Diciamo Il Quindicinale Indipendente

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Quindicinale Indipendente

Anno III n. 82

IDENTITÀ... ATTENZIONE A NON PERDERLA! di Lucio Vergari

Differenze fra religioni, nazionalità, gruppi, lingue, usanze, usi e costumi diversi, tutto questo è causa di forti contrapposizioni che oggi più che mai iniziano a farsi sentire, anche e non solo in Italia, in nome di una cementazione, di una essenzializzazione e naturalizzazione della propria identità che “qualcuno” tenta di far scomparire. Era il lontano 1945 quando ancora imperversava la guerra tra partigiani e fascisti, i primi nel nome della libertà, i secondi nel nome del rispetto della famiglia, della Patria e di ideali forti e radicati, comunque entrambi nel nome di un’identità propria. Continua a pag.

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“L’INFORMAZIONE LIBERA, LIBERA L’INFORMAZIONE” di Rita De Iaco Questa frase di un famoso slogan pubblicitario racchiude l’essenza stessa dell’informazione, sottolineando il ruolo che essa ha nella società odierna. Con l'avvento delle nuove tecnologie ed il consolidarsi dei più moderni mezzi di comunicazione di massa: internet, televisione, radiofonia, ecc. la professione del giornalista ha visto ampliare, notevolmente, i propri orizzonti. L’accesso diretto alle fonti, la tempestività di aggiornamento garantita dal web, la rapidità di consultazione dell’informazione, sono tutti fattori grazie ai quali la diffusione delle notizie ha raggiunto livelli straordinari, palesando la facile influenza, diretta ed indiretta, che i mass-media hanno sulla formazione dell’individuo, quasi un “effetto collaterale”. Continua a pag.

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19 DICEMBRE 2009

UN NATALE DI GIOIA Sento la necessità di farti gli auguri. Di augurarti un Natale di gioia. Ti auguro che guardando il Bambino del presepio tu veda muovere i suoi occhi e vedere attraverso di essi i volti dei tanti fratelli che incontrerai. Comprendere i loro bisogni, le loro attese, le loro necessità. Riscoprirai la solidarietà. Ti auguro di stupirti per quel Bambino che ha voluto porsi in relazione con te. Comprenderai così che gli auguri che ti scambierai con una stretta di mano o con un abbraccio superficiale sono stereotipi di un atteggiamento inconcludente. Abbandonerai la cultura dell’eccesso, dello spreco, dell’esagerazione. Ti auguro di avere la forza di porti in una relazione nuova con quel Bambino-Dio che ha voluto incarnarsi per te. Comprenderai così che non potrai più tenere lo stesso tipo di relazione con gli altri. Non basterà più chiedere perdono, quanto sarà necessario saper perdonare. Non basta più gioire nell’essere accolti, quanto accogliere festosamente gli altri. Ti auguro di sentire dopo quell’incontro un forte desiderio di felicità e di infinità, cioè di sentire il bisogno di quel Bambino. Allora comprenderai come la relazione che hai avuto finora con i beni va radicalmente modificata, ridimensionando l’importanza di essi, pur senza per questo disprezzarli. Riscoprirai la sobrietà. Ti auguro di saper riconoscere in quel Bambino il Signore del cielo e della terra, che vince la morte. Comprenderai allora la necessità di abbandonare per sempre l’idea della morte e andare incontro alla vita. Comincerà per te la conversione. Sarai testimone e annunciatore della buona Novella. Ed anche quando il dubbio ti assalirà guarderai oltre, verso l’invisibile. Vedrai sempre più nitidamente impressa nel tuo intimo la “Sua immagine e somiglianza”

In questo numero POLITICA & SOCIETA’ Lascia questo paese

a pag. 3 PER CHI SUONA CAMPANA?

LA

a pag. 4 FUOCHI DI NATALE

a pag. 5 IL FUTURO INIZIA NEL PRESENTE

a pag. 5 FATALE TENTAZIONE

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MIE SONO LE DONNE

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UN GIGANTE TEMPO

SENZA

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TRICASE….UNA CITTA’ CHE NON CRESCE

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IL FITURO DAL MARE

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PRESTITO D'ONORE, MICROIMPRESA E FRANCHISING. Bandi sempre aperti

CRÊPE BIETA

Ti abbraccio

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Annibale

CASARANO, UN PASSO INDIETRO

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dalla Prima

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IDENTITÀ... ATTENZIONE A NON PERDERLA!

Nella realtà italiana, violenza e seconda guerra mondiale costituiscono un binomio indissociabile pur se in presenza di una varietà delle manifestazioni e delle situazioni, di una vera e propria diversità degli impulsi e delle motivazioni. Ma il filo conduttore è sempre lo stesso, l’identità, che ha portato uno scontro tra stesse civiltà, anche a costo di uccidere propri famigliari nel nome sempre di un ideale profondo e radicato. Possiamo mai dimenticare tutto questo? Possiamo vendere e svendere la nostra identità pur sapendo quanto si è combattuto per essa? Vogliamo difendere i nostri valori o solo perché oggi la nostra società non ce ne offre più dobbiamo dimenticarci di essi, barattando la nostra cristianità per colpa di una sempre più diffusa irrazionalità? E’ difficile se non impossibile fare a meno del concetto di identità; pur non potendo classificare l’umanità in gruppi distinti e separati, non possiamo di certo sottovalutare le numerose diversità interne e l’influenza delle interazioni esistenti tra singoli individui appartenenti a civiltà diverse, senza misconoscere l’assolutizzazione che si è creata intorno al concetto di identità, che ha portato alla quasi totale impossibilità di un dialogo interculturale proprio per una necessità di identificazione, di quell’idea di appartenenza, da sempre risorsa per i comportamenti umani. Nel mondo è presente una pluralità di identità ed è inutile negare la diversità fra gli esseri umani, in quanto ogni persona si distingue da un’altra per effetto di una serie di caratteristiche che la rendono unica, a causa dell’ambiente in cui si nasce e si cresce, per l’educazione ricevuta, per la cultura impartita e per tanti altri segue da pag. 1

Lucio Vergari

fenomeni che portano ad un’ulteriore differenziazione tra gli individui. Oggi in Italia ci sono fenomeni che dovrebbero portare ad una seria riflessione e non allo schierarsi con questa o quella forza politica, solo in previsioni di prossime elezioni o di forti alleanze; abbiamo parlato tanto e continuiamo a farlo di crocefisso, di minareti, del burqa forse senza domandarci mai cosa essi rappresentino veramente. Credo possiamo affermare che ognuno di loro rappresenti l’identità di un proprio paese, di un popolo e del suo stile di vita che sicuramente non possono essere mischiati tra di loro, né si può dare avvio ad una prevaricazione dell’uno nei confronti dell’altro. Il frutto di questa riflessione è che mai nessuna nazione potrà fare a meno dei propri dogmi, quindi per quale ordine di ragione, per esempio, l’Italia dovrebbe fare a meno in Italia, nelle sue scuole, nei suoi uffici pubblici del crocefisso, di uno dei suoi più alti simboli di riconoscimento e di identità nazionale? Il problema è che siamo noi Italiani per primi a non difendere questa teoria, anzi ci arrabbiamo se qualcuno pretende che nella nostra nazione non venga portato il burqa, uno strumento islamico fondamentalista di sottomissione e umiliazione per le donne musulmane, vista anche la presenza di una legge che impedisce di coprirsi integralmente il volto in luoghi pubblici, poi invece avalliamo l’ipotesi di eliminare il crocefisso dalle scuole fregandocene della nostra radicata identità cristiana. E’ ora di dire basta, torniamo a difendere i nostri ideali, difendendo prima di tutto il proprio io, il proprio essere italiani, nel nome anche e soprattutto di chi ha dato la propria vita per la nostra identità.

