
Tellme why,tellme why, tellme why
Mmm,whycan'twe live together?
Tellme why,tellme why
Mmm,why can'twe live together?
Everybody wants to live together
Why can'twe be together?
Nomore war, nomore war,nomore war
Mmm,justa little peace
No more war, no more war
Allwe wantis some peace in this world

Everybodywants to live together
Why can'twe be together?
Nomatter,no matterwhatcolor


Mmm,you are stillmy brother
Isaid,"Nomatter, nomatterwhatcolor




Mmm,you are stillmy brother"
Dimmiperché,dimmiperché,dimmiperché Mmm,perchénonpossiamovivereinsieme?
Dimmiperché,dimmiperché





Mmm,perchénonpossiamovivereinsieme?
Tuttivoglionovivereinsieme
Perchénonpossiamostareinsieme?
Nonpiùguerra,nonpiùguerra,nonpiùguerra
Mmm,solounpo'dipace
Nonpiùguerra,nonpiùguerra
Tuttoquellochevogliamoèunpo'dipaceinquestomondo Tuttivoglionovivereinsieme

Perchénonpossiamostareinsieme?
Nonimporta,nonimportadichecolore Mmm,seiancorailmiofratello
Hodetto,“ Nonimporta,nonimportadichecolore Mmm,seiancorailmiofratello”
Extract from “Why Can't We Live Together” performed by Sade

(original song by Timmy Thomas)

Un altro anno scolastico è passato: il primo senza le gravi restrizioni imposte dalla pandemia. Mentre in Iran e in Afghanistan le donne combattono giustamente per i propri diritti, i venti della guerra in Ucraina continuano ad aleggiare imperterriti e a noi vicini, non impedendoci, tuttavia, di svolgere il nostro lavoro con coscienza e dedizione. Il numero di quest’anno del “Messenger Service” è molto particolare: per la prima volta dal 2014, anno di costituzione del CPIA1 Foggia, la nostra scuola avrà una nuova denominazione. La dirigente scolastica Antonia Cavallone ed il suo staff hanno, a tal proposito, optato per il compianto presidente del Parlamento Europeo David Maria Sassoli, ed è una scelta che ha trovato tutti d’accordo. Per cui, il giornalino è ovviamente incentrato su questo evento. All’europarlamentare sono stati dedicati la copertina ed un articolo. Il tema portante di quest’anno è stato “Madre Terra”: una serie di osservazioni e suggerimenti per una vita futura più salutare, con l’edizione natalizia che ha visto tanti articoli interessanti ad esso dedicati. Per il numero conclusivo abbiamo cercato di seguire lo stesso criterio, aggiungendo, oltre all’articolo sui vincitori del concorso natalizio, le varie attività svolte dagli studenti con l’ausilio dei docenti dei vari punti di erogazione. L’apertura dell’anno scolastico l’abbiamo volutamente intitolata “Ready, Steady, Go!”, dal titolo di una nota trasmissione televisiva inglese degli anni ’60, per mettere in luce la nostra pronta voglia di essere propositivi e competitivi. Oltre all’articolo su David Maria Sassoli, spicca quello sull’Erasmus Day, finalizzazione di una iniziativa di partenariato che il CPIA1 Foggia sta portando avanti da alcuni anni assieme alla scuola di Lleria (Spagna) e a quella di Igoumenitsa (Grecia). Naturalmente i vari articoli sulle ricorrenze annuali, dalla giornata della memoria (27 gennaio) a quella delle Foibe, dalla giornata contro la violenza sulle donne, a quelle della gentilezza e dei “calzini spaiati”, coprono ampio spazio nella rivista. Inoltre è stato dato risalto, come sempre, agli articoli prodotti dai ristretti delle tre Case Circondariali con l’aiuto dei nostri validi insegnanti. Per quanto riguarda la canzone che fa generalmente da “ouverture” del giornalino, abbiamo scelto “Why can’t we live together” di Timmy Thomas, dal testo estremamente significativo: con il QR Code potete ascoltarla nella versione di Sade Adu.
Buona lettura!
MARCELLO CASALINO EDITOR IN CHIEF

SAN GIOVANNI ROTONDO
Teresa Ciccone

Docente di lingua francese, amante della natura e dell’arte
FOGGIA
Daniela De Stasio
Docente di lingua francese, divoratrice di romanzi, definita la prof. “arcobaleno” per il suo look colorato. Il suo motto è “un sorriso può salvarti”


Antonia
Cavallone EDITORIAL DIRECTOR



Dirigente Scolastico del CPIA1 Foggia dal 2014, attualmente presidente della Rete dei CPIA della Regione Puglia. Dirige il Messenger Service dal 2019, cake designer per passione, adora la lettura e la musica


Marcello Casalino EDITOR IN CHIEF


Docente di lingua francese, dal 2019 caporedattore del Messenger Service, globetrotter, scrittore, venerato maestro nel campo della musica rock
Michele Pio Decembrino LAYOUT & GRAPHICS
Docente di tecnologia, dal 2017 altre braccia rubate al settore agricolo, grafico sopravvalutato, coinvolto spesso suo malgrado in malintesi istituzionali
SAN SEVERO
Lydia Colangelo
Docente di lettere, dottore di ricerca in filologia, letteratura, tradizione e in teologia cattolica
CERIGNOLA
Roberta Cucchiarale
Docente di lettere, appassionata di letteratura, cinema e teatro
MANFREDONIA
Massimo De Girolamo
Docente di tecnologia, appassionato di informatica e fotografia, sognatore con i piedi per terra, la testa sulle spalle e, a volte, la mente fra le nuvole…
BOVINO
Giovanni Guarino
Docente di tecnologia, architetto, in attesa di diventare giocatore professionista di basket nell'NBA.
AMONG THIS ISSUE’S CONTRIBUTORS
STORNARELLA
Alessandro Ranieri
Docente di tecnologia, tiene d’occhio la natura e ruba i suoi strumenti
RODI GARGANICO
Maria Grazia Schiavone
Docente di lingua inglese, dolce romantica protonica e solare… scrittrice nel tempo libero
Elena Batueva, Maria Rita Calabrese, Alhoussaine Camara, Alhassane Camara, D. Casanova, Michael Cassano, Alfredo Cassone, Irina Craciun, Shakeed Del Aga, Filippa Finaldi, Annarita Fredella, Katia Iorio, Magdalena Jakubowska, Maran Kemo, Luana La Fratta, Nadir La Fratta, S.M., Veronica Maiorano, Angelica Pellegrino, Marie Viviane Ravaohita, Daniela Reddavide, P. Russo, G.S., Stefania Schettino, Simona Severo, Adry Spagnoli, A. Tallero, Rita Trimigno, Vittoria Troiano, S. Valente, Ilde Vitale, Corsisti 1PD Rodi Garganico, Corsisti 2PD Stornarella, Corsisti Alfa Culturale - C.C. Lucera
SPIRITUAL GUIDANCE: Hunter S. Thompson
This issue is dedicated to David Maria Sassoli (1956-2022)





Un appuntamento atteso, ormai giunto alla sua quarta edizione, quello dell’inaugurazione regionale dell’anno scolastico 20222023, che quest’anno si è tenuta il 18 novembre 2022 presso l’Auditorium del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Foggia. L’iniziativa nasce da un’idea della Regione Puglia, dall’Assessorato all’Istruzione, Formazione e Lavoro, che, d’intesa con la direzione generale dell’USR, ne sostiene l’attuazione. Quest’anno infatti è stata la provincia di Foggia ad ospitare l’evento a carattere itinerante, che celebra il sistema scolastico della Puglia e le sue eccellenze, scegliendo ogni volta una provincia diversa.
Alla cerimonia hanno partecipato quindici scuole in rappresentanza di tutte le realtà territoriali della Puglia, selezionate attraverso un concorso di idee dal titolo
programmatico “Madre Terra”, rivolto alle scuole di ogni ordine e grado della regione.

Erano presenti all’inaugurazione, oltre all’Assessore regionale all’Istruzione Sebastiano Leo e al direttore dell’USR Puglia Giuseppe Silipo, le autorità di ambito locale e provinciale, in primis la Dirigente Scolastica dell’UST di Foggia Maria Aida Episcopo, e una rappresentanza dell’Università degli Studi di Foggia, che con i loro interventi hanno dato un valore aggiunto alla riuscita dell’evento.
Le parole della dirigente Episcopo sono state significative: «L’occasione suggella un patto di vicinanza di una bellissima rete scolastica interprovinciale. Oggi è proprio la festa delle scuole, di un rinnovo di una rete di scopo, una rete di interconnessioni che fanno della nostra realtà educativa e scolastica una bella testi-
monianza a livello nazionale… Nell’evoluzione di questa giornata […] quanta creatività, quanto spirito di insieme, quanta prossimità i nostri studenti e le nostre scuole possono testimoniare e confermare», conclude la dott.ssa con orgoglio.






















Tema di questa edizione è stata la sostenibilità ambientale e la gestione delle risorse dei territori, quale comune denominatore da cui declinare con linguaggi e stili diversi dei percorsi di cittadinanza attiva e delle buone pratiche di legalità, azioni di contrasto alle mafie, lotta agli sprechi ambientali e adozioni di comportamenti sostenibili, il cibo come fattore di inclusione sociale.
Ogni scuola ha presentato un prodotto elaborato dal proprio Istituto inerente alla tematica proposta; l’intento era quello di dare forza espressiva alla cerimonia inaugurale con allestimenti performativi

coreutico-musicali, realizzazioni creative originali, atelier dinamici di proposte didattiche innovative.
Oltre alle performance originali che si sono avvicendate sul palco all’interno, una nota altrettanto singolare è risultata l’allestimento di stand, con la realizzazione di servizi enogastronomici da parte degli Istituti alberghieri, negli spazi antistanti la sede ospitante, che hanno contribuito con formazione, competenza, professionalità e sinergia al successo dell’evento.
Protagonista indiscussa al concorso bandito per l’occasione è stata la partecipazione della nostra Istituzione scolastica, il CPIA1 Foggia, che ha risposto inizialmente con un canto tradizionale del Senegal, passando poi attraverso una preghiera degli indiani Navajo e concludendo con un numero musicale di grande impatto. La rappresentanza di alunni


(Bara Ndyyaje e Daaria Klopkina di alfabetizzazione, Chlobynca Beay Tumani, Osagiede Merry Jean, Vito Coccia e Veronica Maiorano del secondo periodo didattico, Ponce Peralta Yixi e Clavo Raffela del Primo Periodo Didattico) si è cimentata con l’esibizione del brano “Purple Rain” di Prince.




La performance ha riscosso molto successo ricevendo lunghi applausi da tutti i presenti.
Uno speciale riconoscimento va all’organizzazione e al coordinamento del docente Sergio Picucci che, in collaborazione dei musicisti Luigi Mitola alla chitarra ed Alfredo Ricciardi alle percussioni, ha contribuito magistralmente al buon esito di tale rappresentazione. Altrettanto significativo è risultato l’intervento della docente Alessandra Paciello, che ha curato con arte il musical attraverso il face painting per le coriste. Di grande impatto si è rivelata la personificazione di “Madre Terra”, a cui la docente ha dato vita con la realizzazione di un costume di scena ed una maschera a tema, indossati da un’alunna di origine ucraina, frequentante il corso di alfabetizzazione del p.e. di Foggia. Grande la soddisfazione della comunità scolastica e della Dirigente del CPIA1 Foggia Antonia Cavallone, per questa bella conferma alla qualità del lavoro didattico, che ogni giorno docenti e alunni dell’istituto svolgono con passione e dedi-

David Maria Sassoli, compianto giornalista e conduttore televisivo Rai, nonché parlamentare europeo, è il nome scelto dal CPIA1 Foggia per la denominazione della scuola.
Il Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti è una istituzione molto particolare nell’ambito degli istituti ministeriali: svolge l’importantissima funzione di offrire una seconda possibilità a coloro che, per ragioni diverse, hanno dovuto o voluto abbandonare il proprio percorso di studi. Inoltre, è l’istituzione scolastica che si occupa di accogliere i tanti immigrati che sbarcano nel nostro territorio in cerca di un futuro più soddisfacente, offrendo
Intitolazione del CPIA1 Foggia: i perché di una scelta
loro l’opportunità di apprendere o migliorare la lingua del luogo ospitante, nonché la possibilità di metterli al corrente degli usi e costumi.

