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Lo IESA per persone anziane o con disabilità in Francia
Horel C.*, Cébula J. C.**
1Abstract
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In Francia il modello di accoglienza eterofamiliare (IESA) è uno strumento diffuso che presenta ancora caratteristiche poco definite ed eterogenee nelle diverse aree. Questo approccio viene solitamente utilizzato, in ambito sociale, per offrire ospitalità a persone adulte, anziane o disabili, che da sole faticano a gestire in autonomia la vita quotidiana. La normativa in vigore regolamenta prevalentemente le iniziative private ma non definisce dei contenitori organizzativi precisi. La gestione di questa attività da parte di privati, è affidata al Consiglio Generale e i servizi hanno l'incarico di abilitare, controllare, monitorare e formare i soggetti ospitanti, funzioni che in alcuni ambiti territoriali, a causa dell'assenza di una definizione univoca del modello, si sovrappongonoa quelle più generali di aiuto e di valutazione sociale. Il presente articolo, facente riferimento a 96 Dipartimenti sui 99 che utilizzano lo IESA, analizza dati quantitativi sulle abilitazioni concesse agli ospitanti e sulle persone ospitate e presenta alcuni aspetti qualitativi relativi alla stesura di una normativa, ad oggi ancora molto complessa e poco chiara. I dati presentati non sono finalizzati a fornire delle risposte ma a stimolare delle riflessioni, poiché molte questioni rimangono ancora aperte.
Parole chiave
IESA, Accueil Familial, personnes âgées, handicapées, abilitazione, selezione, monitoraggio, anziani, disabili, affido anziani, affido disabili.
Le informazioni presentate in questo articolo cercano di descrivere la situazione at- tuale dello IESA in Francia e hanno innanzitutto l'intento di stimolare delle considerazioni da parte degli addetti ai lavori in merito alle notevoli disparità rilevate nell'ambito delle procedure di abilitazione, che condizionano l'essenza stessa dell'attività degli ospitanti e del modello di intervento.
Questa particolare modalità di presa in carico, che consiste nell'ospitare persone fragili da parte di privati in via di professionalizzazione, non sarà mai associabile ad altre pratiche di intervento, tuttavia le differenze locali di interpretazione del modello e i loro effetti potrebbero far perdere allo strumento dell'accoglienza eterofamiliare la propria specificità, col rischio, come riportato nelle note di un operatore, “di perderne la ricchezza nella ricerca dell'uniformità”.
* Psicologa, Istituto di Formazione, Ricerca e Valutazione delle Pratiche sanitarie e sociali (IFREP) Paris.
**Psicologo, Direttore Istituto di Formazione Ricerca e Valutazione delle Pratiche sanitarie e sociali (IFREP) Paris, Presidente Gruppo Europeo di Ricerca sullo IESA(GREPFa), formatore IESA.
1 Traduzione a cura diAnastasia DeAngelo e Catia Gribaudo, sintesi a cura di Catia Gribaudo ed Elisabetta Latragna. Il presente articolo è tratto dal report “L'Accueil Familial des personnes âgées ou handicapées”, redatto e pubblicato dall'istituto parigino di formazione, ricerca e valutazione delle pratiche medico sociali (IFREP).
L'abilitazione degli ospitanti
Dall'analisi effettuata attraverso la somministrazione di un questionario online nel corso del 2014 è stata rilevata la presenza di circa 9.742 ospitanti abilitati sul territorio francese, che può essere comparata agli 8.950 ospitanti censiti nel precedente studio dell'IFREPal 31/12/1996, rilevando un aumento di meno del 9% in 17 anni.
Per i 96 Dipartimenti che hanno partecipato alla ricerca IFREP(2014) si fa riferimento ai dati rilevati al 31/12/2013, mentre per i 3 Dipartimenti che non hanno aderito all'inchiesta sono stati presi in esame i dati forniti dall'Observatoire De l'Action Sociale Décentralisée (ODAS) che nel 2010 ha condotto una ricerca non pubblicata, e ai dati presenti sul sito internet del Consiglio Generale risalenti al 2012.
Lo studio rileva una grande variabilità tra i Dipartimenti, che oscillano dai 2 ai 507 ospitanti abilitati.
Tra i Dipartimenti, 4 raggiungono il 19% degli ospitanti abilitati, mentre 10 arrivano da soli al 33%. L'elaborazione dei dati di questa inchiesta si basa su 9.365 ospitanti abilitati distribuiti in 96 Dipartimenti, cioè sul 96% del totale nazionale, una percentuale molto rappresentativa.
Secondo l'articolo L.441-1 del Code de l'action sociale et des familles, una persona o una coppia devono preventivamente essere oggetto di una abilitazione rinnovabile da parte del Presidente del Consiglio Generale del Dipartimento territoriale di residenza che esamina le richieste. Senza grandi sorprese, è stato riscontrato che le abilitazioni sono per la maggior parte ottenute da don- ne, con una percentuale del 87%, mentre gli uomini abilitati ricoprono soltanto il 6% del totale e le coppie il 7%.
Confrontando gli studi del 1996 e del 2014 si osserva una riduzione della percentuale di donne abilitate (dal 96% al 94%) e un lieve aumento degli uomini (dal 4% al 6%).
La nozione di “coppia” (senza precisazioni in merito alla sua composizione), introdotta nel 2002, permette di proporre un'unica abilitazione a due adulti che vivono sotto lo stesso tetto, qualora richiedano entrambi l'abilitazione. Questo per evitare un accumulo di autorizzazioni all'ospitalità che porterebbero ad accogliere nello stesso nucleo più di 3 persone, facendo così perdere a questa modalità di accoglienza il suo carattere familiare. Emerge dai questionari che la nozione di “coppia abilitata” sembra essere stata di difficile interpretazione, tanto da rendere necessaria una ricodifica di 37 risposte su 96. Capitava infatti che le coppie non venissero conteggiate come tali, ma bensì come due candidati separati. Al di là delle incomprensioni o degli errori di interpretazione bisogna sottolineare che il 7% delle abilitazioni sono state rilasciate a coppie, evidenziando un aumento di queste candidature da parte di numerosi Dipartimenti.
Abilitazione concessa per accogliere
2
1, 2 o 3 persone
Secondo l'articolo R.441-2 del già citato Code de l'action sociale et des familles, la richiesta di abilitazione, fondata su un formulario il cui contenuto è stabilito dal Presidente del Consiglio Generale, deve precisare il numero massimo di persone che il candidato desidera accogliere, oltre al tipo di categoria di utenza (anziani o disabili) per i quali ci si rende disponibili, se il caso lo richiede.
