Dymphna's Family - Edizione italiana della rivista europea sullo IESA 00_2017_B

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Lo stato attuale dello IESA nel Regno Unito

1Abstract

2 Shared Livesè un servizio a ponte tra l'assistenza sanitaria e sociale utilizzato in molte aree del Regno Unito e rappresenta una soluzione economica ed efficace per l'accoglienza di individui di varie fasce d'età: giovani adulti (16-17 anni), adulti (18-64 anni) e anziani (età superiore ai 65 anni) con differenti bisogni assistenziali e di supporto. Le categorie di utenza che fanno uso dello Shared Lives ad oggi sono principalmente persone affette da disagio psichico, demenze, disabilità, dipendenze, disturbi dell'apprendimento e anziani non autosufficienti.

Nel 2015 un sondaggio proposto ai servizi Shared Lives e alle istituzioni sanitarie ha evidenziato alcuni risultati rispetto all'applicazione di questo modello, tra i quali: il miglioramento del benessere della persona ospitata attraverso l'acquisizione di uno stile di vita più sano; la diminuzione delle diagnosi improprie e/o dei trattamenti farmacologici non necessari; la riduzione della pressione sui Servizi Sanitari e delle ineguaglianze sull'erogazione delle prestazioni, l'integrazione tra l'intervento sanitario e sociale. Il presente documento si propone di descrivere il modello dello Shared Lives nelle sue differenti declinazioni (Lungo Termine, Breve Termine e Supporto Diurno) e le ricadute di questa modalità di intervento sull'utenza ad oggi in carico presso i servizi attivi sul territorio anglosassone.

Parole chiave: IESA, Shared Lives UK, Care Quality Commission, NHS, Shared Lives Plus.

Questa è un'epoca in cui è indispensabile pensare a metodi nuovi ed efficaci per mi-

gliorare la condizione e il benessere delle persone che hanno bisogno di assistenza, attraverso l'utilizzo di soluzioni basate sulla comunità che possano risultare maggiormente conve-

nienti rispetto agli strumenti tradizionali forniti dalle istituzioni. Una soluzione che consenta alle persone di ricevere il trattamento di cui necessitano rimanendo all'interno della loro rete sociale, vivendo tra amici e parenti e avendo, in questo modo, maggiori possibilità di costruire una con-

*Dottore in Filosofia e Letteratura Inglese, Responsabile Shared Lives UK; CEO Shared Lives Plus; Nottingham University, RicercatoreAssociato presso ResPublica, fiduciario presso il Social Care Institute for Excellence e membro della Royal Society ofArts London.

1 Traduzione a cura di Elisabetta Latragna, Sara Collicelli. Sintesi e riadattamento a cura di Elisabetta Latragna, Catia Gribaudo. Il presente articolo è tratto da “The state of Shared Lives in England” e “A shared life is a healthy life: how the Shared Lives model of care can improve health outcomes and support the NHS”, Alex Fox.

2 Shared lives (letteralmente Vite in condivisione) è il nome che è stato dato allo IESAnei paesi del Regno Unito.

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dizione di benessere e resilienza a lungo termine. Lo IESA(Shared Lives) offre un approccio di intervento alternativo attraverso il reclutamento di famiglie opportunamente formate che mettono a disposizione le loro case e la loro rete di contatti a seguito di un adeguato processo di abbinamento. Questo tipo di approccio ha sviluppato nel corso del tempo una solida esperienza e identità nell'ambito dell'assistenza di tipo sociale ma esiste una concreta possibilità di collaborazione tra il Sistema Sanitario Nazionale del Regno Unito, le Agenzie che gestiscono e quelle che commissionano i progetti IESA. Questo lavoro è il punto di partenza per avviare un dialogo che potrebbe consentire a molte altre persone di ricevere il tipo di cure che desiderano e di effettuare delle riflessioni in merito ai risultati che si possono ottenere con il sostegno di una famiglia “normale”. In Inghilterra ci sono circa 11.600 persone seguite dallo IESA, che arrivano a 13.000 se si consi3 dera tutto il Regno Unito. La natura personalizzata di questi progetti e l'accurato abbinamento tra ospite e ospitante fanno sì che le persone che hanno scelto di utilizzare questa pratica per se stessi o per i propri cari possano fare esperienza di uno strumento flessibile e supportivo. Nel modello IESA, l'ospitante rende disponibile la propria casa e la propria famiglia ad un adulto che necessita di cure e di sostegno, al fine di concorrere a migliorare la qualità della vita di quest'ultimo. I servizi locali, regolati dalla Care Quality Commission (CQC), selezionano personalmente gli ospitanti e provvedono alla fase di abbinamento. Nello IESA il punto di forza è certamente la vita in famiglia, all'interno della quale ognuno contribuisce, crea relazioni significative e può identificarsi in un cittadino attivo e riconosciuto. Le persone che utilizzano lo IESA sono accompagnate ogni giorno ad accrescere e/o a mantenere abilità sociali, costruire amicizie, vivere come parte integrante della comunità locale, sperimentare un senso di benessere all'interno di un contesto sicuro e in grado di offrire sostegno. Possono inoltre effettuare delle attività e contare sul supporto della famiglia ospitante durante tutto il corso della giornata, con l'obiettivo di raggiungere uno stile di vita indipendente ed appagante. Molte persone che si avvicinano allo IESA pro-

venendo da realtà maggiormente istituzionali riferiscono di aver avuto la possibilità, spesso per la prima volta nella loro vita, di vivere alcune importanti esperienze: imparare a cucinare, fare volontariato, lavorare, stringere delle amicizie e andare per la prima volta in vacanza. La CQC considera lo IESA come una delle più sicure ed efficaci forme di cura e di supporto, anche se ad oggi continua ad essere oggetto di monitoraggio e valutazione.

Che cos'è lo Shared Lives?

Lo Shared Lives è un approccio olistico, in grado di abbattere le barriere tra assistenza sociale e sanitaria, salute fisica e benessere psicologico. In questo modello un adulto (o anche un giovane) che necessita di un supporto e di una collocazione abitativa, dopo un'attenta valutazione di 4 compatibilità, può trasferirsi dall'ospitante o incontrarlo a cadenza regolare e condividere alcuni aspetti della vita familiare e sociale. La metà dei 12.000 cittadini britannici che utilizzano lo Shared Lives vivono con le famiglie ospitanti come parte integrante del loro contesto familiare, l'altra metà può contare su un sostegno nel quotidiano (assistenza diurna o notturna). I risultati di questo tipo di intervento possono essere davvero sorprendenti; vi sono persone che riportano di sentirsi accolte, valorizzate e che riescono a sperimentare sentimenti di appartenenza: allacciano rapporti, rientrano a far parte di una rete sociale, aderiscono alle associazioni e vengono coinvolti nelle attività di volontariato.

Lo IESA nel Regno Unito è utilizzato principalmente per interventi rivolti a persone appartenenti all'area della disabilità, della salute mentale e da anziani non autosufficienti, inclusi soggetti affetti da demenza. Lo Shared Lives raccoglie anche un discreto numero di giovani adulti, genitori con difficoltà di apprendimento, ex offenders e soggetti affetti da dipendenze patologiche. Questa pratica si è sviluppata come forma di accoglienza post ospedaliera, come intervento psichiatrico intensivo e come soluzione di sollievo per i familiari. Gli ospitanti sono circa 8.000 e vengono reperiti, selezionati e abilitati attraverso più di 100 servizi locali distribuiti sul territorio, regolamentati e monitorati a livello nazionale.

3 Dati riferiti ai report relativi all'anno 2015. Oggi i numeri sono ulteriormente cresciuti arrivando a circa 14.000 convivenze su tutto il territorio del Regno Unito.

4 Traduzione dall'inglese della parola “carer”. A differenza del termine “caregiver”, in cui l'accento viene posto sulla “professionalizzazione” del soggetto che offre assistenza, il vocabolo “carer” sottolinea la dimensione relazionale che si manifesta attraverso l'azione di sostegno e supporto. Allo stesso modo la parola “ospitante” mette in evidenza il carattere volontario dell'accoglienza eterofamiliare e la disponibilità all'incontro.

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Tipologie di progetti IESA

Progetti a Lungo Termine

La soluzione a lungo termine (Long Term) si realizza quando l'utente vive con la famiglia ospitante. Un aspetto fondamentale di ogni progetto a Lungo Termine è costituito dal fatto che l'ospite diventa parte integrante della famiglia, condividendo la vita domestica e ricevendo, al contempo, una risposta adeguata alle proprie esigenze di assistenza. In Inghilterra, nel 2015, il 53% dei progetti gestiti apparteneva a questa categoria (6.120 utenti).

Progetti a Breve Termine

I progetti a breve termine (Short Breaks) sono caratterizzati dalla presenza di volontari a supporto della persona per brevi periodi (da una notte ad una settimana). Hanno solitamente accesso a questo tipo di progetto le persone che fanno uso della soluzione a lungo termine ma che, per varie ragioni, hanno la necessità di sospendere per un periodo. Questi progetti possono essere attivati anche su richiesta degli ospitanti che stanno seguendo un progetto a lungo termine per poter effettuare delle eventuali pause. I dati del 2015 riportavano la presenza di 3.260 progetti a breve termine, circa il 28% sul totale.

Progetti Part Time

Nei progetti part time (Day Support) la persona viene accolta durante il corso della giornata e la casa della famiglia ospitante viene utilizzata come luogo dove poter effettuare delle attività. Il totale dei progetti part time registrati sul territorio britannico nel 2015 era di 2.190 (19%).

Shared Lives ha un costo sostenibile

Lo Shared Lives è più economico rispetto ad altri tipi di intervento: il costo per un individuo affetto da disturbi dell'apprendimento e/o del comportamento, in alternativa ad un'altra soluzione di cura, può in media portare ad un risparmio di 26.000 sterline all'anno; circa 8.000 sterline per soggetti affetti da disagio psichico. Il maggior risparmio si riscontra quando persone con disabilità, problemi di apprendimento o disturbi del comportamento associati a bisogni assistenziali complessi passano da strutture di ricovero onerose a questo tipo di soluzione.

Il confronto tra il costo dello Shared Lives e quel-

lo della degenza ospedaliera è ancor più vantaggioso, soprattutto per alcuni tipi di prestazioni come ad esempio gli interventi in fase di acuzie nell'ambito della salute mentale. Questi elementi evidenziano la possibilità di ottenere un contenimento dei costi attraverso l'utilizzo di questo modello, senza oltretutto considerare un altro aspetto molto importante come l'efficacia clinica correlata all'utilizzo di questo strumento.

Alan, 23 anni, affetto da sindrome di Asperger, ha effettuato numerosi ricoveri in diversi centri di cura molto costosi e “fuori zona” dopo che la sua famiglia e i servizi locali avevano ritenuto che alcuni dei suoi comportamenti, come la tendenza a bere eccessivamente, fossero troppo complessi da gestire. Quando è entrato in contatto per la prima volta con il Servizio IESA del South Tyneside, Alan ha detto, riferendosi struttura nella quale era inserito, “odio questo posto e voglio andare via!”.

Una volta messo in contatto con lo IESA è stato attentamente abbinato a una famiglia ospitante e ha vissuto con loro per 12 mesi raggiungendo buoni risultati: è riuscito ad inserirsi nella comunità e ha avuto maggiori possibilità di allacciare rapporti con le persone. Alan si è trasferito in una famiglia ospitante risparmiando 4.900 sterline prima del passaggio ad una vita autonoma, mantenendo poi degli incontri di monitoraggio con il servizio a cadenza periodica, grazie ai quali sono stati ulteriormente ridotti i costi del suo supporto.

Persone che utilizzano lo Shared Lives

Nel 2015 è stato effettuato un sondaggio presso i 6 servizi Shared Lives e i dati rilevati, confrontati con una ricerca precedente, hanno evidenziato come, nel corso degli anni, si sia verificato un significativo aumento dell'utenza con bisogni assistenziali diversificati e appartenente a fasce di età differenti.

In linea generale le persone scelgono di utilizzare lo IESApoiché questo modello di intervento consente di raggiungere un buon livello di sviluppo e di combattere l'isolamento sociale, oltre a rappresentare un'efficace alternativa al ricovero.

5 La classificazione presentata non cita la tipologia a medio termine. Tale assenza potrebbe essere spiegata dall'attuale minor utilizzo dello IESArivolto a pazienti psichiatrici, categoria che introdurrebbe la necessità di progetti fortemente orientati alla riabilitazione del soggetto quali le soluzioni a medio termine. Secondo la classificazione del presente articolo i progetti full time a medio termine sono compresi all'interno della categoria a lungo termine (N.d.T).

6 I dati della ricerca del 2015 fanno riferimento ai servizi Shared Lives presenti in Inghilterra.

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Tabella 1. Prese in carico 2015 IESA Inghilterra: categorie principali.

Nell'analisi dei dati raccolti gli utenti afferenti allo Shared Lives sono stati suddivisi in tre gruppi a seconda della fascia d'età: giovani (16-17 anni,); persone in età da lavoro (18-64 anni); anziani (dai 65 anni in su). E' stata riscontata una significativa diversificazione della distribuzione dei tre gruppi a seconda delle regioni che sono state coinvolte nel monitoraggio.

Giovani (dai 16 ai 17 anni)

I dati rilevati mostrano un numero ristretto di soggetti appartenenti a questa fascia d'età. I giovani che utilizzano lo IESA arrivano generalmente da situazioni di affido e sono inseriti in progetti a lungo termine. I progetti a lungo termine hanno la finalità di sostenere il giovane nello sviluppo delle abilità necessarie ad accrescere la propria autonomia, così come avviene in altre forme di residenzialità supportata.

Persone in età da lavoro (dai 18 ai 64 anni)

La categoria delle persone in età lavorativa comprende la fascia d'età dai 18 ai 64 anni e rappresenta il gruppo che utilizza in più larga misura lo IESAnel Regno Unito.

Anziani

La categoria degli anziani è composta da persone sopra i 65 anni di età. Esistono differenze regionali nella distribuzione di questo gruppo; la ricerca del 2015 ha evidenziato un generale incremento nel numero di inserimenti IESA di persone anziane (circa il 22% in più negli ultimi 3 anni).

Shared Lives migliora il benessere delle persone

Nell'indagine del 2015 più di 200 volontari hanno risposto ad un questionario nel quale si chiedeva se lo stato di salute delle persone che sostenevano fosse migliorato da quando erano state inserite in progetti IESA.

L'indagine ha rivelato che il 73% degli ospitanti aveva ricevuto un riscontro positivo da parte degli operatori del Sistema Sanitario Nazionale sia rispetto al servizio offerto sia per i miglioramenti dello stato di salute generale dell'ospite. L'87% delle persone che hanno risposto al sondaggio hanno riferito che lo IESA ha avuto un effetto positivo sulla salute psichica delle persone che hanno sperimentato questo tipo di supporto.

Kalid è un giovane uomo che, dopo il terzo ictus, non era più in grado di tornare a vivere da solo. L'assistente sociale sperava che non venisse ricoverato in una struttura residenziale poiché troppo giovane per un'esperienza simile; è stato invece abbinato ad una famiglia IESA proveniente dalla sua stessa città di origine del Pakistan. E' stato preziosissimo poter comunicare con la famiglia ospitante nella sua lingua e sperimentare un tipo di supporto così simile a quello che avrebbe ricevuto a casa.

Per lui è stato inoltre molto importante poter rimanere in contatto con il pro-

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Principali Numero di persone in carico al servizio % di persone in carico al servizio Disturbi dell’apprendimento e disabilità 8.810 76% Salute Mentale 760 7% Anziani 710 6% Problemi fisici 550 5% Demenza 400 3% Genitore-figlio 10 <1% Uso di sostanze (droga/alcol) 10 <1% Età Evolutiva - disabilità 110 1% Età Evolutiva - no disabilità 50 <1% Offender 0 <1% Riabilitazione 10 <1% Altro 150 1% Totale 11.570 100%
Categorie

prio contesto sociale. Oggi è pronto per ritornare a casa sua e vivere di nuovo in autonomia, e si sta lavorando al fine di raggiungere questo obiettivo.

A seguire verranno illustrati alcuni dei risultati che si possono ottenere attraverso l'applicazione del modello IESA:

a) Stile di vita più sano. Molti ospitanti IESA che si occupano di persone con problematiche di tipo relazionale e/o comportamentale, hanno riscontrato un miglioramento dei loro ospiti nella messa in atto di comportamenti adattivi per la conduzione di uno stile di vita più sano.

“La sto aiutando a frequentare con continuità la palestra due volte a settimana perché è in sovrappeso. Ieri per la prima volta è andata da sola”.

“La signora che ospito ha perso 35 chili in cinque anni. Il suo indice di massa corporea ora è perfetto e ha molta più energia per apprezzare le cose che ama, come ad esempio ballare”.

“Prima di arrivare allo IESA usava spesso la sedia a rotelle per andare nei negozi. Attualmente sta facendo fisioterapia e sta utilizzando scarpe ortopediche che lo aiutano nella gestione del dolore e della postura”.

“Adesso il diabete è controllato con la dieta piuttosto che con i farmaci. La perdita di peso è avvenuta attraverso l'esercizio e una sana alimentazione”.

“Sono riusciti a gestire l'asma perdendo entrambi circa 30 chilogrammi!”.

“L'ho aiutato a realizzare il suo obiettivo di smettere di fumare dopo esser stato un fumatore accanito per 40 anni”.

b) Revisione delle diagnosi improprie e riduzione dei trattamenti farmacologici non necessari. Gli operatori sanitari possono trovare difficile ascoltare e comunicare con persone affette da disturbi psichici o psicofisici, arrivando in alcuni casi ad effettuare diagnosi errate. Le famiglie ospitanti rappresentano un ottimo strumento di mediazione tra l'ospite e i curanti per la revisione dei trattamenti farmacologici e/o per l'approfondimento di alcuni stati sintomatologici.

“Quando S. è venuta da noi assumeva molte terapie. Ho chiesto al medico se poteva rivederle e le sono stati sospesi tre farmaci. Ora è molto più lucida”.

“Prima di arrivare da noi è stata per trent'anni in terapia per l'epilessia senza nessuna ragione clinica oggettiva. Non ha mai avuto crisi epilettiche”.

“Pensavamo che fosse sorda finché non ho scoperto che le sue orecchie non venivano pulite da oltre cinque anni! Questa condizione è stata banalmente rilevata da una visita di un'infermiera in ambulatorio e ora sente dinuovo”.

“Era su una sedia a rotelle a causa di un sovra dosaggio farmacologico perché il suo medico riteneva fosse un epilettico grave e per tale ragione gli era stata prescritta una terapia molto pesante. Abbiamo scoperto che molte delle sue crisi erano in realtà espressione di aspetti psicopatologici diversi e pertanto gli è stata poi ridotta la terapia per l'epilessia. Negli ultimi 12 mesi, dall'avere 4 crisi al giorno non ne ha avuta neanche più una. Ora cammina e frequenta il college. Il medico di base sostiene che questo cambiamento sia dovuto al supporto che gli è stato offerto”.

c) Riduzione della pressione sui Servizi Sanitari. Quando le persone sono serene e hanno strutturato un senso di appartenenza rispetto al contesto di vita tendono ad avere meno crisi e a ridurre il ricorso ai Servizi territoriali. Alcune delle famiglie ospitanti hanno osservato come un miglioramento della salute e del benessere dell'ospite possa portare ad una riduzione degli interventi da parte dei servizi del Sistema Sanitario Nazionale, e come la capacità da parte degli ospitanti di cogliere con più cura alcuni segnali di malessere aiuti, in alcuni casi, a riconoscere i sintomi di patologie che non erano mai state diagnosticate in precedenza.

Eric ha vissuto per diversi anni in una stanza in affitto. In seguito alla diagnosi di demenza un amico ha provveduto a lui condividendo con Eric il proprio domicilio e prendendosene cura. Quando all'amico venne diagnosticata una malattia terminale, Eric fu trasferito in una casa di riposo.

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Visto che l'uomo era ancora fisicamente attivo ed era abituato ad uno stile di supporto basato su relazioni familiari, lo IESA sembrava rappresentare la soluzione perfetta. Poco più tardi Eric si è trasferito a casa di una famiglia ospitante. Pete e Sam lo hanno aiutato, tra le varie cose, anche ad effettuare dopo diversi anni una visita dal dentista e a ricevere cure odontoiatriche; sottoporsi ad una visita oculistica e rifare gli occhiali per migliorare la propria mobilità; registrarsi ad un nuovo medico di base; recuperare la propria indipendenza attraverso piccoli compiti di cura del sé che ad oggi gli hanno consentito di imparare a radersi da solo. Purtroppo l'amico di Eric è deceduto ma la famiglia IESA lo ha sostenuto affinché potesse fargli visita tutti i giorni sino alla fine.

d) Miglioramento del benessere psichico e dell'autostima.