Ricordiamo che il CPIA1 Foggia consta di otto punti di erogazione sparsi sul territorio della Capitanata: Bovino Monti Dauni, Cerignola, Foggia, Manfredonia, Rodi Garganico, San Giovanni Rotondo, San Severo e Stornarella, oltre alle Case Circondariali di Foggia, Lucera e San Severo.
Perché dunque la scelta è caduta su David Maria Sassoli? Alla base c’è il fatto che, oltre ad essere un apprezzato giornalista, ha ricoperto, negli ultimi tempi, la carica di parlamentare e presidente
dell’Unione Europea. Questo a sottolineare che la volontà di unità di diversi paesi, della voglia di lavorare per un obiettivo comune, che è quello di superare le barriere linguistiche, economiche, razziali e religiose, ha fatto propendere la nostra scuola per questa decisione. Il cosiddetto progetto europeo era figlio della sconfitta dell’Europa, da cui erano fatte derivare fondamentali scelte geopolitiche, politiche e ideologiche, presentate dai padri fondatori dell’impresa, i quali avevano ciascuno un decisivo interesse nazionale al successo della stessa. Dando senso comune a un soggetto sempre più eterogeneo e sovraesteso, l’ideologia europeista richiamava fondamental-




















mente i “valori europei” discendenti dall’illuminismo. Nonostante siano in molti oggi a sostenere, come lo storico Donald Sassoon, che l’Unione Europea sia l’utopia “di un continente che litiga da due millenni e che nessuno è mai riuscito a controllare, che non ha una lingua o istruzione comune”, David Maria Sassoli, dal canto suo, ha sempre creduto in una Europa baluardo dei diritti e delle opportunità, ha sempre ribadito l’importanza di una politica volta ai bisogni di tutti indistintamente, oltre all’importanza di rafforzare la democrazia parlamentare e promuoverne i valori.
David Maria Sassoli nacque a Firenze il 30 maggio 1956. Cominciò fin da giovane a lavorare per piccoli giornali e agenzie di stampa per poi passare a “Il Giorno” e proseguire la sua carriera in Rai dove divenne un volto noto per le famiglie italiane. Nel 2009 la sua decisione di dedicarsi alla politica. Candidato come capolista del Partito Democratico nella circoscrizione Italia centrale, venne eletto la prima volta con oltre 400mila preferenze diventando così il capo della delegazione del PD al Parlamento Europeo. Già membro della Commissione Trasporti del Parlamento, dove si era occupato della riforma ferroviaria europea (IV Pacchetto Ferroviario), nel 2014 venne eletto come vicepresidente
Parlamento europeo, secondo presidente italiano dopo Antonio Tajani da quando l’assemblea di Strasburgo viene eletta a suffragio universale. Fin da subito Sassoli pose l’accento sul valore della persona e la sua dignità: “Nessuno può essere condannato per la propria fede religiosa, politica, filosofica. Da noi ragazze e ragazzi possono viaggiare, studiare, amare senza costrizioni”, soleva dire. Durante i drammatici anni del Covid Sassoli si impegnò, inoltre, affinché il Parlamento europeo rimanesse aperto e continuasse a essere operativo, introducendo dibattiti e votazioni a distanza, primo parlamento al mondo a farlo.

Lo scorso febbraio una delegazione della nostra scuola si è recata in visita al Parlamento Europeo, nel corso della quale gli studenti hanno avuto l’opportunità di conoscere e apprezzare il lavoro svolto da Sassoli e di ricevere un’importante esperienza formativa: per molti studenti stranieri, infatti, la visita alla sede di Bruxelles è stata un’occasione per capire meglio il funzionamento delle istituzioni europee e per rafforzare il senso di appartenenza alla stessa comunità. Il CPIA infatti, attraverso il suo impegno a fornire un’istruzione di qualità ai corsisti stranieri, sta contribuendo a creare una società più inclusiva e a pro-

Il


























L’integrazione come obiettivo principale, ancor prima dell’istruzione. È questo ciò che si prefigge di fare il Centro Provinciale Istruzione Adulti, il CPIA1 Foggia. Un lavoro quotidiano che va ben oltre l’apprendimento di una lingua o l’apprendimento delle nozioni necessarie per conseguire la licenza media. Un esempio concreto è il viaggio di quattro giorni al Parlamento Europeo di Bruxelles, che ha visto protagonisti diversi alunni del CPIA, i quali hanno condiviso quattro giorni anche con gli alunni dell’I.P.E.O.A. “Michele Lecce” di San Giovanni Rotondo e del Liceo “RispoliTondi” di San Severo.
L’esperienza formativa, che ha avuto luogo dal 6 al 9 febbraio 2023, è stata un’occasione unica che la Dirigente Antonia Cavallone ha fortemente voluto per
far conoscere da vicino il funzionamento dell’Unione Europea e far comprendere il ruolo del Parlamento nella creazione delle leggi europee. Gli allievi coinvolti fanno parte della classe di Alfabetizzazione e del Primo Periodo Didattico e sono: Ortiz Mijares Luis Jose, Hadj Ali Amel, Rangel Gomez Jhon Lino, Ponce Peralta Yixi Mayeline, Laquaglia Matteo, Candè Iss, accompagnati dalle docenti Iorio Caterina (che ha collaborato nell’organizzazione e ha curato i contatti istituzionali), Marino Stefania e Calabrese Maria Rita.
La visita al Parlamento Europeo è cominciata con una breve introduzione storica, per poi procedere all’entrata nelle sale plenarie delle commissioni. Gli studenti hanno avuto anche l’opportunità di incontrare l’Euro Parlamentare Mario Furore, il quale ha permesso la concreta
realizzazione del viaggio a Bruxelles e ha permesso un’esperienza formativa ad alunni e docenti del CPIA1 Foggia. Nel pomeriggio i partecipanti hanno fatto visita al “Parlamentarium”, e, grazie alle guide multimediali, si sono immersi virtualmente nel cuore del Parlamento Europeo attraverso la storia e l’integrazione europea.
Per molti studenti stranieri la visita al Parlamento Europeo è stata un’occasione per capire meglio il funzionamento delle istituzioni europee e per rafforzare il senso di appartenenza alla stessa comunità. Molti hanno espresso entusiasmo e gratitudine per questa opportunità e hanno sottolineato l’importanza della partecipazione attiva alla vita politica europea per garantire un futuro più solido e inclusivo per tutti. Nei giorni di permanenza a Bruxelles tutti hanno anche

CPIA: la scuola inclusiva, dove l'integrazione passa dall'istruzione
avuto modo di apprezzare le bellezze architettoniche della capitale europea, i prodotti tipici e i monumenti principali.
Il viaggio a Bruxelles ha evidenziato la bellezza di un’istruzione continua, a volte non formale, e accessibile a tutti, indipendentemente dalla propria origine o situazione personale. Ha fatto comprendere che occorre imparare sempre, e farlo in compagnia è decisamente meglio. Grazie alle docenti accompagnatrici si è creato uno spirito di gruppo armonico, e tutti si sono dimostrati inclusivi, educati, solidali.
La scuola CPIA, attraverso il suo impegno a fornire un’istruzione di qualità ai suoi studenti stranieri, sta contribuendo a creare una società più inclusiva e a promuovere la partecipazione attiva dei cittadini stranieri alla vita sociale e politica europea. Perciò ci si augura che in futuro ci siano altre occasioni simili per gli studenti stranieri e adulti che tendono ad essere esclusi da esperienze formative di questo genere.
In conclusione, il CPIA è molto di più di una scuola: è un vero punto di riferimento per il territorio, un’opportunità per chi è in difficoltà, ma non vuole arrendersi. Di seguito sono riportati alcuni entusiasti commenti degli alunni partecipanti al viaggio a Bruxelles:
“I giorni trascorsi a Bruxelles sono stati soprattutto di condivisione e di scoperta. Sei persone "sconosciute", sei persone diverse, sei persone con background culturale diverso si sono subito amalgamate apportando le proprie esperienze di vita e conoscenza.”




“Quando mi è stato proposto di aderire al viaggio-studio a Bruxelles, ero titubante, pensando di non esserne all'altezza. Meno male che ho partecipato. È stato bellissimo!”
“I compagni di viaggio si sono rivelati essere una risorsa importante, ognuno a suo modo, coinvolgendo e condividendo con il gruppo le proprie passioni.”
“Piacevolissima esperienza con persone sensibili e accoglienti. Sono stata benissimo.”





“Un viaggio indimenticabile. Ringrazio, quindi, tutti che hanno reso possibile questa esperienza.”
“Un arricchimento incredibile che mi ricorderò per tutta la vita! Voglio ringraziare la scuola CPIA per l’accoglienza, l’opportunità, la simpatia di tutti i partecipanti.”
Il 23 febbraio giunge a conclusione il progetto Erasmus+ di partenariato strategico denominato “Making our school a better place” tra 3 scuole europee che si occupano dell’istruzione degli adulti.



Le scuole coinvolte sono il CPIA1 Foggia, il CFPA di Lliria (Spagna) e l’ EKATI di Igoumenitsa (Grecia), tutte operanti nel campo dell’apprendimento permanente “lifelong learning” al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Le competenze chiave per l’apprendimento permanente comprendono le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e lo sviluppo personali, compresa anche l’occupazione, l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva.

Negli ultimi anni, nelle linee guida delle politiche formative ed educative, numerosi Paesi Europei sono diventati sempre più consapevoli del fatto che l’educazione sia lo strumento più efficace per affrontare il cambiamento e promuovere
la completa realizzazione dell’individuo. Il progetto Erasmus+ si è concentrato in particolare su due aspetti fondamentali:
1) il sostegno all’apprendimento, l’inclusione sociale e l’integrazione di migranti provenienti da contesti religiosi e culturali differenti;
2) l’inclusione delle donne per rendere la parità di genere, prima ancora che una questione lessicale, un elemento costitutivo della nostra società.














La parità di genere si riferisce alla parità tra uomini e donne rispetto ai loro diritti, trattamento, responsabilità, opportunità e risultati economici e sociali. La Commissione europea nel 2016 ha definito un quadro d’azione a favore della parità di genere concentrandosi su cinque aree prioritarie: aumento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, riduzione del divario in materia di retribuzioni per combattere la povertà femminile, favorire la parità tra uomo e donna nel processo decisionale, contrasto alla violenza nei confronti delle donne, difesa dei diritti delle donne in tutto il mondo.
Il 9 febbraio 2023 il punto di erogazione di Bovino ha dato con grande gioia il benvenuto ai partners greci e spagnoli del progetto, pianificando insieme a loro una serie di attività educative sui temi dell’inclusione e la parità di genere.
antichi greci. Le performances dei docenti e degli studenti sono state spettacolari e il role playng si è rivelato un’ottima metodologia didattica per condividere idee ed emozioni nel costruire, realizzare e rappresentare la storia. È seguita poi la visita al centro storico di Bovino e quindi alla cattedrale di Santa Maria Assunta e al Castello Ducale. Al rientro nel nostro punto di erogazione i

renti messe a confronto, riescano a fondersi e a creare momenti di convivialità e condivisione unici. Natalia, una delle nostre studentesse proveniente dall’Ucraina, ha commentato a proposito del nostro Erasmusday: ”Quella mattina nevicava, ma è stata comunque una bella giornata. Ragazzi provenienti dalla Spagna e dalla Grecia sono venuti a visitare la nostra eccellen-
infiltrati nello spettacolo e hanno iniziato anche loro a leggere delle battute. A fine giornata, terminata questa avventura, mi sono resa conto di avere nuovi amici e il mondo ha visto nuovi attori di talento.”

