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MILANO
by Economy
«In fiera creiamo know how e costruiamo community»
Le fiere sono strategiche non solo per questioni di visibilità aziendale: convegni, dibattiti, seminari sono il vero valore aggiunto delle manifestazioni fieristiche. Parola di Luca Palermo, a.d. di Fieramilano
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di Sergio Luciano
ALLA MILAN GAMES WEEK (LA MANIFESTAZIONE FIERISTICA LEADER PER I VIDEOGAMER ITALIANI), ALLA FINE DI NOVEMBRE, ARRIVATA ALLA SUA UNDICESIMA E PIÙ GRANDE EDIZIONE DI SEMPRE, CON BEN 4 PADIGLIONI, CE N’È UNO DEDICATO A METAVERSO ED NTF. E Marck Zuckerberg farebbe bene a farsi un giretto da quelle parti, per capire s eha preso un’altra cantonata, dopo il flop planetario della tentata valuta virtuale Libra, o se ha ancora speranze di successo. Perché ormai sono le fiere, nella loro concretezza analogica, la Corte d’Appello che stabilisce quando l’innovazione ha le carte in regola per affermarsi e quando, magari, anche no. «Non sottoscriverei l’idea di chi ormai considera le fiere addirittura come delle società di consulenza però certamente siamo interlocutori dei nostri clienti anche nel merito delle loro strategie – dice Luca Palermo, amministratore delegato di Fieramilano, che organizza tra mille altre manifestazioni, anche la Milan Games Week – Insomma, nom siamo McKinsey ma siamo strategici. Va tenuto conto di quante aziende ospitiamo, di quante filiere, di quanti professionisti ad ogni evento. Quanti convegni, dibattiti, seminari: momenti in cui si crea know how e si costruiscono community. Le persone nei nostri padiglioni incontrano il mondo e tessono relazioni. Immaginano innovazione. Accumulano know how. Non a caso abbiamo trasformato la nostra storica Business International in una vera e propria Knowledge Company: per meglio estrarre e mettere a valore tutto questo know how». Benvenuti sull’astronave di Rho, appena rientrata da un viaggio interstellare ai confini con lo spazio profondo e vuoto che il Covid aveva imposto alle società fieristiche e dunque prima fra tutte e Fieramilano, indiscussa leader italiana. Dall’anno scorso in poi il settore ha recuperato in buona parte i livelli del 2019 e ha molto innovato.
In che modo l’ha fatto il “primo della classe”?
Partiamo dai fondamentali. Le imprese hanno chiaramente dimostrato di preferire la fisicità delle fiere alla pura relazione digitale, secondo Gsr Research il gradimento delle manifestazioni fieristiche va dal 72 all'87%. Dunque i fondamentali del mondo fieristico
LUCA PALERMO funzionano sempre: il metro quadro continua a esistere, non possiamo immaginare fiere senza spai fisici. Ma la vera novità è che il digitale, un tempo temuto come un nemico mortale, è diventato il nostro comburente, cioè uno strumento che arricchisce e non sostituisce ciò che veramente vendiamo: un’esperienza.
Chi sono, per tipologia, i vostri clienti-chiave?
Abbiamo 3 gruppi fondamentali di stakeholder: gli espositori; i visitatori – che o sono buyer o è un operatore economico, o un consumatoree poi gli organizzatori di eventi. Vogliamo che i grandi organizzatori vengano, ci conoscano e ci scelgano per le manifestazioni più importanti oggi organizzate altrove. Vogliamo che ci apprezzino e in Europa scelgano noi. A stakeholder di questi gruppi devi dare un’esperienza fieristica fatta, sì, di metri quadrati ma anche di digitale. E stiamo investendo molto per rendere il nostro quartiere ancora più avanzato di quanto non sia. Così come investiamo nei pavimenti nuovi, investiamo anche nelle reti wifi di nuova generazione, nel 5G e nelle nuove telecamere, e nelle piattaforme digitali che consentono di fruire in modo moderno dei servizi fieristici… per esempio i dibattiti, fruibili anche in streaming differi-
IL DIGITALE È IL NOSTRO COMBURENTE: ARRICCHISCE L'ESPERIENZA

to… Applicare al meglio la tecnologia digitale qualifica il gtempo che si trascorre materialmente in fiera. In questo modo si crea un circolo virtuoso, anzi una triangolazione, tra infrastruttura fisica, app e dati. europeo nel mondo fieristico faremo meno a farci un po’ di concorrenza interna in meno e più sistema verso l’esterno.
