioni di sincerità sono evidenti. La sua tendenza è riconoscibile; propende per la sinistra riformista. È una tendenza nata negli anni del miracolo economico. Autostrade, elettrodomestici; tante novità avevano dato una spinta formidabile al rinnovamento. Con forme di modernità avanzata anche la provincia disponeva degli strumenti per entrare in sintonia con il mondo intero, per alimentare passioni politiche e civili. Da allora Berselli ha continuato a coltivare il concetto di una politica che deve impegnarsi per il miglioramento delle condizioni di vita. Stesse regole e stessi concetti hanno sempre mostrato le caratteristiche del giornalista modenese (nato 58 anni fa a Campogalliano) sin dalle prime tappe della carriera. Per oltre vent’anni ha lavorato alla casa editrice Il Mulino di Bologna dove ha ricoperto vari incarichi, dall’ufficio produzione fino alla direzione editoriale. Nello stesso periodo è stato collaboratore di diversi quotidiani, con inizio nel 1986 alla “Gazzetta di Modena”. Due anni dopo articoli di Berselli sono stati pubblicati su “Il Resto del Carlino”. I successivi rapporti

Una lunga tradizione di talento, arguzia e ironia. “Non modenesus erit cui non fantastica testa”. È latino maccheronico. Il poeta Teofilo Folengo lo usava per rendere più spassose le sue composizioni. Siamo a cavallo fra ’400 e ’500. Già a quell’epoca c’erano esempi del talento creativo e arguto che ancora oggi fa proseliti nella città della Ghirlandina. Ora il vessillo lo reggono a turno i giornalisti Edmondo Berselli e Vittorio Zucconi, ma nei secoli sono stati tanti i passaggi di mano. Capostipite dell’arguzia modenese fu Alessandro Tassoni, autore del poema eroicomico della “vil secchia di legno”, trofeo portato a Modena dai vincitori in una delle tante guerre contro i rivali bolognesi. L’epopea ridanciana fece proseliti anche nelle alte sfere. Ercole III d’Este fu “il duca burlone”. Il governatore Francesco Guicciardini scrisse lettere allegre a Machiavelli per aiutarlo a uscire da un periodo di difficoltà. Persino nella musica composta da Orazio Vecchi ci sono brani taglienti. A inizio ’900 l’editore Angelo Fortunato Formiggini pubblicò la collana “I classici del ridere” e inventò la festa mutino-bononiense col pretesto di cancellare le inimicizie fra le due città non più rivali. Suo braccio destro fu Umberto Tirelli, arguto caricaturista e creatore di fantocci con le teste di legno. Nello stesso periodo lo scrittore Antonio Delfini attribuì alla sua città un ritratto caratteristico: “A Modena si sberleffa, si ride, si bastona come nel film scolpito in bassorilievi sulla facciata del duomo”. Sono recenti i tempi dei cartoni animati coi personaggi di “Carosello” usciti dalla fantasia di Paolo Campani e delle “Sturmtruppen” di Bonvi. Ma il giornalista Guglielmo Zucconi, padre di Vittorio, merita una menzione particolare. Il suo monologo della pettegola “Signora Isota” è un concentrato di ironia e arguzia.

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