“L’INFORMAZIONE LIBERA, LIBERA L’INFORMAZIONE”

In tale contesto, a dir poco inquietante, l’operatore dell’informazione assurge a “depositario” di cultura. Sono i media a fare opinione, ad indirizzare le scelte del pubblico, a forgiarne il pensiero. Ci si nutre della notizia come si fa con uno snack. Si guarda il telegiornale, si leggono i giornali per apprendere le novità del mondo, la realtà circostante, considerandole “voci incontestabili” e su questa base conoscitiva ci si crea aspettative di vita, posizioni politiche, pareri riguardo a cose o persone. In virtù della grande influenza che la comunicazione ha su molteplici aspetti della nostra vita, il ruolo dell’informazione dovrebbe essere quello, come dice la parola stessa, di informare. Nessuno è depositario di verità assolute, sarebbe però auspicabile trattare problemi ed argomenti con spirito critico cercando di elaborare soluzioni valide od alternative, con l’ambizione, forse esagerata, di cambiare il mondo, a partire da se stessi. Si evince, invero, una difficoltà, tutta italiana, a capire che il ruolo del giornalista non è fare politica, ma aiutare a capire tra le altre cose - la politica. Per farlo si dovrebbero riportare i fatti e gli atti, non schierarsi a priori con taluno sia esso partito, governo, opposizione, magistrato, attore, etc. Agire in tal senso significa smettere d’essere giornalista e diventare politico. Un ragionamento semplice che pure stenta ad affermarsi e ad essere capito, anche da persone intelligenti. Con chi stai, per chi sei? Ci sentiamo ripetere ogni giorno. E’ chiaro che, non

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Rita De Iaco

schierarsi, significa prendere bastonate da tutte le parti, come gli antichi abitanti dell' isola di Melo, attaccati dagli spartani di cui erano avversari e dagli ateniesi con cui non volevano combattere. In un Paese di fazioni conviene averne una! Il giornalista dovrebbe rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini, ricercare e diffondere notizie che ritiene di pubblico interesse, nel rispetto della verità dei fatti e con la maggiore accuratezza possibile. Evitare comportamenti arroganti e favorire il dialogo tra i media e il pubblico. Il commento e l'opinione appartengono al diritto di parola e di critica, pertanto dovrebbero essere assolutamente liberi da qualsiasi vincolo, che non sia quello posto dalla legge per l'offesa e la diffamazione delle persone o quello del legittimo diritto di replica o rettifica delle persone eventualmente coinvolte. Il giornalista e' responsabile del suo lavoro verso i cittadini, responsabilità che, per certi versi, prevale su altre. E’ proprio sul senso di responsabilità che dovremmo improntare la nostra attività, soprattutto noi che operiamo in comunità piccole, in particolare quando le portiamo alla ribalta su testate di maggiore rilievo. Probabilmente un po’ tutti, quando prendiamo carta e penna, dovremmo fermarci un attimo ed ispirare la nostra opera più che a piccoli calcoli di interesse e potere all’edificazione ed allo sviluppo di realtà più eque, dando “acqua pulita” alla gente che desidera costruire un mondo migliore!


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dalla Prima

POLITICA & SOCIETA’ Lascia questo paese

Pier Luigi Celli al figlio che sta per finire l’università scrive attraverso il giornale e dice: figlio mio, lascia questo Paese. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio. Celli è stato direttore generale della Rai ed oggi è direttore generale della LUISS. Uno dell’establishment. Uno che conta e che ha contato nel corso degli ultimi venti -trenta anni della storia repubblicana. Che denuncia con amarezza una situazione di grave disagio. Che non riesce o non vuole però individuare e denunciare gli ostacoli che si frappongono al pieno dispiegarsi delle possibilità del figlio. Lo incita ad andare via, a pensare a sé stesso in ultima analisi. Era scontato che ne parlassero un po’ tutti. Vogliamo parlare anche noi che viviamo una situazione, endemica ormai, di figli di questa nostra terra salentina che vediamo partire. Nuovi emigranti. Diplomati o laureati. Celli basa il suo ragionamento sulla dicotomia: rassegnarsi allo schifo o partire. Andare lì dove lealtà, rispetto, riconoscimento del merito e dei risultati hanno ancora un valore. Voglio qui rendere omaggio allo spirito di sacrificio e di ostinazione di quei figli che tornano. Che scelgono con caparbietà di voler lavorare nella propria terra. Magari con la spavalda volontà di cambiare questa nostra società. Che soccombono di fronte a mediocri sostenuti da affiliazioni politiche o familiste. Che continuano, nonostante tutto. Che riescono ad alimentare piccole isole di innovazione culturale o industriale, e comunque sempre di valori. Grazie figlio e figli miei per avere voluto seminare nel nostro Paese, ed in particolare nel nostro territorio salentino. Siete un segno di speranza. Forse l’unico. E se saprete mantenere in voi il senso di giustizia che vi anima, forse si potrà ricominciare. Certo il momento è difficile. La crisi generale e diffusa non aiuta. La nostra generazione, quella di Celli, ha voluto assicurarsi un benessere fittizio, togliendo a voi ed a quelli che ancora verranno dopo risorse e possibilità. Il debito pubblico enorme che abbiamo accumulato grazie al rampantismo degli “anni da bere”, al craxismo che ha ottenebrato le menti e che ha generato l’attuale situazione economica e politica, e che ha generato il berlusconismo, ci toglie possibilità. Fa assomigliare questa nostra società ad una

Annibale Elia

macchina con il motore imballato. La vo- più furbi, che hanno accumulato rendite e stra determinazione e l’amore per la vo- patrimoni considerevoli l’onere di un ridistra terra potranno aiutare molto. mensionamento di quel debito pubblico abnorme. Solo così la solidarietà da parola roboante ma insussistente, potrebbe trasformarsi in gesto concreto di giustizia. Una rinnovata capacità di spesa da parte dello Stato aiuterebbe a superare le crisi che periodicamente si succedono. Non credo possa scandalizzare un’idea, che è lontana dallo slogan dell’attuale premier, ma che ristabilirebbe una situazione di normalità nella capacità di intervento dello stato: un prelievo straordinario finalizzato alla riduzione del debito pubblico in modo esclusivo. Un prelievo su retribuCredo però che alla mia generazione, ai zioni e pensioni che superano 50.000 eutanti che da quel debito sono stati diretta- ro, o poco più, ed una patrimoniale sugli mente beneficati vada richiesto un sacri- incrementi del patrimonio medesimo che ficio, un risarcimento verso l’attuale e le abbiano superato i500.000 euro. Comprossime generazioni. prendo come sia controcorrente una simiInnanzitutto ai tanti Celli che occupano le idea in una società che non riesce a posti di grande responsabilità, ai tanti tassare le rendite, anche perché esse soCarbone che non vogliono lasciare le loro no in mano ai veri detentori del potere; poltrone nemmanco ad età venerande e credo altresì che senza la liberazione da continuano a brigare perché sia spostato quel giogo così pesante, da poter essere in avanti il tempo del loro pensionamen- considerato devastante, qual è il debito to, chiediamo quanto riteniamo giusto. Ai pubblico, difficilmente ci potrà essere una primi di aiutare la società ad individuare e svolta nella gestione della cosa pubblica. rimuovere gli ostacoli che tarpano le ali ai Una migliore gestione della cosa pubblica tanti giovani acculturati e meritevoli, co- sicuramente avvantaggerebbe peraltro i minciando dal settore in cui operano. A nostri figli, aiutandoli a mettere a frutto le tal proposito mi sovviene come l’attuale proprie risorse intellettuali , specie nel governo in più di un campo abbia vanifi- campo della ricerca, rendendo nel concato le timide liberalizzazioni che l’ex mi- tempo un servizio all’intera nazione. nistro Bersani aveva realizzato. Ai secondi PERIODICO ISCRITTO AL NR. 1005 DEL chiediamo con forza, direi, non temendo REGISTRO DELLA STAMPA DEL di abusare, con la fortezza propria dei TRIBUNALE DI LECCE IN DATA 26.11.2008 Cristiani, lasciate libero il campo… pulite Direttore Editoriale l’aria… il vostro puzzo di cadaveri in deSalvatore Giannuzzi composizione ammorba l’aria che respid.editoriale@diciamo.it riamo. A tutti quelli della mia generazioRedazione ne, che è la stessa di Celli, vorrei proporre Salvatore D’Elia, Cesare Lia, Barbara Ferrari, un ragionamento ed un sacrificio conse- Rita De Iaco, Antonio Baglivo, Daniele Baglivo, Accogli, Rosanna Mastria, Rocco Chirivì, guente. Noi siamo stati fortunati. Aveva- Vito Maria Soledad Laraia, Roberto Molentino, mo la prospettiva di veder migliorata la Francesca Cesari, Annibale Elia, Laura Longo, nostra posizione. L’abbiamo realmente Donato Nuzzaci, Lucio Vergari, Pietro Russo, migliorata nella grandissima maggioranza Salvatore Errico, Carlo Pasca, Attilio Palma, Rita Lia, Francesco Elia, Ermalinda Placì, dei casi. Non ci siamo accontentati. AbbiaFrancesca De Marco. mo voluto, complice la politica come e- Stampato c/o Associazione Culturale Diciamo splicitato innanzi, di più. Abbiamo consuin Tricase, alla via G. Garibaldi, 60 Tel./Fax: 0833/784126 mato risorse che erano dei nostri figli. redazione@diciamo.it Abbiamo realizzato un debito pubblico Distribuito gratuitamente che supera di un anno la produzione lorda in una tiratura di 20.000 copie dell’intero paese. E’ tempo di restituire il maltolto. Questa usura (?) collettiva ci La collaborazione a questa rivista sotto qualsiasi forma è gratuita. La direzione si riserva di rifiutare obbliga ad un profondo ripensamento, insindacabilmente qualsiasi testo e qualsiasi inserzioindividuando nei più fortunati, talvolta i ne. Foto e manoscritti, anche se non pubblicati, non si restituiscono.