Quest’anno il CPIA1 Foggia, l’IRFIP e l’APS Mondo Nuovo hanno organizzato un convegno presso la sede centrale del CPIA a Foggia. L’iniziativa ha evidenziato l’importanza dei migranti nel contesto sociolavorativo della nostra provincia, costretta sempre di più a fare i conti con lo spopolamento, per sottolineare l’importanza di promuovere politiche di accoglienza e di inclusione. L’evento è stato realizzato nel rispetto della sostenibilità ambientale per cui non è stato stampato materiale cartaceo, inoltre i piatti presentati nello show cooking sono piatti a base di verdure della tradizione gastronomica del nostro territorio e della cucina gambiana: in particolare, il “pan cotto” è una pietan-




za le cui origini sono legate al recupero e alla lotta allo sperpero alimentare. Alcuni studenti presenti hanno letto brani tratti da "All'alba il dolore è stanco" di Tahar Ben Jelloun e poi la Dirigente scolastica Antonia Cavallone ha presentato la giornata di studio e ha introdotto i saluti istituzionali di Rosa Barone, assessora al Welfare, Politiche di benessere sociale e pari opportunità, Programmazione sociale ed integrazione sociosanitaria della Regione Puglia; Silvia Pellegrini, direttrice di Dipartimento delle Politiche del Lavoro, Istruzione e Formazione della Regione Puglia; Francesca Cisternino, Sezione Formazione Professionale Regione Puglia - Responsabile di Sub Azione 10.1.A-10.5.A; Angelo
Silvestri, responsabile Puglia e Basilicata di ANPAL Servizi; Enrico del Gaudio, presidente dell'Associazione di Promozione Sociale Mondo Nuovo. Alcuni alunni del CPIA infine hanno raccontato le proprie storie per raggiungere l’Italia. Ecco la mia:
Mi chiamo Maran Kemo, ho quasi 18 anni e vengo da Conakry, in Guinea, un paese dell’Africa Occidentale. Ho lasciato il mio paese nel 2020. Sono stato prima in Algeria per cinque mesi e poi in Libia per sette mesi. Nel Novembre del 2021, in una piccola barca con altre 25 persone, sono arrivato in Italia, precisamente in Sicilia dove sono rimasto per 15 giorni. Successivamente sono stato trasferito a Campobasso e qui mi sono
Importante convegno, su iniziativa del CPIA1 Foggia, riguardante l’accoglienza e l’inclusione
fermato per 4 mesi prima di arrivare a Lucera nella comunità “Mondo nuovo”.
Ho deciso di andare via dal mio paese, lasciando la mia famiglia, rinunciando ai miei amici perché in Guinea non c’è rispetto per i diritti umani. Ci sono poche scuole, c’è povertà, corruzione e disoccupazione, anche se è un paese ricco grazie all’estrazione di bauxite. Ho affrontato un viaggio rischioso sapendo che avrei potuto perdere la vita così come succede spesso a chi come me decide di migrare. Questo perché non c’è un futuro dignitoso e anche per avere nuove e migliori opportunità di vita.
Adesso, qui in Italia, mi sento al sicuro. Ho frequentato il corso di Italiano presso il CPIA1 Foggia conseguendo a fine gennaio la certificazione linguistica di livello A2 e attualmente frequento a San Severo il corso per la licenza media. La mattina a Pietramontecorvino presso l’IRFIP partecipo al corso per operatore della ristorazione.


Ho partecipato a due progetti di Informatica e con grande soddisfazione ho imparato a usare il computer.


Come studiare diversamente: una giornata alla biblioteca comunale “Michele
Con la nostra classe del CPIA1 Foggia, nel Punto di erogazione di San Giovanni Rotondo, grazie ai nostri docenti, abbiamo trascorso una giornata di studio particolare, perché si può imparare e approfondire sia fra i banchi di scuola, dove noi ci sentiamo protetti e sicuri, ma anche spostandosi fuori dalle aule della nostra scuola, in altri ambienti, conoscendo e avendo il coraggio di farsi una cultura altrove. La biblioteca è, come è noto, un luogo d'eccellenza per imparare e raccogliere notizie, grazie ai libri ricchi di nuove informazioni, dati che riguardano temi, argomenti, luoghi ed epoche significativi.


Noi, Luana ed Irina, insieme ai nostri docenti ed altri alunni di altre classi, di nazionalità e religioni diverse, appena entrati in biblioteca, abbiamo provato un'emozione incredibile, perché eravamo circondati dal profumo di tutti quei libri pieni di storia, racconti e vita. Tutti insieme, ridendo e scherzando, abbiamo compilato il modulo per la tessera d'iscrizione per quel posto che consideriamo crocevia di tutti i sogni dell’uomo, poiché ci dà la possibilità di andare in qualsiasi momento a prendere dei libri in prestito al fine di arricchire il nostro
bagaglio culturale. Eravamo tutti entusiasti per questo. Ognuno di noi ha preso un libro di proprio interesse, e abbiamo iniziato a leggere. Dopo la lettura abbiamo incominciato a cantare, sorridere e scherzare scattando anche tante foto. Volevamo condividere quel momento anche con la Dirigente del nostro CPIA1 Foggia attraverso una videochiamata, e dopo un veloce saluto le abbiamo augurato delle buone feste natalizie. La Biblioteca è davvero un punto di riferimento importantissimo, perché nel suo interno è racchiusa tutta la storia, bella e brutta, la vita di tanti, gli avvenimenti mondiali,
culture diverse e personaggi famosi che hanno lasciato qualcosa come insegnamento. Grazie ai libri, noi come tanti altri, abbiamo la possibilità di allargare i nostri orizzonti e d'imparare tante cose nuove. Per noi è stata davvero una bellissima esperienza e una giornata divertente oltre che indimenticabile, trascorsa in modo alternativo con altri corsisti di altre nazionalità che ci insegnano valori come la fratellanza, la cooperazione e l'inclusione.











Ringraziamo i nostri docenti e il CPIA1 Foggia per questa bellissima opportunità.

Lecce”
di San Giovanni Rotondo
Conoscere, frequentare e scoprire i luoghi della cultura del proprio territorio è un dovere della scuola. Le classi Alfa A e C, guidate dalle docenti Caterina Iorio e Simona Severo, hanno potuto costruire un percorso didattico fondamentale in questo senso, mirato alla promozione della lettura e alla conoscenza del territorio a partire dalla Biblioteca provinciale “La Magna Capitana” di Foggia. Dapprima è stata svolta una visita guidata nei locali della biblioteca, in cui i ragazzi hanno potuto “toccare con mano” un luogo a loro sconosciuto, hanno potuto comprendere l’enorme potenzialità che una struttura di cultura come la biblioteca può svolgere sia per quanto riguarda la promozione della lettura che per la socializzazione all’interno degli spazi polifunzionali, di relazione e di aggregazione presenti.


In secondo luogo, è stato organizzato un incontro presso l’aula magna del CPIA1 Foggia dal titolo: Parliamo di libri…il CPIA1 di Foggia incontra la Biblioteca Provinciale “La Magna Capitana”, volto a consolidare questo scambio di intese tra la scuola e la biblioteca. Nello specifico, l’incontro del 20 dicembre 2022 ha visto la partecipazione della Direttrice del Polo Biblio-Museale di Foggia, Gabriella Berardi, che con il suo entusiasmo ha parlato di sinergie tra la scuola e la biblioteca e della possibilità di poter usufruire del servizio di prestito dei libri da parte degli studenti e dei docenti. Inoltre, ha mostrato un importante strumento: l’app della biblioteca, che consente di poter accedere gratuitamente alla sezione “Edicola digitale” per poter consultare oltre 7.000 riviste e quotidiani anche in lingua straniera.

Successivamente è intervenuta la responsabile della “Biblioteca dei Ragazzi”, Milena Tancredi, che ha parlato dell’importanza della lettura ad alta voce per incentivare e migliorare l'apprendimento, soprattutto in un contesto come quello del CPIA, dove gli apprendenti sono di lingua straniera. Ha mostrato e letto diversi libri “pop up” e con “effetti speciali” che hanno coinvolto la platea anche in maniera divertente.

Infine, Gemma Pacella della Matilda Editrice, ha presentato il libro “Strocca che fila, fila che strocca”, una filastrocca molto spassosa, ma allo stesso tempo efficace, che veicola messaggi con parole semplici e intende avvicinare alla lettura ed educare alla memoria e al ritmo, particolarmente indicato per gli studenti del CPIA che si approcciano a leggere in lingua italiana.
Nel pieno spirito del Natale sono tati
donati libri ed alcuni gadget della biblioteca agli studenti presenti in sala e altri libri sono stati donati alla biblioteca scolastica dl CPIA1 Foggia, per la consultazione di tutti coloro che faranno richiesta di prestito.
Non poteva mancare un gesto di scambio da parte delle classi Alfa A e C del CPIA1 Foggia, gli studenti hanno infatti realizzato e donato alle relatrici dei segnalibri ed una ghirlanda in legno con il seguente messaggio: “Leggere è... amare, crescere, vivere…”, oggi esposta nella biblioteca provinciale. I verbi presenti sulla ghirlanda sono stati scritti all’infinito in tutte le lingue degli studenti: uomini e donne, ragazzi e ragazze della Nigeria, del Pakistan, della Polonia, del Gambia, dell'Ucraina, ognuno con una storia diversa ma con la comune volontà di guardare al proprio futuro in Italia.
di SIMONA SEVERO
Il CPIA1 Foggia incontra la Biblioteca “La Magna Capitana” in un proficuo scambio di intese
Nell’ambito della 7^ edizione della rassegna CoEduca (giornate di incontro e riflessione sul quotidiano educativo) e con la collaborazione delle edizioni del Rosone, il CPIA1 Foggia ha ospitato la presentazione di “Al di là delle sbarre”, interessante libro di Luigi Talienti, dirigente scolastico dell’Istituto Alberghiero “M. Lecce” di Manfredonia.














