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DRD RECRUITING

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BEPI KOELLIKER

BEPI KOELLIKER

LE PERSONE GIUSTE AL POSTO GIUSTO, RISPARMIANDO

Nonostante la crisi imperante, molte aziende faticano a trovare il personale di cui hanno bisogno. I motivi (e le soluzioni) sono diversi. Ne abbiamo parlato con Damiano Cortinovis, Ceo di Drd Recruiting ed esperto del settore

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GLI ULTIMI DUE ANNI HANNO PROFONDAMENTE CAMBIATO IL MERCATO DEL LAVORO E QUESTO INFLUISCE ANCHE SULLA CAPACITÀ DELLE AZIENDE DI TROVARE LE PERSONE GIUSTE DA INSERIRE NEI PROPRI ORGANICI. Solo a giugno 2022, su quasi 560mila entrate al lavoro previste, 219mila (39,2%) risultavano di difficile reperimento; nello stesso mese del 2019, il valore si attestava al 25,6%. È quanto è emerso dalla ricerca “Il lavoro che c’è, i lavoratori che non ci sono” realizzata dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro. A crescere è stata la carenza di candidati (23,7% contro il 12,2% del 2019) prodotta da cause diverse tra cui il rifiuto di lavori a bassa remunerazione, la crescita di forme di lavoro irregolare, l'aumento del numero dei percettori di sussidi pubblici, reddito di cittadinanza in primis, una revisione piuttosto generalizzata delle priorità di vita indotta nelle persone dalla pandemia. Uno scenario che potrebbe nei prossimi quattro anni portare, secondo le stime di Unioncamere Excelsior sui fabbisogni occupazionali a medio termine (2022-2026) a una domanda di circa 4,3 milioni posti di lavoro di fronte a cui almeno un milione 350mila potrebbero andare in fumo per assenza di candidati. Una situazione non proprio confortante, motivo per cui ogni azienda dovrebbe interrogarsi sulla propria capacità di intercettare e attrarre i talenti di cui ha bisogno. Ne abbiamo parlato con un esperto del settore, Damiano Cortinovis, amministratore delegato della Drd Recruiting, società di ricerca e selezione del personale nata cento per cento smart working nel 2018, ben prima quindi della pandemia, che proprio grazie a questo suo Dna marcatamente flessibile riesce a offrire soluzioni e servizi molto innovativi.

di Vincenzo Petraglia

Siamo in un momento di profonda crisi economica e sociale eppure molte aziende faticano a trovare i profili più adatti a sé e alle mansioni di cui hanno bisogno. Perché? Cos'è che non funziona nel nostro Paese e perché domanda e offerta di lavoro spesso non si incontrano?

È paradossale, ma ci capita non di rado che le aziende ci dicano proprio questo e si chiedano come sia possibile che non riescano a trovare i profili professionali che gli servono. Il problema è che spesso l'azienda non ha il tempo necessario da dedicare alla ricerca. La risorsa che cerca un'occupazione si guarda intorno chiaramente e valuta varie opportunità, per cui l'azienda deve darsi un tempo per darle un feedback, non può tenere una persona in sospeso per troppo tempo, anche proprio per un'attenzione verso l'individuo. Non si può far aspettare il candidato o la candidata a una posizione due settimane o un mese. Ciò è molto poco profittevole per tutti, piuttosto meglio vederla una volta di più se si è incerti invece di tenerla in ballo, senza darle un feedback, per troppo tempo. È chiaro che, come ogni cosa, bisogna creare una specializzazione, scandagliare il territorio per capire se c'è qualcuno che vuol fare il lavoro offerto e soprattutto ascoltare le persone, anche per quel che riguarda le loro aspirazioni, elemento fondamentale per trovare persone veramente motivate e che rispondano alle esigenze delle aziende.

Anche il reddito di cittadinanza in molti casi rema contro, soprattutto per certi tipi di profili... Cosa non funziona e come e in cosa si potrebbe migliorare?

Penso che sia il peggiore invito a non mettersi in gioco e a trovare un'occupazione che lo Stato possa fare ad una persona. Questa iniziativa che parte da una motivazione sociale molto valida, se non gestita in maniera ottimale, con un sistema di collocamento efficiente ed efficace come avviene in altri Paesi, e questo è purtroppo il caso dell'Italia almeno fino ad oggi, può diventare anche molto diseducativo. Credo che il reddito di cittadinanza debba essere dato solo ed esclusivamente alle persone che hanno oggettive difficoltà e impedimenti a lavorare, come per esempio quelli legati a condizioni fisiche particolari o malattie, mentre tutti gli altri potrebbero essere messi al servizio della comunità, dei Comuni, delle Province e così via.

Voi come cercate di ovviare a questo problema e facilitare l’incontro fra domanda e offerta? Qual è il vostro metodo?