Dave è un uomo sulla cinquantina. Ha subito danni cerebrali quando era bambino a causa del comportamento violento del padre, vivendo esperienze dolorose lungo tutto il corso della sua esistenza. I disturbi si sono manifestati sotto il profilo della sintomatologia bipolare, che Dave non è stato in grado di riconoscere e gestire. Non è mai riuscito a vivere in maniera completamente autonoma e ha trascorso molti anni tra ostelli e ricoveri, assumendo spesso un aspetto dismesso e trasandato. Dave è stato inserito allo IESA per 9 anni, in due contesti che si sono rivelati molto adatti per lui. Anche se non è completamente indipendente, Dave può contare su una rete di amicizie e relazioni positive. Ad esempio frequenta la squadra locale di calcio con il figlio del suo primo ospitante, si veste bene e gestisce la propria cura personale con l'aiuto della famiglia, ricevendo regolarmente le cure di cui necessita (interventi medici e odontoiatrici). Ogni volta che la sua salute è peggiorata è stato segnalato ai servizi competenti ed è stato opportunamente richiesto il trattamento appropriato. Ha risparmiato del denaro e ha fatto diverse vacanze anche da solo.

e) Riduzione delle criticità di accesso alle prestazioni sanitarie.

Le persone con difficoltà relazionali e/o comportamentali, disagio psichico o demenza sono spesso quelle che sperimentano maggiori difficoltà nell'accesso a cure personalizzate e di qualità. Le famiglie IESA hanno riferito di avere un ruolo di supporto per gli ospiti che hanno bisogno di accedere al Sistema Sanitario Nazionale in circa il 48% dei casi, riducendo così le criticità che si possono verificare. Inoltre gli ospitanti ricoprono un ruolo fondamentale anche nella gestione della cura del sé dei propri ospiti.

P. è cresciuto con sua madre, che ha vissuto diverse situazioni personali travagliate, e un fratello disabile. P. ha sviluppato nel tempo un'insufficienza renale e ha subito un trapianto all'età di 10 anni. Ha bisogno di una dieta speciale e di farmaci associati a una regolare dialisi. Ha trascorso la maggior parte della sua infanzia in affidamento riuscendo poi a mantenersi da solo grazie ad un piccolo sussidio.

La sua salute psicofisica si è deteriorata nel tempo, ha fatto uso di sostanze, ha interrotto le terapie e soffre di una grave insufficienza renale. Quando è stato segnalato al servizio IESA locale P. era un “senza tetto” gracile e debole, si sentiva davvero solo e abbattuto, incapace di guardare al futuro. P. si è trasferito da Fred e Joan, una coppia che aveva maturato nel tempo una profonda esperienza di lavoro con persone affette da disturbi psichici. Il supporto alla dieta e all'assunzione di liquidi gli ha permesso di riacquistare peso e di pensare in maniera più positiva.

Quando P. ha contratto una grave infezione, Fred e Joan lo hanno aiutato ad essere sottoposto ad un controllo medico in tempi brevi, lo hanno sostenuto nell'accettare di essere seguito da professionisti, di essere ricoverato e di doversi sottoporre alle cure post-dimissioni. Attualmente P. sta pensando al suo futuro. Il suo trattamento costa al Sistema Sanitario Nazionale 275 sterline a settimana.

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Le famiglie volontarie

I volontari sono reclutati, formati e selezionati dai Servizi IESA locali per assicurare prestazioni di supporto sicure ed efficaci. Accettando di condividere le loro vite con un soggetto che diventa “parte integrante della famiglia” gli ospitanti offrono molto di più di un supporto a pagamento: gli ospiti sono sostenuti per accrescere le loro competenze, per costruire relazioni significative e per imparare ad assumere un ruolo attivo all'interno della comunità. I volontari IESA accompagnano l'ospite nel percorso volto al riconoscimento delle proprie risorse personali piuttosto che guardare esclusivamente ai propri limiti. In cambio del supporto offerto le famiglie IESAricevono un rimborso economico attraverso il pagamento di una sorta di affitto e un contributo per le spese domestiche.

I volontari provengono generalmente da background differenti ma si tratta sempre di persone predisposte e motivate ad offrire supporto. Non tutti possono diventare degli ospitanti: bisogna essere persone che credono in determinati valori, intenzionate a rendere disponibile la propria casa ad altre persone e in grado di offrire il proprio tempo e il giusto stimolo per garantire la creazione di un ambiente stabile e volto alla condivisone.

Soltanto in Inghilterra sono stati stimati circa 8.500 ospitanti coinvolti in progetti IESAdi cui il 70% impegnato in progetti a lungo termine e il 30% in progetti a breve termine e/o part time.

Nella raccolta dei dati, così come per gli utenti, anche gli ospitanti sono stati ripartiti in 3 gruppi di fasce d'età: giovani (16-17 anni), persone in età lavorativa (18-64 anni) e anziani (65 anni in su).

La ricerca del 2015 ha rilevato che, sebbene la maggior parte dei soggetti ospitanti appartenga alla fascia di persone in età da lavoro (78%), sono molti quelli appartenenti al gruppo degli anziani (21%). E' bene sottolineare come le persone anziane siano portatrici di un patrimonio di conoscenze, esperienze e valori positivi che spesso rendono eccellente il loro operato.

Mentre alcuni settori dell'assistenza sociale non considerano la fascia delle persone anziane come una potenziale risorsa dalla quale attingere, lo IESA ne riconosce il valore, trasformando in opportunità da cogliere quelle persone in pensione ancora attive che vogliono offrire il loro contributo.

Il personale dei Servizi IESA

Come già accennato in precedenza i servizi IESA sono responsabili del reclutamento, della formazione, dell'abilitazione e del supporto delle famiglie ospitanti. Sono inoltre incaricati del processo di abbinamento e del monitoraggio dei progetti offerti dal servizio. In Inghilterra esistono dei servizi Shared Lives locali che operano nelle diverse regioni e offrono per la maggior parte delle aree territoriali una soluzione di assistenza prevalentemente indirizzata a soggetti adulti.

I servizi IESA variano molto di dimensione a seconda del territorio e della regione di appartenenza: possono essere costituiti da una singola persona che gestisce e organizza l'intero servizio sino a diventare realtà più grandi dove possono esserci i responsabili, diversi operatori e personale per il 7 supporto amministrativo. Nel corso degli ultimi anni la forza lavoro non è significativamente aumentata a fronte dell'aumento dell'utenza gestita. Nonostante la maggioranza degli operatori IESA sia in età da lavoro sono molte le persone sopra i 65 anni a ricoprire questo ruolo. Impiegando un buon numero di operatori over 65 (14%) i Servizi IESA hanno dimostrato un elevato grado di riconoscimento delle competenze, delle risorse e del potenziale che questi hanno da spendere all'interno dell'organizzazione. Gli operatori IESA sono generalmente in maggioranza donne (82%) così come avviene in linea generale anche in altri contesti appartenenti all'area del sociale.

Lo IESAnel Regno Unito: Prospettive future

Ci sono molte ragioni per credere che in ambito socio sanitario continuerà nel Regno Unito a respirarsi una crescente necessità di cambiamento, anche a causa della pressione dovuta alle riduzioni del budget a disposizione degli enti locali. I dati raccolti dimostrano come lo IESAsia in grado di svilupparsi nonostante la difficile situazione economica del Paese e possa assumere un ruolo di supporto alle istituzioni, offrendo buoni risultati clinici e assistenziali e garantendo inoltre la

Lo Shared Lives sta attivando dei sistemi di raccolta dati sempre più precisi per avvalersi di evidenze empiriche comparabili e sostenibili anche a livello accademico rispetto agli effetti dello

possibilità di ottenere una riduzione della spesa.
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7 Il Servizio IESA più grande è composto da 33 lavoratori: 1 manager, 19 operatori IESA e 13 impiegati amministrativi. Sul totale, il 71% dei servizi può contare anche su personale amministrativo.

IESA sia in rapporto ad altre forme di assistenza, sia in relazione ai benefici soggettivi di chi utilizza questo strumento, cercando di porre sempre maggiore attenzione al tema della salute. Così come è stato discusso nell'introduzione di questo articolo, il modello di assistenza IESA è ben strutturato e organizzato; esistono pertanto le basi affinché l'utilizzo di questa pratica possa espander-

si e diffondersi nel corso dei prossimi anni. Gli obiettivi futuri, oltre all'aumento del bacino di utenza, sono il potenziamento del modello come possibile alternativa all'ospedalizzazione e come approccio di prevenzione. Lo IESA continuerà inoltre a garantire un incremento dell'attività dei servizi locali e una crescita del modello a livello nazionale.

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Grafico
0 100 200 300 400 500 600 700 800 900 2012/20132013/20142014/2015 2012/2013150460120730 2013/2014150490150790 2014/2015150490140780 Responsabili di ServizioOperatoriAmministrativiTotale
1. Personale IESA in Inghilterra: rapporto anni 2012, 2013, 2014, 2015
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https://sharedlivesplus.org.uk
Per ulteriori approfondimenti sullo IESA nel Regno Unito è possibile consultare il sito al link sottostante:

Criteri per la selezione delle famiglie ospitanti e abbinamento con ospiti

1Abstract

L'appropriatezza dell'abbinamento tra famiglie ospitanti e paziente è elemento fondamentale per la realizzazione di un buon inserimento IESA. Compito dell'equipe del Servizio IESA è provvedere all'accurata selezione delle famiglie e supportare volontari e ospiti sin dalle prime fasi e durante tutto il percorso di convivenza.

Il presente lavoro ha l'obiettivo di descrivere e analizzare i criteri individuati e considerati efficaci per la selezione delle famiglie ospitanti, a partire dall'esperienza diretta di alcune equipe IESA in Germania, grazie alle quali è stato realizzato un questionario come strumento da utilizzare durante il processo di selezione. Tra i principali criteri di valutazione sono stati individuati: i possibili punti di contatto tra famiglia e futuro ospite; le caratteristiche individuali; i personali progetti di vita e i bisogni assistenziali del paziente. Il processo di abbinamento ospite-famiglia ospitante deve tener conto della compatibilità degli attori coinvolti in tale processo e non può soltanto essere affidato a criteri standardizzati che indaghino l'idoneità dei volontari.

Specificità assoluta del modello IESA rimane la dinamica interazione tra la famiglia e l'ospite, in un'ottica di interscambio tra i soggetti coinvolti, ponendo l'accento, in tale interazione, più sulle risorse che sui deficit della persona.

Parole chiave: IESA, famiglie ospitanti, salute mentale, equipe sanitarie, Betreute Wohnen in Gastfamilien, criteri di selezione volontari, Psychiatrische Familienpflege, abbinamento ospite ospitante.

La selezione delle famiglie idonee ad intraprendere un progetto IESA costitui-

sce la base per la buona riuscita di ogni inserimento. Già a partire dai primi incontri con le famiglie candidate ci si confronta con un ampio ventaglio di stili di vita, mentalità e motivazioni

tra loro differenti. A partire dalle descrizioni fornite dalle famiglie circa la propria vita familiare, con struttura e cultura specifiche, emergono con evidenza gli aspetti caratteristici, se non addirittura le bizzarrie, propri di ogni famiglia. Attraverso diversi gradi di compiacimento, lamentela,

*Pedagogista Sociale, Responsabile Servizio IESA (LiGa) della Clinica LVR Viersen, Membro del Comitato Tecnico della Società Tedesca di Psichiatria Sociale (DGSP) area IESA. 1Traduzione a cura di Francesca Masin, Gianfranco Aluffi.
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elusività, svalutazione o idealizzazione, si manifesta di volta in volta l'unicità e l'irripetibilità di ogni famiglia.

Per gli operatori dell'equipe IESA, queste descrizioni concorrono a formare le prime impressioni che si rivelano determinanti nella scelta delle famiglie ospitanti adeguate, poiché sono indicative del modo in cui la famiglia si definisce e degli aspetti con i quali si identifica. Nel corso di tanti anni di attività all'interno di un'equipe IESA mi è capitato spesso di domandarmi quali siano i motivi e le circostanze che spingono le famiglie a candidarsi per ospitare delle persone sofferenti di disturbi psichici: per quale ragione lo fanno? E come può una famiglia esercitare un effetto benefico sul proprio ospite?

I professionisti della psichiatria, in particolare, tendono a mettere in discussione il principio del “vivere nella normalità”, considerandolo alla stregua di una ricetta troppo semplicistica nell'epoca della specializzazione, della formazione continua, della gestione della qualità e dei protocolli orientati a specifiche necessità di cura. Scetticismo, critiche e preoccupazioni circa gli inserimenti eterofamiliari sono stati e sono tutt'ora all'ordine del giorno. Talvolta viene contestato il fatto che delle famiglie “normali” possano accogliere una sfida complessa come quella di fornire un adeguato supporto ad un paziente psichiatrico. In questa prospettiva la convivenza potrebbe rivelarsi persino controproducente laddove la percezione delle prospettive esistenziali dell'utente vada a confrontarsi con la strutturazione della vita in famiglia. Inoltre la convivenza potrebbe costituire una richiesta eccessiva per il paziente in termini emozionali e di dinamiche relazionali.

Tuttavia, le esperienze positive fatte all'interno e al di fuori del territorio tedesco confermano che proprio l'assenza di competenze professionali nelle famiglie ospitanti pone queste in un'ottica di relazione tra pari. Tale assetto relazionale valorizza le risorse del paziente a discapito dei suoi presunti deficit e delle sue caratteristiche psicopatologiche. Per questi motivi, al fine di avviare una convivenza che funzioni, è molto più importante effettuare un abbinamento fra persone compatibili rispetto alla standardizzazione dei criteri di idoneità delle famiglie ospitanti. Il potenziale operativo e di mediazione di un'equipe IESA dipenderà quindi, in maniera decisiva, dalla disponibilità di un ampio ventaglio di famiglie candi-

date e diverse tra loro, tra le quali poter operare una scelta.

Secondo le testimonianze e l'esperienza di alcune equipe IESAtedesche, attraverso le quali è stato strutturato un questionario da utilizzare durante il processo di selezione delle famiglie volontarie, l'abbinamento ospite-famiglia tiene conto sia della strutturazione delle famiglie sia dei progetti di vita e delle necessità assistenziali del futuro ospite. Fra i criteri di abbinamento efficaci, ovvero i punti di contatto tra il profilo della famiglia ospitante e quello dell'utente, possiamo citare:

- identità culturale;

-valori personali;

-modalità relazionali;

-lingua;

-condizioni abitative;

-simpatia;

-abitudini;

-interessi.

La scelta delle famiglie ospitanti idonee segue i medesimi criteri in tutti gli stati federali della Germania. Quando si chiede ai colleghi di illustrare i criteri di idoneità utilizzati nella selezione delle famiglie ospitanti, emerge chiaramente che le sensazioni provate “a pelle” di fronte alle famiglie, si rivelano un fattore decisivo ai fini dell'abilitazione. Impressioni, contatto visivo, clima emotivo ed altre valutazioni sull'atmosfera relazionale, contribuiscono alla formulazione della decisione di idoneità dei candidati ospitanti.

I requisiti fondamentali di accesso alla selezione si basano su:

-criteri formali, come la disponibilità di tempo e spazi e una certa sicurezza economica;

-criteri personali, come la disponibilità alla collaborazione, resilienza e apertura;

-criteri individuali, come le risorse, rapporti famigliari stabili, partecipazione alla vita sociale, la consapevolezza rispetto alle proprie problematiche e alle relative strategie di coping.

Le famiglie devono essere in grado di offrire:

-un luogo abitativo adeguato;

-le cure di base;

-il sostegno e l'incoraggiamento nello svol-

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gimento delle attività quotidiane, ad esempio l'alimentazione, il vestiario, l'igiene personale, l'organizzazione del tempo libero, la pulizia della stanza, l'adempimento di diritti e doveri ecc.;

-continuità nella relazione, disponibilità al dialogo e possibilità di mettersi in contatto con l'utente 24 ore al giorno;

-coinvolgimento e integrazione dell'ospite all'interno del nucleo familiare;

-coinvolgimento dell'utente nella rete sociale delle relazioni familiari e all'interno della collettività;

-aiuto nella strutturazione della giornata, in cui rientrano l'organizzazione attiva e passiva del tempo libero;

-il sostegno nelle attività volte al mantenimento della salute, il controllo, l' accompagnamento e il sostegno nell'assunzione regolare dei farmaci, nelle visite mediche e nelle terapie.

Diversamente da quanto accade con gli inserimenti degli adulti, quando un progetto IESAè rivolto ai minori vengono richieste ulteriori garanzie, specifiche di tale presa in carico:

-la presentazione di un certificato medico;

-la presentazione del certificato penale;

-la presentazione della dichiarazione dei redditi;

-l'impegno a partecipare ad un corso di formazione relativo ad una futura presa in carico di tipo educativo.

La valutazione di un adeguato atteggiamento educativo e della capacità genitoriale atta a sostenere i bambini nel percorso di sviluppo e a garantirgli un luogo sicuro, si differenzia in modo fondamentale dai requisiti richiesti ad una famiglia IESA. Il solo fatto che si debba garantire ad una persona adulta la possibilità di partecipare alla vita di comunità, secondo modalità conformi al suo disagio, implica che questa stessa persona sia messa nelle condizioni di collaborare e che gli sia concesso il giusto spazio per decisioni ed iniziative personali.

Di norma le famiglie IESAnon dispongono di conoscenze specialistiche né utilizzano modalità relazionali acquisite su base professionale. Sembra invece ragionevole ritenere che, qualora sia

stato operato un abbinamento appropriato, l'ambiente familiare possa di per sé operare in senso “curativo” e “compensativo”, senza che l'utente sia portato esplicitamente a considerarlo come un fattore terapeutico.

In linea generale gli elementi che possono essere considerati come agenti positivi sono i seguenti:

-la motivazione dell'ospite ad assumere un comportamento volto all'integrazione che si sviluppa a partire dal bisogno di appartenenza, simpatia e identificazione;

-un ambiente sicuro e protetto e il coraggio di assumere comportamenti non convenzionali che permette l'espressione della propria individualità;

-una convivenza che si basa sul principio del dare e avere;

-la stabilità nei rapporti interpersonali che crea sicurezza e autostima;

-l'assunzione di un ruolo all'interno del sistema famiglia che offre l'opportunità di “mettersi in gioco” indipendentemente dal proprio grado di istruzione, dai talenti posseduti e dalle capacità intellettive;

-la progressiva integrazione all'interno della rete sociale e della comunità di appartenenza della famiglia che favorisce il superamento dello stigma del paziente psichiatrico.

Di norma le famiglie ospitanti vengono valutate da tutti i componenti dell'equipe IESA sulla base di colloqui informativi di selezione e attraverso visite domiciliari. Per l'intervista si utilizza uno specifico questionario caratterizzato da domande aperte. Di seguito vengono riassunti i criteri indicati dalle equipe in ordine di importanza ai fini riabilitativi:

-la disponibilità delle famiglie a collaborare con il servizio (vengono valutate l'apertura della famiglia nei confronti dell'equipe, la reciproca simpatia e l'intenzione manifesta di voler costruire un buon rapporto);

-la concezione dell'essere umano e l'atteggiamento della famiglia (si valutano l'atteggiamento generale della famiglia nei confronti del disagio psichico, la volontà di costruire un rapporto e di integrare l'ospite all'interno della comunità, la presenza di una mentalità che riconosca alla persona

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portatrice di disagio psichico il diritto all'autodeterminazione e all'autonomia all'interno della famiglia);

-la motivazione della famiglia (si valuta la presenza di un rapporto equilibrato fra impegno sociale e motivazioni di ordine economico, si incentiva una descrizione sincera e dettagliata riguardo alle motivazioni personali, che normalmente sono legate ad aspetti della propria storia familiare);

-le risorse della famiglia (la rete sociale della famiglia, il suo impegno sociale, il tempo e gli spazi che è in grado di mettere a disposizione);

-le dinamiche familiari (si valuta la presenza di una buona struttura comunicativa, un'adeguata capacità di autocritica, un approccio costruttivo alla crisi e l'aspettativa di veder migliorare la propria condizione di vita).

Per l'osservazione del “sistema famiglia” è consigliabile redigere una biografia familiare. Il contesto socioeconomico delle famiglie candidate può assumere pesi diversi, confluendo all'interno della valutazione insieme alle risorse presenti sul territorio, alle infrastrutture e alla possibilità di raggiungere agevolmente i centri di salute mentale e i centri semiresidenzialidi ergoterapia . Oltre alla valutazione e all'osservazione dei criteri di esclusione (violenza, dipendenze patologiche, fanatismo religioso e ideologico, crisi familiari in corso, crimini commessi, condizioni abitative inadeguate) è emerso che il grado di tolleranza dell'equipe IESAcorrela con l'esperienza maturata: gli operatori più esperti mostrano un atteggiamento maggiormente schietto e sicuro e arrivano ad abilitare famiglie che colleghi con meno esperienza potrebbero escludere.

Un fenomeno connesso al crescente numero di famiglie abilitabili è la sempre più attenta considerazione delle dinamiche familiari in rapporto alla motivazione ad accogliere un paziente psichiatrico, alle modalità di interazione, al modo di superare le crisi, all'atteggiamento etico nei confronti di persone portatrici di disagio, alla gestione del tempo libero, all'impegno sociale, all'approccio alle questioni economiche.