Ospiti dell’incontro Riziero Zucchi dell’Università degli studi di Torino e Dimitris Argiropoulos, dell’Università degli studi di Parma. A fare gli onori di casa la Dirigente del CPIA1 Foggia, Antonia Cavallone.
Nel suo discorso introduttivo la dirigente ha spiegato che il CPIA1 Foggia eroga istruzione a ben tre case circondariali, nei percorsi di primo livello, per il primo e secondo periodo didattico. “Entrare in carcere, sentire le chiavi che chiudono la porta alle spalle non è certo una cosa piacevole. Ringraziamo Luigi Talienti, che ha lavorato a lungo nella nostra scuola, per aver dato voce a chi ha bisogno di comunicare”.
di MARCELLO CASALINOLa rappresentante delle edizioni del Rosone, chiamata in causa, ha sottolineato come Luigi Talienti ci mette sotto gli occhi il mondo delle carceri, facendolo sentire meno distante.
Ha poi preso la parola Riziero Zucchi, il quale ha posto l’accento sulla cultura dell’accoglienza e della presenza. “Il mondo non si conosce se non si è conosciuto l’ospedale o il carcere, ambienti costituiti da persone normali. Quando si riconosce alle persone l’etica della riconoscenza, si riconosce l’importanza di questo lavoro. Quello che fa Talienti è distribuire la storia di tutti i paesi che lui ha trovato nel carcere”.
Il professor Argiropoulos, l’altro illustre ospite, ha sottolineato l’importanza della “pedagogia della resistenza”, ricordando che Aldo Moro aveva provato per primo la crudeltà del carcere.
Dopo gli interventi degli accademici, è stata la volta di Luigi Talienti, il quale ha ricordato ai presenti l’importanza dei suoi anni al CPIA. “Questa scuola rappresenta una finestra sul mondo; la dirigente Cavallone ha dato l’anima sin
dall’inizio, perché questa scuola era posta al margine”.
Parlando del suo libro ha affermato che “non sono uno scrittore. Questo libro, infatti, non è un’opera letteraria, ma la testimonianza di come l’attività ha arricchito l’uomo: ho avuto modo di conoscere me stesso”.
Per questo Luigi Talienti si dice fermamente convinto che la pena debba essere riabilitativa: “Lo scopo primario per me, nel pubblicare questo lavoro, è stato appunto quello di mandare un messaggio”.
Nella prefazione del libro “Dentro” di Sandro Bonvissuto, un lavoro altrettanto fondamentale sul tema, c’è scritto infatti che “Il carcere è un muro, e il muro è il più spaventoso strumento di violenza esistente”.

Dopo le domande di rito, postegli da alcuni alunni dell’alfabetizzazione del punto di erogazione di Foggia, l’incontro si è chiuso con i saluti finali della dirigente Cavallone.

Cronaca della presentazione, nell’ambito della rassegna CoEduca, di un libro scritto dal dirigente scolastico Luigi Talienti



La poesia di Paola Di Toro è stato il viatico attraverso il quale il tema della violenza contro le donne è stato analizzato in tutte le sue sfaccettature
Ogni anno, il 25 novembre, si celebra la giornata internazionale della donna, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica. Questa giornata è stata proclamata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999, per ricordare l’assassinio delle tre sorelle Mirabel, attiviste politiche per i diritti umani, nel 1960 nella Repubblica Dominicana. La violenza contro le donne è una forma di discriminazione nonché un ostacolo al raggiungimento dell’uguaglianza di genere. E per discuterne, il 29 novembre, presso la sede del punto di erogazione di Manfredonia, si è tenuta una conferenza sul tema, coordinata da Marcello Casalino, docente responsabile della rivista scolastica.













All’evento hanno partecipato la poetessa Paola Di Toro, la giornalista Mariantonietta Di Sabato e l’avvocatessa Daniela Gentile, responsabile del CAV (Centro Antiviolenza di Manfredonia). L’incontro si è aperto con la lettura, da parte di cinque studenti, del passo di Lawrence Ferlinghetti dal titolo “What is poetry?”.

Il moderatore ha poi presentato il primo ospite, Paola Di Toro, poetessa e scrittrice molisana, che ha da poco pubblicato una raccolta intitolata “Stato Liquido”. La giornalista Di Sabato ha conversato con lei, invitandola innanzitutto a raccontare di come è nata questa passione e qual è il processo di creazione di una poesia. Il titolo, “Stato Liquido”, ha un suono accattivante, evoca qualcosa che scivo-
la, e la sua poesia ha questa sostanza fluente. La forma è distesa e scorrevole, ma densa di contenuti. Paola Di Toro è anche un esempio di come l’arte possa essere utilizzata per incoraggiare le donne a lottare contro la violenza. La scrittrice di Campobasso esorta infatti le donne a trovare la forza per parlare e non tacere di fronte alla violenza, e invita ad unirsi per combattere il problema. La Di Sabato ha ricordato, tra l’altro, che in passato alle donne non era concesso di scrivere dei libri e, per farlo, ricorrevano a degli pseudonimi: in Inghilterra ci fu Mary Anne Evans (col falso nome di George Eliot) e in Francia Amandine Dupin (che si firmava George Sand), giusto per citarne due. Il conduttore, prof. Casalino, ha ricordato le parole di
Graziella Mistrulli, prefatrice de “Una stanza tutta per sé” di Virginia Woolf, la quale affermava che “le donne erano viste come le vittime culturali dell’incontenibile desiderio di superiorità e predominio che contraddistingue l’altro sesso, della sua sete di potere che ha fatto di esse delle escluse”.
È stata poi la volta dell’avvocatessa Daniela Gentile, la quale ha chiarito che la violenza può assumere molte forme, tra cui abusi domestici, stupro, molestie sessuali, matrimoni forzati e mutilazioni genitali femminili e ha fatto leva sulla forza di volontà di ogni donna ad essere libera.
di ALHOUSSAINE ALHASSANE CAMARA
1PD RODI GARGANICO
Agricoltura 4.0 ...la Terra chiama

Quando si parla di piante pensiamo subito agli alberi più belli e caratteristici: ai pini, tipico ornamento dei paesi mediterranei, agli abeti di montagna, ai cipressi, che accompagnano vecchi castelli e si allineano in lunghi viali. Ma sono piante anche le erbe dei prati che le pecore brucano con avidità e quelle che vivono fra le crepe dei muri e delle vecchie pietre.
Le piante non si muovono, almeno apparentemente; non reagiscono e non si lamentano se strappiamo un ramo o dei fiori; ma anch’esse, come gli animali, sono esseri viventi che nascono, crescono, si riproducono e infine muoiono. In genere hanno fiori più o meno vistosi e poi frutti o semi. Questi ultimi sono capaci di dare una nuova pianta e infatti, se mettiamo in terra umida un fagiolo o un pisello, vedremo ben presto nascere una nuova piantina.

Da questo spunto è partita l’idea dell’orto a scuola per il PON Generazione Green del p.e. Rodi Garganico che ci ha visto impegnati nella coltivazione di piante e nella creazione di un Erbecedario informativo.
Jean Piaget sosteneva che un ambiente di apprendimento fertile e multisensoriale, con le forme e le superficie, i colori, gli odori, i gusti e i suoni del mondo reale, è fondamentale per il pieno sviluppo cognitivo ed emotivo.
Coltivare è un gesto antico e coltivare un orto a scuola è coltivare prima di tutto dei saperi che hanno a che fare con i
gesti, con un apprendimento esperienziale che non sempre si ha modo di sperimentare.
Coltivare a scuola permette di imparare “facendo”, di sviluppare la manualità, di sviluppare il concetto di “prendersi cura di”, di imparare ad aspettare, di cogliere il concetto di diversità. Noi alunni, attraverso le attività di semina, cura, raccolta, abbiamo imparato i principi dell’educazione ambientale conoscendo maggiormente il territorio, il funzionamento della comunità scolastica, l’importanza del rispetto dei beni comuni e dei saperi altrui. Coltivare l’orto a scuola è stata un’attività interdisciplinare, un’occasione di crescita in cui si è superata la divisione tra insegnante e allievo, imparando a condividere gesti, scelte, nozioni e metodo.
Condividere l’esperienza del fare comporta, sul piano sociale ed emotivoaffettivo, l’intenzione di educare al rispetto e al prendersi cura degli esseri viventi integrando le proprie potenzialità e abilità. Questo approccio ha reso la scuola un luogo accogliente.
Friederich Froebel (1826) sosteneva che la tecnica del giardinaggio unisse l’io alla natura, sviluppando il senso sociale e attivando l’osservazione permettendo una maggiore comprensione del rapporto causa-effetto (lavoro-raccolgo).

























Oggigiorno la scuola ha il dovere di promuovere un tipo di scuola che esca dalle mura scolastiche e di avvicinare l’apprendente al mondo naturale attraverso tematiche come la biodiversità, la stagio-
nalità, i metodi di coltivazione biologici, il rispetto della natura e di tutte le creature viventi.
Il PON Generazione Green del p.e. Rodi Garganico si ricollega al curricolo di Ed. Civica in merito allo “Sviluppo sostenibile, educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e del territorio”. Nel laboratorio sperimentale di coltivazione le attività proposte hanno favorito un approccio didattico basato sull’esplorazione, l’indagine, la sperimentazione e la scoperta. Noi alunni ci siamo rapportati ai ritmi della natura coltivando fagioli, ceci, lenticchie, fragoline, lavanda, alloro, prezzemolo e salvia.
La pedagogia del fare e della riuscita ha messo in atto un apprendimento espe-

rienziale che i giovani non sempre hanno modo di sperimentare. Curando l’orto si è maggiormente compreso la vita perché l’orto vive e come tale diviene. Avere cura di un orto, quindi, è un modo di amare e curare la vita poiché badare alle piante e alla loro crescita significa nutrirle, annaffiarle, proteggerle, sostenerle e ascoltarle.
Garantire il nutrimento agli esseri umani nonostante l’impatto dei cambiamenti climatici e l’aumento della popolazione sulla terra, rispettando l’acqua, la terra e la biodiversità. Sono questi gli obiettivi dell’agricoltura sostenibile, che può trarre grandi vantaggi dalle tecnologie emergenti nella cosiddetta Agricoltura 4.0. Al centro del concetto di agricoltura sostenibile c’è l’obiettivo di soddisfare il fabbisogno dell’umanità, che si tratti di cibo o
di tessuti, senza che questa attività sia destinata a penalizzare le esigenze delle generazioni future. A dare la definizione è l’Agricultural Sustainability Institute. Per andare più in profondità, la FAO, che ha stilato la lista dei cinque principi a cui deve ispirarsi l’agricoltura sostenibile, ha pubblicato nel 2018 un paper che si pone l’obiettivo di indicare le 20 azioni necessarie, nel campo dell’agricoltura,
per centrare i 17 obiettivi di sviluppo, i cosiddetti “Sustainable Development Goals (SDGs)” adottando un approccio integrato al tema. Tutto questo e altro ancora ci è stato trasmesso da un semplice PON che ha integrato le nostre vite con la natura, allontanandoci, seppur per poco tempo, dal mondo reale fatto di social e “irrealtà”.


Una crescita consapevole e rispettosa della natura è un diritto di tutti, un diritto che bisogna garantire anche alle generazioni future, infatti attraverso la realizzazione e la cura di un orto possiamo educare i nostri ragazzi al rispetto dell’ambiente e incidere positivamente sul mondo che ci circonda.
L’orto permette di avvicinarci ai temi della biodiversità, della stagionalità, della
ciclicità degli esseri viventi, della cura del suolo, degli sprechi, argomenti trattati non sono in classe, ma che in questo modo vengono toccati con mano.

Realizzare un orto scolastico è sicuramente un’opportunità formativa efficace e coinvolgente, un vero e proprio stimolo per l’apprendimento attivo e la creazione un “gruppo di lavoro” che favorisce integrazione e condivisione, ma anche coinvolgimento dei ragazzi con le diverse
materie affrontate in classe: scienze, matematica, tecnologia, educazione civica, geografia; passando così dalla teoria alla pratica.
Attraverso le attività di semina, cura, raccolta e compostaggio, i ragazzi non solo apprendono i principi dell’educazione ambientale ed alimentare, ma imparano a leggere in chiave ecologica le relazioni che li legano agli altri e a prendersi cura del proprio territorio.


di ANGELICA PELLEGRINO, GIOVANNI GUARINO e DANIELA REDDAVIDE
La creazione di un orto botanico ha permesso ai corsisti di Bovino di prendere consapevolezza del rispetto per l’ambiente
L’orto è stato da subito pensato, almeno in una prima fase, come un insieme di piccole coltivazioni didattiche da effettuare in vaso all’interno degli spazi del CPIA.
L’attività è partita prima con un brainstorming nella classe del Primo Periodo Didattico sulla possibilità di coltivare in casa piante aromatiche, verdure e fiori. È stata compilata una lista con i materiali occorrenti; i ragazzi individualmente ed in gruppo hanno effettuato ricerche su internet, con smartphone e pc; sono stati annotati i prezzi, le caratteristiche, le dimensioni, i diversi materiali dell’attrezzatura da giardinaggio: vasi, sementi, terriccio, argilla, espositori, innaffiatoi, scaffali; poi i ragazzi hanno stilato una tabella con i relativi prezzi per individuare la spesa totale da sostenere per la realizzazione dell’orto.