La ripartizione tra le abilitazioni concesse appare abbastanza omogenea tra chi può accogliere uno, due o tre ospiti, ma questi dati non riescono a riflettere le grandi differenze esistenti tra i vari Dipartimenti. Dopo che è stata autorizzata l'abilitazione ad accogliere tre ospiti, si è verificato un aumento di questa modalità di utilizzo. I dati relativi alle abilitazioni concesse per l'accoglienza di due ospiti mostrano invece una buona stabilità.
L'accoglienza eterofamiliare di più ospiti richiede un grande carico di lavoro e di risorse, ma permette tuttavia di ottenere una maggiore retribu3 zione, che risulta al contrario essere modesta quando si accoglie una sola persona. Non è stato semplice riuscire a raccogliere questo tipo di informazioni a causa della tendenza, da parte dei Dipartimenti, a ragionare in termini di “posti abilitati” e non di ospitanti. Per tale ragione, nel caso di 24 Dipartimenti, è stato necessario ricodificare tutte le risposte. Considerando che non sempre si è riusciti a fare una distinzione tra queste categorie e tenuto conto dei commenti come “noi non abilitiamo persone ma posti letto”, si è deciso di porre maggiore attenzione a quest'ultima concezione che è più simile a una logica istituzionale (non si parla più di ospitanti abilitati che offrono determinate disponibilità di accoglienza) e apre, come si vedrà in seguito, a ordinanze che prevedono abilitazioni a dimensione multipla. Facendo una proporzione tra “posti abilitati” e ospitanti si ottiene una media di 1,89 posti per ospitante. Il dato medio presentato non rispecchia realmente quale sia la situazione dei candidati abilitati a ospitare 3 persone, né se la loro disponibilità ad accogliere sia interamente utilizzata o se siano impegnati in percorsi di accoglienza temporanea. Si tratta pertanto di un calcolo che definisce dei posti “virtuali”. Facendo la proporzione tra il nume4 ro di posti e il numero di ospiti al 31/12/2013 si ottiene un tasso di occupazione medio del 80%, tenendo presente che è un dato suscettibile a variazioni, poiché comprende progetti di accoglienza temporanea che sono per definizione poco stabili, e considerando che presenta grandi differenze tra i Dipartimenti, alcuni dei quali presentano il 100% di occupazione degli ospitanti, mentre altri meno del 60%. È stato inoltre calcolato il rapporto tra il numero di ospiti e il numero di ospitanti da cui si rileva che la grande maggio- ranza dei Dipartimenti si situa all'interno della media nazionale, cioè 1,43 ospiti per ospitante. Gli 8 Dipartimenti che hanno la particolarità di avere un rapporto ospiti-ospitanti superiore alla media nazionale (1,93 e 2,23) sono caratterizzati da una sovra rappresentazione di anziani ospitati. Questa correlazione, menzionata a titolo informativo, potrebbe lasciar intendere che il numero di ospiti per ospitante sia più alto qualora si tratti di anziani, ma si tratta soltanto di un'ipotesi che sarebbe opportuno verificare.
Abilitazioni concesse per l'accoglienza di persone anziane (PA), disabili (PH)
5 o entrambi
6 Dal momento che la legge del 1989 ha differenziato l'abilitazione per l'accoglienza di anziani da quella per persone con disabilità, la legge del 2002 sancisce, all'articolo L.441-1 che “per accogliere abitualmente presso il proprio domicilio a titolo oneroso degli anziani o degli adulti disabili, una persona o una coppia deve prima di tutto fare richiesta di abilitazione”
Nella tabella a seguire si osserva un notevole aumento della percentuale di abilitazioni miste, che garantiscono una maggiore fluidità e flessibilità delle possibilità di accoglienza.
Anche rispetto a questo tema, così come per gli altri dati analizzati, esistono grandi disparità tra i Dipartimenti. Per esempio, in 7 Dipartimenti non sono presenti abilitazioni miste (2 Dipartimenti esprimono delle perplessità rispetto a questo tipo di accoglienza e uno precisa che “la mescolanza di categorie di utenza all'interno del nucleo ospitante può risultare problematica”), ma non è possibile risalire a se si tratti di una scelta effettiva o della situazione specifica al momento della ricerca, mentre 23 Dipartimenti si distinguono nel concedere sistematicamente abilitazioni miste. Molteplici ipotesi permettono di spiegare tale situazione: l'abilitazione mista consente minori oneri amministrativi e quindi un minore carico di lavoro nel caso in cui un ospitante, per esempio, desideri modificare la sua disponibilità, riflette un approccio più globale all'accoglienza familiare oppure incarna la flessibilità, citata da molti Dipartimenti. In queste sedi la percentuale di accoglienza di persone con disabilità è maggioritaria (63%) e supera la media nazionale (54%).
3 A differenza dei modelli tedesco ed italiano i quali operano basandosi su una adesione volontaristica e senza scopo di lucro da parte degli ospitanti, in Francia essere famiglia ospitante significa esercitare una professione. Tale caratteristica, snatura i progetti IESA di quella componente essenziale basata sulla generosa offerta di ospitalità tipica del volontariato e sposta l'ospite dalla posizione di convivente alla pari a quella di mero oggetto di lavoro.
4 Una estrapolazione dei posti offerti dagli ospitanti abilitati per accogliere 1, 2 o 3 persone, sulla base della stima nazionale del totale di ospitanti, rileva un po' più di 18.600 possibilità d'accoglienza (supponendo che tutti gli ospitanti siano “al completo”).
5 Dati calcolati sul 97% delle abilitazioni concesse, ottenuti dai 37 Dipartimenti che ragionano in termini di abilitazioni concesse a persone e non in termini di posto letto.
6 Legge n.89-475 del 10 Luglio 1989. Prima legge relativa all'accoglienza da parte di privati, presso il loro domicilio, a titolo oneroso di persone anziane o disabili, adulte.
Tabella 2. Abilitazioni suddivise per categoria di utenza.
Abilitazioni concesse per accogliere
7 a tempo pieno o parziale
Secondo l'articolo R.441-2, la richiesta di abilitazione deve precisare in particolare se l'ospitalità che si desidera fornire è a tempo parziale o a tempo pieno. La commissione di abilitazione può accogliere la richiesta o rettificarla, argomentando la decisione presa. Anche il contratto d'accoglienza riporta alcune specifiche relative alla modalità d'accoglienza, distinguendo per esempio il suo carattere permanente o temporaneo.