Attualità

SPECIALE

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VERTICE

PER CHI SUONA LA CAMPANA? di Ermelinda Placì

«Che ci sia un’umanità», queste poche parole per riassumere l’imperativo, che - elaborato da Hans Jonas nella sua principale opera Principio responsabilità (1979) - l’uomo per molto tempo ha ignorato e di fronte al quale non può più sottrarsi. Solo cinque parole per richiamare l’attenzione sulle conseguenze delle attività umane, per gettare uno sguardo alla Conferenza delle Nazioni Unite sul Cambiamento climatico, che si tiene proprio in queste settimane a Copenhagen (dal 7 al 18 dicembre). Il vertice ha provocato una mobilitazione da “Nuova guerra mondiale”, come ha titolato qualche testata giornalistica. Proprio per porre in risalto l’impossibilità di rimandare la scelta, che bisogna compiere in questo consesso internazionale, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon ha affermato: «Ogni nazione deve fare la sua parte[…]. La responsabilità del risultato di Copenhagen […]pesa sulle loro spalle» (“La Stampa”, 6 dicembre 2009). Cinquantasei giornali di 45 Paesi di tutto il mondo - tra cui per l’Italia “Repubblica” - il giorno 7 dicembre 2009, hanno pubblicato l’editoriale dal titolo eloquente Ci resta poco tempo. La massiccia partecipazione di Stati (ben 192), e osservatori e giornalisti (5-6 mila), attivisti, ambientalisti e manifestanti no-global, ovviamente fanno temere circa la reale possibilità di raggiungere un accordo vincolante. Anzi, il summit ha preso avvio sotto l’ombra del complotto, secondo il quale gli scienziati avrebbero manipolato i dati provocando un ingiustificato allarmismo e creando una stato di crisi e di emergenza, che invece non sarebbe tale. Ma?! Al di là della falsità o veridicità di queste tesi, un punto rimane saldamente fermo: la crisi ecologica non è vicenda di questi ultimi anni, ma gli scienziati hanno iniziato a richiamare l’attenzione sulle conseguenze delle attività umane già da più di un quarantennio con l’obiettivo di sensibilizzare tutti a una razionalizzazione delle nostre azioni, sulla base della certezza scientifica dell’esistenza di una stretta rete di rapporti di interdipendenza e di influenza reciproca tra gli organismi viventi e il loro ambiente, della complessità della questione e della convinzione dimostrabile, che negli ecosistemi cause ed effetti sono spesso molto lontani nel tempo e nello spazio, per cui non basta guardare all’ hic et nunc, al qui ed ora, ma occorre volgere lo sguardo al passato, per far tesoro degli errori e delle omissioni di ieri e trovare oggi le soluzioni per il futuro. Quale futuro? È proprio questo il punto interrogativo. Quale futuro per l’uomo? Per il nostro ecosistema? Per il nostro pianeta? Gli scienziati hanno stabilito una connessione diretta tra emissioni di gas serra dovuto alle attività industriali ed economiche dell’uomo e surriscaldamento atmosferico e che per tornare in equilibrio ai mari serviranno 10mila anni (“Repubblica”, 11 dicembre 2009). La conferenza di Copenhagen si propone di mettere sul tappeto questo problema e di trovare un accordo vincolante per tutti al fine di garantire per il prossimo ventennio e poi cinquantennio una riduzione cospicua di gas serra, fino al 50% entro il 2020 e fino all’80% entro il 2050, e, quindi, abbassare la temperatura atmosferica o impedirle di superare la soglia dei 2° C. La questione tuttavia non si limita al solo “che cosa si può fare”, ma a “quanto davvero questo risultato sia raggiungibile”. Infatti, la Conferenza vede contrapposti due schieramenti: da una parte, i Paesi ricchi responsabili di aver prodotto gas serra da oltre 250 anni e, dall’altra, i Paesi emersi (Cina, India e Brasile) e i Paesi emergenti. Questi ultimi insieme rimproverano ai primi il fatto di aver inquinato per un periodo più lungo l’atmosfera e che ora, che stanno emergendo, non si può chiedere a loro di sacrificarsi. In-

tanto, in questi ultimi mesi USA e Cina si sono avvicinate e hanno dialogato su questi temi, tuttavia la situazione e tutt’altro che chiara, poiché dietro la volontà di entrambe le Nazioni si nasconde un altro obiettivo. Quello di controbilanciarsi su un altro terreno di battaglia: l’energia rinnovabile e la green economy. Alla complessità, quindi, della questione ecologica, va ad aggiungersi la complessità dei rapporti strategici fra gli Stati, che tuttavia non deve essere visto solo come un elemento negativo, ma anzi un elemento di forza per giocare al rialzo nelle trattative, un “mezzo” per arrivare all’ obiettivo: la salvaguardia dell’ambiente e dell’umanità. Così, la Cina ha annunciato una riduzione del 40% delle emissioni di CO2 entro il 2020, mentre gli USA hanno promesso di tagliare del 17% su base 2005 e non 1990, invece, come vorrebbe l’Europa. Quest’ultima, infatti, desidera essere il motore della battaglia contro i gas serra. Per questo motivo sta presentando al Vertice un progetto 20+20+20, in cui si prevede una riduzione del 20% su base 1990, l’impegno a supportare l’uso di energie rinnovabili (vento e sole) per una produzione pari al 20% dell’energia e migliorare del 20% l’efficienza energetica, e per questo addirittura sarebbe pronta ad impegnarsi per una riduzione del 30%, se gli altri Paesi accetteranno di ridurre le emissioni del 20%. Per il momento - per come stanno le cose - infatti, gli Stati Uniti e la Cina, che prendono come punto di riferimento per le loro promesse l’anno 2005 e non il 1990, ridurrebbero le loro rispettive emissioni del 3 e del 4/5 punti percentuali. Insomma: un’inezia. È ovvio che qualcuno vorrebbe arrivare ad un accordo vincolante per tutti in vista della scadenza del Protocollo di Kyoto nel 2012, ma lo scetticismo è d’obbligo, poiché, come si dice, tra il dire e il fare ci sta di mezzo… non solo il mare… - anzi gli oceani che a causa del surriscaldamento, come sostengono gli scienziati, sono sempre più in espansione e a rischio di aumento di acidità, con la conseguente distruzione degli habitat marini e del plancton, indispensabili insieme alle foreste per i processi di fotosintesi clorofilliana e per il rifornimento di ossigeno – ma anche gli interessi di parte, il business, il profitto, ecc. Anche la Chiesa è intervenuta sulla questione e - all’appello accorato del pontefice con il richiamo alla responsabilità verso le generazioni future - ha fatto seguito la promessa di portare a zero le attuali 25mila tonnellate di CO2, che lo Stato pontificio rilascia dalla sede di Radio Vaticano; promessa congiunta al progetto per l’istallazione di 5mila metri quadri di pannelli solari. Ma c’è anche chi ritiene che ognuno di noi può contribuire nel proprio piccolo e con le sue attività quotidiane a una riduzione di CO2. Nessuno, infatti, in questa vicenda può sentirsi esonerato dalla responsabilità, come nessuno può utilizzare l’argomento della complessità e degli innumerevoli elementi che interagiscono e contribuiscono all’equilibrio del nostro pianeta per liberare l’uomo dal dovere di rispondere delle conseguenze delle sue attività. Così viene da chiedersi: saranno sufficienti i 350 rintocchi di campane che domenica 13 dicembre alle 15 si sono susseguiti in tutto il mondo, per iniziativa delle Chiese europee, preoccupate per la minaccia climatica a ricordare a ognuno che 350 sono le parti per milione di CO2 in cui bisogna rientrare per non “perseverare” nell’alterazione dell’equilibrio climatico? Per ricordarci, con Ernst Hemingway, che titolò il romanzo Per chi suona la campana ispirandosi ai versi di John Donne che «nessun uomo è un’isola/completo in se stesso[…] E dunque non chiedere mai/per chi suona la campana:/essa suona per te»?


