Cammino Quaresimale Adulti Anno A

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Dal Salmo 50 (51)

PARROCCHIA MADONNA di LORETO – CHIVASSO Mercoledì delle Ceneri TU AMI TUTTE LE TUE CREATURE, SIGNORE, E NULLA DISPREZZI DI CIÒ CHE HAI CREATO; TU DIMENTICHI I PECCATI DI QUANTI SI CONVERTONO E LI PERDONI, PERCHÉ TU SEI IL SIGNORE NOSTRO DIO. (cf. Sap 11,23-26). PRIMA LETTURA (Gl 2,12-18) Dal libro del profeta Gioele Così dice il Signore: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male». Chi sa che non cambi e si ravveda e lasci dietro a sé una benedizione? Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio. Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti; esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dal suo talamo. Tra il vestibolo e l’altare piangano i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: «Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov’è il loro Dio?». Il Signore si mostra geloso per la sua terra e si muove a compassione del suo popolo. PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO La comunità cristiana inizia oggi il tempo santo di Quaresima. Questo è un tempo penitenziale, ma non di tristezza, perché è intriso di gioia e di speranza, un tempo favorevole in cui accogliamo l’invito più grande per il nostro cammino di fede: “Convertiti e credi al Vangelo”. Gesù è il Vangelo! Questo è un tempo di Grazia nel quale ci accompagna una preghiera accorata che Dio rivolge al cuore dell’uomo: “Ritorna a me”… ritorna alla sorgente della vita. Si apre davanti a noi un cammino intenso per riprendere a vivere. Nel segreto del cuore, Dio viene per donarci una nuova esistenza da uomini liberi, da figli di Dio.

 Ritornate: Gioele annuncia il giorno del Signore come il giorno del grande giudizio (Sof 1,15); invita tutti alla conversione perché solo così quel giorno di distruzione (Gl 2,1-11) può essere evitato e trasformarsi in giorno di salvezza. La riconciliazione è qui presentata dal profeta come un movimento vitale che vede in azione due protagonisti, Dio e l’uomo. È un appello, una proposta e una risposta: in esse si esprimono e si incontrano due libertà, il cuore di Dio da un lato (benigno, misericordioso, che si impietosisce ma sa anche manifestare la forte gelosia del suo amore, sempre pronto a benedire e a beneficare) e il cuore dell’uomo (incline all’ipocrisia di atteggiamenti esteriori di penitenza, ma che sente nel profondo la necessità di Dio per vivere, espressa nel digiuno, nel pianto e nella preghiera personale e comunitaria). Dio muove il cuore dell’uomo a nuova vita (Ez 37).  Misericordioso: richiamandosi alla grande tradizione jahvista (Es 34,6-7) il profeta afferma la potenza di Dio che cambia il castigo in benedizione (Gl 2,14)  Geloso: ritorno non nell’individualismo ma nell’assemblea, che si riconosce come proprietà di Dio. All’amore esclusivo di Dio si deve rispondere con un amore esclusivo del popolo che non deve prostrarsi ad altri dei. Il popolo esiste solo perche Dio lo fa esistere con il suo benevolo amore (Dt 4,20).

Ritornello: PERDONACI SIGNORE: ABBIAMO PECCATO

PIETÀ DI ME, O DIO, NEL TUO AMORE;

CREA IN ME, O DIO, UN CUORE PURO,

NELLA TUA GRANDE MISERICORDIA CANCELLA LA MIA INIQUITÀ. LAVAMI TUTTO DALLA MIA COLPA, DAL MIO PECCATO RENDIMI PURO.

RINNOVA IN ME UNO SPIRITO SALDO. NON SCACCIARMI DALLA TUA PRESENZA E NON PRIVARMI DEL TUO SANTO SPIRITO.

SÌ, LE MIE INIQUITÀ IO LE RICONOSCO,

DELLA TUA SALVEZZA, SOSTIENIMI CON UNO SPIRITO GENEROSO. SIGNORE, APRI LE MIE LABBRA E LA MIA BOCCA PROCLAMI LA TUA LODE.

IL MIO PECCATO MI STA SEMPRE DINANZI. CONTRO DI TE, CONTRO TE SOLO HO PECCATO, QUELLO CHE È MALE AI TUOI OCCHI, IO L’HO FATTO.

RENDIMI LA GIOIA

SECONDA LETTURA (2Cor 5,20-6,2) Dalla Seconda Lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, noi, in nome di Cristo, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: «Al momento favorevole ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza! PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO La Quaresima inizia con il rito delle Ceneri, segno della fragilità dell’essere umano (Sap 2,3; Sir 10,9). Nella Bibbia coprirsi la testa di cenere, vestirsi di sacco e digiunare sono segni di penitenza ed esprimono il pentimento dell’uomo peccatore che implora la misericordia di Dio (Gdt 9,1; Dn 9,3; Gio 3,6); esprime il desiderio di convertirsi al Signore (Is 58,5-7). I cristiani hanno adottato quest’antica usanza, applicandola, in particolare, in occasione della loro ammissione nel gruppo dei penitenti (III -V secolo). L’imposizione delle ceneri è diventato un rito liturgico di ingresso nella Quaresima solo nel X secolo, nelle regioni della Renania, poi in Italia e infine a Roma (XII-XIII secolo). Ricevere le ceneri all’inizio della Quaresima vuol dire riconoscersi peccatori, invocare il perdono di Dio su tutta la Chiesa e manifestare un desiderio sincero di conversione. La Quaresima inizia con le ceneri e finisce con le acque battesimali della veglia pasquale, segno della vita che risorge, lasciando alle spalle la tristezza del peccato. Gesù è il salvatore del mondo: la fede nella parola del Signore ci farà passare con lui dalla morte alla vita eterna (Gv 5,24).

 Ambasciatori: Paolo ricorda che la riconciliazione per passare da Dio all’uomo ha bisogno di trovare delle mediazioni. Cristo è il primo insostituibile mediatore, in quanto vero Dio e vero uomo.  Riconciliare: dopo l’esortazione a lasciarci riconciliare con Dio, che Paolo fa nella qualità di apostolo, cioè ambasciatore di Cristo, tre elementi esplicitano questo solenne invito. 1. Possiamo venire riconciliati con Dio soltanto perché Dio in Cristo ha già riconciliato con sé il mondo (2Cor 5,18-19) grazie all’evento della croce. Il v.21 esprime tutta la carica drammatica della morte espiatrice di Gesù: Cristo era senza peccato; Dio lo ha trattato da peccatore, l’ha abbandonato alla morte per noi (Rom 6,23). Allora noi scopriamo che il prezzo del nostro peccato è stato pagato da Gesù; non siamo più “peccato” agli occhi di Dio, siamo diventati “giustizia di Dio” (Rom 3,24). Prendere coscienza di questo mistero ci apre alla riconciliazione. 2. La croce è il punto d’arrivo della Scrittura, tutta protesa verso questo “tempo favorevole” che esaudisce i gemiti della creazione (Rom 8,22) per la salvezza. La Scrittura non è una legge che ci dice come ci possiamo salvare, ma un documento che ci rivela come Dio ci salva in Gesù, servo sofferente (Is 53). 3. Ora la salvezza in Gesù è a nostra portata; viene quindi riproposta l’urgenza dell’adesione all’annuncio apostolico, adesione in virtù della quale la grande riconciliazione di Dio con gli uomini si compie nel nostro “oggi”. La conversione è una scelta quotidiana, non solo in quaresima. “Tutti devono rinnovarsi ogni giorno per combattere l’abitudine della nostra condizione mortale” (S. Leone Magno).


OGGI NON INDURITE IL VOSTRO CUORE, MA ASCOLTATE LA VOCE DEL SIGNORE. LODE A TE, O CRISTO, RE DI ETERNA GLORIA! In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli. Dunque, quando fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere lodati dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando pregate, non siate simili agli ipòcriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». PAROLA DEL SIGNORE. LODE A TE, O CRISTO. La Quaresima non deve trasformarsi in una devota parentesi della vita ordinaria della Chiesa. Essa viene offerta per sperimentare ciò che dovrebbe essere sempre l’esistenza cristiana personale ed ecclesiale. In realtà durante questo periodo santo non viene proposto assolutamente nulla di straordinario rispetto alle esigenze fondamentali del vangelo (Mc 8,34-35).

 Praticare: In Mt 5, 44-48 Gesù dichiarava che la giustizia dei discepoli deve comportare qualcosa di «straordinario» (essere perfetti come Dio Padre) rispetto alla pratica dei pagani, e alludeva all'amore per i nemici. Nel brano di oggi Gesù specifica dove si trova questo «di più», questo «straordinario» della pratica dei suoi discepoli; e lo fa proponendo soltanto quello che già la pietà giudaica proponeva: elemosina, preghiera e digiuno. Tutto il discorso di Gesù poggia tuttavia su una duplice opposizione. 1. Innanzitutto: non agite «di fronte agli uomini per essere ammirati» (v. 1.2.5.16), ma «nel segreto» (v. 4.6. 18)! Eppure, in 5,16, Gesù proclamava: «Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone». C'è un'apparente contraddizione, che non si risolve finché si continuano a confondere le «buone opere» con la «pratica religiosa». Elemosina, preghiera e digiuno non sono buone opere, ma azioni che il credente compie in ubbidienza alla legge. Queste devono essere viste da Dio solo, perché egli è il loro vero destinatario. Le buone opere invece hanno per destinatario l'uomo (Mt 5,21-48). L'elemosina attesta davanti a Dio del nostro non attaccamento al denaro; la preghiera manifesta che Dio è il vero «tu» davanti al quale si piega il ginocchio; il digiuno significa il nostro non vivere per mangiare, ma vivere per Dio, con Dio e in Dio . 2. L'altra opposizione è costituita dalle espressioni: «hanno già la loro ricompensa» (v. 2.5.16) e «il Padre... ti ricompenserà» (v. 3.6.18). L'ipocrita (colui che porta una maschera nella vita per ricevere come nel teatro il plauso e l’approvazione del mondo) si sforza di far vedere agli uomini la sua pratica religiosa, ricevendo la sua ricompensa dagli uomini, che lo reputano «religioso»; ma è una ricompensa effimera. Colui invece la cui pratica religiosa è segreta, aspetta tutto da Dio. Ora chi confida in Dio, non sarà mai deluso (cf. Sal 25,3; Is 28,16).

Benedizioni Ceneri

Dopo le Ceneri

O Dio che hai pietà di chi si pente e doni la tua pace a chi si converte, accogli con paterna bontà la preghiera del tuo popolo e benedici questi tuoi figli, che riceveranno l’austero simbolo delle ceneri, perché attraverso l’itinerario spirituale della Quaresima, giungano completamente rinnovati a celebrare la Pasqua del Tuo Figlio, il Cristo nostro Signore, che vive e regna nei secoli dei secoli.

