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TRA ME E TECH
by Economy
Insostenibile digitale tra spazzatura fisica e virtuale
di Andrea Granelli
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L’espressione “inquinamento digitale” è poco diffusa, considerata da molti quasi un non senso: il digitale è immateriale, come può inquinare? Eppure il fenomeno è molto rilevante – visto il tasso di diffusione di questo ambiente tecnologico – ma questa difficoltà ad associare i due termini – digitale e inquinamento – gli fornisce un velo protettivo. Tre sono gli ambiti che vanno considerati: - I rifiuti elettronici (eWaste) - I consumi energetici e il conseguente footprint ambientale - I rifiuti “semiotici” È facile immaginare che il tasso di innovazione inarrestabile del digitale – sia software che hardware – generi un numero incredibile di novità: pensiamo a quanti nuovi modelli di smartphone, di computer portatili o desk top, di device come stampanti, plotter, occhiali 3d, di console di videogiochi, di interfacce, pennine Usb, cavi… non dimenticandoci i floppy e i CD. Ogni volta che esce la nuova versione di un prodotto digitale, la versione precedente diventa vecchia e si trasforma in rifiuto. L’ossessione per la novità del mondo “evoluto” diventa una gigantesca macchina di produzione dei rifiuti. E dove vanno questi rifiuti spesso difficili (nel senso di costosi) da smaltire? La maggior parte in Africa. Abogbloshie è un quartiere periferico di Accra, capitale del Ghana. Qui ha sede la più grande discarica a cielo aperto di rifiuti digitali. È uno dei principali punti di riferimento per le attività di riciclaggio informale e illegale dei rifiuti, ma anche per lo smaltimento di quelli elettronici e vi lavorano e vivono circa 40.000 ghanesi. Come immaginabile, vengono usati sistemi molto rudimentali di trattamento rifiuti – soprattutto la combustione alimentata da pneumatici per alzarne la temperatura – e quindi il tasso di emissioni di sostanze chimiche tossiche è rilevantissimo e sta creando importanti problemi ambientali. Per questi motivi è stata soprannominata “Sodoma e Gomorra”. E poi i consumi energetici. Sempre più fuori controllo. Due temi specifici, collegati fra di loro ma con dignità propria: l’assorbimento energetico dei sistemi digitali e il footprint ambientale. Sul fronte energetico le considerazioni da fare sarebbero molte ma i dati sono scarsi e frammentati. C’è una sorta di omertà nello svelare il reale consumo energetico del mondo digitale. L’università di Cambridge ha recentemente creato un osservatorio su un aspetto del problema, calcolando il “Bitcoin Electricity Consumption Index”. Dalle loro analisi risulta che in un anno le macchine dietro il sistema mondiale delle cryptocurrency consumano più energia dell’Olanda, un Paese con oltre 17 milioni di abitanti. Ma c’è molto di più: Frédéric Bordage di GreenIT stima che nel mondo vi siano oltre 34 miliardi di device elettroniche e il loro consumo energetico assorbe il 10% del consumo totale di energia. Il secondo aspetto – il footprint ambientale – aiuta a costruire una nuova sensibilità al digitale e ai suoi crescenti sprechi. Si stima – ad esempio – che il 90% della mail che circola è spam – posta porcheria indesiderata da chi la riceve. Ma quanto costano le spam alle persone e all’ambiente? Sono infatti sempre più frequenti domande del tipo “quanto biossido di carbonio (CO2) viene emesso semplicemente premendo il bottone “like” sui social media?” oppure “quante risorse non rinnovabili vengono consumate quando guardiamo un film in streaming?”. Ovviamente non si può fermare l’innovazione ma si può orientarla verso il progresso; e quindi una consapevolezza sul fatto che anche il digitale inquina, che anche il digitale consuma risorse naturali è oramai necessaria. E infine un aspetto apparentemente minore, quasi subdolo. L’intasamento dei cloud e dei motori di ricerca di informazioni non più valide o anche dimostrate false. Dalla rete non si cancella. Questo sta diventando anche un importante tema giuridico relativamente ai motori di ricerca e al loro ruolo nella cancellazione responsabile. D’altra parte è il meccanismo stesso della rete a creare infinite duplicazioni e ridondanze, rendendo spesso vana la cancellazione di una singola copia. Ciò non toglie che questa quantità crescente di rumore di fondo interferisce con i motori di ricerca: quando cerchiamo una parola, sempre più frequentemente il sistema ci ritorna decine di migliaia di risultati e noi tendiamo a selezionare i primi della lista. Questa modalità operativa dà sempre più potere al motore di ricerca che diventa un vero e proprio gatekeeper dell’informazione che ha il potere di scegliere cosa presentarci. E questo rumore di fondo prolifera. Un’espressione particolarmente efficace per descrivere questa situazione è stata coniata da Ezio Manzini: rifiuti semiotici. Indica parole o frasi che hanno perso il loro significato utile, diventando rumore di fondo informativo. Lo dice bene Don DeLillo – il “titanico mitografo delle peggiori derive americane” – nel suo romanzo Rumore bianco: «Il mondo è pieno di significati abbandonati».