Attualità

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COPENHAGEN

IL FUTURO INIZIA NEL PRESENTE

FUOCHI DI NATALE di Silvia Lubello

di Fracesca De Marco

Fa freddo ormai a Copenhagen, ma le parole che riecheggiano nella sua aria sono di quelle forti, pesanti, che scaldano gli animi … così, anche i pragmatici danesi, sotto le pale giganti dei loro numerosissimi mulini a vento (la Danimarca è il primo paese al mondo quanto a energia eolica), si erano lasciati prendere un po’ dall’ottimismo. Forse perché è quasi Natale, forse perché non guasta lasciarsi alle spalle i tristi pensieri, ed ecco che Copenhagen per un attimo è diventata Hopenhagen, con la parte iniziale Hope che sta a significare speranza, di parole nuove e cambiamenti … una speranza tradita perché, si sa, i sogni durano il tempo di una notte. C’era un uomo, in quei giorni, che avanzava nella neve a passo lento; non si riusciva a vederne il volto, ma il fruscio della neve smossa al suo passaggio indicava un so che di incertezza. Si era perso in quell’oceano bianco ed uniforme, e l’entusiasmo di quel viaggio ben presto si trasformò in solitudine. Poco più in là, nei grandi saloni, ricche signore impellicciate si riempivano la bocca di qualche sintetica speranza, come quella di sapere, ad esempio, quanto mai sarà spesso il ghiaccio che ricopre la calotta polare, e quanto tempo dovrà passare prima che la terra cominci ad avere davvero la febbre alta. Fuori intanto era scesa la sera, e le luci coloravano di festa le strade affollate. L’uomo si sedette su una panchina e si lasciò andare ai ricordi di infanzia, quando il Natale era il periodo in cui nessuno negava il sorriso, o il saluto, e i dolci e il presepe erano il vero momento di festa per tutti i bambini. Le ricordava ancora, come fosse ieri, quelle mani esperte che muovevano fogli di carta rubati al mercato, intrisi di acqua e colla; quei visini pacifici, e le manine industriose che facevano il pane, tiravano l’acqua dal pozzo, tagliavano legna, vendevano pesce. Quei vestiti così semplici e uguali, e tutti belli da colorare. Ricordava ancora quei passi che faceva fare a quei piccoli pupazzi, per farli avvicinare alla capanna ogni volta di più. Aspettando il tanto atteso giorno. Riprese la strada e intanto scrutava i volti di chi gli passava accanto; davanti a lui, un gruppo di ragazzi. Sembravano concitati, agitavano cartelli e striscioni. Parlavano di bombe, di Iran, di Corea del Nord, del disarmo nucleare; e di tutte quelle nazioni che la bomba atomica ce l’avevano già. Ci sarà un appuntamento a maggio del prossimo anno, con tutti i Paesi che hanno firmato il trattato di non proliferazione nucleare (NPT); America e Russia potrebbero accordarsi su una drastica riduzione delle testate: per il momento se ne terranno mille ciascuna … ma perché non subito zero? Mano a mano, quel gruppo di giovani ragazzi avanzava tra i fumi delle caldarroste e spariva come inghiottito dalla nebbia. Proprio quel fumo gli ricordava quel nevischio accecante e i fischi dei treni in una vecchia stazione di tanti anni fa, quando la mano di un fratello si affacciava sventolante fuori dal finestrino di una carrozza, allontanandosi sempre di più verso l’orizzonte. Una lacrima allora cominciò a scivolare piano lungo i solchi di quel viso invecchiato, e cadde a terra, dimenticata. Sembrava ormai davvero tardi, e così si infilò in uno di quei vicoli un po’ più bui, per cercare riparo; una porta si aprì di scatto e una donna gli tese la mano. “Prego” disse “la stavamo aspettando”. La stanza era grande e male illuminata; c’erano dei tavoli lunghissimi e apparecchiati con posate e tovaglie di plastica. In alto, appesi al muro, dei piccoli televisori. “un sogno che non si avvera è una bugia” cantava Bruce Springsteen, ma con i sogni e le speranze degli altri il trucco è quello di pensare (all’unanimità) di decidere la prossima volta, rinviando così la data di scadenza. Come è successo per la riduzione delle emissioni nocive, o come hanno fatto al vertice Fao per la fame nel mondo.

“Per favore, salvate il mondo”. E’ questa la frase che ha dato inizio alla conferenza sul clima che, dal 7 al 18 dicembre, ha reso Copenaghen luogo deputato ad un evento di fondamentale importanza, ad un patto storico; una frase significativa, che porta a riflettere sulla gravità della situazione in cui versa il nostro pianeta e che dovrebbe smuovere gli animi. Sta accadendo qualcosa a cui nessuno sembra dare il giusto peso e ora, per la prima volta, il mondo intero è chiamato a cercare un accordo comune su come risolvere il grande problema di limitare le emissioni di gas di origine umana responsabili del famoso, o meglio, famigerato effetto serra e, in conseguenza, dei cambiamenti climatici, secondo quanto si desume dagli studi dell’ Intergovernmental panel on climate change (Ippc). La cerimonia di apertura è stata inaugurata da un breve ma significativo video dove alcuni bambini del futuro ci mostrano uno scenario apocalittico in cui la Terra, ormai deserta, è devastata da bufere e tempeste. Non c’è più nulla di ciò che abbiamo oggi, non è rimasto niente dei meravigliosi luoghi che andiamo a visitare e fotografare, il suolo, completamente arido, si spacca, nessun albero, nessun fiore, neanche una goccia d’acqua se non quella che scende da minacciosi nuvoloni neri che coprono il cielo, nessun animale, neanche un segno di vita... fa paura, vero? Forse è solo una provocazione, ad oggi, ma è anche la certezza di quello che sarà il futuro, se i capi di Stato presenti alla conferenza, in rappresentanza di 192 Stati del mondo, non prenderanno adeguati e veloci provvedimenti. Chi di noi non ha notato i cambiamenti che il clima mondiale ha subito? E, senza andare molto lontano, quante volte ci siamo trovati a soffrire di estati torride fuori dal normale, di periodi di siccità e di improvvisi e violenti acquazzoni che ricordano il clima tropicale così lontano da noi? Tutto questo non è un caso, i mutamenti climatici sono dovuti a cause naturali ma, negli ultimi secoli, si ritiene anche all’azione dell’uomo. La caratteristica del clima è quella di essere sempre in una fase di cambiamento alla ricerca di un nuovo equilibrio perché molti dei parametri che lo influenzano, come l’irraggiamento solare e le caratteristiche atmosferiche, sono in continuo mutamento. L’influenza dell’uomo sul clima iniziò con la deforestazione dei boschi per convertirli in terre coltivabili e in pascoli, e ha portato a grandi emissioni di gas serra: CO2 dalle industrie e dai mezzi di trasporto e metano negli allevamenti intensivi e nelle risaie. Attualmente sia le emissioni di gas sia la deforestazione sono cresciute fino a un livello per cui pare difficile la loro riduzione nel breve o nel medio periodo, per le implicazioni tecniche ed economiche delle attività coinvolte. L'attività umana ha in questo modo intensificato l’effetto serra naturale, contribuendo in maniera marcata al riscaldamento globale. Inoltre l’energia consumata dall’umanità, che è ormai ad un livello

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IL FUTURO INIZIA NEL PRESENTE

