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OPEN TEXT
by Economy
VITA DA MANAGER MA GUARDA! LAVORARE SEMPRE STANCA DI PIÙ
Un'indagine di Open Text su 27 mila intervistati rivela: la crisi e i nuovi costumi del lavoro digitale hanno determinato un diffuso «sovraccarico cognitivo». E il 36% dei professionisti non riesce mai a «staccare»
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46% DEI PROFESSIONISTI 1H/GIORNO A CERCARE DOCUMENTI O DATI SPECIFICI
36% DEGLI ITALIANI NON RIESCA A STACCARE (NEL 2020 ERA IL 16%)
44% DEI DIPENDENTI NON HA GLI STRUMENTI ADATTI PER LAVORARE DA REMOTO
6STRUMENTI DI CONDIVISIONE/GIORNO (GOOGLE DRIVE, WHASTAPP, DROPBOX, ONEDRIVE,...)
di Marina Marinetti
C' è un prima e un dopo. Prima del Covid eravamo stressati dal lavoro. Dopo il Covid, abbiamo capito che quello che quello che allora ritenevamo stress era solo una leggera seccatura, in confronto a quello di oggi. Tutta colpa della digitalizzazione, che se da un lato ha semplificato i processi, dall'altro ha moltiplicato esponenzialmente oneri e seccature. E, grazie allo smartworking, eliminato qualsiasi distinzione tra vita privata e lavoro. «Per le aziende e i loro dipendenti, provare a gestire sia il volume, sia la complessità delle informazioni può essere scoraggiante. La quantità di dati a disposizione, strutturati e non, sta aumentando esponenzialmente, ma ci siamo resi conto che le informazioni di per sé non sono la soluzione», spiega Antonio Matera,
regional vice president sales Italy, Malta,
Greece & Cyprus di OpenText, società quotata al Nasdaq leader di mercato nelle soluzioni e software di enterprise information management, che al cosiddetto "sovraccarico cognitivo" ha dedicato un'indagine per capire come siano cambiate le sfide quotidiane per i lavoratori negli ultimi due anni, interpellando 27.000 tra dipendenti e professionisti di Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Spagna, Francia, Australia, Canada, Singapore, India, Brasile, Giappone e Italia, dove sono state intervistate 2.000 persone per indagare le esperienze dei dipendenti
Credits Roberto Bersani
ANTONIO MATERA
in termini di “sovraccarico di informazioni” durante la pandemia, nonché come sia cambiata la loro interazione con i dati.
Lo smartworking non poi così "smart"
Ebbene, oltre un terzo dei professionisti in Italia (36%) non riesce mai a disconnettersi davvero. Il trend è particolarmente diffuso nell’Europa continentale, dove l’Italia spicca, ma viene immediatamente seguita da Spagna (34%) e Germania (33%). Si tratta di un fenomeno più che raddoppiato dall’inizio della pandemia: nel 2020, infatti, solo il 16% degli italiani lamentava di non riuscire a “staccare”. Oggi, i dati evidenziano utenti sopraffatti principalmente dalle troppe password da ricordare (27%), dal numero eccessivo di app e fonti di dati da controllare ogni giorno (25%) e dall’invadenza dei social media (14%). Non è solo questione di “cosa” e “dove”: una delle maggiori difficoltà per i professionisti è rappresentata dal fatto di avere informazioni distribuite in diversi “luoghi”: più di 1 italiano su 3 (36%) afferma infatti di faticare a reperire le informazioni perché queste sono disponibili su diverse piattaforme, applicazioni o file. Colpa anche dei colleghi: il 15% degli interpellati ritiene che i colleghi non salvino correttamente i documenti (conservandoli per esempio sul desktop del proprio Pc), il 24% lamenta difficoltà a identificare le informazioni più recenti e aggiornate. E chiaramente tutto ciò ha un effetto negativo sui lavoratori: il 43% dei dipendenti italiani, infatti, ritiene che la grande quantità di informazioni abbia ripercussioni dal punto di vista del benessere fisico e mentale, mentre il 35% afferma che le conseguenze riguardano principalmente le prestazioni lavorative. Da non sottovalutare anche il fatto che 1 italiano su 3 (34%) possa vedere compromesso l’equilibrio vita-lavoro. Non siamo i soli: il trend è confermato anche a livello globale, con il benessere psico-fisico influenzato negativamente dal sovraccarico cognitivo per quasi la metà degli intervistati (42%). Insomma: il lavoro ibrido si è dimostrato non essere tutta questa gran cosa. E poi, in Italia i dipendenti che ritengono di disporre degli strumenti tecnologici e digitali adatti per svolgere le proprie mansioni anche da remoto sono ancora meno della metà (44%).