La netta maggioranza di abilitazioni concesse, comprese quelle senza distinzione, permette l'accoglienza sia a tempo pieno sia a tempo parziale. È poi il contratto a determinare le condizioni dell'accoglienza sulla base dei bisogni dell'ospite. Non è chiaro se le limitazioni che implicano le abilitazioni concesse per l'accoglienza ragione ci sono ospitanti abilitati specificatamente per questo tipo di progetto. Da notare, rispetto all'accoglienza diurna, che altri Dipartimenti interessati a questa modalità di intervento non sono stati in grado di renderla realizzabile, poiché “manca di regolamentazione”, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti economici.
Le problematiche relative al remplacement
Che i Dipartimenti utilizzino o meno “abilitazioni a breve termine”, e pur tenendo conto che l'accoglienza temporanea fa riferimento a bisogni differenti per gli ospiti e/o per gli ospitanti, questa modalità d'accoglienza è da collegare, almeno in parte, alla questione della sostituzione temporanea degli ospitanti in occasione delle vacanze o in caso di imprevisti (remplacement). Ricordiamo che il principio che prevale nell'accoglienza eterofami- a tempo parziale (particolarità che riguarda il 6,5% delle abilitazioni secondo lo studio del 1997) provengano da una decisione del Consiglio Generale o da una richiesta dell'ospitante. Una delle modalità di accoglienza a tempo parziale utilizzata è l'accoglienza diurna. In Francia sembra una pratica apprezzata, considerato che una dozzina di Dipartimenti l'ha incoraggiata o prova ad andare in questa direzione. Per questa liare è quello della “continuità dell'inserimento” e che “le differenti soluzioni individuate per la sostituzione dell'ospitante devono tener conto del parere dell'ospite o del suo tutore”. Per contro, “tutte le assenze di più di 48 ore devono essere segnalate, salvo cause di forza maggiore, per iscritto al presidente del Consiglio Generale. Se la persona ospitata resta presso il domicilio dell'ospitante, dovrà essere predisposto un documento da allegare contratto, firmato dall'ospitante, da chi lo sostituisce e dall'ospite, che va inviato al Consiglio Generale; se la persona ospitata viene trasferita presso il domicilio di chi sostituisce l'abituale ospitante, viene invece redatto un contratto di accoglienza con durata temporanea, che viene inviato al Consiglio Generale”
In totale 54 Dipartimenti su 96 segnalano difficoltà a proposito del remplacement. Raggruppando le problematiche emerse, si ottengono due grandi categorie: le difficoltà degli ospitanti così come descritte dai Servizi, e quelle dei Servizi, entrambe declinate su diversi livelli. Per quanto riguarda gli ospitanti emergono:
-difficoltà contestuali, come la mancanza di risorse per l'accoglienza a breve termine e di sostituti disponibili;
-difficoltà amministrative, relative alla sovrapposizione di contratti e alle incompren8 sioni con l'URSAFF;
-difficoltà finanziarie, a causa di disparità nelle retribuzioni su base oraria o forfettaria, che risultano o troppo basse per chi si occupa delle sostituzioni (e da qui nasce la difficoltà a reperire risorse di questo tipo) o decisamente superiori a quanto viene corrisposto a chi ospita a lungo termine (a causa della sproporzione tra domanda e offerta);
-difficoltà organizzative, in merito alla gestione delle sostituzioni che dovrebbero da contratto essere a carico dell'ospite, ma che alcuni ospitanti vorrebbero gestire direttamente;
-difficoltà personali, correlate a problemi di fiducia e di tutela della privacy, che fanno sì che alcuni ospitanti abbiano delle esitazioni a consentire che uno sconosciuto si trasferisca presso il loro domicilio per le sostituzioni. Su questo punto, l'imprecisione e la scarsa chiarezza dei testi normativi sono innegabili, tanto quanto le differenze di funzionamento dei Dipartimenti.
Tra le difficoltà segnalate dai Servizi si evidenziano:
-eccessiva burocrazia;
-inefficienze degli ospitanti nel comunicare i nomi dei sostituti e le variazioni e nella trasmissione dei contratti, quando non addirit- tura nella segnalazione delle loro assenze; -difficoltà a far capire all'organismo preposto alla tutela che il sostituto che si reca a domicilio dell'ospitante non necessita di abilitazione (questione particolarmente pregnante quando la sostituzione viene fatta da parenti o vicini degli ospitanti, una pratica di “buon senso” suggerita nella Guida all'accoglienza familiare pubblicata dalla Direction Générale de la Cohésion Sociale a febbraio 2013).
Ancora una volta, l'interpretazione o l' imprecisione dei testi normativi sembra portare alcuni Dipartimenti ad assumere posizioni specifiche, talvolta divergenti.
Infine alcuni Dipartimenti segnalano che il problema dei sostituti è diventato poco a poco “un freno allo sviluppo dell'accoglienza familiare, già poco allettante”, poiché alcuni candidati rinunciano, non sapendo come gestire questo aspetto (soprattutto i single senza una rete relazionale sviluppata).
Come si vedrà in seguito, se 54 Dipartimenti sottolineano le criticità correlate al remplacement, gli altri Dipartimenti che hanno compilato questa parte di questionario riferiscono di non incontrare, o non incontrare più, difficoltà, poiché sono state individuate delle soluzioni. Ma in alcuni casi c'è chi ignora volontariamente questo problema e lo rimanda agli ospitanti, ritenendo che “gli ospitanti debbano gestire questo aspetto” e che “le sostituzioni siano una loro responsabilità”. Nei Dipartimenti che hanno affermato di non riscontrare difficoltà nel gestire le sostituzioni, si delineano due tendenze: la prima rientra in un'organizzazione che funziona “da sola”, dove gli ospitanti trovano dei sostituti (o si assentano poco); la seconda comprende interventi più concreti da parte dei servizi incaricati.
