Didascalie Informa n.1-2 Gennaio/Febbraio 2013

Page 1

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO

INFORMA

didascalie 1-2

n.

Rivista della scuola in Trentino

gennaio-febbraio 2013

Sentirsi a casa Progetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani” di Rovereto


SOMMARIO

DIDASCALIE

Rivista della scuola in Trentino Periodico mensile Anno XXI, numero 1/2 gennaio-febbraio 2013 Rivista promossa dalla Provincia Autonoma di Trento (L. P. 3 maggio 1990, n.15, art. 22) Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 745 dell’11.1.1992 Direttore responsabile: Giampaolo Pedrotti Coordinatore: Mario Caroli E-mail: mario.caroli@provincia.tn.it In redazione: Cinzia Zeni Manuela Saltori (segreteria) In questo numero: Luca Boschi, Ugo Bozzelli, Mario Caroli, Andrea Delmonego, Antonio Di Seclì, Maria Rosaria Dominis, Gianfranco Festi, Maria Rosaria Gaetani, Luciana Grillo, Nicola Miolo, Elisabetta Nanni, Elena Nardini, Paolo Pancheri, Paolo Rebecchi, Francesco Roat, Laura Scalfi, Anna Tava, Alessandra Teresi, Daniela Toldo, Eraldo Tonelli, Andrea Trentini, Cinzia Zeni, Laura Zoller

Redazione: Palazzo Istruzione via Gilli 3, 38121 Trento tel. 0461/497268 fax 0461/497267 E-mail: didascalie@provincia.tn.it

Questo numero della rivista viene diffuso solo online; si può comsultare e scaricare, anche in singoli servizi archiviati, sul portale della scuola trentina: www.vivoscuola.it Le foto di questo numero sono di: archivio Didascalie e fornite dai diretti interessati, archivio Ufficio stampa Pat

calendario del nuovo anno scolastico 2013-2014 1 provincia/il Protocollo Esame di stato anche per la formazione professionale 2 iprase/l’evento Perkins a Trento parla di “Creatività e apprendimento” 3 bisogni educativi speciali/Associazione italiana persone down: 10 anni 4-5 minori e rete/La riflessione 6-8 /Il libro 9 centro formazione insegnanti/convegno e workshop: 10-15 Verso una scuola open dalle scuole/ITT “Fontana” Rovereto Scuola sostenibile 16 la notizia: Il

il dossier dentro le buone pratiche

il dossier la dirigente scolastica i numeri la rete i progetti i percorsi: Tom Tom Altri linguaggi Il video Itaca le testimonianze le immagini

SENTIRSI A CASA Progetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani” di Rovereto

Inserto a cura di Mario Caroli Interventi di: Mario Caroli, Omar Korichi, Laura Modena, Tomas Pizzini, Daniela Simoncelli, Giusi Vastola Inserto 17-32 dalle scuole/ITT

Marconi Rovereto Berlinguer al Marconi… 33-34 … al CFP Veronesi 35 … e al Museo Civico di Rovereto 36 centro formazione insegnanti/evento Area Documentazione Pedagogica 37 dalle scuole/Terlago Rivive la scuola popolare 38-39 scuole dell’infanzia/Provinciali Narrare 40-43 segnaliamo/Il libro I giocattoli di Auschwitz di Francesco Roat 44-45 /la recensione La panchina di pietra, di Maria Rosaria Dominis 46 /la recensione Figli d’oggi, di Elena Nardini 47 /l’incontro Piccola Accademia dei Talenti 48 /l’incontro Frabboni e Detti alla Erickson terza copertina primiero/Il convegno Gioco e giocattoli quarta di copertina In copertina: In alto, un gruppo di studenti dell’Istituto Tecnico “don Milani” di Rovereto durante una delle iniziative legate ai progetti presentati nel dossier interno sull’Intercultura (vedi servizio nelle pagine 17-32); in basso, la copertina del libro di Francesco Roat, presentato nella sezione del segnaliamo (vedi pagine 44/45)

II

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


LA NOTIZIA

IL CALENDARIO

Anno scolastico 2013-2014 Nell’ultima seduta del 4 marzo 2013, la Giunta provinciale ha approvato la delibera con il “Calendario delle attività didattiche nelle istituzioni scolastiche, nella scuola dell’infanzia nonché negli istituti e centri di formazione professionale per l’anno scolastico 2013-2014”. L’inizio delle lezioni mercoledì 11 settembre 2013, ultimo giorno di scuola mercoledì 11 giugno 2014. Giorni di vacanza - tutte le domeniche; - da venerdì 1 novembre a sabato 2 novembre 2013 (ponte della festività di Ognissanti); - da sabato 21 dicembre 2013 a lunedì 6 gennaio 2014 (vacanze di Natale); - da lunedì 3 marzo a martedì 4 marzo (vacanze di carnevale); - da giovedì 17 aprile a sabato 26 aprile 2014 (vacanze di Pasqua e festa della liberazione); - giovedì 1 maggio 2014 (festa del lavoro); - lunedì 2 giugno 2014 (anniversario della Repubblica). A disposizione delle singole scuole due ulteriori giorni di vacanza, ma il numero minimo di giorni di lezione è fissato in 204. I giorni di vacanza fissati dalla singola scuola devono coincidere per tutti i plessi di competenza, salvo il giorno per la festa del Patrono, che però rientra nei due a disposizione. Meglio se le scuole presenti sullo stesso territorio programmano in forma concertata gli spazi di flessibilità consentiti dal calendario scolastico. Formazione Professionale Stesso giorno d’inizio (11 settembre 2013) anche per istituti e centri di formazione professionale di base; ma sono le singole istituzioni formative provinciali e paritarie che determinano la data di inizio del quarto anno, l’organizzazione temporale delle lezioni, comprese le sospensioni dell’attività didattica di base e dell’orario dei docenti, nel rispetto della durata corsuale e degli ordinamenti didattici previsti per i corsi di formazione professionale iniziale di base. Il dirigente del servizio competente fissa il periodo di svolgimento degli esami di qualifica e di diploma professionale, tenuto conto delle esigenze relative all’avviamento al lavoro degli allievi qualificati e diplomati, con riferimento alla realtà produttiva locale e alla programmazione delle attività. Festività religiose ebraiche nel 2013 Si considerano giustificate le assenze degli alunni ebrei dalla scuola e dai corsi di formazione professionale, su richiesta dei genitori, ovvero dell’alunno se maggiorenne, nel giorno di sabato e nei giorni in n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

cui si svolgono le festività, quali indicate dal Ministro dell’interno con proprio decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 4 ottobre 2012. Per l’anno solare 2014 si farà riferimento all’atto che verrà a suo tempo emanato dalla medesima autorità governativa. - 13 e 14 settembre: Kippur (Vigilia e digiuno di espiazione); 19, 20, 25 e 26 settembre: Sukkot (Festa delle Capanne); 27 settembre: Simchat Tora’ (Festa della legge). Scuole dell’infanzia Per le scuole dell’infanzia le attività didattiche per l’anno scolastico iniziano lunedì 2 settembre 2013 e terminano lunedì 30 giugno 2014. Fermo restando il periodo di durata di dieci mesi dell’attività didattica, i comitati di gestione delle scuole dell’infanzia deliberano il calendario scolastico, anche speciale, in relazione alle specifiche esigenze sociali del territorio in cui ha sede la scuola (es. calendario turistico, con aperture nei mesi di luglio e agosto). I giorni ed i periodi di sospensione dell’attività didattica per le scuole dell’infanzia sono i seguenti: - tutti i sabati e le domeniche; venerdì 1 novembre (festività di Ognissanti); da lunedì 23 dicembre 2013 a lunedì 6 gennaio 2014 (vacanze di Natale); da lunedì 3 marzo a martedì 4 marzo (vacanze di carnevale); da giovedì 17 aprile a sabato 25 aprile 2014 (vacanze di Pasqua e festa della liberazione); giovedì 1 maggio 2014 (festa del lavoro); lunedì 2 giugno 2014 (anniversario della Repubblica). venerdì 15 agosto 2014 (festa dell’Assunzione). È riconosciuta come giornata festiva la festa del Santo patrono del luogo in cui è ubicata la scuola. Servizio pubblico di trasporto Il servizio di trasporto della Trentino trasporti, sia di linea che speciale, è garantito per le scuole dell’infanzia dal 2 settembre 2013 al 30 giugno 2014 nonché dall’1 luglio al 29 agosto 2014, per le scuole dell’infanzia a calendario turistico e per le restanti scuole dall’11 settembre 2013 all’11 giugno 2014 con esclusione dei giorni di vacanza. Il servizio erogato dall’aggiudicatario dei servizi di trasporto scolastico speciale e dagli altri trasportatori è garantito per 206 giorni di scuola e sospeso nei giorni di vacanza. 1


PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO - MIUR

il protocollo ESAME DI STATO

Svolta per la formazione professionale Giovedì 7 febbraio 2013 a Roma, tra le Province autonome di Trento e di Bolzano ed il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, è stato firmato il Protocollo d’intesa, che definisce i Criteri generali per la realizzazione degli appositi corsi annuali per gli studenti che hanno conseguito il diploma professionale al termine del percorso quadriennale della formazione professionale provinciale e intendono sostenere uno specifico esame di stato per conseguire il “diploma di maturità”. Le firme sono: del dirigente generale del Dipartimento della conoscenza della Provincia autonoma di Trento, Marco Tomasi, del direttore generale della Provincia autonoma di Bolzano, Hermann Berger, e del capo Dipartimento per l’istruzione del Ministero, Lucrezia Stellacci.

Tappa importante di un lungo percorso Da tanto tempo la Provincia autonoma di Trento ha investito e sviluppato un significativo sistema di istruzione e formazione professionale portando al rilascio di qualifiche professionali a conclusione del terzo anno e già dal 2005 di diplomi professionali a conclusione del quarto anno. Un sistema diffuso su tutto il territorio provinciale che coinvolge il 24% dei giovani trentini che alla fine della scuola secondaria di primo grado lo scelgono. Questa particolare caratterizzazione del sistema di istruzione e formazione professionale ha determinato anche la scelta di programmazione di un’offerta formativa orientata verso una progressiva confluenza degli indirizzi dell’istruzione professionale a carattere statale, nell’istruzione tecnica o nella formazione professionale provinciale. Il proficuo confronto con il Ministero e l’attiva collaborazione con la Provincia autonoma di Bolzano hanno permesso la sottoscrizione del Protocollo d’intesa in oggetto 2

concordato tra la Provincia autonoma di Trento, la Provincia autonoma di Bolzano ed il Ministero dell’Istruzione, università e ricerca. Un risultato non scontato Un risultato non scontato, ma frutto di un lavoro lungo e continuo già a partire dalla presentazione di un emendamento poi inserito nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 87 del 2010 (Regolamento sull’istruzione professionale statale) che ha rivisto gli ordinamenti degli Istituti professionali statali. Tale emendamento ha attribuito infatti alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in considerazione dello Statuto di autonomia e delle relative norme di attuazione in materia di istruzione e di formazione professionale, la possibilità di realizzare, attraverso specifiche intese tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca e le due Province, appositi corsi annuali che si concludono con l’esame di Stato. Intese, che dovranno definire i criteri generali per la realizzazione dei corsi in modo coerente con il per-

corso di istruzione e formazione professionale seguito dallo studente che ha conseguito il diploma professionale. Collaborazione tra le due Province autonome di Trento e Bolzano Con tali premesse la Provincia di Trento e la Provincia autonoma di Bolzano hanno avviato già dai mesi successivi all’entrata in vigore del Regolamento il percorso di collaborazione interistituzionale con il Ministero per poter garantire l’opportunità di attivare questo apposito corso annuale con uno specifico esame di Stato e quindi consentire la prosecuzione ai più alti livelli di studio universitario e di alta formazione, dando così risposta a una parte di coloro che hanno conseguito il diploma professionale quadriennale e allineandosi in questo modo anche ai corrispondenti sistemi europei. A tale fine si è collaborato, in stretta sintonia con la Provincia autonoma di Bolzano, con il Ministero partecipando ad un gruppo tecnico al fine di ricercare soluzioni innovative che valorizzino le rispettive competenze e la specificitá della formazione professionale provinciale, tenendo conto delle disposizioni speciali contenute nelle norme di attuazione dello Statuto di autonomia in materia di istruzione e in particolare in materia di esami di Stato. Quindi, il Protocollo d’intesa, che offre la possibilità anche agli studenti della formazione professionale che hanno completato il quarto anno e che decideranno di proseguire gli studi, di sostenere uno specifico esame di stato su discipline e contenuti coerenti con il percorso realizzato, dopo aver frequentato un ulteriore anno preparatorio. n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


IPRASE

evento PERKINS

Una “lectio” per la scuola David Perkins Creatività e Apprendimento VENERDÌ, 15 MARZO 2013 | ORE 14,30 - 18,00 AULA KESSLER - DIPARTIMENTO DI SOCIOLOGIA E RICERCA SOCIALE VIA VERDI 26 – TRENTO L’evento è promosso dall’Iprase Trentino ((Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa) I all’interno dei Progetti finanziati dal Fondo Sociale Europeo ed è rivolto a dirigenti scolastici, direttori dei Centri di Formazione Professionale, insegnanti ed operatori vari interessati alle tematiche dell’insegnamento/apprendimento. Un invito, quindi, che potrebbe essere esteso anche a docenti e studenti di alcune Facoltà dell’Università degli studi di Trento, come Lettere e Filosofia, Scienze cognitive e Sociologia (dove peraltro si trova collocata l’Aula Kessler, sede dell’incontro). Le domande In un mondo in rapida evoluzione, che presenta sfide fondamen­ tali per gli educatori di oggi, queste le domande poste da Perkins: • Come si fa a preparare al meglio i giovani per un futuro che è difficile da immaginare? • Come si fa a creare esperienze di apprendimento che siano coinvolgenti ed emozionanti per i bambini? • Come si può insegnare il tipo di comprensione profonda e di pensiero che permette alle persone di risolvere problemi complessi e di fare un lavoro che sia eccellente e innovativo? • Come si fa ad incoraggiare gli studenti ad “innamorarsi” dell’apprendimento? Programma del pomeriggio ore 14.30 Registrazione ore 15.00 Apertura dei lavori ore 15.15 Rinnovamento dei curricoli in prospettiva europea Annamaria Ajello, professore ordin. 1-2 gennaio-febbraio 2013

nario di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Università La Sapienza, Roma ore 15.45 Creatività e apprendimento Lectio magistralis di David Perkins, senior professor, Harvard Graduate School of Education ore 17.15 Dibattito Conclusioni, Marta Dal maso, Assessore all’Istruzione e sport È previsto un servizio di traduzione simultanea iscrizioni on line sito www.iprase. tn.it entro giovedì 14 marzo 2013 informazioni: Desj Carli, iprase tel. 0461 494384 e mail: desj.carli@iprase.tn.it Chi è il relatore David Perkins ha ottenuto il dottorato in matematica e in­telligenza artificiale nel 1970 presso il MIT di Boston. È stato membro fondatore di Project Zero presso la Harvard Graduate School of Education e per oltre 25 anni ne è stato co-di-

rettore insieme a Howard Gardner. Questo gruppo di ricerca si è occu­ pato di psicologia e filosofia della formazione nel campo delle arti, ampliando poi le aree di indagine sino a comprendere lo sviluppo e le capacità cognitive in ambito umanistico e nei settori scientifici. Attualmente Perkins è docente senior della formazione presso la Harvard Graduate School of Education. Ha condotto programmi a lungo termine di ricerca e sviluppo in materia di insegnamento e apprendimento per la comprensione, la creatività, il problem-solving e di ragionamento nel campo delle arti, delle scienze, e la vita di tutti i giorni. Ha anche studiato il ruolo delle tecnologie didattiche nell’insegnamento e nell’apprendimento, e ha progettato strutture e strategie di apprendimento nelle organizzazioni per facilitare la comprensione personale e organizzativa e intelligenza. Queste indagini rispecchiano una concezione della mente che enfatizza le relazioni interdipendenti tra il pensiero, l’apprendimento e la comprensione. I tre dipendono profondamente l’uno dall’altro. L’apprendimento significativo mira a comprendere e dipende dal pensare con e su ciò che si sta imparando. Pensare efficacemente nello studio disciplinare e in generale, implica la comprensione delle risorse della mente e imparare a utilizzarle con sensibilità e sistematicamente. 3


associazione aipd

l’incontro DOWN

Oltre i luoghi comuni Persone con sindrome di Down, andare oltre i luoghi comuni. A dieci anni dalla fondazione, l’AIPD del Trentino (Associazione Italiana Persone Down) ha richiamato a Trento, sabato 26 gennaio 2013, i più qualificati esperti di educazione e apprendimento, con specifico riferimento alle persone Down. Contributi da esperti (Andrea Canevaro, Dario Ianes…) e un bel video realizzato da Antonio De Cia con le testimonianze dirette di tre ragazzi e una ragazza tra gli undici e i quindici anni che hanno risposto davanti ad una telecamera ad una raffica di domande su ogni argomento, dimostrando simpatia, diversità ed intelligenza. E soprattutto tanta voglia di vivere la vita in tutte le sue potenzialità. Tra i partecipanti, significativa la presenza degli studenti del Liceo “A. Rosmini” di Trento. In questo servizio, riportiamo uno dei “temi” che la professoressa di lettere ha fatto svolgere ai suoi studenti sotto forma di articolo/resoconto del convegno a cui avevano partecipato ed una breve intervista al presidente dell’AIPD del Trentino. Ugo Bozzelli Studente classe VbC Liceo “A. Rosmini” Trento Sono lontani i tempi in cui le persone con la sindrome di Down venivano tenute nascoste in casa, al riparo da sguardi indiscreti, ma anche da molte possibilità di miglioramento cognitivo e sociale. Ora sappiamo bene quanto sia importante fornire loro un’istruzione adeguata e occasioni di socialità per l’acquisizione di una più ampia autonomia, ma per raggiungere risultati soddisfacenti è necessaria una condivisione di modelli educativi tra la famiglia, la scuola e gli enti assistenziali. È questa la tesi sostenuta al convegno che si è svolto sabato 26 Gennaio presso la Sala della Cooperazione di Trento dal prof. Dario Ianes. La complessità della Sindrome di Down (SD) comporta la necessità di affrontare il problema da diverse angolazioni e con l’apporto delle competenze e dell’esperienza delle singole persone coinvolte, fermo restando il rispetto dei ruoli; sottolinea Ianes “Meglio un’alleanza tra ignoran4

ti con lo stesso obiettivo, che tra tecnici divisi fra loro”. Nel descrivere l’approccio diretto con il ragazzo e a sostegno di una pedagogia molto pratica e fondata sugli aspetti cognitivi e meta-cognitivi dei percorsi di apprendimento, ci ha pensato una determinata Beatrice Pontalti -referente pedagogico AIPD (Associazione Italiana Persone Down)-, seguita dalla coordinatrice dei progetti AIPD nazionale la psicologa Monica Berarducci che puntigliosamente ha descritto le problematiche, con le relative soluzioni, dell’aumento dell’età media di una persona con la SD ( 12 anni negli anni ‘40 e 65 anni, la media di vita ai nostri giorni). Questo innalzamento dell’età delle persone con la Sindrome di Down ha portato le famiglie, le associazioni e le istituzioni a escogitare, con straordinario successo, pedagogie che educano all’autonomia del ragazzo per il pieno inserimento sociale. Anche la seconda parte del convegno “Imparare... imparando” è stata all’insegna dei grandi nomi, la dottoressa Rosa Ferri dell’Università La Sapienza di Roma e la coordinatrice na-

zionale AIPD d.ssa Anna Contardi, hanno sensibilizzato la stracolma sala di via Segantini riguardo le difficoltà che una famiglia riscontra durante il percorso di crescita del ragazzo e al linguaggio spesso errato che il senso comune ha involontariamente diffuso. Finale impreziosito dalla pietra miliare della pedagogia italiana Andrea Canevaro che ha ribadito l’importanza dell’alleanza tra famiglie e istituzioni e che ha toccato il delicato argomento della rivelazione al ragazzo del suo “problema” rimarcando l’importanza del dialogo. “La conoscenza è quella di chi la sta vivendo, che con il dialogo ti porta dunque a scoprirla. Tutti hanno diritto alla verità, tutti però attraverso un percorso, affinché possano accettarla”. Con queste sapienziali parole del prof. Canevaro, si è chiuso il convegno “Imparare... imparando”, lasciando in tutti la speranza che questo progetto possa diventare sempre più esteso e coinvolgere quindi un maggior numero di persone pronte a migliorare con le loro idee le infinite iniziative a cui questo progetto ha dato vita. Se si lavora per una maggiore e sistematica sensibilizzazione riguardo le persone più deboli possiamo, apportare alla nostra società un contributo importante per una sana crescita culturale e sociale di tutti. PAOLO RIBECCHI Presidente AIPD del Trentino Ci

presenti brevemente l’Associazione…

AIPD significa Associazione Italiana Persone con la sindrome di Down; la nostra è un’associazione che raggruppa le famiglie e le persone portatrici della trisomia 21, variazione genen. 1-2 gennaio-febbraio 2013


tica che comporta la presenza nelle cellule di un cromosoma 21 in più. Sezione trentina perché opera nella nostra provincia e nella nostra regione; italiana perché, insieme ad oltre più di quaranta sezioni, siamo associati a livello nazionale costituendo la più grande associazione che si occupa specificatamente di queste problematiche. Grazie all’associazione nazionale riusciamo ad attingere ad un patrimonio scientifico e di esperienze che ci permette di essere incisivi al massimo sia nell’opinione pubblica che nella presa in carico delle singole situazioni.

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Dieci anni di presenza significativa in Trentino. Quali sono le iniziative che vi siete impegnati a portare avanti in questo periodo. Siamo partiti con un piccolo gruppo di famiglie che volevano trovare delle risposte significative ai bisogni che incontravano nella cura dei propri figli; attualmente quelle aderenti sono una quarantina. La fascia di età delle persone che seguiamo è per lo più di bambini e ragazzi. Le attività che portiamo avanti sono prevalentemente basate sull’impegno, interesse e disponibilità dei soci e di altri volontari che le promuovono. Richiamo solo le attività attuali. Svolgiamo un servizio di volontariato che noi definiamo di “prima accoglienza”; si tratta di un supporto che offriamo alle famiglie alla nascita, nella fase di accettazione e nella prima infanzia. Attiviamo gruppi di applicazione del metodo Feuerstein che permetta di potenziare le capacità cognitive. Sperimentiamo esperienze di costruzione delle autonomie individuali (“Ragazzi in gamba”) per offrire l’opportunità ai ragazzi di acquisire nuove competenze comunicative, di orientamento nella città, di socializzazione verso l’ambiente esterno alla famiglia. Organizziamo attività ricreative, coma la costituzione di una squadretta di calcio “Diamogli un calcio”, realizzata in collaborazione con ANFFAS; incontri per i fratelli adolescenti “Gruppo

Siblings” e per genitori ed altri familiari nelle “Giornate associative”. Ci occupiamo poi di “Formazione”, attraverso la realizzazione di convegni, seminari, condivisione di buone prassi. Una attività molto importante è quella dello “Sportello scuola”: una nostra referente, Beatrice Pontalti, pedagogista ed insegnate di sostegno, offre consulenza a genitori, insegnanti, assistenti educatori ed altre figure professionali che lavorano con studenti con sindrome di Down. Immagino

che l’obiettivo resta anche la sensibilizzazione sociale, oltre le famiglie coinvolte…

Per le persone con sindrome di Down è necessario affrontare le difficoltà che derivano dalla presenza del cromosoma in più e che si ripercuotono a livello fisico e cognitivo; tali difficoltà possono diminuire, anche di molto, con un approccio riabilitativo adeguato. Un grosso ostacolo ad una piena realizzazione delle potenzialità individuali è però costituito dal concetto sociale che ancora prevale rispetto alla sindrome di Down. Per questo ci adoperiamo per rimuovere quei pregiudizi e quegli ostacoli che impediscono alla scuola, alla sanità, ai servizi assistenziali e al mondo del lavoro, di accogliere in maniera adeguata le situazioni delle persone con sindrome di Down considerando le caratteristiche e potenzialità individuali di ciascuna persona. (m.c.) 5


SAFER INTERNET DAY

la riflessione MINORI E RETE

Cosa rimane dopo l’evento… Martedì 5 febbraio 2013 si è celebrata anche in Provincia di Trento la giornata internazionale della sicurezza in rete dei minori: il Safer Internet Day, istituito nel 2004 dall’ Unione Europea con lo scopo di sensibilizzare ad un uso più sicuro delle nuove tecnologie e di internet in particolare. Anche quest’anno la Provincia autonoma di Trento ha aderito all’evento proponendo un convegno sul tema “Diritti e responsabilità nella rete: connettiamoci con rispetto”. La giornata ha inteso mettere in luce quanto sta avvenendo in Trentino e quali strumenti la scuola e le famiglie possono avere a disposizione per aumentare la sicurezza dei propri ragazzi. Tra l’altro si è parlato di nuovi ambienti di apprendimento, piattaforme digitali, Open Educational Resources, libri digitali e applicativi per l’ideazione e la creazione di prodotti multimediali. Oltre l’“urgenza” Che i ragazzi navighino in rete è un fatto risaputo ed evidente a tutti coloro che stanno a contatto con i giovani, forse però vi è meno consapevolezza della problematica della sicurezza in rete dei minori. Probabilmente è un particolare che si tende a considerare solo nei momenti di “urgenza”, quando si viene a conoscenza di fenomeni di dipendenza da internet, o di cyberbullismo o di episodi di cronaca collegabili ad adescamento on line. Se ce ne occupiamo solo a cose fatte, però, l’intervento viene ad essere necessariamente di tipo repressivo, più che educativo e il ruolo dell’adulto che richiama alle regole o che commina sanzioni rischia di rappresentare solo una dimensione della complessità della relazione educativa fra adulto, minore e nuovi media. Ragazzi emancipati, adulti deresponsabilizzati… Talvolta l’adulto tende a non sentirsi responsabilizzato rispetto al tema della sicurezza in rete dei minori in quanto ritiene che i ragazzi siano 6

già molto “emancipati” nell’uso delle nuove tecnologie, in alcuni casi anche più degli adulti stessi. Ciò in parte è vero, sia con riferimento alle competenze dei docenti, che a volte si vedono “sorpassare” in questo ambito dalla velocità di molti studenti, sia con riferimento alle ansie dei genitori che si esprimono talvolta con preoccupazione per la difficoltà di “gestione educativa” che le nuove tecnologie comportano. L’adulto può sentirsi anche in difficoltà di fronte alle abilità dei ragazzi, vivere una situazione di inadeguatezza che però non dovrebbe mai portarlo ad abdicare al suo ruolo educativo nei confronti dei minori, o ad attendersi che altri curino questo campo: la scuola a ritenere che questo ambito, come altri che attengono alle regole sia di competenza prima di tutto della famiglia, e la famiglia a sua volta a ritenere che questo sia invece un ambito su cui la scuola dovrebbe investire in modo massiccio. La conseguenza può essere, allora, che mentre le due agenzie educative più o meno esplicitamente si rimpallano competenze e responsabilità i ragazzi si auto-educhino con tutti i rischi che ciò può comportare.