Switching on the sun.

emeren.com
Il Franco Tatò pubblicista, che ha avuto la generosità di onorare della sua firma le pagine di Economy e di Investire sin dall’inizio della nostra avventura e fino alla fine dei suoi giorni, aveva un unico limite: l’estrema ricchezza di concetti, informazioni, dati di cui era portatore, tali e tanti da far fatica a rientrare nell’angusto limite di un articolo, di un commento. Ma qui lo soccorreva il senso del grande editore che, tra tante altre cose, è stato. Per cui sapeva sempre cogliere il punto e sacrificare i contorni secondari, a tutto vantaggio del lettore. La perdita di Franco Tatò è di quelle che non si cancellano, non si dimenticano, non si rimpiazzano. E lasciano un dolore profondo per tutti quelli, tra cui certamente noi di Economy Group, che gli hanno voluto bene ed hanno imparato tanto da lui. In questa pagina, tre stralci esemplificativi della sua straordinaria capacità di analisi. (s.l.)

CLIMA E ENERGIA, COME RISOLVERE L’EQUAZIONE SUL FUTURO DEL PIANETA
Settembre 2022
[...] Assistiamo a cambiamenti preoccupanti. Non vorrei che ricordassimo quest’estate come l’ultima climaticamente sostenibile e il pensiero mi terrorizza perché significa aver sbagliato tutto. Il problema non è tanto stabilire in che misura l’uomo abbia contribuito e stia contribuendo al peggioramento del clima, quanto come difendersi da questo cambiamento, che sembra progredire indipendentemente dalle nostre attività. Non è possibile, che soltanto con dei provvedimenti restrittivi sulle emissioni si possa risolvere un problema climatico che sembra avere dimensioni strutturali per il pianeta, forse per il sistema solare. Come difenderci da un probabile periodo di innalzamento delle temperature medie, che se dovessero superare progressivamente i livelli ai quali ci sta abituando quest’estate, potrebbero essere veramente pericolosi per il genere umano. La sfida più importante è che il genere umano deve fare qualcosa per difendersi. La riflessione da fare è che stiamo attraversando un periodo di grandi cambiamenti per l’umanità, in senso evolutivo. La digitalizzazione non ha ancora espresso tutta la sua influenza nello sviluppo dell’umanità. L’uomo digitale rappresenterà un passo avanti nell’evoluzione della specie. Questo passo non è ancora compiutamente avvenuto ma sta avvenendo. Lo stesso si può dire per i cambiamenti di tipo biologico che sono iniziati e stiamo percependo attraverso i sorprendenti sviluppi della pandemia e il succedersi di altri pericoli virali diversi, in una situazione di irrequietezza del sistema e quindi di difficoltà nell’alzare le difese della specie. La valutazione da fare è dunque che probabilmente dobbiamo cambiare la nomenclatura dei problemi che dobbiamo affrontare e radunare le forze per proteggerci nella giusta dimensione. [...] Chi ci guiderà nell’affrontare i colossali problemi che si stagliano sul futuro della specie? Il problema centrale è quello dell’energia. I tempi richiedono energia pulita per il clima, abbondante e abbordabile per la crescita, di provenienza diversificata per la sicurezza.