Le vacanze degli ospiti
La legge chiede agli ospitanti di impegnarsi ad assicurare la continuità dell'accoglienza e concede loro delle ferie pagate, sebbene non siano da considerarsi dei “dipendenti” nel senso stretto del termine. Di fatto le ferie (e più genericamente le assenze) degli ospitanti pongono la questione della loro sostituzione, come già affermato nel paragrafo precedente. In sintesi, in caso di assenza dell'ospitante, alcuni ospiti trascorrono dei soggiorni presso altri ospitanti abilitati oppure restano “a casa loro” nel quadro di una continuità assicurata da un sostituto non necessariamente abilitato che si trasferisce temporaneamente nel domicilio presso il quale l'ospite vive. Gli ospiti possono inoltre essere presi in carico da istituti che hanno dei posti di accoglienza temporanea, o ancora partecipare ai soggiorni organizzati da enti preposti. Talvolta gli ospiti vanno in vacanza con gli ospitanti, ma non è prevista in questi casi una cornice normativa. In alcuni casi le famiglie ospitanti accolgono per il periodo estivo soggetti provenienti da strutture residenziali.
La sovrapposizione di attività di accoglienza 9eterofamiliare
L'accoglienza privata di anziani e di persone con disabilità talvolta si affianca, o forse si sovrappone, con l'Accueil Familial Thérapeutique (AFT), pratica IESAesclusivamenterivolta a persone affette da disturbi psichiatrici organizzata da istituti ospedalieri,e con l'accoglienza di minori. In queste situazioni, ottenere sia un'abilitazione per l'accoglienza di anziani e/o disabili, sia una per l'accoglienza familiare terapeutica (AFT) può non garantire le condizioni “d'accoglienza, sicurezza e benessere” per persone fragili e dipendenti. Tale sovrapposizione è presente per l'1,2% degli ospitanti. Non potendo effettuare delle distinzioni precise è verosimile ipotizzare che la percentuale faccia riferimento ad ospitanti che sono stati abilitati in qualità di affidatari di minori e che hanno continuato ad accogliere un minore disabile che è cresciuto con loro ed è diventato adulto, cambiando così inquadramento rispetto al tipo di accoglienza. In circostanze eccezionali, gli ospitanti mantengono entrambe le attività e, nel 3% dei casi, gli ospitanti sarebbero abilitati anche come affidatari per pazienti psichiatriciAFT.
Situazioni di accoglienza al di fuori del quadro normativo
Tutte le situazioni di accoglienza di anziani e disabili presso il proprio domicilio e a titolo oneroso, rientrano nel quadro normativo. Per questo è stata dedicata una parte del questionario a eventuali situazioni di accoglienza “fuori quadro”. Se 17 Dipartimenti rispondono di non avere informazioni in merito, 55 affermano che non esistono situazioni al di fuori del quadro normativo.Al contrario, 24 Dipartimenti sono a conoscenza di alcune situazioni specifiche, tra le quali: l'accoglienza privata (da ricondurre a un contesto specifico), le Case di Accoglienza Specializzata (MAS), il permanere di abilitazioni nominative e di situazioni antecedenti alla revisione della normativa.
In alcuni Dipartimenti le situazioni prevalenti riguardano dei privati ai quali non è stata concessa l'abilitazione o a cui è stata revocata, ma che continuano la loro attività e dei privati che hanno rifiutato di essere abilitati, forse considerando il quadro normativo “troppo vincolante”. Sebbene non quantificate, queste situazioni sembrano essere esigue, ma restano problematiche. Per questi ospitanti non abilitati, sembra che i Dipartimenti incontrino qualche difficoltà, malgrado le ripetute richieste mirate a ottenere l'appoggio della pubblica autorità.
La preoccupazione principale è data dalla scarsa chiarezza del quadro normativo che potrebbe condurre dei privati a fare offerte di accoglienza senza conoscere il percorso da intraprendere o a utilizzare il vuoto giuridico per degli inserimenti a scopo di lucro.
La banca dati di persone abilitate
Gli ospitanti abilitati hanno bisogno di promuovere la loro idoneità e la loro offerta di ospitalità e chi è in cerca di accoglienza in famiglia deve poter accedere all'informazione relativa alle risorse presenti sul territorio. L'elaborazione, la divulgazione e la realizzazione di una lista che contenga l'anagrafica delle persone abilitate mirano a questi obiettivi.
Sulla base delle indicazioni della Commissione di Accesso ai Dati Amministrativi (CADA), la maggior parte dei Dipartimenti fornisce l'elenco “su richiesta”, a volte “con parsimonia”, utilizzando diversi supporti e mezzi. Molti di loro precisano che questo elenco non è sempre esaustivo e/o che viene divulgato in accordo con gli ospitanti, ma alcuni Dipartimenti non divulgano i contatti. Il loro funzionamento solleva due possibili letture. In un primo caso può trattarsi di atteggiamento tutelante per quanto riguarda la privacy, poiché alcuni ospitanti verrebbero contattati da diverse aziende commerciali o riceverebbero chiamate talvolta disturbanti. La seconda possibilità, più discutibile, si riferisce a quando l'elenco non viene reso pubblico “per evitare i contatti e per evitare che si effettuino degli inse- rimenti senza il parere medico”. In modo più sfumato, un Dipartimento riferisce di non comunicare l'elenco, ma di aver messo in atto una “procedura di richiesta di posti in famiglia, in accordo con gli ospitanti, al fine di evitare gli inserimenti troppo pesanti o inadatti”. Solo in 10 Dipartimenti la lista è direttamente accessibile tramite ricerca sul sito del Consiglio Generale, completa di contatti e talvolta con la specifica del tipo di abilitazione e della disponibilità.
9 Fuori dai due quadri evocati di seguito, un Dipartimento ipotizza la possibilità di “cumulare un'attività professionale esterna se la continuità dell'accoglienza è garantita”. Questa questione è in effetti pertinente, per esempio laddove l'accoglienza sia a tempo parziale e che le attività dell'ospitante non siano incompatibili con la continuità dell'accoglienza.
Ospitanti abilitati riuniti in associazioni
A causa delle caratteristiche della loro attività, che si svolge presso il domicilio in un contesto familiare, gli ospitanti si trovano spesso soli, senza contatti frequenti o regolari con loro pari con i 10 quali confrontarsi e sviluppare delle pratiche e delle risposte idonee. In questo contesto, al di là delle proposte organizzate da alcuni Dipartimenti, la soluzione associativa permette degli scambi di informazioni (sul contratto, la remunerazione o ancora sull'elenco di ospitanti) e offre delle forme di supporto o di mutuo aiuto in caso di difficoltà personali o correlate all'inserimentoIESA.