Differenti dimensioni dell’approccio: dimensione tecnica…

Volendo analizzare un po’ più in profondità alcuni aspetti dell’educazione ai nuovi media in relazione alla sicurezza dei minori, si individuano da subito diverse componenti che interagiscono: ad un primo livello vi è senza dubbio l’aspetto tecnico, che presuppone una conoscenza di ciò di cui stiamo parlando, la capacità d’uso e di difesa del proprio PC o telefonino. Spesso sotto questo aspetto i ragazzi sono abbastanza attrezzati, attraverso il passaparola vengono a conoscenza di vari accorgimenti tecnici per difendersi dal possibile passaggio di virus o da contenuti potenzialmente pericolosi, ma non sempre sono attenti a informazioni non adatte o a trabocchetti on line, rispetto ai quali un adulto dovrebbe essere quanto meno più accorto. … dimensione affettiva Altrettanto se non più importante è l’aspetto affettivo che sta alla base dell’uso, talvolta spropositato delle nuove tecnologie. Bisogna riconoscere che le nuove tecnologie agiscono sui bisogni di comunicazione e di socialità dei ragazzi e che offrono occasioni di partecipazione che non sempre gli adulti n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


mettono a disposizione, nella realtà, ai giovani. I bisogni di comunicazione dei ragazzi di oggi non si differenziano in sé da quelli dei loro genitori alla loro età, ciò che si differenza è la modalità in cui questi bisogni trovano soddisfacimento: grazie alle nuove tecnologie vi sono molte più possibilità, ma vi sono anche molti più rischi. Spesso i ragazzi cercano amicizie on line, e talvolta arrivano anche a sostituire con amici virtuali quelli reali o a mascherare la propria identità per farsi accettare. Il rischio che si crei una dipendenza o una ami-

cizia esclusiva con chi non si conosce realmente è sempre più diffuso e così pure il rischio che i ragazzi si aggreghino a gruppi di cui non hanno chiari i valori di riferimento e gli scopi. È dunque fondamentale che l’adulto, genitore o insegnante, sia in dialogo col minore, possa dedicare del tempo a ragionare sui bisogni di comunicazione, ma anche di divertimento e di gioco, considerando le diversità ed i cambiamenti che le nuove tecnologie hanno introdotto in questo ambito. Si deve poter riflettere in modo neutro sul ruolo delle emozioni e degli affetti e l’adulto deve continuare ad essere un punto di riferimento di ascolto e di accettazione, cercare sempre di mantenere aperto un canale comunicativo. … dimensione civica Un terzo aspetto fondamentale nell’educazione ai nuovi media e per il quale i ragazzi vanno necessariamente guidati ed educati da figure adulti autorevoli è quella che potremo definire la dimensione civica: che mette al centro le regole di comportamento che anche nel mondo virtuale, come in quel-

lo reale, esistono, vanno conosciute ed esercitate. Su questo aspetto è fondamentale che scuola e famiglia riescano a lavorare sul senso di responsabilità individuale che esiste sempre anche se si sta dietro ad un monitor e sull’importanza del rispetto dell’altro, della propria ed altrui riservatezza. Pur considerando che fra adulti e ragazzi diverso è il valore che viene dato al concetto di “reputazione”, di privacy e di messa in mostra di sé stessi e dei propri bisogni, desideri e aspirazioni, e che quindi sia accettabile che vi siano diversi punti di vista su tale tematica, va comunque tenuto ben presente che vi sono dei criteri di base che non possono essere del tutto sconvolti, in un’ottica di società basata sul rispetto e sul valore dell’altro. Può essere molto interessante che adulti e giovani inizino a discutere di ciò, e il pretesto dei nuovi media può costituire un valido spunto per un confronto anche culturale. Il compito educativo dell’adulto Se si tengono presenti tutte e tre queste dimensioni dell’educazione ai nuovi media è possibile comprendere meglio e con più precisione che solo una visione superficiale del tema può indurre a pensare che i giovani siano più preparati degli adulti e che possano, in questo

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

7


campo, agire, fare esperienza, magari da soli e per prove ed errori. L’adulto non può rinunciare al suo compito educativo nei confronti delle giovani generazioni, e il campo dei nuovi media non è poi molto diverso da altri. Se ad esempio pensiamo che competa ai genitori stabilire gli orari di rientro a casa la sera per i figli – almeno fino ad una certa età - non possiamo pensare che non competa loro anche una regolamentazione del tempo in cui i figli si collegano in rete, ed ancora, se pensiamo che i genitori debbano conoscere gli amici dei propri figli forse ci sembrerà normale che sappiano anche chi frequentano in rete e via dicendo. E il genitore che si preoccupa solo dei costi delle ricariche telefoniche del figlio, farebbe bene a considerare anche il bisogno affettivo che sta alla base della necessità per il ragazzo di essere sempre connesso. Sul versante della scuola l’insegnante non può non riflettere ad esempio sull’enorme quantità di informazioni reperibili on line e come queste possano condizionare un lavoro di ricerca e di costruzione del sapere, su come diventi sempre più importante la capacità di validare, selezionare e utilizzare le informazioni. Allo stesso tempo la possibilità di creare in gruppo informazione e di iniziare a costruire anche per altri una banca dati, una sezione wiki, ecc… può stimolare una riflessione più ampia e partecipata sul senso della trasmissione della conoscen8

za, sulle responsabilità di immettere notizie e dati in rete, ecc… Paura del confronto coi ragazzi… L’adulto che abdica al suo ruolo educativo nel campo dei nuovi media è spesso colui che, in difficoltà sul piano tecnico, preferisce non mettersi a confronto con i ragazzi , temendo forse di vedersi sminuito nella sua figura di adulto competente. Ma l’educazione ai nuovi media può essere vissuta anche come occasione per creare nuove modalità di relazione fra adulti e giovani. Vi sono già parecchi progetti in cui giovani ben attrezzati sul piano tecnico riescono a mettere a disposizione di adulti le loro conoscenze sull’uso del PC, della navigazione in internet ecc…e ricevono in cambio esperienza e senso critico, ma anche una relazione significativa, un riconoscimento ed una valorizzazione delle loro competenze. Al di là dello scambio di contenuti tecnici, queste attività di incontro e di confronto intergenerazionale offrono un significativo valore aggiunto di tipo affettivo e relazionale che non può essere disconosciuto. Dai “vecchi” ai nuovi media: dal controllo protettivo alla partecipazione Concludendo questa riflessione, che vuole dare solo un breve spun-

to alla discussione sulla tematica, viene alla mente come negli anni scorsi a livello educativo si sottolineava la necessità di un’educazione ai (vecchi) media che rendesse più attivi i ragazzi e che evitasse il rischio di una esposizione passiva e acritica, ad esempio alla TV. Con media unidirezionali e sostanzialmente trasmessivi, il rischio principale era infatti di un assorbimento acritico dei contenuti proposti. Ora, tenendo in considerazione le molteplici possibilità di connessione, partecipazione, espressione che i nuovi media danno ai ragazzi, si rende più evidente la necessità di un’educazione alla partecipazione e più urgente il supporto dell’adulto nei confronti del minore, che deve essere aiutato ad agire, in modo responsabile e nel rispetto delle regole sociali. Se nel passato, quindi, l’educazione ai media poteva anche limitarsi ad essere più di tipo “protettivo” e di controllo, ora con i nuovi media, l’educazione tocca necessariamente i temi della partecipazione e della responsabilità e deve dare delle coordinate entro cui la creatività e la formidabile possibilità di comunicazione possano trovare utili modalità di esercizio. Molte sono le possibilità per gli adulti di “aggiornarsi” e di mettersi alla prova in questi campi, senza pretesa di esaustività, volentieri segnaliamo qui sia il portale famiglia e nuove tecnologie, all’interno del sito della Provincia di Trento, sia il sito wwwsicuriinrete.it che mette a disposizione materiali per ragazzi, genitori ed insegnanti. Ricordiamo infine che il Centro per la formazione continua e l’aggiornamento del personale insegnanti di Rovereto ha programmato per il prossimo anno scolastico anche alcune proposte formative sul tema dei nuovi media e della sicurezza in rete dei minori. Manuela Broz n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


il libro CLOUD

Generazione dalle nuove sfide GENERAZIONE CLOUD. Essere genitori ai tempi di smartphone e tablet, di Michele Facci, Serena Valorzi e Mauro Berti. Presentato proprio alla vigilia del Safer Internet Day presso la sede della casa editrice Erickson a Gardolo. Gli autori, per la verità, sono anche protagonisti indiscussi delle riflessioni che vengono proposte alle scuole e non solo in occasione del Safer Internet Day sul rapporto minori e media, genitori/minori/media. Rivoluzione digitale e nuove sfide L’invito è chiaro: “La rivoluzione digitale, che trova il suo coronamento nella diffusione della tecnologia Cloud, ha influenzato gli stili di vita, di comunicazione, di socializzazione e di apprendimento ponendo nuo­ve sfide alle famiglie e alle scuole. Scopo del libro è fornire agli educatori – genitori, nonni e insegnanti – non competenze tecniche o informatiche bensì la cornice culturale, le modalità di approccio e le indicazioni che possono aiutarli e sostenerli nella loro azione quotidiana a favore della crescita e dello sviluppo dei bambini e dei giovani nell’Era digitale.” Il nome dato alla generazione dei “figli digitali” parla da sé: “nuvola”, bambini e adolescenti avvolti proprio da una nuvola, che vivono per aria, che possono volare e perdersi proprio perché fragili e provvisori, anche se apparentemente addestrati e sicuri, come gli strumenti sempre più tra le loro mani: smartphone, tablet e altre diavolerie: Generazione clou. Un libro per genitori ed educatori Giorgio Dossi, presidente di Erickson saluta i numerosi partecipanti, quasi sorpreso, perché si tratta di pubblico attento alla tematica, ma molto variegato (in sala anche il n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

questore, qualche amministratore, tanti operatori, docenti, insegnanti). Al tavolo i tre autori, riconosciuti come competenti in materia: Michele Facci - laureato in psicologia, si occupa delle dinamiche psicologiche e delle variabili cognitive che intervengono nell’interazione mente/tecnologie. Fondatore del sito www.pericolidiinternet.it, è autore dell’eBook gratuito Le reti nella Rete: i pericoli di internet dal cyberbullismo alle sette pro-ana (EricksonLive) Serena Valorzi – psicologa e psicoterapeuta cognitivo/comportamentale, esperta in prevenzione e trattamento delle nuove dipendenze, si occupa anche di burnout, comunicazione assertiva e dell’impatto cognitivo ed emotivo delle nuove tecnologie. Mauro Berti – sovrintendente della Polizia Postale e delle Comunicazioni per il Trentino - Alto Adige di Trento, responsabile dell’Ufficio Indagini pedofilia.

propone, ma dobbiamo conoscere alcune dinamiche di base che regolano comunque la relazione adulto/minore anche rispetto alla rete. La velocità con cui cambia lo strumento è semplicemente “pazzesca”, dai “mezzi” con fili, tastiera, cavi ecc. ecc. a rettangolini autonomi senza cavi, semplicemente da usare, con piccolo tocco sullo schermo. Noi adulti, cerchiamo almeno di “non aver paura”, di usarli anche insieme ai nostri figli, di star vicini a loro quando sono connessi, di capire potenzialità per previre i rischi. E se Michele Facci, in particolare, cerca di invogliare alla famigliarità dello strumento, la psicoterapeuta Serena Valorzi sceglie di parlare “col cuore”, di trasmettere agli adulti presenti emozioni e sensazioni in diretta e li inviata a non dimenticarsi di dire ai minori “che ci siamo, che stiano tranquilli, che stanno facendo cose normali. Perché, se li lasciamo soli, i bambini e i minori in genere cercano nella rete le risposte che non trovano negli adulti e allora le macchine diventano produttori di emozioni. Mauro Berti si sofferma sul valore aggiunto del libro ed è efficace nel parlare di ambiente web coi nuovi media: “Dieci anni fa parlavamo di connessione ad internet, oggi internet è intorno a noi”. Tante suggestioni, ma anche tanti triangoli rossi dentro “la nuvola”. (m.c.)

Il messaggio: stiamo vicini ai nostri figli L’approccio dei tre autori è ovviamente diverso, ma il messaggio univoco: basta lasciare i ragazzi da soli con la scusa che loro sanno come usare i nuovi strumenti digitali e noi no, non dobbiamo diventare tutti esperti nel maneggiare tutto ciò che il mercato ci 9


eventi UNA SCUOLA OPEN

Contributi, riflessioni, esempi pratici Non sono stati davvero pochi gli insegnanti iscritti e partecipanti ai due pomeriggi di approfondimento e riflessione sulle risorse libere per l’uso delle nuove tecnologie nella scuola giovedì e venerdì 17 - 18 gennaio 2013 con il convegno e workshop. Oltre 150 i partecipanti e, principalmente, molta “passione” negli interventi e nelle proposte avanzate. “Verso una Scuola Open”, organizzato dal Centro Formazione Insegnanti di Rovereto, sull’utilizzo dell’Open Source nella scuola, per la didattica ma anche per l’amministrazione; un passo per sensibilizzare la Scuola e i suoi attori fondamentali alla costruzione di competenze di cittadinanza digitale in ambienti Open “per un accesso consapevole alla conoscenza condivisa”. Tutta l’organizzazione, per conto del Centro Formazione Insegnanti di Rovereto è stata curata da Elisabetta Nanni, con la collaborazione – come per le altre iniziative – di Paola Giori. Oltre la denuncia e gli appelli “da crociata” Il Convegno si proponeva di offrire spunti di riflessione sia in ambito locale con lo scenario provinciale e le proposte presentate nelle due giornate, sia in ambito nazionale con l’esperienza del Liceo Scientifico Majorana di Orvieto che ha costruito un intero laboratorio informatico in Rwanda e l’iniziativa di Wikimedia Italia che ha portato il progetto Wikipedia nelle scuole dell’Emilia Romagna, ma anche in ambito internazionale, con il collegamento in Videoconferenza (per la verità non riuscito per problemi tecnici, ma messo a disposizione poi dal portale del Centro di Rovereto) con il Centro Educativo di Cordoba, con l’esperienza e la scelta politica della Regione Andalusia di acquistare netbook per i ragazzi solo con sistema operativo Open. Guadalinex. Contributi e approfondimenti, nel primo pomeriggio presso l’Aula Magna del Palazzo Istruzione a Trento, in via Gilli; esemplificazioni partiche e dimostrazioni sull’uso di programmi liberi, nel secondo pomeriggio di venerdì 18 10

gennaio presso l’Istituto comprensivo Comenius di Cognola. Un evento, nato sia alla luce della recente legge provinciale trentina (luglio 2012) “Norme in materia dell’adozione dell’Open Source”, sia dalla necessità di condividere l’esperienza trentina della Wiild e della nascita della distribuzione live WiildOS, un sistema operativo portabile al cui interno si possono trovare software didattici Open, ovvero non coperti da licenza proprietaria. Dietro, la convinzione che inserire l’Open nelle attività didattiche non è solo una questione di risparmio economico per le scuole, ma diventa per i ragazzi una vera educazione alla cittadinanza digitale per “abitare” la Rete condividendo l’accesso alla conoscenza. Covi: Siamo qui per capire meglio l’impatto delle tecnologie sull’apprendimento Molto partecipato, dicevamo, e con molti spunti di riflessione e approfondimento il primo dei due pomeriggi. Dopo il saluto dell’assessore provinciale all’istruzione e

allo sport, Marta Dalmaso, le motivazioni del convegno sono state introdotte dal direttore del Centro Formazione Insegnanti di Rovereto. Il tema, ha esordito Luciano Covi, “s’inserisce nel più ampio dibattito riguardante il rapporto tra nuove tecnologie e didattica, l’impatto che le ICT determinano sui processi di insegnamento e di apprendimento e conseguentemente sui nuovi equilibri che si verificano tra docenti adulti e giovani discenti ovvero tra immigrati digitali da un lato e nativi digitali dall’altro. La questione dell’Open Source presenta delle specifiche peculiarità e sfaccettature, che vorremmo cercare di approfondire in queste due giornate, provando ad andare però oltre all’approccio tendenzialmente ideologico di pura contrapposizione con il software cosiddetto proprietario o di motivazioni di carattere economico che spesso contraddistinguono il dibattito sull’open, ma privilegiando invece gli aspetti di carattere metodologico, di contenuto e di relazione con i processi formativi”. Ronchetti: “Un’importante svolta etica” È toccato poi a Marco Ronchetti (Università di Trento), aprire la strada agli approfondimenti delineando con convinzione e determinazione vantaggi ed ostacoli di Open source nella scuola, con un avvertimento che ha ribadito in chiusura, ma che – ha detto – diventa un imperativo categorico etico anche dal punto di vista sociale: “In un momento di crisi e di risorse drammaticamente calanti, cogliere l’opportunità di ridurre i costi senza perdere funzionalità non è un’ opn. 1-2 gennaio-febbraio 2013


zione, ma un dovere.” L’introduzione del software libero nella scuola è importante a prescindere dalle condizioni al contorno, ma in un momento di crisi e taglio di servizi assume una valenza imprescindibile. La importante riduzione di costi che il software open source comporta può infatti liberare notevoli risorse legata a costi correnti, che possono essere impiegate per altri fini. A parte il vantaggio economico, altri aspetti (sicurezza, supporto, crescita di competenze e di consapevolezza, educazione alla legalità) sono effetti collaterali rilevanti nella introduzione di software libero. Distinguere tra “libero” e “gratuito” Attenzione, però, a distinguere tra “libero” e “gratuito”: il secondo senza il primo può nascondere trappole insidiose! Ma davvero il software commerciale è sostituibile con software libero? La migliore risposta viene dagli esempi sul campo che dimostrano come stiano le cose nei fatti. E allora perché il software libero non si impone da sé, ovunque ed in tempi rapidi? I fattori sono vari: la resistenza al cambiamento; l’abitudine e la poca voglia di apprendere;

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

i tecnici informatici con l’attitudine a negare il valore di una cosa gratuita; alcune esperienze del passato di una non perfetta compatibilità dei prodotti immaturi; una cripticità del linguaggio usato dagli addetti ai lavori, assieme ad una certa dose di fondamentalismo; la scarsa conoscenza delle alternative disponibili. Ostacoli, ma anche tanti vantaggi Gli ostacoli ci sono, nell’uso di open source – ha proseguito Ronchetti -, “come quel certo fondamentalismo dei crociati dell’Open, o l’effettiva compatibilità con altri programmi; ma i vantaggi sono di gran lunga superiori, anche e principalmente nei confronti del programma con licenza ma in uso gratuito, un trabocchetto nel quale spesso cascano anche molti docenti che presentano agli studenti tutto come gratuito e poi, una volta a casa, i genitori si vedono costretti a comprare la licenza.”. Insomma, la sintesi della necessità di “convertirsi” all’open sta proprio in alcune parole chiave: liberi tutti, condivisione, software libero, formati liberi, contenuti liberi e tanti tanti dati liberi che si possono far circolare anche nel-

le scuole e nell’amministrazione provinciale. In provincia di Bolzano, ha chiuso Ronchetti, hanno risparmiato il 90% di spesa informatica per le scuole, da 270 mila euro a 27 mila euro l’anno. Risparmio, ma principalmente tanto contenuto etico e cooperativo per i giovani. Open Source non significa solo software libero: significa anche (e forse soprattutto): • formati liberi, affinché dati, informazioni e conoscenza non siano imprigionati dai programmi usati per generarli, conservarli e gestirli • contenuti liberi, perché la conoscenza sia condivisibile e condivisa • dati liberi (open data), affinché i dati generati da istituzioni pubbliche siano messi a disposizione dei cittadini. Altri contributi, altri imput… Daniela Ceccato, direttore dell’Ufficio Organizzazione Processi e Sistemi Informativi del Dipartimento della Conoscenza PAT, ha illustrato la normativa vigente in Provincia in materia di ICT e, nello specifico, l’impegno nella diffusione di software e piattaforme open e le altre iniziative nelle scuole. Giuseppe De Ninno sul “gemellaggio open” di un liceo della provincia di Orvieto (Liceo “Majorana” di Orvieto) con una scuola superiore del Rwanda; Frieda Brioschi, presidente Wikimedia Italia con la sua relazione “Vikipedia va a scuola”. Conclusioni di Antonio Fini, dirigente scolastico e condirettore della Rivista Bricks con una parte dedicata alle Open educational Resources, Risorse Edicative aperte: “risorse educative aperte e corsi open online: sfide e opportunità per l’educazione”. (m.c.) 11


DIECI GRUPPI

Al “Comenius: confronto partecipato Nel secondo pomeriggio del convegno e workshop “Verso una scuola open”, venerdì 18 gennaio 2013, in dieci aule presso l’Istituto Comprensivo “Comenius” Trento2 a Cognola, i partecipanti hanno avuto la possibilità di seguire fino ad un massimo di tre workshop sui dieci proposti, relativi all’ utilizzo di software Open nella quotidiana attività didattica. I workshop hanno avuto la durata di 45 minuti e sono stati realizzati in sessioni parallele replicate tre volte. Le mani in pasta… Un autentico pullulare di suoni, voci e immagini, in dieci “laboratori” con corsisti attenti e relatori altrettanto “appassionati” nel far vedere ai colleghi le mille possibilità di uso delle tecnoclogie innovative nella scuola “non solo a costo zero”, ma con possibilità di interazione nei programmi e nei prodotti, sia per gli insegnanti che per gli studenti (quando il set sarà con loro a scuola). Learning by doing, imparare facendo, è sicuramente la strategia vincente per supportare i docenti durante nuovi percorsi che possano implicare un cambiamento della loro pratica didattica. È stato questo il filo conduttore dei workshop realizzati il 18 gennaio, durante la seconda giornata del Convegno “Verso una scuola Open” presso l’ I.C. Comenius di Cognola, Istituto che, grazie ad una dirigente, un segretario e un tecnico sensibili alla filosofia dell’ Open Source, ha adottato il sistema operativo Ubuntu per tutti i laboratori e le macchine presenti in ogni singola aula. Come usare il software libero a scuola, con quali modalità e implicazioni nei processi di apprendimento/insegnamento? Un’attenzione particolare, quindi, alla didattica quotidiana in classe e non all’ addestramento tecnologico. 12