Successivamente è stata fatta una riflessione sui materiali più adatti alla creazione ed alla gestione del nostro orto didattico.
In questa fase abbiamo riflettuto molto anche sulle possibilità dell’utilizzo di materiali di recupero e riciclo, oltre che dell’importanza dell’orto e dell’agricoltura in una economia circolare. Sono quindi nate varie idee su come sostituire oggetti appositamente prodotti e disegnati per la realizzazione di un orto in casa o in generale per l’agricoltura, con oggetti di riuso e materiali riciclati.
Sono stati realizzati documenti condivisi su “Google classroom” per un efficace lavoro di gruppo.
La progettazione del nostro orto è a questo punto diventata dettagliata e a noi tutti è venuta voglia di iniziare a realizza-
re qualcosa!
Sono iniziati quindi test ed esperimenti, seguendo anche alcuni interessanti spunti della guida Acra agli orti didattici. Sperimentazioni tattili, sui profumi, analisi dei terreni con semplicissime prove pratiche, fino ad arrivare ai primi esperimenti di semina. Queste le attività in cui sono stati coinvolti non solo gli alunni del Primo Periodo Didattico che avevano partecipato a tutta l’attività di progettazione, ma anche gli alunni dei corsi di Alfabetizzazione, sotto la guida dei docenti di Scienze e Tecnologia, Pellegrino e Guarino, e con la prof.ssa Reddavide. Molti studenti hanno anche potuto raccontare le proprie esperienze con la coltivazione tipica del loro paese d'origine e condividere con tutti il loro bagaglio di conoscenze su un tema particolarmente coinvolgente e dove molti avevano avuto piccole o grandi esperienze. Per il momento i primi semi sono stati piantati. La prima fase dell’orto non è ancora conclusa, il nostro orto didattico è un cantiere aperto, in continua evoluzione in accordo con i cicli della natura. A livello didattico l’orto si è rivelato uno strumento utile al raggiungimento di diversi obiettivi, conoscenze e competenze di base, in grado di veicolare insegnamenti relativi a diverse discipline come ad esempio: scienze, scoprendo la cellula e i microorganismi, la vita vegetale e animale, il ciclo dell’acqua, le caratteristiche del suolo; l’ educazione alimentare, sperimentando su se stessi i benefici di frutta e verdura di qualità coltivati con metodi sostenibili, tecnologia, interrogandosi sui materiali occorrenti per costruire e mantenere un orto, ma
anche geografia, presentando i prodotti e facendo riflettere sulla loro storia e provenienza; storia, riscoprendo gli ingredienti tradizionali e la loro evoluzione oppure la trasformazione delle tecniche di coltivazione nel corso del tempo. Le attività svolte insieme sono importanti a livello educativo perché consentono di sperimentare e quindi poi poter comprendere il concetto di processo, nonché abilità di progettazione in generale, matematica, tecnologia con misurazioni ed altro
All’interno di un orto didattico il lavoro di progettazione e mantenimento insiste su quattro concetti importanti che sono alla base dell’educazione alla sostenibilità:
• riduzione (si lavora sui cosiddetti “bisogni di utilità e quelli di grande futilità”, riflettendo sui propri bisogni essenziali);
• riuso (dare nuova vita ai materiali e riutilizzarli all’interno dell’orto per creare contenitori, etichette, vasi, cestini, innaffiatoi);
• raccolta differenziata (conoscere l’origine dei prodotti e la loro destinazione, saper scegliere quelli che sono riciclabili per diminuire l’impatto sull’ambiente);
• riciclo (imparare non solo che il riciclo è un’attività industriale attraverso cui i materiali recuperati dalla raccolta differenziata vengono trasformati in nuova materia, ma anche che alcune attività di riciclo come quello della carta possono essere fatti in casa).
Oltre a veicolare contenuti didattici, un’attività organizzata come quella di creare e mantenere un orto, soprattutto

se svolta in una dinamica di gruppo, è in grado di produrre benefici anche in differenti ambiti della crescita tra cui quello psicomotorio, evolutivo, emotivo e relazionale.
In ambito emotivo, questi progetti che coinvolgono attivamente ragazzi e adulti in attività di semina e accudimento di fiori e piante, favoriscono la diminuzione di situazioni di apatia, aumentano la fiducia in sé stessi e stimolano emozioni positive come stupore e curiosità. Inoltre il lavoro di gruppo in cui ognuno è portato a dare il proprio contributo, aiuta ad
assumere atteggiamenti responsabili e di equo scambio con i compagni. I ragazzi del CPIA hanno risposto positivamente a questo tipo di attività, mostrando interesse e spirito di squadra, senza dimenticare la voglia di fare e la curiosità; infatti a fine attività i commenti sono stati piacevoli e numerosi: “Mi piace l’agricoltura. Lo facevo quando ero in Egitto. Nella mia Terra l’agricoltura è l’attività più importante e a me piace molto. Sono davvero molto felice di aver avuto l’opportunità di coltivare qualcosa con i miei compagni”, dice il


corsista Hassan.
Mentre El Badri afferma: “Oggi abbiamo svolto molte attività proprio come fa la nostra gente che pianta e coltiva con tanti sacrifici; noi abbiamo seminato i semini in bottiglie di plastica che poi abbiamo posizionato di fronte alla finestra per abbellire le nostra aula e garantirci una vista mozzafiato; oggi ci siamo divertiti con gli insegnanti ed è stato un bel giorno, abbiamo fatto delle foto con loro e spero tanto che questo giorno si ripeta”

L’Agenda per lo Sviluppo 2030 delle Nazioni Unite enfatizza quanto le problematiche della sostenibilità ambientale, sociale ed economica necessitino di una trasformazione degli stili di consumo e di produzione a livello globale per poter ristabilire un equilibrio negli ecosistemi terrestri. L’obiettivo 4.7 dell’Agenda afferma in particolare la necessità di assicurarsi entro il 2030 “che tutti gli studenti acquisiscano le conoscenze e le competenze necessarie per promuovere lo sviluppo sostenibile attraverso, tra l’altro, l’educazione per lo sviluppo sostenibile e stili di vita sostenibili, i diritti umani, l’uguaglianza di genere, la promozione di una cultura di pace e di non violenza, la cittadinanza globale e la valorizzazione della diversità culturale e del contributo della cultura allo sviluppo sostenibile”.
“L’obiettivo finale dell’attività agricola non è la crescita dei raccolti, ma la coltivazione e il miglioramento degli esseri umani” Masanobu Fukuoka, ispiratore dell’agricoltura sinergica.
Recently 97 Afghans, who were in difficulty, helped by the assistance of Caritas Italy institution through the humanitarian corridor opened by Italian government, had a warm welcome by the kind and host Italian people at the Rome airport. Then, after some administrative procedures, they were transferred to different parts of Italy for their resettlement.






















Five families, including the writer’s, have moved to Manfredonia and resettled in a nice furnished apartment. Manfredonia is a town in Puglia, in the province of Foggia and situated on the coast, at the foot of Gargano promontory.
We have started our new life here, thanks to the cooperation of Caritas team, especially to Mr. Don Luciano, Miss Angela and their colleagues that have taken care of us and have introduced us to the hospital for a medical check up and treatment; they also have suggested us to go to school to learn Italian language.
Today, March 2023, I am very glad to start my first day of learning Italian language, under the instruction of a qualified and also kind teacher, Mrs. Vittoria
Troiano. The atmosphere is extremely warm and friendly. There are students from different countries like Morocco, Syria, etc… which have different cultures and different languages. Our classroom is well equipped with digital devices in an international standard. We have met each other: humanity has no boundaries, peace is the desire of every human being.

School is the cradle of learning and knowledge. School is a mother’s embrace: mother teaches her child to eat, drink, walk and talk; teachers teach science, ethics, art and culture. Without knowledge and competence, a society never achieves economical, social and political development.
Unfortunately, in our country (Afghanistan), “the doors of education” are closed today for the young generation, especially for girls. Women, who are half of Afghan society, are deprived of their basic rights; they are not allowed to be free, to go to school or work. They are locked down into their houses like prisoners.
A continuous internal war of almost 40 years in Afghanistan had destroyed Af-

ghans’life: they had lost everything; they had to endure any difficulties, such as economic and social problems. They had suffered poverty and starvation. But, anyway, they could sent their children to school.
All this till the Taliban came into power. Now, they have closed the gates of schools, people are no longer able to send girls to school. But the Afghans do not want their girls remain uneducated: for this reason they have taken now the path of migration so that the future of their children would not be in danger. That is why we are here in Italy. We are happy that in Italy the educational environment for our boys and girls is favourable and today we are all present in this classroom to learn the Italian language. We pray together that all the people in the world may live in peace, solidarity, tranquillity and freedom.
The assistance of “Caritas Italy institution” has been fundamental for 97 Afghan citizens
Recentemente 97 afgani che si trovavano in una situazione difficile, raggiunti in Italia dall'assistenza umanitaria dell'istituzione Caritas Italia attraverso il corridoio umanitario aperto dal governo italiano, hanno ricevuto una calorosa accoglienza da parte della gentile e ospitale popolazione italiana all’aeroporto di Roma. Poi, dopo alcune procedure amministrative, si sono trasferiti in diverse parti d'Italia per il loro reinsediamento.
Cinque famiglie, tra cui quella di chi scrive, si sono spostate a Manfredonia sistemate in un bell'appartamento arredato. Manfredonia è un comune della Puglia, in provincia di Foggia e situata sulla costa, ai piedi del promontorio del Gargano.
Abbiamo iniziato la nostra nuova vita qui, grazie alla collaborazione del team Caritas, in particolare dell signor Don Luciano, della signorina Angela e dei loro colleghi che si sono presi cura di noi e ci hanno presentato all'ospedale per controlli e cure mediche; ci hanno anche suggerito di andare a scuola per imparare la lingua italiana. Oggi, marzo 2023,
sono molto lieto di iniziare il mio primo giorno di apprendimento della lingua italiana sotto la guida di un'insegnante qualificata e gentile, la signora Vittoria Troiano. L’atmosfera a scuola è estremamente calda ed amichevole. Ci sono studenti provenienti da diversi paesi come Marocco, Siria…. I quali hanno culture e lingue diverse.





