Inoltre col tempo gli atteggiamenti, i comportamenti bizzarri, le modalità disfunzionali del sistema famigliare e i bisogni delle famiglie assu-

mono progressivamente nuovi significati. Una lucida analisi e un chiaro riconoscimento delle proprie impressioni contribuiscono a comunicare chiaramente l'abilitazione o l'esclusione alle famiglie candidate. Tuttavia la disponibilità delle famiglie a collaborare rimane il criterio più importante nel decidere l'idoneità al progetto. Un'equipe che si trovi nella fase di avvio del servizio può avvalersi dei criteri sopracitati per accettare le modalità di selezione come un processo dell'attività professionale e, nelle situazioni concrete, non solo per rendere il processo di conoscenza più interessante ma anche per acquisire conoscenze specifiche da mettere a frutto negli inserimenti futuri e, parallelamente, porre le basi per lo sviluppo di un rapporto con le famiglie solido e sostenibile.

Questo tipo di analisi può essere d'aiuto anche alle equipe più esperte consentendo di mettere in discussione processi routinari ormai consolidati ed eventualmente di adeguare queste riflessioni alle circostanze attuali in cui si trovano ad operare. Le esperienze maturate da equipe esperte nel corso degli anni dimostrano che spesso sono le famiglie caratterizzate dagli stili di vita più bizzarri a manifestare rispetto nei confronti di ciò che è particolare, estraneo o appariscente. Non è raro che queste caratteristiche risuonino familiari e rispecchino aspetti in cui la famiglia si identifica. Questi speciali contesti familiari costituiscono per gli ospiti una sorta di “nicchia” in cui è possibile sperimentare il cambiamento, al contrario di certi servizi psichiatrici i quali a volte rischiano di mettere esclusivamente in atto azioni di custodia anziché percorsi terapeutici. Nessun altro servizio nell'ambito della psichiatria è caratterizzato da tale vivacità, pluralità di idee, conflitti e sfide, anche a causa delle modalità spesso originali con cui le famiglie gestiscono i conflitti e le crisi. La sensazione di poter contare stabilmente sull'altro crea un senso di sicurezza, di orientamento e di appartenenza. La vicinanza affettiva può portare ad un annullamento della distanza che porta a minimizzare o ignorare le bizzarrie comportamentali. Sul lungo periodo, tuttavia, ciò può sfociare nella percezione di un sovraccarico emotivo e, nei casi peggiori, nella rottura del rapporto di convivenza.

Il supporto professionale fornito dagli operatori ha quindi la funzione di monitorare attentamente gli esiti dell'interazione familiare da una prospet-

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tiva esterna alla famiglia. L'equipe si confronta con l'arduo compito di difendere in maniera rispettosa l'intimità della famiglia e contemporaneamente di prevenire l'affaticamento, le crisi e il venir meno di un adeguato sostegno all'ospite. La disponibilità delle famiglie a collaborare con l'equipe e un atteggiamento caratterizzato dalla stima e dall'apertura rappresentano le condizioni fondamentali per la buona riuscita di un progetto di convivenza, come testimoniano le affermazioni di alcuni ospiti:

Qui è proprio come piace a me.” (Sig. B., 47 anni).

Sono sempre stato bene, ma adesso sto anche meglio!” (Sig. O., 45 anni).

“Ci sono gli animali, questo è importante...ed è come vivere a casa propria.” (Sig. T., 60 anni). “Stando qui mi sento integrato nella società.” (Sig. F., 44 anni).

E da cosa dipende?”... “Dalle persone certamente - e quindi qui si sta bene” (Sig. M., 44 anni).

Il fatto di sentirmi parte di qualcosa, di essere presa in considerazione e ascoltata...questo è importante.” (Sig.ra L., 32 anni).

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L'intero archivio della rivista tedesca sullo Iesa “BWF Aktuell” è consultabile al link sottostante:
http://www.bwf-info.de/bwf_e2/Aktuelles_frame.htm

Famiglie terapeutiche. Uno studio esplorativo sui candidati ospitanti IESA

Abstract

La riflessione che si vuole proporre in questo articolo riguarda il processo di selezione dei candidati al ruolo di ospitanti, che precede l'eventuale avvio di progetti IESA. In questo contesto, la selezione è intesa come un processo dialogico che porta a esplorare reciprocamente le motivazioni e la disponibilità di entrambi gli interlocutori, gli operatori del servizio e i candidati, al fine di dare inizio e continuità a un progetto IESA.

È stata realizzata una ricerca d'archivio dei dati socio-anagrafici e delle motivazioni riportate dai volontari raccolti attraverso i colloqui di selezione realizzati in un arco temporale di 14 anni, presso il servizio IESA dell' ASL TO3 di Collegno (TO). In questo lavoro si presenta un'analisi descrittiva circa le caratteristiche e le aspettative dei volontari, e le motivazioni alla base della scelta di ospitare una persona affetta da disagio psichico o disabilità presso la propria abitazione. Inoltre, si esplora la relazione tra variabili socio-anagrafiche, motivazionali e contestuali e il tipo di progetto nel quale i caregiver vengono coinvolti. In particolare, i progetti full-time si distinguono in progetti a medio termine aventi finalità prevalentemente riabilitativa e progetti a lungo termine con finalità assistenziale.

Una riflessione sul tema della disponibilità all'inclusione sociale può essere utile a

quanti, operatori, volontari, stakeholders, ricercatori vogliano riflettere sull'esperienza dell'inserimento eterofamiliare supportato di adulti (IESA), definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità come “uno dei migliori esempi di presa in carico dei malati mentali da parte della comunità” (2001).

La diffusione di questa pratica è chiara espressione del superamento dello stigma responsabile an-

che dell'isolamento di persone affette da disturbi psichici negli ospedali psichiatrici o in analoghe istituzioni totali (Goffman, 1968). L'adesione allo IESAda parte dei volontari implica, infatti, accogliere presso la propria abitazione persone portatrici di sofferenza psichica, bisognose di calore umano, rispetto, speranza, attenzione, assistenza, ascolto, comprensione, vicinanza. La scelta di ospitare una persona affetta da disagio psichico implica per la famiglia non solo non avere pregiudizi verso questa persona, ma anche essere

* Psicologa, Operatrice Unità di Monitoraggio e Programmazione Clinica dell'ASLTO3, Cooperativa Il Margine.

** Psicologa Psicoterapeuta, Università degli Studi di Torino.

*** Psicologo Psicoterapeuta, Coordinatore Scientifico Unità di Monitoraggio e Programmazione Clinica dell'ASLTO3, Cooperativa Il Margine, Università degli Studi di Torino.

****Psicologo Psicoterapeuta, Responsabile Servizio IESAe Unità di Monitoraggio e Programmazione Clinica dell'ASLTO3, Università degli Studi di Torino , Vice Presidente del Gruppo

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IESA(GREPFa),
Europeo di Ricerca sullo
Formatore IESA.

preparata per affrontare la reazione del contesto entro il quale vive. Uno degli effetti con i quali dovrà confrontarsi la famiglia con l'ingresso di un paziente psichiatrico all'interno del nucleo familiare è lo stigma, in quanto non solo la persona affetta da malattia psichica, ma anche i familiari della stessa possono sperimentare il disagio legato allo stigma (Sommer, 1990; Mehta & Farina, 1988). In letteratura, il fenomeno dello stigma associato alle persone affini a coloro che presentano un disturbo psichico viene indicato con l'espressione courtesy stigma (Goffman, 1963) o associative stigma (Östman & Kjellin, 2002) oppure, se riferito a familiari, family stigma (Corrigan & Miller, 2004). In una ricerca di Struening e colleghi (Struening et al., 2001) è emerso che circa il 70% dei caregiver di persone affette da disturbi psichici, come schizofrenia o disturbo bipolare, crede che questi ultimi vengano svalutati da molte persone, e il 43% crede che tale svalutazione si estenda anche ai familiari. Diversi lavori hanno indagato le conseguenze associate allo stigma percepito dai familiari di persone affette da malattia mentale. In particolare, lo stigma conduce i familiari a celare il disagio psichico del proprio congiunto, all'evitamento o allontanamento di quest'ultimo, al ritiro sociale, alla compromissione dei rapporti familiari, al ritardo nella ricerca di un intervento da parte dei servizi preposti alla cura e alla promozione della salute mentale (Shamsaei et al., 2013; Mak & Cheung, 2008; Compton et al., 2004; Wahl & Harman, 1989).

Altre sequele afferenti alla sfera emotiva e cognitiva derivanti dal courtesy stigma riguardano i pensieri suicidari, il senso d'impotenza, l'infelicità, la ridotta autostima e il senso di colpa sperimentati dai familiari (Mak & Cheung, 2008; Corrigan & Miller, 2004; Östman & Kjellin, 2002; Wahl & Harman, 1989).

In questo contributo, si vuole proporre una riflessione sul processo di selezione dei candidati inteso come percorso di conoscenza reciproca tra Servizio IESA e volontari ed esaminare le variabili che influenzano la scelta del tipo di progetto fulltime da affidare ai caregiver. I progetti full-time si distinguono in full-time a breve, medio e lungo termine a seconda delle finalità terapeutiche. In particolare, i progetti a breve termine si propongono di offrire supporto all'ospite in momenti di crisi personale o dell'ambiente circostante. I progetti a medio termine sono rivolti a persone gio-

vani per le quali è previsto un recupero, anche solo parziale, delle funzioni compromesse al fine di favorire l'autonomia, la responsabilizzazione e l'integrazione sociale dell'individuo.Infine, i progetti a lungo termine si caratterizzano per una finalità assistenziale attraverso l'offerta di sostegno e cura di “pazienti cronici” nella quotidianità (Aluffi et al., 2010). La finalità della ricerca è fornire un'analisi descrittiva delle caratteristichedelle famiglie che hanno concluso positivamente il percorso di selezione e sono state coinvolte almeno in un progetto IESA(full-time) e approfondire la relazione tra queste variabili e la scelta del tipo di progetto affidato ai caregiver.

La famiglia ospitante come esperienza emozionale e relazionale correttiva Saraceno (2012) illustra il concetto di famiglia facendo riferimento a uno strumento ottico, il caleidoscopio, al fine di enfatizzare la molteplicità di possibili forme in cui può strutturarsi lo “stare insieme” di due o più individui che condividono uno stesso luogo di vita. Un luogo, quello familiare, che contiene in sé possibili valenze cliniche e terapeutiche connesse anche al crearsi di uno spazio/tempo simbolico di intermediazione tra realtà sociali e individuali. Luogo e tempo, quindi, di ricostruzione di significati sociali e culturali in significati e vissuti individuali.

Lo spazio familiare rappresenta infatti la socialità più prossima all'individuo, il quale condividendo il tempo e i luoghi della quotidianità, costruisce nell'incontro e nel dialogo di ogni giorno narrazioni condivise (su di sé, sul mondo, sulle relazioni) anche attraverso il gioco dei rimandi collegati all'“essere con ” .

Premesso che i processi della mente possono essere influenzati dalle esperienze che l'individuo fa nel corso della vita, la pratica IESA può rappresentare un'occasione per favorire una ristrutturazione emozionale e cognitiva e, date le evi1 denze neuroscientifiche, anche cerebrale.

Una famiglia attenta ai bisogni del paziente, in grado di cogliere e accogliere i segnali anche non verbali di benessere e disagio dell'ospite, crea le condizioni per lo sviluppo di una “esperienza emozionale e relazionale correttiva” (Liotti, 2009). La relazione rappresenta un'occasione per conoscere le emozioni e le intenzioni proprie e altrui: attraverso l'azione di neuroni specchio nell'individuo si riproduce l'agire e il sentire

1 Le scoperte neuroscientifiche mostrano che così come i processi mentali possono essere influenzati dalle funzioni cerebrali, anche l'anatomia e il funzionamento del cervello possono risentire dei processi psicologici e cognitivi per effetto della plasticità neurale, meccanismo attivo tanto nel bambino quanto nell'adulto (Siegel, 2001).

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dell'altro (Favole, 2011), ossia si attiva il meccanismo della simulazione incarnata (Gallese et al., 2006), ed è grazie alla risonanza del sentire e agire altrui che sviluppa e affina la conoscenza di sé e del mondo. I meccanismi di sintonizzazione affettiva tra ospitante e ospite permettono a quest'ultimo di modulare lo stato mentale del momento e sviluppare la capacità di autoregolazione di emozioni anche intense, così da consentirgli di assumere e mantenere un comportamento più flessibile e adattivo. L'ospite si sente accolto nelle sue vulnerabilità che diventano meno intollerabili e gestibili grazie alla vicinanza e al sostegno offerto dalla famiglia. In quest'ottica, la famiglia offre uno spazio fisico e relazionale in cui il paziente può ridefinire l'immagine di sé e attribuire nuovi significati ai comportamenti altrui modificando gli schemi interpersonali disadattivi (Semerari, 2009), ossia le aspettative negative circa i comportamenti degli altri in risposta alle proprie richieste di cura e supporto che possono 2 dare luogo ai cosiddetti cicli interpersonali. Soprattutto per i progetti aventi finalità riabilitative, che mirano dunque al reinserimento sociale dell'individuo, e quindi all'acquisizione da parte dell'ospite di una sempre e maggiore autonomia, una famiglia che funge da base sicura consente all'individuo di sviluppare un crescente senso di sicurezza in sé e negli altri, elementi necessari per l'avvio di un processo di autonomizzazione. Una “nuova” famiglia può offrire alle persone con disturbi psichici una nuova chance per costruire differenti esperienze di condivisione e diversi significati. Tale luogo simbolico è un'opportunità in particolare per coloro che, per diversi motivi, non hanno più, o non hanno mai avuto, una famiglia o per chi non ha la possibilità di vivere con la propria famiglia biologica.

Il “sistema familiare IESA” necessariamente s'incontra con il “sistema familiare biologico” sia esso presente o vissuto nell'immaginario della persona. E proprio in tale incontro può essere cercata la terapeuticità di tale progetto nel creare nuovi assetti relazionali e simbolici.

Le famiglie IESA, dunque, rappresentano uno dei nodi fondanti della progettazione clinica. Una riflessione sul percorso di selezione dei volontari ci sembra dunque d'importanza cruciale per una buona pratica clinica.

Ricerche internazionali sui caregiver IESA

Nonostante l'inserimento eterofamiliare sia una antica forma di accoglienza di persone con disagio psichico (McCoin, 1985), sono ancora limitate le ricerche sullo IESA a livello sia nazionale (Aluffi, 2014) sia internazionale (Piat et al., 2007).AlcuniAutori hanno posto il focus delle loro ricerche sulle responsabilità (Piat et al., 2005) e sulle caratteristiche dei caregiver (Piat et al., 2008; Piat et al., 2007; Rhoades & McFarland, 1999; Blaustein & Viek; 1987). In particolare, Piat e colleghi (Piat et al., 2007) hanno condotto uno studio qualitativo in Canada per esplorare come i caregiver e gli ospiti percepiscono la relazione di aiuto nell'inserimento eterofamiliare.Ai caregiver coinvolti è stato chiesto di indicare i valori e le qualità richieste per poter supportare e favorire l'integrazione nella comunità di persone con disturbi mentali. L'analisi dei dati raccolti mediante interviste semi-strutturate nei quali sono stati coinvolti 20 caregiver, ha rivelato che vi è uno stretto collegamento tra il sistema di valori e le qualità personali di un buon caregiver. Le persone intervistate hanno mostrato di possedere consapevolezza di sé, delle loro credenze e ideali, rispetto per la vita umana, abilità intuitive, un carattere forte e maturità. I caregiver hanno dichiarato che la scelta di offrire aiuto a persone con gravi malattie mentali non era sostenuta da motivazioni economiche né dal prestigio, bensì dai valori di riferimento e dalle qualità personali; inoltre, gli stessi hanno descritto la cura come un impulso interiore sviluppato e arricchito nel corso della propria esperienza di vita.

La motivazione dei caregiver, insieme all'impegno e ai riconoscimenti derivanti dall'assistenza continua di persone affette da grave disagio psichico, è stata indagata anche in una precedente ricerca qualitativa (Rhoades & McFarland, 1999) che prevedeva la somministrazione di un questionario strutturato e un'intervista. Dall'analisi dei dati raccolti mediante il Caregiver Questionnaire è emerso che la maggior parte dei partecipanti allo studio (52 %) ha spiegato la propria motivazione con l'altruismo (es. mi piace aiutare le persone); alcuni (33%) hanno fatto riferimento all'autorealizzazione (es. il poter disporre di un maggior reddito); per il 15% dei partecipanti, invece, l'offerta di cure ha rappresentato una ra-

emozionali e automatici elicitando nell'altro un comportamento che conferma le previsioni negative dello schema interpersonale. In quest'ottica, gli schemi interpersonali disadattivi di un individuo possono essere rinforzati

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2 Il “ciclo interpersonale” riflette il modo in cui la relazione con l'altro attiva circuiti che rinforzano gli schemi interpersonali disadattivi di un individuo. In particolare, l'individuo scambia con il suo interlocutore segnali non verbali, dal comportamento altrui (Safran & Segal, 1993).

gione di vita (es. Dio vuole che noi aiutiamo gli altri). Per quanto riguarda le difficoltà incontrate, più di un terzo dei partecipanti hanno indicato la disabilità e la malattia mentale. Il secondo aspetto più frequentemente riportato erano le sfide insite in questo tipo di lavoro, come per esempio la burocrazia che ostacolava l'accesso alle risorse. Dall'intervista ai 14 caregiver, “aiutare gli altri” era indicata più frequentemente come motivazione del proprio impegno alla cura. Questi risultati sono in linea con quelli emersi in precedenti lavori di Braun e colleghi (Braun et al., 1988; Blaustein & Viek, 1987), nei quali la maggior parte dei caregiver ha dichiarato che il motivo alla base della scelta di operare all'interno di una foster home era aiutare le persone. Un altro aspetto che è stato indagato in letteratura riguarda la differenza tra esperto e nonprofessional della salute mentale (Piat et al., 2008). È stato chiesto a 20 caregiver di spiegare in che termini l'aiuto da loro offerto a persone affette da malattie mentali si distingue da quello fornito dagli assistenti sociali. Diciassette dei 20 partecipanti hanno descritto l'unicità che caratterizza la figura del caregiver argomentando quanto segue:

- il caregiving è più di un lavoro;

- i caregiver condividono la loro vita con i pazienti;

- la relazione tra caregiver e paziente è egualitaria;

- i caregiver offrono supporto per qualsiasi esigenza;

- i caregiver sono i real frontline workers e possono rispondere meglio ai bisogni e alle difficoltà dei pazienti rispetto agli assistenti sociali;

- i caregiver possono valutare meglio i bisogni dei pazienti rispetto agli assistenti sociali.

I risultati di questo lavoro mirano a enfatizzare il ruolo del caregiver. Gli Autori sottolineano l'importanza di coinvolgere il caregiver nella pianificazione del trattamento e nella decisione circa l'inserimento residenziale, e di formalizzarne il contributo all'interno del sistema di salute mentale.

Metodo di ricerca

È stata realizzata una ricerca d'archivio dei dati

relativi ai volontari. I dati sono stati raccolti attraverso i colloqui di selezione realizzati tra il 30 luglio del 1998 e il 19 settembre 2012 presso il Servizio IESA afferente al Dipartimento Interaziendale di Salute Mentale dell'ASLTO3. In particolare, sono state analizzate le caratteristiche sociali, ambientali, e psicologico-motivazionali dei candidati.

Il protocollo di selezione è basato su un primo contatto telefonico, via mail o di persona; un colloquio informativo sul progetto a cui segue la decisione da parte del candidato di proseguire o meno il percorso; un'intervista semi-strutturata al candidato e una visita domiciliare concordata con il candidato. Viene richiesta la compilazione di un documento “Dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà e certificazioni” a cui segue la verifica di aderenza di quanto dichiarato nel certificato penale del casellario giudiziario. Questo percorso prosegue con la formazione del volontario e si conclude con l'eventuale abilitazione a cui 3 può seguire l'avvio di un progetto.

I dati analizzati dal presente studio sono stati raccolti attraverso la somministrazione della scheda di primo contatto e dell'intervista semistrutturata.

La scheda di primo colloquio viene compilata quando si riceve una candidatura volontaria, o in seguito a reperimento telefonico: in questa scheda vengono riportati i dati anagrafici, il tipo di progetto per il quale il volontario si candida e la fonte dalla quale è venuto a conoscenza del servizio. La suddetta scheda, inoltre, riporta alcune informazioni aggiuntive raccolte dall'operatore durante il colloquio consistenti in annotazioni ed eventuali punti di criticità da approfondire nell'intervista semi-strutturata. Il primo colloquio è un momento importante anche per far conoscere ai candidati le peculiarità del servizio e per rispondere ai loro eventuali dubbi e chiarimenti.

La scheda dell'intervista semi-strutturata è una traccia che serve all'operatore per conoscere il volontario e i suoi eventuali conviventi. Le principali aree d'indagine riguardano i dati socioanagrafici dei caregiver e le loro abitudini, le aspettative rispetto all'ospite, le motivazioni associate all'accoglienza di un paziente affetto da disagio psichico presso la propria abitazione, la disponibilità in termini di tempo e spazio che il caregiver è disposto a riservare al paziente.

3 È utile precisare che l'abilitazione non implica necessariamente l'inserimento di un paziente nella famiglia in quanto la priorità del servizio è riuscire a creare una combinazione ottimale tra le aspettative e le risorse offerte dal caregiver e i bisogni del paziente.