I workshop sono particolarmente apprezzati dai numerosi docenti trentini che vi hanno partecipato. 1. Installare Ubuntu nel laboratorio informatico: Marco Ciampa, tecnico di laboratorio del Liceo Scientifico “Galilei” di Trento ha guidato i partecipanti nell’ installazione del sistema operativo Ubuntu nel laboratorio informatico scolastico con particolare attenzione alla gestione della Rete, illustrandone i vantaggi e le potenzialità. 2. WiildOS e software libero: costruire il sapere, condivisione, conoscenza e consapevolezza sono le parole chiave per descrivere il progetto WiildOS, il nuovo sistema operativo Open pensato e creato per la didatti-

ca. I partecipanti hanno assistito alla presentazione dell’interfaccia di Wiildos da parte di Matteo Ruffoni/del gruppo LITsA, il laboratorio di innovazione Tecnologica a supporto dell’Apprendimento (Università di Trento), provandone il funzionamento attraverso l’uso di alcuni pc abaco touchscreen. Sono stati poi mostrati e provati i programmi “da lavagna” come Ardesia ed il nuovissimo Open-Sankorè. 3. Disabilità e Open Source: La scuola ha il dovere di attivare e fornire strumenti e strategie compensative (ausili, applicativi, metodi di apprendimento) per promuovere il massimo livello di autonomia possibile. Interoperabilità, accessibilità e sicurezza sono gli elementi peculiari di un sistema Open Source che aiuta così a rimuovere gli ostacoli e a facilitare la condivisione della conoscenza. Francesco Fusillo, responsabile del CTS di Verona, ha illustrato tutte le possibilità delle distro open per la didattica

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


come Sodilinux e WiildOS, sottolineando l’importanza di software compensativi come Orca per gli ipovedenti o il lettore vocale Voxox integrato come plugin di Libreoffice. 4. Grafica Open con Inskape: grazie ai tutorial video realizzati da Dino Moser, direttore del CFP di Borgo Valsugana (TN) e illustrati dal gruppo del Litsa dell’Università di Trento, i partecipanti hanno avuto occasione di scoprire Inkscape, potente strumento interoperabile per la grafica vettoriale. 5. Laboratorio di video editing con kdenlive: il Liceo Majorana di Orvieto(TR) con il prof. Giuseppe de Ninno, ha portato la sua esperienza nell’ utilizzo dell’ open source realizzando un breve montaggio video con i partecipanti per illustrare il software Kdenlive e la sua applicazione in classe. 6. Immagina, programma e con-

Scratch, presentato da Emil Girardi, formatore di Canalescuola, è un software libero di programmazione con impostazione pedagogica di taglio costruttivista, che permette di approfondire un proprio percorso/contenuto in completa autonomia. Mentre da un lato l’insegnante puo’ creare esercizi e giochi didattici, dall’altra sarà lo stesso alunno a sviluppare il proprio elaborato autonomamente sulla base degli spunti del docente. 7. Matematica-mente: Geogebra: una geometria dinamica, reale e concreta quella presentata da Cristiana Bianchi, docente del Centro Formazione Insegnanti di Rovereto con il software Open Geogebra, attraverso il quale la soluzione dei compiti di realtà in campo matematico puo’ diventare davvero motivante e facilitare l’apprendimento di un intero gruppo classe. dividi con

8. Realizzazione di Siti scolastici con Wordpress: Alberto Ardizzone, responsabile di Porte aperte sul web, una comunità di pratica promossa dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia,ha guidato gli insegnanti nella costruzione del sito scolastico presentando un modello realizzato con la Piattaforma Wordpress e dedicando particolare attenzione all’ accessibilità. 9. Creare e-book: un laboratorio presentato da Elisabetta Nanni, docente del Centro Formazione Insegnanti di Rovereto, per realizzare un libro digitale usando tre semplici strumenti open, Libreoffice, con l’add-on epub, Calibre e Sigil ed ottenere, così, un approccio condiviso alla conoscenza. 10. Strumenti open per la musica in classe - l’arte del bricolage: le competenze del docente “bricolagista” sono state momento di riflessione nel laboratorio condotto da Alessandro Gemo, docente di ed.musicale presso l’I.c. Carducci di Foligno (PG). Portando la sua esperienza diretta, Gemo ha illustrato KXstudio come un insieme di strumenti software flessibili e potenti in ambiente Ubuntu, dedicati esclusivamente alla musica e al multimedia (Rosegarden, Yoshimi ecc.) dimostrando quindi che il “Bricolage” non è altro che “autoring multimediale”. Elisabetta Nanni Centro Formazione Insegnanti di Rovereto

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

13


IL PUNTO

E le scuole nel frattempo…? Abbiamo chiesto a Maria Rosaria Gaetani, che, all’interno del Dipartimento della conoscenza della Provincia autonoma di Trento, è insegnante in utilizzo presso l’Ufficio Organizzazione Processi e Sistemi Informativi e segue da vicino le questioni dell’uso delle nuove tecnologie nella scuola, di farci una sorta di breve excursus per comprendere meglio da dove siamo partiti e dove siamo arrivati e, quindi, “il punto” anche sull’open source in ambito scolastico. Il sistema operativo Linux e la libertà d’insegnamento Il dibattito sull’open source in ambito scolastico è iniziato nel “lontano” 1996 con l’apparizione di Internet e con la maggiore accessibilità ai computer dal punto di vista economico. È di questo periodo, precisamente nel corso della conferenza del “Progetto Linux nella scuola”, l’affermazione di una relazione tra il sistema operativo Linux e la libertà d’insegnamento. Il documento recita infatti che ”il fine principale della scuola è la formazione culturale in ambiente libero…“Linux può svolgere un ruolo importante [nella scuola] in quanto è un elemento di libertà, scopo dell’informatica nella scuola non è quello di creare fedeli ad una società di software, ma studenti liberi di orientarsi su qualsiasi tipo di software con cognizione di causa, liberandoli da qualsiasi giogo dell’industria monopolistica dell’informatica. In tal modo si riafferma al tempo stesso la libertà d’insegnamento e la centralità dell’uomo sulla macchina”. Convegni e dibattiti si susseguono poi in tutta Italia sul software libero nella didattica, nascono riviste e siti, si formano gruppi di lavoro che operano col diffuso desiderio di provare ad usare nella didattica questo software con varie motivazioni: chi culturali, chi economiche , chi tecniche. 14

… dal Ministero Tuttavia a livello istituzionale sia il piano quadriennale, elaborato verso la metà del 1997 dal Ministero della Pubblica Istruzione (Ministro Luigi Berlinguer), sia il piano di alfabetizzazione informatica del MIUR (Ministero Istruzione Università e Ricerca – Ministro Moratti) del 2003 implicano delle scelte di indirizzo poco orientate allo sviluppo del software libero. Infatti il primo prevedeva l’introduzione, nel quadriennio 1997-2000, delle nuove tecnologie nella didattica intese come multimedialità, con lo stanziamento di svariati miliardi di lire da erogare in quattro anni, soprattutto per l’acquisto di strumenti hardware (con un sistema operativo e un software minimo di lavoro già installato). Il secondo era rivolto al 20% degli insegnanti (cir-

ca 160.000) con “scarse o nessuna competenza informatica” la cui alfabetizzazione si basò in realtà tutta su software proprietario. L’nteresse per l’open source nella didattica… Nonostante tutto, la consapevolezza del software libero si fa strada nelle scuole, gli interessi per l’open source nella didattica sono molteplici: di ordine tecnico ed economico, ma soprattutto di ordine culturale ed etico: il software libero non discrimina economicamente le persone, è rispettoso della libertà di parola nel settore informatico e della libertà d’insegnamento. Nascono le distribuzioni live per la didattica sia alle scuole elementari che superiori (di I e II grado) nella scuola italiana anche se l’utilizzo effettivo si limita a casi esemplari, concentrati per lo più in istituti tecnici o professionali dove l’informatica è materia di insegnamento. Dal 1998 al 2004 sono sorte autonomamente molte iniziative con un ampio dibattito; nel 2000 si è tenuto un seminario a Trento su “Informatica e scuola: il fenomeno Linux”. Tuttavia con la sua missione di alfabetizzazione in-

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


formatica, il MIUR aveva dato a Microsoft la capacità di mettere a tacere qualsiasi voce alternativa al suo monopolio nella scuola italiana. La rivista Linux Magazine chiude il settore scuola e nessuna rivista dell’ambiente software libero pubblica più niente al riguardo della didattica con software libero. Convegni e conferenze diventano sempre meno frequenti. … dal 2004, dal Miur passi indietro, ma il sofware libero avanza E l’interesse per il software libero nella didattica, a partire dal 2004, scema quasi d’un tratto. Nonostante tutto sono state condotte numerose esperienze relative all’uso del software libero in vari ambiti. Esistono casi molto interessanti, ma di carattere episodico e frutto esclusivamente dello spirito di iniziativa di singoli, generalmente insegnanti di materie tecniche, che, in un’ottica di volontariato collaborativo, hanno installato calcolatori e reti di classe o di scuola e hanno predisposto opportuni programmi didattici associati. Tali esperienze discendono da fattori di eccellenza specifici o locali (come collaborazioni di nuclei di

ricerca, etc.) e quindi difficilmente riproducibili su larga scala e nella scuola di base. Nel corso degli anni, e su indirizzo dell’Unione Europea, sono state varate iniziative specifiche per la promozione e diffusione delle risorse informatiche a codice aperto sia nel settore pubblico che nel mondo imprenditoriale privato. La più recente, che ci riguarda da vicino, è la Legge Provinciale del 27 luglio 2012, n. 16 - Disposizioni per la promozione della società dell’informazione e dell’amministrazione digitale e per la diffusione del software libero e dei formati di dati aperti. La strada sembra così spianata, però… La strada sembra così spianata all’0pen source e a quanti si impegnano a promuoverlo nelle scuole, ma non è tutto così scontato perché persistono gli ostacoli di carattere strutturale, organizzativo e culturale. Molto resta legato alla formazione dei docenti e, anche se il Centro Formazione Insegnanti di Rovereto ha lavorato molto in tal senso con i docenti neoassunti, tanto resta da fare nei confronti di buona parte di docenti in servizio. Un ulteriore elemento frenante è costituito dalla particolare distribuzione del personale tecnico informatico a svan-

taggio degli istituti comprensivi, quelli cioè dislocati in più sedi. … tanti ostacoli da superare Persistono inoltre forme centralistiche di indirizzo verso software proprietario, un esempio alla portata di tutti sono: • le famose prove INVALSI che per essere registrate e trasmesse si servono di maschere proprietarie; • l’iniziativa sbandierata proprio in questi giorni, l’accordo tra ANP e Microsoft con agevolazioni ufficiali per le scuole; • non meno rilevante è l’azione delle case editrici che forniscono materiale “multimediale” adatto a funzionare solo su software proprietario. Resta ancora tanto da fare Quindi molto è stato fatto, ma resta ancora da fare tanto per rimuovere tutti gli ostacoli nella convinzione che l’Open Source nelle scuole rappresenta un’opportunità che non solo svincola dall’uso di software proprietario, costoso e non sempre affidabile, ma consente di alimentare preziosi percorsi di conoscenza comune dove studenti e insegnanti si trovano, spesso, su un piano strettamente collaborativo e dove i docenti, riappropriatisi della libertà di scelta e della libertà d’insegnamento nelle nuove tecnologie, potranno offrire una formazione, anche informatica ma non solo, che si colloca all’interno della cultura galileiana, nell’idea di una scuola aperta e pluralista. Maria Rosaria Gaetani insegnante in utilizzo presso l’Ufficio Organizzazione Processi e Sistemi Informativi Dipartimento Conoscenza Pat

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

15


DALLE SCUOLE

ITT “Fontana” Rovereto AMBIENTE

Percorso sostenibilità a scuola Presso la nostra scuola, ITT Fontana di Rovereto (Trento), da sei anni ormai, abbiamo intrapreso un percorso virtuoso sulla educazione alla sostenibilità ambientale definito dalla sigla “ESA”. La peculiarità del nostro percorso ESA è di essere itinerante nel tempo, nel senso che non è un progetto su tematiche ambientali che rimane confinato in una classe o in un anno scolastico ma che coinvolge tutta la popolazione scolastica nell’adozione di buone pratiche sulla sostenibilità ambientale. Referenti studenti e docenti Per poter fare questo abbiamo crea­ to una rete di studenti referenti ambientali in ogni classe, supportati da una rete di docenti referenti ambientali coordinati da un docente nominato Funzione strumentale ad inizio anno dal collegio dei docenti. Il Collegio ha, infatti, con grande sensibilità e lungimiranza, individuato la promozione alla s.a. come uno degli obiettivi formativi prioritari della scuola. Per questo, come attività quotidiane, teniamo monitorati e sotto controllo diversi parametri ambientali nelle aule quali temperatura, illuminazione, ricambio dell’aria, l’acustica d’aula, la diffe-

16

n. 11-12 novembre-dicembre 2012

renziazione dei rifiuti e quotidianamente gli studenti si occupano della distribuzione autogestita delle mele all’intervallo. Le attività Nel corso dell’anno scolastico si partecipa,poi, alla iniziativa di Millumino di meno sul risparmio energetico promossa dalla trasmissione Caterpillar di RAI 2 (dall’anno 2006), a molte iniziative tematiche sul territorio (Fiera fa la cosa giusta di Trento (dall’anno 2009), a concorsi o iniziative a tematica ambientale (1° Premio al concorso Premio Ambiente dell’Euregio 2008, partecipazione alla trasmissione ECO. SCUOLA di RAI EDUCATIONAL (2011), per poi organizzare gite scolastiche eco-sostenibili e, a fine anno anno scolastico, la Giornata FontanAmbiente (quest’anno alla sesta edizione) nel corso della quale tutta la scuola partecipa nell’organizzare un mercatino sul “baratto e seconda vita degli oggetti”, giochi all’aperto, proiezioni e giochi informatici ambientali, un concorso “parole e musiche per l’ambiente”, mostre tematiche in collaborazione con APPA di Trento. Siamo inoltre gemellati con un progetto di salvaguardia di foresta pluviale in Equador che ha l’obiettivo di compensare gli impatti ambientali dei nostri consumi di scuola.

Progetto parte integrante dell’istituto All’inizio la proposta è stata vista con benevolenza ma con distacco da studenti e docenti. Ora, a distanza di un quinquennio, è diventata parte integrante della vita d’Istituto e fonte di ispirazione anche per attività didattiche in differenti ambiti curricolari. Questo ci ha suggerito di fare un altro passo in più e di intraprendere l’impegnativo percorso sulla certificazione EMAS sulla corretta gestione ambientale della scuola, certificazione con valenza europea che abbiamo ottenuto proprio pochi giorni fa. Un grande risultato che, auspichiamo, possa aiutare la scuola a mantenere, nel tempo, l’impegno in termini sia di tempo che di energie e risorse economiche investite. E’ bene non scordare comunque, nell’entusiasmo delle azioni, che siamo pur sempre una scuola, non una associazione, un ente locale, una agenzia per l’occupazione e quindi nostro compito principale non è “risolvere i problemi ambientali del mondo” ma quello di formare, in particolare studentesse e studenti , attenti e sensibili verso un concetto di qualità delle vita che trovi, nel rispetto dell’ambiente, una condizione imprescindibile per promuovere azioni pratiche e concrete di attenzione al territorio ed ai rapporti tra le persone, vicini e lontani che essi siano da noi. In sintesi promuovere una qualità dell’ambiente per ottenere anche una buona qualità della mente. Andrea Delmonego docente coordinatore ESA/EMAS n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


il dossier dentro le buone pratiche il dossier la dirigente scolastica i numeri la rete i progetti i percorsi: Tom Tom Altri linguaggi Il video Itaca le testimonianze le immagini

sentirsi a casa Progetti e percorsi di Intercultura all’Istituto “don Milani� di Rovereto Inserto a cura di: Mario Caroli Interventi di: Mario Caroli, Omar Korichi, Laura Modena, Tomas Pizzini, Daniela Simoncelli, Giusi Vastola n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

17


il dossier INTERCULTURA

Priorità per una scuola inclusiva In questo dossier raccontiamo, con la voce di alcuni insegnanti, studenti e della stessa dirigente scolastica, alcuni progetti e relativi percorsi di realizzazione sull’Intercultura all’interno dell’Istituto d’istruzione dei secondo ciclo “Don Milani” di Rovereto. Per chi scrive, si tratta dell’ultimo dossier e dell’ultimo numero di collaborazione alla rivista didascalie, come coordinatore responsabile. Accoglienza, valore aggiunto Nel numero della rivista di dicembre 2003, abbiamo pubblicato uno dei primi, forse proprio il primo dossier interno “Dentro l’Istituto”, dedicato proprio all’Istituto don Milani di Rovereto, dal titolo “Una scuola che si muove” ed uno dei servizi lo dedicammo proprio al Centro Territoriale Permanente all’interno del quale veniva segnalata l’attività già in forte espansione sugli alunni stranieri con una serie di progetti di accoglienza, ascolto e orientamento. È solo una coincidenza, sia la scelta della scuola - l’Istituto “don Milani” di Rovereto, che al tempo si chiamava “don Milani/ Depero” prima dell’istituzione del nuovo istituto delle arti provinciale – sia la scelta del tema del dossier, l’intercultura e le “buone pratiche” per l’accoglienza, l’inserimento e l’integrazione degli studenti stranieri nella scuola trentina. Una semplice coincidenza, che però mi fa piacere rimarcare, senza enfasi, se non altro perché sono convinto che nel merito (“Intercultura”) riguardi uno di quegli ambiti decisamente simbolici della funzione sociale della scuola, e di quella trentina in particolare. Sto parlando della scuola aperta e inclusiva, a cominciare appunto dall’accoglienza degli alunni stranieri, tra l’altro in grande maggioranza ormai nati in Italia.

se”), in maniera molto più marcata nei corsi dell’educazione adulti, ma anche rivolte a tutta la popolazione scolastica. Nelle esperienze che docenti e studenti qui ci “raccontano” emerge con forza una realtà consolidata “che mette in campo strumenti didattici atti a favorire l’apprendimento dell’italiano come lingua di comunicazione immediata” anche per genitori stranieri che, “pur possedendo il lessico di base per la comunicazione primaria, faticano nell’esposizione orale adeguata alle varie situazioni”. C’è collaborazione fra i docenti dei corsi diurni e i docenti impegnati nel CTP, ci sono alcune ricadute della partecipazione al progetto “dirigenti esploratori in contesti multiculturali” di altre realtà anche extra-provinciali; c’è sul territorio di Rovereto una Rete per l’accoglienza e l’inserimento degli studenti stranieri neo-arrivati nelle realtà scolastiche, di cui il “don Milani” è capofila; ci sono tanti legami tra insegnanti, tra dirigenti, tra figure diverse con il territorio, con le istituzioni, con il Centro Millevoci con il Centro formazione Insegnanti. Questo, grazie alla presenza di referenti/ponte tra territorio e insegnanti curricolari, facilitatori… I Progetti, alcuni dei quali vengono presentati anche nel dettaglio, sono incardinati nella realtà curriculare e disciplinare del mattino e possiamo dire, banalizzando un po’, che sono “concreti ed operativi”, che producono ricadute per gli alunni stranieri nel “sentirsi a casa”, nella casa d’origine, ma anche per muoversi sicurezza nella nuova casa di immigrazione. Si potrebbero dire tante altre cose, ma invitiamo i lettori a leggere ed eventualmente riprendere con nuove modalità scuola gli stimoli offerti da questo dossier. Mario Caroli

Inclusione, valore aggiunto Sono davvero tante le motivazioni che ci hanno convinti subito della bontà della scelta di queste “buone pratiche” all’interno di un istituto che ha la dimensione dell’integrazione interculturale – come ci ricorda la stessa dirigente scolastica – come “una priorità nella programmazione e gestione della propria progettualità”, che promuove iniziative di carattere interculturale in modo mirato “dentro” l’istituto, a cominciare dalle classi del diurno (nella convinzione che l’educazione interculturale cominci dalla pratica quotidiana in clas18

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


la dirigente IL CONTESTO

Un’utenza molto eterogenea A Daniela Simoncelli, dirigente scolastica dell’Istituto d’Istruzione “Don Milani” di Rovereto abbiamo rivolto alcune domande per richiamare il contesto dentro il quale si collocano i progetti e le attività che vengono presentati e “raccontati” in questo dossier della rivista.

Daniela Simoncelli dirigente scolastica Istituto “don Milani” Rovereto Non è difficile parlare del “don Milani” e

pensare subito alla presenza anche vivace di studenti stranieri nell’istituto, sia nella “scuola del mattino” che nella scuola di sera”

L’istituto di Istruzione don Milani si caratterizza per un’utenza particolarmente eterogenea, sia per provenienza ed origine che per condizione sociale ed età. Nei corsi diurni la percentuale di studenti di nazionalità non italiana è piuttosto alta, e nettamente superiore alla media provinciale, aggirandosi intorno al 15%. Oltre agli alunni che arrivano in Italia in corso d’anno, e per i quali è necessario mettere in campo strumenti didattici atti a favorire l’apprendimento dell’italiano come lingua di comunicazione immediata, sempre maggiore è il numero di alunni nati in Italia da genitori stranieri che, pur possedendo il lessico di base per la comunicazione primaria, faticano nell’esposizione orale adeguata alle varie situazioni e, soprattutto, nella lingua dello studio. Il suo istituto viene chiamato in causa spesso anche per l’educazione degli Adulti L’istituto è sede del Centro Territoriale Permanente, che organizza molteplici attività per la popolazione adulta di origine straniera: corsi di lingua italiana (per nuovi arrivati, per iniziali, per intermedi e per avanzati), corsi brevi di preparazione agli esami per la certificazione della conoscenza della lingua italiana (I II III e IV livello CILS), oltre ai corsi di alfabetizzazione informatica e di preparazione al conseguimento del diploma di scuola secondaria di primo grado, dove la percentuale di frequentanti stranieri è piuttosto alta. Siete quasi “costretti” a fare i conti con i temi dell’accoglienza e dell’integrazione? n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

Alla luce di questi sintetici dati di contesto, è evidente come la necessità di confrontarsi con le tematiche dell’integrazione e dell’interculturalità rappresenti per l’istituto una delle priorità nella programmazione e gestione della propria progettualità, sia per quanto riguarda la componente curricolare che extra-curricolare. Si tratta tuttavia di muoversi su più fronti: da una parte fornire ai docenti ed ai singoli consigli di classe strumenti (metodologici e strumentali) adeguati per poter affrontare l’inserimento dell’alunno straniero e favorirne il successo formativo e scolastico, dall’altra promuovere iniziative di carattere interculturale rivolte a tutta la popolazione scolastica, nella convinzione che la diversità va vissuta non come disagio ed ostacolo ma come ricchezza. Immagino, allora, che dovete costantemente trovare forme di sinergia tra diruno e Centro territoriale permanente… Diventa inoltre di fondamentale importanza riuscire a coordinare in modo efficace ed efficiente le risorse presenti in istituto cercando in particolare di trovare momenti di collaborazione fra i docenti dei corsi diurni e i docenti impegnati nel CTP, così da dare unitarietà alle esperienze già presenti e sperimentate magari solo da un gruppo ristretto di insegnanti. L’accoglienza dello studente straniero e la promozione dell’interculturalità non devono essere viste, come purtroppo talvolta accade, come emergenze ma come aspetti di sistema che fanno parte dell’identità stessa dell’istituto. Fondamentale, per dare nuova vitalità ed entusiasmo alle tematiche dell’intercultura, è stata la partecipazione al progetto “dirigenti esploratori in contesti multiculturali”, che grazie al confronto con altri dirigente e con altre realtà, anche extra-provinciali, ha permesso di individuare modelli ed esperienze da poter trasferire e declinare in Istituto. (a cura di m.c.) 19


Istituto Istruzione “don Milani” Rovereto I NUMERI

Anno scolastico 2012 - 2013 Totale studenti: 786 % stranieri 17,3 Tot. stranieri: 136 di cui nazionalità estere 37 Provenienza: Albania Algeria Argentina Bosnia Brasile Cile Cina Colombia Croazia Cuba Danimarca Egitto Filippine Francia Ghana India Iran Kosovo Lituania Macedonia Marocco Moldova Montenegro Nigeria Pakistan Perù Polonia Rep Ceca Rep Domin Romania Serbia Singapore Sud Africa Thailandia Tunisia Ucraina Uruguay 20

29 1 2 3 1 2 1 3 1 1 1 1 2 1 2 7 1 2 1 5 12 10 1 1 4 1 5 2 2 10 7 1 1 1 6 3 1

Per indirizzo e classi Tecnico economico Classi 1, 2, 3

Sociosanitario Classi 1, 2, 3

Tot

Tot

230

cittadinanza non italiana

59

Soc. az.le turistico Classi 4, 5 264 37

cittadinanza non italiana

albania

12

bosnia

Tot

292 40

cittadinanza non italiana

albania

7

albania

10

2

argentina

1

algeria

1

cile

1

bosnia

1

argentina

1

cina

1

brasile

1

cile

1

danimarca

1

cile

1

colombia

1

egitto

1

colombia

2

croazia

1

filippine

1

cuba

1

filippine

1

india

4

ghana

1

francia

1

iran

1

india

1

ghana

1

kosovo

1

kosovo

1

india

2

macedonia

3

macedonia

1

lituania

1

marocco

3

marocco

8

macedonia

1

moldova

6

moldova

2

marocco

1

nigeria

1

pakistan

1

moldova

2

pakistan

1

perù

1

montenegro

1

polonia

4

polonia

1

pakistan

2

rep ceca

1

rep domin

1

rep ceca

1

rep domin

1

romania

2

romania

3

romania

5

serbia

1

serbia

2

serbia

4

tunisia

2

singapore

1

sud africa

1

tunisia

2

thailandia

1

ucraina

3

tunisia

2

uruguay

1

tot

59

tot

37

tot

40

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


LA RETE

Sul territorio per l’integrazione Sul territorio di Rovereto sono presenti nove istituti superiori che, nel 2008, hanno costituito formalmente una Rete per l’accoglienza e l’inserimento degli studenti stranieri neo-arrivati nelle realtà scolastiche. L’Istituto “don Milani” è Capofila di Rete, ossia sede amministrativa nonché figura responsabile nella persona della dirigente scolastica, la quale, in riunione con i dirigenti degli altri istituti, forma l’organo decisionale per il funzionamento ed il finanziamento dei progetti di Rete.