Ecco Signore quello che resta: le ceneri della bellezza passata; le ceneri del tuo progetto irrealizzato; le ceneri di una fraternità che era possibile; le ceneri della tua immagine che avevi posto dentro di me. Ma per Te niente è irrimediabile: tu puoi rendere anche alle ceneri la forza di germogliare e di far spuntare la vita. Oggi vengo a Te come un povero: le mie mani sono vuote di risultati e di frutti. Oggi vengo a Te come un pellegrino: la polvere della strada si è attaccata ai miei vestiti, ma soprattutto al mio cuore. Oggi vengo a Te con fiducia: anche dalle mie ceneri Tu puoi far rinascere la mia vita. Amen

TESTIMONI del CRISTO: Annalena Tonelli «Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati che ero una bambina. E così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null'altro mi interessava così fortemente: Lui e i poveri in Lui. Per Lui feci una scelta di povertà radicale... anche se povera come i poveri, di cui è piena la mia giornata, io non potrò essere mai». Così disse a un convegno a Roma nel 2001; così la colse la morte, avvenuta nel 2003 per un colpo di pistola alla nuca. Aveva sessant'anni e i giornali misero la sua storia in prima pagina. Lei, donna di poche parole, era impegnata più a fare che a parlare, tanto meno di se stessa. Era molto nota in Africa, dove aveva guadagnato il rispetto di tanti musulmani; ma insieme anche l'odio dei fanatici, vista la sua vita così singolare e semplice: bianca, cristiana, non sposata, non legata ad associazioni umanitarie. Laureata in Legge, a 26 anni aveva lasciato l'Italia per il Kenya, sulla scia del mistico cristiano Charles de Foucauld. Andò tra i nomadi, prima come insegnante, poi come donna di medicina, fino a diventare responsabile di un progetto contro la tubercolosi. La sua lotta contro la malattia si sposava con la lotta alla fame, all'assistenza dei malati mentali e dei ciechi, alle campagne di sensibilizzazione per l'Aids. Uccisa da un musulmano, aveva dichiarato: «I musulmani mi hanno insegnato la fede, l'abbandono incondizionato, la resa a Dio. I miei nomadi mi hanno insegnato a tutto fare, tutto incominciare, tutto operare nel nome di Dio».

Dal Messaggio del Papa per la Quaresima 2011 Cari fratelli e sorelle, la Quaresima, che ci conduce alla celebrazione della Santa Pasqua, è per la Chiesa un tempo liturgico assai prezioso e importante, in vista del quale sono lieto di rivolgere una parola specifica perché sia vissuto con il dovuto impegno. Mentre guarda all’incontro definitivo con il suo Sposo nella Pasqua eterna, la Comunità ecclesiale, assidua nella preghiera e nella carità operosa, intensifica il suo cammino di purificazione nello spirito, per attingere con maggiore abbondanza al Mistero della redenzione la vita nuova in Cristo Signore. Questa stessa vita ci è già stata trasmessa nel giorno del nostro Battesimo, quando, “divenuti partecipi della morte e risurrezione del Cristo”, è iniziata per noi “l’avventura gioiosa ed esaltante del discepolo”. San Paolo, nelle sue Lettere, insiste ripetutamente sulla singolare comunione con il Figlio di Dio realizzata in questo lavacro. Il fatto che nella maggioranza dei casi il Battesimo si riceva da bambini mette in evidenza che si tratta di un dono di Dio: nessuno merita la vita eterna con le proprie forze. La misericordia di Dio, che cancella il peccato e permette di vivere nella propria esistenza “gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5), viene comunicata all’uomo gratuitamente. www.parrocchiamadonnaloreto.it

Tel. 011/9101110


Dal Salmo 50 (51)

PARROCCHIA MADONNA di LORETO – CHIVASSO 1ª Domenica di Quaresima EGLI MI INVOCHERÀ E IO LO ESAUDIRÒ; GLI DARÒ SALVEZZA E GLORIA, LO SAZIERÒ CON UNA LUNGA VITA. (SAL 91,15-16) Entriamo nella Quaresima attraverso questa Domenica di Lotta Spirituale contro il Male. Ogni giorno dobbiamo affrontare il Tentatore ma Gesù ci ha mostrato che è possibile sconfiggerlo nel Suo Spirito. PRIMA LETTURA (Gn 2,7-9; 3,1-7) Dal libro della Genesi Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente. Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato. Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, e l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: “Non dovete mangiare di alcun albero del giardino”?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete”». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e conobbero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO

Più che un racconto delle origini della storia umana, questo brano biblico si presenta come una lettura teologica della nostra esistenza umana in relazione con il nostro creatore.  Gn 2,7-9: “chi è l’uomo?” In ebraico “uomo” si dice “adam” (colui che viene da “adamà” cioè dal suolo). La tradizione jahvista presenta l’uomo come un essere plasmato dal Creatore con la polvere del suolo. Questo ci dice che l’uomo è fragile (Is 40,6: “ogni carne è come erba). Ma questo essere terrestre è animato da una scintilla divina, l’alito di vita di Dio; la sua vita dunque dipende da Dio. Egli è posto in Eden (delizia, piacere, bella creazione “Dio vide che era cosa buona” Gn 1, 4 ss) che un luogo non geografico ma teologico. L’albero della “conoscenza del bene e del male” deve essere inteso come un albero il cui frutto dà la conoscenza autonoma da Dio, sul piano esistenziale e non solo morale; quindi l’albero che permette all’uomo una scelta tra il rendersi indipendente da Dio o vivere in comunione con Lui. Questo ci dice che l’uomo fu creato libero.  Gn 3,1-7: “che tipo di rapporti l’uomo intende avere con Dio?” Si rileva in questo ricchissimo testo, prima di tutto una serie di distorsioni ed errori nelle affermazioni del serpente e poi di Eva; inoltre l’uomo messo in presenza di una contro-parola rispetto a quella di Dio, non solo l’ascolta, ma rimane sedotto e la segue senza pensare alle conseguenze. Questo è il peccato che nasce dalla “paura della morte” (a tutti i livelli): non tanto fare “cose proibite, ma semmai ascoltare e fare propria una “parola” che non è quella di Dio e fondare la propria vita su essa. Si accorgono poi di essere nudi: secondo la tradizione rabbinica, l’uomo all’origine era coperto dalla gloria di Dio (il suo amore). Scelta l’autonomia, il peccato, l’uomo si priva della gloria di Dio (Rm 3,23) e si scopre nudo.

Ritornello: PERDONACI SIGNORE: ABBIAMO PECCATO

PIETÀ DI ME, O DIO, NEL TUO AMORE;

CREA IN ME, O DIO, UN CUORE PURO,

NELLA TUA GRANDE MISERICORDIA CANCELLA LA MIA INIQUITÀ. LAVAMI TUTTO DALLA MIA COLPA, DAL MIO PECCATO RENDIMI PURO.

RINNOVA IN ME UNO SPIRITO SALDO. NON SCACCIARMI DALLA TUA PRESENZA E NON PRIVARMI DEL TUO SANTO SPIRITO.

SÌ, LE MIE INIQUITÀ IO LE RICONOSCO,

DELLA TUA SALVEZZA, SOSTIENIMI CON UNO SPIRITO GENEROSO. SIGNORE, APRI LE MIE LABBRA E LA MIA BOCCA PROCLAMI LA TUA LODE.

IL MIO PECCATO MI STA SEMPRE DINANZI. CONTRO DI TE, CONTRO TE SOLO HO PECCATO, QUELLO CHE È MALE AI TUOI OCCHI, IO L’HO FATTO.

SECONDA LETTURA (Rom 5,12.17-19) Dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Romani Fratelli, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e, con il peccato, la morte, così in tutti gli uomini si è propagata la morte, poiché tutti hanno peccato. Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo. Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO “In principio Dio plasmò Adamo non perché avesse bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno su cui effondere i suoi benefici… Egli ci comandò di seguirlo non perché avesse bisogno del nostro servizio, ma per dare a noi stessi la salvezza. Seguire il Salvatore, infatti, è partecipare della salvezza, come seguire la luce significa essere circonfusi di chiarore… Dio ricerca il servizio degli uomini per avere la possibilità, lui che è buono e misericordioso, di riversare i suoi benefici su quelli che perseverano nel suo servizio. Mentre Dio non ha bisogno di nulla, l’uomo ha bisogno della comunione con Dio . (S. Ireneo – Contro le eresie)

RENDIMI LA GIOIA

 Rm 5,12-21: in questa sezione (uno dei passaggi teologici più densi e importanti) Paolo mette a confronto la condizione dei cristiani , giustificati e riconciliati, con quella degli uomini prima della venuta di Cristo. Ciò implica anche un parallelismo tra Adamo (Gn 2) il primo uomo, attraverso il quale il peccato e la morte (Gn 3,1-13) sono entrati nel mondo, e Cristo, che libera l’umanità dal peccato e dalla morte; tra la disobbedienza di Adamo e l’obbedienza di Cristo, che porta con sé una promessa di vita futura nella nuova creazione del Regno di Dio; tra gli effetti devastanti del peccato degli uomini e quelli benefici e sovrabbondanti della grazia di Cristo. L’apostolo sottolinea la gratuità del dono di Dio.  Il peccato è entrato nel mondo: Paolo non cerca di spiegare come e perché tutti gli uomini peccano; parte dall’affermazione che il peccato conduce alla morte (Gn 2,17: “dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire”) e continua con l’affermazione che tutti gli uomini muoiono; il che significa che tutti peccano in qualche modo; la morte è la dimostrazione del loro peccato. Perché pecchino non ci è dato saperlo; non è spiegato neanche nel racconto di Adamo. Noi tutti veniamo da Adamo e siamo veramente uomini, in quanto ogni uomo nel suo essere è peccatore.  Morte: anche effetto dell’ira di Dio (Rm 1,18-32; 2,5-9) dalla quale Cristo ci salva con la sua morte sulla croce ( Rm 5,9; 1Ts 1,10; 5,9).  Opera giusta di uno solo: alla solidarietà mortale di Adamo, Paolo oppone l’evento della salvezza. Gesù Cristo trascina dietro alla sua obbedienza e alla sua opera di giustificazione, tutti coloro che erano entrati nella solidarietà adamitica. Notiamo che Paolo parla di un “molto di più” (v. 15.17) e di una “abbondanza” che sottolinea la formidabile sproporzione tra l’opera di Adamo e quella di Cristo. Se in Adamo tutti sono coinvolti nella morte, molto di più tutti saranno coinvolti nell’opera di salvezza di Cristo (Rm 5,21; 6,23), che Paolo caratterizza con la parola “obbedienza”


NON DI SOLO PANE VIVRÀ L’UOMO, MA DI OGNI PAROLA CHE ESCE DALLA BOCCA DI DIO. LODE A TE, O CRISTO, RE DI ETERNA GLORIA! In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano. PAROLA DEL SIGNORE. LODE A TE, O CRISTO. Gesù dopo il battesimo viene condotto nel deserto, simbolo della vita degli uomini continuamente tentati dal diavolo (colui che separa da Dio). Al Giordano si era manifestata la voce del Padre che aveva definito Gesù e in Gesù ogni uomo: “Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento». (Mt 3,16-17) Ora Gesù deve dimostrare con la vita la sua fedeltà all’amore del Padre. Condotto dallo Spirito nel deserto (simbolo dell’esodo di Israele verso la libertà) Gesù affronta il tentatore e ci manifesta che è possibile vincere la prova; basta credere nell’amore di Dio. Il diavolo propone a Gesù di usare la sua potenza per cambiare il