Le problematiche relative all'abilitazione
La regolamentazione relativa all'abilitazione non fissa dei limiti d'età per gli ospitanti, tuttavia la garanzia “di condizioni di accoglienza che permettano di assicurare la salute, la sicurezza, il benessere fisico e morale degli ospiti” obbliga a interrogarsi sull'età o sullo stato di salute dei candidati che richiedono l'abilitazione o il suo rinnovo. L'età è la prima questione menzionata dai Dipartimenti, citata da 59 di loro. Si evidenziano alcuni tipi di situazioni tra le quali il problema del rinnovo quando gli ospitanti si trovano in età avanzata (più di 70 anni, addirittura più di 80), sapendo che alcuni di loro non vogliono interrompere la presa in carico, che spesso è già in corso da numerosi anni. Così come alcuni ospitanti non chiedono di andare in pensione, altrettanti sono quelli, almeno secondo i Dipartimenti, che continuano ad accogliere “in ogni caso”.Allertato da queste situazioni, un Dipartimento ha messo in atto uno “stage di preparazione al pensionamento”. Queste situazioni fanno emergere con forza il tema relativo all'avvenire degli ospiti. Tra le richieste di candidatura, emerge spesso l'età avanzata dei candidati, che in molti casi supera i 50 e talvolta i 60 anni. Un Dipartimento precisa che “non ci sono richieste da parte di persone giovani per questo mestiere, poco attraente e poco tutelante”. Ciò che chiedono questi Dipartimenti è di definire un limite massimo di età sia per continuare l'attività, sia per richiedere una prima abilitazione. Riflettendo su questo tema si presenta uno degli aspetti non previsti dalla regolamentazione, cioè quando l'accoglienza eterofamiliare diviene una vita familiare condivisa a tutti gli effetti e pertanto porre un limite di età agli ospitanti condurrebbe alla decontestualizzazione dell'ospite inserito in famiglia a seguito della chiusura obbligata dell'inserimento.
Parzialmente collegato alla questione dell' assenza di un limite di età per l'accoglienza eterofamiliare si trova spesso lo stato di salute dei candidati a seguito di una domanda iniziale di abilitazione o di un rinnovo. Questo porta alcuni Dipartimenti a posizioni non direttamente regolamentate dal quadro normativo: alcuni sottopongono ai candidati dei questionari sulla salute, altri pongono dei limiti di età.
L'abitazione
Secondo il parere di circa 40 Dipartimenti la normativa relativa all'abilitazione sembra poco esplicita anche in merito all'abitazione degli ospitanti. È evidente che non si possa chiedere a dei privati di applicare le norme richieste agli istituti, poiché non esiste un'abitazione “standardizzata” e dunque la valutazione è affidata al buon senso in termini di distribuzione degli spazi privati e condivisi o di comfort. Pertanto gli operatori incaricati di valutare le richieste di abilitazione si trovano a confrontarsi con dubbi di ogni tipo, tra gli altri: le docce “troppo piccole”, l'assenza di norme “sulla superficie totale dell'abitazione”, i “corridoi troppo lunghi che non consentono la vigilanza”, la “larghezza delle porte” che sottende la questione dell'accessibilità in sedia a rotelle, la “sicurezza degli spazi esterni e delle piscine” che dovrebbe riguardare la famiglia al di là dell'abilitazione.
Più marginalmente qualche Dipartimento pone delle questioni sulla rettifica dell'obbligo di situare la camera per l'ospite sotto lo stesso tetto degli ospitanti. La Guida dice “Il Consiglio Generale può tuttavia, di caso in caso, accordare l'abilitazione qualora il posto o l'alloggio messo a disposizione non sia situato sotto lo stesso tetto dell'ospitante ma all'interno della sua proprietà, se si ritiene che il carattere familiare dell'accoglienza sia preservato, in particolare da un'organizzazione che faciliti il libero accesso dell'ospite alle parti comuni e la messa in atto di una comunicazione idonea. In questo caso, i servizi igienici devono essere interni al luogo messo a disposizione per l'ospite, o situato nello stesso edificio e facilmente accessibile”.
Verso una regolamentazione nazionale delle pratiche di selezione
Numerosi Dipartimenti desidererebbero poter fare affidamento su un riferimento normativo na11zionale (alcuni avendo, nel frattempo, costruito dei riferimenti interni) al fine di inquadrare e/o rendere omogenee le loro pratiche di abilitazione strutturale delle abitazioni.
Bisogna tuttavia precisare che questa richiesta riguarda più ampiamente la regolamentazione di una questione ricorrente, cioè la possibilità di “non concedere l'abilitazione sulla base di criteri non confutabili”. Un riferimento nazionale permetterebbe forse di ridurre le disparità interdipartimentalisollevate da 11 Dipartimenti, che risulta ancor più rilevante se si considera che l'abilitazione ha validità sul territorio nazionale e che alcuni segnalano “difficoltà di funzionamento con ospitanti gia abilitati che provengono da altri Dipartimenti”. Non è tuttavia assicurato che un riferimento normativo nazionale riesca a rimuovere gli ostacoli correlati a elementi più soggettivi che derivano dalla percezione dei professionisti in merito ai percorsi e alle modalità di vita degli ospitanti. Inoltre alcuni Dipartimenti lamentano l'assenza di personale adeguatamente formato alla selezione. Le questioni poste più di frequente sono relative a “cosa significa provvedere al benessere?”, o come valutare le motivazioni dei candidati e la loro capacità di presa in carico di persone vulnerabili, se procedere all'abilitazione in caso di precarietà economica o di fragilità psicologica del candidato, e a come valutare l'efficacia di un abbinamento.
Gli ospiti
Questa parte del documento fa riferimento ai dati relativi al numero di persone ospitate attraverso lo IESAa livello nazionale e alla loro ripartizione dipartimentale, con il dettaglio di alcune delle caratteristiche dei progetti. I dati si riferiscono a 98
Dipartimenti sui 99 nei quali risultava attivo, nel 2014, un servizio di accoglienza eterofamiliare. Per 93 dei 96 Dipartimenti coinvolti nella ricerca IFREPdel 2014, le informazioni raccolte fanno riferimento al 31/12/2013; per gli altri Dipartimenti sono stati utilizzati i dati raccolti attraverso la ricerca dell'ODAS effettuata nel 2010 o a dati pubblicati dal Consiglio Generale. Visto l'utilizzo di fonti differenti, i dati a seguire possono essere utilizzati solo per effettuare una stima degli anziani non autosufficienti e dei disabili che fruiscono dello IESAin Francia.