Legami e sinergie tra scuole La Rete è finalizzata a mettere in contatto costante e attivo realtà che altrimenti rischierebbero di non avere intenti e buone prassi comuni, come le scuole di uno stesso territorio. Serve agli addetti ai lavori affinché passino comunicazioni di aspetto didattico relative agli studenti, per avere un riscontro sulle attività svolte presso il laboratorio linguistico e perché i ragazzi vengano seguiti da più punti di vista; ma serve anche alle famiglie ed agli studenti stessi, i quali sentono che per loro si muovono persone e realtà in contatto e attente alle loro esigenze, punti di riferimento precisi a cui rivolgersi in caso di necessità. Sono tanti e legami della Rete di Rovereto: • tra insegnanti per la comunicazione didattica; • tra dirigenti per gli aspetti decisionali, tra figure diverse con il territorio; • con le istituzioni per apporto e sostegno; • con Laura Bampi del Dipartimento Istruzione della P.A.T., con il Centro Millevoci di Trento, il quale supporta le attività di Rete e se ne fa promotore qualificato e attento; • con il Centro di formazione per insegnanti di Rovereto (nell’a.s. 2011-2012 la Rete ha organizzato il corso di aggiornamento “imparare l’italiano studiando le discipline in una classe multiculturale” insieme a Maria Arici e Francesca Rapanà). I coordinatori di Rete In un quadro così complesso, figure di riferimento che permettano di ottimizzare il processo di accoglienza n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

sono i due coordinatori di Rete, Sabrina Ferrari, insegnante di italiano presso l’Istituto alberghiero, e Tomas Pizzini, insegnante di italiano all’Istituto don Milani: spetta a loro organizzare le attività atte e favorire un inserimento corretto e positivo degli studenti nelle scuole superiori; essere cioè a disposizione dei ragazzi e delle loro famiglie, o degli educatori che li accolgono in strutture per minori non accompagnati. Risulta fondamentale inquadrare le competenze scolastiche, in lingua d’origine o in lingua seconda, il pregresso scolastico ed il contesto linguistico e formativo in cui lo studente è cresciuto e si trova tuttora. Quando la comunicazione risulta impossibile si ricorre alla figura esterna del mediatore linguistico, il quale fa da tramite e da traduttore tra le parti, consentendo di capirsi. Ma il loro compito primario è sovrintendere alle attività per i neo-arrivati, organizzare i tempi, gli spazi e i gruppi di livello del laboratorio di italiano. Gli studenti che sono in Italia da meno di due anni e si sono iscritti ad uno dei nove istituti della Rete possono beneficiare di corsi di lingua italiana in orario scolastico e, in parte, in orario extrascolastico. Laboratorio e referenti intercultura Obiettivo primo è favorire l’inclusione scolastica dei neo arrivati ed evitare di creare classi speciali di studenti stranieri e per questo serve un apprendimento più rapido della lingua 2 che favorisce anche lo scambio culturale all’interno delle classi. Il laboratorio di Rete fornisce un supporto, garantendo un percorso parallelo a quello di classe in cui è forte l’approccio alla lingua italiana per livelli e gli insegnanti (Pasquale Tappa e Lisa Marchi) sono persone qualificate e formate al ruolo di facilitatore. La Rete, in quanto tale, non può prescindere da altre figure che colleghino il laboratorio ai singoli istituti: sono i Referenti Intercultura. Ogni istituto rappresenta le sue necessità, i suoi studenti e le sue proposte attraverso un insegnante che ha il ruolo di referente di questo ambito. Sta ai singoli referenti essere ponte tra i coordinatori e gli insegnanti curricolari del proprio istituto, tra i facilitatori ed i docenti delle discipline, nonché tenere d’occhio la situazione degli stranieri interna alla propria scuola e garantire loro tutti i servizi. Solo in questo modo la tessitura della rete diviene fitta ed è possibile far fronte alle varie esigenze. Tomas Pizzini Docente Coordinatore di Rete 21


I PROGETTI

Una sintesi delle attività “I progetti e le attività interculturali dell’Istituto “don Milani” I progetti a carattere interculturale attivi nel nostro Istituto sono davvero molti: alcuni, già avviati l’anno scolastico scorso, sono stati riproposti quest’anno con qualche modifica finalizzata a migliorarne gli aspetti legati soprattutto alle ricadute in ambito didattico; altri, invece, sono stati ideati e realizzati in questo anno scolastico, anche sulla scorta dell’esperienza maturata in questo ambito specifico ma allo stesso tempo assolutamente trasversale. Progetto TOM TOM Attivo già dall’a.s. 2011/12, il Progetto TOM TOM è pensato per offrire un aiuto a quegli studenti stranieri che giungono nel nostro istituto senza conoscere la lingua italiana - nemmeno ad un livello minimo - e senza conoscere nulla del “mondo scuola”: l’organizzazione delle attività curricolari, la dislocazione degli uffici (le segreterie, ad esempio), come funziona il servizio mensa, o anche – più semplicemente- come procurarsi i libri delle varie discipline. Ci siamo chiesti quali strade percorrere per supportare questi ragazzi da un punto di vista pratico ma anche, e forse soprattutto, a livello psicologico, dato che spesso alle difficoltà legate alla lingua si sommano delle problematiche di tipo relazionale. A questo punto abbiamo pensato che l’aiuto migliore probabilmente l’avremmo trovato attingendo alla nostra vera grande risorsa - gli studenti - e così è stato! Abbiamo chiesto ad alcuni ragazzi inseriti già da qualche anno e quindi bilingui di affiancare gli studenti neoarrivati e di “guidarli” all’interno della scuola nella quotidianità, ogni volta che se ne fosse presentato il bisogno o l’esplicita richiesta. Vademecum per studenti e famiglie Il nostro Istituto ad inizio anno fornisce a tutti gli studenti il Vademecum per studenti e famiglie contenente le informazioni relative alla scuola utili ai ragazzi e ai loro genitori: dall’orario delle lezioni al calendario scolastico, dagli indirizzi e-mail dei docenti fino alla sezione dedicata alla normativa, ecc. I ragazzi stranieri, molto probabilmente più dei ragazzi italiani già abituati al nostro sistema scolastico, manifestano la necessità di poter disporre di questo strumento… ma come possono utilizzarlo se è presenta22

en e nd o m s Le ette rec

Istituto Don Milani

to loro in lingua italiana? Ci siamo quindi ripromessi di creare delle versioni, seppur ridotte alle informazioni essenziali, tradotte nelle diverse lingue attualmente parlate nella nostra scuola. Alcune di queste versioni sono state ultimate proprio in questi giorni e verranno consegnate a breve ai ragazzi interessati. Indicazioni plurilingue per gli uffici Inoltre, per rendere l’ambiente scolastico accogliente anche “visivamente”, abbiamo pensato di affiancare alle scritte in italiano poste accanto alla porta dei vari uffici, delle scritte in altre lingue. Un accorgimento semplice ma, a nostro avviso, significativo ed importante per far sì che il senso di disorientamento o addirittura di disagio provato da chi arriva da un altro paese possa essere almeno in parte colmato. I ragazzi stranieri neoarrivati si immergono in un contesto per molti aspetti nuovo, dove sono supportati e guidati all’apprendimento della lingua italiana, ma ciò non deve indurli (e indurci) a pensare che la lingua madre sia poco importante o debba addirittura essere dimenticata. La valorizzazione della cultura d’appartenenza, in particolare della lingua, può concretizzarsi in molti modi differenti: innanzitutto abbiamo pensato di creare uno scaffale multiculturale dove studenti, docenti e – perché no - anche genitori possano trovare dei testi bilingui. In questo modo, accanto alla lettura di un racconto in lingua italiana, lo studente straniero, magari affiancato dal genitore, può leggerne anche la versione nella sua lingua. Ciò permette, quindi, di coinvolgere anche i genitori nel percorso scolastico dei figli e noi riteniamo questo aspetto particolarmente importante. n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


Indice Baghrir Empanadas Gueffus Batbout Carre Farci Saussisson Au Chocolat Conversations Pizza Biscuits Burek Brewet Tiramisù Strudel Pan Di Spagna Tarte Aux Pommes Couscous Gâteau À La Ricotta Et Aux Noix Pavesini A La Noix De Coco

Macaron Petites Boules En Fete Burek Canederli Gâteau Au Chocolat Frati Embriaghi Soupe Brulé Tagliatelle Au Ragout De Viande Gulash Zelten Bucatini All'amatriciana Vegetable Stew Pad Thai Kung ผัดไทยกุ้งสด Risotto Alla Senegalese Cebou Senegalese Rice And Stew Riso Al Pomodoro et d’ailleurs

Ricettario e auguri “a colori” In questa stessa direzione, poco prima delle feste natalizie, è stato realizzato il progetto Le monde en recettes: alcuni studenti stranieri ed italiani, supportati dai docenti di lingua, hanno creato un ricettario comprendente ricette di pietanze tipiche dei paesi di provenienza, scritte in lingua madre. In seguito è stato allestito uno spettacolo teatrale recitato in lingua francese e tedesca sul tema della diversità e del razzismo, con pranzo finale dove è stata offerta la degustazione di alcuni dei cibi proposti nel ricettario. Sempre in occasione delle ultime festività, moltissimi ragazzi stranieri hanno manifestato il desiderio di esprimere gli auguri di buone feste nella loro lingua d’origine e per raggiungere davvero tutti hanno scelto di realizzare un video da pubblicare sul sito del nostro istituto: Greetings from the world. Le nazioni rappresentate spaziano dalla Cina al Sudafrica, dalle Filippine all’Uruguay… fino alle Isole Fær Øer. Itaca ed altri linguaggi A breve lanceremo un nuovo concorso tra classi, simile al Progetto Itaca dello scorso anno che ha visto il coinvolgimento attivo delle classi prime dell’indirizzo sociale. Nel corso del secondo quadrimestre, durante le lezioni di Metodologie operative gli studenti hanno avuto il compito di creare manufatti che rappresentassero la nostra dimensione multiculturale, con l’obiettivo di rendere “visibili” le tante nazionalità presenti nella nostra scuola. A fine a.s. i lavori sono stati esposti in atrio ed una giuria composta da studenti ha premiato le realizzazioni migliori. Un altro progetto di circa trenta ore (a finanziamento F.S.E.) alla 2^ edizione è Altri linguaggi. Il percorso muove dal presupposto che non esiste solo il linguaggio parlato per comunicare, esistono molte altre possibilità che passano, ad esempio, attraverso il linguaggio della musica, quello della fotografia o, ancora, quello dell’espressione corporea. Si tratta di alternative possibili che permetton. 1-2 gennaio-febbraio 2013

no agli studenti stranieri ed italiani di parlare un “linguaggio universale”. Supporto nella didattica Per quanto concerne l’ambito più strettamente legato alla didattica, abbiamo attivato alcuni percorsi per i ragazzi stranieri (neoarrivati o di recente immigrazione) accomunati dall’obiettivo di sostenere il più possibile l’acquisizione e il consolidamento della lingua italiana. Tra questi, a completamento del prezioso lavoro svolto dai facilitatori dei laboratori attivati dalla Rete, vi sono gli interventi didattici integrativi, che si propongono di aiutare gli studenti in difficoltà nella fase dell’acquisizione del lessico specifico legato alle varie discipline. Molti docenti – anche sfruttando le ore di recupero obbligatorie – si rendono disponibili per delle lezioni individuali o rivolte a piccoli gruppi, così da poter personalizzare il più possibile l’intervento didattico. Anche il corso Lingua per lo studio, finanziato dal F.S.E. e alla 2^ edizione, prevede interventi specifici nell’ambito delle discipline dei due indirizzi di studio dell’Istituto ed ha una durata di circa venti ore. Intercultura e pratica quotidiana in classe Inoltre, nella convinzione che l’educazione interculturale cominci dalla pratica quotidiana in classe, in futuro vorremmo proporre alcuni progetti da realizzare nell’ambito dell’attività didattica di ciascun docente, tra cui, ad esempio, la creazione di una banca del materiale semplificato. Siamo partiti dal presupposto che negli anni scorsi certamente diversi docenti si sono attivati per produrre materiale semplificato per gli studenti stranieri delle proprie classi; abbiamo poi considerato che gli alunni che necessitano di tali semplificazioni sono ormai presenti in quasi tutte le classi del primo biennio. Quindi, perché non mettere a disposizione dei colleghi ciò che un docente produce oggi, sapendo che domani egli potrà usufruire del materiale già prodotto da altri colleghi? Intercultura e didattica: un percorso di service learning: può essere proposto nelle classi del primo biennio nell’ambito della lettura di brani antologici formulando un obiettivo specifico che contribuisce a dare senso all’attività: è possibile combinare una nuova forma di apprendimento con un servizio per gli studenti stranieri presenti in classe. Dopo la lettura di un brano, si propone la semplificazione del testo attraverso alcune fasi, come la ricerca termini difficili, la semplificazione delle strutture sintattiche, la rielaborazione e la sintesi del brano, ecc. Tutti i testi semplificati prodotti potrebbero in seguito essere pubblicati sulla piattaforma AVAC a disposizione degli studenti. Laura Modena Docente referente Intercultura Istituto “don Milani” Rovereto 23


i percorsi TOM TOM

Il navigatore per l’integrazione In pieno agosto 2011 mi trovo a sostenere un nuovo incarico, quello di coordinatore della Rete di accoglienza stranieri di Rovereto. Immerso in un ambito totalmente nuovo, conosciuto soltanto a fine anno scolastico passato, mi sento pieno di timori, ma anche entusiasta e pronto a mettere a disposizione ogni idea ed ogni energia pur di aiutare studenti e colleghi nell’ardua impresa di costruire un ambiente veramente multiculturale ed accogliente. Certo, chi ha ricoperto questo ruolo prima di me ha già seminato, ho un gruppo di lavoro già collaudato, ma c’è sempre molta carne al fuoco, è un tema vivo e sfaccettato quello dell’integrazione e sento di dovermi mettere in gioco, per la Rete e per il mio istituto. Arriva Andrei dalla Romania, Joycelin dal Ghana… Arriva Andrei dalla Romania, i suoi genitori parlano un discreto italiano, e io me la cavo orientandolo sull’indirizzo economico per il turismo. Poi incontro Joycelin dal Ghana e pure suo padre parla un po’ l’italiano; lei viene iscritta all’indirizzo socio sanitario, ma non sono del tutto soddisfatto, perché ho l’impressione che lei non abbia capito molto bene di cosa si tratta. Di fronte a me si siedono altri ragazzi, ma sempre più mi accorgo della difficoltà di comunicare anche semplici indicazioni che possano servire al primo inserimento a scuola. Immagino allora quanto possa essere difficile inserirsi in un ambiente che non sappia comunicare con me e con il quale io non riesca a comunicare. Sono stato all’estero in diverse occasioni, ma una questione è starci per qualche tempo e comunque in circostanze rilassate, altro discorso dev’essere invece capitarci a 14 anni, per necessità e magari per sempre! Dal gap generazionale al tutoring tra ragazzi Nasce allora l’idea di un tutoring tra ragazzi. Nasce soprattutto quando mi accorgo che il gap generazionale, il ruolo che ricopro, il solo fatto che io sia un professore maschio in una struttura sconosciuta, sia per alcuni studenti di altre culture uno scoglio insormontabile che li inibisce negandoli di poter dichiarare i propri disagi e le proprie necessità. 24

Trovare pari età con cui parlare in lingua d’origine, potersi esprimere, poter chiedere informazioni, aiuto, traduzioni e tutto ciò che possa servire; insomma, trovare un “pilota” per orientarsi in un nuovo mondo, qualcuno che aiuti i ragazzi stranieri neo arrivati a non sentirsi persi, incompresi e senza punti di riferimento in caso di necessità. Laura, la docente referente Intercultura dell’istituto, mi suggerisce di chiamare questo progetto Tom Tom, simpatica metafora del navigatore satellitare; ci mettiamo a ridere, di certo è più accattivante di “peer to peer” o di “tutoring” pensiamo, e proviamo a capire chi dei due potrebbe essere in difficoltà studente passeggero e chi invece potrebbe fare da studente pilota. Studente pilota e studente passeggero… Così cerchiamo tra i nostri studenti qualcuno che conosca l’arabo, qualcuno che parli inglese, qualcuno di madrelingua spagnola, un traduttore per i nuovi arrivati dall’India e via dicendo. Siamo entusiasti, vediamo le facce dei nuovi arrivati rilassarsi al solo sentir parlare la loro lingua e poter chiedere chiarimenti e confrontarsi con un coetaneo; vediamo l’orgoglio e la soddisfazione dei più grandi nel poter dare una mano, nel sentirsi investiti di un ruolo così importante e gratificante…del resto sanno capire meglio di chiunque altro il disagio e la difficoltà di un nuovo mondo sconosciuto nel quale barcamenarsi. Il progetto si svolge in maniera informale, tra un’ora e l’altra, durante la ricreazione: c’è chi accompagna in mensa il compagno, chi paga la pizzetta all’altro, chi si trova a chiacchierare e chi ci aiuta nel tradurre qualche avviso in hindi o in albanese. Cerchiamo però anche incontri più organizzati, in mattinata o di pomeriggio, come quello che ha visto i ragazzi tradurre alcune indicazioni di primo inserimento a scuola in più lingue: non sempre abbiamo la possibilità di presentare un compagno nel primissimo momento di inserimento, e qualche piccola informazione su come si utilizza il libretto, o su dove sia possibile trovare le n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


mense o prendere l’autobus, diventa essenziale. Un libretto di “prima sopravvivenza” per lo studente Ci mettiamo allora a pensare e al computer creiamo un piccolo libretto per lo studente di “prima sopravvivenza” che possa essere utile nelle piccole, ma essenziali, difficoltà quotidiane di un neo arrivato. Di conseguenza il libretto deve essere tradotto, e quale risorsa migliore dei nostri studenti stranieri ormai bilingui o plurilingui? Altre occasioni di incontro sono state create da noi come responsabili del progetto, al fine di confrontarsi sul percorso fatto insieme, sui punti di forza e sulle proposte per il futuro. Recente occasione di crescita e di condivisione è stato il Convegno “Formarsi ad un ethos interculturale”, tenutosi nella nostra città a ottobre del 2012 e durante il quale i nostri studenti del Tom Tom hanno fatto da hostess per i relatori ed i partecipanti alla due giorni di incontri sul tema dell’integrazione. Tom Tom significa… Tom Tom significa un primo appoggio morale e di conoscenza della struttura, nonché della vita all’interno dell’Istituto e talvolta anche fuori. Tom Tom significa anche interessamento all’altro da sé, interazione e supporto, occasione di conoscenza e di amicizia e, per quanto mi riguarda, investimento; sì perché i “passeggeri” di oggi saranno studenti pronti a fare da “pilota” a chi arriverà tra due o tre anni. Parlo con Ramzy che l’anno scorso è giunto dall’Egitto e gli chiedo cosa ne pensa di questo progetto. Mi dice che per lui è stato bello tradurre il libretto insieme al suo tutor Omar e che quest’anno ha avuto piacere di

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

partecipare con ruolo attivo al convegno di novembre, ma quello che mi rende veramente felice è il fatto che mi dice che in futuro vorrebbe anche lui fare da pilota a qualche compagno in difficoltà. E’ il segno che qualcosa ha funzionato e che la tortuosa strada dell’inserimento scolastico può essere meno in salita se affrontata a fianco di un compagno che ci aiuta. E’ in questa prospettiva che cerchiamo di muoverci e di migliorare: da quest’anno il progetto si è arricchito di un diario di bordo, un piccolo resoconto di esperienze tenuto da tutor e tutorati, sul quale tenere memoria degli incontri, appuntare richieste d’aiuto, aspettative e riflessioni. Inoltre a tutti gli studenti è stato consegnato un badge riportante l’indicazione del “pilota” e del “passeggero” con relative classi, strumento utile per gli insegnanti, che talvolta necessitano di un interprete, ed elemento di riconoscimento dei ruoli per gli studenti. Tutto ciò è finalizzato a migliorare questa esperienza per ora utile, poco dispendiosa e che a noi sembra possa divenire un’ottima prassi di inclusione all’interno di tante realtà. Un pilota bilingue per ogni passeggero: si parte! L’anno scolastico scorso i neo arrivati al don Milani erano otto e tutti hanno avuto un sostegno da parte di un compagno bilingue, inquadrato con attenzione e contattato da noi come possibile pilota; dopo un colloquio per verificare la sua disponibilità o meno, abbiamo presentato il passeggero al pilota e… “siamo partiti!”. Lo stesso è successo quest’anno con i 15 nuovi arrivati. Sia ben chiaro, non tutti diventano amici, ogni percorso ha le sue caratteristiche, ogni rapporto i suoi equilibri: ci sono studenti che in due o tre mesi imparano a cavarsela bene da soli e si creano una rete di amicizie ulteriore rispetto al rapporto con il loro tutor; altri invece sono più timidi e faticano a farsi aiutare; altri trovano nel compagno un riferimento importante su cui far affidamento. Per noi è comunque essenziale fornire strumenti d’appoggio e di inclusione nell’universo scuola, al fine di evitare la dispersione scolastica o la mancanza di sensibilità da ambo le parti. …e poi mi ferma Abdul e sorridendo mi dice che Michele gli vuol sempre far conoscere nuove ragazze, ma lui deve pensare alla scuola! “Profesore, dici tu a Michele che basta ragaze, io devo studiare!”… ridendo gli rispondo che parlerò io al suo pilota, e tra me e me penso che qualche bella lezione potrebbero impararla anche i nostri tutor italiani!…Forte però Michele, pensa alle ragazze, poco alla scuola, ma come tutor è stata una scommessa vinta fin da subito! (T. P.) 25


NON SOLO PAROLE

Il Progetto “Altri Linguaggi” …ma una cosa è il linguaggio parlato e la lingua veicolare, altra esperienza sono le passioni, la condivisione di un hobby o di un’esperienza attraverso altre espressività, insomma, quella che potremmo definire la vera e propria interazione. Riflettendoci nei giorni estivi, spronati a trovare finanziamenti diversi da quelli canonici del fondo d’istituto, è nata l’idea di affiancare ai progetti Fondo Sociale Europeo (FSE) per la lingua dello studio, un progetto creativo, che mettesse a disposizione degli studenti non solo un “fare” piuttosto che un “dire o ascoltare”, ma che li mettesse tutti sullo stesso livello, eliminando le barriere linguistiche per sfruttare linguaggi altri e universali, in cui tutti possano imparare e tutti abbiano qualcosa da esprimere. Il progetto si chiama “Altri linguaggi”.