Mondo (un Dio self-service un Dio miracolistico, che deresponsabilizza l’uomo e gli toglie le patate bollenti dal fuoco). Lo provoca ricordandogli la sua identità di Figlio e al contempo mettendola in dubbio “Se…” Alla terza tentazione Satana rovescia i ruoli: offrendogli il potere sul mondo, lo invita ad accettare la logica diabolica che non vuole l’uomo libero, ma schiavo, gli offre una gloria terrena che si oppone al progetto di Dio sul creato. Diavolo offre a Gesù un potere da tiranno sul mondo, dove tutto funzionerebbe bene ma senza amore né libertà. Gesù vince perché al contrario di Adamo ed Eva la Parola di Dio è il suo riferimento, la sua guida: egli non dubita del Padre.  Dio si propone e non si impone: Gesù rifiuta il Messianismo terrestre e politico. Le tre citazioni fatte da Gesù (Dt8,3; 6,16; 6,13) riprendono tre situazioni di tentazione subite da Israele nell’esodo: cercare il proprio nutrimento al di fuori di Dio (Es 16: la manna); tentare Dio per soddisfare se stessi (Es 17, 1-7: Massa e Meriba); rinnegarlo per seguire altri dei che procurano il potere su questo mondo (Es 23, 23-33). In Mt c’è un parallelismo forte fra Mosè e Gesù, nuovo Mosè che guida il popolo alla libertà.  Adamo/Gesù: un altro parallelismo, forse più specifico nel racconto lucano delle tentazioni, è quello tra Adamo disubbidiente e Cristo obbediente. La triplice tentazione verte sulla figliolanza divina di Gesù. Non si tratta qui tanto della figliolanza divina del Verbo in seno alla Trinità (tipica del vangelo giovanneo) ma della figliolanza espressa al Giordano. Gesù in quanto “figlio” è come Adamo: un essere fragile, debole, ma abitato dal soffio di Dio che gli dona vita (lo Spirito che è sceso su di lui). A differenza di Adamo non è condotto in luoghi di delizia ma nel deserto, luogo della scelta fra Dio e l’Io. L’incontro con Satana o con Dio dipende solo dalla parola che si ascolta: se si ascolta la voce del proprio cuore si incontra il diavolo; se si ascolta la parola di Dio si incontra un Padre.  Il tentatore: si avvicina il diavolo la controparola, la “propria parola. La tentazione verte su tre filoni: i beni materiali; la verifica chiara dell’assistenza di Dio, il potere e la gloria.  Obbedire: l’ubbidienza di Cristo si esplicita nel rifiuto di questa contro-voce a cui risponde

semplicemente citando la Scrittura, riconosciuta ed accettata come Parola di Dio, citata nel giusto senso e non come il diavolo in maniera distorta e diabolica. Obbedire è dunque veramente “rinnegare se stessi” per affermare l’unico «Io Sono», Dio. È Lui l’unico esistente dal quale si irradia la vita. Noi dobbiamo considerarci semplici strumenti nella mano di Dio, docili perché Dio vuole il nostro bene e attraverso noi può fare il bene. Dio è l’unico soggetto che guida la storia: Gesù , a differenza di noi uomini che ci riteniamo indispensabili, si fida del progetto del Padre. Ma allora dal suo “abbassamento” riceve la gloria di cui parla Satana (v.6.11; Fil 2,6-11). Da strumento seguendo le orme di Gesù l’uomo diventa protagonista della sua storia. “Nulla è più seducente per l’uomo del libero arbitrio, ma anche nulla è più doloroso” (F. Dostojevskij)

Preghiera Signore Gesù è venuto il tempo in cui liberarci dell’affanno, della paura, del dubbio; è venuto il tempo per purificare il cuore e credere nel tuo amore. Guidaci Tu nel deserto quotidiano delle nostre città, delle nostre relazioni familiari senza dialogo, della nostra vita senza fraternità. Questo è il tempo nel quale diamo spazio all’ascolto della Tua Voce e cerchiamo il Tuo Volto di pace. Signore Gesù il tuo sguardo bruci lo spirito dell’egoismo che non ci permette di vivere insieme. Apri i nostri occhi alle meraviglie del tuo amore. Apri le nostre mani e le nostre braccia al fratello che ci vive accanto e desidera amore. Amen

TESTIMONI del CRISTO: Gandhi «Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre.». Mohandas Karamchand Gandhi, detto il Mahatma (“Grande Anima) è il padre dell’indipendenza dell’India e l’inventore della non violenza. Dopo la laurea in giurisprudenza visse oltre vent’anni in Sudafrica. Nel 1915 ritornò in India, dove lottò per la liberazione dal colonialismo britannico. Lo fece senza combattere con le armi: comprese che la violenza produce violenza (in questo era molto evangelico). Di fronte agli oppressori non rimase passivo. Convinse milioni di concittadini alla strategia della disobbedienza civile a leggi ingiuste. La sua iniziativa della Marcia del Sale dimostrò che il mondo si può cambiare se il tuo cuore è un cuore pacificato. Il 30 gennaio 1948 Gandhi fu ucciso da un fanatico indù. «Chi non controlla i propri sensi è come chi naviga su un vascello senza timone e che quindi è destinato a infrangersi in mille pezzi non appena incontrerà il primo scoglio». La sua vita può essere un modello per pensare e agire in modo differente nella nostra vita.

Dal Messaggio del Papa

Convertire il sospetto

La prima domenica dell’itinerario quaresimale evidenzia la nostra condizione dell’uomo su questa terra. Il combattimento vittorioso contro le tentazioni, che dà inizio alla missione di Gesù, è un invito a prendere consapevolezza della propria fragilità per accogliere la Grazia che libera dal peccato e infonde nuova forza in Cristo, via, verità e vita (cfr Ordo Initiationis Christianae Adultorum, n. 25). E’ un deciso richiamo a ricordare come la fede cristiana implichi, sull’esempio di Gesù e in unione con Lui, una lotta "contro i dominatori di questo mondo tenebroso" (Ef 6,12), nel quale il diavolo è all’opera e non si stanca, neppure oggi, di tentare l’uomo che vuole avvicinarsi al Signore: Cristo ne esce vittorioso, per aprire anche il nostro cuore alla speranza e guidarci a vincere le seduzioni del male.

Entriamo dunque in questo sacro tempo, ripartiamo nel combattimento spirituale che ci accompagna tutta la vita, armandoci di fiducia per il dono grande che ci ha fatto in Gesù (Rm 5,15). Lasciamoci toccare dalla fiducia e possibilmente cerchiamo di contagiare con la fiducia il mondo in cui siamo chiamati a muoverci e a vivere, senza mai desiderare di essere più di quello che siamo, senza voler valicare i limiti in cui la natura e la storia ci hanno confinato, forse per evitare che facciamo e ci facciamo troppo male: orientiamo tutto il nostro essere a non voler essere “come Dio conoscendo”, ma essere “come Dio” conoscendoci e amandoci per quello che siamo (felici di essere figli amati da Dio). Il cammino di conversione è proprio passare dall’illusione che apre ogni tentazione (“Se tu sei…” Mt 4,3) alla consapevolezza di essere “per grazia quello” (1Cor 15,10) che siamo, cercando di essere al meglio, ciascuno a suo modo, un “figlio di Dio” come il Signore Gesù, che si fida del Padre anche quando questi lo abbandona a se stesso. (fratel Michael Davide)

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Parrocchia Madonna Loreto Frati Cappuccini - Chivasso

I Domenica di Quaresima Anno A

Genesi Salmo Romani Matteo

2,7-9;3,1-7 50 (51) 5,12-19 4,1-11

“Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo” “Il diavolo fa appello a questa contraddizione fra la coscienza intima che Gesù possiede della sua vera condizione (“Figlio di Dio”), della sua realtà ultima, e la sua esperienza della fame, dell’abbandono e della debolezza e gli dice: Ricorri alla tua realtà ultima e, basandoti su di essa, protesta dicendo: «Vi sia pane, mi si onori, mi appartengano le meraviglie del mondo e tutta la sua potenza!». E Gesù che fa? Rinuncia, se è permesso di esprimersi in questo modo, alla coscienza divina che ha di se stesso, per collocarsi ancora una volta dalla parte dell'uomo povero, debole e abbandonato. Non risponde a questa tentazione dicendo: «Io sono senza dubbio il Figlio di Dio, ma a quest’ultimo conviene di essere solo, debole e affamato». Di fronte a questa tentazione egli dice solo ciò che ogni uomo può dire: «Pur avendo fame, voglio vivere del pane di Dio; non si ha alcun diritto di tentare Dio, ma si deve servirlo». Dice che occorre fare ciò che tutti noi, uomini, dobbiamo fare: adattarci alla realtà che subiamo, compresa la povertà, la solitudine e la debolezza. Mentre il diavolo fa appello alla sua coscienza di Figlio di Dio, il Figlio entra così nella nostra condizione di uomini, cioè nella povertà, nella solitudine e nel servizio di Dio, un servizio che dobbiamo continuamente riscoprire.” (K Rahner, Omelie bibliche)

 «Come mi debbo comportare quando sono tentato?», mi chiese una volta un uomo già maturo. Si può resistere alla tentazione? Come mai teniamo duro una o due volte e cadiamo alla terza? Una ragazza che fumava molto smise da un giorno all'altro. «Come hai fatto?», le chiesero gli amici. «Fumavo per riempire un vuoto di cui ho preso coscienza, che ho chiamato per nome, e ho capito allora che le sigarette non lo potevano riempire». La tentazione offre una falsa opportunità di realizzazione, proponendoci di stringere tra le mani un bene come se ne fossimo proprietari, come se ne fossimo l’origine, isolandolo dalla fonte d'ogni bene che è Dio.  San Francesco scrive nella seconda Ammonizione (FF 146-147): Disse il Signore ad Adamo: Mangia del frutto di qualunque albero del Paradiso, ma dell’albero della scienza del bene e del male non mangiare (Gen 2,16-17). Adamo poteva dunque mangiare ogni frutto di qualunque albero del Paradiso, egli, finché non contravvenne all’obbedienza, non peccò. Mangia infatti dell’albero della scienza del bene colui che si appropria la sua volontà e si esalta dei beni che il Signore manifesta e opera in lui; e così per suggestione del diavolo e per aver trasgredito ad un comando diventò per lui il frutto della scienza del male; per cui bisogna che ne sopporti la pena.  Gesù si era messo in fila con i peccatori per ricevere il battesimo di purificazione di Giovanni e subito dopo lo Spirito lo aveva spinto nel deserto per esservi tentato. Non basta immedesimarsi apparentemente con chi fa fatica, non basta nemmeno condividere la sua vita in una comunità terapeutica o nelle favelas. Bisogna anche accettare di provare la stessa debolezza, scendere nell’abisso del suo vuoto riconoscendo il nostro. Cristo, pur essendo Dio, ha voluto attraversare la nostra costante tentazione di cercare una felicità circoscritta alla condizione di creature. Siamo invece un vuoto che si deve lasciare coinvolgere continuamente dal Bene che è Dio.  Cristo è stato tentato di instaurare la giustizia sulla terra con soluzioni miracolistiche, dando del pane a tutti, quando invece sapeva di dover essere uno spazio perché l'amore del Padre potesse esprimersi attraverso gesti di condivisione e parole suggerite dal suo Spirito. Fu tentato di infrangere le leggi della natura, di fare uno scoop pubblicitario che avrebbe affascinato la gente, ma sapeva di dover essere invece un semplice uomo nel quale il Padre avrebbe potuto manifestare la sua potenza, attraverso il perdono che risolleva le esistenze più schiacciate. Infine ha sperimentato le vertigini di un potere a portata di mano, che egli avrebbe esercitato a fin di bene per salvare l'umanità; ma intuì che solo quando fosse sceso là dove l'ultimo lo avrebbe riconosciuto come fratello, condannato a una morte infame, solo là avrebbe attirato tutti gli uomini.  Cristo c'insegna che non siamo noi la fonte del bene, ma che siamo chiamati ad esserne i mediatori, a patto di resistere alle vertigini del nostro vuoto, fidandoci della Vita. (Emmanuelle-Marie – Un Dio del Quotidiano)