L’EUROPA, LA VIA GIUSTA CONTRO TUTTI I POPULISMI
LA NUOVA LEGISLATURA È COMINCIATA MALISSIMO
Ottobre 2022
[...]La guerra in Ucraina ha fatto emergere due fenomeni positivi. Ha corretto la posizione della Polonia, improvvisamente ridiventata europea. E poi ha permesso all’Europa di sanzionare l’Ungheria di Orban, finalmente. Sperando che queste sanzioni siano efficaci, è la prima volta che l’Europa fa sentire la sua autorità rispetto a un Paese che si disallinea: è stato un gesto importante, perché dimostra la forza aggregatrice dell’Unione contro il revival del sovranismo, espressione della destra, ormai non più definibile “estrema” solo perché raccoglie numeri considerevoli. [...] In questo quadro, l’Italia vive una situazione molto particolare. Gli italiani sono istintivamente europeisti, spesso anche chi vota a destra. Lo sono perché agli italiani fa piacere essere presi sul serio, ed essere in Europa è un segnale di importanza e considerazione. Siamo diventati particolarmente importanti in Europa quando Draghi ha assunto la presidenza del Consiglio, più di quando lo stesso personaggio sedeva al vertice della Bce. Con il governo Draghi, la nostra presenza in Europa è diventata autorevole e riconosciuta e ha fatto sperare in un triumvirato di guida dell’Unione Europea che alla Germania e alla Francia unisse l’ Italia e che si rivelasse capace di trainare l’Unione fuori dalle secche della burocrazia sconfiggendo le tendenze sovraniste. Con le prossime le elezioni e l’uscita formale di Mario Draghi da Palazzo Chigi, bisognerà ricominciare. Onestamente non so cosa succederà, e non faccio pronostici. Ho solo una grande preoccupazione: tutti i possibili successori hanno una statura internazionalmente inadeguata, ma continuo a credere fermamente che l’alleanza europea è fondamentale perché tiene a freno gli sviluppi antidemocratici e consolida la tenuta economica degli Stati membri. [...]
Novembre 2022
[...] Poi, finalmente, si sono aperte le Camere e i nuovi senatori e deputati sono entrati nell’emiciclo assieme all’immancabile gruppetto di inestinguibili dinosauri che superano ogni legislatura. Ci sarebbe mancata la rielezione di Antonio Razzi, l’ex senatore reso famoso da Crozza come Ignazio La Russa lo è stato da Fiorello. Un fenomeno incomprensibile. Ebbene: i nuovi eletti avevano appena preso posto sugli scranni che la coalizione di centrodestra si è frantumata mostrando la sua reale natura, ovvero quella di mero espediente elettorale. Nonostante la spaccatura tra la premier in pectore Giorga Meloni e Silvio Berlusconi, su cui torneremo tra un attimo, senza molta fatica sono stati eletti i due presidente di Camera e Senato con scelte personali che hanno cambiato l’immagine del nostro Paese a livello internazionale e in particolare agli occhi dell’Unione Europea, collocandoci molto più a destra di quanto non sia il popolo italiano, pur essendo questo Parlamento eletto democraticamente, e quindi rappresentandoci. Tra siparietti e “vaffa” si è consumata la rapida elezione di Ignazio La Russa, un politico noto per la sua incrollabile fede fascista. La cosa sorprendente è che La Russa è stato eletto senza i voti di Forza Italia, ma con l’aiuto di quelli, segreti, di poco meno di venti rappresentanti della opposizione , dunque di cosiddetti progressisti. Ora: sono innumerevoli le considerazioni di real politik che possono giustificare, togliattianamente, questo voto. Ma la questione in questo caso non è politica, è morale. Per un personaggio come La Russa semplicemente non si può votare, perché non è giusto, e per quell’incarico! La Russa, peraltro, ha dimostrato - se ce ne fosse stato bisogno - in apertura del suo discorso di investitura la sua vera natura, dichiarando di non aver preparato un discorso mentre leggeva i fogli scritti! Un particolare apparentemente trascurabile, che però lo definisce come un mentitore strutturale, cioè che mente per mentire, caratteristica che condivide con molti colleghi, con Berlusconi in testa. Con l‘elezione di Fontana alla Camera, si è poi iniziata una nuova era della distribuzione delle cariche istituzionali. Il veronese Fontana sembra uscito ieri da Trento, precisamente dal Concilio di Trento, per i toni e i contenuti delle sue posizioni e dello stesso discorso d’insediamento, che anzi aveva il merito di essere scritto dalla solita boutique, e non in latino con sottotitoli, come sarebbe stato più appropriato per alcuni passaggi di sapore medievale. Con lo stile e i criteri adottati per queste due scelte preliminari, il centrodestra ha dimostrato di volersi prendere tutto il prendibile: il che ci fa pensare con preoccupazione alle prossime 1500 nomine pubbliche, da rinnovare di qui al prossimo giugno, e che ci aiuteranno forse a capire il perché di quei voti progressisti a La Russa…[...]