In comune anche passioni, hobby… L’obiettivo generale del progetto è l’entusiasmo, è trovare una zona di confine scolastico nella quale tutti siano stranieri (anche gli italiani) e tutti conoscano, o abbiano la voglia e la possibilità di conoscere, la lingua che si sta utilizzando. Creare un gruppo che includa positivamente e attivamente i neo-arrivati e che poi crei per loro una rete di conoscenze e di appoggi che li faccia sentire meno soli ed isolati. Una scuola aperta a nuovi stimoli, non solo luogo di studio e fatica, ma luogo di incontro e condivisione, teatro di scambio e di ricerca del sé e dell’altro da sé, in un rapporto di vicinanza e appoggio alle famiglie che faticano a trovare “spazi e momenti” significativi da dedicare ai loro figli. I destinatari sono quindi studenti di recente immigrazione, ma anche studenti che conoscono meglio l’italiano e, perché no, anche di studenti italiani motivati; intercultura significa “viaggiare” tra le culture, mescolarle e riconoscerne le peculiarità, le affinità e le diversità: anche quella del Paese che accoglie è una cultura da conoscere! Il progetto si sviluppa in tre moduli di 9 ore ciascuno. Corpo… “Il linguaggio del corpo”: Il formatore ha modo di conquistare la fiducia dei ragazzi in un percorso di mes26

sa in gioco della propria corporeità e della propria mente come forza immaginifica, che sa creare situazioni ed espressioni, ma sa anche svuotarsi e lasciarci liberi e leggeri in un momento di meditazione guidata e di gruppo. Espressioni facciali e gestuali, non sempre uguali nelle varie culture, collegate all’ascolto del sé possono creare una commistione di relazione e intimismo che dovrebbe rendere il gruppo più coeso e disponibile. Musica… “Il linguaggio della musica”: Il formatore fa provare trumenti musicali, stimolando la curiosità e proponendo la ricerca e la creazione di suoni, dapprima individuali e poi in commistione tra loro, facendo percepire il valore del coordinamento tra le parti e del lavoro di gruppo. C’è spazio per l’ascolto e l’acquisizione di sonorità differenti da parti diverse del mondo. In questo momento è auspicabile il confronto sui gusti e la condivisione delle musiche ascoltate a seconda della provenienza geografica. La musica per i giovani di tutto il mondo è canale privilegiato di confronto ed espressione di emotività… Immagine “Il linguaggio dell’immagine”: Il formatore dà la possibilità di scattare foto, da soli e in gruppo, intervallando gli scatti con la presa di coscienza di come si possa prediligere un soggetto piuttosto che un altro, un’inquadratura piuttosto che un’altra o diversi punti di fuga e focalizzazioni. Il titolo del “corso” è “InquadrarSi” (titolo che suggerisce la ricerca autobiografica ed individuale, ma anche di gruppo di tutto il percorso “Altri linguaggi”) ed i ragazzi insieme al formatore decidono soggetti e situazioni da fotografare, ognuno seguendo la propria immaginazione. E così, con l’aiuto e l’eccezionale collaborazione di esperti dei tre settori, nonché ottimi ed energici comunicatori con i ragazzi (Renata d’Amico, Sebastiano Chiocchetti, Lucio Tonina), la prima esperienza di Altri linguaggi è decollata durante l’a.s. 20112012 ed ha avvicinato i ragazzi a mondi decisamente nuovi e raramente visitati prima di questa esperienza. (T. P.) n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


IL VIDEO

Greetings from the world In prossimità delle feste natalizie si respira sempre un’aria gioiosa, tutti appaiono più rilassati e sorridenti, gli studenti cominciano il conto alla rovescia annunciando giorno dopo giorno a voce alta “quanto manca” alle tanto agognate vacanze. Ed è proprio in occasione delle ultime festività che, pensando a qualche iniziativa a carattere interculturale da proporre ai ragazzi in vista dell’imminente assemblea d’Istituto, ho cominciato a riflettere sul messaggio che in assoluto circola maggiormente nei giorni che precedono e seguono il Natale e il Capodanno: gli auguri. Buone feste nella propria lingua madre Perché non offrire ai nostri studenti - italiani e stranieri - la possibilità di augurare buone feste nella loro lingua? Certo questi auguri speciali, pensavo, dovranno raggiungere i familiari, gli amici ed i conoscenti anche al di fuori del contesto scolastico, quindi abbiamo Internet… il nostro sito… ci sono: giriamo un video! Dopo aver proposto l’idea alla Dirigente ed aver ricevuto una sana dose di entusiasmo, mi sono lanciata subito nelle riprese, coinvolgendo innanzitutto gli studenti stranieri che conosco grazie ai laboratori di L2 o per il progetto Tom Tom. Tutti i ragazzi si sono mostrati fin da subito pronti a mettersi in gioco, pur manifestando delle titubanze una volta posti di fronte alla cinepresa. Anton, studente ucraino esperto in riprese video… Allo slancio iniziale, infatti, è seguito qualche momento di imbarazzo, presto superato grazie al prezioso aiuto di Anton Fomkin, uno studente ucraino della classe 5^A esperto in riprese video, che, soprattutto nella prima fase, ha saputo creare il setting e l’atmosfera giusta. In poche ore l’attività ha assunto un aspetto giocoso, tanto che poi, per passaparola, molti studenti mi fermavano per i corridoi della scuola dicendomi: “È vero che state registrando un video? Posso fare gli auguri anch’io?”. In due settimane di attività programmata nelle mie “ore buche” o alla ricreazione, ho girato più di cinquanta clip in una ventina di lingue differenti.

scrivevano il messaggio scelto nella propria lingua su un quaderno, seguendo pazientemente le mie raccomandazioni (“massima precisione, per favore!”) dato che, prevedendo di dover poi trascrivere le frasi in caratteri cinesi o thailandesi, ero sicura di trovarmi in difficoltà. Una volta accomodati su un divanetto di fronte alla videocamera, si procedeva alla registrazione andando incontro qualche volta ad errori e balbettamenti e più spesso a grandi risate… La lingua, segno prezioso d’identità La valenza di un progetto di questo tipo? Sono convinta che la costruzione identitaria – un processo che naturalmente non si limita alla sola fase adolescenziale – deve molto alle nostre “origini” (nel senso più ampio possibile), a tutto ciò che rappresenta la nostra provenienza, geografica e non solo. La lingua è un fattore identitario importantissimo, forse il primo elemento di appartenenza ad una cultura e certamente quello immediatamente riconoscibile. Spesso, tuttavia, nell’ambito scolastico i ragazzi stranieri non trovano l’occasione per esprimersi nella lingua madre, a meno che non parlino lingue oggetto di studio, come l’inglese o il tedesco. Il video Greetings from the world vuole essere un piccolo passo in questa direzione: ho tentato di creare un’occasione per permettere a ciascuno di esprimersi, e quindi di rappresentarsi, nella propria lingua. Jon Larsen, studente faroese, classe 3^B: “Secondo me ci sono tanti motivi per questo video. Io vivo in Italia e conosco tante persone da tutto il mondo e appena le ho conosciute la mia mente si è aperta tantissimo, perché stavo imparando tante culture e io penso che questo video è per aprire un poco le menti delle persone.”. I nostri speciali auguri internazionali sono giunti agli studenti, ai docenti, alle famiglie e agli amici… ma non solo. Il video, presente sul nostro sito (www.domir.it), ha ottenuto quasi mille visualizzazioni, segno che il linguaggio multiculturale attraversa i confini e parla davvero a tutti. (L. M.)

La location in… biblioteca della scuola! Quasi tutte le riprese sono state realizzate nella biblioteca della scuola, dove i ragazzi mi raggiungevano a piccoli gruppi. Innanzitutto essi decidevano liberamente cosa dire, se augurare buon Natale piuttosto che felice anno o ancora buone vacanze, ed in seguito n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

27


ITACA

Percorso per sentirsi a casa Da una figura mitologica che da sempre mi affascina, Ulisse, è nata l’idea che mi ha portato al “Progetto Itaca”. Sappiamo cos’è la nostalgia, ma forse non tutti abbiamo vissuto pienamente lo stato d’animo che questo termine rappresenta, forse non ne abbiamo avuto l’occasione perché non tutti abbiamo avuto l’esperienza della lontananza dal paese d’origine, dello sradicamento o, comunque, del desiderio di ritorno alla nostra terra.

La nostalgia nel vuoto della quotidianità L’etimologia della parola nostalgia (da nostos, il ritorno, e algos, il dolore, la tristezza), riconduce al desiderio intenso e spesso doloroso del ritorno in patria, ai luoghi che ci hanno visto nascere e dove abbiamo trascorso l’infanzia, quei luoghi che sentiamo appartenerci. Alcuni studenti stranieri vivonono profondamente la nostalgia per il paese che hanno lasciato, non solo perché “geograficamente” lontano, ma anche – e soprattutto - perché assente dalla quotidianità vissuta tra le aule scolastiche. Come aiutarli, quindi, a ritornare? Penso che vedere rappresentata la nazione d’origine possa costituire una sorta di ritorno simbolico al proprio paese e di riconoscimento da parte degli altri, che forse prima nemmeno sapevano che quel paese esistesse o ne conoscevano a stento la posizione geografica.

28

Progetto Itaca: concorso tra classi Da qui, la proposta di un concorso tra classi, il “Progetto Itaca”, invitando gli studenti ad attivarsi per realizzare dei manufatti che rappresentassero tutte le nazionalità presenti nel nostro istituto, rendendole quindi finalmente visibili. Ho suggerito l’idea di un mappamondo che apparisse insolito e creativo, magari realizzato con materiali particolari, ma ogni classe ha poi elaborato una propria idea, democraticamente votata. I ragazzi avrebbero dovuto inoltre pensare ad un oggetto in “divenire”, perché lo scorso anno le nazionalità presenti all’Istituto “don Milani” erano trentadue, ma quest’anno abbiamo raggiunto trentasette paesi. L’idea di un oggetto che testimoni un cambiamento, un’evoluzione verso una scuola sempre più multietnica mi sembrava interessante. Gli oggetti creati, infine, sarebbero stati presentati dalle classi coinvolte nel progetto in occasione dell’assemblea di istituto di fine anno, per essere poi valutati da una giuria composta da studenti (i ragazzi del “Progetto Tom Tom”). Quindi sarebbe stato scelto il migliore, per il quale la classe si sarebbe aggiudicata il premio finale, delle T-shirt. La dimensione del concorso che prevede una (sana) competizione avrebbe dovuto stimolare la motivazione e l’impegno degli studenti. Inoltre, penso che proporre a diverse classi una simile attività possa aprire una via per costruire una nuova consapevolezza, un’attenzione verso aspetti che non riguardano soltanto il mondo scolastico ma l’intera società ed i cambiamenti che la interessano. Destinatari: classi primo biennio indirizzo socio-sanitario Nello specifico, il progetto, realizzato lo scorso anno ed ora alla 2^ edizione, è rivolto alle classi del primo biennio dell’indirizzo socio-sanitario, e copre quasi interamente la durata del II quadrimestre. Sono coinvolte diverse discipline, in primo luogo Metodologie operative e Disegno, dato che si prevede la creazione di manufatti, ma il percorso si apre ad ulteriori collegamenti interdisciplinari (con la Geografia, la Storia, l’Italiano e via dicendo). Sono dunque i docenti dei diversi Consigli di Classe, se lo desiderano, a programmare liberamente percorsi collegati al “progetto Itaca”. Poiché è previsto il coinvolgimento di numerose classi e diversi docenti, sin dalla prima edizione dello scorso anno scolastico si è rivelata preziosa la collaborazione delle insegnanti Sushila Comper, che ha tenuto le fila del progetto coordinando il lavoro delle docenti di Metodologie operative, Antonella Muschio, Lucia di Tommaso e Annnalisa Mega. n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


La presentazione del progetto in classe Prima ho presentato brevemente ad ogni classe i contenuti del progetto, le finalità, le modalità di presentazione dei lavori e la premiazione finale: ho spiegato il significato del titolo, non così ovvio per tutti i ragazzi. Ai docenti che si sono resi disponibili è toccata poi la gestione delle diverse fasi di realizzazione. Gli studenti hanno risposto subito positivamente, stimolati dalla novità della proposta e dalla possibilità di mettersi in gioco in un concorso che li avrebbe premiati per la fantasia, la creatività, ma anche per le competenze e le abilità pratiche del saper ideare e realizzare un oggetto che esprimesse un significato, un messaggio. “Sin da subito i miei studenti sembravano entusiasti - riferisce la collega Comper - per la proposta di partecipazione al concorso, convinti che avrebbero realizzato l’idea migliore e che avrebbero vinto. Le classi hanno affrontato il lavoro seriamente e con grande impegno.” Le tre fasi di realizzazione Alla realizzazione del progetto sono state dedicate una o due ore a settimana per circa tre mesi, nelle tre fasi che riepiloghiamo in breve con l’aiuto del “racconto” dell’insegnante Sushila Comper. Interessante soprattutto la prima fase dell’ideazione. • Ideazione: la classe è stata divisa in sottogruppi di quattro o cinque studenti, ognuno dei quali aveva il compito di disegnare la bozza del manufatto che avrebbero voluto realizzare, indicando i materiali necessari, le modalità di realizzazione, uno slogan da associare all’oggetto e sopratutto il perché avevano pensato a quel particolare prodotto e perché esso avrebbe rappresentato al meglio le nazionalità presenti al “don Milani”. • Presentazione: ogni gruppo doveva presentare all’intera classe la propria idea e le modalità previste per la realizzazione. • Votazione: ogni studente, dopo aver ascoltato le proposte dei gruppi, doveva votare in forma anonima l’idea ritenuta migliore e che più si avvicinava allo scopo del concorso (non necessariamente queln. 1-2 gennaio-febbraio 2013

la del proprio gruppo). Attraverso questo “metodo democratico si è riusciti a far confluire nell’idea vincente anche le idee che, in un primo momento, erano state scartate. La gratificazione e la soddisfazione sono aspetti molto importanti nell’azione didattico-educativa: un’attività di questo tipo può contribuire ad alimentarli e quindi a motivare gli studenti nelle attività che sono chiamati ad affrontare. Si è cercato di utilizzare il più possibile materiali riciclabili (giornali, carta igienica, cartone, spago, ecc.) ed i ragazzi hanno avuto l’opportunità di sperimentare diverse tecniche nella costruzione dei manufatti come la cartapesta e l’assemblaggio. Tutti gli studenti hanno partecipato attivamente alla realizzazione del progetto, ognuno con uno specifico compito: disegnare le bandiere, preparare il tronco dell’albero, la palla per il mappamondo, i rami a sostegno del mappamondo. In gioco molteplici competenze e molti “i prodotti creativi” Nel corso della realizzazione del progetto, sono entrate in gioco molteplici competenze, ricorda la docente Comper: “Questo lavoro è servito molto ai ragazzi per imparare come si lavora in gruppo, come si gestisce un laboratorio. Hanno sperimentato nuove modalità di inventare, essere creativi ma non solo: per molti è stato divertente e stimolante apprendere che un determinato Paese ha una determinata bandiera o sapere in quale luogo preciso del pianeta si trova. Ma il percorso ha stimolato anche il rispetto e la tolleranza per le idee altrui, anche se differenti dalle proprie. Ogni studente, se non approvava l’idea di un altro, era sempre invitato a dare una motivazione del proprio disaccordo. Questo ha aiutato molto gli studenti a conoscersi tra loro, a rendersi consapevoli delle proprie capacità, potenzialità, preferenze ed idee e a come aiutarsi reciprocamente.” Sono stati realizzati diversi oggetti, tutti molto originali: un albero della vita con una mano bianca ed una nera applicate al tronco e delle foglie-bandiere ai rami che abbracciano un mappamondo; una nave (la nostra scuola) che ospita dei passeggeri coloratissimi e la bandiera “Siamo tutti uguali nelle nostre diversità”; una torre a tre piani (verde, bianco, rosso) con bandierine delle varie nazionalità; un vero e proprio gioco intitolato “Giro del mondo” che ha come oggetto delle domande sugli aspetti dei diversi paesi. Si sono aggiudicate il primo posto ex aequo la classe 1^E con l’albero della vita e la classe 1^M con la nave-“Don Milani”. (L M.) 29


testimonianze GIUSI VASTOLA

Classe IIE indirizzo socio-sanitario Mi chiamo Giusi Vastola e frequento la classe IIE dell’indirizzo socio-sanitario dell’Istituto Don Milani di Rovereto. Sono originaria di Salerno, ma la mia famiglia si è trasferita in Trentino per motivi di lavoro. Ho aiutato alcune ragazze straniere a sentirsi a casa”.

vo parlare di progetti per gli stranieri. So che ci sono delle iniziative ma non saprei di preciso quali; sicuramente ci sono dei corsi di lingua per stranieri (per esempio il mio professore di Italiano ne tiene uno). Ah sì adesso mi ricordo… nel progetto Tom Tom: so che c’è una persona che viene associata ad un’altra della stessa lingua che magari è appena arrivata e non sa niente della scuola, allora ha bisogno di aiuto. Ad una mia compagna l’altro giorno hanno chiesto di partecipare al Tom Tom per l’anno prossimo perché parla bene l’albanese e potrebbe diventare la guida di qualcuno appena arrivato “So che il titolo del progetto c’entra con il viaggio di Ulisse…”

La mia esperienza nel progetto Itaca Nella mia classe ci sono quattro ragazze straniere che vengono dal Marocco, dall’Albania, dall’Argentina e dal Nicaragua. Al di fuori della scuola frequento molte ragazze straniere, anzi, tutte le mie amiche sono di diverse nazionalità: Marocco, Albania, eccetera. Il progetto Itaca è stato proposto alla mia classe dalla prof.ssa Sushila Comper che insegna Metodologie operative. All’inizio del II quadrimestre, ci ha detto che a scuola si stava facendo questo progetto per accogliere meglio i ragazzi stranieri che nella nostra scuola sono sempre di più. Dovevamo fare qualcosa che rappresentasse la provenienza di ognuno e che li facesse sentire in qualche modo “a casa” anche se lontani dal loro paese. Ci ha spiegato che ci sarebbe stato un concorso a premi con dei veri e propri giudici scelti tra studenti stranieri che partecipavano ad un altro progetto, il Tom Tom (ma non sapevo cosa fosse). Onestamente era la prima volta che senti-

So che il titolo del progetto c’entra con il viaggio di Ulisse, perché Itaca è il posto dove lui era nato e dove voleva tornare. I nostri lavori dovevano servire proprio per far “tornare a casa” tutti i ragazzi stranieri, cioè per farli sentire a casa. E anche per far capire che la nostra casa è il mondo, non solo il paese dove adesso abitiamo! Quando la prof.ssa Comper ci ha presentato la lista delle nazioni non pensavo fossero così tante, a dire il vero non mi ero nemmeno mai posta la domanda! Beh sì, pensavo ci fossero studenti dal Marocco, dall’Albania, dai paesi dell’Est… ma non pensavo ci fossero anche ragazzi dal Ghana o da Singapore! Tra l’altro ho imparato dove si trovano alcuni posti come le Isole Fær Øer, visto che io non sono molto forte in geografia… Per decidere cosa realizzare prima abbiamo fatto un brainstorming, e ognuno votava quello che gli piaceva di più… poi all’improvviso una mia compagna ha proposto l’idea che tutti hanno votato: un albero (che rappresenta la vita) con attaccate due mani, una bianca e una nera, (rappresentano l’uguaglianza), poi attaccate ai rami dell’albero tante foglie con le bandiere dei vari paesi da rappresentare e dietro scritta la nazione e quanti studenti c’erano di quel paese. Poi tra i rami dell’albero abbiamo messo un mappamondo (per rappresentare tutti!). Abbiamo usato tanti materiali disponibili a scuola: carta igienica, carta di giornale, scatoloni, fogli, colori a tempera, colla, forbici, filo da pesca, spago, ecc. Come titolo abbiamo scelto “one tree for all people”. “One tree for all people”. Ci siamo organizzati dividendoci in gruppi: gruppo albero (hanno fatto il tronco con cartone, carta di giornale, carta igienica, tubi e tantissima colla e scotch), gruppo mondo: (hanno creato una palla e per fare i

30

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


continenti hanno preso il libro di geografia, hanno fatto le fotocopie, le hanno ritagliate e attaccate sulla palla), gruppo mani (hanno fatto le due mani con carta di giornale e cartoncino), gruppo foglie: col vocabolario abbiamo trovato tutte le bandiere) io ero in questo gruppo. Alla fine ci ha detto anche che dovevamo presentare il nostro lavoro e mi sono offerta io, poi una mia compagna, Zaira, ha presentato in argentino. Osservando le realizzazioni delle altre classi devo dire che mi sono sembrate meno belle della nostra, tranne la barca che infatti ha vinto a pari merito con noi… anche se poi ci hanno premiato tutti con delle magliette con la scritta: “Viaggio verso Itaca”. Attraverso questo progetto ho capito che devo guardarmi di più in giro perché io non pensavo fossimo così tanti a scuola a venire da paesi diversi!! Con l’occasione di questo progetto ci siamo ritrovati anche a parlare degli stranieri in generale e poi di come le ragazze straniere della nostra classe si sono sentite quando sono entra-

te in questa scuola. Siamo riusciti anche a legare anche di più come classe attraverso questo obiettivo comune, quello di creare qualcosa per vincere un concorso. Prima c’era qualche problema ad andare d’accordo, invece c’è stata molta cooperazione nei nostri gruppi di lavoro, anche il nostro compagno di classe disabile ci ha aiutato e per noi è stato bello. Secondo me Itaca è servito anche per dire a tutti che siamo tutti uguali, abitiamo tutti nello stesso mondo! Credo che questa scuola sia una delle poche che organizza queste cose, io sono stata anche al liceo ma lì non si sentiva mai parlare di questi argomenti.