Il Signore vi doni Pace. Fra Alberto

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Dal Salmo 32 (33)

Ritornello: DONACI SIGNORE IL TUO AMORE: IN TE SPERIAMO

RETTA È LA PAROLA DEL SIGNORE E FEDELE OGNI SUA OPERA. EGLI AMA LA GIUSTIZIA E IL DIRITTO; DELL’ AMORE DEL SIGNORE È PIENA LA TERRA

PARROCCHIA MADONNA di LORETO – CHIVASSO 2ª Domenica di Quaresima DI TE DICE IL MIO CUORE: “CERCATE IL SUO VOLTO”. IL TUO VOLTO IO CERCO, O SIGNORE. NON NASCONDERMI IL TUO VOLTO. (SAL 27,8-9)

Entriamo oggi nella contemplazione del volto glorioso di Gesù: la Trasfigurazione conferma a noi, discepoli impauriti, che Cristo è il Figlio di Dio, il Benedetto, colui che rivela la presenza di Dio nei solchi della storia. PRIMA LETTURA (Gn 12,1-4) Dal libro della Genesi In quei giorni, il Signore disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore. PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO  Dopo aver narrato nei capitoli 1-11 la realtà di peccato che mette la creazione contro il suo Creatore, il libro della Genesi racconta l’opera di salvezza che Dio attua nel mondo attraverso un popolo che trova nel patriarca Abramo il suo capostipite. La sua storia si sviluppa in Gn 11,27-25,10. Sarebbe vissuto intorno al XIX secolo a.C. ed è il primo dei Patriarchi, capo di una tribù nomade di pastori. Il suo nome era “Abram” = “padre grande” cambiato da Dio in Gn 17,5 in “Abrahàm” = “padre di una moltitudine”, perché considerato il padre di tutte le persone che credono in un Dio unico (fedi monoteiste: ebraismo, cristianesimo, islam).  Dio si rivela a lui e gli chiede di abbandonare la sua città, Carran (importante centro carovaniero dove si adorava il Dio Luna), lasciare la sua famiglia paterna e la religione dei suoi padri (fatta di diverse divinità) per partire verso una meta ignota, fidandosi di un Dio di cui non conosce neppure il nome. È sempre Dio a prendere l’iniziativa in tutta la storia della salvezza: ogni sua Parola è rivelazione di amore e di misericordia, svelamento di un destino più grande a cui Dio ci chiama per dare luce e speranza all’umanità attraverso la nostra vita (benedetti e benedizione)

 L’unica risposta dell’uomo all’appello di Dio è la fede: Abramo si affida unicamente a questa parola di Dio e parte; nella fede ogni uomo deve partire per uscire da se stesso e camminare giorno per giorno nella conquista della consapevolezza di ciò che Dio ha pensato per lui, nella scoperta del suo progetto di amore che passa dalle nostre umili vite.  Abramo faceva parte dei grandi movimenti migratori che da est andavano ad ovest. L’autore jahvista collega questa migrazione a tre elementi caratteristici della fede: 1. Dio è all’origine della salvezza. La migrazione di Abramo risponde ad una chiamata di Dio (“Vattene”). È il tema dell’elezione che non trova fondamento nelle qualità di Abramo, ma nel solo amore di Dio; ad essa è legata la particolarità del popolo di Dio rispetto agli altri popoli (Dt 7,6; 14,2; 26,18). 2. Dio è Dio della promessa. Ad Abramo Dio promette una numerosa discendenza e una terra donata da Dio al popolo che nasce da Abramo. 3. In Abramo Dio lavora alla salvezza di tutti i popoli. L’elezione di Abramo ha un significato universale che Israele non dovrà mai dimenticare. Il popolo di Israele è il più piccolo popolo (Es 19,5-6; Dt 7,7; 9,5; Am 9,7), ma attraverso di esso la benedizione di Abramo scenderà su tutti i popoli della terra. L’elezione non è un privilegio, ma una responsabilità di cui dovremo dare conto a Dio (Am 3,2). La fede produce uno sradicamento dalle nostre sicurezze mondane e ci rende “stranieri e pellegrini” sulla terra. Questa è la santità di cui Dio riveste il suo popolo, chiamato a condividere la santità di Dio e non la mondanità del mondo (Rm 8,29). L’esistenza e l’avvenire del popolo eletto dipendono da questo atto assoluto di fede in Abramo (Eb 11,8-9); ogni uomo può accoglierla o rifiutarla (At 3,25; Gal 3,8).

L’ANIMA NOSTRA ATTENDE IL SIGNORE: EGLI È NOSTRO AIUTO E NOSTRO SCUDO. SU DI NOI SIA IL TUO AMORE, SIGNORE, COME DA TE NOI SPERIAMO.

ECCO, L’OCCHIO DEL SIGNORE È SU CHI LO TEME SU CHI SPERA NEL SUO AMORE, PER LIBERARLO DALLA MORTE E NUTRIRLO IN TEMPO DI FAME.

SECONDA LETTURA (2 Tm 1,8b-10) Dalla Seconda Lettera di san Paolo apostolo a Timoteo Figlio mio, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità, ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo. PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO “Li condusse sul monte e mostrò loro la sua regalità prima di patire, la sua potenza prima di morire, la sua gloria prima di essere oltraggiato, il suo onore prima di subire l’ignominia. Così quando sarebbe stato catturato e crocifisso, i suoi apostoli avrebbero compreso che non lo era stato per debolezza, ma volontariamente e di buon grado per la salvezza del mondo (S. Efrem il Siro). “Il mistero della Trasfigurazione non è solo l’anticipazione del mattino di Pasqua, ma anche l’anticipazione della “Bellezza crocifissa” del Venerdì santo. Sul monte Tabor il Padre glorifica il suo Figlio prediletto nel quale ripone ogni sua compiacenza. Sul monte Calvario è il Figlio a glorificare il Padre mediante il gesto supremo dell’amore: il dono della vita. Si tratta di un unico mistero che ci conduce fin sulla soglia del segreto più nascosto della gloria. Non è lo splendore di diecimila soli… È lo splendore che promana dall’eccesso di amore (C. Geffré).

 Timoteo: era figlio di padre greco e di madre israelita (At 16,1-3); era già cristiano quando Paolo lo conobbe a Derbe; per evitare un conflitto inutile con i giudei lo fece circoncidere. Paolo insegnava con tenacia che non era necessaria la circoncisione per essere cristiano, ma nel caso di Timoteo, essendo la madre e la nonna pie israelite, mostra una flessibilità strategica che va a vantaggio dell’accoglienza del messaggio cristiano. A motivo dell’aiuto prestato nel difficile lavoro della missione (1Ts 3,2.6; 1Cor 4,17) viene molto apprezzato dall’apostolo (Fil 2,19-23). La tradizione lo attesta come primo vescovo di Efeso (1Tm 1,3; 4,14; 2Tm 1,6).  Dio ci chiama e ci illumina: Paolo scrive a Timoteo dalla prigione, abbandonato da tutti; le sofferenze però non impediscono all’apostolo di continuare a proclamare la gratuità del dono salvifico di Dio in Cristo Gesù. Questo testo della seconda lettera al “figlio diletto” (2Tm 1,2), al “vero figlio della fede” (1Tm 1,2) ripropone temi vicini a quelli del libro della Genesi: in particolare quello della chiamata di Dio fondata non sulle opere ma sul disegno di Dio e sulla sua grazia (2Tm 1,9).  Vocazione santa: perché questa chiamata viene da Dio santo, ma anche perché la vocazione ha strappato Timoteo dal mondo e lo ha messo a parte per il servizio di Dio, a favore del mondo (“ i cristiani sono nel mondo, ma non sono del mondo” Epistola a Diogneto).  In Cristo Gesù: con questa precisazione Paolo afferma che ogni vocazione, da quella di Abramo fino alla nostra, avviene in Cristo; questo significa che ogni vocazione ci rende partecipi del destino di Cristo. Abramo e tutti i chiamati prima della venuta di Cristo hanno prefigurato la vita di Gesù di Nazaret, vita che Israele e la Chiesa prolungano nella storia umana. In questo mondo Cristo che è Vita di Dio, dona vita al mondo attraverso di noi.  Sofferenza: Timoteo deve comprendere che la sua vita, come quella di Paolo e di ogni chiamato, si svolge sotto il segno della sofferenza, affrontata come avvenne per Cristo con la sola forza di Dio. “E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rm8,17).


DALLA NUBE LUMINOSA, SI UDÌ LA VOCE DEL PADRE: «QUESTI È IL MIO FIGLIO, L’AMATO: ASCOLTATELO!». LODE A TE, O CRISTO, RE DI ETERNA GLORIA! In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti». PAROLA DEL SIGNORE. LODE A TE, O CRISTO. Il racconto della Trasfigurazione occupa un posto centrale nei Vangeli: è il momento della “grande svolta” del ministero di Gesù. Egli vedendo che la folla lo pensa sempre più come un Liberatore politico e trionfatore sulle forze occupanti romane, si preoccupa di precisare il suo ruolo di “Messia” secondo la Scrittura, un Messia crocifisso e risorto. Lo splendore della Trasfigurazione evoca allora l’oscurità della passione e la illumina svelando la sua identità di “Figlio di Dio”. Questa esperienza vede coinvolti Pietro, Giacomo e Giovanni. Gesù li chiama ad essere testimoni della sua gloria (anche se li invita a parlarne solo dopo la risurrezione). Questi tre apostoli saranno i testimoni privilegiati di Gesù nella risurrezione della figlia di Giairo (Mc 5,37; Lc 8,51) e sul monte degli ulivi della sua passione (Mc 8,51; Mt 26,37-46). La Trasfigurazione di Gesù è un invito pressante rivolto a tutti i discepoli del Signore a fissare l’attenzione sulle Scritture, le quali attestano che il Messia doveva passare attraverso la sofferenza e la morte per entrare nella gloria. Le parole di Gesù riguardo al suo destino di sofferenza trovano allora conferma nelle parole dei profeti ( Is 52,13-53,12; Pt 1,19).