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Nell'arco di tempo indicato, sono stati raccolti 455 questionari. Il focus dell'analisi viene posto sui candidati (n=42) che hanno raggiunto l'abilitazione e che effettivamente sono stati coinvolti in un progetto full-time a medio (MT) e/o lungo termine (LT).

Analisi statistica

L'associazione tra varibili categoriali è stata ana2 lizzata attraverso il calcolo del test χ prodotto con il software statistico 'Statistical Package for Social Sciences' (SPSS versione 23.0 inglese). Si tratta di una tecnica di inferenza statistica che si propone di verificare le differenze tra le frequenze osservate (dati ottenuti dalle operazioni di rilevazione) e le frequenze attese nell'ipotesi di assenza di relazione (ipotesi nulla o H) ed effettua- 0 re un'inferenza sul grado di scostamento tra queste. Il livello di significatività (α) era fissato allo 0,05 per tutti i confronti effettuati.

(n=133) ha raggiunto l'abilitazione. Di 133 candidati, il 32% (n=42) è stato coinvolto in progetti full-time a medio e/o a lungo termine.

La durata media dei progetti full-time è di circa 2.033 giornate (DS=1.874,2), pari a 5 anni e 7 mesi circa.

L'età media del campione è di 52 anni circa (DS=7,5): gli uomini hanno un'età media di 56 anni (DS=6) e le donne di 52 anni (DS=7,6).

Situazione abitativa e mezzi di trasporto

Per quanto riguarda la situazione abitativa dei 42 caregiver coinvolti in convivenze, il 35,7% (n=15) vive in un alloggio, il 28,6% (n=12) vive in una villa, il 19% (n=8) in una casa popolare e il 16,7% (n=7) in cascina. Tra coloro che specificano se l'abitazione è o meno di proprietà, il 40,5% (n=17) candidati dichiarano di abitare in una casa di proprietà, mentre il 38,1% (n=16) riferisce di vivere in affitto.

Risultati

Descrizione del campione

Per quanto riguarda l'analisi descrittiva del campione (vedi Tabella 1), dei 455 candidati, il 29%

La maggior parte (78,6%; n=33) dei caregiver riporta di disporre di un'auto, aspetto che deve essere valutato qualora l'abitazione del candidato risulti ubicata in un luogo distante dal servizio

57
Tabella 1. Caratteristiche socio-anagrafiche del campione.
DYMPHNA’ S FAMILY Progetto MT Progetto LT Progetto MT e LT Variabili N % N % N % Genere Maschi 1 2,4 3 7,1 1 2,4 Femmine 23 54,8 8 19,0 6 14,3 Nazionalità italiana 22 52,4 10 23,8 7 16,7 rumena 2 4,8 0 0,0 0 0,0 extra-europei 0 0,0 1 2,4 0 0,0 Stato civile Nubile/celibe 1 2,4 1 2,4 2 4,8 Coniugato/convivente 13 31,0 6 14,3 3 7,1 Vedovo 3 7,1 1 2,4 1 2,4 Separato/divorziato 7 16,7 3 7,1 1 2,4 Titolo di studio Licenza elementare o media 16 38,1 7 16,7 3 7,1 Qualifica professionale o diploma 8 19,0 4 9,5 4 9,5 Stato lavorativo Disoccupato/cassaintegrato 4 9,5 0 0,0 2 4,8 Casalinga 4 9,5 2 4,8 2 4,8 Pensionato 1 2,4 3 7,1 0 0,0 Lavoro saltuario 2 4,8 0 0,0 1 2,4 Lavoro fisso 13 31,0 6 14,3 2 4,8 N° 00 2017

IESAe da altri servizi territoriali.

Aquesto riguardo, l'intervista semi-strutturata seguita prevede anche un approfondimento circa la distanza dell'abitazione dai servizi competenti.

Più della metà (59,5%; n=25) dei caregiver riferiscono di poter raggiungere i servizi a piedi e il 38,1% (n=16), invece, di poterli raggiungere con i mezzi.

Aspettative del candidato sull'ospite

La parte finale dell'intervista indaga le aspettative rispetto all'ospite e la disponibilità nel suo coinvolgimento nella vita familiare. Per quanto concerne il sesso dell'ospite, metà candidati (50%; n=21) preferirebbe ospitare una donna, il 7,1% (n=3) un uomo e per il 42,9% (n=18) dei caregiver il sesso dell'ospite è indifferente.

La maggior parte (83,3%; n=35) dei caregiver è disposto ad accogliere un ospite, una più ridotta percentuale, 16,7% (n=7), è disponibile ad accogliere 2 ospiti.

Per quanto riguarda la percezione dell'ospite, per il 70% circa dei caregiver (n=29) l'ospite è un membro della famiglia, mentre per il 9,5% (n=4) l'ospite è un coinquilino.

Sulla presenza dell'ospite a casa, ventisei caregiver (61,9%) si sono dichiarati favorevoli alla presenza dell'ospite a casa per tutto il giorno.

Trentacinque candidati (83,3%) sono disposti a trascorrere le vacanze con l'ospite.

Il 71,4% dei caregiver (n=30) è propenso ad accogliere anche eventuali animali.

Per quanto riguarda il coinvolgimento dell'ospite nei lavori domestici, quasi tutti i caregiver (95,2%, n=40) sono favorevoli nello stimolare l'ospite a svolgere queste attività.

Quattro caregiver (9,5%) hanno manifestato disponibilità per l'accoglienza di persone portatrici di patologie trasmissibili; una più alta percentuale (83,3%; n=35) ha manifestato parere favorevole per l'accoglienza di un ospite fumatore.

Motivazioni della candidatura

Per quanto riguarda le ragioni della candidatura, la maggior parte dei partecipanti esprime diverse motivazioni che spiegano la volontà di accogliere presso la propria abitazione una persona affetta da disagio psichico. Le ragioni della candidatura riportate dai caregiver sembrano risentire del sistema di valori della persona (solidarietà, disponibilità all'offerta di attenzione e cura

all'altro e a favorirne l'integrazione sociale). Ulteriori fattori sono la disponibilità di risorse, intese come disponibilità di spazi e tempo da dedicare all'ospite, pregresse esperienze lavorative o di volontariato, interesse verso il coinvolgimento in un progetto IESA (curiosità, desiderio di sperimentarsi e occasione formativa), e del bisogno di contrastare la propria solitudine. A queste si aggiungono anche le ragioni economiche: in particolare, per il 76,2% (n=32) dei caregiver, che sono stati coinvolti in progetti full-time a medio e/o lungo termine, il motivo della candidatura è anche di natura economica. In parte, questa motivazione può essere spiegata dal fatto che la maggior parte dei partecipanti, 74% circa (n=31), riferisce entrate mensili inferiori o pari a 1.500,00 €.

Analisi bivariata

2

Attraverso la statistica del χè stata indagata la relazione tra la tipologia dei progetti e altre variabili, come per esempio il tipo di abitazione e la professione dei caregiver, con lo scopo di individuare gli aspetti che influenzano il coinvolgimento di un caregiver in un progetto IESA a medio e/o lungo termine.

Dall'analisi della relazione tra la professione dei caregiver e la scelta del tipo di progetto full-time è emerso che le due variabili si influenzano reci2 procamente (χ=7,41; p=0,02; gdl=2). In altri termini, sembra che a coloro che hanno svolto lavori di natura assistenziale tende ad essere affidato indifferentemente un progetto a medio termine, a lungo termine oppure entrambi, mentre i caregiver impegnati in lavori di natura non assistenziale tendono ad essere coinvolti in progetti aventi finalità riabilitative, ossia progetti a medio termine. Per le altre variabili oggetto di analisi, il test del 2 χ, pur non raggiungendo i livelli di significatività, assume valori tali da non poter escludere l'esistenza di una relazione tra le variabili. In particolare, l'esame della relazione tra sesso e tipo di 2 progetto affidato ai caregiver, il valore del χ 2 (χ=3,89; p=0,14; gdl=2) mostra che i progetti a medio termine tendono ad essere affidati soprattutto a donne, mentre i progetti a lungo termine, anche quando associati a progetti a medio termine, tendono ad essere assegnati a uomini.

Per quanto riguarda la relazione tra tipo di pro2 getto e tipo di abitazione il valore del χ è pari a 7,26 (p=0,30; gdl=6). Si nota un'associazione tra tipo di abitazione e tipo di progetto affidato al ca-

58 DYMPHNA’ S FAMILY N° 00 2017

regiver: in particolare, coloro che vivono in alloggio, casa popolare o villa tendono a essere coinvolti in progetti a medio termine, mentre ai caregiver che abitano in cascina tendono a essere affidati progetti a lungo-termine oppure entrambi, progetti sia a medio sia a lungo termine.

22

I risultati del test χ (χ=2,77; p=0,25; gdl=2), estendendo l'analisi alla relazione tra la variabile abitazione di proprietà e in affitto e la variabile tipo di progetto, suggeriscono che il vivere in affitto o in proprietà non influenza il tipo di progetto affidato ai caregiver.

Per quanto concerne la relazione tra le variabili 2 distanza dai servizi e tipo di progetto (χ=3,70; p=0,15; gdl=2), i progetti a medio termine tendono a essere affidati ai caregiver che vivono in prossimità dei servizi tanto da poterli raggiungere rapidamente.

Conclusioni

L'obiettivo dello studio era fornire un'analisi descrittiva delle caratteristiche delle famiglie coinvolte in un progetto full-time a medio e/o lungo termine ed esaminare la relazione tra queste variabili e il tipo di progetto in cui le famiglie sono state coinvolte. Si riscontra che la maggior parte dei caregiver sono donne, di nazionalità italiana, coniugati, con licenza elementare o media, con un lavoro fisso, che vivono in alloggio, possiedono un'auto e abitano vicino ai servizi.

Per quanto riguarda le aspettative sull'ospite, metà caregiver esprime preferenza per un ospite di sesso femminile, la maggior parte preferirebbe ospitare un solo ospite, trascorrere le vacanze con l'ospite, coinvolgerlo nei lavori domestici e accogliere anche eventuali animali.

Le motivazioni dichiarate dai caregiver, che stimolano un atteggiamento positivo all'accoglienza di persone portatrici di disagio psichico presso la propria abitazione, sono principalmente l'offerta di vicinanza e cura e il bisogno di un'entrata economica.

In riferimento alla relazione tra variabili socioanagrafiche, motivazioni e aspettative circa l'ospite, si riscontra una relazione significativa tra professione dei caregiver e scelta del tipo di progetto full-time in cui viene coinvolto il caregiver. In particolare, coloro che hanno svolto lavori di natura assistenziale tendono ad essere coinvolti in progetti a medio e/o lungo termine; invece, a coloro che svolgono altri tipi di lavori tendono ad essere affidati progetti aventi finalità riabilitative, ossia progetti a medio termine. Per altre variabili, quali sesso del caregiver, tipo di abitazione, distanza dai servizi ed entrate mensili la relazione con la variabile tipo di progetto non raggiunge i livelli di significatività.

L'analisi ci porta a concludere che non ci sono aspetti che incidono significativamente nella scelta della tipologia di progetti da affidare a un caregiver, fatta eccezione per l'esperienza lavorativa/professionale. Ci sono elementi che non possono essere trascurati nella progettazione di un inserimento IESA: il caregiver deve offrire uno spazio fisico e relazionale tale da favorire l'assistenza o la riabilitazione dell'ospite. L'inserimento, infatti, ha luogo quando le caratteristiche e le aspettative del caregiver si incontrano con le caratteristiche e le aspettative dell'ospite. Ne deriva che, aspetti come il titolo di studio del caregiver, le entrate mensili o la disponibilità di un'auto, assumono un'importanza marginale per la realizzazione di un adeguato e positivo inserimento.

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri della ricerca, potrebbe essere interessante esplorare quanto il percorso riabilitativo all'interno di una famiglia IESA possa favorire il processo di autonomizzazione dell'individuo e di conseguenza anche di integrazione sociale.

La ricerca potrebbe focalizzarsi su coloro che al termine dell'inserimento hanno acquisito le capacità per creare e gestire uno spazio fisico e relazionale allo stesso tempo permeabile e indipendente dall'esterno.

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Lo IESA per persone anziane o con disabilità in Francia

1Abstract

In Francia il modello di accoglienza eterofamiliare (IESA) è uno strumento diffuso che presenta ancora caratteristiche poco definite ed eterogenee nelle diverse aree. Questo approccio viene solitamente utilizzato, in ambito sociale, per offrire ospitalità a persone adulte, anziane o disabili, che da sole faticano a gestire in autonomia la vita quotidiana. La normativa in vigore regolamenta prevalentemente le iniziative private ma non definisce dei contenitori organizzativi precisi. La gestione di questa attività da parte di privati, è affidata al Consiglio Generale e i servizi hanno l'incarico di abilitare, controllare, monitorare e formare i soggetti ospitanti, funzioni che in alcuni ambiti territoriali, a causa dell'assenza di una definizione univoca del modello, si sovrappongonoa quelle più generali di aiuto e di valutazione sociale. Il presente articolo, facente riferimento a 96 Dipartimenti sui 99 che utilizzano lo IESA, analizza dati quantitativi sulle abilitazioni concesse agli ospitanti e sulle persone ospitate e presenta alcuni aspetti qualitativi relativi alla stesura di una normativa, ad oggi ancora molto complessa e poco chiara. I dati presentati non sono finalizzati a fornire delle risposte ma a stimolare delle riflessioni, poiché molte questioni rimangono ancora aperte.

Parole chiave

IESA, Accueil Familial, personnes âgées, handicapées, abilitazione, selezione, monitoraggio, anziani, disabili, affido anziani, affido disabili.

Le informazioni presentate in questo articolo cercano di descrivere la situazione at-

tuale dello IESA in Francia e hanno innanzitutto l'intento di stimolare delle considerazioni da parte degli addetti ai lavori in merito alle notevoli disparità rilevate nell'ambito delle procedure di abilitazione, che condizionano l'essenza

stessa dell'attività degli ospitanti e del modello di intervento.

Questa particolare modalità di presa in carico, che consiste nell'ospitare persone fragili da parte di privati in via di professionalizzazione, non sarà mai associabile ad altre pratiche di intervento, tuttavia le differenze locali di interpretazione del

* Psicologa, Istituto di Formazione, Ricerca e Valutazione delle Pratiche sanitarie e sociali (IFREP) Paris.

**Psicologo, Direttore Istituto di Formazione Ricerca e Valutazione delle Pratiche sanitarie e sociali (IFREP) Paris, Presidente Gruppo Europeo di Ricerca sullo IESA(GREPFa), formatore IESA.

1 Traduzione a cura diAnastasia DeAngelo e Catia Gribaudo, sintesi a cura di Catia Gribaudo ed Elisabetta Latragna. Il presente articolo è tratto dal report “L'Accueil Familial des personnes âgées ou handicapées”, redatto e pubblicato dall'istituto parigino di formazione, ricerca e valutazione delle pratiche medico sociali (IFREP).

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modello e i loro effetti potrebbero far perdere allo strumento dell'accoglienza eterofamiliare la propria specificità, col rischio, come riportato nelle note di un operatore, “di perderne la ricchezza nella ricerca dell'uniformità”.

L'abilitazione degli ospitanti

Dall'analisi effettuata attraverso la somministrazione di un questionario online nel corso del 2014 è stata rilevata la presenza di circa 9.742 ospitanti abilitati sul territorio francese, che può essere comparata agli 8.950 ospitanti censiti nel precedente studio dell'IFREPal 31/12/1996, rilevando un aumento di meno del 9% in 17 anni.

Per i 96 Dipartimenti che hanno partecipato alla ricerca IFREP(2014) si fa riferimento ai dati rilevati al 31/12/2013, mentre per i 3 Dipartimenti che non hanno aderito all'inchiesta sono stati presi in esame i dati forniti dall'Observatoire De l'Action Sociale Décentralisée (ODAS) che nel 2010 ha condotto una ricerca non pubblicata, e ai dati presenti sul sito internet del Consiglio Generale risalenti al 2012.

Lo studio rileva una grande variabilità tra i Dipartimenti, che oscillano dai 2 ai 507 ospitanti abilitati.

Tra i Dipartimenti, 4 raggiungono il 19% degli ospitanti abilitati, mentre 10 arrivano da soli al 33%. L'elaborazione dei dati di questa inchiesta si basa su 9.365 ospitanti abilitati distribuiti in 96 Dipartimenti, cioè sul 96% del totale nazionale, una percentuale molto rappresentativa.

Secondo l'articolo L.441-1 del Code de l'action sociale et des familles, una persona o una coppia devono preventivamente essere oggetto di una abilitazione rinnovabile da parte del Presidente del Consiglio Generale del Dipartimento territoriale di residenza che esamina le richieste. Senza grandi sorprese, è stato riscontrato che le abilitazioni sono per la maggior parte ottenute da don-

ne, con una percentuale del 87%, mentre gli uomini abilitati ricoprono soltanto il 6% del totale e le coppie il 7%.

Confrontando gli studi del 1996 e del 2014 si osserva una riduzione della percentuale di donne abilitate (dal 96% al 94%) e un lieve aumento degli uomini (dal 4% al 6%).

La nozione di “coppia” (senza precisazioni in merito alla sua composizione), introdotta nel 2002, permette di proporre un'unica abilitazione a due adulti che vivono sotto lo stesso tetto, qualora richiedano entrambi l'abilitazione. Questo per evitare un accumulo di autorizzazioni all'ospitalità che porterebbero ad accogliere nello stesso nucleo più di 3 persone, facendo così perdere a questa modalità di accoglienza il suo carattere familiare. Emerge dai questionari che la nozione di “coppia abilitata” sembra essere stata di difficile interpretazione, tanto da rendere necessaria una ricodifica di 37 risposte su 96. Capitava infatti che le coppie non venissero conteggiate come tali, ma bensì come due candidati separati. Al di là delle incomprensioni o degli errori di interpretazione bisogna sottolineare che il 7% delle abilitazioni sono state rilasciate a coppie, evidenziando un aumento di queste candidature da parte di numerosi Dipartimenti.

Abilitazione concessa per accogliere

2

1, 2 o 3 persone

Secondo l'articolo R.441-2 del già citato Code de l'action sociale et des familles, la richiesta di abilitazione, fondata su un formulario il cui contenuto è stabilito dal Presidente del Consiglio Generale, deve precisare il numero massimo di persone che il candidato desidera accogliere, oltre al tipo di categoria di utenza (anziani o disabili) per i quali ci si rende disponibili, se il caso lo richiede.

2
62
Dati raccolti sull'84% delle abilitazioni concesse.
DYMPHNA’ S FAMILY N° 00 2017 Abilitazioni Al 31/12/1996 Al 31/12/2013 Abilitazioni concesse per accogliere 1 persona 57,00% 39,00% Abilitazioni concesse per accogliere 2 persone 31,00% 31,00% Abilitazioni concesse per accogliere 3 persone 12,00% 30,00%
Tabella 1. Abilitazioni sulla base del numero di persone accolte.

La ripartizione tra le abilitazioni concesse appare abbastanza omogenea tra chi può accogliere uno, due o tre ospiti, ma questi dati non riescono a riflettere le grandi differenze esistenti tra i vari Dipartimenti. Dopo che è stata autorizzata l'abilitazione ad accogliere tre ospiti, si è verificato un aumento di questa modalità di utilizzo. I dati relativi alle abilitazioni concesse per l'accoglienza di due ospiti mostrano invece una buona stabilità.

L'accoglienza eterofamiliare di più ospiti richiede un grande carico di lavoro e di risorse, ma permette tuttavia di ottenere una maggiore retribu3 zione, che risulta al contrario essere modesta quando si accoglie una sola persona. Non è stato semplice riuscire a raccogliere questo tipo di informazioni a causa della tendenza, da parte dei Dipartimenti, a ragionare in termini di “posti abilitati” e non di ospitanti. Per tale ragione, nel caso di 24 Dipartimenti, è stato necessario ricodificare tutte le risposte. Considerando che non sempre si è riusciti a fare una distinzione tra queste categorie e tenuto conto dei commenti come “noi non abilitiamo persone ma posti letto”, si è deciso di porre maggiore attenzione a quest'ultima concezione che è più simile a una logica istituzionale (non si parla più di ospitanti abilitati che offrono determinate disponibilità di accoglienza) e apre, come si vedrà in seguito, a ordinanze che prevedono abilitazioni a dimensione multipla. Facendo una proporzione tra “posti abilitati” e ospitanti si ottiene una media di 1,89 posti per ospitante. Il dato medio presentato non rispecchia realmente quale sia la situazione dei candidati abilitati a ospitare 3 persone, né se la loro disponibilità ad accogliere sia interamente utilizzata o se siano impegnati in percorsi di accoglienza temporanea. Si tratta pertanto di un calcolo che definisce dei posti “virtuali”. Facendo la proporzione tra il nume4 ro di posti e il numero di ospiti al 31/12/2013 si ottiene un tasso di occupazione medio del 80%, tenendo presente che è un dato suscettibile a variazioni, poiché comprende progetti di accoglienza temporanea che sono per definizione poco stabili, e considerando che presenta grandi differenze tra i Dipartimenti, alcuni dei quali presentano il 100% di occupazione degli ospitanti, mentre altri meno del 60%. È stato inoltre calcolato il rapporto tra il numero di ospiti e il numero di ospitanti da cui si rileva che la grande maggio-

ranza dei Dipartimenti si situa all'interno della media nazionale, cioè 1,43 ospiti per ospitante. Gli 8 Dipartimenti che hanno la particolarità di avere un rapporto ospiti-ospitanti superiore alla media nazionale (1,93 e 2,23) sono caratterizzati da una sovra rappresentazione di anziani ospitati. Questa correlazione, menzionata a titolo informativo, potrebbe lasciar intendere che il numero di ospiti per ospitante sia più alto qualora si tratti di anziani, ma si tratta soltanto di un'ipotesi che sarebbe opportuno verificare.