OMAR KORICHI Studente classe Quinta F Sono Omar Korichi, frequento la classe Quinta F dell’Istituto “don Milani” di Rovereto, sono di origine marocchina ed ho affiancato un ragazzo di origine egiziana. La mia esperienza nel progetto Tom Tom La mia esperienza nel “Tom Tom” nasce l’anno scorso quando vengo contattato dal mio insegnante di italiano di prima, il prof. Pizzini, il quale mi illustra e mi spiega il progetto proponendomi di affiancare un ragazzo di origine egiziana. Conosco l’italiano, ma anche l’arabo, lingua che mi avrebbe consentito di interloquire con il ragazzo; nonostante le diverse provenienze, infatti, io e Ramzy condividiamo la conoscenza della lingua araba. Quando mi è stata proposta l’opportunità di aiutare un mio coetaneo ed essere una sorta di “stella polare” che orienta il viaggiatore nel suo viaggio, mi sono sentito utile per il nuovo compagno, per la scuola e anche per me stesso, in quanto aiutare una persona in difficoltà è una buona azione e le buone azioni ti fanno sentire soddisfatto di te stesso e migliore all’interno della società; inoltre l’essere buoni è molto contagioso e porta alla diffusione dell’altruismo e della gentilezza, caratteristiche che nella scuola non devono mai mancare! Questo progetto mi piace e l’ho appoggiato fin dall’inizio al 101% in quanto, in precedenza, avevo avuto l’occasione di vedere molti studenti arrivati in Italia ed essere affiancati da persone adulte che, come “mediatori linguistici”, accompagnavano il nuovo alunno per un breve periodo iniziale, dopodiché veniva lasciato in autonomia. Questo, a mio avviso, non porta all’integrazione dello straniero nella classe e nel sistema scolastico, mentre se ad aiutarlo è un altro studente, o più di uno, e non solo per il periodo iniziale, possono nascere anche delle vere e proprie amicizie. Secondo me i momenti positivi nei quali ho veramente aiutato il mio compagno Ramzy sono stati diversi; inizialmente non sapeva dove fosse situata la mensa e l’ho accompagnato con piacere nel mio tempo libero ed extrascolastico, mostrandogli poi le fermate “strategiche” dei bus; ovviamente ci siamo incontrati diverse volte nei corridoi, a ricreazione e in varie altre situazioni. Adesso il mio “passeggero” è abbastanza autonomo e si è inserito nell’ambiente scuola e credo che, in parte, sia anche merito mio e del “Tom Tom”. Penso che questo tipo di sostegno e di offerta sarebbe bello venisse estesa un po’ in tutte le scuole. n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

31


MOMENTI

32

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


DALLE SCUOLE

l’incontro BERLINGUER

Nel Museo Civico e nelle scuole Non è stata la prima volta di Luigi Berlinguer a Rovereto e neppure la prima volta in Trentino. Già in passato, Luigi Berlinguer, era giunto in Trentino e s’era intrattenuto a parlare di scuola e di scienza, anche in veste di ministro della pubblica istruzione, ma aveva voluto già in passato visitare alcune scuole ad indirizzo tecnico e professionale. Giovedì 31 gennaio 2013, Berlinguer ha trascorso l’intera giornata a Rovereto, stavolta nella veste di membro del Parlamento Europeo e presidente del Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica, ha visitato con molto interesse e curiosità due istituti della città e, nel pomeriggio, gli operatori del Museo Civico di Rovereto. In questo servizio, riportiamo due brevi resoconti che abbiamo chiesto all’istituto “Marconi” ed al CFP Veronesi ed uno sull’incontro al Museo civico. (m.c.) Istituto Tecnico Tecnologico “MARCONI” ROVERETO L’on. Berlinguer si è intrattenuto con la dirigente Laura Zoller, lo staff dei collaboratori ed alcuni docenti responsabili di progetto in un intenso confronto su alcuni nodi importanti che la scuola si trova ad affrontare quali il rapporto tra i Saperi e la sfida della costruzione di sinergie sempre più strette tra Scuola, Mondo del Lavoro e Ricerca a sostegno dell’occupabilità dei giovani. È stata quindi per noi una preziosa occasione di riflessione sulle potenzialità ed opportunità che il futuro Polo della Meccatronica di Rovereto può offrire ed un importante stimolo a continua-

re sulla strada dell’innovazione con gli occhi rivolti all’Europa. A conclusione della visita l’on. Berlinguer ci ha inviato il seguente messaggio con “un lusinghiero apprezzamento nei confronti della nostra scuola e della Scuola trentina nel suo complesso, di sicuro incoraggiamento a proseguire sulla strada intrapresa”: Nella visita all’Istituto Marconi di Rovereto ho avuto modo di constatare personalmente l’alto livello formativo e organizzativo raggiunto dalla scuola. Si tratta di un concreto esempio di come l’autonomia territoriale accompagna in modo sinergico la realizzazione dell’autonomia scolastica. Questo è il modello di scuola, learning-centred, dove lo studente è protagonista della costruzione del

proprio sapere, con il contributo essenziale della tecnologia. Importante è la maturità e la disponibilità del corpo docente, che ho visto interpretare il nuovo ruolo di professionista dell’educazione nella società della conoscenza, secondo la migliore cultura europea. Si è trattato per me di un’esperienza assai coinvolgente perchè è emerso che le idee sulla scuola nuova sono, non soltanto valide, ma realizzabili. On. Luigi Berlinguer NELLE AULE-LABORATORI students in cloud

Quando viene aperta la porta dell’aula della classe terza a informatica-scientifica Berlinguer osserva gli alunni e chiede loro: “Ma dove sono finiti i “catafalchi” neri?”, banchi ricordo delle scuole di un tempo. Gli studenti, divisi in gruppi di quattro, sono seduti attorno alle loro scrivanie ognuno con il proprio netbook davanti a sè. È in corso la lezione di Tecnologie ed essi stanno lavorando a materiale di diverse discipline. C’è chi sta sistemando appunti presi durante la lezione, chi sta elaborando relazioni di fisica e chimica, chi invece sta implementando il proprio sito con dati raccolti ed elaborati nel corso della mattinata. Gli alunni spiegano all’ospite che i libri di testo non sono scomparsi ma che buona parte del loro lavoro ruota attorno al netbook che essi utilizzano non solo per le materie tecniche ma anche per quelle scientifiche ed umanistiche. In questa classe, infatti, utilizzando i margini di autonomia e flessibilità previsti dai nuovi piani di studio, gli alunni hanno l’opportunità di approfondire la propria preparazione anche nell’ambito scientifico, attraverso un approccio esclusivamente progettuale. Il netbook n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

33


e la piattaforma Google rappresentano il punto di forza del nuovo impianto didattico con un “laboratorio itinerante” sempre a disposizione, attraverso il quale avere un costante feedback da parte dei docenti con i quali possono comunicare anche al di fuori dell’orario scolastico, condividere con loro e con i compagni documenti, proposte, ipotesi di lavoro, quesiti. La classe sta sperimentando una modalità didattica innovativa in cui gli alunni sono protagonisti del proprio processo di apprendimento e svolgono un ruolo attivo nella costruzione delle proprie conoscenze e competenze. Il docente come risorsa competente con la quale costruire assieme un percorso condiviso negli obiettivi e nel metodo. Grazie a questa impostazione, gli studenti rafforzano la consapevolezza delle proprie potenzialità, la capacità di relazionare e confrontarsi, sviluppano un atteggiamento di curiosità ed acquisiscono strumenti che consentono loro di porsi con atteggiamento propositivo di fronte a problemi. insegnanti: Daniela Toldo, Alessandra Teresi robotica educativa

La classe 2B sta svolgendo una lezione di fisica nel laboratorio di informatica quando l’on. Berlinguer fa loro visita. I ragazzi mostrano i robot con cui stanno lavorando, divisi in gruppi di tre, e spiegano che una parte delle ore dedicate alle di-

34

scipline scientifiche, matematica, fisica, chimica e biologia, si svolge in quest’aula, con la compresenza del docente delle materie scientifiche e del docente di informatica, esperto in robotica educativa. Uno degli alunni illustra la modalità con cui si lavora: l’insegnante pone un problema connesso ad uno specifico argomento delle propria disciplina, ma spesso correlato ad un’altra delle materie scientifiche, e invita i gruppi di lavoro a prospettare soluzioni utilizzando il kit Lego. Sulla lavagna interattiva, ad esempio, lo studente mostra una sequenza di istruzioni base di un programma utilizzato per raccogliere dati attraverso un sensore ad ultrasuoni. Lo scopo è quello di verificare le prestazioni del sensore al variare delle condizioni di lavoro, nell’ambito dell’argomento relativo al comportamento onde radio utilizzate dal sensore stesso. Come spiega il docente di fisica, la programmazione del robot richiede competenze informatiche in parte acquisite al primo anno, in parte costruite proprio con il supporto del docente di disciplina, ma soprattutto necessita di solide basi matematiche, e rappresenta un aspetto fondamentale di un approccio che vede la forte interazione fra competenze tecnologiche e scientifiche. I ragazzi riescono ad assimilare in modo efficace e sono oggetto di documentazione puntuale delle varie fasi di attività. Prima di salutare la classe l’on. B.,

scherzosamente chiede: ‘E se succede che qualche volta nel gruppo non si va proprio d’accordo?’ ‘Abbiamo imparato a confrontarci senza litigare’ dice uno di ragazzi. insegnanti: Gianfranco Festi e Paolo Pancheri – formazione a distanza Nell’ambito dello stesso incontro con l’on. Berlinguer, e prendendo spunto dal suo riferimento agli obiettivi europei per il 2020, sono stati presentati i corsi serali attivati presso l’ITT “Guglielmo Marconi” (Elettronica, Informatica e Meccanica). In particolare, è stata presentata l’esperienza del servizio di formazione a distanza offerto agli studenti degli stessi corsi, realizzata con l’utilizzo dell’ambiente di apprendimento in rete open source Moodle (http://fad.marconirovereto.it/sirio/): nel sito vengono inseriti i contenuti didattici digitali utili per gli studenti, in diversi formati: documenti pdf con spiegazioni ed esercizi, file generati dal software della lavagna interattiva multimediale con appunti delle lezioni, video lezioni con audio, presentazioni, il tutto prodotto dagli stessi insegnanti aderenti al progetto. Da gennaio 2013, è iniziato l’utilizzo dello strumento Hangout di Google+, in via sperimentale nelle classi IV e V Informatica: tale strumento permette il collegamento sincrono fra nove account diversi, con la possibilità di comunicazione audio e video, nonché di condivisione dei file in uso. Utilizzando il computer presente in classe o in laboratorio di Informatica, dotato di connessione Internet ad alta velocità, collegamento con la lavagna interattiva multimediale e Webcam, è quindi possibile svolgere le lezioni con la partecipazione attiva anche degli studenti che in quel momento si trovano a casa, per i motivi più diversi. Insegnanti: Luca Boschi, Nicola Miolo e Andrea Trentini fad

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


“VERONESI”

Al Centro di Formazione Professionale Ha usato parole di vivo apprezzamento per l’attività formativa del CFP “G. Veronesi” l’ex ministro della pubblica istruzione Luigi Berlinguer che oggi ha chiesto esplicitamente di visitare il nostro istituto professionale di piazzale Orsi, un modello formativo e professionalizzante – ha soggiunto l’ex ministro – da esportare nelle altre Regioni italiane. Laboratori di Elettronica, di meccanica di precisione… Nella visita ai laboratori di Elettronica, di meccanica di precisione, di CNC, saldatura e PLC è stato accompagnato dalla dirigente Laura Scalfi, dal presidente dell’Ente Marco Giordani e da alcuni docenti responsabili dello sviluppo del “progetto meccatronica” su cui il centro è impegnato sia con una sperimentazione didattico/formativa che ha preso avvio nel corso di quest’anno formativo che nell’attuazione del IV anno di Diploma di tecnico. Luigi Berlinguer si è intrattenuto con gli studenti soprattutto nei laboratori, nel centro a controllo numerico, nel laboratorio elettronico e nel centro della meccatronica e dell’automazione. Osservando i giovani studenti del terzo anno di operatore alle macchine a controllo numerico Berlinguer ha espresso compiacimento per il grado di autonomia alle macchine utensili raggiunto dagli

allievi, capacità operative che coniugate ai saperi teorici permettono ai giovani qualificati trovare immediatamente una occupazione, nonostante la crisi. Attenzione al polo della meccatronica Visitando i laboratori della meccatronica e dell’automazione Luigi Berlinguer ha voluto conoscere a fondo il progetto legato al costruendo “polo della meccatronica” di via Zeni a Rovereto dove troveranno collocazione fianco a fianco le sedi del CFP “G. Veronesi”, dell’ITT “Marconi”, i laboratori di ricerca dell’Università ed alcune aziende di eccellenza ed avanguardia tecnologica. Il progetto è stato giudicato lungimirante e di prospettiva tanto che l’onorevole ha precisato che “Sono esattamente queste le sfide che dobbiamo cogliere, affrontare ed avviare per favorire virtuosi processi di crescita e sviluppo delle imprese ad alto valore aggiunto e d’avanguardia tec-

nologica che trovano un terreno fecondo se incontrano manodopera preparata e specializzata. Grazie al percorso formativo gestito dal CFP “G. Veronesi” le aziende possono disporre di giovani in grado di coniugare i saperi teorici con l’esperienza tecnica ed operativa. Un ruolo che il CFP assolve in maniera pregevole e che dovrebbe essere esportato in altre Regioni per sostenere lo sviluppo economico ed occupazionale” l’onorevole ha poi aggiunto che molto importante e significativa per il successo del polo della meccatronica sarà inoltre la presenza dell’Università con i propri laboratori di ricerca, accanto a scuole ed aziende. Un modello di sviluppo già ampiamente sperimentato con successo nel nord Europa”. Dopo la visita al Centro è stato possibile un confronto sulle emergenze che investono oggi il mondo della scuola e dell’ educazione e sulla necessità che questi temi ritornino al centro della politica, perché il futuro delle nuove generazioni passa inevitabilmente dalla comunità scolastica che deve essere in grado di formare lavoratori preparati ma soprattutto cittadini responsabili. (E.T.) Il messaggio “Mi complimento per quanto ho visto nel vostro centro di formazione professionale, per la dovizia di strumenti e per l’evidente qualità dell’attività formativa, che assicurano così buoni risultati sia nella preparazione che nella occupabilità dei vostri studenti. Mi sembra importante aver privilegiato il rapporto con le realtà produttive presenti nel territorio, non trascurando aspetti di formazione culturale. On. Luigi Berlinguer “ n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

35


Museo Civico Rovereto “RUOLO CIVICO”

L’incontro conclusivo col Museo La full immersion dell’onorevole Luigi Berlinguer a Rovereto, dopo la visita all’Istituto “Marconi” ed al Centro di formazione professionale “Veronesi”, s’è conclusa con un incontro al Museo Civico di Borgo Santa Caterina a Rovereto con una rappresentanza di dirigenti scolastici, insegnanti ed operatori dei musei, a cominciare da tutti quelli del Civico. Non un incontro formale, ma un breve ma intenso scambio di pareri su come una struttura museale possa davvero diventare motore di diffusione, crescita e sedimentazione della cultura scientifica, come possa crecare sinergia vera con la scuola ed il territorio in genere, a partire proprio da ciò che Berlinguer aveva avuto modo di vedere al mattino nelle scuole e dal panorama ampio delle attività che gli sono state presentate in diretta dal Museo Civico Finotti: I musei non sono tutti uguali… non solo per grandezza! La parte più interessante dell’incontro è stata decisamente quella che ha registrato un vero scambio di opinioni su cosa voglia dire nella realtà quotidiana, “nei fatti”, lavorare per una cultura scientifica nella società, in un territorio specifico. Il modo migliore per farlo era partire da come lavora da tempo il Museo civico di Rovereto, a partire dalla presentazione fatta a Berlinguer dal presidente del Museo, Giovanna Sirotti, assessore all’istruzione del Comune di Rovereto, che ha fatto da apripista, prima che il direttore Marco Finotti mettesse sul tappetto alcune domande pesanti. “Mentre noi siamo qui presentare le nostre attività, il direttore del Cimec - Centro Mente e Cervello

36

dell’Università di Trento sta parlando agli studenti del licero Rosmini ed io stesso ero lì poco fa. Questo per dire che i musei non sono tutti uguali, ci sono quelli grandi, i medi e i piccoli, ma non è la grandezza il solo parametro di giudizio: quello che conta è chi dice “Questo museo è un istituto di formazione sociale, è un museo con un ruolo civico di istituzione.” Lo Stato ha sempre considerato i musei come un problema di spesa, ma dobbiamo capire quale è la parte spendibile del museo e come posso metterla a disposizione degli altri. Si tratta di rivendicare per il museo questo ruolo civico, rispetto al quale non possiamo essere neutri, ma dobbiamo essere di parte. Il nostro museo è il luogo del “dato”, ma anche del “pensato”. Però, fuori da qui resta la doman-

da: come fa una piccola realtà come la nostra a incidere fuori dal contesto locale? Tante domande in cerca di risposte Di domande, per la verità, ne sono giunte altre nel confronto. Dario Di Blasi, responsabile dell’esperienza di 25 del Festival del Cinema Archeologico, ha parlato dell’importanza della memoria come precondizione per la formazione, ricordando anche come “nel sentire comune, oltre che nei programmi elettorali, la cultura è percepita sempre come residuale ed in perenne conflitto con l’economia”. Nello Fava ha insistito sulla continuità per gli operatori di un museo. Il dirigente scolastico Giuseppe Santoli ha richiamato l’emergenza degli istituti, comprensivi proprio perché “non è vero che lì il metodo scientifico funzioni”. Nella replica finale, Berlinguer ha condiviso la priorità di interventi nel primo ciclo ed ha poi ripreso l’elogio del Trentino: “Siente condannati ad essere avanguardia, mentre in Italia permangono stereotipi e bestemmie sulla cultura scientifica”. Purtroppo “siamo nell’era in cui anche la tecnologia è pura tecno e per nulla cultura. I cuochi non si salvano con qualche ora in più di storia, ma va recuperata l’unitarietà della cultura, via lo stereotipo licei = cultura, tecnici= tecnica, professionale = tornio o cucina. Va bene l’indirizzo, ma ci vuole cultura, che vuol dire anche tecnologia”. (m.c.)

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


eventi TRACCE

Area documentazione pedagogica È sicuramente la prima Area di Documentazione Pedagogica che viene inaugurata in Trentino, nel pomeriggio del prossimo giovedì 21 marzo 2013, a Palazzo Todeschi a Rovereto, ancora per poco sede ufficiale del Centro per la formazione permanente del personale del sistema educativo trentino, che presto diventerà la sede ufficiale del nuovo Iprase unico. Inaugurazione con un “ospite di lusso”, Steve Seidel, Direttore di Facoltà, Arts in education. Ricercatore Senior, Project Zero Harvard Graduate School of Education, che terrà una relazione su “La visibilità dei processi di studio di apprendimento”. Ci sarà, ovviamente anche le autorità provinciali e dell’amministrazione di Rovereto, così come i responsabili dell’attuale Centro Formazione Insegnanti di Rovereto, che fino al 30 marzo 2013 continuèrà ad agire come sempre. Insomma, questa è una delle ultime iniziative ufficiali autonome del Centro di Rovereto, prima della “fusione” con l’Iprase del Trentino e della nomina del comitato scientifico, del presidente dello stesso e del nuovo direttore dell’Istituto. L’impostazione L’area della Documentazione pedagogica è un luogo fisico e virtuale di Innovazione per tutte le realtà scolastiche, educative e formative. L’area della documentazione si articola in sezioni che raccolgono e mettono a disposizione dei Fruitori materiali cartacei e informatici, favorendo la crescita di una comunità educante che intende Valorizzare la professione dell’insegnare come mestiere magistrale. Un ambiente accogliente nelle forme e nei colori che occupa le sale di Palazzo Todeschi e si sviluppa parallelamente a un luogo virtuale in cui raccogliere, valorizzare e diffondere le buone prassi realizzate nelle Scuole del territorio. Gli spazi creati e allestiti costituiscono dei luoghi per condividere buone esperienze e pratiche di lavoro, proponendo agli insegnanti itinerari didattici, progettualità d’istituto, approfondimenti culturali, iIntegrando persone, saperi e contesti. La particolarità degli ambienti, dove antico e moderno trovano n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

una combinazione armonica e intellettuale di storico significato, caratterizza lo stile e la qualità dell’area in costante divenire. L’articolazione • L’accoglienza, luogo di benvenuto e conversazione per i docenti e i visitatori. • La sala degli incontri e consulenze, per riflessioni su “casi di scuola” e situazioni didattiche circostanziate e specifiche. • L’area dei materiali documentari sull’insegnamento e sull’educazione pedagogica, con libri, riviste e testi attinti dall’editoria nazionale e internazionale. • La mediateca delle scuole trentine, dove si raccolgono e condividono le pratiche didattiche degli insegnanti. • La sezione documentale delle iniziative di ricerca e formazione per lo sviluppo professionale dei docenti promosse e realizzate nel contesto provinciale. • Lo spazio virtuale di raccolta e condivisione a distanza dei materiali della documentazione.

Il Seminario di studio Seminario di studio 21 marzo 2013 La visibilità dei processi di studio di apprendimento ore 14.30 Introduzione ore 15.00 La visibilità dei processi di apprendimento. Innovazione didattica e documentazione educativa. Steve Seidel ore 17.30 Dibattito Steve Seidel Direttore di Facoltà, Arts in education. Ricercatore Senior, Project Zero Harvard Graduate School of Education. L’inaugurazione AREA DOCUMENTAZIONE PEDAGOGICA Palazzo Todeschi via Tartarotti 7 Rovereto Palazzo Todeschi - via Tartarotti 7, 38068 Rovereto (TN) tel. 0461 494500 - fax 0461 499266 formazionescuola@provincia.tn.it www.formazionescuolatrentina.it

Azione realizzata nell’ambito dei progetti di formazione cofinanziati dal FSE Provincia Autonoma di Trento denominati “Attivazione di un sistema organico e strutturato di azioni destinate alla formazione permanente dei formatori”(asse IV, ob. spec. H).

37


scuola primaria Terlago TERLAGO

Rivive la scuola popolare Un almanacco, un album, un brogliaccio, un testo di storiografia scolastica locale? Il lavoro del maestro Guido Prati, in collaborazione con Verena Depaoli, è un po’ tutto questo. “Tutti presenti… Signora maestra! Nella scuola popolare di Terlago”. Una fatica robusta di ricordi, documenti, fotografie che ritraggono Terlago e le sue frazioni attraverso il bianconero di volti di persone, di scorci di paese, di documenti politici, di tessere di partito, di gruppi di scolaresche, di attestati e via dicendo, in un arco temporale che supera un secolo, ovvero dal 1826 sino agli anni ‘60 del Novecento. Uno strumento “divulgativo” Opera – dichiarano gli autori - volutamente ispirata ai criteri divulgativi “pur attendendoci alla massima fedeltà e rispetto delle fonti”. Ed vero. Lasciano parlare i documenti, cedono la parola ai dimenticati autori dei diari, maestri, uomini di chiesa, piccoli alunni. Privilegiano lasciar scaturire il messaggio direttamente dalle immagini, direttamente dalle frasi vergate con grafie colte o incerte in punta di pennino intinto nel più umile inchiostro. Ma da quelle testimonianze lievitano descrizioni, quadri di una vita scolastica e di paese che da lontano in qualche maniera ci confermano la fondamentale importanza dell’istruzione per le sorti progressive di ogni comunità sia essa cittadina o di villaggio. Il lavoro si divide in sette parti principali: “La prima parte si occupa di portare alla luce le notizie più frammentarie rinvenute negli archivi storici o nelle collezioni private e che riguardano talvolta la vera quotidianità del vivere scolastico. Il secondo segmento, attraverso il diario della Maestra Maria (Battistata, maestra nella scuola popolare di Terlago ... ripercorre gli ultimi due anni del periodo asburgico (o meglio dal 16 ottobre 1916 al 4 novembre 1918)”. Questo secondo capitolo offre molti stimo38

li alla comprensione del cammino evolutivo della figura del docente perché, mentre descrive l’esistenza scolastica della Maesta Battistata, rivela la condizione di un’insegnante sempre alle prese con la precarietà e l’insicurezza del suo ruolo. Bassi salari, incertezza della pensione, classi numerose, richieste di lavoro che travalicano le competenze proprie della funzione, famiglie che delegano e poco o per nulla sono disposte alla collaborazione. “Da Regno a Regno”, in cronaca diretta Il capitolo “Da Regno a Regno” ci porge in cronaca diretta pagine toccanti di un momento tristissimo della condizione del Trentino: “ ... l’alto numero di scolari della mia classe mi impedisce di essere vicina ad ognuno ... Se a tutto ciò aggiungiamo la scarsità di carta, di matite, di materiale scolastico insomma, e il disagio dovuto all’ambiente, il quadro è completo. non manca il contegno disdicevole di alcuni di loro e il disinteresse delle famiglie. Di sicuro il clima in cui viviamo tutti non aiuta: incertezza del futuro, paura, povertà arrivata al limite della dignità, denutrizione e frequenti malattie ... “. E più in là: “il Comune sarà in ritardo con il mio salario a causa delle ristrettez-

ze dovute alla guerra in corso. Spero non sia vero”. Ma il tempo che passa non porta conforto. Matura la disillusione. Vacilla la fede nelle istituzioni, vacilla la speranza che la guerra si risolva in pace. “Natale 1917. Natale: il quarto di guerra. È un gelido Natale soprattutto nel cuore. Lo sconcerto persituazione che viviamo è grande. ...Ci troviamo in un ingranaggio che inesorabile stritola ogni cosa. Credo di vivere un’epoca eccezionale nella quale a guerra finita tutto sarà, per forza, diverso: che si vinca o si perda. ... Mi ritrovo alla fine della carriera con un pugno di mosche, stanca, sfiduciata, delusa. Chi sono io? Sono austriaca o italiana austriaca? O tirolese di lingua italiana? Che patriota piena di dubbi sono diventata! ... Penso che dentro l’animo mio stia crollando un mondo nel quale credevo fortemente e dal quale non vorrei staccarmi”. La scuola fascista “La scuola fascista, che ritroviamo nella terza sezione, è, nei progetti, ovviamente l’apparato ideologico di Stato più rigoroso. Mussolini vagheggia un italiano nuovo ... Ma la storia, anche a scuola, è più complessa di ogni programma”. Il capitolo “Scuola durante il Ventennio” emblematicamente si apre con il “Foglio di disposizioni n. 817, Roma 28 maggio 1937, XV E .F. 2° dell’Impero”. Il saluto al n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


fascista la scuola”. L’attività scolastica è massicciamente invasa di vicende politiche: commemorazione di Arnaldo Mussolini il 22 dicembre 1931, gli scolari raggiungono Trento per vedere Achile Starace nel 1933, le scolaresche raggiungono la stazione ferroviaria di Trento per assistere al passaggio del treno di Hitler ne 1938. Il razzismo diventa un sentimento diffuso e nemmeno la Chiesa ne è esente.

duce e il saluto ai gerarchi sottolineano con cura maniacale i comportamenti esteriori delle persone, maestri e allievi.” Benito Mussolini perseguiva l’obiettivo di un’Italia abitata da convinti ed obbedienti fascisti. La scuola e l’educazione dei giovani era lo strumento per raggiungere lo scopo. Il 12 ottobre 1922 venne emanato tra lo sgomento dei maestri il nuovo regolamento scolastico, che esonera dalla frequentazione della scuola, insieme a coloro che vengono istruiti in famiglia o in istituti privati, quei “fanciulli e fanciulle affetti da imperfezioni mentali o corporali che ostacolano il raggiungimento della meta dell’istruzione”. La fascistizzazione della scuola cominciò veramente nel 1929. I pilastri dell’istruzione erano rappresentati dalla monarchia e dalla chiesa,dall’esercito e da dio,dalla patria e dalla famiglia…” La scuola fu, come asseriscono gli autori, certamente l’istituzione la più importante al servizio del regime fascista per formare buoni fascisti. L’insegnante E. M. annota nel giornale di classe dell’anno scolastico 1941-42 “ho ripreso con fede n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

“Un anno di scuola” col maestro Prati Il quarto capitolo ci introduce nelle vicende del maestro Prati per “Un anno di scuola”. Ormai alle soglie degli anni ‘60 del secolo XX, ci inoltriamo nell’intima esperienza del novello insegnante alle prese con i bambini di Covelo e Monte Terlago. “Brutta giornata quel primo ottobre 1960; pioveva a scrosci fin dal primo mattino e le nubi pesanti di pioggia riempivano i valloni della montagna giù fino agli ultimi masi”. Nonostante la pioggia era un giorno speciale per il maestro Prati; il giorno della sua prima nomina, della sua prima lezione che trascorse come un lampo “tanto grandi erano le novità”. E come il primo giorno di scuola anche il resto dell’anno scolastico volò via leggero, lasciando intatta nel tempo la nostalgia. “Tutto era improntato ad un attivismo ragionato che al di là delle normali applicazioni delle singole discipline si estrinsecava in una molteplicità di iniziative dove la manualità, le osservazioni scientifiche, la recitazione, la musica e il canto, il disegno e l’uso del colore si alternavano con le lezioni all’aperto ... le ricerche, le attività di educazione fisica, le visite, il teatro”. È proprio vero, al pari dell’autore, che non si va lontano dalla realtà quando si afferma che “la storia della nostra scuola trentina è certamente illustre perché fatta di consapevole impegno, di serietà e operosità”.