FUOCHI DI NATALE Silvia Lubello

Fracesca De Marco

Ma c’era un altro uomo che si muoveva su quello schermo; camminava stanco tra cumuli di macerie, in una terra amara, infuocata dal sole e dalla guerra, mentre gruppi di pellegrini ripulivano la propria coscienza, ricordandosi improvvisamente il significato di miracolo e natività … la terra è santa per quei pochi attimi in cui l’uomo l’ha percorsa tutta, l’ha guardata con occhi pieni di fede e commozione sgretolarsi sotto lo scricchiolio dei palazzi che cedono. Poi, il bagliore dei razzi che illuminano la notte, in una città avvolta dal filo spinato. Per un attimo quel lampo di luce parve coincidere con i fuochi d’artificio che stavano sparando lì fuori, a poca distanza da quel rifugio dismesso. La terra è santa e abbandonata, come quella lacrima calda lasciata cadere nel ghiaccio della strada. Dov’era quel fratello lontano, dov’era il suo natale di mercatini e panettoni, davanti alla facciata di una chiesa, a scaldare l’inverno vendendo castagne … dov’era quell’idea di pace e di calore … Adesso l’immagine in Tv era cambiata; c’era un bambino , triste, che si muoveva tra le dune: scriveva. E la metafora viene facile, per chi oggi cerca di guardare avanti comunque, e scrive il proprio futuro sulla sabbia. Così, pronto a volare via con la prima folata di vento. Era da poco passata mezzanotte quando un urlo interruppe i pensieri di quel pover’uomo: il pianto si faceva sempre più insistente, sicché decise di andare vedere. Si incamminò lungo un corridoio e seguì quella voce stridula. Lo trovò lì, in un angolo, avvolto in un fagotto, affamato e rosso in viso, tra le braccia della madre che cercava di allattarlo. Quello era davvero un Natale insolito, e, tra i fuochi multicolori e le lacrime del bambino, si convinse a mostrare il suo volto e gli fece un sorriso. Quando si alzò ormai era tardi, uscì, e continuò a perdersi tra le vie di quel mondo ormai in disuso. Come l’altro uomo, pellegrino tra i pellegrini, che ritrova tra le rovine di una casa la sua famiglia, i suoi bambini. E nel loro pianto, in una sera apparentemente come tante, nella loro tristezza e nel loro dolore, trova la forza di guardare al cielo, per vedere la lunga scia di un razzo attraversare le stelle e perdersi nel blu. Ma quella volta, per un attimo, volle credere che fosse appena passata una stella cometa.

altissimo, si trasforma in calore, alterando l’equilibrio termico naturale e aumentando progressivamente le temperature. Combu-

stibili fossili, energia nucleare e anche l'energia da geotermia profonda forzata aggiungono calore in eccesso all'atmosfera. Sono, invece, poco climalteranti le energie rinnovabili quali le energie idrica, eolica, geotermica da sfruttamento di affioramenti energetici naturali, geotermica superficiale a sonde, da correnti marine e da maree e, soprattutto, l'energia solare, disponibile in quantità infinita, che è prodotta intercettando la radiazione solare prima che essa riscaldi la superficie planetaria, senza quindi modificare l'equilibrio termico naturale. Ecco da cosa nasce l’importanza e l’interesse per queste nuove forme di energia, dalla consapevolezza di una situazione che sta portando il pianeta verso il punto di non ritorno. Il mondo è causa del problema che deve risolvere, ma non tutte le nazioni hanno contribuito a crearlo in ugual misura, sono le più ricche ad aver immesso nell’atmosfera la maggior quantità di CO2 ; né le conseguenze del riscaldamento del pianeta saranno uguali per tutte le nazioni. Proprio da queste disparità nasce la paura che la conferenza di Copenaghen non termini con il tanto atteso patto globale che non sia politico, ma che abbia valore legale, vincolando i singoli paesi a rispettarlo entro i limiti previsti. Per raggiungere l’obiettivo di non superare mai i 2 gradi di riscaldamento globale, rispetto al periodo preindustriale, entro il 2050 si dovrebbero ridurre le emissioni di gas serra dell’80% rispetto al 1990, ma è indispensabile darsi obiettivi di riduzione già entro il 2020. I Paesi più inquinanti sono Cina, Stati Uniti, India e Russia e proprio da essi ci si aspetta il passo più importante, ma trovare un accordo diventa difficile quando, invece di puntare l’attenzione su cosa stiamo distruggendo, si pensa ad accusarsi a vicenda: le zone in forte sviluppo, come Cina e India, puntano il dito contro le più ricche Stati Uniti ed Europa perché responsabili del grosso della produzione di gas serra dalla rivoluzione industriale ad oggi; di contro, si ribatte che la Cina, in un solo decennio, ha raddoppiato le sue emissioni..ognuno ha le sue ragioni, questo è evidente, ma un cambiamento di direzione dei Paesi più inquinanti è necessario e improrogabile, non solo per i risultati benefici ma perché, senza il loro impegno, gli altri Paesi non sono disposti a vincolarsi; per qualsiasi Nazione la riduzione delle emissioni comporta dei costi in termini di investimenti, sacrifici per l’economia e rischi per la competitività globale, ma non si può far finta di non conoscere la realtà. Quello che rischiamo di perdere è molto più di ciò che ci viene chiesto di fare, come sempre ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare tanto, cominciando dalla limitazione degli sprechi. Ogni viaggio inizia con un passo. Non lasciamo ai nostri figli un mondo malato, proviamo a curarlo per loro, perché possano godere delle meraviglie che ci sono state offerte.


dai Paesi

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FATALE TENTAZIONE di Laura Longo

Si “tartaglia” sui giornali. E si urla: “Tentato premiericidio”. L’aggressione di domenica scorsa, un cocktail di pura pazzia, mischiato (probabilmente) dall’odio ideologico ha armato la mano di qualcuno. In questo caso, quella di Massimo Tartaglia. Un “buono” fino a qualche settimana fa, oggi uno “psicolabile”, bollato dal padre. «Non sono io, non sono nessuno» avrebbe detto l’attentatore poco dopo il lancio della statuetta. Malgrado la sua fragile identità, caso vuole che questo giovane uomo di 42 anni abbia impunemente avuto il coraggio di scagliarsi in (consapevolmente) contro il potente di turno. Occhio quindi ai matti d’Italia che s’intrufolano nella storia per cambiarne il corso, lanciando pallottole, pugnalate o souvenir. Come reagire? Con la “visionaria follia” dello stare calmi e di non fomentare altri allarmismi. Per dirla alla nietzschiana, la storia è “un eterno ritorno”. Anche nel 1926, Violet Gibson, un’attempata miss irlandese tentò di impallinare il duce con un colpo di pistola che riuscì a sfiorare il naso della vittima. Arrestata, la colpevole fu liberata sotto le pressioni del governo inglese perché considerata interdetta. Mussolini, dopo qualche giorno di degenza, da quell’incidente ricavò un noto motto che rafforzò maggiormente i consensi popolari:«se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se muoio vendicatemi». Non fu forse un folle, Giovanni Passanan-

te che il 17 novembre 1878 a Napoli saltando sulla carrozza di Umberto I, cercò di pugnalarlo ferendolo a un braccio? C’è da chiedersi se queste persone in delirio (psicologico?) (ideologico?) ci sono o ci fanno. Pazzi o non pazzi, i colpi di Bresci

andarono a segno contro il re Umberto. L’anarchico imprigionato, fece però una brutta fine. Un anno dopo si suicidò lasciando un messaggio di sottile sfida ai suoi carcerieri: «La vostra condanna non mi lascia indifferente, io mi appello alla prossima rivoluzione». Vicende remote e lontane anni luce, per fortuna, da quelle odierne. Ma il vizio concreto di tirare le orecchie ai potenti, rivisitando la storia moderna e contemporanea, è quasi un costume italiano. Fanfani se la cavò con una semplice tirata d’orecchie, Berlusconi con un tre piedi sul collo, Mussolini, il dittatore, subì invece quattro attentati nel corso del suo

regime. Personaggi odiati e amati dal popolo italiano e legati da un comun destino: vittime sì ma “miracolati” e sempre più forti sul piano consensuale. Poi arrivò la grande guerra e i tempi cambiarono. La ripresa economica e il giungere degli anni di piombo si caratterizzarono prima dal terrorismo nero poi dal sopraggiungere di quello rosso. I brigatisti operavano con fredda e spietata lucidità: agivano non contro un tiranno ma contro un sistema, quello capitalista. Anche il capo comunista Palmiro Togliatti non fu immune a questi tentativi criminosi. L’assalitore si chiamava Antonio Pallante. Se fosse un matto non è dato sapere. Di certo era un estremista di destra che in una mattina di estate del 14 luglio 1948 sparò tre colpi al segretario del Pci: uno dritto al polmone e gli altri due alla nuca. L’evento scosse profondamente gli animi, l’Italia era sull’orlo di un’ennesima guerra civile e i devoti desideravano mettere fine alla vita del colpevole. Ma il Grande Capo rispose: «state calmi e non perdete la testa». Stesse parole pronunciate dal premier ai suoi fedeli, pronti a difenderlo fisicamente e dialetticamente a spada tratta. L'altro giorno Silvio si trovava dolorante su un letto di ospedale nella sua nuova veste togliattiana. E non è detto che, a pochi mesi dalla prossima tornata elettorale, tutto ciò che gli è capitato (tra aggressione, scandali, processi e accuse) non sia un male.

