61 - VS Settembre2012

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DIRITTI

“SI RIFORMI L’ESECUZIONE PENALE ESTERNA”

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Dalla Puglia un appello al ministro per le misure alternative alla detenzione e per salvare con un indirizzo chiaro di politiche di decarcerizzazione, il sistema alternativo che da dieci anni langue nel dimenticatoio dei governi

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na lettera sottoscritta da trenta dirigenti e direttori dell’esecuzione penale esterna ed indirizzata al ministro della Giustizia Paola Severino e al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino. È quella che qualche giorno fa è stata inviata dalla Puglia per “salvare e rilanciare l’esecuzione penale esterna e le misure alternative”, un appello già lanciato lo scorso gennaio dalla Puglia per scongiurare lo smantellamento delle strutture non detentive. In tre pagine gli operatori dell’esecuzione penale esterna pugliesi sostengono la scelta del ministro di “dare priorità alle misure alternative” ma si dichiarano altrettanto preoccupati della gestione di tali misure sul territorio in assenza di un forte potenziamento delle strutture e dei servizi territoriali, in assenza di indirizzi chiari. Soprattutto, a preoccupare, sono “gli effetti negativi che potrebbero avere, anche nell’opinione pubblica, gravi defaillance nella gestione delle misure, per i danni all’immagine dell’Amministrazione e al sistema stesso delle alternative alla detenzione”. Del resto, il lavoro compiuto in questi anni dai Dap (Dipartimenti di amministrazione penitenziaria), ha

resistito alla tentazione che più governi hanno sollecitato negli ultimi tempi: quello di ridurre la sanzione alla pena detentiva con una scarsa efficacia, anche in termini di contrasto delle recidive. Da dieci anni non vengono assegnate né risorse né personale a questo settore, il che significa una “perdita del 40% del personale”, mentre nel settore della detenzione in sei anni sono stati “assunte circa 3.890 nuove unità”. Eppure il lavoro degli Uffici di esecuzione penale esterna non si è mai interrotto. Nel solo 2011 l’esecuzione penale esterna “ha assicurato 150mila interventi e oltre 52mila giornate di presenza sul territorio ed oggi eseguono un numero di misure alternati (22mila) uguale a quello in corso prima dell’indulto ma hanno il 40% degli operatori in meno”, pur in assenza di un indirizzo chiaro, giacché, come denunciano dalla Puglia, “fino al 2011 il direttore generale dell’esecuzione penale esterna non ha avuto una strategia o, se l’ha avuta, l’ha dimenticata per strada”. Anche questa, quella della nomina del futuro direttore generale, è una questione che dalla Puglia reputano centrale e non più rinviabile. Insomma, per gli operatori pugliesi è giunto il momento di “arrestare lo smantellamento silente di questo settore” per costruire politiche serie di decarcerizzazione, necessarie dal punto di vista non solo storico e della difesa dei diritti, ma anche organizzativo e gestionale. “Finchè l’Amministrazione Penitenziaria si reggerà solo sulla ‘gamba detentiva’ – sottolinea Eustachio Vincenzo Petralla, direttore dell’Uepe di Bari – sarà un’Amministrazione ‘zoppa’”. “In periodi di crisi – si legge nella chiosa della lettera invita al ministro – sopravvivono le organizzazioni che sanno immaginare il futuro e prepararsi ai cambiamenti; riteniamo che questo valga anche per l’Amministrazione penitenziaria, bisognosa, oggi, di idee lungimiranti e azioni innovative. Ci sembra giunto il tempo in cui il processo riformatore avviato nel ’75 e interrotto nell’ultimo decennio, sia riavviato e completato con la riforma dell’esecuzione penale esterna”. Serenella Pascali

“USCIRE DALL’OTTICA DELL’EMERGENZA”

