Artù 2012 11/12

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di Fiorenza Auriemma Una novità sulla scena milanese, il ristorante Wicuisine, conferma che cultura, passione, ricerca sono gli elementi fondamentali per caratterizzare il livello qualitativo dell’offerta. Con l’aggiunta di una buona dose di riflessione ayurvedica. Da fuori non lo noti. Devi entrare per comprendere che non si tratta di uno dei tanti locali giapponesi – o similari – di Milano. Né dell’ennesimo luogo di cucina fusion. Quello che avverti invece è di aver messo piede nella casa, o meglio ancora nel villaggio di qualcuno. Un villaggio particolare, accogliente e semplice, ordinato e al tempo stesso caldo e vicino a un mare diverso dal nostro ma non estraniante. Le pareti dipinte di scuro, ad esempio, non incutono timore né trasmettono distacco: al contrario, trattengono all’esterno il caos urbano e rilassano lo sguardo che vi si posa, come accade con i cieli al tramonto. Ci si sente a proprio agio da Wicky’s Wicuisine Seafood, in via San Calocero 3, a pochi passi dal trafficato e impersonale Corso Genova. E soprattutto, si ha l’impressione di essere approdati in un luogo che appartiene sì a un’altra tradizione e qualcun altro, ma senza essere una “terra straniera”. E questo benché Wicky e Nozomi – rispettivamente lo chef del locale e sua moglie – vengano da territori molto lontani: dallo Sri Lanka lui, dal Giappone lei. Come anche la brava sommelier, Naoko Takeda, che segue con competenza il servizio del vino. Il perché di tutte queste sensazioni apparentemente contraddittorie e contrastanti e in realtà complementari – il rigore, la semplicità, il calore, la diversità, l’agio – non è semplice da spiegare a parole. Bisogna provarlo di persona. Sarà la grande

icona di luna piena dorata incastonata al centro della lunga parete. O il movimento sinuoso delle onde stilizzate che avvolge le vetrate evocando il mare. O le piccole luci che pendono dal soffitto a mimare il luccichio delle stelle. Saranno i tavolini di rovere chiaro apparecchiati con elegante discrezione, oppure il lungo bancone dello stesso morbido legno che permette a più persone di condividere il cibo fianco a fianco, gettando tra un boccone e l’altro occhiate furtive a ciò che c’è e accade dall’altra parte: le ciotole, gli attrezzi, le bottiglie, i vasetti; e le mani che preparano e finiscono i piatti, gesti veloci, sicuri e morbidi che modellano il riso bollito per farlo diventare la base su cui poggiare il pesce. Attenzione, però: è bene precisare subito che il sushi qui c’è, eccome, però non la fa da padrone. Al contrario, è una possibilità che si divide il menu con molte altre. Non è lui il protagonista, quindi, bensì un elemento importante né più né meno tanto quanto gli altri attori dello spettacolo

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