Le pagine “non scritte” I restanti tre brevi capitoli concludono la narrazione di questo operoso contributo sulla storia culturale della Comunità di Terlago. Seguono sette pagine dedicate a tutto il “Personale scolastico” che in questa Comunità a svolto il proprio magistero educativo dal 1900 al 1969. Altrettante pagine sono poi dedicate a “Il Quaderno” di Tullio Depaoli un ex scolaro diventato grande: “Questa è la grande storia di un piccolo bambino che grazie ad un grande quaderno divenne uomo”. E per ultime le “Piccole Luci dal 1814 al 1963”. Si tratta di un capitolo non scritto ma colmo di immagini di libri di testo, di vecchi elenchi di alunni, di leggi e ordinanze, di documenti di archivio e foto, tante foto di bambini e adulti in posa tra i banchi o dinnanzi ad una chiesa o su di un prato di montagna. Anche questo è memoria. Antonio Di Seclì Guido Prati, Tutti presenti... Signora Maestra! - Nella scuola popolare di Terlago, litografia Amorth, Trento, 2011, pp. 319

39


SCUOLE DELL’INFANZIA provinciali

seminario NARRARE

Parole pensieri forme Sabato 19 gennaio 2013 – Palazzo istruzione Trento: “Le parole del narrare” Narrare è azione antica ma mai vecchia. Nelle scuole diventa strumento per insegnare il mondo ai bambini e luogo dell’immaginario dove accompagnarli nella scoperta di se stessi. Il seminario “I pensieri del narrare” - organizzato dall’Ufficio Infanzia del Servizio Istruzione e dedicato agli insegnanti della scuola dell’infanzia provinciale e agli educatori in generale - ha messo in luce alcuni aspetti fondanti del raccontare storie e altre nuove dimensioni su cui porre l’attenzione. Punti di vista: Dallari, Negro, Bacci Nella scuola dell’infanzia la narrazione trova ampio spazio e diverse forme - per questo è importante rendere esplicite le componenti di un momento educativo non sempre conosciuto nel suo grande potenziale. Tre sono stati i punti di vista per dare forma a più mirate consapevolezze. Quelli di: Marco Dallari, professore dell’Università di Trento e scrittore di testi sulla narrazione, Alessandra Negro, pedagogista docente all’Università di Torino Francesca Bacci, storico dell’arte,

esperta su tematiche di neuroscienze, che studiano i processi cerebrali. Miriam Pintarelli, direttore dell’Ufficio Infanzia, ha aperto i lavori sottolineando come il seminario fosse occasione preziosa per individuare i punti nevralgici del tema: gli aspetti affettivo-relazionali, quelli funzionali-cognitivi, e quelli relativi alla scelta delle storie, che hanno valenze differenti e quindi pongono obiettivi distinti. Una storia agisce su più livelli: quello intellettivo, che riguarda la percezione, il cogliere la sequenzialità degli episodi e le caratteristiche dei personaggi, la comprensione degli eventi, e quello che tocca la sfera emotiva

e di senso, in questo caso l’adulto, attraverso l’empatia, deve saper cogliere i bisogni del bambino per offrirgli materiale simbolico attraverso cui elaborarli. Sono momenti diversi, in cui molto diverso è lo sguardo e l’intento, di ciò un educatore deve essere pienamente consapevole. MARCO DALLARI Ha posto l’accento sulla narrazione come cura. È infatti dall’esperienza di qualcuno che si prende cura di noi che inizia il senso dell’esserci e si costituisce la base della ricettività e la disponibilità a interagire. La cura è dunque emancipazione, non solo protezione, e la narrazione è una delle situazioni speciali di questa significativa relazione. La dinamica narrativa prende forma già durate l’allattamento, nelle coccole, nel cambi di pannolino: è un dialogo di corpo e sguardi in cui non viene semplicemente dato al piccolo ma co-costruito insieme a lui, che risponde, partecipa, interagisce; si crea il rapporto e un racconto. Pensiero simultaneo o narrativo A scuola poi occorre curare la capacità di narrazione sostenendo la costruzione del “pensiero narrativo”.

40

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


Nella realtà odierna ciò che viene maggiormente stimolato è soprattutto il “pensiero simultaneo”, in cui i bambini si dimostrano molto forti: operazioni di stimolo/risposta, più operazioni mentali compiute contemporaneamente; ne risente però il “pensiero sequenziale”, quello che implica attenzione a lungo termine, capacità di sviluppare sequenze logiche, di comprendere e produrre argomentazioni e narrazioni anche complesse. C’è quindi bisogno di lavorare in tal senso, per sostenere l’articolazione di pensieri complessi. Grazie all’esperienza narrativa, i bambini si abituano a prolungare l’attenzione, ma anche a differire la gratificazione affettiva, che non viene scaricata immediatamente ma raffinata attraverso i meccanismi dell’attesa e della concatenazione. Le funzioni della narrazione La narrazione sviluppa diverse funzioni mentali, perciò esserne competenti consente di elaborare un potente congegno metacognitivo (il ‘pensiero narrativo’), che i bambini utilizzeranno anche in altri ambiti, ben oltre il mondo dei racconti, anche nelle pratiche di gioco, di immaginazione, di comprensione. Appartiene al pensiero narrativo la funzione metaforica, propria del pensiero analogico, che consiste nella capacità di produrre associazioni, similitudini, metafore, e la funzione inferenziale, che produce proposizioni come conseguenza necessaria di altre. Si sviluppa inoltre la capacità di spezzare e distinguere immaginario e realtà, che si costruisce grazie al contratto di finzione, così denominato da Gianni Rodari, che si instaura fra narratore e ascoltatore: è un accordo implicito che “sospende” la dimensione spazio-temporale del “qui e ora” per immergersi in un mondo dove le regole possono essere diverse e ann. 1-2 gennaio-febbraio 2013

che magiche; ciò permette di portare nell’immaginario le tensioni della realtà e in questa le suggestioni e le risorse dell’immaginario. La narrazione è dunque una risorsa perché insegna a interpretare gli eventi, a porsi domande, a fare collegamenti di senso, a costruire pensieri e frasi che tengono conto di più variabili. Tutto questo serve al bambino, cresce nel ragazzo e, insieme ad altri fattori, costruisce anche un cittadino che, ad esempio, oltre agli slogan elettorali si interessa anche dei programmi e quindi è più presente a se stesso e alle circostanze, meno vittima e più protagonista. ALESSANDRA NEGRO Ha affrontato le funzioni psicologiche e pedagogiche della narrazione. Nelle storie è presente un paesaggio duplice: lo “scenario dell’azione”, e quello della “coscienza”, cioè i vissuti emotivi dei protagonisti. I due piani sono fortemente intrecciati perché la narrazione è costituita dall’oscillazione tra mondo interno e mondo esterno, piano della conoscenza e piano di realtà: questa si chiama “area intermedia di esperienza”. La fiaba è un costrutto intellettuale complesso che richiede una certa agilità di pensiero, che si costruisce anche attraverso la fruizione di racconti ben formati, con “categorie canoniche” che formano e organiz-

zano la struttura di una storia. Stein e Glenn hanno elaborato un tipo di grammatica delle storie rappresentata da sei categorie minime perché si possa dire che un testo è una storia; ci vuole un personaggio principale, che si trova di fronte a una situazione inattesa (problematica, non desiderata), mette in atto azioni per fronteggiarla, perviene a una risoluzione del problema iniziale. Il personaggio principale attiva un immediato coinvolgimento affettivo ed emotivo del lettore/ascoltatore, un processo di identificazione, con un rispecchiamento negli stati emotivi dei personaggi), quindi agisce un processo di proiezione di aspetti di sé. Lo stess e il coping Con la Psicologia moderna potremmo definire la situazione-fiaba come una situazione stressante: gli eventi sono minacciosi, c’è pericolo, si rischia la morte... Il concetto di stress (reazione dell’organismo a uno stressor, evento stressante) assume un ruolo di primo piano nella Psicologia del benessere: stress significa “pressione”, un individuo è come un ponte che deve essere in grado di sostenere pesanti carichi e resistere agli agenti atmosferici esterni. Nella situazione di stress si attiva il coping: una strategia di fronteggiamento, un insieme di sforzi cogni41


tivi e comportamentali (pensieri, sentimenti ed azioni) che un individuo utilizza per far fronte alle situazioni problematiche e ristabilire l’equilibrio. Il coping riguarda l’autoefficacia, la convinzione di “potercela fare”; questa percezione di sé ha una influenza notevole sul modo con cui ciascuno di noi sceglie i propri obiettivi e sul tipo di risultati che pensa di ottenere. La resilienza E si arriva così alla resilienza: la capacità di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a organizzare positivamente la propria vita nonostante le circostanze difficili che facevano pensare a un esito negativo. Tre fattori principali costituiscono la capacità di resilienza: le risorse esterne e il supporto sociale di cui dispone il bambino (senso di fiducia e di sicurezza nei confronti delle persone significative (io ho), le risorse personali, credenze ed attitudini (io sono), le competenze relazionali e di problem-solving (io posso). Si attivano molti processi: la ricerca di sostegno sociale, strategie adattive come l’autocontrollo, si sviluppa il senso dell’humor (correlato al maggior livello di autostima), si arriva all’ammissione di responsabilità (riconoscimento del proprio ruolo nel problema e tentativo di risolverlo), all’accettazione e re-interpretazione positiva degli eventi e una re-difinizione focalizzata sulla crescita personale. Cosa c’entra la fiaba con tutto questo? Molto. Perché attraverso l’identificazione il bambino vive avventure ardite, sfide ad alto contenuto 42

di stress, tensioni verso scopi buoni e giusti (l’eroe lo è sempre), scontri con il male, e in queste avventure sente crescere la propria autostima per il coraggio che il protagonista esprime, si riconosce capace di distinguere il bene dal male, trova fiducia negli aiuti che arrivano (nani generosi, folletti, fate...). E tutto questo gli capita in una “situazione protetta”, dove l’adulto garantisce che nulla di male gli succederà, che ciò che sente è buono, che le pensieri e azioni sono giusti. C’è poi, alla fine dell’avventura, una specie di catarsi, di liberazione dallo “stress” affrontato, che dà gioia e calma, ancor più sentita se l’adulto presente sa capire e condividere tutto questo. Il racconto che usa le categorie della fiaba è dunque terreno dove uno stressor buono sostiene un’immagine di sé positiva, che si può poi riflettere nel reale. “Ce l’ho fatta, sono bravo, sono buono. Che fatica, che soddisfazione!” FRANCESCA BACCI ha parlato delle funzioni cerebrali che si attivano nella narrazione: la memoria e l’immaginazione . Narrare è un’operazione che si fonda su processi cognitivi complessi che implicano fra l’altro l’uso della memoria, cioè la capacità di mantenere ed elaborare le informazioni. L’uomo dispone di una memoria a breve termine, che tiene disponibili i dati su cui sta lavorando solo per il tempo occorrente, e di una memoria a lungo termine: un “deposito” con una capacità illimitata che mantiene l’informa-

zione trasformandola in conoscenze, ricordi e abilità. Il funzionamento della memoria prevede che lo stimolo si traduca in una rappresentazione interna stabile, ciò implica un lavoro di categorizzazione e di etichettatura. Vi sono apprendimenti intenzionali (scolastici) ed altri incidentali (fatti che hanno interessato) e una memoria esplicita (fatti, conoscenze generali). È importante dunque sollecitare l’interesse per favorire gli apprendimenti. Le memorie sensoriali Le sensazioni registrate dai sensi vengono elaborate in zone diverse del cervello. L’odorato e il gusto sono prossimi e collegati ad aree che si occupano di memoria (probabilmente perché importanti per la sopravvivenza); gli altri sensi (come udito e visione) vengono elaborati molto di più prima di arrivare in memoria, rispetto all’olfatto, che ha invece un percorso più diretto (per questo forse gli odori fanno riemergere ricordi in modo immediato). Le memorie sensoriali sono tra le più vivide e forti, possono riportare a percezioni simili all’esperienza come fu. Le storie, i ricordi, sono fatti dunque anche di sensazioni ricreate. Emozioni e linguaggio modificano i ricordi Emozioni e parole incidono sul mantenimento dei fatti. La memoria non è un archivio di fotografie, non abbiamo delle immagini nel cervello, la percezione è invece dinamica, tridimensionale, multisensoriale. Ogni volta che si richiama un ricordo, questo viene ri-formato di nuovo dai suoi elementi costitutivi, non si ripesca così com’era, ma viene modificato con piccole variazioni. n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


Il linguaggio distorce i ricordi per la sua connotazione emotiva o per l’influenza delle parole altrui. Ad esempio, auto sfracellate è percepito diversamente da auto incidentate; le parole aggiungono o tolgono pathos e quindi possono anche alterare quanto è stato percepito. C’è inoltre una memoria del corpo (Embodiment) che agisce sull’interpretazione delle parole, abbinando loro sensazioni multisensoriali, ad esempio i nomi BOOBA e KIKI inducono immagini mentali opposte: tondeggiante la prima e appuntita l’altra. L’immaginazione dunque è, almeno in parte, fatta di memoria, quando la narrazione è efficace, si possono attivare le aree uditorie del cervello immaginando una musica o quelle visive dando forma a un quadro o una scena. La memoria dunque restituisce le sensazioni catturate dalla realtà e tenute a disposizione per dare alle nuove storie i sapori di cui hanno bisogno. Per selezionare tutti questi stimoli che arrivano dall’esterno e dall’interno serve l’attenzione: il meccanismo mentale attraverso cui prendere possesso di uno fra i tanti possibili oggetti o corsi di pensiero che simultaneamente arrivano al cervello; sono pertanto essenziali concentrazione e consapevolezza per potersi ritirare da alcune cose in modo da poterne

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

affrontare efficacemente altre. Per non essere sommersa da stimoli, la mente utilizza degli “script”, rappresentazioni mentali che si costituiscono nel tempo per dare per scontati dettagli comuni quando ascoltiamo una storia, avere una guida per le azioni nelle situazioni sono familiari, notare invece gli eventi poco familiari. Resta il fatto che l’uomo riesce a memorizzare solo un certo numero di dettagli, pertanto quando pone l’attenzione su qualcosa gli sfugge qualcos’altro, magari invece molto evidente per altri. La memoria ha anche delle pecche, come la labilità, il blocco (avere il ricordo “sulla punta della lingua” ma non afferrarlo), la misattribuzione (ricordare un fatto, ma attribuirlo a una fonte o contesto errato), la suggestionabilità che crea “false memorie”, ma anche la persistenza: l’incapacità a dimenticare cose che non vorrei ricordare mai. L’attenzione è una capacità che va comunque esercitata perché possa essere sempre più funzionale. Il punto di vista del corpo A Michele Abbondanza è andato il compito di chiudere il seminario portando alla platea il punto di vista del corpo. Il video di una danza della Compagnia Abbondanza-Bertoni, ha raccontato una storia d’amore, fatta di incontri e abbandoni fra parole di poeti, luci e ombre metropolitane. Ha poi ricordato come il corpo racconti sempre una storia: ognuno di noi porta nel quotidiano una narrazione di sé con i propri atteggiamenti, il tono del corpo, il modo di camminare e di porsi. È una storia che subito viene colta, che inconsapevolmente arriva e fortemente incide sulle persone e gli ambienti. Non è la stessa storia arrivare a scuola con lo sguardo a terra, le spalle basse, il copro ipotonico oppure entrare con lo sguardo diret-

to e la postura sicura. Il corpo parla la sua lingua e i suoi messaggi arrivano prima delle parole, il corpo dà speranza e direzione oppure deprime, demotiva. I bambini hanno recettori molto sensibili che colgono le sfumature dell’alfabeto del non-verbale. Il vestito non “fa certo il monaco” inteso come sentire religioso, ma “fa il monaco” per il messaggio che porta, quindi l’abito è un indicatore, così come la postura. Occorre dunque che gli insegnanti, così come curano il linguaggio con cui pongono il sapere, curino il linguaggio del corpo che esprime la vita. Strumenti: Storie per crescere I temi del seminario trovano continuazione in una pubblicazione della collana “Itinerari - Strumenti e riflessioni educative”, “Storie per crescere”, scritto da Alessandra Negro e Anna Tava, e che sarà prossimamente consegnato nelle scuole dell’infanzia provinciali. Attraverso l’analisi di quattro fiabe moderne, il libro affronta i grandi temi della crescita - l’identità, la separazione, l’aggressività, le paure - riconoscendo la valenza educativa delle narrazioni fantastiche in quanto permettono l’elaborazione dei bisogni dell’Io. Il testo indica l’importanza di distinguere il momento narrativo delle fiabe da quello dei racconti con scopi cognitivi, per offrire ai bambini momenti emotivamente significativi dentro il bosco immaginario che rappresenta l’inconscio e l’avventura della crescita. I materiali delle presentazioni del convegno si trovano sul portale della scuola trentina: www.vivoscuola.it/eventi-scuola-infanzia Anna Tava Ufficio Infanzia – Servizio Istruzione Dipartimento della Conoscenza 43


segnaliamo

il libro Scheda I giocattoli di Auschwitz. - Il piccolo Ruben è un «giudeo cacasotto»: così lo deridono i compagni di classe, fino a quando un giorno la scuola gli viene per sempre preclusa. Ma lui non ne fa un dramma…. Una notte, però, tutto precipita, arrivano i soldati e si possono raccogliere solo le cose più importanti, perché non c’è tempo, alla stazione c’è un treno che aspetta. Auschwitz ingoia gli ebrei, ma non Ruben. Il ragazzo viene salvato da un ufficiale delle SS, Klaus von Klausemberg, un raffinato melomane che si invaghisce del suo talento musicale […].La tragica verità del lager affiorerà poco alla volta, insinuerà in Ruben prima dubbi e sospetti, poi inquietudini e orrori, in un crescendo di scoperte sconvolgenti…

Francesco Roat, I giocattoli di Auschwitz, 2013 Edizioni Lindau Torino, pagine 292, € 19.50 Francesco Roat, narratore, saggista e critico letterario trentino, già insegnante di lettere e consulente editoriale, ha pubblicato il libro di racconti Tra-guardo (Argo), i romanzi Una donna sbagliata (Avagliano), Amor ch’a nullo amato (Manni), Tre storie belle (Travenbooks), i saggi L’ape di luglio che scotta. Anna Maria Farabbi poeta (Lietocolle), Le Elegie di Rilke tra angeli e finitudine (Alpha-Beta), La pienezza del vuoto. Tracce mistiche negli scritti di Robert Walser (Vox Populi). 44

AUSCHWITZ

Musica nell’inferno del lager Intenso, duro e coinvolgente romanzo di formazione, I giocattoli di Auschwitz è un viaggio nell’inferno del campo di sterminio, visto attraverso gli occhi innocenti d’un bambino costretto a crescere anzitempo e a vivere a quotidiano contatto con il Male. L’autore è un trentino, insegnante di lettere nella scuola media, fino a poco fa. Il libro si legge in modo agevole e la cupa realtà del lager si fa a tratti rarefatta, non per sminuirla o negarla, ma perché il focus viene riportato al punto di vista preciso: gli occhi di un bambino da una parte (che tale resta nel candore anche se ormai adolescente) e la relazione con un adulto, dall’altra mediata dalla bellezza dell’arte, della musica (forse protagonista vera di questo romanzo). Un libro – va detto – che andrebbe letto a scuola, quasi a prescindere dalle celebrazioni della “giornata della memoria”. A Francesco Roat abbiamo rivolto alcune domande sul suo romanzo appena giunto in libreria. Perché una lettura di Auschwitz attraverso gli occhi di un bambino “non più bambino”…? Forse perché solo nei confronti dell’innocenza risalta così forte il contrasto di quello che si è chiamato il male assoluto, questo contrappasso forte tra l’innocenza e il male di Auschwitz. Rifacendomi un po’ a “La vita è bella” di Benigni, volevo fare però qualcosa di non ironico, perché è stata l’unica cosa che mi è dispiaciuto di quel film: c’è poco da sorridere, allora mi sono detto “dai, vediamo l’inferno di Auschwitz attraverso gli occhi di un bambino.” Però, nel momento in cui mi sono accinto a scrivere, ho visto che in realtà non è facile vederlo così, tant’è vero che il bambino travisa tutto quanto, non vede fino alla fine, non riesce a vederlo, non può vedere è più forte di lui. Questo bambino ebreo di Merano, Ruben Lipari, viene “salvato” da un ufficiale medico delle SS, il quale però in un certo senso lo plagia perché lo protegge all’interno dell’ospedale del campo, non gli fa vedere le cattiverie, le atrocità e quindi commette un’enormità nei suoi confronti, lo inganna.