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È l’appello della Garante dei minori della Puglia al Governo italiano, per i minori stranieri non accompagnati. In Puglia nel solo 2011 sono arrivati 765 ragazzi soli, via mare

n Puglia nel solo 2011 sono giunti via mare, dalla Grecia e dall’Egitto, 765 ragazzi soli. A loro si sono aggiunti i minori trasferiti da Lampedusa o dalla Sicilia, in molti casi giunti nei Cara o nei Cie e identificati erroneamente come maggiorenni e i minori rintracciati sul territorio, per un totale di circa 1200 transitati nelle comunità pugliesi. Un dato che in un solo anno fa gridare all’allarme la Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza pugliese Rosangela Paparella, non solo per la penuria di strutture che in Puglia possono accogliere i minori, ma soprattutto perchè non è più rimandabile un’azione concertata e seria tra le istituzioni interessate alla questione. “Sarebbe un errore gravissimo, nonché segnale di scarsa lungimiranza – dichiara la Garante - trascurare che questi ragazzi siano titolari di diritti e

componenti a tutti gli effetti della nostra società. E che rischiano di scivolare in una zona di invisibilità e di marginalizzazione che riguarda tutti, e riguarda lo stato di civiltà e benessere della nostra regione”. Una questione che qualche giorno fa era stata lanciata dall’assessore alle politiche di Welfare della città di Bari Ludovico Abaticchio che ribadiva la necessità di non far ricadere tutto sulle spalle degli enti locali: “È improcrastinabile un’azione concertata tra le istituzioni locali e le Prefetture, perché il Governo sia sollecitato a dare risposte certe, rapide e in grado di superare la logica dell’emergenza e della delega totale agli enti locali, riguardo al sistema di accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Sono le Convenzioni internazionali sottoscritte dallo Stato italiano, a vincolarci nei loro confronti. La tutela dei

loro diritti, il diritto alla protezione, il diritto allo sviluppo, il diritto alla partecipazione e all’inclusione sociale, è un nostro preciso obbligo”. Intanto il lavoro dell’Ufficio regionale del Garante sta lavorando in Puglia per qualificare l’offerta dei servizi, rafforzando la formazione del personale già impegnato nella tutela e nel sostegno alla crescita dei piccoli. Ma non basta. Occorre stringere le forze e trovare nuove sinergie interistituzionali capaci di fornire risposte sistemiche alla questione: “affrontare il fenomeno in maniera emergenziale – conclude Rosi Papaparella – vanifica i tentativi di mettere a punto buone pratiche di accoglienza sia da parte di alcune amministrazioni comunali, sia da parte delle organizzazioni che gestiscono le comunità”. Alice Mi

RIFORMA ISEE, IL GOVERNO PROPONE DI ELIMINARE LE SPESE PER L’ASSISTENZA

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Lo ha annunciato il sottosegretario Guerra ribadendo che l’indennità di accompagnamento non sarà toccata ma rientrerà comunque nel conteggio dell’Isee. Critiche le associazioni

on si placano le polemiche e le paure delle associazioni che si occupano di disabilità rispetto alla linea del governo sull’indennità di accompagnamento e il relativo conteggio dell’Isee. Il sottosegretario al ministero del Welfare Maria Cecilia Guerra, infatti, ha ribadito in occasione di un incontro con il “Comitato 14 settembre” che l’indennità di ac-

compagnamento per le persone disabili non verrà toccata ma entrerà nel conteggio dell’Isee. La proposta del governo è di eliminare, di contro, tutte le spese che le famiglie dei disabili devono sostenere per l’assistenza: oltre a quelle conteggiabili verrà stimata anche una somma forfetaria di spese fisse. La battaglia del “Comitato 14 settem-

bre” è incentrata su diversi punti. Tra questi, si richiede innanzitutto che il Parlamento modifichi tutte le leggi in materia di disabilità sostituendo la parola “possono” con “debbono”. L’ambiguità linguistica, infatti, scatena difficoltà soprattutto a livello locale, dove la facoltà di erogare o meno i servizi per le persone disabili è vincolata alle risorse disponibili, penalizzando

gli enti locali più piccoli. Si richiede, inoltre, di definire un Bilancio sociale dei comuni allo scopo di evitare tagli al mondo della disabilità. Punto caldo rimane proprio quello legato al calcolo dell’Isee: secondo gli organizzatori, le persone disabili stanno già pagando ampiamente la crisi e dopo tante battaglie, potrebbero ricadere in uno stato di povertà.


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