Intanto bisogna partire da una premessa: mai come in questo momento c'è bisogno di

Damiano Cortinovis, amministratore delegato della società Drd Recruiting

persone di comprovata professionalità nel recruiting! Personalmente provengo da anni di esperienza nelle vendite, poi quattro anni fa ho deciso, partendo da zero, di mettere su una società di ricerca del personale proprio per creare un servizio rivolto a commerciali e venditori a partita Iva, una categoria di professionisti in genere un po' snobbata dalle grandi aziende che si occupano di ricerca e selezione del personale, anche se ricopre un ruolo molto importante per il business dell'impresa e che per questo necessita di un'accurata selezione. Siamo andati, quindi, a fare quello che non faceva nessuno e questo ci ha permesso di dar vita a un team – oggi siamo più di venti – abituato a lavorare per obiettivi. Circa un anno fa abbiamo deciso di fare un ulteriore passo in avanti allargando le nostre selezioni anche a lavoratori permanenti, a tempo determinato e indeterminato. Sin da subito, ben prima del Covid, siamo nati come azienda in smart working, nel senso che tutte le mie dipendenti lavorano da casa. Crediamo molto in questo approccio agile al lavoro, in grado di aumentare le performance e accrescere il benessere delle persone; evita perdite di tempo per gli spostamenti, abbattiamo i costi legati alle sedi fisiche degli uffici, riusciamo a coprire in maniera molto capillare tutto il territorio nazionale, perché tutti i colloqui avvengono in remoto e quindi anche gli stessi candidati non sono costretti a spostarsi da una parte all'altra dell'Italia. Questo approccio, che la pandemia ha fatto riscoprire in modo forzato al mondo aziendale, è stato da sempre il nostro marchio di fabbrica, insieme con la formula che utilizziamo in ogni nostra selezione con pricing esclusivamente a success fee. Nel senso che non prevediamo alcun costo di ricerca e di impianto e i nostri clienti ci pagano solo se la selezione va a buon fine e la persona che abbiamo selezionato viene di fatto inserita in azienda. Solitamente infatti mandiamo una rosa di candidati alle Risorse Umane dell'azienda e se all'interno di questa trovano la persona perfettamente in linea con i loro desiderata, veniamo pagati, cosa che possiamo permetterci proprio grazie allo smart working e ai costi che tramite esso riusciamo a tagliare su sedi fisiche e quant'altro. Siamo quindi una sorta di partner delle aziende nostre clienti, condividendo con loro il rischio d’impresa e non operando in esclusiva.

Pensa che a questo punto si sia definitivamente sdoganato lo smart working o si ritornerà gradualmente a un'organizzazione del lavoro pre-pandemia?

Credo che il processo innescato dalla pandemia abbia reso evidenti i tanti vantaggi di un'organizzazione del lavoro più flessibile, per cui le realtà più avvedute continueranno a farne uso. Rimanendo nel nostro campo d'azione, una nostra recruiter fa, per esempio, molti più colloqui di quanto non si riesca a fare secondo modalità di selezione tradizionali. Noi in 24 ore siamo in grado di fare un numero di colloqui per il quale le grandi società di selezione tradizionali impiegano due o tre settimane: tanto per dare un numero, noi in venti in azienda siamo capaci di fare seimila colloqui in un mese! E questo perché abbiamo pochissima burocrazia, praticamente pari a zero, che ci consente di essere molto più agili

DRD RECRUITING, LAVORANDO IN SMART WORKING AL 100%, RIESCE AD ABBATTERE I TEMPI E I COSTI DELLA SELEZIONE

e veloci e allo stesso tempo di portare avanti un importante processo di semplificazione con il cliente. Non è un caso che tante colleghe, magari di altre realtà di recruiting più grandi, vedano in Drd la possibilità di lavorare in un modo più adatto alle loro esigenze, professionali certo, ma anche personali, proprio grazie alla forte flessibilità che offriamo e che è parte integrante del nostro Dna. Da parte nostra, avendo in atto un importante piano di espansione – in tre anni contiamo di arrivare a quota cento dipendenti – siamo aperti a introdurre nella nostra realtà professioniste e persone di valore: cerchiamo infatti sia recruiter senior che neofite, offrendo a queste ultime l'opportunità di essere formate e di imparare con noi un lavoro che, se fatto bene, può dare davvero molte soddisfazioni.

Com'è cambiato il mercato del lavoro negli ultimi due anni e mediamente quali sono i profili che più ricercate e che più vi vengono richiesti dalle aziende?

Il Covid innanzitutto ha favorito una nuova cultura dell'investire tempo sulle persone e ha creato un grande fermento nel mondo del lavoro: oltre ovviamente alle tante persone che purtroppo a causa della pandemia e della crisi hanno perso il lavoro e stanno cercando di ricollocarsi, ce ne sono tantissime altre che magari hanno già un lavoro ma vogliono cambiarlo, perché magari proprio il periodo pandemico gli ha fatto scoprire nuove priorità e cominciato a far sentire un po' stretti i luoghi e le aziende in cui attualmente lavorano. Per quel che ci riguarda i profili che selezioniamo solo molto trasversali e veramente si spazia a 360 gradi, siamo dei generalisti e tocchiamo un po' tutti i settori merceologici, per cui non c'è una segmentazione così evidente. Andiamo in genere da un minimo di 20mila a un massimo di 100mila euro di Ral, con qualche eccezione anche per dirigenti e manager con Ral molto più elevate, ma mediamente ci assestiamo intorno ai 40mila euro di retribuzione annua lorda.

www.drdrecruiting.it

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