Per ogni cristiano si realizza ciò che l’episodio significò per i discepoli: introduzione sempre più profonda nel mistero di Cristo, mistero di morte e risurrezione, sofferenza e gloria. La forza di chi segue Gesù sta nell’ascolto della Sua Parola (“Ascoltatelo” è l’imperativo del Padre). Cristo è il Figlio di Dio, colui che dona compimento alla storia della salvezza, rappresentata da Mosè ed Elia, la Legge e i profeti.  In Mt 16,21 inizia la seconda parte del Vangelo secondo Matteo, che riprende la formula introduttiva della prima (4,17: “Da allora Gesù cominciò”), che si era conclusa con la solenne proclamazione di Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Nella seconda Gesù precisa la sua vocazione messianica, che passa dalla rifiuto e dalla passione del Figlio dell’uomo, alla quale vengono associati i discepoli di Gesù (Mt 16,2127). La Trasfigurazione servirebbe allora per prevenire lo scandalo della croce e dare sicurezza alla fede degli apostoli più intimi.  Voce del Padre: è centrale in questo episodio; ribadisce quello che ha detto nel battesimo del Giordano (Mt 3,17) ma aggiunge “Ascoltatelo” cioè aderite con tutto il vostro essere all’insegnamento che Gesù manifesta con la sua passione. Il Tabor e il Calvario vanno letti insieme: quando Gesù parla della propria morte ed invita i suoi discepoli a rinnegare se stessi, manifesta la volontà e l’obbedienza al progetto di Dio, la sua vita da Figlio in comunione con il Padre. Siamo di fronte a una “teofania” fatta di diversi elementi: 1. Su un alto monte: evoca il Sinai dove Mosè ricevette la Legge che il popolo accettò di “fare e ascoltare”(Es 24,7); Gesù parla da un monte come nuovo Mosè nel discorso della montagna (Mt 5-7); Gesù risorto invia i suoi nel mondo da un monte (Mt 28,16). 2. Apparizione di Mosè ed Elia: attesta la conformità dell’insegnamento di Gesù con la prima alleanza. 3. Nube e volto luminoso: evocano anche essi la figura di Mosè che era avvolto dalla nube sul Sinai (Es 19,9.16; 24,15); il suo volto era raggiante quando scende con le tavole della Legge (Es 34,29). La nube indica la presenza misteriosa di Dio, che accompagna il popolo nel suo esodo (Es 13,21) verso la libertà e la terra promessa. 4. Ascolta: ricorda lo “Shemà Israel (Dt 6,4).

Come il battesimo ci ha rivelato Gesù come “Figlio di Dio”, la trasfigurazione rivela la sua “via crucis” di Messia liberatore. Di fronte a questa rivelazione i discepoli non possono che “cadere con la faccia a terra, presi da grande timore” (Es 20,18-19). Perciò Gesù, come Mosè, dichiara loro: “Alzatevi e non temete” (Es 20,20). Ma Matteo aggiunge una nota: “li toccò”, alludendo alla forza di Dio che attraverso Gesù raggiunge gli uomini, un tocco vitale (Mt 8,3.15; 9,20.25.29 …). La Trasfigurazione appare allora come la solenne conferma non solo che Cristo deve essere condannato a morte per risorgere (Mt 16,21) e dare vita all’umanità, ma anche che i suoi discepoli di tutti i tempi saranno associati alla sua passione e morte, avendo in Lui la forza per “perdere la propria vita per causa di Gesù” e così “troveranno veramente la vita” (Mt 16,25)

Preghiera Signore Gesù come è bello stare quassù sul monte con Te. Lo sguardo si perde negli infiniti spazi del cielo e lo sguardo verso l’orizzonte. Tutto sembra possibile in Te… ma non è semplice donare la vita per i fratelli. Purtroppo i nostri occhi si fermano all’apparenza e non ci sforziamo di scorgere quel seme di eternità che tu hai posto in ciascuno di noi. Trasfigura la mia vita, illumina i miei occhi, fa’ che io veda la presenza della tua impronta d’Amore non solo nelle meraviglie del creato ma in ogni fratello sofferente come Te, crocifisso come Te, abbandonato come Te alla volontà del Padre. Amen

TESTIMONI del CRISTO: Shahbaz Bhatti «Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Sono nato in una famiglia cattolica. Mio padre, insegnante in pensione, e mia madre, casalinga, mi hanno educato secondo i valori cristiani e gli insegnamenti della Bibbia, che hanno influenzato la mia infanzia. Fin da bambino ero solito andare in chiesa e trovare profonda ispirazione negli insegnamenti, nel sacrificio, e nella crocifissione di Gesù. Fu l’amore di Gesù che mi indusse ad offrire i miei servizi alla Chiesa. Le spaventose condizioni in cui versavano i cristiani del Pakistan mi sconvolsero. Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico. Mi sono state proposte alte cariche al governo e mi è stato chiesto di abbandonare la mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa: "No, io voglio servire Gesù da uomo comune"». (Testamento spirituale di Shahbaz Bhatti)

Dal Messaggio del Papa

Preghiera a San Giuseppe

Il Vangelo della Trasfigurazione del Signore pone davanti ai nostri occhi la gloria di Cristo, che anticipa la risurrezione e che annuncia la divinizzazione dell’uomo. La comunità cristiana prende coscienza di essere condotta, come gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, “in disparte, su un alto monte” (Mt 17,1), per accogliere nuovamente in Cristo, quali figli nel Figlio, il dono della Grazia di Dio: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo” (v. 5). E’ l’invito a prendere le distanze dal rumore del quotidiano per immergersi nella presenza di Dio: Egli vuole trasmetterci, ogni giorno, una Parola che penetra nelle profondità del nostro spirito, dove discerne il bene e il male (cfr Eb 4,12) e rafforza la volontà di seguire il Signore.

Pace a te, Giuseppe uomo giusto, sposo verginale di Maria, padre davidico del Messia Salvatore. Tu sei benedetto fra gli uomini e benedetto è il Figlio di Dio che a te fu affidato: Gesù. San Giuseppe, patrono della Chiesa universale, custodisci le nostre famiglie nella pace, nell’amore e nella grazia divina; soccorrici nel momento della prova e nell’ora della nostra morte. Amen. Giuseppe dalle labbra chiuse è l'uomo dell'interiore; fa parte di quella coorte di silenziosi per i quali parlare è perdere tempo, ma soprattutto tradire l'Intraducibile, l'Ineffabile. Giuseppe nasce con la mano sulla bocca. Ha un senso enorme di Dio, della dismisura del suo Essere e della sua pazzia d’amore. Dopo il ritorno dall'Egitto, Giuseppe scompare. Il suo silenzio è lo stesso di Dio. È riempito dalla forza dell’Amore

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(Louis-Albert Lassus)

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Parrocchia Madonna Loreto Frati Cappuccini - Chivasso Genesi Salmo 2 Timoteo Matteo

II Domenica di Quaresima Anno A

12,1-4a 32 (33) 1,8b-10 17,1-9

“Gesù fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole” “L'invito che il Signore Gesù rivolge a ciascuno di noi è ben espresso e interpretato dalle parole dell’apostolo: «Con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo» (2Tm 1,8). Il Signore conduce i suoi apostoli sul monte per invitarli a entrare nel suo mistero di gloria e di luce, per invitarli - al contempo - non solo a voler stare con lui secondo la parola di Pietro: «Signore, è bello per noi essere qui» (Mt 17.4), ma pure ad accettare di soffrire con lui. Potrà certo sembrare un po’ masochistico, e invece è semplicemente realistico: nessuna relazione che sia degna di questo nome può essere vissuta e attraversata senza accettare pienamente e consapevolmente il mistero della con-sofferenza. E la con-sofferenza più autentica è l'accettazione del continuo movimento e cambiamento, potremmo dire del continuo viaggio che è la vita dell’altro, la vita con l’altro, la vita per l'altro. Ecco perché non vi può essere discepolanza, non vi può essere ingresso nella terra della comunione senza l'accoglienza dell’invito fatto ad Abramo: «Vattene [ ... ] verso» (Gen 12,1), e la Scrittura aggiunge: «Abram partì» (12,4) e ancora precisa «senza sapere dove andava» (Eb 11,8).” (fratel MichaelDavide)

 Un uomo come tutti, cresciuto come i tanti bambini di Nazaret. A trent'anni, predicatore affascinante, capace di attirare le folle a Dio, senza ricorrere ai lunghi discorsi dei sacerdoti e dei maestri della legge; uomo singolare sì, ma pur sempre uomo come gli altri. Abile nell’operare guarigioni, come molti del resto. Dove stava dunque la novità?  Un giorno, condusse tre dei suoi in disparte e «fu trasfigurato davanti a loro», ai loro occhi cambiò aspetto. I tre apostoli ne rimasero sconvolti, avrebbero voluto prolungare all'infinito quell'istante, benché non capissero nulla di ciò che succedeva: era lui o non era lui? Un' atmosfera diversa li aveva avvolti, una specie di cielo in terra in cui percepivano addirittura una voce. Poi tutto ritornò come prima, il Maestro ridiventò ciò che era sempre stato, nient’altro che un uomo.  Poco tempo dopo sarà proprio lo stesso uomo a morire, coperto di sangue, di fango, sfigurato ... altro che trasfigurato! In seguito una donna, Maria Maddalena, lo incontrerà vivo senza poterlo riconoscere, tanto i suoi lineamenti avevano «cambiato aspetto», mentre la sera di quello stesso giorno due discepoli cammineranno con lui senza identificarlo, quasi fosse divenuto uno sconosciuto. La trasfigurazione prefigura il mistero della risurrezione: è sempre lui, ma ha cambiato aspetto. O forse sono i nostri occhi ad essere incapaci di riconoscerlo perché accecati dall’esteriorità, dall’immediatezza più banale?  Un barbone è stato ignorato da tutti finché qualcuno non ha scoperto, sotto quegli stracci, un noto chirurgo responsabile involontario della morte di una paziente. E quel volto, invece, chi nasconderà? Un’immagine unica e irripetibile di Dio, in attesa forse che il nostro sguardo attento e benevolo ce lo riveli. Uno sguardo (come un sorriso) può cambiare anche la vita più, disastrata. Una giovane chiudeva ogni sua giornata in discoteca, ubriacandosi per prostituirsi e ubriacandosi ancora per dimenticare la vergogna. Attraverso l'amicizia e la costante fiducia di un amico cominciò a credere nel suo reale valore. Più tardi fu proprio lei a scoprire la profondità di un cuore umano dietro il viso sfigurato di una ragazza, che stava morendo di Aids e a rivelarle la sua bellezza. (Emmanuelle-Marie – Un Dio del Quotidiano) Il Tabor ci conduce al Calvario, allo splendido eccesso di Amore di Dio per noi. “O Dio che cosa vedo? Il redentore del mondo appeso ad una croce, sfigurato… Quel volto così bello, su cui risplende la grazia…ora è simile al sole che scompare nel buio… In luogo di Elia e Mosé ci sono due briganti, la voce dal cielo tace, risuonano gli insulti, l’estasi di san Pietro si trasforma in pianto.” (Lazare de Selve)..