Abilitazioni concesse per l'accoglienza di persone anziane (PA), disabili (PH)

5 o entrambi

6 Dal momento che la legge del 1989 ha differenziato l'abilitazione per l'accoglienza di anziani da quella per persone con disabilità, la legge del 2002 sancisce, all'articolo L.441-1 che “per accogliere abitualmente presso il proprio domicilio a titolo oneroso degli anziani o degli adulti disabili, una persona o una coppia deve prima di tutto fare richiesta di abilitazione”

Nella tabella a seguire si osserva un notevole aumento della percentuale di abilitazioni miste, che garantiscono una maggiore fluidità e flessibilità delle possibilità di accoglienza.

Anche rispetto a questo tema, così come per gli altri dati analizzati, esistono grandi disparità tra i Dipartimenti. Per esempio, in 7 Dipartimenti non sono presenti abilitazioni miste (2 Dipartimenti esprimono delle perplessità rispetto a questo tipo di accoglienza e uno precisa che “la mescolanza di categorie di utenza all'interno del nucleo ospitante può risultare problematica”), ma non è possibile risalire a se si tratti di una scelta effettiva o della situazione specifica al momento della ricerca, mentre 23 Dipartimenti si distinguono nel concedere sistematicamente abilitazioni miste. Molteplici ipotesi permettono di spiegare tale situazione: l'abilitazione mista consente minori oneri amministrativi e quindi un minore carico di lavoro nel caso in cui un ospitante, per esempio, desideri modificare la sua disponibilità, riflette un approccio più globale all'accoglienza familiare oppure incarna la flessibilità, citata da molti Dipartimenti. In queste sedi la percentuale di accoglienza di persone con disabilità è maggioritaria (63%) e supera la media nazionale (54%).

3 A differenza dei modelli tedesco ed italiano i quali operano basandosi su una adesione volontaristica e senza scopo di lucro da parte degli ospitanti, in Francia essere famiglia ospitante significa esercitare una professione. Tale caratteristica, snatura i progetti IESA di quella componente essenziale basata sulla generosa offerta di ospitalità tipica del volontariato e sposta l'ospite dalla posizione di convivente alla pari a quella di mero oggetto di lavoro.

4 Una estrapolazione dei posti offerti dagli ospitanti abilitati per accogliere 1, 2 o 3 persone, sulla base della stima nazionale del totale di ospitanti, rileva un po' più di 18.600 possibilità d'accoglienza (supponendo che tutti gli ospitanti siano “al completo”).

5 Dati calcolati sul 97% delle abilitazioni concesse, ottenuti dai 37 Dipartimenti che ragionano in termini di abilitazioni concesse a persone e non in termini di posto letto.

6 Legge n.89-475 del 10 Luglio 1989. Prima legge relativa all'accoglienza da parte di privati, presso il loro domicilio, a titolo oneroso di persone anziane o disabili, adulte.

63
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Tabella 2. Abilitazioni suddivise per categoria di utenza.

Abilitazioni concesse per accogliere

7 a tempo pieno o parziale

Secondo l'articolo R.441-2, la richiesta di abilitazione deve precisare in particolare se l'ospitalità che si desidera fornire è a tempo parziale o a tempo pieno. La commissione di abilitazione può accogliere la richiesta o rettificarla, argomentando la decisione presa. Anche il contratto d'accoglienza riporta alcune specifiche relative alla modalità d'accoglienza, distinguendo per esempio il suo carattere permanente o temporaneo.

La netta maggioranza di abilitazioni concesse, comprese quelle senza distinzione, permette l'accoglienza sia a tempo pieno sia a tempo parziale. È poi il contratto a determinare le condizioni dell'accoglienza sulla base dei bisogni dell'ospite. Non è chiaro se le limitazioni che implicano le abilitazioni concesse per l'accoglienza

ragione ci sono ospitanti abilitati specificatamente per questo tipo di progetto. Da notare, rispetto all'accoglienza diurna, che altri Dipartimenti interessati a questa modalità di intervento non sono stati in grado di renderla realizzabile, poiché “manca di regolamentazione”, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti economici.

Le problematiche relative al remplacement

Che i Dipartimenti utilizzino o meno “abilitazioni a breve termine”, e pur tenendo conto che l'accoglienza temporanea fa riferimento a bisogni differenti per gli ospiti e/o per gli ospitanti, questa modalità d'accoglienza è da collegare, almeno in parte, alla questione della sostituzione temporanea degli ospitanti in occasione delle vacanze o in caso di imprevisti (remplacement). Ricordiamo che il principio che prevale nell'accoglienza eterofami-

a tempo parziale (particolarità che riguarda il 6,5% delle abilitazioni secondo lo studio del 1997) provengano da una decisione del Consiglio Generale o da una richiesta dell'ospitante. Una delle modalità di accoglienza a tempo parziale utilizzata è l'accoglienza diurna. In Francia sembra una pratica apprezzata, considerato che una dozzina di Dipartimenti l'ha incoraggiata o prova ad andare in questa direzione. Per questa

liare è quello della “continuità dell'inserimento” e che “le differenti soluzioni individuate per la sostituzione dell'ospitante devono tener conto del parere dell'ospite o del suo tutore”. Per contro, “tutte le assenze di più di 48 ore devono essere segnalate, salvo cause di forza maggiore, per iscritto al presidente del Consiglio Generale. Se la persona ospitata resta presso il domicilio dell'ospitante, dovrà essere predisposto un documento da allegare

Tabella 3. Abilitazioni suddivise per categoria tipologia di progetto.
al 7 Dati calcolati sull'85% delle abilitazioni concesse. 64 DYMPHNA’ S FAMILY N° 00 2017 Abilitazioni Al 31/12/1996 Al 31/12/2013 Abilitazioni concesse per accogliere anziani 21,00% 17,00% Abilitazioni concesse per accogliere disabili 38,00% 24,00% Abilitazioni concesse per accogliere sia anziani, sia disabili (miste) 41,00% 59,00% Abilitazioni % Abilitazioni concesse per l'accoglienza a tempo pieno 94,00% Abilitazioni concesse per l'accoglienza a tempo parziale 3,00% Abilitazioni che non specificano tale aspetto 3,00%

contratto, firmato dall'ospitante, da chi lo sostituisce e dall'ospite, che va inviato al Consiglio Generale; se la persona ospitata viene trasferita presso il domicilio di chi sostituisce l'abituale ospitante, viene invece redatto un contratto di accoglienza con durata temporanea, che viene inviato al Consiglio Generale”

In totale 54 Dipartimenti su 96 segnalano difficoltà a proposito del remplacement. Raggruppando le problematiche emerse, si ottengono due grandi categorie: le difficoltà degli ospitanti così come descritte dai Servizi, e quelle dei Servizi, entrambe declinate su diversi livelli. Per quanto riguarda gli ospitanti emergono:

-difficoltà contestuali, come la mancanza di risorse per l'accoglienza a breve termine e di sostituti disponibili;

-difficoltà amministrative, relative alla sovrapposizione di contratti e alle incompren8 sioni con l'URSAFF;

-difficoltà finanziarie, a causa di disparità nelle retribuzioni su base oraria o forfettaria, che risultano o troppo basse per chi si occupa delle sostituzioni (e da qui nasce la difficoltà a reperire risorse di questo tipo) o decisamente superiori a quanto viene corrisposto a chi ospita a lungo termine (a causa della sproporzione tra domanda e offerta);

-difficoltà organizzative, in merito alla gestione delle sostituzioni che dovrebbero da contratto essere a carico dell'ospite, ma che alcuni ospitanti vorrebbero gestire direttamente;

-difficoltà personali, correlate a problemi di fiducia e di tutela della privacy, che fanno sì che alcuni ospitanti abbiano delle esitazioni a consentire che uno sconosciuto si trasferisca presso il loro domicilio per le sostituzioni. Su questo punto, l'imprecisione e la scarsa chiarezza dei testi normativi sono innegabili, tanto quanto le differenze di funzionamento dei Dipartimenti.

Tra le difficoltà segnalate dai Servizi si evidenziano:

-eccessiva burocrazia;

-inefficienze degli ospitanti nel comunicare i nomi dei sostituti e le variazioni e nella trasmissione dei contratti, quando non addirit-

tura nella segnalazione delle loro assenze; -difficoltà a far capire all'organismo preposto alla tutela che il sostituto che si reca a domicilio dell'ospitante non necessita di abilitazione (questione particolarmente pregnante quando la sostituzione viene fatta da parenti o vicini degli ospitanti, una pratica di “buon senso” suggerita nella Guida all'accoglienza familiare pubblicata dalla Direction Générale de la Cohésion Sociale a febbraio 2013).

Ancora una volta, l'interpretazione o l' imprecisione dei testi normativi sembra portare alcuni Dipartimenti ad assumere posizioni specifiche, talvolta divergenti.

Infine alcuni Dipartimenti segnalano che il problema dei sostituti è diventato poco a poco “un freno allo sviluppo dell'accoglienza familiare, già poco allettante”, poiché alcuni candidati rinunciano, non sapendo come gestire questo aspetto (soprattutto i single senza una rete relazionale sviluppata).

Come si vedrà in seguito, se 54 Dipartimenti sottolineano le criticità correlate al remplacement, gli altri Dipartimenti che hanno compilato questa parte di questionario riferiscono di non incontrare, o non incontrare più, difficoltà, poiché sono state individuate delle soluzioni. Ma in alcuni casi c'è chi ignora volontariamente questo problema e lo rimanda agli ospitanti, ritenendo che “gli ospitanti debbano gestire questo aspetto” e che “le sostituzioni siano una loro responsabilità”. Nei Dipartimenti che hanno affermato di non riscontrare difficoltà nel gestire le sostituzioni, si delineano due tendenze: la prima rientra in un'organizzazione che funziona “da sola”, dove gli ospitanti trovano dei sostituti (o si assentano poco); la seconda comprende interventi più concreti da parte dei servizi incaricati.

Le vacanze degli ospiti

La legge chiede agli ospitanti di impegnarsi ad assicurare la continuità dell'accoglienza e concede loro delle ferie pagate, sebbene non siano da considerarsi dei “dipendenti” nel senso stretto del termine. Di fatto le ferie (e più genericamente le assenze) degli ospitanti pongono la questione della loro sostituzione, come già affermato nel paragrafo precedente. In sintesi, in caso di assenza dell'ospitante, alcuni ospiti trascorrono dei

65
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8 Union de Recouvrement des Cotisations de Securité Sociale et d'Allocations Familiales: ente previdenziale sociale francese (N.d.T).

soggiorni presso altri ospitanti abilitati oppure restano “a casa loro” nel quadro di una continuità assicurata da un sostituto non necessariamente abilitato che si trasferisce temporaneamente nel domicilio presso il quale l'ospite vive. Gli ospiti possono inoltre essere presi in carico da istituti che hanno dei posti di accoglienza temporanea, o ancora partecipare ai soggiorni organizzati da enti preposti. Talvolta gli ospiti vanno in vacanza con gli ospitanti, ma non è prevista in questi casi una cornice normativa. In alcuni casi le famiglie ospitanti accolgono per il periodo estivo soggetti provenienti da strutture residenziali.

La sovrapposizione di attività di accoglienza 9eterofamiliare

L'accoglienza privata di anziani e di persone con disabilità talvolta si affianca, o forse si sovrappone, con l'Accueil Familial Thérapeutique (AFT), pratica IESAesclusivamenterivolta a persone affette da disturbi psichiatrici organizzata da istituti ospedalieri,e con l'accoglienza di minori. In queste situazioni, ottenere sia un'abilitazione per l'accoglienza di anziani e/o disabili, sia una per l'accoglienza familiare terapeutica (AFT) può non garantire le condizioni “d'accoglienza, sicurezza e benessere” per persone fragili e dipendenti. Tale sovrapposizione è presente per l'1,2% degli ospitanti. Non potendo effettuare delle distinzioni precise è verosimile ipotizzare che la percentuale faccia riferimento ad ospitanti che sono stati abilitati in qualità di affidatari di minori e che hanno continuato ad accogliere un minore disabile che è cresciuto con loro ed è diventato adulto, cambiando così inquadramento rispetto al tipo di accoglienza. In circostanze eccezionali, gli ospitanti mantengono entrambe le attività e, nel 3% dei casi, gli ospitanti sarebbero abilitati anche come affidatari per pazienti psichiatriciAFT.

Situazioni di accoglienza al di fuori del quadro normativo

Tutte le situazioni di accoglienza di anziani e disabili presso il proprio domicilio e a titolo oneroso, rientrano nel quadro normativo. Per questo è stata dedicata una parte del questionario a eventuali situazioni di accoglienza “fuori quadro”. Se 17 Dipartimenti rispondono di non avere informazioni in merito, 55 affermano che non esistono situazioni al di fuori del quadro normativo.Al contrario, 24 Dipartimenti sono a conoscenza di

alcune situazioni specifiche, tra le quali: l'accoglienza privata (da ricondurre a un contesto specifico), le Case di Accoglienza Specializzata (MAS), il permanere di abilitazioni nominative e di situazioni antecedenti alla revisione della normativa.

In alcuni Dipartimenti le situazioni prevalenti riguardano dei privati ai quali non è stata concessa l'abilitazione o a cui è stata revocata, ma che continuano la loro attività e dei privati che hanno rifiutato di essere abilitati, forse considerando il quadro normativo “troppo vincolante”. Sebbene non quantificate, queste situazioni sembrano essere esigue, ma restano problematiche. Per questi ospitanti non abilitati, sembra che i Dipartimenti incontrino qualche difficoltà, malgrado le ripetute richieste mirate a ottenere l'appoggio della pubblica autorità.

La preoccupazione principale è data dalla scarsa chiarezza del quadro normativo che potrebbe condurre dei privati a fare offerte di accoglienza senza conoscere il percorso da intraprendere o a utilizzare il vuoto giuridico per degli inserimenti a scopo di lucro.

La banca dati di persone abilitate

Gli ospitanti abilitati hanno bisogno di promuovere la loro idoneità e la loro offerta di ospitalità e chi è in cerca di accoglienza in famiglia deve poter accedere all'informazione relativa alle risorse presenti sul territorio. L'elaborazione, la divulgazione e la realizzazione di una lista che contenga l'anagrafica delle persone abilitate mirano a questi obiettivi.

Sulla base delle indicazioni della Commissione di Accesso ai Dati Amministrativi (CADA), la maggior parte dei Dipartimenti fornisce l'elenco “su richiesta”, a volte “con parsimonia”, utilizzando diversi supporti e mezzi. Molti di loro precisano che questo elenco non è sempre esaustivo e/o che viene divulgato in accordo con gli ospitanti, ma alcuni Dipartimenti non divulgano i contatti. Il loro funzionamento solleva due possibili letture. In un primo caso può trattarsi di atteggiamento tutelante per quanto riguarda la privacy, poiché alcuni ospitanti verrebbero contattati da diverse aziende commerciali o riceverebbero chiamate talvolta disturbanti. La seconda possibilità, più discutibile, si riferisce a quando l'elenco non viene reso pubblico “per evitare i contatti e per evitare che si effettuino degli inse-

9 Fuori dai due quadri evocati di seguito, un Dipartimento ipotizza la possibilità di “cumulare un'attività professionale esterna se la continuità dell'accoglienza è garantita”. Questa questione è in effetti pertinente, per esempio laddove l'accoglienza sia a tempo parziale e che le attività dell'ospitante non siano incompatibili con la continuità dell'accoglienza.

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rimenti senza il parere medico”. In modo più sfumato, un Dipartimento riferisce di non comunicare l'elenco, ma di aver messo in atto una “procedura di richiesta di posti in famiglia, in accordo con gli ospitanti, al fine di evitare gli inserimenti troppo pesanti o inadatti”. Solo in 10 Dipartimenti la lista è direttamente accessibile tramite ricerca sul sito del Consiglio Generale, completa di contatti e talvolta con la specifica del tipo di abilitazione e della disponibilità.

Ospitanti abilitati riuniti in associazioni

A causa delle caratteristiche della loro attività, che si svolge presso il domicilio in un contesto familiare, gli ospitanti si trovano spesso soli, senza contatti frequenti o regolari con loro pari con i 10 quali confrontarsi e sviluppare delle pratiche e delle risposte idonee. In questo contesto, al di là delle proposte organizzate da alcuni Dipartimenti, la soluzione associativa permette degli scambi di informazioni (sul contratto, la remunerazione o ancora sull'elenco di ospitanti) e offre delle forme di supporto o di mutuo aiuto in caso di difficoltà personali o correlate all'inserimentoIESA.

Le problematiche relative all'abilitazione

La regolamentazione relativa all'abilitazione non fissa dei limiti d'età per gli ospitanti, tuttavia la garanzia “di condizioni di accoglienza che permettano di assicurare la salute, la sicurezza, il benessere fisico e morale degli ospiti” obbliga a interrogarsi sull'età o sullo stato di salute dei candidati che richiedono l'abilitazione o il suo rinnovo. L'età è la prima questione menzionata dai Dipartimenti, citata da 59 di loro. Si evidenziano alcuni tipi di situazioni tra le quali il problema del rinnovo quando gli ospitanti si trovano in età avanzata (più di 70 anni, addirittura più di 80), sapendo che alcuni di loro non vogliono interrompere la presa in carico, che spesso è già in corso da numerosi anni. Così come alcuni ospitanti non chiedono di andare in pensione, altrettanti sono quelli, almeno secondo i Dipartimenti, che continuano ad accogliere “in ogni caso”.Allertato da queste situazioni, un Dipartimento ha messo in atto uno “stage di preparazione al pensionamento”. Queste situazioni fanno emergere con forza il tema relativo all'avvenire degli ospiti. Tra le richieste di candidatura, emerge spesso l'età avanzata dei candidati, che in molti casi supera

i 50 e talvolta i 60 anni. Un Dipartimento precisa che “non ci sono richieste da parte di persone giovani per questo mestiere, poco attraente e poco tutelante”. Ciò che chiedono questi Dipartimenti è di definire un limite massimo di età sia per continuare l'attività, sia per richiedere una prima abilitazione. Riflettendo su questo tema si presenta uno degli aspetti non previsti dalla regolamentazione, cioè quando l'accoglienza eterofamiliare diviene una vita familiare condivisa a tutti gli effetti e pertanto porre un limite di età agli ospitanti condurrebbe alla decontestualizzazione dell'ospite inserito in famiglia a seguito della chiusura obbligata dell'inserimento.

Parzialmente collegato alla questione dell' assenza di un limite di età per l'accoglienza eterofamiliare si trova spesso lo stato di salute dei candidati a seguito di una domanda iniziale di abilitazione o di un rinnovo. Questo porta alcuni Dipartimenti a posizioni non direttamente regolamentate dal quadro normativo: alcuni sottopongono ai candidati dei questionari sulla salute, altri pongono dei limiti di età.

L'abitazione

Secondo il parere di circa 40 Dipartimenti la normativa relativa all'abilitazione sembra poco esplicita anche in merito all'abitazione degli ospitanti. È evidente che non si possa chiedere a dei privati di applicare le norme richieste agli istituti, poiché non esiste un'abitazione “standardizzata” e dunque la valutazione è affidata al buon senso in termini di distribuzione degli spazi privati e condivisi o di comfort. Pertanto gli operatori incaricati di valutare le richieste di abilitazione si trovano a confrontarsi con dubbi di ogni tipo, tra gli altri: le docce “troppo piccole”, l'assenza di norme “sulla superficie totale dell'abitazione”, i “corridoi troppo lunghi che non consentono la vigilanza”, la “larghezza delle porte” che sottende la questione dell'accessibilità in sedia a rotelle, la “sicurezza degli spazi esterni e delle piscine” che dovrebbe riguardare la famiglia al di là dell'abilitazione.

Più marginalmente qualche Dipartimento pone delle questioni sulla rettifica dell'obbligo di situare la camera per l'ospite sotto lo stesso tetto degli ospitanti. La Guida dice “Il Consiglio Generale può tuttavia, di caso in caso, accordare l'abilitazione qualora il posto o l'alloggio messo a disposizione

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10 Su questo tema un Dipartimento sta progettando una “piattaforma elettronica (forum) riservata agli ospitanti”.

non sia situato sotto lo stesso tetto dell'ospitante ma all'interno della sua proprietà, se si ritiene che il carattere familiare dell'accoglienza sia preservato, in particolare da un'organizzazione che faciliti il libero accesso dell'ospite alle parti comuni e la messa in atto di una comunicazione idonea. In questo caso, i servizi igienici devono essere interni al luogo messo a disposizione per l'ospite, o situato nello stesso edificio e facilmente accessibile”.