Al 31/12/2013 risultano 14.549 ospiti, a fronte degli 11.717 rilevati dallo studio IFREP del 31/12/1996. Si osserva pertanto un aumento di circa il 24% in 17 anni, nettamente superiore all'aumento del numero di ospitanti abilitati. Questo fenomeno è da collegarsi, almeno in parte, al volume di abilitazioni concesse per ospitare 3 persone e quindi al numero di “posti disponibili”. Secondo lo studio IFREP del 1997, sette anni dopo la pubblicazione del decreto applicativo, lo IESA rivolto ad anziani e disabili ha ancora difficoltà a organizzarsi e/o a regolarizzare situazioni d'accoglienza storiche. Inoltre, alcuni Dipartimenti hanno messo in atto una politica di ulteriore sviluppo dell'accoglienza eterofamiliare per rispondere ai bisogni di presa in carico di persone anziane o disabili.
I dati a seguire sono stati forniti dai 93 Dipartimenti (sui 96 partecipanti) che si sono mostrati in grado di comunicare le informazioni relative alle persone accolte al 31/12/2013. Questa parte si riferisce quindi ai 13.591 ospiti presenti in questi Dipartimenti, cioè il 93% del totale nazionale stimato. Sebbene inferiore alla percentuale di dati raccolti a proposito degli ospitanti abilitati, è da considerarsi un campione ampiamente rappresentativo.
In generale i dati raccolti in merito agli ospiti sono più difficilmente recuperabili di quelli relativi agli ospitanti: per alcuni Dipartimenti che gestiscono direttamente i progetti IESA rivolti ad anziani e disabili, il conteggio è stato effettuato manualmente, mentre per altri non è stato possibile distinguere i tipi di progetti in corso.
Per i Dipartimenti che delegano l'attività IESA, alcuni sono riusciti ad ottenere le informazioni attraverso gli organismi delegati, mentre altri hanno reperito pochi dati o addirittura nessuno.
Secondo lo studio del 1997, peraltro più detta- gliato di quello richiesto nella presente ricerca, l'accesso alle informazioni si è rivelato più facile, forse poiché al tempo il dispositivo era di recente attuazione.
Più ampiamente, l'accoglienza eterofamiliare è al crocevia di due preoccupazioni contraddittorie che possano chiarire questa carenza di informazioni: da un lato, la contrattualizzazione degli ospiti è di responsabilità degli ospitanti, che agiscono più o meno liberamente senza rendere conto ai servizi. Questi non sono informati degli ospiti e delle loro caratteristiche se non alla ricezione del contratto. È possibile che, in molte situazioni, queste caratteristiche non possano essere registrate.
Dall'altro lato, si constata una reale volontà di alcuni Dipartimenti di esercitare un diritto di monitoraggio, o addirittura un intervento più diretto sui progetti e più ampiamente sul dispositivo, senza che questo funzionamento basti tuttavia a registrare l'insieme delle caratteristiche dei progetti.
Ripartizione degli utenti tra anziani
12 e disabili
La ricerca rileva che il 46% dei progetti IESA riguarda ospiti anziani, mentre il 54% è rivolto a soggetti con disabilità. Secondo lo studio del 1997, i dati indicano circa il 50% di inserimenti eterofamiliari di anziani e il 50% di disabili, ma la ripartizione è stata richiesta sulla base dell'età e pertanto non può ritenersi del tutto corretta; è dunque difficile trarre delle conclusioni dato che, come si vedrà in seguito, alcuni soggetti con disabilità possono essere anche in età avanzata. In relazione a questo è stato chiesto ai Dipartimenti di distinguere, laddove possibile, gli ospiti con disabilità da quelli appartenenti a questa stessa categoria ma in fase di invecchiamento. Solo 39 Dipartimenti sono stati in grado di rilevare questo dato (31%). In questi Dipartimenti le persone con disabilità in età avanzata rappresentano circa il 22% dei soggetti disabili inseriti in progetti IESA.
Al di là di questa ripartizione nazionale dei progetti per anziani e disabili è necessario introdurre delle specificità correlate ai contesti locali. Si distinguono 14 Dipartimenti con più dell'80% di progetti per disabili (una volta e mezza in più della media nazionale), fino ad arrivare in singoli casi al 100%. Spesso si tratta di Dipartimenti che hanno una lunga storia di accoglienza eterofamiliare (talvolta antecedente la legge del 1989), alcuni dei quali hanno delegato la gestione dello IESA a importanti associazioni incaricate della presa in carico di disabili. É un caso a parte un Dipartimento in cui solo 4 persone in totale sono state inserite in progetti di questo tipo, e uno che segnala di non avere più progetti per anziani. Al contrario, 12 Dipartimenti (di cui 9 in regia diretta) si distinguono con un numero di progetti per anziani una volta e mezza maggiore della media nazionale (dal 70% al 91%). Si tratta di Dipartimenti “storici” per quanto riguarda l'accoglienza eterofamiliare di anziani.
L'accoglienza a tempo pieno o parziale
L'abilitazione viene concessa in modo generico, senza precisare se per progetti a tempo pieno o parziale, tranne in alcuni Dipartimenti. I contratti invece specificano il tipo di progetto in corso, aggiungendo anche la distinzione tra progetti a lungo o breve termine.
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La maggioranza di ospiti anziani è accolta a tempo pieno (98%), ma si può notare che i pochi anziani accolti a tempo parziale (2%) si trovano nei 17 Dipartimenti ove sono presenti pochi inserimenti di anziani. Fanno eccezione 4 Dipartimenti che presentano dal 13% al 33% di soggetti in età avanzata inseriti in progetti a tempo parziale.
14 Come prevedibile, le persone con disabilitàfruiscono maggiormente dei progetti di inserimento 15 a tempo parziale (11% a tempo parziale e 89% a tempo pieno) rispetto agli anziani.
L'accoglienza eterofamiliare è utilizzata come supporto o come complemento di un'attività di lavoro protetto durante la giornata o di un progetto di inserimento in comunità. Secondo i dati raccol16 ti da questa ricerca il 12% degli ospiti ha un'attività esterna alla vita in famiglia IESA. Il questionario menziona per esempio il lavoro protetto, ma le risposte comprendono diversi tipi di presa in carico (centri medico-psicologici, dayhospital, istituti medico-educativi, centri occupazionali, centri sociali ecc.). Nel 1997 la domanda era formulata in altro modo, chiedeva di indicare il numero di ospiti inseriti in famiglia ospitante che avessero un'attività remunerata. Si trattava allora dell'11% degli ospiti, percentuale vicina ai da- ti attuali. Non si possono tuttavia fare ulteriori considerazioni, poiché non ci sono correlazioni tra il numero di ospiti a tempo parziale e il numero di ospiti che hanno un'attività esterna al nucleo ospitante: ci sono talvolta più progetti a tempo parziale che attività esterne, o viceversa, a meno che non si faccia riferimento ad un'associazione delegata che gestisce anche un centro di lavoro protetto.