Il Signore vi doni Pace. Fra Alberto

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Dal Salmo 94 (95)

Ritornello: ASCOLTATE OGGI LA VOCE DEL SIGNORE: NON INDURITE IL VOSTRO CUORE

VENITE, CANTIAMO AL SIGNORE, ACCLAMIAMO LA ROCCIA DELLA NOSTRA SALVEZZA. ACCOSTIAMOCI A LUI PER RENDERGLI GRAZIE, A LUI ACCLAMIAMO CON CANTI DI GIOIA.

PARROCCHIA MADONNA di LORETO – CHIVASSO 3ª Domenica di Quaresima “QUANDO MANIFESTERÒ IN VOI LA MIA SANTITÀ, VI RACCOGLIERÒ DA TUTTA LA TERRA; VI ASPERGERÒ CON ACQUA PURA E SARETE PURIFICATI DA TUTTE LE VOSTRE SOZZURE E IO VI DARÒ UNO SPIRITO NUOVO” (Ez 36,23-26) In questa tappa del nostro cammino quaresimale siamo chiamati a dissetarci alla sorgente d’acqua viva che sgorga dal costato di Gesù Cristo. PRIMA LETTURA (Es 17,3-7) Dal libro dell’Esodo In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?». PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO • Il popolo di Dio è uscito dall’Egitto ed è in cammino verso la liberazione, un itinerario scandito dai tempi e dai modi di Dio. L’esodo non è per l’ebreo soltanto un evento storico ormai passato: è un evento fondante il popolo d’Israele, ma è anche la situazione in cui egli si trova praticamente sempre. Il popolo di Dio è sempre in esodo, anche quando vive in terra d’Israele, perché è un popolo in attesa del Messia. Anche noi cristiani siamo un popolo in cammino e in attesa del ritorno glorioso del Signore Gesù. Il soggiorno di 40 anni nel deserto diventa il paradigma di ogni popolo in cammino verso la libertà, il deserto diventa un luogo di prova della fede. • Nel deserto vi è un problema fondamentale: quello dell’acqua. L’acqua è garanzia di vita. Siccome la vita è un dono di Dio, si capisce l’affermazione finale: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no”. La sete li fa mormorare contro Dio.

• Questo episodio di redazione elohista, trova il suo parallelo in Nm 20,2-13 di redazione sacerdotale. La mancanza di acqua è uno dei temi che danno luogo a varie narrazioni nella storia dell’esodo; legato al tema della mancanza di cibo ricordata in Es 16. Il problema dell’acqua era sorto subito dopo il passaggio del mar Rosso, in una località detta Mara, perché aveva una sorgente di acqua amara (Es 15,22-25). Il deserto con le sue prove affina perciò la fede del popolo ebreo. • Legati all’acqua abbiamo tre aspetti: 1. Dio è la Roccia da cui esce l’acqua. Mosè dona l’acqua che Dio fa scaturire dalla Roccia: non si tratta semplicemente del liquido che disseta il corpo, ma rappresenta un’acqua che dona “vita” alla totalità della persona. La roccia è figura di Dio stesso, solido punto di appoggio per costruire la propria esistenza (Dt 32,4.15.18; Nm 20,10; 1Sam 2,2; Sal 18,3.32.47) Nel vangelo questa figura sarà ripresa (Mt 7,24) e Paolo potrà identificare questa roccia a Cristo in cui tutto si compie (1Cor 10,4). 2. L’acqua del monte Oreb. L’acqua che dona vita sgorga dall’Oreb, da cui è uscita la Legge di Dio. È là che Dio ha dato a Mosè i suoi precetti e i suoi comandamenti (Dt 4,10-14; 5,22; Ml 3,22). La vita d’Israele non è allora, in fin dei conti, null’altro che l’alleanza che Dio ha fatto con il suo popolo, alleanza di cui la Torah è testimonianza. 3. Il piano trascendente si sovrappone a quello naturale: una sete d’acqua che deve essere letta come sete di senso e di infinito (Gv 4,13-14); una protesta contro la guida umana che diventa protesta per l’apparente silenzio di Dio; un’acqua che tempra lo spirito e ci aiuta a vivere la storia della salvezza non da semplici fruitori del dono ma come protagonisti attivi del nostro cammino di liberazione.

ENTRATE: PROSTRÀTI, ADORIAMO, IN GINOCCHIO DAVANTI AL SIGNORE CHE CI HA FATTI. È LUI IL NOSTRO DIO E NOI IL POPOLO DEL SUO PASCOLO, IL GREGGE CHE EGLI CONDUCE. SECONDA LETTURA (Rm 5,1-2.5-8) Dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Romani Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. PAROLA DI DIO. RENDIAMO GRAZIE A DIO “Due sono le colpe che ha commesso il mio popolo: ha abbandonato me, sorgente di acqua viva, e si è scavato cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua.” (Ger 2,13) “Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù, ritto in piedi, gridò: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva». Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui” (Gv 7,37-39). “Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.” (Gv 19,34). “Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza” (Is 12,3).

SE ASCOLTASTE OGGI LA SUA VOCE! «NON INDURITE IL CUORE COME A MERÌBA, COME NEL GIORNO DI MASSA NEL DESERTO, DOVE MI TENTARONO I VOSTRI PADRI: MI MISERO ALLA PROVA PUR AVENDO VISTO LE MIE OPERE». • L’intento della lettera ai Romani è prima di tutto riproporre il Vangelo che è Gesù Cristo (1,1) e poi mostrare che la fede cristiana non è in rottura ma è in continuità con la fede d’Israele (1,16-17). Paolo ribadisce la gratuità del dono di Dio: un amore preveniente, che raggiunge l’uomo peccatore e lo salva (2Cor 5,21). • Dopo aver mostrato che tutti gli uomini (ebrei e pagani) sono sotto la potenza del peccato (Rm 1,18-3,20) Paolo presenta l’opera di Cristo come mistero di giustificazione dei peccatori, gratuitamente per pura grazia; non siamo salvati per i nostri meriti, ma solo nella fede in Cristo che ha donato la sua vita sulla croce per liberarci dal potere del peccato e renderci giusti (3,21-5,11). • La giustificazione è opera trinitaria: si manifesta come amore del Padre, di cui prova evidente è la vita e la morte del Figlio, che dona a tutti noi lo Spirito, la cui presenza è attestata dalla comunione che lega i cuori dei credenti nella Chiesa. • La giustificazione ha per prima conseguenza la pace, un bene messianico dato adesso ad ogni credente (Ef 2,14-17; Col 3,15), uno stato che coinvolge la pienezza dell’uomo, in comunione con Dio grazie alla mediazione di Cristo (Lc 1,79). • Secondo effetto della giustificazione è la riconciliazione con Dio, che dona una vita nuova al credente (2Cor 5,18-19; Ef 2,16; Col 1,20-22). • La speranza cristiana ha un nome: Gesù Cristo. La croce di Cristo è la dimostrazione definitiva dell’amore di Dio per noi; questa speranza non è un’illusione, poiché due sono i doni derivanti dalla croce: lo Spirito (Gv 7,39; 19,30) e la salvezza. Nello Spirito possiamo chiamare Dio Padre (Gal 4,6). Inoltre lo Spirito è caparra della salvezza (Ef 1,14). Il fondamento della speranza cristiana è perciò solido: noi resistiamo all’angoscia e all’incertezza della vita, perché Dio ci ama. Così la speranza diventa forza: è la certezza che colui che si è seduto alla mensa dei peccatori, dà più importanza all’accoglienza del suo amore che non al nostro peccato. • Peccatori perdonati, i cristiani possono amare dell’amore stesso di Dio e sperare già adesso di partecipare alla sua gloria, comunione di amore.


In quel tempo, Gesù giunse a una SIGNORE, TU SEI VERAMENTE IL SALVATORE DEL MONDO; città della Samarìa chiamata Sicar, DAMMI DELL’ACQUA VIVA, PERCHÉ IO NON ABBIA PIÙ SETE. vicina al terreno che Giacobbe aveva LODE A TE, O CRISTO, RE DI ETERNA GLORIA! dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». PAROLA DEL SIGNORE. LODE A TE, O CRISTO. • In Gv le feste ebraiche hanno una radicale importanza per svelare il mistero del Messia Gesù: tre Pasque (2,13; 6,4; 11,55); la festa di Sukkôt o delle Capanne, a settembre dove si ricorda l’azione salvifica di Dio durante l’esodo (7,2); la festa della Dedicazione o Hanukkah (10,22) a fine dicembre dove si ricorda la restaurazione del Tempio dopo la vittoria di Giuda Maccabeo su Antioco IV. Queste feste accompagnano la vita di Gesù verso la manifestazione gloriosa della “sua ora” (12-21). • L’intento di Gv è probabilmente di mostrare come in Gesù tutte le feste ebraiche trovino il loro compimento: ricordano un passato di grazia che si apre alla pienezza di grazia in Gesù crocifisso e risorto.

Il cap 4 è inserito nella prima Pasqua, in cui Gv presenta Gesù come il nuovo Tempio (2,13-22). In lui possono radunarsi tutti i popoli per adorare Dio: gli ebrei (Gv 3); i samaritani (Gv 4, 1-42) e i pagani (4,46-54). Siccome la Pasqua è ricca di significati, Gv approfondirà questa festa nel cap 6, presentando Gesù come “pane di vita”. Queste due Pasque precedono e illustrano la terza Pasqua definitiva, dove Gesù “vero agnello pasquale”, sarà innalzato sulla croce, mostrando la gloria dell’amore di Dio per la salvezza di tutti gli uomini che affidano nella fede la loro vita in Lui. La salvezza è un’offerta gratuita: Dio giustifica l’uomo attraverso la fede in Gesù crocifisso; in Gesù ogni cristiano deve aderire liberamente e in obbediente filiale alla volontà del Padre.

