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UNRAE
by Economy
C'è un'infrastruttura "fluida" che il Pnrr ha dimenticato
«Il parco veicolare circolante è un'emergenza ambientale non rinviabile», spiega Andrea Cardinali, direttore generale dell'Unrae. Che punta il dito contro la pessima gestione degli incentivi
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di Sergio Luciano
C'È UN MONDO ONIRICO, POPOLATO DI MERAVIGLIOSE AUTO ELETTRICHE, LUCCICANTI, CONFORTEVOLI E SILENZIOSE, IL MONDO DEL MARKETING (E ANCHE – COSA MENO OVVIA – DEGLI INCENTIVI FINORA INTRODOTTI DAI LEGISLATORI). E c’è un mondo reale, fatto di auto vecchie in media circa 12 anni e ultra-inquinanti, che gli automobilisti italiani non sembrano avere voglia di cambiare, con buona pace delle scadenze imposte dall’Europa. Che fare per migliorare questa situazione surreale? «Il parco veicolare circolante è un’emergenza ambientale non rinviabile» risponde Andrea Cardinali, direttore generale dell’Unrae – l’Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri – che è intervenuto al Convegno “Batteria Italia – Diamo una scossa alla mobilità sostenibile” organizzato da Economy nei giorni scorsi nell’Auditorium delle Ferrovie dello Stato: «Non possiamo aspettare che tutto il traffico italiano si sposti magicamente dalla gomma alla rotaia, e trascurare quello che nel frattempo succede quotidianamente sulle nostre strade».
Domanda d’obbligo: il Pnrr trascura questo problema?
Per qualche motivo il parco veicolare non è considerato un’infrastruttura, e invece a mio modo di vedere lo è: è un’infrastruttura fluida, ma è comunque l’infrastruttura portante che sposta merci e persone in tutto il Paese, e lo abbiamo visto durante la pandemia.
Ma gli incentivi non funzionano?
Sono stati gestiti molto male, sin dall’iter legislativo che ha visto la luce dopo mesi di fermo totale del mercato automobilistico. Purtroppo, mai come in questo caso si è confermata la prassi, vigente ormai da decenni in Italia, di parlare delle cose molto prima di farle: quindi noi abbiamo avuto un decreto, quello del 6 aprile di quest’anno, che ha finalmente varato un piano di incentivi triennali, e meno male, merita un plauso la scelta di un orizzonte non lungo, ma almeno medio.
Bene, quindi, o no?
Bene sì, peccato appunto che se ne parlasse da mesi e peccato, ulteriormente, che la piattaforma di Invitalia per gestire le prenotazioni di questi sia stata accesa soltanto il 25 di maggio, con i fondi che andrebbero spesi entro il 31 dicembre, quindi traete voi le vostre conclusioni di quale può essere lo stato dell’arte. Ulteriori lacune sono state l’introduzione di un price cap sbagliato, un tetto irragionevole al listino delle vetture incentivabili, l’esclusione di tutte le persone giuridiche dall’incentivabilità e una serie di altre questioni, alle quali in parte si è cercato di rimediare con un successivo Dpcm, cioè all’indomani della crisi di governo che ha portato alle elezioni anticipate, pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo dopo due mesi, alla vigilia dell’insediamento del nuovo parlamento. E mancano ancora due decreti attuativi per rendere del tutto operativo quest’ultimo decreto della Presidenza del consiglio...
IL 72% DEGLI ITALIANI NON INTENDE RINUNCIARE ALL'UTILIZZO DI UN'AUTOVETTURA DI PROPRIETÀ O IN USO ESCLUSIVO
Resta il fatto che gli italiani all’auto privata non intendono rinunciare: anzi, secondo un sondaggio che avete appena condotto, il 72% degli italiani ritiene di voler utilizzare un’autovettura di proprietà o comunque in uso esclusivo! Lo avrebbe mai detto?
Altroché se l’avrei detto: il dato non ci ha sorpreso affatto. Intanto voglio sottolineare il fatto che il sondaggio non è stato curato da Unrae ma è un Osservatorio che Legambiente ha promosso in collaborazione con Ipsos e che è già alla sua seconda edizione, e soltanto quest’anno è stato condotto in partnership con noi. Le dicevo che il 72% non è assolutamente un dato sorprendente. An-
ANDREA CARDINALE
che perché l’81% degli interpellati dichiara che non esiste nessun un altro mezzo di trasporto comodo come l’autovettura, e questo - volenti o nolenti - bisogna riconoscerlo.