La nostra classe è ben attrezzata, con dispositivi digitali secondo gli standard internazionali. Ci siamo conosciuti tutti: l'umanità non ha confini, la pace è l'ideale di ogni essere umano. La scuola è la culla dell'apprendimento della scienza e della conoscenza; la scuola è l'abbraccio di una madre, la madre insegna al figlio a mangiare, bere, camminare e parlare; i professori insegnano la scienza, l’etica, l’arte e la cultura. Senza la conoscenza e la competenza una società non raggiunge lo sviluppo economico, sociale e politico. Sfortunatamente nel nostro Paese (Afghanistan) “le porte dell'istruzione” sono chiuse per le giovani generazioni, soprattutto per le ragazze. Le donne, che costituiscono la metà della società afghana, sono private dei loro diritti fondamentali, non possono essere libere,


andare a scuola o lavorare. Sono rinchiuse nelle loro case come prigioniere. Quasi 40 anni di conflitto interno in Afghanistan hanno distrutto la vita degli afgani: essi hanno perso tutto ma hanno sopportato difficoltà e problemi economici e sociali e hanno sopportato la povertà e la fame, ma, ad ogni modo, hanno mandato i loro figli a scuola. Tutto questo da quando i talebani sono arrivati e hanno preso il potere. Hanno chiuso i cancelli delle scuole. Le persone non possono più mandare le ragazze a scuola, ma non vogliono che le loro figlie rimangano senza istruzione: per questo hanno intrapreso la strada della migrazione affinché il futuro dei bambini non fosse in pericolo.
Ecco perché siamo ora qui in Italia. Siamo felici che in Italia l'ambiente educativo per i nostri ragazzi e ragazze sia favorevole e oggi siamo tutti presenti in questa classe per imparare la lingua italiana.
Preghiamo insieme affinché tutte le persone nel mondo possano vivere in pace, solidarietà, tranquillità e libertà.
L’assistenza della Caritas italiana è stata fondamentale per 97 cittadini afgani
Nel giorno del ricordo della Shoah di quest’anno, il punto di erogazione di Manfredonia, non nuovo ad iniziative particolarissime su questo tema, ha organizzato un incontro con esperti e studenti.



Il caporedattore della rivista scolastica, Marcello Casalino, assieme ai colleghi di plesso, ha invitato due scrittori per relazionare su questo triste momento storico. La dirigente scolastica del CPIA1
Foggia Antonia Cavallone, dopo aver salutato il pubblico presente ed i due ospiti, Daniele Marasco, sceneggiatore e scrittore, e Carlo Trotta, docente di storia e filosofia presso l’Istituto “FermiRotundi”, ha aperto la serata con una toccante introduzione.
Il professor Casalino ha poi invitato due studenti a recitare i versi tratti dal “Libro delle Interrogazioni” dello scrittore ebreo Edmond Jabès: “Io ti ho dato il mio nome, Sarah, una via senza uscita” (Diario di Yukel), a cui ha fatto seguito “Io grido, io grido, Yukel. Noi siamo l’innocenza del grido!” (Diario di Sarah): Queste frasi sono testimoni del grido di dolore dell’u-
manità.



























Daniele Marasco, dopo aver raccontato dei suoi inizi di scrittore, ha poi relazionato circa i suoi racconti che hanno ottenuto diversi riconoscimenti, “48 Anni” e “Il Sarto Italiano”. Gli studenti presenti hanno quindi posto diverse domande relative ad entrambi i racconti, a cui lo scrittore ha risposto in modo esaustivo. Daniele Marasco ha aggiunto che lo scopo dello scrittore, nel caso di questa tematica, è quello di ammonire le generazioni future affinché azioni del genere non si ripetano.
Dopo questa prima fase, due studentesse hanno introdotto la discussione del libro del secondo ospite, “Primavera a Varsavia”, attraverso le parole tratte sempre dal “Libro delle interrogazioni” di Jabès: “E’ un ebreo, disse Reb Talba. Sta appoggiato al muro e guarda le nuvole passare”. “L’ebreo non sa che farsene delle nuvole, rispose Reb Jalé. Egli conta i passi che lo separano dalla sua vita”.
Carlo Trotta, presa la parola, ha illustrato ai presenti il suo romanzo ambientato nel ghetto della capitale polacca durante l’occupazione nazista. La trama è quella di un giovane
ebreo che, con la sua famiglia, è stato costretto a vivere in uno spazio di quattro chilometri, ma che ha scelto di far parte della “ghetto polizei” per trarne dei benefici. Lo scrittore ha poi commentato l’ascesa al potere di Hitler e dei suoi adepti nella Seconda Guerra Mondiale, dei presupposti della sua origine e dell’esito, dello sterminio degli ebrei e anche delle conseguenze subite da alcuni responsabili criminali. A tal proposito, a precisa domanda di una corsista, l’esperto storico ha fornito una spiegazione sul “caso Eichman”.
Carlo Trotta ha innanzitutto sottolineato l’errore clamoroso dell’ideologia nazista, ossia quello della “soluzione finale”, l’eliminazione degli ebrei come dei “non esseri umani”. Ha poi risposto alle tante domande degli studenti presenti, una delle quali interessava da vicino una di noi corsiste, essendo cittadina malgascia: “Ha un fondamento l’idea iniziale di trasferire gli ebrei nell’isola del Madagascar?”. La risposta del docente ha confermato questo, affermando però che la decisione fu presto scartata dai nazisti dopo che essi avevano appurato che nell’isola vivevano già diecimila persone, oltre al problema di un clima sfavorevole e alle scarse infrastrutture presenti. Dopo che l’esperto di storia ha soddisfatto la curiosità dei tanti intervenuti alla conferenza, il conduttore ha salutato e ringraziato gli ospiti, augurandosi che essi in futuro possano intervenire nuovamente, onorando il CPIA con la loro presenza.
La Giornata della Memoria ha visto il p.e. di Manfredonia organizzare una interessante conferenza con esperti dell’argomentodi CORSISTI 2PD STORNARELLA
In occasione della Giornata della Memoria (27 Gennaio 2023) i docenti hanno introdotto l’argomento agli alunni del Primo Periodo e del Secondo Periodo Didattico attraverso la visione di testimonianze video e filmati, a cui hanno fatto seguito momenti di riflessione e un dibattito in classe. Dopo una parte teorica, scandita da testimonianze e spiegazioni, c’è stata anche una parte laboratoriale, che ha coinvolto le diverse discipline. Gli alunni hanno realizzato “Il treno della memoria”. All’ interno del treno, accuratamente progettato, ognuno di loro ha scritto un pensiero personale che riflette le emozioni e il risultato di quello che hanno visto e studiato. Gli studenti si sono impegnati molto durante la realizzazione del lavoro e hanno mostrato interesse e sensibilità all’ argomento. Alcuni di loro hanno terminato il laboratorio con la scrittura di una pagina di diario che così recita: “Caro Diario, oggi è un giorno particolare, si celebra il “Giorno della Memoria”, per non dimenticare le vittime dell’Olocausto. In Italia il “Giorno della Memoria” è stato istituito ufficialmente con la Legge del 20 luglio 2000. Questa legge sancisce l’importanza di affrontare questo tema nelle scuole, di ogni ordine e grado. Un tema tanto delicato, ma che non può essere dimenticato e proprio per non essere dimenticato noi corsisti abbiamo il dovere di documentarci e riflettere attraverso le testimonianze di chi ha vissuto quel terribile incubo, per non essere indifferenti.



Proprio per questo motivo, nella settimana che ha preceduto questo giorno così importante, siamo stati partecipi di un percorso che ci ha visti impegnati in un’attività laboratoriale. Così, a più mani, abbiamo realizzato un pieghevole che riproduce “Il treno della Memoria”. Sì, caro diario, stiamo proprio parlando di quell’orribile treno che dal binario 21 della stazione centrale di Milano portava ebrei, partigiani e dissidenti politici ad Auschwitz e ad altri campi di concentramento. Noi corsisti, in questo treno, abbiamo dato senso al futuro attraverso la memoria. Il viaggio è consistito nello scrivere in ogni vettura dei pensieri e delle emozioni per non dimenticare quel terribile momento della storia dell’umanità, quando tutti i diritti umani vennero calpestati. E come scriveva Anna Frank nel suo celebre Diario:



"Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo".
Una attività laboratoriale interessante, la riproduzione del treno che da Milano portava ad Auschwitz, ha visto protagonisti i corsisti del p.e. di Stornarella in occasione della “Giornata della Memoria”
Alla voce “indesiderabile” il vocabolario Treccani riporta: “Non desiderabile, riferito a persona, spec. straniera, la cui presenza in un certo stato non è gradita, per motivi politici o giudiziari o di altro genere”.

Tale aggettivo si adatta molto bene alle donne protagoniste del documentario, dal titolo “Indesiderabili”, appunto, che il 27 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria sulle vittime dell’ Olocausto, è stato presentato agli studenti del punto di erogazione di Cerignola, grazie al contributo di Rita Valentino, Carmen Pischetola e Tommaso Russo, volontari del servizio civile di “Associazione Casa Di Vittorio”, accompagnati dall’esperto storico locale Lucio Loconte.

Ma chi erano queste donne? È l’interrogativo che si sono posti gli allievi di tutte le classi della sede (corso di alfabetizzazione, del primo e del secondo periodo didattico). Esse erano straniere: francesi, tedesche, italiane, tutte recluse tra il 1939 e il 1940 in un campo di internamento a Rieucros, nel sud della Francia, perché considerate pericolose, in quanto in lotta per la libertà e dunque di “condotta sospetta”. Erano classificate come “indesiderabili” anche le prostitute, le ladre e le criminali comuni, radunate nel campo insieme a tutte coloro che la Francia voleva nascondere per la vergogna. I libri di storia non ne parlano. Grazie alle pagine del libro “Rivoluzionaria professionale” di una delle internate, la partigiana Teresa No-
ce, la regista bergamasca Chiara Cremaschi è riuscita a raccontare in un documentario i percorsi, i sogni e le frustrazioni di queste donne.
I ragazzi sono rimasti notevolmente colpiti dalle loro testimonianze e, in particolar modo, dalla presenza all'interno del campo, di Baldina Di Vittorio, figlia del loro concittadino Giuseppe Di Vittorio, figura molto amata e stimata da tutti i cerignolani: sindacalista e antifascista, Giuseppe Di Vittorio si schierò sempre dalla parte del popolo e a favore dell'unità di tutti i lavoratori, dalla quale faceva derivare anche l’unità sindacale.
Al termine della visione del documentario, lo storico Loconte ha aperto un vivace dibattito durante il quale tutti gli studenti hanno dimostrato la curiosità e il desiderio di approfondire la storia, la vita, il passato di queste donne e soprattutto il contesto storico-sociale che ha condotto gli esseri umani a concepire un sistema nel quale la guerra, la violenza e la sopraffazione fossero all'ordine del giorno.







Nella fattispecie queste madri, sorelle, figlie, al campo patirono fame e freddo e vissero in condizioni igieniche deplorevoli. Fortunatamente non venne mai praticata la tortura né l’omicidio sistematico perché il governo ci tenne a differenziarlo da un campo di concentramento nazista.
Inoltre, durante il dibattito, ha destato particolare curiosità nei ragazzi sapere come si svolgesse la vita quotidiana delle internate nel campo di Rieucros,
scoprendo che, durante la giornata, esse lavoravano anche alla realizzazione di accessori come borse, cinture, sandali, bottoni.
Il tempo libero lo passavano organizzando tra loro dei corsi, soprattutto di lingua. Ad esempio Baldina Di Vittorio al campo imparò l’inglese e il tedesco, Giulietta Fibbi perfezionò il suo italiano e Teresa Noce insegnava alle altre donne nozioni di storia politica e del partito comunista...molti anni dopo sarebbero diventate deputate della Repubblica italiana. Dal successo di questo evento risulta evidente l’importanza della celebrazione della Giornata della Memoria nelle scuole. La scuola non è un solo un edificio. É fatta di giovani uomini e giovani donne a cui è affidato il futuro dell’intera umanità, e soltanto la memoria può aiutare a sentire le cose vicine, presenti, possibili. Ricordare eventi come l’Olocausto, la guerra e la morte di milioni di persone è necessario per essere consapevoli di un fatto agghiacciante ma reale: quell’orrore potrebbe accadere di nuovo. Concludo citando le parole della senatrice Liliana Segre: “Coltivare la memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l'indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare”.
Un documentario presentato nel punto di erogazione dall’associazione “Casa Di Vittorio” ha mostrato le drammatiche vicende di alcune donne cerignolane durante la seconda guerra mondialedi CORSISTI 2PD STORNARELLA
La Giornata del Ricordo celebra le vittime delle Foibe e ricorre il 10 Febbraio. A differenza dell’Olocausto, questa giornata non è molto conosciuta e gli alunni, a parte qualcuno, non avevano alcuna conoscenza relativa alle Foibe e dei tragici eventi ad esse collegati.
L’argomento è stato introdotto in classe attraverso un video relativo alla testimonianza dell’unico sopravvissuto alle Foibe, Graziano Udovisi. Dopo aver commentato insieme la testimonianza, è seguito un momento di dibattito e di riflessione, dove ognuno ha potuto esprimere la propria opinione e la propria sensibilità di fronte alla visione delle immagini.