• In questo brano del cap 4 Gesù incontra una donna samaritana. I samaritani (secondo la tradizione biblica) hanno origine da un’immigrazione forzata di cinque popolazioni pagane al tempo della deportazione del regno del nord in Assiria (2Re 17,2441); odiati dai giudei praticanti di Gerusalemme e accusati di essere mezzi-pagani. In 2Re 17,41 si dice che essi servono Dio pur continuando ad adorare i loro idoli: i cinque mariti della donna sono riferimento ai cinque idoli; l’attuale uomo della donna, che non è suo marito, si riferisce probabilmente al Signore. • Gesù parla con una donna: ruolo secondario nel culto ebreo, ma centrale nella vita del Signore (Gesù si manifesta per primo come risorto alle donne). • In Gesù crocifisso, l’acqua viva, che sgorga dall’Oreb e dal costato del Signore come sorgente che zampilla per la vita eterna, raggiunge quindi le donne e i samaritani (Gv 4,39.41). • Centrale è il dialogo dei vv.20-24: l’Oreb è stato spostato dai samaritani sul loro monte, il Garizim, e dagli ebrei invece sul monte Sion a Gerusalemme

(Is 2,3; Sal 68,18). Questo era oggetto di continue dispute tra loro. Gesù afferma il primato del monte Sion: gli ebrei di Gerusalemme adorano colui che conoscono (essi sono il popolo di cui Dio è lo Sposo); da loro viene la salvezza. Tuttavia Gesù evoca un “tempo” (e non più un luogo) in cui si adorerà il Padre in “Spirito e verità”: è il culto il cui centro è il Cristo, nuovo e definitivo Tempio di Dio, dal quale sgorga l’acqua viva, zampillante per la vita eterna e che raggiunge tutti gli uomini (Ez 47,1-12; Gv 19,34). Quest’acqua è anche la parola di Dio che è “cibo” per chi la mette in pratica (Gv 4,34) cibo di vita eterna (Gv 6,35-40). • Quel tempo del culto in Spirito e verità è anche il tempo della mietitura escatologica preparata dai profeti, da Cristo e da quelli che precedono gli apostoli (Filippo per i Samaritani: At 8,5-13) e completata da Pietro e dagli altri (At 8,14): gli apostoli sono pietre vive sulle quali Cristo, la roccia, costruisce la Chiesa, comunità escatologica (Mt 16,18; Ef 2,20).

TESTIMONI del del CRISTO: CRISTO: Sister Florence Nwaonuma Tante ragazze che vivono in Africa o in altri paesi del mondo sognano di vincere la povertà venendo in Europa. La loro speranza è sfruttata e poi tradita dalle organizzazioni criminali, che illudono con promesse di denaro i familiari delle ragazze ed invece le riducono in schiavitù, prostitute sulle strade d’Italia e d’Europa. Smettere e tornare a casa non è facile per loro, anzi è molto pericoloso. Un gruppo di suore africane ed italiane ha costituito una rete di accoglienza e costruito una casa in Nigeria per proteggere le ragazze che vogliono tornare libere nella loro terra. Una di queste suore si chiama Florence Nwaonuma, che è anche avvocato. Il suo sorriso, il suo coraggio e la sua tenacia hanno già aiutato tante ex schiave a cambiare la loro vita. (www.missionline.org/index.php?l=it&art=647)

Dal Messaggio del Papa La domanda di Gesù alla Samaritana: “Dammi da bere” (Gv 4,7), che viene proposta nella liturgia della terza domenica, esprime la passione di Dio per ogni uomo e vuole suscitare nel nostro cuore il desiderio del dono dell’ “acqua che zampilla per la vita eterna” (v. 14): è il dono dello Spirito Santo, che fa dei cristiani “veri adoratori” in grado di pregare il Padre “in spirito e verità” (v. 23). Solo quest’acqua può estinguere la nostra sete di bene, di verità e di bellezza! Solo quest’acqua, donataci dal Figlio, irriga i deserti dell’anima inquieta e insoddisfatta, “finché non riposa in Dio”, secondo le celebri parole di sant’Agostino. www.parrocchiamadonnaloreto.it

Preghiera Signore Gesù, Tu assetato da sempre dell’amore degli uomini, chiedi a tutti noi: “dammi da bere”. Signore Gesù, Tu assetato di misericordia e compassione, sul legno della croce doni misericordia e compassione all’umanità intera, doni ai nostri cuori dal tuo fianco squarciato l’acqua vivificante dello Spirito. Signore Gesù quando finiremo di cercare lontano da Te sorgenti d’acqua che non dissetano, che anzi trasformano i nostri cuori in deserti.? Signore Gesù quando finalmente ci arrenderemo al tuo amore, per vivere con Te e con Te offrire la nostra vita per portare al mondo l’acqua limpida della tua Grazia che illumina i cuori e dona speranza agli animi affranti? Sì, è venuto il tempo di lasciare, come la Samaritana al pozzo, tutti i nostri pregiudizi, le nostre difese, per donare la nostra vita a Te, che dai la gioia di amare. Tel. 011/9101110


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III Domenica di Quaresima Anno A

Esodo Salmo Romani Giovanni

17, 3-7 94 (95) 5, 1-2.5-8 4, 5-42

“L’acqua che io gli darò, diventerà in lui una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna” “I patriarchi hanno avuto i loro pozzi: certamente Abramo e Isacco, ma penso anche Giacobbe. Parti da questi pozzi, percorri tutta la Scrittura in cerca di pozzi e arriva ai Vangeli. Troverai quello accanto al quale nostro Signore si riposava dopo le fatiche del viaggio, quando giunse una donna samaritana ad attingervi acqua. Allora egli spiega quali sono le virtù del pozzo – o dei pozzi – nelle Scritture e, comparando le diverse acque, rivela i segreti del mistero divino. Si dice, infatti, che se uno beve delle acque fornite dal pozzo terrestre avrà ancora sete, ma in chi avrà bevuto delle acque date da Gesù scaturirà una «sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». In un altro passo del Vangelo, non si tratta più di sorgente o di pozzi, ma di qualcosa di più importante. Dice la Scrittura: «Chi crede in me… fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Vedi quindi: colui che crede in lui possiede ben più di sorgenti, di fiumi; possiede sorgenti e fiumi che non alleviano questa vita mortale, ma procurano quella eterna.” (Origene, Omelia sui pozzi di Giacobbe, in Dodicesima omelia sul libro dei Numeri)

 «Dammi da bere». Un uomo seduto presso un pozzo, intento a chiedere da bere a una donna venuta ad attingere acqua, nella simbolica biblica molto chiara per la gente comune al tempo di Gesù, significava cercare una donna per sposarla. Eliezer, il servo d'Abramo, Giacobbe, Mosè si siedono presso il pozzo per trovare la futura moglie. Anche qui è come se il Signore chiedesse alla donna di Samaria di sposarlo e, attraverso di lei, lo chiedesse a tutti noi.  A lui non importa 1'apparenza, il valore umano o morale delle persone: ha scelto come apostoli gente incolta, peccatrice, rozza; ora si ferma a parlare con la peggiore donnaccia del paese. Se ci fosse un fariseo, penserebbe senz’altro in cuor suo: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei alla quale chiede da bere: è una peccatrice» (cf. Lc 7,39). Eppure proprio a lei, che ha perso il conto dei suoi uomini, a lei, l’eretica, la samaritana disprezzata dai giudei, Gesù rivela ciò che non ha ancora detto a nessun discepolo: la sua messianicità. A Cristo non importa tanto la correttezza morale quanto la disponibilità a rivedersi in modo critico. In quella prostituta, Gesù vede un cuore assetato di vera adorazione e le dichiara una cosa che, neppure noi oggi, abbiamo ancora capito: che il Padre non vuole essere adorato secondo questa o quella tradizione religiosa, in quel luogo o in quell’altro, da gente che si sente in regola o a posto… Dio desidera essere adorato ogni giorno nel cuore, in spirito e verità, nella verità dei giorni vissuti in modo straordinariamente nuovo nello Spirito che dà vita.  Infine, quella persona talmente disprezzata in paese da scegliere di andare al pozzo all’ora più calda per non incontrarsi con le altre donne, diventa apostola convincente perché straordinariamente autentica: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?». Chi infatti meglio di lei, di cui tutti conoscono la vita disordinata, può annunciare la tenerezza di colui che è venuto a salvare, non a condannare? Chi, meglio dell’emarginato, disprezzato persino da se stesso, è capace di sposare il cuore di Dio, questo cuore trafitto d’amore per l’umanità, per tutta l'umanità, dal barbone al vescovo? Ecco l'adorazione in spirito e verità, lo stupore di fronte alla tenerezza di colui che sonda l'abisso della nostra miseria senza spaventarsene, permettendoci di accoglierci in verità, in quel nostro nulla che ci fa simili e fratelli. (Emmanuelle-Marie – Un Dio del Quotidiano) “Dicendole il fatto suo, gli altri non facevano che schiacciare la donna samaritana. Gesù, dicendole ciò che ha fatto, la solleva. Dicendole il male che ha fatto, la libera da esso, lo separa da lei. Glielo prende e lo getta lontano da lei nell’oceano del perdono di Dio. Invece del fardello pesante del suo peccato, ecco il fardello leggero del perdono del suo peccato. Strano fardello, che la sostiene, la fa correre verso la gente del villaggio. Dimentica persino la brocca! La brocca può aspettare. Tutto può aspettare, eccetto la predicazione, la diffusione della notizia.” (Th. Riebel, Le trombe di Gerico)

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Parrocchia Madonna Loreto Frati Cappuccini - Chivasso 1 Samuele Salmo Efesini Giovanni