C’è a momenti la sensazione che l’autore sia stato un pochino benevolo nei confronti dell’ufficiale nazista. Troppa umanità? Troppa sensibilità? Ma no, mi fa piacere questa domanda, che mi consente di sottolineare che io sono contrarissimo più che mai ad ogni sorta di revisionismo, di negazionismo; le SS che militavano facevano delle scelte ben precise, non c’è niente da fare. Nel mio romanzo il nazista è una figura senz’altro negativa, certo alla fin fine aiuta questo ragazzino, ma lo fa per fini egoistici, per mettersi in pace la coscienza, e poi perché il ragazzino suona il clarinetto, è un bambino prodigio e questo SS amante della musica vuole suonare con lui. C’è un altro accenno ad un film, “La lista di Schindler”, quando le SS irrompono in un ghetto ebraico, arrestano tutti e un ufficialetto scova un pianoforte verticale e si mette a suonare Bach: ecco, mi ha sempre colpito questo contrasto terribile tra la grande cultura tedesca, che va da Bach a Wittgenstein da Mozart a Freud ecc., da una parte, e dall’altra un Hitler e questi disgraziatissimi esteti che suonano il n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


pianoforte, che amamo i leader, che accarezzano le teste dei bambini e poi mandano a morte a gas le persone con estrema indifferenza. Possiamo dire che il protagonista vero del romanzo sia la musica? Ma questo dipende dall’autore. A me piace moltissimo la musica classica, ma la musica che salva in un certo senso, l’unico lato umano che c’è è questo amore per la musica che accomuna un po’ tutti quanti, un altro ebreo che suona il violino, il ragazzo Ruben e questo nazista. Però non basta, tutta la cultura tedesca, tutta la meravigliosa musica tedesca non è riuscita a salvare la Germania in quegli anni, fortuna che la pagina ormai è stata chiusa. Io che conosco un po’ il mondo tedesco, credo che i ragazzi siano stati vaccinati per bene nei confronti nel nazismo. Il bambino frequenta già la scuola media quando viene espulso e poi portato nel lager, però resta sempre “il bambino” nel romanzo, anche quando esprime giudizi molto pesanti... È una scelta voluta come a dire “il minore”, l’innocente viene caratterizzato da questa parola emblematica “il bambino”, quasi che rimanessero congelati quegli anni, dal momento in cui è entrato ad Auschwitz fino al ’45. Tra l’altro il romanzo prende uno spunto da una vicenda realmente accaduta in Alto Adige, dopo l’8 settembre i primi n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

a finire ad Auschwitz furono circa venti ebrei meranesi di cui ho paura che non sia tornato nessuno, sono stati i primi a finire laggiù proprio perché i tedeschi erano già in Alto Adige e lì dopo l’8 settembre li hanno presi e io immagino che uno di questi sia il mio protagonista, che rimane bambino fin quando poi il 27 gennaio del ’45 arrivano i russi, si scoperchia il pentolone delle atrocità e il ragazzo si rende conto improvvisamente. C’è una frase del libro che dice “sono andato a dormire bambino e mi sono svegliato adulto”, di colpo si accorge (ed è insopportabile per lui) che l’ufficiale medico non era certo una sorta di padre, amico, ma un carnefice. La rivista è rivolta agli insegnanti, tu sei stato insegnante... Come useresti questo romanzo con i tuoi studenti? Come insegnante, difficilmente consegnavo agli studenti a scatola chiusa qualcosa da leggere; secondo me, a scuola bisogna sempre presentare le cose, leggere assieme, commentare assieme. Questo è un libro per adulti, ma scegliendo i capitoli giusti… il passo classico quando Ruben arriva ad Auschwitz con il treno, con la casacca a righe che il bambino scambia per pigiama, questa follia di tutti che consegnano le valigie, tra l’altro fra i giocattoli di Auschwitz sappiamo che i nazisti fanatici dell’etichettare, catalogare, del mettere via dagli occhiali, alle scarpe, alle stampelle per chi era ammalato, avevano tutti i depositi in cui mettevano tutto il materiale e furono trovati anche dei giocattoli, per cui il titolo rimanda a questo, c’era anche una stanza dei giocattoli, terribili questi contrasti. Per cui, direi che va letto in parte, facendo in modo che l’insegnante presenti alcune parti; non si può prendere tutto così. Secondo me, invece, è un buon testo per le medie. Ci sono dei passaggi un po’ pesanti sui rimandi alla musica, forse a tratti un po’ troppo da addetti ai lavori, ma la vicenda è molto leggera. Anzi, azzarderei che questa è for-

se la novità rispetto ad altri testi sull’esperienza nei lager: sembra quasi che il male estremo attorno al bambino scompaia in certi momenti, però poi l’inferno ritorna, ritorna e con prepotenza nella parte finale. Ma sì. In certi momenti sì, è l’unico modo. Suggerisco un’altra lettura da bravo recensore; la Casa editrice Lindau ha appena pubblicato un testo che secondo me andrebbe letto da tutti “La belva in gabbia. Eichmann: i delitti, il processo, la condanna”, sono resoconti sui processi. Quando leggi la testimonianza del comandante di Auschwitz che dice “Sì, da noi abbiamo sterminato tot. milioni di persone”; quando vedi appunto queste SS che confessano “è vero gasavamo le persone”, mi vien da ridere, e pensare l’obrobrio che ancora ci siano delle persone che negano Auschwitz… la follia. Un saggio da consigliare. Una domanda conclusiva sul libro. Non so come l’avverti tu, visto che hai scritto un libro proprio su Auschwitz. Io tutti gli anni mi pongo un problema, quando arriva la Giornata della Memoria: come parlarne senza rischiare la ritualizzazione? il prima, il dopo, il treno della memoria… Alla fine divento quasi impotente, mi rifiuto di parlarne perché mi sembra di partecipare ad una ritualizzazione invadente anche in buona fine. Anche nelle scuole, anche se si proietta sempre “La vita è bella”... È anche vero, però, che la gente, gli italiani, tendono a dimenticare molto facilmente. Secondo me è molto importante, è come la liberazione, lo so che ci può essere della retorica. Mi viene in mente la poesia di Primo Levi, adesso a memoria non me la ricordo, “questa è estate, questo è un uomo…” guai a dimenticare queste cose, è un rischio che dobbiamo correre, val la pena per carità, il rischio appunto è quello di dimenticare, la banalizzazione. Sei milioni di vittime uccise, non sono coriandoli. Mario Caroli 45


la recensione BAMBINE

A tutte quelle senza paese Questo romanzo ha una dedica speciale: A tutte le bambine senza paese, e dunque, prima ancora di cominciare a leggerlo, sappiamo che un senso come di sradicamento pervaderà le pagine di questo libro in cui il presente, difficile e misterioso, si intreccia con un passato lontano, fatto di guerra e di paura. In fuga dalla Dalmazia La protagonista è Flora, bambina in fuga dalla Dalmazia in seguito agli eventi bellici che le hanno portato via il papà. Accanto a lei, come lei impauriti e disorientati, i parenti: una mamma fredda e indifferente, “mantenuta dai parenti e in perpetuo disaccordo con tutti”; gli zii presi dai loro problemi e dalla necessità di sistemarsi in una terra così diversa dalla loro; la nonna, unico punto di riferimento, laboriosa e amorevole. Flora sente l’esigenza di ribellarsi a certe imposizioni, ad abitudini ormai vecchie, a scelte che non sono le sue. Gli abiti che le manda la zia dall’Australia, la povertà alla quale deve adattarsi, la casa modesta, le belle stoviglie e l’argenteria che sembrano stridere con quella nuova vita, la ricca signora di cui la nonna Tonci diventa dama di compagnia sono motivo di sofferenza per Flora, che, crescendo, diventa un’adolescente scontrosa, incerta se accettare passivamente le scelte di sua madre o invece pensare che non si debba vivere sulle spalle degli altri o continuare a vendere quadri antichi, icone, gioielli... La scelta della pachina Certo, per una ragazzina che aveva conosciuto l’agiatezza, vivere in una dépendence invece che nella villa, uscire ed entrare dal cancello laterale e non da quello principale, almeno all’inizio, fu complicato: imparò a fare buon viso a cattivo 46

gioco, a girare nel parco imparando a conoscere fiori e piante, a giocare con i pettirossi... infine, fra le tante panchine, ne scelse una tutta sua. Lì si sedeva e sognava, si vedeva adulta, bella, elegante. Poi, rinfrancata dai sogni, tornava a casa, infagottata nel maglione “ lavorato ai ferri con lane disfatte”, ma serena e appagata dal profumo delle castagne arrostite. Giocava con le bambole, la madre la prendeva in giro, ma Flora drappeggiava sui loro corpi tessuti e straccetti, usandole come manichini. Le piaceva cucire, avrebbe voluto fare la sarta, aveva estro, invece fu mandata a studiare per diventare maestra in collegio, dove si sentiva di peso, perché non sempre la retta poteva essere pagata. Temeva di essere rimandata o bocciata, si sdebitava con le suore cucendo le divise per le collegiali; imparò così le regole di base della sartoria. La vita cambia radicalmente Dopo una delusione d’amore, Flora pensò di non tornare in collegio, ed anche la mamma accettò l’idea che diventasse sarta, pur dimostrando, in certe occasioni, di vergognarsi quasi di quella figlia di modeste pretese. Dopo qualche tempo, Flora decise di lasciare la mamma, la nonna, la panchina di pietra per andare a lavorare lontano. “Avrebbe voluto poter sentire sua madre vicina anche nella lontananza, ricordare le sue parole, sapere di poter contare sul suo appoggio. Le

sembrava, uscendo di casa nel modo in cui stava uscendo, di tuffarsi nel grande mondo completamente sola.” E la sua vita cambiò radicalmente, ma non in meglio... Il romanzo procede spedito, entrano in scena altre figure, Flora si lascia andare. L’amicizia di Marta e di sua figlia Cristina in qualche modo riempiono quel vuoto, l’assenza di amore. Ma gli eventi si accavallano, Flora accetta una proposta di matrimonio e diventa vittima di un uomo perverso, che molto aveva da farsi perdonare dalla prima moglie e da Flora, diventata la sua seconda moglie. Una tragedia si catapulta infine su Flora che, solo dopo aver molto sofferto, troverà pace, benessere e serenità. Questo romanzo si legge con avidità, sia perché la storia è appassionante, sia perché è molto ben scritta, con linearità e rigore, senza sbavature. Ci fa conoscere una realtà storica ancora poco nota e quello sradicamento che tanti oggi vivono sulla loro pelle, quando le guerre o la miseria li spingono verso luoghi lontani. Ripropone poi il contrasto madre/figlia, i rapporti familiari vitali, ma difficili e, solo verso la conclusione, svela un segreto inatteso, che spiega sentimenti e comportamenti... Luciana Grillo Maria Rosaria Dominis, La panchina di pietra – De Ferrari ed., maggio 2010 – pag.260 € 15.00 n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


FIGLI D’OGGI

Prevenire e risanare comportamenti “Attraverso esempi l’autrice presenta atteggiamenti e problematiche, divenuti ricorrenti aò giorno d’oggi, dalla ‘sindrome del tiranno’ all’abitudine del ‘tutto e subito’, dal falso mancinismo ai comportamenti a tavola o per andare ea dormire, dai disturbi dell’attenzione a quelli dell’apprendimento. Cosa fare ‘quando i figli...’? Come trasformare le abitudini, instaurare ritmi sani, curare i dettagli? Per rispondere a queste domande, Elena Nardini propone e suggerisce strumenti concreti ‘praticabili’ da chiunque.” La pedagogia curativa Elena Nardini è una pedagoga curativa e terapeuta che dal 1992 si adopera per lo sviluppo della pedagogia curativa e ambientale a guida e sostegno delle famiglie all’interno dell’Associazione Michael. La pedagogia curativa è strettamente connessa alla medicina antroposofica che venne sviluppata a partire dal 1920 dal Dott. Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofìa, in collaborazione con la Dott.ssa Ita Wegman e con altri medici. L’antroposofia inaugura un metodo conoscitivo, fondato su una propria epistemologia, che guida la ricerca delle leggi che stanno a fondamento delle manifestazioni della vita, dell’anima e dello spirito nell’uomo e nella natura. Frutto di tale ricerca è un’immagine integrata dell’uomo che permette di valutare tutti gli aspetti in cui la vita umana si realizza. La pedagogia curativa permette di accostarci in modo nuovo ed efficace ai problemi dei bambini bisognosi di cura dell’anima e dei portatori di handicap perché sono le stesse misure educative ad essere comprese ed applicate come processi terapeutici. Destinatario: tutto il nucleo familiare L’idea di pedagogia curativa ambientale a sostegno delle famiglie si deve al fatto che si rivolge non solo al ragazzo in difficoltà, ma a tutto n. 1-2 gennaio-febbraio 2013

il nucleo familiare: padre, madre e spesso anche sorelle e fratelli. Per la pedagoga gli stili di vita attuali sono spesso causa di disturbi dello sviluppo, dell’attenzione, del comportamento e rappresentano un ostacolo al sano sviluppo infantile. Anche ogni tipo di handicap ne viene appesantito. Portare elementi di risanamento nel micro-sociale familiare costituisce il primo e fondamentale impulso di prevenzione, di risanamento. È importante offrire ad ogni individuo, specie in età dello sviluppo, quello che corrisponde alle sue necessità, al fine di equipaggiarlo al meglio per la vita. È in età adulta che diventa indispensabile mirare all’integrazione, un’integrazione di qualità e, a seconda dei casi, entro un ambito sociale protetto. “La qualità di vita futura, la qualità e le possibilità di integrazione in età adulta saranno fortemente condizionate dal percorso educativo e formativo durante l’infanzia”. Il compito della famiglia, della pedagogia curativa ambientale, della scuola è quello di collaborare per fare in modo che ogni singolo percorso di vita ottenga grandi risultati affinché questi diventino frutti preziosi per la qualità di vita in età adulta. In questo percorso la famiglia va rivalutata quale grande risorsa e potenziale, deve essere sostenuta e incoraggiata nel recupero della sua valenza educativa e di guida dei figli.

Rivolto a genitori, educatori, nonni... La pedagoga Elena Nardini con il suo libro “Comportamenti difficili dei figli di oggi” intende fornire spunti concreti per l’ agire quotidiano a genitori, educatori, nonni e a ogni persona che entri in contatto con bambini sani o portatori di handicap. Lo fa attraverso la presentazione di alcuni episodi reali legati alla sua esperienza professionale perché risultano più efficaci di una spiegazione astratta, per raggiungere le persone in modo vivo e offrire loro spunti concreti per il loro agire quotidiano. Si tratta, dunque, di situazioni reali in cui lascia parlare spesso i genitori stessi, situazioni concrete nelle quali ognuno può immedesimarsi per trovare aiuto e guida nei propri vissuti quotidiani.L’ intento della scienziata è quello di “risvegliare nel lettore il buon senso pedagogico, oggi andato perduto, e vivificare in ognuno creatività e fantasia morale atte a rispondere in modo adeguato e pedagogicamente favorevole a quanto la vita ci porta incontro”. Maria Rosaria Gaetani Elena Nardini, Comportamenti difficili dei figli di oggi – Come prevenire e risanare. Un percorso pratico di pedagogia curativa. Natura e Cultura Editrice, Alassio 2012, pagine 184, € 14,00 47


SCUOLA E TERRITORIO

erikson TALENTI

A Trento la “Piccola Accademia” Nasce a Trento, prima in Italia la “Piccola accademia dei talenti”, che seguirà i bambini con un quoziente intellettivo molto superiore alla media. Se n’è parlato in un incontro pubblico per l’inaugurazione, martedì 15 gennaio 2013 presso la Libreria Erickson con Federica Mormando, psichiatra presidente di Eurotalent Italia, Laura Fratini, psicologa clinica, il giornalista e Riccardo Mazzeo, che ha moderato l’incontro. Un laboratorio innovativo Svogliati, distratti talvolta poco collaborativi perché troppo intelligenti. È ciò che accade a migliaia di studenti ogni giorno nelle scuole italiane. Si tratta di bambini e ragazzi della scuola primaria e secondaria ad altissimo potenziale intellettivo che a scuola si annoiano e si distraggono venendo poi classificati come iperattivi, pigri o negligenti. Figure ritenute talvolta scomode dagli insegnanti che spesso li considerano elementi di disturbo nel contesto della classe. Per rimediare a questa carenza del sistema scolastico italiano e per approfondire le tematiche riferite ai bambini plusdotati nasce a Trento, prima in Italia, presso il Centro Studi Erickson, la “Piccola Accademia dei Talenti”. Si tratta di un laboratorio innovativo che vuole diventare punto di riferimento a livello nazionale. “Siamo partiti dalla convinzione che spesso una grande intelligenza coincide con una grande paura poiché si pensa di non saperla

48

gestire – ha affermato in occasione della presentazione Federica Mormando, massima autorità nel campo della plusdotazione intellettiva. – Quando non compresi i bambini plusdotati reagiscono con un grande dolore. Alcuni fingono di non essere quello che sono e spesso riescono male a scuola perché confondono il capire con il sapere, si distraggono più degli altri, si arrabbiano e diventano oppositivi oppure si ritirano in se stessi”. Supporto anche alle scuole La “Piccola Accademia dei Talenti” di Trento fornirà alle scuole e alle famiglie la valutazione cognitiva, indispensabile per tracciare il profilo emotivo e cognitivo del bambino, le linee didattiche adeguate e si occuperà anche di sensibilizzazione e formazione degli insegnanti. “Vogliamo fare formazione nelle scuole perché questi talenti vengano riconosciuti, ma principalmente perché gli insegnanti sappiano rispondere a questi bambini dando loro

pari opportunità di apprendimento mediante linee didattiche personalizzate” – ha concluso Mormando. “E’ iniquo penalizzare chi, a causa di un’intelligenza superiore, viene considerato come disturbato, oppure si ritiene debba avere qualche déficit perché non corrisponde alla maggioranza ideale degli alunni che compongono le classi della scuola italiana – ha sottolineato Riccardo Mazzeo, responsabile della comunicazione e della letteratura internazionale di Erickson. - Questi bambini sono sempre rimasti in ombra, nessuno se n’è mai occupato poiché si riteneva a torto che un bambino, per il fatto stesso di avere una dotazione intellettiva superiore, fosse in grado di badare a se stesso, di conseguire grandi successi scolastici. Ma non è assolutamente così, perché ci si è resi conto che se questi bambini non ricevono un supporto educativo appropriato vengono gravemente svantaggiati e almeno un quarto di essi va male a scuola”. “L’obiettivo dell’Accademia – ha affermato la psicologa Laura Fratini – non è quello di “scovare” piccoli geni per indirizzarli verso questa o quella strada, ma piuttosto quello di creare un luogo dove individuare le loro potenzialità, che molte volte rimangono inespresse o incomprese. Con questo progetto desideriamo proteggere il bambino ed il suo benessere, fornendo a chi si occupa della sua formazione, siano essi genitori o insegnanti, i mezzi per aiutarlo a crescere nella piena serenità”. Alla presentazione è intervenuto anche il giornalista Waimer Perinelli, collaboratore dell’iniziativa, che ha illustrato il percorso intrapreso dal team di esperti, durato più di tre anni, che si è concretizzato con la fondazione dell’Accademia stessa. (cz) n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


l’incontro LETTURA

Vitale per bambini e adolescenti Sabato 16 marzo 2013 alle 15,00 ancora un evento, ancora un incontro organizzato da La Libreria Erickson a Gardolo via del Pioppeto 24. Ermanno Detti, autore di Piccoli lettori crescono, Erickson 2012, pp 134, € 14,50 Franco Frabboni, autore di Il problematicismo in pedagogia e didattica, Erickson 2012, pp 155, € 15,00 Presenteranno insieme il libro di Ermanno Detti e parleranno dell’importanza che la lettura riveste per bambini e adolescenti in generale e in particolare degli strumenti non solo cognitivi ma anche immaginifici, poetici e creativi che fornisce in un approccio alla diversità che sappia essere viaggio di scoperta, lancio di ponti, breccia nei muri. Detti: Piccoli lettori crescono Perché è importante leggere? Come si diventa lettori? Come i giovani possono acquisire piena consapevolezza di sé e del mondo in cui vivono? Piccoli lettori crescono, partendo da un’attenta disamina dei significati assunti dalla comunicazione nell’era digitale, propone un’ampia gamma di suggerimenti e consigli per sensibilizzare all’importanza della lettura. Dai primi anni di vita all’adolescenza i libri hanno la capacità di emozionare e coinvolgere, far conoscere e riflettere, permettere lo sviluppo di abilità cognitive e senso critico, stimolare la comprensione dell’arte e il pensiero profondo. Lettori si diventa grazie a una crescita costante coadiuvata da interventi adeguati di famiglia, scuola e operatori culturali, ed è importante sapersi muovere e scegliere i titoli più adatti ad ogni fascia d’eta. I contenuti del volume sono: • Il piacere del libro • I giovani e l’e-book • il cittadino che legge, il cittadin. 1-2 gennaio-febbraio 2013

no che non legge • Narrazione e qualità dei libri • Scegliere un libro per mio figlio Ermanno Detti Uno dei massimi esperti in Italia dei problemi riguardanti la lettura e i nuovi mezzi di comunicazione, dal libro alla TV, dal computer agli e-book. Giornalista, saggista e scrittore per ragazzi, ha pubblicato un gran numero di studi su lettura, fumetti, giornalini, fotoromanzi, figurine e letteratura popolare, e numerosi romanzi. Direttore e fondatore della rivista Il pepeverse, che si occupa di letteratura per ragazzi, e direttore responsabile di Articolo33, testata sulla formazione. Frabboni: Il problematicismo in pedagogia e didattica Scritto in un momento in cui il sistema dell’istruzione, nel nostro Paese, è al centro di discussi e cruciali tentativi di riforma, questo saggio intende disegnare i confini di una pedagogia rinno-

vata, che possa offrire gli strumenti per un’espressione piena e libera della propria individualità, dentro così come fuori dalla scuola, in età giovanile così come in età adulta e senile. Senza trascurare l’analisi di nessuna delle molteplici forme attraverso cui è stata (o potrebbe essere) organizzata l’istruzione, l’autore disegna un modello educativo antidogmatico, in grado di mantenersi indipendente e protetto da sociologie deterministiche e logiche di mercato. Strutturato in quattro parti, il volume dà voce, nelle prime due, alle idee di educazione e di formazione di due illustri e profetiche figure del Novecento, Antonio Banfi e Giovanni Maria Bertin, padri, rispettivamente, del razionalismo critico e del problematicismo pedagogico. Nelle parti terza e quarta, invece, esso si concentra sulla necessità di fornire alle nuove generazioni una formazione lungo tutte le età della vita, intravedendo nella lifelong education la più significativa scommessa problematicista, l’unica possibilità di emancipazione dagli odierni oscurantismi etici e ideologici. Franco Frabboni Professore emerito di Pedagogia all’Università di Bologan, dirige autorevoli collane e riviste di Scienze dell’educazione. La sua ricerca è stata rivolta sia ai fondamenti teorici della Pedagogia e della Didattica, sia alla progettazione culturale e curriculare del sistema scolastico. Una Scuola in stretta relazione formativa con l’Ambiente – sociale e naturale – inteso come Aula didattica decentrata: il tutto nella prospettiva di un sistema educativo integrato e di una Formazione per tutta la vita. Autore di numerosissime pubblicazioni, è direttore della collana “Formazione insegnante” delle edizioni Erickson. 49


8.30 registrazione dei partecipanti 9.00 Saluti autorità 9.10 Il gioco nella prospettiva dei processi di soggettivazione Sisto Vecchio - psicoanalista SPI (Società Psicoanalitica Italiana) - IPA - Bergamo 10.15 Quali giochi per i bambini di oggi? Antonio Di Pietro - pedagogista, Università di Firenze - LudoCemea - Firenze 11.20 pausa caffè 11.35 L’Arte di Giocare Nora Rodriguez - formatrice nazionale di Arciragazzi - Vicenza 12.30 pausa pranzo 14.00 Gioco, cultura, educazione. Dal sonaglino alle arti Francesco Caggio - pedagogista, professore a contratto c/o Università Statale Milano-Bicocca 15.15 Nei giochi dei bambini è nascosto un tesoro Roberto Papetti - mastro giocattolaio - Ravenna 16.15 pausa caffè 16.30 Facciamo che ero -

imparare giocando dentro una storia Beniamino Sidoti - giocologo - Pavia

17.30 dibattito e chiusura lavori

Moderatore: Alessandro Valle educatore e formatore Arciragazzi - Vicenza A richiesta, a fine lavori, sarà rilasciato l’attestato di partecipazione al Convegno. Trovate gli abstract degli interventi e le biografie dei relatori sul sito dell’associazione: www.labottegadellarte.eu

Iscrizioni entro il 3 maggio 2013

MODULO DI ISCRIZIONE Per partecipare al convegno è necessario iscriversi compilando il seguente modulo e versando l’importo di Euro 10,00 sul c/c intestato all’Associazione La Bottega dell’Arte codice IBAN: IT83 C082 7935 6800 0000 0052 420 nella causale scrivere SOLO: “NOME E COGNOME, per convegno”.

NOME

COGNOME

PROFESSIONE VIA

CAP

TELEFONO

E-MAIL

DATA

CITTÀ

FIRMA

da rispedire compilato entro il 3 maggio 2013 a:

Associazione Culturale “La Bottega dell’Arte”- via Marconi 9 - 38054 Transacqua (Tn) oppure on-line direttamente sul sito dell’associazione www.labottegadellarte.eu

n. 1-2 gennaio-febbraio 2013


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.