Questa parte teorica, che include la spiegazione e il confronto, ha fatto da cornice ad una parte più pratica. I ragazzi hanno scritto le loro esperienze personali di libertà negate.
“Mi chiamo S.B. e frequento il Secondo Periodo Didattico presso il punto di erogazione di Stornarella. Sono Ucraina e vivo da tanti anni in Italia.
Sono davvero felice di aver approfondito la giornata del ricordo con la docente di inglese, in quanto non ne ero proprio a conoscenza.
Mi hanno molto colpito la testimonianza ed i tragici eventi che hanno segnato la zona del Friuli Venezia Giulia e dell ‘Istria e soprattutto il confronto che abbiamo fatto tra le due giornate, quella della memoria e quella del ricordo. Sicu-
ramente la prima è più conosciuta, spero che anche l’altra possa essere altrettanto divulgata. A tal proposito vorrei raccontare un episodio di scelta negata: ben 24 anni fa ho provato l’esame di ammissione al Liceo di medicina contro la volontà dei miei genitori e a loro insaputa. Dopo aver ricevuto l’esito positivo dell’esame l’ho raccontato ai miei genitori, ma purtroppo me l’ hanno impedito dicendomi che avrei dovuto lavorare in campagna. Attualmente sto studiando in Italia per poter continuare gli studi interrotti.”
“Io sono S.R., una scelta di libertà negata risale a tanti anni fa. Io vivevo con la mia famiglia a Torino. All’ età di 17 anni i miei decisero di trasferirsi a Stornarella, ma io avrei voluto rimanere a Torino, in quanto avevo creato legami di amicizia in questa città e sicuramente avrei avuto più possibilità lavorative vantaggiose. Tuttavia non rimpiango nulla e va bene così, ho creato la mia bella famiglia e ho il mio lavoro qui a Stornarella.”

“Il mio nome è C.P. e sto frequentando il Secondo Periodo Didattico presso il punto di erogazione di Stornarella. Con la docente di inglese abbiamo affrontato il tema delle Foibe e abbiamo ripercorso, attraverso alcune testimonianze, le atrocità subite dal popolo italiano nella regione dell'Istria, dall’ esercito di Tito e del suo governo comunista. La parte pratica legata ad una scelta di libertà negata riguarda la mia famiglia. Purtroppo ho
avuto una famiglia molto autoritaria e nonostante economicamente e affettivamente non mi sia mai mancato nulla, mi ha privato della libertà. Infatti i miei genitori mi hanno impedito di frequentare la scuola e questo ha inciso molto nelle mie scelte future e mi ha lasciato anche tante insicurezze e paure. Oggi grazie al CPIA, posso finalmente riscattarmi anche se purtroppo non ho l’ età giusta per conseguire grandi soddisfazioni.”
“Mi chiamo G.P. Fortunatamente nella mia vita non ho avuto esperienze di libertà negate. Solo una mi viene in mente: la contrarietà dei miei genitori a farmi salire in macchina di amici quando ero adolescente. Ora che sono mamma posso comprendere appieno la preoccupazione di un genitore nei confronti dei suoi figli adolescenti. Avevo già sentito parlare di Foibe grazie anche al monumento presente a Stornarella e che ho mostrato alla classe.”
Il monumento è stato donato dall’associazione “Croce San Francesco” e della parrocchia “BVM della Stella” e rappresenta le cavità carsiche all’interno delle quali furono barbaramente gettati i corpi degli italiani dalle truppe di Tito.

Il giorno dedicato al ricordo drammatico delle Foibe colpisce al cuore l’immaginario delle nuove generazioni
Abbiamo analizzato in classe il ruolo della donna nella società romana antica.
A Roma la donna poteva partecipare alle feste, andare al teatro e al circo. Nonostante fosse sottomessa al padre, al marito o al capo-famiglia, aveva il diritto di poter ereditare beni.
La donna ideale per i romani era quella dedita alla vita domestica: meno si parlava di una donna nella società, più ella era considerata virtuosa. Era prova della sua serietà e del fatto che non aveva vizi o particolari pensieri per la testa ma si dedicava all’educazione dei figli, alla cura della casa e del marito e viveva in modo parsimonioso, modesto, anche se nobile.
L’8 Marzo ci fa riflettere sulla condizione della donna nel mondo oggi. È cambiato qualcosa rispetto all’epoca romana?
In Italia, la legge prevede uguali diritti e doveri per uomini e donne.
Tuttavia, la realtà è ben diversa: le donne sono ancora, purtroppo, svantaggiate rispetto agli uomini sul posto di lavoro e nella vita sociale. Basti pensare alle difficoltà di una donna-mamma o ai pettego-
di ILDE VITALE - 2PD SAN SEVEROlezzi che solleva una donna per come si veste. È assurdo pensare che nel 2023 ci sia ancora qualcuno che davanti a una storia di violenza sulla donna, ponga l’attenzione su come fosse vestita.


In Ghana come in altri Paesi arabi la donna è coperta dal velo, in rispetto della religione islamica. Nonostante questo possa sembrare una restrizione della libertà, uno studente ci ha raccontato che la donna, proprio perché coperta, è tenuta in grande dignità. Non esistono i tradimenti coniugali perché l’uomo non potendo vedere altre donne, non prova desiderio per nessun’altra oltre alla moglie. Prima di un matrimonio, quando un uomo fa la proposta alla famiglia di una donna, è lei che può guardarlo, essendo lui scoperto in volto. L’uomo, quindi, non conosce il viso della donna che sta chiedendo in moglie. La donna, nella maggior parte delle famiglie, viene lasciata libera di acconsentire o di rifiutare la proposta. Solo nel secondo incontro, il futuro sposo può vedere la futura moglie con il viso scoperto e parlare un po’ con lei.
Nel mondo arabo un uomo può sposare





fino a 4 donne mentre una donna può sposare un solo uomo ed è quasi impossibile per lei il divorzio. Un modo di fare che ci ha molto colpito è il fatto che, ad esempio, in Marocco, il giorno prima delle nozze, le donne debbano sottoporsi a una visita ginecologica finalizzata al rilascio di un certificato attestante la verginità. Questo documento risulta più importante e fondamentale per la validità del matrimonio e ad esso si andrà ad aggiungere il lenzuolo con la “prova” della prima notte di nozze.
Il racconto della condizione della donna nei vari Paesi del mondo dai quali provengono i nostri compagni di classe, ci ha fatto riflettere su quanta strada sia ancora da percorrere per il vero e reale riconoscimento della parità di diritti per la donna. Probabilmente, un vero risultato si otterrà solo quando non sarà un movimento femminista a rivendicare i diritti ma saranno gli uomini a capirlo e a riconoscerli. Solo se sarà l’uomo a comprendere che la donna non è un essere a lui sottoposto né un oggetto, forse si arriverà a vivere in un mondo in cui l’uomo e la donna saranno uguali e liberi.
Si è parlato in classe della condizione della donna nella società in epoca antica
Il primo gennaio è la giornata mondiale della pace. Ma cos’è la pace? La pace è quella che dovrebbe essere nel mondo, in famiglia oppure quella che possiamo trovare dentro noi stessi. Insomma non esiste solo una tipologia di pace. Dal latino pax, pacis, il significato originario della parola è quello di patto, accordo. La pace è, quindi, una condizione di normalità e di equilibrio che si riesce a trovare grazie a un compromesso, a un venirsi incontro tra due parti. Un accordo presuppone che entrambe le parti cedano qualcosa per amore dell’equilibrio. Spesso, però, non si capisce la bellezza della stabilità ed è questo lo scopo dell’istituzione della giornata mondiale della pace. Nata nel mondo cristiano ma rivolta agli uomini di ogni etnia o religione, la giornata mondiale della pace è stata istituita per la prima volta il primo gennaio del 1968 da papa Paolo VI con l’auspicio che con la volontà unica di tutti i popoli verso il medesimo obiettivo si potesse realizzare la pace nel mondo. La scelta del primo gennaio non è stata casuale, ma voleva essere un invito alla riflessione sulla


progettazione del nuovo anno con intenzioni di pace e di rispetto nei confronti degli altri Stati o semplicemente delle altre persone. L’obiettivo era quello di coltivare l’importanza della ricerca di un equilibrio nel mondo, non facile ma non per questo irraggiungibile. Il messaggio era rivolto a tutti, uomini potenti e meno potenti di ogni parte della terra, perché la pace si può costruire solo grazie all’accordo di ogni cittadino. Per costruire la pace, bisogna impegnarsi ad ottenerla. La giornata mondiale della pace è stata istituita in occasione della guerra del Vietnam, affinché non solo quella guerra ma tutte le guerre venissero a termine.
Oltre cinquant’anni dopo, questo obiettivo non è stato ancora minimamente raggiunto: le guerre ancora in corso sono tantissime, come la guerra tra Russia e Ucraina che indirettamente coinvolge tutto il mondo; la guerra in Siria che causa sfollamenti di massa; la rivolta in Iran che vede ogni giorno centinaia di uomini e donne battersi per diritti fondamentali; i conflitti dimenticati in molti paesi dell’Africa e questi solo per citarne alcuni.
Le guerre a volte iniziano veramente per sciocchezze, per cose insignificanti: le persone agiscono senza pensare due volte e distruggono tutto, uccidendo persone e distruggendo abitazioni. È una società che non è maturata, che non ha imparato dagli errori del passato, che non ha compreso che un pezzo di terra, per quanto grande, non può restituire la felicità di tante vite spezzate. L’impegno vero e la solidarietà con il proprio popolo non è quello di imbracciare un’arma ma è quello di utilizzare la parola, segno distintivo dell’uomo, per rendere il mondo un posto migliore. Raggiungere la pace nel mondo è molto difficile ma ogni anno, il primo gennaio, si spera che il desiderio della pace diventi realtà.

Una disamina del significato del termine “pace”, fatta da una corsista del p.e. di Foggia, ci induce a riflettere
Realizzazione di fiori in cartoncino con frasi gentili in lingua francese

Per la settimana dedicata alla “Gentilezza” abbiamo realizzato, assieme alla docente di lingue straniere, dei fiori in cartoncino, aventi come centro delle frasi gentili in lingua francese da mettere in pratica, non solo in quella settimana ma anche nella nostra vita quotidiana, facendoli diventare un nostro modo di essere, ponendo attenzione alle varie esigenze delle persone che ci circondano.