Ma questa propensione per l’auto di proprietà fa impallidire l’astro del car-sharing, non le pare?
Lo sharing è sicuramente importante, ma bisogna perimetrarlo, nel senso che non può essere l’unica e risolutiva risposta al bisogno di mobilità di tutti gli italiani. Siamo ancora 60 milioni di persone (59 al 01/01/22) e il vero problema del tasso di motorizzazione non è la crescita del parco circolante, ma è la decrescita della popolazione. Gli under 18, che non possono avere la patente, sono sempre di meno, e di conseguenza sale l’incidenza del circolante – guidato dalla sola popolazione adulta – su quella totale. Lo sharing è importante ma anche nel suo maggior momento di picco, che si riscontrò nel 2019 prima della pandemia, il parco disponibile superava di poco le settevi di decarbonizzazione estremamente sfidanti che si è data l’Europa, sta creando i presupposti affinché una quota importante di merci e persone si riesca a trasferire dalle strade non ferrate a quelle ferrate, e prevede su questo obiettivo molti investimenti. Ma nel frattempo il 90-95% di merci e persone si continua a spostare su gomma, e riguardo a questa il Pnrr prevede solo la rete di ricarica dei veicoli elettrici. Per quella pubblica ci sono 750 milioni di stanziamento da quest’anno al 2026, anche se io sto ancora cercando di capire chi, dove, quando e come li deve spendere: perché non si possono materializzare le infrastrutture nel 2026, ma bisogna arrivarci gradatamente. Il mercato dell’elettrico segue, non precede, l’infrastrutturazione: io consumatore ho bisogno di essere rassicurato sul fatto che a casa, in ufficio o per strada la mia vettura si possa ricaricare in tempi ragionevoli. C’è di buono che nel Dpcm del 4 agosto sono stati previsti 40 milioni di investimenti anche per l’infrastrutturazione di ricarica privata, che è fondamentale per il decollo della mobilità elettrica: non può bastare solo quella pubblica.
LO SHARING È IMPORTANTE MA È UN FENOMENO DI NICCHIA E NON PUÒ ESSERE L'UNICA SOLUZIONE
mila unità… Quindi i numeri nella loro cruda realtà ci dicono che è stato fino ad oggi un fenomeno di nicchia; può sicuramente crescere, ma se anche avesse uno o due zeri in più, non può essere "la" soluzione. Può diventare semmai una parte della soluzione al problema delle aree urbane dove la qualità dell’aria è un problema urgente… Non a caso l’Italia ha ben due procedure di infrazione europee sul tema, dovremo staccare un assegno da 2 miliardi di euro, che si potevano spendere molto meglio piuttosto che pagando delle multe per il superamento dei limiti delle Pm10 e di ossidi d’azoto. D’altronde, però, gli italiani non vivono tutti quanti nelle zone a traffico limitato, e quindi lo sharing non può essere e non sarà mai l’unica risposta. Credo serva un cocktail di farmaci, perché il Paese è malato, da questo punto di vista.
Ah, bene: lo riconosce anche lei!
Se vogliamo dire che la vettura privata è nemica della sostenibilità perché ci sono troppi veicoli sulle nostre strade, perché c’è un’eccessiva densità veicolare, perché il tasso di motorizzazione e quant’altro sono superiori alle medie europee… be’, posso convenire su questi dati. Ma il problema italiano non è che non ci siano troppe vetture, non è questa la vera causa dei nostri mali. La causa vera, semmai, è che si vendono troppo poche auto nuove, e venderne così poche vuol dire avere un ciclo di sostituzione di 27 anni, il che significa non sapere neppure quali tecnologie ci saranno tra 27 anni, quando magari circoleranno ancora auto che sono su strada già oggi. L’importante sarebbe costruire soluzioni praticabili e incisive.
E torniamo al Pnrr, che ormai è per tutti la pietra filosofale. Non per l’auto?
Guardi: il Pnrr, tenendo conto degli obietti-
Dunque a lungo termine anche lei vede un futuro con molto meno trasporto su gomma?
In realtà lo sviluppo del trasporto su ferro, che nel Pnrr è largamente finanziato e incentivato, come pure quello su acqua, aiuta la gomma perché decongestionare le nostre strade, urbane ed extraurbane, può fare solo bene a chi poi vuole, o deve, percorrerle con un veicolo su gomma. La verità è che la gomma non è nemica del ferro, e non è nemica dell’acqua. Credo che il futuro sia nell’intermodalità dei trasporti, sia per le merci che per le persone.