da Santa Cesarea Terme MIE SONO LE DONNE di M.A. Podo

Abbiamo ammirato a Sternatia presso il convento dei domenicani una mostra di scultura e pirografia di ragguardevole interesse. Lo splendido contenitore ha fatto da degna cornice alle magnifiche opere scultoree di Virgilio Pizzoleo ed alle splendide pirografie di Romeo Rizzo. Entrambi di Vitigliano hanno presentato una rassegna dal titolo Mie sono le donne ospiti del circolo Antàma (Insieme) di Sternatia. Circolo di sole donne. Da qui la location ed il nome dell’iniziativa. E di conseguenza le opere. Quel mie per gli autori ha significato il proprio momento emozionale in cui il mistero della bellezza femminile veniva fermato nella pietra o nel legno dell’ulivo.

Pizzoleo ha presentato 5 sculture in pietra leccese ed una utilizzando legno d’ulivo: è un canto continuo dell’amore dell’uomo per la bellezza femminile. Per dirla con il presentatore della mostra: ogni opera una preghiera. Rizzo imprime nel legno, sfruttando di esso venature e colori propri, una emotività comunicativa immediata. Comunica a chi guarda la sua disperazione esistenziale e la sua vocazione silente a denunciare attraverso le immagini le tante ingiustizie che colpiscono l’uomo. Una personalità sensibile quella di Rizzo che trasfonde nel legno la bellezza di quanto la natura produce.


da Tricase

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UN GIGANTE SENZA TEMPO di Cesare Lia Anche quest’anno l’edizione del Presepe vivente di Tricase, che l’anno passato, a seguito della scomparsa del suo fondatore ANDREUCCIO RIZZO, tutti pensavano dovesse interrompere le edizioni. I figlioli del caro amico e soprattutto il genero Lino PELUSO hanno continuato la bellissima tradizione, regalandoci la trentesima edizione di una manifestazione popolare, giunta alla ribalta italiana ed estera. Anche quest’anno, però, la cattiva sorte ci ha privati di un’altra figura importante della manifestazione. Una figura silenziosa, riservata, schiva di riflettori, la Signora CATERINA SPARASCI, moglie di Andreuccio. Un personaggio che alla manifestazione ha dato tutto il suo sostegno, lavorando alacremente per la sua buona riuscita. Ricordo con ammirazione la sua dedizione alle prime edizioni della manifestazione quando, attorniata dai suoi figlioli ancor piccoli, riusciva, con l’aiuto della suocera, a far fronte e alle necessità domestiche e all’organizzazione, che all’epoca non aveva le numerose figure di oggi ma si basava su pochi volontari, che

lavoravano alacremente per la buona riuscita. Nonostante l’ultimo lutto, superando il dolore di questo evento, il Natale prossimo sarà allietato dalle luminarie di Monte Orco, dai pastori, dagli artigiani, dai soldati in costume, dalle leccornie dei fritti natalizi, nella tradizione voluta dai coniugi Rizzo. Mancheranno i due personaggi chiave, ai quali certamente piacerà dall’altro mondo che la manifestazione, nonostante la loro scomparsa, sia ripetuta anche quest’anno ma non mancheranno le nuove e gioiose presenze dei loro nipotini, che nelle prime edizioni non erano ancora in questo mondo. La tradizione, però, non deve interrompersi e per rispetto ad Andreuccio ed a Caterina ma anche al popolo di Tricase e dei Comuni limitrofi. Non solo ma dei numerosi cittadini che vivono fuori della nostra terra leccese e pugliese e che ogni

anno partecipano alla manifestazione. Tale impegno lo ribadii l’anno passato a conclusione dell’edizione e suggerii, proprio per evitare l’interruzione dell’iniziativa, di creare una fondazione del Presepe Vivente di Tricase con l’impegno che la famiglia Rizzo si dichiarasse disposta ad accettare la manifestazione annuale a Monte Orco. Tale iniziativa consentirebbe di proseguire per almeno cento anni una iniziativa alla quale oggi riconoscono tutti grande validità sia sul piano turistico che su quello dell’immagine della Città di Tricase. I componenti del nuovo consiglio direttivo non mancheranno di sostenere l’iniziativa e, credo, studieranno il modo più idoneo per tenere viva una manifestazione che all’inizio aveva assunto l’aspetto folkloristico locale ma che oggi è divenuta una vera e propria tradizione alla quale, con l’assenso anche delle istituzioni, non è possibile rinunziare. Il nostro giornale è pronto a dare il sostegno necessario perché ciò avvenga e perché l’impegno dei due amici defunti e di tanti altri che nel Presepe Vivente hanno dato il proprio contributo, dalla prima alla trent’esima edizione, non resti solo un ricordo e non svanisca nel nulla.

TRICASE…..UNA CITTA’ CHE NON CRESCE di Sandokan Pensavo di aver finito di scrivere stimolando l’Amministrazione comunale ad adottare provvedimenti ed iniziative che potessero rendere la nostra Città non dico superiore ma almeno come le altre, ma ho dovuto riprendere carta e penna e chiedere al Direttore di essere di nuovo ospitato su queste pagine per ricominciare a stimolare quanti, non guardandosi intorno, non notano le differenze enormi tra il nostro e gli altri centri della provincia di Lecce, per non parlare della Puglia intera. Perché essere secondi o terzi o…..ultimi, rispetto agli altri? Secondo il principio evangelico, essere gli ultimi è un privilegio perché è degli ultimi (ed anche degli umili) il Regno dei Cieli ma, finchè siamo su questa terra occorre, se possibile, essere i primi perché essere primi a scuola, nella società, nella vita in genere ed essere anche umili è il massimo del risultato sia personale che sociale. A parte la più volte richiamata organizzazione dei totem per i parcheggi pubblici che, oltre ad essere segno di civiltà e di progresso, è anche segno di non arretratezza, considerato che anche il Comune di Tiggiano (minuscolo rispetto alla nostra così detta Città) si è dotato, sembra che l’iniziativa di dotare ogni cittadino di una penna elettronica sulla quale riportare tutto il proprio stato di salute, pur essendo stata suggerita da molti mesi alla nostra Città, sia ancora in discussione nella Giunta comunale. E’ vero che questa ho subito numerose problematiche, che è stata riformata per due volte, che ha subito degli scossoni dei quali non si è avuta contezza alcuna ma è anche vero che simili decisioni, proprio perché si tratta della salute dei cittadini (ossia, per dirla alla romana, di noartri), dovrebbero essere varate con qualsiasi giunta comunale ed anche senza la stessa. Intanto, mentre a Maglie le penne sono state già distribuite,

mentre a Casarano stanno per farlo, a Tricase ancora si discute se adottare o meno una tale decisione. Tanto per rendersi conto del problema, cerco di chiarire in cosa consiste l’iniziativa che, peraltro, ha già avuto un convegno sulla Sala del Trono parecchi mesi or sono e fu la prima realtà che clominciò a parlare della novità. Da allora non si è più mosso nulla . Oggi, dovendo o volendo farsi sottoporre ad una visita medica per riscontrare il proprio stato di salute, soprattutto se questo viene fatto in città del nord Italia, occorre portare con sé tutta la documentazione cartacea relativa alla situazione medica pregressa. Quando la stessa si conserva perché, se non si è conservata, occorre rifare tutte le analisi necessarie per ottenere la situazione al momento e, se vi è stato qualche ricovero ospedaliero, occorre che il medico chiede all’ospedale interessato che siano trasmesse le analisi a suo tempo effettuate. La tecnologia moderna consente di dotarsi di una penna elettronica sulla quale, su iniziativa dell’Amministrazione comunale, è riportata tutta la nostra vita sanitaria, dall’infanzia alla morte, e simili notizie possono essere utili, all’occorrenza, in qualsiasi parte del mondo in cui ci troviamo. E’ vero che molti tricasini non si muovono dalla nostra città ma è anche vero che, per una qualsiasi ragione, ci si può trovare una Australia se non in Albania senza gli strumenti necessari per poter far verificare al momento la propria situazione e stabilire soprattutto il comportamento sanitario nei casi di emergenza. Ed allora, se riconosciamo la validità del discorso e se lo stesso è stato proposto in anteprima alla nostra Città, perché essere ultimi? Cosa impedisce a questo nostro centro di essere di nuovo i primi, sia pure umili, ma umilmente primi?