Verso una regolamentazione nazionale delle pratiche di selezione

Numerosi Dipartimenti desidererebbero poter fare affidamento su un riferimento normativo na11zionale (alcuni avendo, nel frattempo, costruito dei riferimenti interni) al fine di inquadrare e/o rendere omogenee le loro pratiche di abilitazione strutturale delle abitazioni.

Bisogna tuttavia precisare che questa richiesta riguarda più ampiamente la regolamentazione di una questione ricorrente, cioè la possibilità di “non concedere l'abilitazione sulla base di criteri non confutabili”. Un riferimento nazionale permetterebbe forse di ridurre le disparità interdipartimentalisollevate da 11 Dipartimenti, che risulta ancor più rilevante se si considera che l'abilitazione ha validità sul territorio nazionale e che alcuni segnalano “difficoltà di funzionamento con ospitanti gia abilitati che provengono da altri Dipartimenti”. Non è tuttavia assicurato che un riferimento normativo nazionale riesca a rimuovere gli ostacoli correlati a elementi più soggettivi che derivano dalla percezione dei professionisti in merito ai percorsi e alle modalità di vita degli ospitanti. Inoltre alcuni Dipartimenti lamentano l'assenza di personale adeguatamente formato alla selezione. Le questioni poste più di frequente sono relative a “cosa significa provvedere al benessere?”, o come valutare le motivazioni dei candidati e la loro capacità di presa in carico di persone vulnerabili, se procedere all'abilitazione in caso di precarietà economica o di fragilità psicologica del candidato, e a come valutare l'efficacia di un abbinamento.

Gli ospiti

Questa parte del documento fa riferimento ai dati relativi al numero di persone ospitate attraverso lo IESAa livello nazionale e alla loro ripartizione dipartimentale, con il dettaglio di alcune delle caratteristiche dei progetti. I dati si riferiscono a 98

Dipartimenti sui 99 nei quali risultava attivo, nel 2014, un servizio di accoglienza eterofamiliare. Per 93 dei 96 Dipartimenti coinvolti nella ricerca IFREPdel 2014, le informazioni raccolte fanno riferimento al 31/12/2013; per gli altri Dipartimenti sono stati utilizzati i dati raccolti attraverso la ricerca dell'ODAS effettuata nel 2010 o a dati pubblicati dal Consiglio Generale. Visto l'utilizzo di fonti differenti, i dati a seguire possono essere utilizzati solo per effettuare una stima degli anziani non autosufficienti e dei disabili che fruiscono dello IESAin Francia.

Al 31/12/2013 risultano 14.549 ospiti, a fronte degli 11.717 rilevati dallo studio IFREP del 31/12/1996. Si osserva pertanto un aumento di circa il 24% in 17 anni, nettamente superiore all'aumento del numero di ospitanti abilitati. Questo fenomeno è da collegarsi, almeno in parte, al volume di abilitazioni concesse per ospitare 3 persone e quindi al numero di “posti disponibili”. Secondo lo studio IFREP del 1997, sette anni dopo la pubblicazione del decreto applicativo, lo IESA rivolto ad anziani e disabili ha ancora difficoltà a organizzarsi e/o a regolarizzare situazioni d'accoglienza storiche. Inoltre, alcuni Dipartimenti hanno messo in atto una politica di ulteriore sviluppo dell'accoglienza eterofamiliare per rispondere ai bisogni di presa in carico di persone anziane o disabili.

I dati a seguire sono stati forniti dai 93 Dipartimenti (sui 96 partecipanti) che si sono mostrati in grado di comunicare le informazioni relative alle persone accolte al 31/12/2013. Questa parte si riferisce quindi ai 13.591 ospiti presenti in questi Dipartimenti, cioè il 93% del totale nazionale stimato. Sebbene inferiore alla percentuale di dati raccolti a proposito degli ospitanti abilitati, è da considerarsi un campione ampiamente rappresentativo.

In generale i dati raccolti in merito agli ospiti sono più difficilmente recuperabili di quelli relativi agli ospitanti: per alcuni Dipartimenti che gestiscono direttamente i progetti IESA rivolti ad anziani e disabili, il conteggio è stato effettuato manualmente, mentre per altri non è stato possibile distinguere i tipi di progetti in corso.

Per i Dipartimenti che delegano l'attività IESA, alcuni sono riusciti ad ottenere le informazioni attraverso gli organismi delegati, mentre altri hanno reperito pochi dati o addirittura nessuno.

Secondo lo studio del 1997, peraltro più detta-

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11 In corso di elaborazione da parte della Direction Générale de la Cohésion Sociale (DGCS) in cooperazione con differenti partner.

gliato di quello richiesto nella presente ricerca, l'accesso alle informazioni si è rivelato più facile, forse poiché al tempo il dispositivo era di recente attuazione.

Più ampiamente, l'accoglienza eterofamiliare è al crocevia di due preoccupazioni contraddittorie che possano chiarire questa carenza di informazioni: da un lato, la contrattualizzazione degli ospiti è di responsabilità degli ospitanti, che agiscono più o meno liberamente senza rendere conto ai servizi. Questi non sono informati degli ospiti e delle loro caratteristiche se non alla ricezione del contratto. È possibile che, in molte situazioni, queste caratteristiche non possano essere registrate.

Dall'altro lato, si constata una reale volontà di alcuni Dipartimenti di esercitare un diritto di monitoraggio, o addirittura un intervento più diretto sui progetti e più ampiamente sul dispositivo, senza che questo funzionamento basti tuttavia a registrare l'insieme delle caratteristiche dei progetti.

Ripartizione degli utenti tra anziani

12 e disabili

La ricerca rileva che il 46% dei progetti IESA riguarda ospiti anziani, mentre il 54% è rivolto a soggetti con disabilità. Secondo lo studio del 1997, i dati indicano circa il 50% di inserimenti eterofamiliari di anziani e il 50% di disabili, ma la ripartizione è stata richiesta sulla base dell'età e pertanto non può ritenersi del tutto corretta; è dunque difficile trarre delle conclusioni dato che, come si vedrà in seguito, alcuni soggetti con disabilità possono essere anche in età avanzata. In relazione a questo è stato chiesto ai Dipartimenti di distinguere, laddove possibile, gli ospiti con disabilità da quelli appartenenti a questa stessa categoria ma in fase di invecchiamento. Solo 39 Dipartimenti sono stati in grado di rilevare questo dato (31%). In questi Dipartimenti le persone con disabilità in età avanzata rappresentano circa il 22% dei soggetti disabili inseriti in progetti IESA.

Al di là di questa ripartizione nazionale dei progetti per anziani e disabili è necessario introdurre delle specificità correlate ai contesti locali. Si distinguono 14 Dipartimenti con più dell'80% di progetti per disabili (una volta e mezza in più della media nazionale), fino ad arrivare in singoli casi al 100%. Spesso si tratta di Dipartimenti che

hanno una lunga storia di accoglienza eterofamiliare (talvolta antecedente la legge del 1989), alcuni dei quali hanno delegato la gestione dello IESA a importanti associazioni incaricate della presa in carico di disabili. É un caso a parte un Dipartimento in cui solo 4 persone in totale sono state inserite in progetti di questo tipo, e uno che segnala di non avere più progetti per anziani. Al contrario, 12 Dipartimenti (di cui 9 in regia diretta) si distinguono con un numero di progetti per anziani una volta e mezza maggiore della media nazionale (dal 70% al 91%). Si tratta di Dipartimenti “storici” per quanto riguarda l'accoglienza eterofamiliare di anziani.

L'accoglienza a tempo pieno o parziale

L'abilitazione viene concessa in modo generico, senza precisare se per progetti a tempo pieno o parziale, tranne in alcuni Dipartimenti. I contratti invece specificano il tipo di progetto in corso, aggiungendo anche la distinzione tra progetti a lungo o breve termine.

13

La maggioranza di ospiti anziani è accolta a tempo pieno (98%), ma si può notare che i pochi anziani accolti a tempo parziale (2%) si trovano nei 17 Dipartimenti ove sono presenti pochi inserimenti di anziani. Fanno eccezione 4 Dipartimenti che presentano dal 13% al 33% di soggetti in età avanzata inseriti in progetti a tempo parziale.

14 Come prevedibile, le persone con disabilitàfruiscono maggiormente dei progetti di inserimento 15 a tempo parziale (11% a tempo parziale e 89% a tempo pieno) rispetto agli anziani.

L'accoglienza eterofamiliare è utilizzata come supporto o come complemento di un'attività di lavoro protetto durante la giornata o di un progetto di inserimento in comunità. Secondo i dati raccol16 ti da questa ricerca il 12% degli ospiti ha un'attività esterna alla vita in famiglia IESA. Il questionario menziona per esempio il lavoro protetto, ma le risposte comprendono diversi tipi di presa in carico (centri medico-psicologici, dayhospital, istituti medico-educativi, centri occupazionali, centri sociali ecc.). Nel 1997 la domanda era formulata in altro modo, chiedeva di indicare il numero di ospiti inseriti in famiglia ospitante che avessero un'attività remunerata. Si trattava allora dell'11% degli ospiti, percentuale vicina ai da-

12 Dati basati sul 98% degli ospiti.

13 Dati basati solo sul 70% degli anziani accolti.

14 Dati basati solo sul 76% di disabili accolti.

15 Una precisazione: l'accoglienza a tempo parziale di disabili inseriti in progetti di lavoro protetto, per esempio, si appoggia talvolta su un contratto a tempo parziale talvolta su un contratto a tempo pieno.

16 Dati basati sul 53% degli ospiti.

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ti attuali. Non si possono tuttavia fare ulteriori considerazioni, poiché non ci sono correlazioni tra il numero di ospiti a tempo parziale e il numero di ospiti che hanno un'attività esterna al nucleo ospitante: ci sono talvolta più progetti a tempo parziale che attività esterne, o viceversa, a meno che non si faccia riferimento ad un'associazione delegata che gestisce anche un centro di lavoro protetto.

17

L'accoglienza a lungo o breve termine

Come già evidenziato, il contratto definisce ulteriormente le modalità dell'accoglienza con la nozione di accoglienza a lungo termine o a breve termine.

L'accoglienza a lungo termine risulta essere più 18 rappresentata(94%).

Questi dati sono da considerare con cautela, innanzitutto a causa delle lacune di informazioni in merito e poiché possono essere presenti delle sovrapposizioni di contratto nel caso di progetti a breve termine attivati per indisponibilità temporanea del caregiver abituale.

Aprescindere dalla difficoltà nell'utilizzo dei dati rilevati, non è comunque chiaro quale realtà riflettano in quanto non sono esplicitati gli obiettivi che definiscono i progetti a breve termine e, in alcuni Dipartimenti, sono emerse confusioni nella distinzione tra progetti part time e a breve termine e tra quelli full time e a lungo termine.

Il “dispositivo” di accoglienza eterofamiliare

Questa ultima parte del documento raccoglie numerosi dati, prevalentemente qualitativi rispetto ai vari Dipartimenti.

Tre Dipartimenti non hanno partecipato alla seguente inchiesta, ma, secondo le informazioni raccolte, sembrano utilizzare lo IESA. Settantacinque Dipartimenti gestiscono in modalità diretta sia progetti IESAper anziani sia per disabili, 13 delegano a enti terzi entrambi i progetti, mentre 10 gestiscono direttamente i progetti per anziani delegando quelli per disabili. Per un solo Dipartimento la modalità di gestione dei progetti non è nota. La gestione diretta risulta essere la modalità prevalente. L'accoglienza eterofamiliare di anziani è in gestione diretta in 85 Dipartimenti.

L'accoglienza eterofamiliare di persone con disabilità è invece in delega in 23 Dipartimenti. Si tratta per lo più di deleghe storiche ad importanti associazioni che gestiscono enti o servizi per di-

sabili, ben inserite nel contesto locale, o di piccoli servizi disseminati sul territorio. La delega dell'accoglienza eterofamiliare riguarda solo il 19% dei progetti per anziani, mentre riguarda il 41% dei progetti per disabili.

L'accoglienza eterofamiliare a gestione diretta L'accoglienza eterofamiliare non appare come un dispositivo autonomo, ma è integrato in seno alle diverse direzioni, secondo le organizzazioni dipartimentali; non è sempre collegato ad una sola direzione, ma talvolta è trasversale. E' chiaramente identificato in 42 dei 75 Dipartimenti come strumento a gestione diretta. In queste circostanze, si rilevano diverse denominazioni che accompagnano la parola “accoglienza eterofamiliare” (ufficio, polo, servizio, cellula, accompagnamento ecc...), talvolta affiancate al vocabolo “sociale”. In altri Dipartimenti è meno identificabile e, in alcuni casi, perfino non individuabile. Al di là dei collegamenti e delle denominazioni dipendenti dagli organigrammi delle direzioni, l'accoglienza eterofamiliare a gestione diretta presenta diverse facce a seconda che sia assegnata ad operatori che svolgono anche altri compiti o ad equipe dedicate. Peraltro, qualsiasi sia la modalità di organizzazione, esistono comunque delle disparità tra i Dipartimenti a seconda che gli operatori IESAsiano dislocati sul territorio o centralizzati in un servizio. È evidente che l'eterogeneità dell'organizzazione può portare a una difficoltà nella gestione delle comunicazioni e nel recupero di informazioni, disomogeneità nelle pratiche e, dunque, minore reattività nell'attivazione dell'inserimento.

Alcuni Dipartimenti hanno invece un servizio dedicato all'abilitazione, o meglio, incaricato di tutti gli aspetti amministrativi legati all'accoglienza eterofamiliare. Non è possibile valutare il carico di lavoro di questi servizi, tenuto conto delle poche informazioni comunicate, anche perché le differenze tra le diverse realtà sono troppo importanti per tentare un'analisi (un “amministrativo” a tempo pieno può dedicarsi a meno di 40 ospitanti familiari come a più di 100). Infine, come hanno ovviamente notato i Dipartimenti, non è possibile quantificare il carico di lavoro delle equipe o del personale sul campo, dal momento che l'accoglienza eterofamiliare non è che uno dei loro compiti, in uno scenario polivalente.

17 Dati basati solo sul 69% degli ospiti. 18 Dati basati solo sul 76% di disabili accolti. 70 DYMPHNA’ S FAMILY N° 00 2017

Il personale delle equipe dedicate

Data la complessità dei compiti relativi all'accoglienza eterofamiliare, 26 Dipartimenti hanno optato per strutturare delle équipe dedicate, dove l'intervento è affidato a personale incaricato esclusivamente ad occuparsi di IESA, attraverso nuclei che comprendono risorse amministrative, operatori, infermieri e/o altre figure pro19 fessionali equipollenti. Analizzando gli FTE forniti dai Dipartimenti organizzati in equipe dedicate, emergono realtà molto diverse. La media addizionata degli FTE, calcolata sul numero degli ospitanti abilitati consente di ottenere 1 FTE ogni 23 ospitanti.

Alcuni Dipartimenti presentano 1 FTE per meno di 10 ospitanti, in particolare nei casi in cui il servizio è di recente attivazione, mentre altri raddoppiano o, addirittura, triplicano la media. Un dato interessante è da riferirsi ai Dipartimenti che, pur non disponendo di personale IESAdedicato, si assestano nella media.

L'accoglienza eterofamiliare in delega

I Dipartimenti che hanno approvato il principio della delega, presentano tra loro configurazioni piuttosto differenti. Nei Dipartimenti presi in esame, lo IESA è generalmente molto identificato, facile da individuare e la delega non esclude l'esistenza di un servizio, talvolta molto organizzato, a livello del Consiglio Generale.

Per i 23 Dipartimenti considerati, la delega riguarda il monitoraggio degli inserimenti ma vengono demandati anche altri compiti, quali la formazione degli ospitanti (menzionata da 3 Dipartimenti), l'abilitazione (delegata in 5 Dipartimenti), il controllo. La confusione tra monitoraggio e controllo è spesso presente e può inficiare la collaborazione tra servizi e ospitanti. Il monitoraggio, che avviene per mezzo di visite domiciliari, può costituire uno strumento di lavoro importante nella relazione tra operatori e ospitanti, mentre il controllo si concentra sugli ospitanti e i loro sostituti.

Servizio diAccompagnamento al Reinserimento Sociale (SAVS). Questa territorializzazione degli interventi sembra esistere anche per alcune importanti organizzazioni, in dipartimenti con un numero considerevole di ospitanti ed ospiti. In alcuni Dipartimenti le deleghe sono di tipo “parziale” in quanto riguardano solo una parte degli inserimenti eterofamiliari.

Documentare l'accoglienza eterofamiliare?

Questa complessa modalità di presa in carico prevede la realizzazione e l'utilizzo di numerosi documenti (relativi all'abilitazione, alle remunerazioni e indennità, al contratto, alle sostituzioni ecc…). L'indagine si è dunque interessata a identificare l'esistenza di documentazione specifica elaborata e diffusa presso i Dipartimenti. I documenti riportati (di cui alcuni sono in corso di revisione o di finalizzazione) sono di vario tipo: informativi (guide, opuscoli, ecc.), destinati agli ospitanti (modelli di contratto, richieste di abilitazione, tabelle di rimborso, ecc.) per trasmettere informazioni tra ospitanti e servizi (diari di convivenza) e linee guida per “buone pratiche”.

In totale, 27 Dipartimenti su 96 dichiarano di non possedere una documentazione specifica, ma alcuni di questi precisano che stanno operando al fine di realizzarla.

Le problematiche relative al monitoraggio

dello IESA

“Il presidente del Consiglio Generale organizza il controllo degli ospitanti, dei loro sostituti e il monitoraggio sociale e medico-sociale degli ospiti” L'organizzazione delle pratiche di monitoraggio e la loro strutturazione dipendono dalla modalità organizzativa Dipartimentale, dai mezzi messi a disposizione, dalle qualifiche degli operatori, dalla collaborazione costruita con gli ospitanti e dal partenariato con i servizi di tutela.

Gli enti delegati possono essere associazioni o federazioni molto radicate sul territorio con competenze riconosciute nell'ambito dell'assistenza, associazioni di tutori e, più marginalmente, gli enti pubblici di salute mentale o i servizi di psichiatria collegati agli ospedali generali.

Infine, in alcuni Dipartimenti, il monitoraggio delle convivenze è delegato a piccole unità dette

L'indagine portata avanti con il questionario online non era mirata all'analisi delle “procedure” o dei “protocolli” usati dai Dipartimenti, talvolta formalizzati da documenti interni, né della qualità delle pratiche. L'unico punto presente nel questionario su questo tema chiedeva di indicare eventuali problematiche relative al monitoraggio riscontrate nei Dipartimenti. Nessuno dei 13 Dipartimenti che delegano a terzi il monitoraggio dei progetti ha rilevato problematiche in questo aspetto del lavoro. Per quanto riguarda i 9 Di19

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Full Time Equivalent: indice che rileva la percentuale di tempo pieno dedicata settimanalmente all'attività di accoglienza eterofamiliare.

partimenti che hanno delegato il monitoraggio dei soli progetti per disabili e conservato in gestione diretta i progetti per anziani, non viene menzionata alcuna difficoltà nel monitoraggio quando viene delegato, mentre sono state riscontrate difficoltà per i progetti in gestione diretta in 7 Dipartimenti. Soltanto un Dipartimento ha esposto delle criticità rispetto alla trasmissione delle informazioni e all'eterogeneità delle pratiche nei casi di delega del monitoraggio.

Tra i 74 Dipartimenti che gestiscono direttamente tutti i progetti e le 9 gestioni dirette di progetti di accoglienza eterofamiliare di anziani che han21 no partecipato all'indagine, 44 non hanno riscontrato alcuna problematica.

Le difficoltà, segnalate da 36 Dipartimenti, sono state raggruppate per assi principali: carenza di personale e ampiezza dell'area territoriale del monitoraggio (3 Dipartimenti monitoraggio assente); eccessivo carico di lavoro richiesto dai progetti di accoglienza eterofamiliare; atteggiamento degli ospitanti (scarsa collaborazione, eccesso di richieste); complessità dei progetti; mancanza di definizione di monitoraggio e controllo; disomogeneità nella costituzione delle equipe e disuguaglianza nella suddivisione dei compiti.

22Conclusioni

La mappatura della situazione dello IESAin Francia per persone anziane e/o disabili ha permesso di ottenere un quadro generale dell'utilizzo del mo-

dello al 31/12/2013 e di evidenziare l'eterogeneità dello strumento tra i Dipartimenti che lo utilizzano, portando alla luce i punti di forza così come le criticità dovute alla complessità di questa pratica.

La carenza e la non sempre semplice applicazione dei riferimenti normativi ha portato i Dipartimenti presso i quali il modello è attivo a strutturare delle modalità di gestione interna spesso molto orientate a soddisfare i bisogni e le specificità intradipartimentali, rischiando così di rendere lo strumento poco orientato alla dimensione interdipartimentale. I dati raccolti hanno tuttavia consentito di evidenziare il largo utilizzo dello IESA rivolto ad anziani e disabili presso molti dei Dipartimenti e di valorizzarne la sua diffusione nella nazione.

Lo IESA, sia nella sua declinazione di accoglienza eterofamiliare terapeutica (AFT) per soggetti sofferenti di disagio psichico o affetti da dipendenza patologica, sia nella sua forma sociale di accoglienza per persone anziane o con disabilità, rappresenta un utile mezzo per assolvere alle richieste di supporto e sostegno di persone svantaggiate e in difficoltà e, per tale ragione, è da considerarsi un modello utile per rispondere ai bisogni della collettività.