E voi, in concreto?
Be’, è tutto noto. Stiamo lavorando con Parma con l’obiettivo di arrivare entro l’anno prossimo a una definitiva costruzione di questo nuovo protagonista internazionale del food che a Milano avrà il suo evento worldwide e a Parma la rassegna delle eccellenze. Ponendosi come concorrente di Parigi e Colonia. Costruendo in Italia il leader internazionale del food. Stiamo anche lavorando con Firenze, nella stessa ottica della “destinazione Italia”, per rendere il nostro Paese sempre più attrattivo, in quel caso soprattutto in un’ottica congressuale, prospettiva interessanre anche per Torino.
Ma grazie a queste innovazioni si fattura di più?
Stiamo investendo, tanto più dopo la pandemia, per rafforza un’offerta da one-stopshop, per permettere all’espositore di affidarsi a noi per tutto: allestimenti, catering, eventi, tutto. Sono cose che sappiamo fare da sempre, ora le facciamo anche meglio e le vendiamo! E dunque non abbiamo ancora recuperato i metri quadrati occupati del 2019, ma quest’anno supereremo in valore i servizi venduti quell’anno.
L'OBIETTIVO DI FARE SISTEMA A LIVELLO NAZIONALE NEI GRANDI SETTORI DELL'EXPORT È CONDIVISO DA TUTTI NEL SETTORE
La macchina organizzativa delle fiere è complessa, un po' coriandolare sul territorio italiano: rispetto a prima della pandemia, state riuscendo a fare sistema tra voi o non ancora?
Qualcosa sta cambiando, anche sotto l’impulso della crisi da Covid. E potrei dire che l’obiettivo di fare sistema a livello nazionale almeno nei grandi settori dell’export la condividiamo tutti, nel settore. Poi che tutto funzioni già al meglio per raggiungere l’obiettivo non è ancora vero. Ma se l’Italia vuol diventare il primo mercato
Quindi si può lavorare insieme anche tra gruppi che poi sul mercato interno si fanno concorrenza?
Sì, attraverso il buon senso e molto lavoro sul prodotto, con la comune voglia di promuovere “destinazione Italia” alcune cose le stiamo facendo…
È corretto dire che una società fieristica vende ai suoi espositori le proprie relazioni commerciali?
È evidente che abbiamo la capacità indubbia di essere una delle più importanti società fieristiche al mondo. C’è un mercato non enorme fatto di grandi player internazionali in cui stiamo posizionando Milano, tra interlocutori chiave per tutti i player mondiali del settore. Questi soggetti sono molto forti in Usa e Asia mentre nell’Unone Europea lo sono un po’ meno perché il mercato è più maturo. Ci offriremo di fare la loro piattaforma in Europa, chiedendo in cambio di andare con loro all’estero. Da questo approccio è nata la fiera Finder, insieme con Dmg, a Singapore, e sempre nella città-Stato faremo altro sul fronte dell’ospitalità e del food.
Vent’anni fa si diceva che le fiere sono media, sono come giornali: lo pensa ancora?
Chi lo pensa ancora, sbaglia! Non è più così, le fiere fanno politica industriale. Fondamentali in alcuni settori per definire il trend. E devono saper essere anche sempre attuali sui macrotrend, facendo anche innovazione di prodotto… Noi, per esempio, stiamo investendo sul rilancio dell’Homi, che è poi l’ex Macef e stiamo lavorando sulla mobilità del futuro? Uno dei megatrend da seguire. Come la Next mobility exibition, lavorando molto sulla trasformazione del Trasporto pubblico locale e poi abbiamo agganciato tutto il resto, la mobilità si sta trasformando…