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da Tricase

IL FUTURO DAL MARE

È stata convocata lo scorso 18 dicembre alle ore 16.00 nella sala consiliare di Palazzo Gallone la sottoscrizione ufficiale della “Comunità della piccola pesca sostenibile del Salento Levantino”. Un progetto finalizzato alla valorizzazione della filiera pesca, del territorio e di tutte comunità partecipanti. Diventa dunque operativo il Fondo Europeo della Pesca (FEP) 2007-2013 attraverso il quale la Regione Puglia ha deciso di dare avvio ad alcuni programmi di valorizzazione del settore ittico attraverso l’istituzione di Gruppi di Azione Costiera (GAC). I GAC infatti saranno un nuovo punto di partenza per una strategia di sviluppo locale volta a coinvolgere gli operatori singoli e associati, amministrazioni e cittadini che in comune accordo potranno agire per tutelare le risorse costiere e marine e allo stesso tempo porre al centro i saperi e sapori della cultura dei pescatori locali. Un circolo virtuoso che, una volta avviato, porterà alla promozione della tradizione gastronomica e al consumo delle risorse tipiche del territorio (il pesce azzurro e “povero”), a una maggiore inte-

grazione tra imprese locali e ricettività turistica, a una riqualificazione dell’immagine turistica, della cultura del mare e della pesca.

locale, alla tracciabilità dei prodotti ittici e agli stessi consumatori dalle importazioni da Paesi che non rispettano le norme igieniche. Al tavolo di partenariato sono stati invitati i rappresentanti e gli attori locali afferenti ai Comuni di Otranto, Santa Cesarea Terme, Castro, Andrano, Tricase, Tiggiano, Corsano, Alessano, Gagliano del Capo, Castrignano, Patù Morciano di Leuca, Salve, le istituzioni scientifiche e i gruppi di azione locale. (di la.lo.)

EVENTI MUSICALI L’obiettivo, oltre a attivare processi di sviluppo eco-sostenibili sul territorio costiero, è quello di attuare una nuova programmazione nel settore ittico, riservando anche un’attenzione particolare alla sua filiera che attualmente non gode al pari di altri comparti di buona salute a causa della sua eccessiva estensione e della scarsa riconoscibilità del Made in Italy. Per questa ragione, l’integrazione fra gli operatori primari con il mondo della trasformazione e della commercializzazione sarà un tassello fondamentale che porterà maggiori garanzie al pescato

Le Becccherie - Absinthe Wine Bar Piazza Repubblica 33 - Centro Storico Salve 28 dic 2009 I Sotterranei S.Cafiero-T.Longo--F.Longo-P.Santoro L'america degli anni '50 e '60 di Kerouac e Bukowski raccontata con le armonia del blues e del rock Per i prossimi appuntamenti consultate il sito http://www.lebeccherie.com/

Economia

PRESTITO D'ONORE, MICROIMPRESA E FRANCHISING. Bandi sempre aperti di Marco Sponziello Dopo il boom degli anni scorsi, l'utilizzo di queste agevolazioni ha subito un calo considerevole. Il motivo è da ricercare probabilmente in una mancanza di pubblicità da parte degli enti preposti alla gestione di questi strumenti finanziari. Eppure mai come adesso, in un periodo di forte crisi economica, aggravato dal fatto che le banche non rilasciano facilmente credito alle aziende, queste agevolazioni sono attuali e indispensabili. Direi necessarie a chi, giovane, ma non solo giovane, solo o in società (purchè disoccupato alla data di presentazione della domanda) intenda intraprendere un'attività imprenditoriale. Sinteticamente vediamo di cosa si tratta: PRESTITO D'ONORE Questa agevolazione è rivolta a persone fisiche che intendono avviare un'attività di lavoro autonomo in forma di ditta individuale. Le iniziative agevolabili possono riguardare qualsiasi settore (produzione di beni, fornitura di servizi, commercio). Sono però ESCLUSE le attività che si riferiscono a: produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e di trasporti (di merci o di persone oltre le 9 unità). MICROIMPRESA Questa agevolazione è rivolta a coloro che intendono avviare un’attività imprenditoriale di piccola dimensione in forma di società di persone. Sono pertanto ESCLUSE le ditte individuali,

le società di capitali, le cooperative, le società di fatto e le società aventi un unico socio. Le iniziative possono riguardare la produzione di beni e la fornitura di servizi. Sono ESCLUSE le attività che si riferiscono a: produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, trasporti (di merci o di persone oltre le 9 unità) e il commercio. FRANCHISING Questa agevolazione è rivolta a persone fisiche o società di nuova costituzione che intendono avviare un'attività imprenditoriale in franchising in forma rispettivamente di ditta individuale o di società di persone o di capitali. Sono ESCLUSE le società di fatto e le società aventi scopi mutualistici. Le iniziative agevolabili possono riguardare la commercializzazione di beni e di servizi, mediante la formula dell'affiliazione in Franchising. Sono ESCLUSE le attività che si riferiscono a: produzione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli trasporti di merci o di persone oltre le 9 unità e i settori esclusi dal CIPE o da disposizioni comunitarie.


Che passione la cucina! Le ricette di Francy a cura di Pietro Russo

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CRÊPE RIPIENE alla BIETA

Ingredienti:

IL PIATTO PRONTO

Ingredienti per le crêpes: • • • • •

100 gr di farina; Due o tre uova (intere); 200 gr di latte; Un pizzico di sale; Burro.

Ingredienti per il ripieno: • 1 kg di bieta; • Formaggio grattugiato; • Scamorza affumicata.

UN PIATTO COMPLETO CON LA VERDURA. DA SERVIRE COME ANTIPASTO O COME PRIMA PORTATA……E PERCHE’ NO, DA PREPARARE PER LA VIGILIA DI NATALE.

PREPARAZIONE PREPARAZIONE DEL RIPIENO

1. 2.

Tempo di preparazione:

3.

30 minuti

Pulite e lavate la bieta, mettetela a cuocere in acqua salata. Terminata la cottura, scolatela e tritatela finemente a mano o nel mixer. Versare la bieta in una terrina capiente, aggiungete la scamorza affumicata, il formaggio grattuggiato e mescolate il tutto per ottenere il composto che servirà da ripieno per le crêpes;

PREPARAZIONE DELLE CRÊPE

Tempo di cottura:

1. 2.

15 minuti

Difficoltà: Media

3. 4. 5.

6.

7.

In una terrina fonda mettete le uova intere, il latte e un pizzico di sale; Con una frusta sbattete le uova con il latte e versate sul composto la farina a pioggia; Con un mestolo prendete un poco di composto e versatelo su una padella piana, che avrete unta col burro, ben riscaldata; Con movimenti circolari del mestolo, distendete il composto nella padella, fino a raggiungere i bordi; Cuocete la crêpe come se fosse una frittata, da una parte e dall’altra, distaccando lentamente prima i bordi e poi la parte centrale; Terminate le crêpes, mettete al centro di ognuna una porzione del composto, e arrotolatele come se fossero dei cannelloni. Disponetele in una pirofila, che avrete spalmato col burro, e mettete a cuocere in forno caldo a 180° per circa 15 minuti.

Scrivete a redazione@diciamo.it per dare un giudizio alle ricette pubblicate e per contribuire alla rubrica con le vostre ricette.