Rimangono tuttavia aperte molte questioni di carattere normativo, organizzativo e gestionale che, se adeguatamente affrontate, porterebbero ad un miglioramento del modello dello IESAe alla condivisione, a livello nazionale francese, delle buone pratiche di intervento.

L'intero

Revue”

20
22 A
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20 Si tratta dei 9 Dipartimenti così organizzati che hanno partecipato alla ricerca, sui 10 individuati. 21 Tre Dipartimenti non hanno risposto a questo item, uno di questi è in fase di riorganizzazione.
cura dei traduttori.
https://www.ifrep.fr/article-28.html?mnu_modecol=G archivio della rivista francese sullo Iesa
“L'Accueil Familial ed
è consultabile al link sottostante:

Essere nel fare” accoglienza e occupabilità. Le basi per la costruzione di un percorso trasformativo

Tra i diritti fondamentali dell'individuo, la Costituzione Italiana individua i principi

basilari della convivenza civile. Il rispetto della dignità della persona umana, l'uguaglianza morale e giuridica, la libertà di opinione, di stampa, di riunione, di associazione, di religione, il diritto a partecipare alle scelte che toccano tutti e ciascuno, il diritto all'istruzione, alla salute, alla giustizia, il riconoscimento del valore di ogni lavoro e la tutela di tutti i lavoratori, il riconoscimento della funzione essenziale della famiglia, costituiscono il sistema di valori fondamentali sui quali si regge la società italiana. Il valore unico della famiglia, intesa come luogo dove vengono a costituirsi le forme primarie delle relazioni umane e a crearsi le fondamenta necessarie per la costruzione di una solida identità individuale, è associabile ad un altrettanto peculiare e basilare diritto umano: il lavoro. “Famiglia e lavoro” assumono quindi un ruolo primario nella definizione e nel riconoscimento dell'identità personale e sociale, e formano gli elementi indispensabili per la strutturazione del processo di inclusione sociale di ciascun individuo.

1 Nell'ambito della Salute Mentale lo IESA rappresenta uno strumento per rispondere ai bisogni di supporto e di crescita di un'identità personale. L'inserimento eterofamiliare si realizza in un contesto deistituzionalizzato e interattivo, attraverso un attento abbinamento tra ospite e famiglia ospitante e il costante supporto di un'equipe di operatori esperti appartenenti all'area sanitaria e/o sociale durante tutto il percorso.

Lo IESA è una storica pratica di accoglienza e ha come obiettivo incentivare e rendere possibile il reinserimento di soggetti svantaggiati nel tessuto sociale (Aluffi, 2014). L'inserimento eterofamiliare rappresenta un'occasione per “rendere possibili azioni riabilitative [...] non solo come

acquisizione e sviluppo di specifiche abilità, ma anche come possibilità per l'emergere di nuovi significati relazionali e affettivi per i soggetti anche attraverso il senso di appartenenza a un contesto sociale e abitativo, la consapevolezza e il rispetto delle diversità [...]” (Aluffi, 2014, pag. 20). Attualmente si sta operando a livello regionale affinché la pratica dello IESA, cresciuta e consolidatasi presso il Dipartimento di Salute Mentale dell'ASL TO3 nel corso di 19 anni, possa essere estesa a tutto il territorio piemontese. La diffusione del modello IESA a livello regionale permetterebbe di orientare e allineare i servizi di Salute Mentale presenti sul territorio piemontese ad un modello dove la famiglia ospitante possa ricoprire un ruolo centrale nel percorso del paziente e assumere la valenza di “ambiente terapeutico, riabilitativo e socializzante”.

Anche lo sviluppo di competenze professionali utili alla costruzione di un'identità professionale e sociale occupa un ruolo peculiare nel percorso di cura e riabilitazione di persone sofferenti di disagio psichico, poiché inserire una persona svantaggiata al lavoro sottintende l'idea che il contesto lavorativo costituisca un'importante occasione educativa, riabilitativa e di socializzazione e, nello stesso tempo, un luogo di apprendimento di abilità relazionali, tecniche e professionali specifiche e adeguate.

L'uomo che lavora non trasforma soltanto le cose, ma perfeziona e realizza se stesso e la società in cui vive. Il lavoro oggi è però diventato difficilmente accessibile, sempre più selettivo, generando un ampliamento delle fasce di esclusi dalla condizione di lavoratori. Nonostante ciò il lavoro rimane per tutti l'unica via di accesso allo status di cittadino ed è l'unico mezzo per la produzione e la distribuzione e ridistribuzione della ricchezza. La cooperativa sociale “Il Margine”, fin dalla

* Psicologa Psicoterapeuta, Operatrice Unità di Monitoraggio e Programmazione Clinica DSM ASL TO3, Cooperativa Il Margine.

** Psicologa Psicoterapeuta, Operatrice Centro di Valutazione Occupazionale, Cooperativa Il Margine.

***Educatrice, Vice Presidente e Responsabile area psichiatria Cooperativa Il Margine.

1Inserimento Eterofamiliare Supportato diAdulti.

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sua fondazione, è attenta ai processi legati all'inserimento nel mondo del lavoro. Essa ha, nella sua lunga storia, sviluppato e offerto competenze e risorse finalizzate a rimuovere le barriere che limiterebbero di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini - secondo il significato costituzionale del lavoro - anche per coloro che, per motivi e svantaggi diversi, si troverebbero invece facilmente messi e dimenticati ai margini della società.

Apartire da gennaio 2014 la cooperativa “Il Margine” oltre alla sezioneA, è iscritta anche alla sezione B dell'Albo cooperative sociali come “Cooperativa Sociale Integrata”, autorizzata dalla legge n. 381 dell'8 novembre 1991 a occuparsi dell'inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

All'interno della cooperativa il servizio Politiche Attive del Lavoro (PAL) ha sviluppato un modello di intervento di rete che consente di essere al contempo soggetto promotore e attuatore di diversi progetti rivolti a soggetti svantaggiati e/o disabili e in particolare a persone in carico ai Dipartimenti di Salute Mentale (DSM).

Dal 16 luglio 2016 la cooperativa “Il Margine”, 2 attraverso il Consorzio SELF, si è accreditata co3 me Servizio di Avviamento al Lavoro (SAL). I Servizi al lavoro hanno la finalità di accompagnare le persone nella ricerca di un'occupazione e rafforzarne l'autonomia nell'identificazione dei propri obiettivi professionali e realizzare politiche attive del lavoro nel rispetto degli standard regionali, partecipando alla rete dei servizi per il lavoro per offrire occasioni di incontro fra domande e offerte di lavoro di cittadini e imprese, garantendo capillarmente nel territorio risposte personalizzate.

Per completare e rendere ancor più efficace l'accesso delle persone svantaggiate a questi servizi, da luglio 2016 l'ASL TO3 ha ampliato il gruppo di lavoro che storicamente (da gennaio 2000) opera nei Centri di Salute Mentale (CSM) di Grugliasco e Orbassano con il servizio inseri-

2 Consorzio Regionale della Cooperazione Sociale.

menti lavorativi, avviando le attività del Centro di Valutazione Occupazionale. Gli operatori del servizio raccolgono e accolgono le segnalazioni che arrivano dai CSM, offrendo in prima battuta un percorso di valutazione dell'occupabilità. La domanda di lavoro in ambito psichiatrico, da chiunque venga portata (utente, operatore, familiare) necessita di un ascolto e di una definizione dei processi che consentano una sua costruttiva decodifica. È infatti verosimile ritenere che tale legittima richiesta da parte dell'utente rappresenti una forma importante di “attivazione” di aspetti vitali propri della persona. Pertanto, nella domanda di occupazione, è possibile scorgere un se4 gnale di innesco di un processo di recovery , che deve essere sostenuto e appoggiato.

È in questo senso che si rende necessario un servizio che funzioni da antenna predisposta a captare la domanda e che sia organizzato per tradurla nei vari percorsi realmente possibili, attraverso una presa in carico specifica e l'uso di strumenti dedicati e che consenta, dopo una prima valutazione, una progettazione capace di aumentare e rafforzare l'occupabilità del soggetto. Per i candidati con problemi psichici è necessario prima di tutto valutare rispettivamente la motivazione e la disponibilità al lavoro: la prima può essere definita come la spinta interiore che porta l'individuo ad applicarsi con impegno nel lavoro e, se disoccupato, nella ricerca del lavoro. Essa rappresenta la forza interna che stimola, regola, e sostiene le principali azioni compiute dalla persona, è per sua natura intrinseca all'individuo e mediante interventi esterni può essere sollecitata e alimentata. Per l'individuo l'occupabilità dipende dalle capacità, conoscenze e competenze di cui è in possesso, dal modo in cui utilizza queste qualità nel Mercato del Lavoro e dal contesto in cui cerca un impiego. Il compito delle politiche attive del lavoro e dei servizi preposti a realizzarle è, dunque, intervenire principalmente sulle determinanti personali dell'occupabilità. Tra le risorse attivate dalla cooperativa per il rag-

3 Servizio di Avviamento al Lavoro attivo presso la Cooperativa “Il Margine” dal 2014.Il Servizio costituisce l'elemento di promozione diretta degli interventi e delle politiche attive del lavoro e collabora con i Centri per l'Impiego, le associazioni datoriali e le aziende del territorio; è in rete con i laboratori de “Il Cortile” che sviluppano percorsi di rinforzo delle competenze professionali necessari al sostegno della candidatura delle persone con deficit occupazionali nelle aziende che fanno richiesta. Il SAL rappresenta il soggetto promotore e attuatore di progetti specifici di politiche attive del lavoro a favore di persone con deficit occupazionali.

4 La derivazione etimologica di questo termine è di origine anglo-francese (recoverer, “riprendere coscienza”). Nell'inglese contemporaneo il termine recovery è traducibile, in linea generale, con “guarigione”, ma si estende almeno a tre aree semantiche simili, ma non del tutto sovrapponibili: 1) ristabilire lo stato di salute; 2) ritrovare qualcosa che era stato perduto o rubato; 3) recuperare materiali o fonti di energia (Hoad, 1996). Il concetto di recovery è difficilmente traducibile in italiano riconducendolo ad un solo termine che possa contenere tutte le sfumature di significato. I termini forse più vicini, ma al contempo non esaustivi, in italiano possono essere “recupero”, “ripresa”, “ristabilimento”.

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giungimento di tali obiettivi spiccano i laborato5 ri e le officineraccolti nel cortile di via Eritrea 22 a Torino, sede della cooperativa stessa e dei suoi uffici. In questo ambito si muovono le competenze professionali di tecnici e di educatori insieme a quelle di persone variamente vulnerabili, le quali hanno qui la possibilità di apprendere e di contribuire alla crescita dell'occupazione, dell'inclusione, del benessere sociale e dello sviluppo locale. Il principio e l'intenzione che motivano ogni azione all'interno di questi progetti è quello della generatività sociale (Scabini, Iafrate, 2003), per dare vita a processi sociali aperti, capaci di rilanciare il futuro e di creare una forma dinamica di legame sociale sia tra le persone che si mettono insieme per realizzare ciò a cui danno valore, sia tra cittadini attraverso il coinvolgimento della comunità circostante.

Come lo IESA, i servizi volti alla promozione del lavoro e dell'occupabilità sostenuti dalla cooperativa, mirano all'integrazione e alla messa in campo di risorse utili alla promozione e al miglioramento del benessere e della salute dell'individuo, attraverso una complessa e fitta rete sinergica tra operatori, fasce deboli e cittadinanza.

possibile affermare, sulla base di quanto esposto sino ad ora, che il modello IESA della ASL TO3, così come le PAL e il Servizio SAL promossi dalla cooperativa “Il Margine”, possano essere associabili al paradigma di recovery poiché in grado di realizzare e concretizzare le condizioni e le opportunità attraverso le quali le persone possano sentirsi più forti e capaci di ritrovare una propria strada, ridefinendo e dando nuovi significati al proprio percorso di vita (Davidson et al., 2007). I principali elementi che identificano l'avvio di un processo di recovery sono la ritrovata aspettativa e progettualità per il futuro, la fiducia nelle proprie potenzialità, la stima verso se stessi e la riduzione dello stigma interno (Maone, D'avanzo, 2015), elementi che possono essere potenziati e sviluppati anche attraverso progetti mirati e specifici nell'ambito della salute mentale.

Le persone portatrici di una sofferenza fisica o psichica, se costrette in condizione di solitudine o emarginazione, faticano molto ad effettuare processi di trasformazione e cambiamento, e pertanto di recovery personale (Slade, 2009). Se non possono quindi beneficiare di contatti socia-

li e attingere da risorse affettive, culturali, spirituali e materiali sarà per loro difficoltoso il processo di raggiungimento di un'autorealizzazione personale. La riconquista del benessere personale è direttamente correlata alla capacità del soggetto di rimettere in campo le proprie risorse e all'apporto e al sostegno dell'ambiente esterno, che può risultare decisivo nella strutturazione di un buon equilibrio tra la dimensione personale e quella sociale. In tal senso è fondamentale che i servizi che si occupano di salute mentale siano in grado di fornire delle risposte adeguate, garantendo accoglienza e percorsi di cura specifici attraverso la costruzione di relazioni di aiuto, sostegno e supporto utili a collegare la dimensione sanitaria a quella sociale e capaci di aumentare le opportunità per il paziente di costruire la propria vita “al di là della malattia” (Shepherd, Boardman, Burns, 2010). Muovendosi proprio in questa direzione, l'ASL TO3 sta promuovendo da tempo i progetti e investendo sulle realtà che sostengono tale linea di pensiero e intervento.In particolare, nel corso degli ultimi anni, sono stati avviati processi di estensione del modello di inserimento eterofamiliare non solo a pazienti in carico al Dipartimento di Salute Mentale ma anche provenienti da servizi appartenenti all'area delle dipendenze patologiche dei servizi territoriali. L'ASL TO3 ha inoltre rinforzato la presenza di personale esperto appartenente al gruppo delle Politiche Attive del Lavoro e degli Inserimenti Lavorativi sul territorio di competenza e presso i Centri di Salute Mentale del Dipartimento sostenendo, attraverso tale azione, l'imprescindibile legame tra benessere personale e sociale (Keyes, 1998).

IESAe PALin collaborazione

Il progetto “Dymphna's Family - Edizione Italiana della rivista Europea sullo IESA” sposa la cultura dello scambio tra due realtà che da anni si muovono nella direzione di garantire la tutela del diritto dell'utente a costruire e rafforzare la propria identità personale e sociale, attraverso due peculiari interventi: gli inserimenti eterofamiliari supportati e gli inserimenti lavorativi.

Dymphna's Family è una rivista internazionale in versione italiana interamente dedicata allo IESA che raccoglie contributi teorici, storici ed esperienziali riguardo a questa pratica fortemen-

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È pertanto
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5 I laboratori de “Il Cortile” sono organizzati in attività posizionabili sul mercato del lavoro e mirano a fornire un bagaglio di esperienze pratiche e relazionali, eventualmente spendibili in ambito professionale. I laboratori offerti sono: falegnameria, informatica-grafica, oggettistica e riuso/riciclo creativo, sartoria, serigrafia, sound design, tipografia, video. Le attività sono rivolte a un bacino di utenza eterogeneo e diversificato in carico alleAASSLLTorinesi.

te improntata all'inclusione sociale e al miglioramento delle condizioni di vita delle persone che ne fruiscono. La rivista è il frutto della costante collaborazione tra esperti IESA attivi sul territorio europeo (Francia, Inghilterra, Germania, Belgio e Italia). La finalità primaria insita in questo progetto è promuovere la conoscenza dello strumento IESA attraverso un processo di informazione che sensibilizzi professionisti e cittadini ad avvicinarsi ad un'opportunità terapeutica capace di intersecare sanitario e sociale. Se si conviene con il pensiero di Winnicott, il quale afferma l'impossibilità di definire il concetto di “contenitore” senza associarlo spontaneamente a quello di “contenuto” (Winnicott, 1964), è allo stesso tempo verosimile immaginare che il contenitore possa rappresentare “la stanza che accoglie”, che genera sicurezza, offre una struttura e che, per tale ragione, è elemento indispensabile per consentire al contenuto di esprimersi e di divenire pensiero. La collaborazione tra lo IESA dell'ASL TO3 e i laboratori di Grafica e Tipografia della cooperativa “Il Margine” ha simbolicamente concesso di strutturare un contenitore adeguato, pensato e calzante ad un contenuto che voleva essere espresso e condiviso. Nasce nel 2016, sulla base di questa idea, il coinvolgimento della cooperativa “Il Margine” alla realizzazione dell'impronta grafica e della stam-

Riferimenti bibliografici

pa della rivista, attraverso il contributo dei laboratori de “Il Cortile”. Il laboratorio di grafica e la tipografia sono strutturati per fornire e incrementare il bagaglio di competenze sociali e professionali spendibili nel mondo del lavoro, accompagnando le persone che li frequentano nel percorso di acquisizione e consolidamento di strumenti utili per potenziare i livelli di autonomia, di autostima, le capacità professionali e la disponibilità del lavoratore. Gli utenti coinvolti nella cura della grafica e della stampa della rivista sono persone che, per diverse ragioni, si sono allontanate dal mondo del lavoro e che, per difficoltà personali, fanno fatica a rientrarvi. La creazione di una rivista scientifica, a supporto di un modello volto a promuovere il benessere e il reinserimento sociale di persone portatrici di disagio fisico e/o psichico, ha permesso di attivare un processo di confronto e di scambio motivato da obiettivi condivisi.

La collaborazione sinergica tra la cooperativa “Il Margine” e il Servizio IESA dell'ASL TO3 ha contribuito, attraverso la realizzazione di un prodotto editoriale, alla diffusione di buone pratiche di intervento promuovendo la partecipazione attiva di soggetti certamente vulnerabili ma anche portatori di risorse, competenze e ricchezze individuali, favorendo in questo modo la cultura dell'inclusione e della possibilità.

Aluffi, G., (2014). Famiglie che accolgono: Oltre la psichiatria. Torino: GruppoAbele.

Davidson, L. (2007). Recovery–concepts and application. Devon Recovery Group (www.scmh. org.uk).

Hoad, T. F. (Ed.). (1996). The concise Oxford dictionary of English etymology. Oxford University Press: Oxford.

Keyes, C. L. M. (1998). Social well-being. Social psychology quarterly, 61, 121-140.

Maone, A., & D'Avanzo, B. (2015). Recovery. Nuovi paradigmi per la salute mentale. Raffaello Cortina: Milano.

Scabini, E., & Iafrate, R. (2003). Psicologia dei legami familiari. Il Mulino: Bologna.

Shepherd, G., Boardman, J., & Burns, M. (2010). Implementing recovery: A methodology for organisational change. Centre for Mental Health: London.

Slade, M. (2009). Personal recovery and mental illness: A guide for mental health professionals Cambridge University Press: Cambridge.

Winnicott, D. W. (1964). Further thoughts on babies as persons. In D. W. Winnicott (Ed.), The child, the family, and the outside world (85-92). Harmondsworth: Penguin Books.

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Il ruolo dell'operatore nella complessa e dinamica realtà degli inserimenti eterofamiliari supportati di adulti

L'operatore IESA incarna la "S" dell'acronimo, descrive sul campo cosa

significhi l'aggettivo "Supportato", che va a segnare la differenza tra questo modello di inserimento eterofamiliare e altre forme di affido che prevedono la totale delega della gestione dell'ospite alla famiglia ospitante. L'operatore si pone al terzo vertice del "triangolo" che congiunge il paziente, i volontari e l'istituzione. Tale "terzetto" segna un campo entro cui si esplicano tutti i passaggi di costruzione di un progetto di cura e di reinserimento sociale, a partire dal momento della firma del contratto, fino alla sua chiusura. Ovviamente l'area di gioco è assai più complessa: la famiglia è un campo aperto, fatto di molteplici connessioni con il tessuto sociale, relazionale e affettivo che la circonda, un nucleo dinamico e in continua trasformazione, così come il paziente a sua volta può essere collegato ad altri contesti, sia privati sia istituzionali, può essere ancora in relazione con la famiglia di origine, o avere altre relazioni significative che possono influenzarne la quotidianità e le prospettive. L'operatore stesso fa parte di una rete più ampia di professionisti che hanno in carico il paziente e che co-costruiscono il suo progetto di cura. Questo intreccio di risorse, situazioni, relazioni e vincoli, rende l'attività dell'operatore IESAvariegata e complessa.

le associazioni locali, i comuni, le biblioteche, e renderle, attraverso la cura di collaborazioni e di progetti mirati, dei "ripetitori" dai quali diffondere il messaggio che accogliere una persona in difficoltà è un'esperienza arricchente dal punto di vista umano, resa sostenibile dalla presenza di un servizio solido che si occupa di garantire il giusto supporto. Di base, è importante credere in questo tipo di strumento per trasmettere tale fiducia a chi invece ancora non lo conosce e questo è reso possibile dalla specificità di questa realtà, complicata e faticosa, ma anche ricca di gratificazioni. L'efficacia dello IESA è quotidianamente sotto gli occhi dell'operatore, negli sguardi dei protagonisti delle convivenze, nei percorsi che si dispiegano durante i mesi e gli anni, nelle conquiste di autonomia degli ospiti, così come nel loro radicamento a un tessuto affettivo e familiare, nel loro ritrovare un ruolo nella società. Il miglioramento della qualità di vita espresso dagli ospiti, così come le testimonianze degli ospitanti che rilevano che accogliere doni loro nuove prospettive e una crescita dal punto di vista emotivo, alimentano l'energia che l'operatore IESA assorbe e utilizza per farsi promotore della cultura dell'accoglienza.