12 Dati basati sul 98% degli ospiti.
13 Dati basati solo sul 70% degli anziani accolti.
14 Dati basati solo sul 76% di disabili accolti.
15 Una precisazione: l'accoglienza a tempo parziale di disabili inseriti in progetti di lavoro protetto, per esempio, si appoggia talvolta su un contratto a tempo parziale talvolta su un contratto a tempo pieno.
16 Dati basati sul 53% degli ospiti.
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L'accoglienza a lungo o breve termine
Come già evidenziato, il contratto definisce ulteriormente le modalità dell'accoglienza con la nozione di accoglienza a lungo termine o a breve termine.
L'accoglienza a lungo termine risulta essere più 18 rappresentata(94%).
Questi dati sono da considerare con cautela, innanzitutto a causa delle lacune di informazioni in merito e poiché possono essere presenti delle sovrapposizioni di contratto nel caso di progetti a breve termine attivati per indisponibilità temporanea del caregiver abituale.
Aprescindere dalla difficoltà nell'utilizzo dei dati rilevati, non è comunque chiaro quale realtà riflettano in quanto non sono esplicitati gli obiettivi che definiscono i progetti a breve termine e, in alcuni Dipartimenti, sono emerse confusioni nella distinzione tra progetti part time e a breve termine e tra quelli full time e a lungo termine.
Il “dispositivo” di accoglienza eterofamiliare
Questa ultima parte del documento raccoglie numerosi dati, prevalentemente qualitativi rispetto ai vari Dipartimenti.
Tre Dipartimenti non hanno partecipato alla seguente inchiesta, ma, secondo le informazioni raccolte, sembrano utilizzare lo IESA. Settantacinque Dipartimenti gestiscono in modalità diretta sia progetti IESAper anziani sia per disabili, 13 delegano a enti terzi entrambi i progetti, mentre 10 gestiscono direttamente i progetti per anziani delegando quelli per disabili. Per un solo Dipartimento la modalità di gestione dei progetti non è nota. La gestione diretta risulta essere la modalità prevalente. L'accoglienza eterofamiliare di anziani è in gestione diretta in 85 Dipartimenti.
L'accoglienza eterofamiliare di persone con disabilità è invece in delega in 23 Dipartimenti. Si tratta per lo più di deleghe storiche ad importanti associazioni che gestiscono enti o servizi per di- sabili, ben inserite nel contesto locale, o di piccoli servizi disseminati sul territorio. La delega dell'accoglienza eterofamiliare riguarda solo il 19% dei progetti per anziani, mentre riguarda il 41% dei progetti per disabili.
L'accoglienza eterofamiliare a gestione diretta L'accoglienza eterofamiliare non appare come un dispositivo autonomo, ma è integrato in seno alle diverse direzioni, secondo le organizzazioni dipartimentali; non è sempre collegato ad una sola direzione, ma talvolta è trasversale. E' chiaramente identificato in 42 dei 75 Dipartimenti come strumento a gestione diretta. In queste circostanze, si rilevano diverse denominazioni che accompagnano la parola “accoglienza eterofamiliare” (ufficio, polo, servizio, cellula, accompagnamento ecc...), talvolta affiancate al vocabolo “sociale”. In altri Dipartimenti è meno identificabile e, in alcuni casi, perfino non individuabile. Al di là dei collegamenti e delle denominazioni dipendenti dagli organigrammi delle direzioni, l'accoglienza eterofamiliare a gestione diretta presenta diverse facce a seconda che sia assegnata ad operatori che svolgono anche altri compiti o ad equipe dedicate. Peraltro, qualsiasi sia la modalità di organizzazione, esistono comunque delle disparità tra i Dipartimenti a seconda che gli operatori IESAsiano dislocati sul territorio o centralizzati in un servizio. È evidente che l'eterogeneità dell'organizzazione può portare a una difficoltà nella gestione delle comunicazioni e nel recupero di informazioni, disomogeneità nelle pratiche e, dunque, minore reattività nell'attivazione dell'inserimento.
Alcuni Dipartimenti hanno invece un servizio dedicato all'abilitazione, o meglio, incaricato di tutti gli aspetti amministrativi legati all'accoglienza eterofamiliare. Non è possibile valutare il carico di lavoro di questi servizi, tenuto conto delle poche informazioni comunicate, anche perché le differenze tra le diverse realtà sono troppo importanti per tentare un'analisi (un “amministrativo” a tempo pieno può dedicarsi a meno di 40 ospitanti familiari come a più di 100). Infine, come hanno ovviamente notato i Dipartimenti, non è possibile quantificare il carico di lavoro delle equipe o del personale sul campo, dal momento che l'accoglienza eterofamiliare non è che uno dei loro compiti, in uno scenario polivalente.
Il personale delle equipe dedicate
Data la complessità dei compiti relativi all'accoglienza eterofamiliare, 26 Dipartimenti hanno optato per strutturare delle équipe dedicate, dove l'intervento è affidato a personale incaricato esclusivamente ad occuparsi di IESA, attraverso nuclei che comprendono risorse amministrative, operatori, infermieri e/o altre figure pro19 fessionali equipollenti. Analizzando gli FTE forniti dai Dipartimenti organizzati in equipe dedicate, emergono realtà molto diverse. La media addizionata degli FTE, calcolata sul numero degli ospitanti abilitati consente di ottenere 1 FTE ogni 23 ospitanti.
Alcuni Dipartimenti presentano 1 FTE per meno di 10 ospitanti, in particolare nei casi in cui il servizio è di recente attivazione, mentre altri raddoppiano o, addirittura, triplicano la media. Un dato interessante è da riferirsi ai Dipartimenti che, pur non disponendo di personale IESAdedicato, si assestano nella media.
L'accoglienza eterofamiliare in delega
I Dipartimenti che hanno approvato il principio della delega, presentano tra loro configurazioni piuttosto differenti. Nei Dipartimenti presi in esame, lo IESA è generalmente molto identificato, facile da individuare e la delega non esclude l'esistenza di un servizio, talvolta molto organizzato, a livello del Consiglio Generale.