IV Domenica di Quaresima Anno A

16,1.4.6 7.10 13 22 (23) 5, 8 14 9, 1 41

“Gesù mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo” Troppo spesso, il terribile conformismo delle nostre società dei consumi induce nei cristiani un materialismo pratico. Non hanno compreso l’esigenza totalizzante della fede. Dividono facilmente la loro vita in due parti: la vita della fede, che tende a scomparire a poco a poco, e la vita pura e semplice, con la sua densità, la sua complessità, le sue difficoltà e le sue attrattive. Dopo un po' di tempo, la “serietà” della vita squalifica il mondo della fede, che si identifica per lo più con una certa pratica religiosa. E tuttavia, questa mancanza di realismo della fede è una malattia in qualche modo più grave dell'eresia. È ciò che contraddice maggiormente la vera realtà della fede, se è vero che il cristianesimo, in quanto religione di incarnazione, non propone solo delle “verità”, ma un nuovo tipo di uomo. Oggi l’ateismo più vivace non contesta l’ideale cristiano di una fraternità universale ( alla quale esso stesso si richiama ( ma denuncia la mancata efficacia del cristianesimo in quanto realtà storica, cioè il volto che i cristiani gli conferiscono nel mondo odierno. (Cl. Geffré, Uno spazio per Dio) Lo ha incontrato per caso, mendicava seduto sul ciglio della strada. Un cieco era escluso dal tempio, quindi dalla religione. Mentre Davide assediava Gerusalemme, gli abitanti della città l’avevano preso in giro, dicendo che persino i ciechi e gli zoppi gli avrebbero impedito di entrare nelle mura. Da vincitore, il re aveva fatto di Gerusalemme la sua capitale, e, per una ripicca un po' infantile, aveva decretato che quegli infermi non sarebbero mai potuti entrare nel tempio. Così il grande Davide si era vendicato della sua esclusione escludendo a sua volta dei deboli innocenti. Oggi diremmo che li aveva scomunicati. L’ostracismo è un riflesso umano viscerale, irrazionale, spesso radicato nel sentimento di essere stati rifiutati. Il diverso fa sempre paura, meglio escluderlo dalla società. E così che si giunge persino ad allontanare chi la pensa diversamente, gli infermi dell’ortodossia! Gesù s'intrattiene con lui. Come sempre dialoga con chi è escluso, con le persone alle quali nessuno rivolge la parola. Come uno che oggi si fermasse a dialogare con un marocchino o un barbone. Ma chi lo fa mai? Gesù ridà voce a chi non ce l'ha. Ai peccatori, agli indemoniati, persino ai lebbrosi. Come se avesse bisogno della diversità, per manifestarsi. Non si circonda forse di donne, di peccatori, di gentaglia, persino di bambini che contavano meno degli animali? Gli apostoli si sentono a disagio nel vedere il Maestro fermarsi per strada con un mendicante. Alzano il livello della conversazione, tirando in ballo un quesito teologico. Bisogna sempre giustificare l’esclusione. I discepoli cercano un responsabile di quest'infermità. Sarà lui? Ma se è nato cieco, che male avrebbe potuto commettere prima di nascere? I suoi genitori allora? Quando ci capita una disgrazia, ci chiediamo istintivamente che cosa abbiamo fatto per meritarla. «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio». No, non è la solita risposta che presenta l’eternità come il compenso di tutte le pene di quaggiù! Quali sono le opere di Dio? La creazione, di cui il capolavoro è l'essere umano. L’opera di Dio è l’uomo felice, rispettato nella sua dignità. Voi lo disprezzate perché è cieco, mendicante. E Gesù, «sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Siloe». Come se ripetesse il gesto della creazione d’Adamo, plasmato dal fango del suolo. Il cieco umiliato dalla sua infermità e ora dalla supposizione che la sua menomazione sia frutto del peccato, è invitato a, diventare protagonista della sua guarigione. E una storia che, come sempre con Gesù, si svolge su due piani: i ciechi sono coloro che guardano all’apparenza. Il vedente è Gesù che non si ferma mai all'esteriorità: scorge in ogni essere umano il volto di Dio. Il vangelo è l'intreccio di queste due dimensioni. «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato», accusano i farisei di fronte al miracolo. I genitori del cieco, chiamati in causa, preferiscono l’omertà alla verità. Chi vive nell’esteriorità rifiuta il cambiamento di chi si avvicina alla verità nascosta sotto l’apparente realtà. L’uomo guarito cammina invece verso la Verità: «Proprio questo è strano, che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi». Naturalmente lo cacciano via. Eccolo nuovamente escluso dalla religione ufficiale. A questo punto si incontra con Gesù e avviene la vera guarigione di cui la prima era solo il simbolo; così scopre la realtà nascosta dell’identità di Gesù: «Tu credi nel Figlio dell’uomo?» «Io credo Signore!». E noi scegliamo di cambiare, di lasciarci guarire per vedere? (Emmanuelle-Marie – Un Dio del Quotidiano)

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V Domenica di Quaresima Anno A

Ezechiele Salmo Romani Giovanni

37,12 14 129 (130) 8, 8 11 11, 1 45

“Io sono la Risurrezione e la Vita; chi crede in me anche se muore vivrà” •La quaresima è il tempo in cui riscoprire l’essenziale della fede, entrando nel deserto delle nostre giornate ingombre di cose da fare, che ci rendono arido il cuore. Un tempo per lasciare che l’anima ci raggiunga e scoprire l’essenziale che fa la vita. Abbiamo visto la scorsa domenica un Dio che disseta l’anima e ridona luce alla nostra cecità. E oggi, alla fine di questo lungo percorso, troviamo un vangelo che ci parla prima di tutto di una amicizia che dona vita là dove sembra esserci solo morte e disperazione. •Siamo a Betania, un piccolo villaggio che sorge sul monte degli ulivi, nel declivio opposto a quello che sovrasta Gerusalemme, dove Gesù volentieri si rifugia, in casa di amici per ritrovare un po’ di clima famigliare, per fuggire dalla Gerusalemme che uccide i profeti. Che bello pensare che anche Dio ha bisogno di una famiglia e di amici come noi. •Ma quando Lazzaro si ammala Gesù è lontano: come succede anche a noi, davanti alla malattia e alla morte di una persona che amiamo, ci sembra che Gesù sia distante. •La resurrezione di Lazzaro è posta poco prima della Passione di Gesù. Infatti il passaggio dalla morte alla vita, centro del messaggio di questa domenica, prelude, soprattutto con l’episodio della resurrezione di Lazzaro, all’evento pasquale la cui celebrazione si fa sempre più vicina. •È l’ultimo e il più clamoroso dei segni, quello che determina la decisione, da parte del Sinedrio, della pericolosità di Gesù e la necessità di un suo immediato arresto, senza indugiare ulteriormente. Come se Giovanni volesse dirci che la vita di Lazzaro determina la morte di Gesù. Siamo di fronte all’immagine di uno scambio, di un dono che Dio fa in Gesù per ogni uomo. La vicenda di Lazzaro, allora, è la vicenda di ognuno di noi: Gesù ci disseta; Gesù ci dona luce; Gesù dona la sua vita per me. •I testi sottolineano anche tre dimensioni della morte, nella sua drammaticità: la morte di Lazzaro è fisica, ma la morte spirituale di chi vive nella chiusura egocentrica e la morte simbolica del popolo deportato non sono meno drammatiche e reali: 1. La resurrezione appare come evento storico: la morte in cui giacciono i figli d’Israele è la situazione di esilio a Babilonia da cui essi risorgeranno ritornando in terra d’Israele (I lettura); la morte comunitaria di cui parla Ezechiele è situazione di morte della speranza: “La nostra speranza è svanita, siamo perduti” (Ez 37,11). Anche noi, nelle vicende relazionali (un’amicizia, un amore, un matrimonio), comunitarie ed ecclesiali che viviamo, possiamo sperimentare la morte della speranza, l’assenza di futuro. Tuttavia, la nascita della fede nella resurrezione e della speranza pasquale avviene attraverso la morte di altre speranze effimere. Lo Spirito creatore è lo Spirito che dona vita e suscita speranza là dove regna la disperazione e la morte. 2. La resurrezione appare come evento spirituale che caratterizza il credente che, lasciandosi guidare dallo Spirito di Dio, passa dalla vita nella carne, basata sull’egoismo e sul peccato, alla vita in Cristo (II lettura); per Paolo l’uomo che vive “nella carne”, nell’autosufficienza egoistica, fa del proprio cuore la propria tomba e si trova nella morte spirituale. Ma lo Spirito di resurrezione che forza l’impenetrabilità della morte e fa uscire dai sepolcri, può penetrare le chiusure individualistiche e, ponendo la dimora nel cuore umano e inabitando in esso, può immettere l’uomo in una vita nuova. 3. La resurrezione appare come evento personale e corporeo che conduce Lazzaro a uscire dalla tomba all’udire la parola di Gesù (vangelo). Il brano evangelico è una pedagogia verso la fede in Cristo che è la resurrezione e la vita. Il dialogo tra Gesù e Marta è incentrato sul credere: “Chi crede in me, anche se muore vivrà” (Gv 11,25); “Credi tu questo?” (11,26); “Sì, Signore io credo” (11,27).

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•Il racconto è un crescendo di emozioni, di testimonianze di fede delle sorelle, ma anche di umanissimo sconforto e pena. Quando Gesù vede la disperazione delle sorelle e della folla, resta turbato, e scoppia in pianto. All’inizio del vangelo a Giovanni e Andrea, discepoli del Battista, che, su indicazione del profeta, lo avevano seguito e gli chiedevano dove abitasse, Gesù aveva risposto “venite e vedrete” (Gv 1,39). Ora è Gesù che si fa discepolo, che è invitato ad andare per scoprire fino in fondo cosa significa essere uomini. Come se, fino ad allora, non avesse visto fino in fondo quanto dolore provoca la morte. Come se fino ad allora Dio non avesse ancora capito quanto male ci fa la morte, quanto sconforto porta con sé il lutto. Come se Dio non sapesse. Come se Dio imparasse cos’è il dolore. Dio piange, davvero. E quel pianto ci lascia interdetti. Quel pianto ci sconcerta, ci scuote, ci smuove. Dio, ora, sa cos’è il dolore. Fra poche ore andrà fino in fondo, portando su di sé tutto il dolore del mondo. Dio e il dolore si incontrano. Non è bastato che Dio diventasse uomo per condividere con noi la vita. Ha voluto imparare a soffrire, per redimere ogni pena. •MA Davanti ad un Dio che condivide, non sempre il nostro cuore si convince, si converte. Come coloro che vedono il pianto di Gesù: alcuni notano l’amore di Gesù per Lazzaro, la sua compassione; altri, cinicamente, obiettano “Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?” In queste parole abbiamo tutta la contraddizione dell’essere umano. Preferiamo un Dio che condivide il nostro dolore o un Dio che ci evita il dolore? •Di fronte all’insicurezza e alla precarietà che la prospettiva della morte ingenera nelle nostre vite (“a causa della morte, noi, gli uomini, siamo come città senza mura”: Epicuro), noi siamo tentati di costruirci baluardi, difese e barriere che ci proteggano da essa (vieni subito Signore). Siamo indotti dalla paura a un atteggiamento difensivo di paura. E così facciamo anche della vita una morte, una schiavitù (“gli uomini sono schiavi per tutta la vita a causa della paura della morte”: Eb 2,15): cercando di difenderci dalla morte, in realtà ci allontaniamo dalla vita. •Gesù, invece, chiedendo fede, affidamento, chiede di entrare nel suo atteggiamento di fronte alla morte (“Padre, io sapevo che sempre mi ascolti”: Gv 11,42), atteggiamento che, mentre assume la morte e soffre per colui che è morto, fa anche della morte una vita, vivifica la morte. •La fede è il luogo della resurrezione. La fede di Gesù è dunque un magistero, una via privilegiata, per non sentirci mai abbandonati dal Padre, quindi imparare a credere: “L’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano” (Gv 11,42). •Proclama un’omelia dello Pseudo Ippolito: “Avendo tu visto l’opera divina del Signore Gesù, non dubitare più della resurrezione! Lazzaro sia per te come uno specchio: contemplando te stesso in lui, credi nel risveglio”. •Se la fede è il luogo della resurrezione, l’amore ne è la forza: Gesù “amava molto Lazzaro” (11,5) e questo amore si fece visibile nel suo pianto dirotto (cf. 11,35-36). L’amore integra la morte nella vita e trova il senso di quest’ultima nel dono: dare la vita diviene un dare vita. Aver fede in Gesù che è resurrezione e vita significa fare dell’amore un luogo in cui la morte viene messa a servizio della vita. La fede e l’amore si manifestano nella parola con cui Gesù resuscita Lazzaro «Lazzaro, vieni fuori!»: Gesù può richiamare Lazzaro alla vita (chiamare chi è morto e giace nel sepolcro) grazie alla fede nel Dio che resuscita i morti e grazie all’amore, all’umanissimo amore che lega Gesù a Lazzaro. La potenza di resurrezione della parola di Gesù è tutta nella fede e nell’amore che la abitano. Il Signore vi doni Pace. Fra Alberto

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