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Sport

CASARANO, UN PASSO INDIETRO

Rossoazzurri bloccati sul pareggio dal Francavilla. Domenica a Benevento per riprendere la marcia verso la vetta della classifica. di Carlo Pasca Si ferma a sette la serie di vittorie consecutive del Casarano. Domenica, al Capozza, la formazione di Bianchetti è stata stoppata sull’1 a 1 dal Francavilla di Mino Francioso, da poche settimane richiamato dal presidente Distante sulla panchina biancazzurra. Brutta la prestazione offerta dal Casarano, incapace di imporre il proprio gioco e di creare nitide occasioni da rete per tutti i novanta minuti di gioco. Senza Bonaffini, in panchina per problemi muscolari, e con Calabro sostituito nel finale del primo tempo, i rossoazzurri non sono riusciti ad imporsi sulla perfetta organizzazione di gioco del Francavilla, ben messo in campo da Francioso e veloce a ribaltare il gioco e impensierire la retroguardia della Virtus. Dopo un primo tempo avaro di emozioni, in avvio di ripresa il Francavilla si portava in vantaggio in avvio di ripresa con un gol di Malagnino, abile a sfruttare una scomposta uscita al limite dell’area di Leopizzi. Ci ha pensato Fabrizio Caracciolo con una botta da fuori a dieci minuti dal termine a fissare il punteggio sull’1 a 1 e a regalare al Casarano la speranza di portare a casa i tre punti con un finale arrembante. Vittoria che sarebbe stata importantissima anche in considerazione

dei risultati che si stavano concretizzan- nica che ha fatto un po’ storcere il naso a do sui campi delle dirette concorrenti (il tutti i sostenitori della Virtus. Non si vedeva un Casarano così abulico da diverso tempo, ma il mezzo passo falso può essere giustificato con un calo fisiologico che ci sta tutto dopo una serie importante di vittorie consecutive. Da rivedere la prestazione di Andrea Presicce, uno dei ragazzi terribili della formazione rossoazzurra ma domenica decisamente sottotono, incapace di avere la meglio nell’uno contro uno (il suo punto di forza) e di pareggio dell’ex capolista Sant’Antonio incidere sulla partita. Domenica a BeneAbate e del Benevento, le vittorie della vento molto probabilmente Bianchetti nuova battistrada Neapolis, del Pianura e schiererà ancora lui, D’Anna e Palazzo della Casertana) e in previsione del pros- alle spalle del bomber Villa, puntando simo impegno al quale sono attesi Villa & sulla fantasia e sulla corsa dei tre under e Co, a Benevento contro la formazione sulla capacità realizzativa del suo attacallenata dalla coppia Mauro – Lepore e cante principale. Casarano che recuperespinta in alto dai gol del bomber Mallar- rà Bonaffini ma che dovrà fare a meno di do, autore della tripletta che due turni or Tonino Calabro, il capitano uscito anzisono ha steso l’Ostuni, dalle incursioni tempo domenica scorsa per problemi ficcanti sulle fasce di Massaro e sulle muscolari. Al suo posto tornerà invenzioni di Salvati. In Campania il Casa- nell’undici titolare Serao, difensore abirano deve fare risultato, possibilmente lissimo nello sfruttare le occasioni su tornare a casa con il bottino pieno. E’ calcio piazzato e autore già di tre reti uno scontro diretto, una partita da punti nella stagione in corso. Domenica il Casapesanti e che valgono doppio. E poi i rano deve ritornare a correre, le dirette ragazzi di Bianchetti devono immediata- concorrenti non perdono un colpo e non mente riscattare l’opaca prova di dome- c’è più tempo da perdere.

DERBY ANTICO

di D.N.

Tutti allo stadio, c’è il Nardò! La prima di di entusiasmo e squadra dominatrice sul ritorno del campionato di Eccellenza del manto erboso, il massimo per gli appassioTricase comincia domenica col botto. E nati di calcio. Sono bastati due gol dei tricasenz’altro se ne vedranno delle belle. sini, il primo su autogol dell’Altamura e il Intanto la squadra nelle ultime giornate ha secondo nella ripresa su contropiede di ripreso il ritmo, riuscendo a risalire la china Ferrante servito alla perfezione dal solito e ad abbandonare l’ultimo posto. Per esemGiannuzzi in grande spolvero, per chiudere pio nel giorno di Santa Lucia, al “San Vito” il la pratica, non prima però di qualche attiTricase è sembrato come risorto. Gli uomini mo di sofferenza dopo il 2-1 degli avversadi mister Ciullo e del presidente Dell’Abate ri. Tre punti che si sono sommati ad altri hanno dimostrato quanto forte è l’impegno Matteo Giannuzzi raccolti nelle gare precedenti, squadra col di tutto il collettivo e quanto importante la morale di nuovo alto e pronta alla grande passione della tifoseria nel trascinare i calciatori. Stadio pieno sfida con i neretini.


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DICICRUCI di S. Laraia 1

Orizzontali 1. Dolci dell'antica tradizione natalizia napoletana; 6. Estremità del lato; 8. Principio di ibernazione; 10. Dea romana del raccolto e dell'abbondanza; 11. Tedioso..dittongo; 12. Accerchiato, chiuso; 14. Città lituana; 19. Nedved, ex della Juve; 20. La Melato di " Travolti da un insolito destino..."; 21. Successive alle elementari; 22. Congiunzione eufonica; 23. Dea greca dell'aurora; 24. Lungo percorso alberato; 28. Ventre prominente; 30. Flavio, ex di Renault in Formula 1; 32. Una raccomandata postale; 33. Valide, adatte; 34. Percorso, procedimento; 35. In carpe e rospi; 37. Abbandona la propria religione; 39. Superbi, presuntuosi; 42. Personaggio shakespeariano; 43. Lerner, Infedele; 44. Grande uccello australiano; 45. Lo emettono doppio le rane; 46. Spiazzo in fattoria; 48. Scalata finanziaria; 49. Ben saldo in verticale; 50. Il fiume degli inglesi; 51. Il centro di Milano; 52. E' simile ad una ics; 53. Quello internazionale corrisponde a 4046,8564224 metri quadrati; 54. Accessorio per computer; 57. Il Romano, opinionista in Cina; 58. Avvolge il magistrato.

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Verticali 1. Una delle sette musicali; 2. Trapani (sigla); 3. Amena località trentina; 4. Music-hall parigino sito in via Richer,22; 5. Così definiva Baglioni una certa maglietta; 6. La balia di Romolo e Remo; 7. In questo momento; 8. Andate a.. Trastevere; 9. Simon, il Libertador; 13. Insaziabili, ingorde; 15. De Paula, chitarrsista jazz brasiliano; 16. Poco..intrigante; 17. Fastidio, tedio; 18. Particella dubitativa; 20. Ha un ponte in sospeso (sigla); 21. Commedia di Macchiavelli; 24. Personaggi da gossip; 25. Inusuale, poco comune; 26. Pianta acquatica con fiori molto decorativi; 27. Lo fu Fra' Dolcino; 29. Impedimenti, intralci; 31. China, dirupo; 36. Altopiano asiatico; 37. Spumeggiante città piemontese (sigla); 38. Dalle sue foglie si estrae una fibra usata per cesti, corde e tappeti; 40. Caccia utilizzando becco ed artigli; 41. Nocciolina americana; 47. Quello del caffè è particolarmente intenso; 52. L'Art che usa il medesimo linguaggio della pubblicità; 54. Walt, fumettista americano (iniz.); 55. ....fu siccome immobile; 56. La città dei Sassi (sigla).

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REGOLAMENTO Il primo, che da martedì 22.12.2009 dalle ore 9.00, invierà a: redazione@diciamo.it la soluzione del cruciverba, riceverà in premio una ricarica telefonica di 10 € dell’operatore preferito. Non sono ammessi gli stessi vincitori per almeno 3 concorsi consecutivi.

AVVENNE 13 dicembre 1545 - Tre anni dopo la convocazione, si apre ufficialmente il Concilio di Trento. Sarà il più lungo tra i concili celebrati dalla Chiesa: si chiuderà il 26 gennaio 1564. 22 dicembre 1858 - Nasce in provincia di Lucca il famoso compositore Giacomo Puccini. 30 dicembre 1924 - Mussolini convoca il Consiglio dei ministri. Tutto il Paese attende le sue dimissioni e già in alcune città ci sono manifestazioni di giubilo, quando invece arriva la notizia che il capo del governo non si é dimesso, ma ha annunciato per il 3 gennaio un importante discorso: quello che sancirà l’inizio della dittatura.

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