Il percorso di selezione dei volontari ospitanti viene gestito da più operatori, che si alternano nei quattro colloqui previsti per questa fase. Inizialmente l'operatore deve porre l'attenzione su come trasmettere al candidato ospitante i principi su cui si fonda lo IESA, fornendo informazioni chiare e comprensibili allo specifico interlocutore. Col procedere del percorso, è cura degli operatori conoscere tutti i membri del nucleo familiare e verificare che questi siano stati informati e coinvolti nel processo di adesione al progetto. L'obiettivo primario dei colloqui di selezione è quello di individuare le caratteristiche peculiari degli ospitanti e del contesto in cui vivono, raccogliendo le loro aspettative, motivazioni, preoccu-

L'operatore si trova sul campo di gioco ancor prima che un progetto di convivenza si delinei nella mente degli invianti e diventi poi concreto incontro; a monte è infatti implicato nel reperimento e nella selezione dei potenziali ospitanti, in un continuo lavoro di sensibilizzazione e diffusione della cultura dello IESA, che, nonostante sia uno strumento di antica tradizione e in continua diffusione, continua ancora a essere poco noto e spesso visto in modo distorto. Deve mettere in campo creatività e capacità di individuare e valorizzare le risorse presenti sul territorio come ad esempio * Psicologa, Operatrice Servizio IESA ASL TO3, Cooperativa PRO.GE.S.T. ** Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica, Operatore Servizio IESA ASL TO3, Cooperativa PRO.GE.S.T. ***

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Psicoterapeuta,
Psicologo
Responsabile area psichiatria Cooperativa PRO.GE.S.T.

pazioni e storie di vita. Per concludere il percorso di selezione l'equipe del servizio IESA verifica l'attendibilità di quanto dichiarato dai candidati; dal confronto dei vari punti di vista degli operatori si giunge a una valutazione dell'idoneità dei volontari.

Nel primo colloquio del percorso di selezione gli operatori incontrano Dario e Marinella, una coppia che ha contattato telefonicamente il Servizio IESA per ospitare una persona. I coniugi si relazionano con gli operatori in modo adeguato, sono molto gentili e fanno domande pertinenti. Vivono in campagna in una villetta che si sviluppa su due piani, con un ampio giardino e un orto, a cui tengono molto. Nel corso dell'incontro emerge che da circa quattro anni ospitano tre signore anziane bisognose di cure, attraverso accordi privati con le loro famiglie. Le ospiti dormono al primo piano, rispettivamente in una stanza doppia e in una singola. L'intenzione di Dario e Marinella è di destinare un'ulteriore camera, ubicata al primo piano, all'ospite IESA. La famiglia, in questo caso, ha già creato di fatto due nuclei diversi, che consumano i pasti in momenti e spazi differenti, così come separatamente avviene la condivisione della TV o di altre attività quotidiane.

A questo punto gli operatori chiariscono che, pur rispettando le buone intenzioni della coppia, non possono portare avanti il percorso di selezione poiché le caratteristiche del nucleo familiare non permetterebbero all'ospite un'integrazione secondo i principi dello IESA. Oltre alla separazione degli spazi, bisogna considerare che in questi casi si rischia di creare delle dinamiche relazionali tra gli ospiti che sono tipiche delle strutture comunitarie e che poco hanno a che fare con l'accoglienza familiare. L'ospite IESA, quindi, si troverebbe continuamente a confronto con altre persone bisognose di cure che non hanno scelto liberamente di accoglierlo, senza la possibilità di ritagliarsi un ruolo all'interno del contesto familiare ospitante.

I volontari abilitati all'accoglienza vengono accompagnati fin dai primi incontri dal singolo operatore attraverso percorsi formativi individualizzati, focalizzati soprattuto sulla relazione con il

"soggetto debole" e sulle specificità operative dello IESA. L'attività formativa continuerà anche durante la convivenza attraverso veri e propri interventi sul campo a fronte di situazioni specifiche. Sempre in ambito formativo sono previsti eventi di gruppo rivolti ai volontari ospitanti condotti dagli operatori IESAe da altri professionisti. L'operatore di riferimento conosce il potenziale ospite IESA subito dopo la richiesta di attivazione di un progetto di inserimento eterofamiliare formulata dall'equipe ambulatoriale. Egli rappresenta la prima interfaccia tra l'utente e il mondo, un po' misterioso per i più, dell'accoglienza familiare; è colui che deve trasmettere, in modo semplice e trasparente, le potenzialità di tale proposta e l'impegno richiesto a tutte le parti coinvolte. Dopo l'adesione dell'utente al progetto e un percorso di accurata conoscenza, è nella mente dell'operatore, in sinergia con i colleghi, che deve iniziare a costruirsi un'immagine virtuale della futura convivenza, nella fase di abbinamento con un volontario che possa avere caratteristiche compatibili con le necessità dell'ospite. Da tale immagine, che verrà condivisa sia con i volontari individuati, sia con il potenziale ospite, dovrà nascere l'incontro reale, in un percorso graduale di conoscenza delle parti, opportunamente facilitato e mediato.

Durante il primo incontro con i potenziali ospitanti Andrea è visibilmente spaventato, sta curvo sulla sedia, guardando fisso il tavolo e, solo di sfuggita, la volontaria IESA. Sembra ancora più giovane e minuto, come un gattino nascosto in un angolo. La volontaria, per contro, svela un leggero imbarazzo, al di là del tono disinvolto e delle parole che scorrono rapide, ogni tanto cerca lo sguardo dell'operatore in attesa di un qualche tipo di consenso, di un cenno di incoraggiamento. L'operatore osserva con attenzione, resta in ascolto della bellezza di quell'incontro, di ogni nuovo incontro, e cerca di facilitare il dialogo, di aprire argomenti che possano far emergere i punti di contatto tra le parti, gli interessi comuni. "Angela ha fatto per anni la cuoca. A te Andrea piace cucinare?". Andrea si illumina. Fare il cuoco sarebbe il suo sogno, ma è un'idea che non si può concedere, quella di realizzarsi, di essere felice, non ancora. Eppure una scintilla si accende nei suoi occhi chiarissimi e forse darà frutto.

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Con il susseguirsi degli incontri l'operatore piano piano fa un passo indietro, lasciando spazio alle altre due parti coinvolte, ai protagonisti della convivenza vera e propria, affinché gradualmente imparino a conoscersi, anche in assenza di un mediatore. Dopo qualche giornata trascorsa insieme, pasti condivisi, passeggiate nel quartiere che potrebbe diventare "casa" per il potenziale ospite, talvolta dopo un pernottamento di prova, se entrambe le parti esprimono il proprio assenso, si dà il via al progetto.Aquesto punto l'operatore deve, allo stesso tempo, continuare a svolgere la funzione di facilitatore nell'accompagnare l'ospite al suo ingresso in un nuovo nucleo familiare, continuare a fornire una formazione di base agli ospitanti rispetto all'importanza del loro ruolo e alle implicazioni ad esso correlate, aiutare le parti a concordare delle regole di base della convivenza che rendano più agevole la buona integrazione dell'ospite e, infine, farsi carico degli aspetti più burocratici e amministrativi del progetto. Il giorno dell'inserimento, infatti, si sottoscrive un contratto che regolamenta la convivenza, un impegno scritto che tutte le parti coinvolte si assumono, che sancisce la data di inizio e quali siano le regole previste per portare avanti un progetto di questo tipo. L'operatore legge insieme a ospite e ospitanti il contratto in ogni sua parte e deve aiutare tutti i presenti a comprenderne il significato, "traducendolo" in un linguaggio che sia per tutti accessibile, impegnandosi in un continua opera di cementazione del rapporto di fiducia, che è parte integrante e imprescindibile di questo lavoro.

Il giorno dell'inserimento lo sguardo di Andrea è ancora spaventato, ma anche divertito. Osserva la torta che Angela ha preparato per lui, per farlo sentire accolto, e cela a stento un sorriso. Ci sediamo al tavolo della cucina, che sarà luogo di molti dei nostri incontri successivi, il cuore della casa e centro nevralgico delle interazioni familiari. Inizio a leggere il contratto e Andrea sbuffa, chiede se non può uscire a fumare una sigaretta. Lo fermo. Non si può sottoscrivere qualcosa di cui non conosci i dettagli e tu questo contratto lo devi firmare, sì, proprio tu. Lo so che nessuno ha mai chiesto il tuo parere, ti hanno portato da Torino a Trento, e poi di nuovo in Piemonte in un paesino e ora ti stiamo proponendo un altro luogo ancora. Ma questa volta il tuo parere è importante. Il tuo nome impresso su que-

sto foglio dalla tua stessa mano significherà che questo pezzo del percorso lo hai scelto anche tu. Anche tu ne sei responsabile. E potrai portare le tue critiche se quello che incontrerai non corrisponderà all'impegno preso da tutti, oggi, attraverso questo documento.

Sancito l'avvio della convivenza, il nuovo nucleo familiare inizia a condividere il quotidiano, le sue difficoltà, le sue piccole gioie, in un percorso di graduale scoperta reciproca. Piano piano emergono le potenzialità dell'ospite, gli si affidano dei compiti, gli si dà la possibilità di ritagliarsi un ruolo nel nuovo contesto di vita e diventano chiare anche le attitudini di tutti i membri della famiglia. Alcuni caregiver si rivelano più "riabilitativi", cioè maggiormente incentrati sul raggiungimento di obiettivi, piccoli o grandi, mirati ad una maggiore autonomia dell'ospite, altri assumono un atteggiamento maggiormente "assistenziale", di accudimento. Entrambe le posizioni possono diventare un ottimo strumento se abbinate al giusto tipo di ospite, ma possono emergere delle tensioni qualora una famiglia dal piglio più riabilitativo si trovi ad interagire con un ospite che regge a fatica le stimolazioni, o viceversa se l'attitudine a sostituirsi all'ospite nell'espletamento delle mansioni quotidiane va a stimolare la regressione di un ospite con risorse residue. Nel caso l'operatore rilevi da parte del caregiver una difficoltà a "spostare" il proprio asse di intervento da una all'altra modalità in modo flessibile, in base alle reali necessità dell'ospite, modulando quindi il proprio supporto in modo appropriato, deve intervenire, aiutando la diade a trovare un equilibrio funzionale entro cui l'ospite possa sentirsi sostenuto e accolto, ma allo stesso tempo stimolato a mettere in gioco le proprie risorse di autoaffermazione.

Lia vive con la famiglia di Diana da qualche mese. Diana è una donna forte e decisa, abituata da sempre a rimboccarsi le maniche e a gestire da sola una grande casa e una famiglia numerosa. La sua organizzazione delle mansioni domestiche appare molto strutturata e con regole poco negoziabili. Fin da subito affida a Lia la gestione della pulizia e dell'ordine della propria stanza, ma l'ospite inizia ben presto a manifestare scarsa motivazione e difficoltà nella cura degli spazi. Diana effettua continui in-

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terventi "educativi", spiegando e rispiegando come vadano fatte le pulizie e arrabbiandosi molto davanti all'atteggiamento indifferente di Lia. L'operatrice osserva quanto accade, ascolta la versione di una e dell'altra, e poi favorisce il confronto. Emergono aspettative poco realistiche da parte di Diana, che pretende che l'ospite si attenga non solo all'indicazione di effettuare pulizie quotidiane della camera, ma anche che riesca a farlo seguendo alla lettera le abitudini consolidate dell'ospitante. Dal canto suo Lia si sente "bloccata" perché non riesce a ricordare tutte le indicazioni fornite in merito alla tipologia di straccio, alla giusta combinazione di detergenti da utilizzare per ogni superficie e temperatura dell'acqua per il risciacquo, e finisce per non fare alcun tentativo, assumendo una modalità passiva anche di fronte ai solleciti della caregiver, che alla fine si sostiuisce a lei pur rinfacciandoglielo.

L'operatrice aiuta Diana e Lia a comprendere che provano la stessa frustrazione poichè si è innescato un circolo vizioso: Diana ha aspettative troppo elevate rispetto alle possibilità attuali dell'ospite e Lia, non potendo rispondervi in modo adeguato poiché sovrastata dalle troppe richieste, si arrende ancor prima di mettersi alla prova, delegando tutti i compiti all'ospitante. Il lavoro di comprensione da parte della caregiver delle difficoltà dell'ospite sarà lento e graduale, ma la porterà ad accettare che gli stessi lavori possono essere svolti anche con un livello di performance minore, pur restando in un range di accettabilità. E Lia poco a poco capirà che è importante il suo impegno, poiché la famiglia IESA può essere una fruttuosa palestra per la futura vita in autonomia.

La convivenza di per sé, anche quando avviene con un partner, o con amici o coinquilini, prevede una continuo lavoro di "accomodamento" dei propri schemi di interazione con la quotidianità, affinché diventino compatibili con quelli dell'altro. Questo delicato percorso di costruzione di un nuovo equilibrio familiare, modificato dall'ingresso di un nuovo membro del nucleo, fa parte di tutta la prima fase di inserimento. Anche l'operatore deve in qualche modo trovare "uno spazio" all'interno di quella particolare conformazione re-

lazionale, diversa da progetto a progetto, che gli consenta di osservare quanto accade, di sentire come si evolvono le relazioni e di intervenire quando necessario per imprimere la giusta direzione.

L'operatore IESA non è solo uno dei vertici del triangolo formato insieme a ospite e famiglia ospitante, ma è anche il punto di passaggio delle comunicazioni e delle sollecitazioni provenienti dalla rete familiare e sociale d'origine dell'ospite. Svolge infatti la funzione di mediatore tra i familiari biologici e gli ospitanti, che spesso faticano a entrare in relazione, sgombrando il campo da pregiudizi e paure. Ha il compito di strutturare e regolamentare, con il sostegno dell'intera equipe, eventuali rientri dell'ospite presso la famiglia d'origine che durano più di una giornata. Talvolta è necessario concordare dei limiti precisi rispetto ai contatti con i familiari o altre persone care ed è importante mantenere un atteggiamento critico e consapevole che consenta, in ogni situazione, di comprendere se si sta limitando la libertà del soggetto oppure se si sta agendo terapeuticamente. Anche nel caso in cui sia presente un partner, l'operatore deve chiarire con le parti in gioco se e quando questi possa fermarsi a dormire a casa degli ospitanti, sulla base di quelle che sono le disponibilità dei volontari, i desideri dell'ospite e le osservazioni fatte in merito all'adeguatezza relazionale del partner, al fine di tutelare il nucleo qualora sorgessero dubbi o perplessità.

Rossella è inserita da poco presso la famiglia di Roberta e Michele. Il suo fidanzato si chiama Alberto e vive in una comunità nell'astigiano. Fin da subito emergono delle perplessità rispetto alla positività di questa relazione nel percorso riabilitativo di Rossella: lui è solito fare uso di ansiolitici oltre i dosaggi prescritti e spesso la induce ad abusarne insieme. È una persona richiedente, poco attenta ai bisogni della donna, prepotente e con un atteggiamento ineducato. Emerge inoltre una scarsa consapevolezza da parte di Alberto rispetto alla situazione clinica della partner, la incoraggia a sospendere le cure o svaluta gli interventi terapeutici messi in atto dai curanti. L'operatore ricopre in questo caso il ruolo di mediatore tra la coppia e il progetto riabilitativo, cercando di aiutare Alberto, attraverso alcuni incontri dedicati alla coppia, a comprendere in cosa consista il percorso proposto a Rossella e promuo-

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vendo da parte sua una maggiore consapevolezza e collaborazione.

Nel caso in cui la presenza di un familiare biologico risulti gradita e positiva per l'ospite, l'operatore può incoraggiare e supportare la famiglia ospitante a sostenere la relazione, offrendo, qualora fosse possibile, un'accoglienza per periodi brevi al parente dell'ospite, con una particolare attenzione ai periodi di festività o alle ricorrenze.

Francesco ha 49 anni e si è trasferito da nove mesi a casa di Antonella, che gestisce da anni un circolo sportivo con piscina e campi da calcio, adiacente al domicilio. Dopo poche settimane dal suo arrivo, Francesco ha iniziato ad aiutare Antonella nella pulizia e manutenzione degli impianti e degli spazi comuni; in breve tempo questa attività si è trasformata in una borsa lavoro e l'ospite ha dimostrato di saper rispettare orari strutturati, svolgere i compiti assegnati ed è riuscito a instaurare una buona relazione con gli altri collaboratori di Antonella. Irene, la figlia diciottenne di Francesco, si è lentamente riavvicinata al padre dopo un periodo travagliato, in cui lo ha visto spostarsi da varie comunità a case di cura, in seguito a ricoveri ospedalieri per condotte autolesive. Da quando Francesco vive presso la cascina di Antonella, Irene ha visto un padre più sereno, più costante nei contatti con lei, più determinato a seguire un percorso e più attento alle sue esigenze, tanto da riuscire a risparmiare una piccola somma mensile per lei. Con l'arrivo della stagione estiva Irene, appena terminata la quinta superiore, ha avuto più tempo da dedicare agli incontri con il padre. Tenuto conto della disponibilità di un posto letto presso la casa dell'ospitante, l'operatore IESA ha proposto ad Antonella di accogliere Irene per una settimana, affinché padre e figlia potessero trascorrere un periodo insieme. Dopo aver raccolto il parere favorevole di tutte le parti, Irene ha potuto soggiornare per una settimana presso la cascina di Antonella, dove si è offerta di aiutarla nella gestione di piccoli gruppi di bambini che si recavano presso il circolo per le attività di centro estivo. Il tempo trascorso insieme, in un contesto di vita normale, lontano da strutture sanitarie

chiuse, ha permesso a padre e figlia di cementare la propria relazione e a Francesco ha dato nuovi stimoli per continuare a impegnarsi in un percorso di riappropriazione delle proprie abilità e di maggiore autonomia.

Nelle convivenze in ambito IESA talvolta si presentano situazioni critiche che ospite e ospitante non riescono a risolvere da soli, con l'attivazione delle proprie risorse spontanee. In tali occasioni l'intervento dell'operatore IESA può introdurre un punto di vista esterno e professionale, che può aiutare le parti a trovare una soluzione del problema. Nel medio termine l'operatore, monitorando gli sviluppi delle decisioni prese, può dare dei rinforzi o introdurre delle modifiche per prevenire il ripresentarsi del problema, supportando il nucleo a ritrovare un nuovo equilibrio funzionale.

Sergio ha 75 anni e vive a casa di Paola da 3 anni. In passato, quando viveva nella vecchia casa dei genitori, ha avuto condotte di accumulo di vari oggetti come macchinari, elettrodomestici e libri. Analogamente ha continuato a portare una grande quantità di libri e giornali anche a casa di Paola, la quale in poco tempo ha visto comparire grandi colonne di quotidiani e riviste che portavano in casa molta polvere e la ostacolavano nel fare le pulizie.

L'operatore IESA ha concordato con Paola e Sergio di cercare un garage in affitto dove poter stipare il materiale cartaceo. Dopo alcuni tentativi Sergio è riuscito a concludere una trattativa per un box auto molto vicino a casa, affidandosi a una ditta di traslochi per lo spostamento del materiale nel garage.

Con lo svuotamento della camera di Sergio e il conseguente miglioramento dell'igiene nell'ambiente domestico anche la relazione con Paola si è fatta più distesa. I comportamenti di accumulo sono diminuiti e saltuariamente l'utente si reca in garage per controllare i libri e i giornali.

Il lavoro dell'operatore IESA è qualcosa di complesso e stimolante, che incoraggia a mantenere sempre vivo un atteggiamento di ascolto e osservazione nei confronti dell'altro e del contesto in cui è inserito, nella consapevolezza che, se l'ambiente può essere una grande fonte di benes-

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sere, non bisogna dimenticare che tale "ambiente" è fatto di molteplici fattori in continua interazione, molti dei quali sono rappresentati da persone e relazioni tra di loro, in continuo sviluppo e divenire. Una trama complessa di elementi in gioco, in cui l'operatore stesso si trova inserito, con tutte le complessità che ne derivano. L'unico modo perciò per provare a costruire un percorso che abbia delle ricadute positive su tutte le parti in gioco è accettare questa affascinante complessità, farne parte in modo consapevole, stimolando continuamente delle riflessioni costruttive in sé e in tutti i nodi della rete.

Tenuto conto di tutti questi elementi peculiari e delle tante sfaccettature che caratterizzano la quotidianità lavorativa dell'operatore IESA è necessario investire sulla costruzione di una professionalità specifica per questo tipo di attività. Sul territorio torinese la Cooperativa PRO.GE.S.T. da circa 20 anni riconosce il valore di questo tipo di esperienza, fornendo il personale per il Servizio IESA dell'ASL TO3, che proviene da percorsi universitari attinenti alle professioni di aiuto e da esperienze formative intraprese all'interno del servizio stesso, mirate allo sviluppo di competenze specifiche.

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