Tutto a posto, niente in ordine
A incidere sullo stress, stando alla ricerca di OpenText, non è solo il numero sempre crescente di dati, ma anche la difficoltà di reperire informazioni e la mancanza di strumenti digitali: solo il 44% dei dipendenti ritiene di avere gli strumenti adatti per svolgere le proprie
È PIÙ DIFFICILE REPERIRE I DATI CHE SERVONO DAVVERO QUANDO SONO DISPONIBILI SU DIVERSE PIATTAFORME È SALTATO L'EQUILIBRIO VITA-LAVORO
mansioni anche da remoto e oltre un terzo dei professionisti fa fatica a reperire le informazioni perché archiviate su diverse piattaforme. Indipendentemente dal fatto che sia consentito o meno dall'azienda, oltre la metà (56%) dei professionisti italiani utilizza sistemi di condivisione file personali, come OneDrive, Google Drive, WhatsApp e Dropbox, per l’invio di documenti di lavoro, poiché risulta più semplice e veloce. Tuttavia, è interessante notare che tre quarti dei dipendenti (72%) lo fanno perché ritengono che la propria azienda non abbia policy che lo impediscano, nonostante i rischi elevati in termini di sicurezza dei dati e delle informazioni. Lo scenario globale è altrettanto sorprendente: quasi due terzi (63%) dei dipendenti nel mondo affermano di utilizzare sistemi di condivisione personali per condividere file di lavoro e oltre 7 su 10 di loro (71%) lo fanno ritenendo che l’azienda non sia contraria. I partecipanti alla ricerca hanno ammesso di utilizzare numerosi account, risorse, strumenti e app per gestire le informazioni, tanto che il 60% di loro afferma di utilizzare almeno 6 strumenti di condivisione diversi al giorno, a dimostrazione del fatto che i dati necessari per portare a termine le attività quotidiane sono distribuiti su un numero sempre maggiore di fonti. Questo porta quasi metà dei professionisti (46%) a trascorrere oltre un’ora al giorno a cercare singoli documenti o dati specifici sulle reti aziendali o su sistemi condivisi, solo per poter continuare a svolgere il proprio lavoro. Il 30% degli italiani afferma che una delle più grandi difficoltà è quella di non avere lo stesso set-up in ufficio e a casa. Il 24%, poi, lamenta di non poter accedere facilmente ai documenti quando lavora da remoto e il 21% di non poter condividere file e informazioni con facilità quando lavora da casa. La soluzione? «Arriva smantellando i silos e centralizzando le informazioni», spiega Antonio Matera. «È quando vengono raccolte e gestite in modo fluido che si trasformano: emergono così modelli e trend, si scoprono insight e si prendono decisioni migliori. È questo il vantaggio informativo. Con i dati di dipendenti, fornitori e clienti in costante crescita, il numero di sistemi e applicazioni utilizzate dalle aziende – con i rischi connessi – continua ad aumentare. In questo momento, c’è un urgente bisogno da parte delle aziende di automatizzare la gestione e la governance delle informazioni, in modo che i contenuti possano essere acquisiti e classificati, le politiche di conservazione applicate automaticamente e i dipendenti possano accedere facilmente a informazioni accurate e aggiornate senza dover effettuare ricerche su applicazioni multiple. Solo seguendo questi passaggi le aziende riusciranno a ridurre la complessità, consentendo ai dipendenti di collaborare facilmente con i propri colleghi, indipendentemente dal dispositivo o dall’applicazione che utilizzano, o da dove e come scelgono di lavorare».