Per i 23 Dipartimenti considerati, la delega riguarda il monitoraggio degli inserimenti ma vengono demandati anche altri compiti, quali la formazione degli ospitanti (menzionata da 3 Dipartimenti), l'abilitazione (delegata in 5 Dipartimenti), il controllo. La confusione tra monitoraggio e controllo è spesso presente e può inficiare la collaborazione tra servizi e ospitanti. Il monitoraggio, che avviene per mezzo di visite domiciliari, può costituire uno strumento di lavoro importante nella relazione tra operatori e ospitanti, mentre il controllo si concentra sugli ospitanti e i loro sostituti.
Servizio diAccompagnamento al Reinserimento Sociale (SAVS). Questa territorializzazione degli interventi sembra esistere anche per alcune importanti organizzazioni, in dipartimenti con un numero considerevole di ospitanti ed ospiti. In alcuni Dipartimenti le deleghe sono di tipo “parziale” in quanto riguardano solo una parte degli inserimenti eterofamiliari.
Documentare l'accoglienza eterofamiliare?
Questa complessa modalità di presa in carico prevede la realizzazione e l'utilizzo di numerosi documenti (relativi all'abilitazione, alle remunerazioni e indennità, al contratto, alle sostituzioni ecc…). L'indagine si è dunque interessata a identificare l'esistenza di documentazione specifica elaborata e diffusa presso i Dipartimenti. I documenti riportati (di cui alcuni sono in corso di revisione o di finalizzazione) sono di vario tipo: informativi (guide, opuscoli, ecc.), destinati agli ospitanti (modelli di contratto, richieste di abilitazione, tabelle di rimborso, ecc.) per trasmettere informazioni tra ospitanti e servizi (diari di convivenza) e linee guida per “buone pratiche”.
In totale, 27 Dipartimenti su 96 dichiarano di non possedere una documentazione specifica, ma alcuni di questi precisano che stanno operando al fine di realizzarla.
Le problematiche relative al monitoraggio dello IESA
“Il presidente del Consiglio Generale organizza il controllo degli ospitanti, dei loro sostituti e il monitoraggio sociale e medico-sociale degli ospiti” L'organizzazione delle pratiche di monitoraggio e la loro strutturazione dipendono dalla modalità organizzativa Dipartimentale, dai mezzi messi a disposizione, dalle qualifiche degli operatori, dalla collaborazione costruita con gli ospitanti e dal partenariato con i servizi di tutela.
Gli enti delegati possono essere associazioni o federazioni molto radicate sul territorio con competenze riconosciute nell'ambito dell'assistenza, associazioni di tutori e, più marginalmente, gli enti pubblici di salute mentale o i servizi di psichiatria collegati agli ospedali generali.
Infine, in alcuni Dipartimenti, il monitoraggio delle convivenze è delegato a piccole unità dette
L'indagine portata avanti con il questionario online non era mirata all'analisi delle “procedure” o dei “protocolli” usati dai Dipartimenti, talvolta formalizzati da documenti interni, né della qualità delle pratiche. L'unico punto presente nel questionario su questo tema chiedeva di indicare eventuali problematiche relative al monitoraggio riscontrate nei Dipartimenti. Nessuno dei 13 Dipartimenti che delegano a terzi il monitoraggio dei progetti ha rilevato problematiche in questo aspetto del lavoro. Per quanto riguarda i 9 Di19 partimenti che hanno delegato il monitoraggio dei soli progetti per disabili e conservato in gestione diretta i progetti per anziani, non viene menzionata alcuna difficoltà nel monitoraggio quando viene delegato, mentre sono state riscontrate difficoltà per i progetti in gestione diretta in 7 Dipartimenti. Soltanto un Dipartimento ha esposto delle criticità rispetto alla trasmissione delle informazioni e all'eterogeneità delle pratiche nei casi di delega del monitoraggio.
Tra i 74 Dipartimenti che gestiscono direttamente tutti i progetti e le 9 gestioni dirette di progetti di accoglienza eterofamiliare di anziani che han21 no partecipato all'indagine, 44 non hanno riscontrato alcuna problematica.
Le difficoltà, segnalate da 36 Dipartimenti, sono state raggruppate per assi principali: carenza di personale e ampiezza dell'area territoriale del monitoraggio (3 Dipartimenti monitoraggio assente); eccessivo carico di lavoro richiesto dai progetti di accoglienza eterofamiliare; atteggiamento degli ospitanti (scarsa collaborazione, eccesso di richieste); complessità dei progetti; mancanza di definizione di monitoraggio e controllo; disomogeneità nella costituzione delle equipe e disuguaglianza nella suddivisione dei compiti.
22Conclusioni
La mappatura della situazione dello IESAin Francia per persone anziane e/o disabili ha permesso di ottenere un quadro generale dell'utilizzo del mo- dello al 31/12/2013 e di evidenziare l'eterogeneità dello strumento tra i Dipartimenti che lo utilizzano, portando alla luce i punti di forza così come le criticità dovute alla complessità di questa pratica.
La carenza e la non sempre semplice applicazione dei riferimenti normativi ha portato i Dipartimenti presso i quali il modello è attivo a strutturare delle modalità di gestione interna spesso molto orientate a soddisfare i bisogni e le specificità intradipartimentali, rischiando così di rendere lo strumento poco orientato alla dimensione interdipartimentale. I dati raccolti hanno tuttavia consentito di evidenziare il largo utilizzo dello IESA rivolto ad anziani e disabili presso molti dei Dipartimenti e di valorizzarne la sua diffusione nella nazione.
Lo IESA, sia nella sua declinazione di accoglienza eterofamiliare terapeutica (AFT) per soggetti sofferenti di disagio psichico o affetti da dipendenza patologica, sia nella sua forma sociale di accoglienza per persone anziane o con disabilità, rappresenta un utile mezzo per assolvere alle richieste di supporto e sostegno di persone svantaggiate e in difficoltà e, per tale ragione, è da considerarsi un modello utile per rispondere ai bisogni della collettività.
Rimangono tuttavia aperte molte questioni di carattere normativo, organizzativo e gestionale che, se adeguatamente affrontate, porterebbero ad un miglioramento del modello dello IESAe alla condivisione, a livello nazionale francese, delle buone pratiche di intervento.
L'intero
Revue”