Il rispetto non riguarda solamente le persone ma anche la natura, l’ambiente in cui viviamo. Si possono compiere atti gentili anche nei confronti della nostra Madre Terra, non gettando per esempio nulla per strada, come invece si vede spesso nelle periferie delle città, invase da immondizia di vario genere.
Il rispetto deve anche riguardare gli animali, che vengono invece maltrattati spesso per gioco, senza renderci conto che in realtà stiamo offendendo la Madre Terra con tutte le sue creature, che siano animali o piante o altro. Amare la natura vuole dire amare Dio che ha creato l’universo, non per essere sfruttato o contaminato, ma per vivere in armonia nel rispetto di tutti gli esseri viventi, da quelli più piccoli a quelli più grandi. Le frasi sono state lette in francese e poi tradotte per una maggiore comprensione dei vocaboli. Ci siamo divertiti a fare dei “selfie” con i nostri fiori, per postare le foto non solo sui social, ma anche per inviarli ai nostri amici dopo averli trasformati in foto digitali, rendendo le stesse più accattivanti. Madre Terra ha bisogno di cure e attenzioni più di ogni altra cosa.
Lei ci ospita e ci permette di vivere. È necessario, pertanto, compiere dei piccoli gesti quotidiani affinché si possa ridurre l’impatto ambientale. Ridurre i consumi dovrebbe essere un dovere nostro, scegliendo ad esempio abiti che possano durare nel tempo utilizzandoli più volte e per più tempo anziché comprare in modo compulsivo. Evitare imballaggi inutili, preferire spostamenti a piedi e non in auto, raccogliere l’immondizia che troviamo anche nei parchi pubblici e lungo le strade. Essere gentili col pianeta dovrebbe essere un dovere, un impegno fisso e costante. I gesti gentili non dovrebbero essere,
però, solo di facciata, ovvero quelli che nascondono interessi e secondi fini. I veri gesti gentili sono quelli che provengono dal cuore e non chiedono nulla in cambio e che avvengono in maniera gratuita e genuina. Succede, purtroppo, che tali gesti vengano spesso interpretati come segni di debolezza o addirittura di ignoranza. Si finisce, pertanto, per voler prevalere sull’altro ledendo i diritti di ciascuno. A volte basta un sorriso o una parola detta al momento opportuno per cambiare l’umore di una persona mettendola a proprio agio per affrontare la giornata in modo positivo. Ecco il motivo dei fiori della gentilezza.

Essere gentili non significa soltanto essere educati e seguire le regole che ci sono imposte dalla società ma soprattutto dimostrare empatia nei confronti dell’altro, accoglienza ed altruismo. Salutare, ringraziare, sorridere, sono gesti gentili che possono essere tradotti in una ricerca della condivisione degli stati d’animo di chi ci è vicino. Partendo dalle definizioni, e da un vocabolario di “parole gentili” in varie lingue costruito insieme ai ragazzi, abbiamo letto insieme aforismi e pensieri sulla gentilezza, e cercato anche illustrazioni, foto e video sul tema.

Ai ragazzi è stato anche chiesto: “Cos’è la gentilezza?”
Ecco alcune delle loro risposte:









Hassan: “Dividere la merenda con il mio compagno di classe.”
Karim: “Telefonare un amico per chiedere come sta”
Natalia: “Augurare la buona notte alle persone care”
El Badri: “Per me gentilezza significa fare delle buone azioni”

Harjot: “Salutare con un ciao le persone che incontro”
Gurjo: “Per me la gentilezza è racchiusa nella parola GRAZIE”
Emily:” È il sorriso degli insegnanti che ci
dai ragazzi di classi differenti, sia con uno scambio uno ad uno tra alunni di classi differenti o della stessa classe, sia in maniera indiretta.
Ogni alunno del punto di erogazione di Bovino ha ricevuto un biglietto scritto da un suo compagno di studi nel punto di erogazione.

Anche i docenti hanno partecipato a questa iniziativa scambiando biglietti con gli alunni esattamente come tutti.
Questa giornata è stata molto significativa sia per gli alunni che per i docenti… ci ha resi tutti più felici e con il cuore pieno di gioia, ecco perché siamo convinti che la gentilezza non vada festeggiata solo il 13 novembre, ma tutti i giorni.
In questa giornata, e non solo questa, “essere gentili” diventa la parola d’ordine che riguarda un modo incentrato sull’attenzione verso l’altro al quale riservare la cortesia di piccoli gesti, la pazienza e l’ascolto.
La gentilezza ha anche i suoi colori …e trova la sua maggiore espressione nel colore viola. Il viola è un colore che nasce dall’unione del blu (profondità) e del rosso (concretezza), colori che indentificano la gentilezza nel suo modo più completo.
“Be kind whenever possible …it’s always possible”
(DALAI LAMA)di DANIELA REDDAVIDE
Una intensa lezione partecipata ha visto coinvolti studenti e docenti
LÈ colore, cultura, ricchezza, scambio, crescita, e fa parte della storia di ogni uomo. Nell’opinione comune, “diverso” può essere considerato colui che ha una mentalità dissimile dalla nostra, gusti visibilmente differenti nel modo di vestire e nel modo di fare le cose nella vita di tutti i giorni. “Diverso” può essere considerata anche la persona che si differenzia in modo radicale attraverso il proprio reddito, la cosiddetta “divisione in classi sociali”. “Diverso” può essere considerato lo straniero, il quale si differenzia da noi dal colore della pelle, dalla lingua parlata, dalle usanze e dai costumi. La diversità, per essere pensata come risorsa e come occasione di crescita, consiste nel vedere l’altro come un portatore di idee, esperienze e valori che non conosciamo, che in realtà possono arricchirci e aiutarci a comprendere meglio il mondo che ci circonda. Ognuno è portatore di un proprio bagaglio di risorse e conoscenze, ognuno è un talento, una capacità da rispettare, da scoprire proprio nell’incontro con le diversità. Questo presuppone inoltre la promozione di un modello interculturale, in cui lo stesso spazio è abitato da etnie, religioni e culture differenti, portatrici di identità proprie che collaborano e convivono.






In questo senso, il traguardo non è la semplice accoglienza, bensì la creazione di una cultura condivisa che nasce dal confronto reciproco, dal dialogo e

celebrazione della Giornata dei calzini spaiati (un’iniziativa nata in una scuola elementare di Terzo di Aquileia, in provincia di Udine, da un'idea della maestra Sabrina Flapp, con l'obiettivo di sensibilizzare i più giovani alla diversità, all'inclusività, al rispetto reciproco), gli allievi delle classi del p.e. di Cerignola del corso di alfabetizzazione, del primo e del secondo periodo didattico hanno svolto attività laboratoriali atte a mettere in risalto la diversità in tutte le sue forme. I ragazzi si sono impegnati esternando i loro pensieri attraverso ritagli di calzini di cartoncino, sui quali hanno impresso frasi e aforismi pregni di significato sull’argomento. Nello specifico, gli studenti stranieri, che si sono adattati a vivere in una “terra diversa” e molto distante dalla loro, hanno espresso sentimenti di nostalgia nei confronti dei loro luoghi di provenienza e nei quali hanno lasciato un pezzo importante di vita, redigendo, sotto la guida della docente Paciello, un testo sui calzini “sconsolati” in quanto lontani dal proprio Paese, ma che possono trovare “consolazione” nell’accettazione e nella valorizzazione della loro unicità.

solati… Si sentono soli e diversi da tutti gli altri. Nella loro nuova casa non sono ancora a proprio agio…Forse perché, venendo da molto lontano, parlano una lingua incomprensibile ai calzini acquistati in Italia o forse perché il tessuto ed il colore differenti, li fanno apparire difformi e inadeguati.
Allora mi pongo tre domande: -“Dove sono finiti i calzini smarriti?” – “Dove li metto questi spaiati?” e soprattutto“Come li consolo?”
Adesso che ci penso, probabilmente sono rimasti nel mio paese, non volendo li ho lasciati lì e anche loro sicuramente si sentiranno tristi e abbandonati, in quel vecchio cassetto un tempo affollato. Rifletto per trovare una soluzione… Ecco, una buona idea pervade il mio animo di gioia e di speranza. Indosserò i calzini spaiati assieme a quelli acquistati in Italia e dimostrerò loro che la diversità che li caratterizza non pregiudica il valore personale, ma arricchisce se stessi e gli altri.
Quando poi potrò tornare a casa dai miei cari, metterò i calzini spaiati in valigia e finalmente anche loro, un po’ come me, potranno ricongiungersi a quella “metà” persa nel viaggio, ma mai nel cuore. Quel giorno anch’io sarò meno solo e sconsolato, intanto fino ad allora imparerò a non sentirmi fuori posto come i miei calzini spaiati, perché in fondo ognuno di noi è perfetto nella sua diversità e unicità irripetibile.”
L’importanza della Giornata dei calzini spaiati
Alla luce dell’entusiasmo e delle riflessioni suscitate in tutti gli allievi attraverso questa iniziativa, è chiaro che la scoperta del valore della diversità si configura davvero come un dono inestimabile, in grado di attivare atteggiamenti di ascolto e conoscenza di sé e relazioni positive con gli altri, nelle quali ci si confronta e ci si libera da ogni forma di pregiudizio, facendo vivere due dimensioni: il rispetto e la condivisione.

“La diversità è ricchezza”.
C’è qualcuno che può dire con certezza di non essere mai uscito di casa indossando calzini diversi? Quando accade, che vergogna! Cosa penserà chi guarda, che il caffè a colazione non era abbastanza?
O che, ancora una volta, la dispettosa lavatrice ha fatto un pranzetto con i nostri calzini?

Cari lettori, è giunto il momento di spiegare: proprio ai calzini spaiati è dedicata una giornata, il primo venerdì del mese di febbraio, che quest’anno si celebra il 3. Ma come, mai partecipato all’iniziativa? È tempo di rimediare e di riflettere!
Che ci sarà di male ad indossare due calzini con differenti fantasie? Sono pur sempre calzini. Eppure nessuno penserebbe mai di uscire così.
Forse, allora, è la diversità che spaventa. Il cambiamento e tutto ciò che si allontana dall’ordinario fa paura. Eppure è nella diversità che si cresce, si impara, si migliora; e, più ancora, nel riconoscere l’unicità di ognuno di noi. Come i calzini, siamo tutti diversi, eppure tutti esseri umani. Ciascuno ha la sua vita a “fantasia”: c’è chi la vede a rombi e chi a quadri; c’è chi la vede rosa, gialla oppure blu.

Che tristezza e che noia se fossimo tutti uguali! Non potremmo scambiarci idee e opinioni, né conoscere cosa ci accomuna o ci distingue dagli altri. Allora, oggi più che mai, viene fuori una riflessione: bisogna guardarsi intorno sapendo che siamo tutti pezzi unici di un grande puzzle. Cos’ha quella persona di diverso da

Cosa c’è di male ad indossare dei calzini diversi?
Il significato ce lo spiegano i corsisti del p.e. San Severo
me? Cosa posso imparare? Come posso entrare nella vita degli altri senza distruggere la loro unicità? È di certo un esercizio difficile, che si dovrebbe praticare sin da bambini. È per questo, probabilmente, che l’iniziativa dei calzini spaiati è nata in una scuola primaria del Friuli dall’idea della maestra Flapp, che aveva capito l’importanza di proporre ai bambini valori positivi. Accettare non è sempre facile, soprattutto quando la società impone degli standard. Ma la differenza si può fare, partendo da scuola. L’incontro di culture,
religioni, usi e costumi diversi facilita l’avvicinamento di mondi che, altrimenti, non si incontrerebbero mai. L’insegnamento è che, se tutti capiamo la bellezza interiore dell’altro, nessuno è più forte, simpatico, affascinante o intelligente: siamo tutti splendidi nella nostra unicità. Allora, in questa giornata, concediamoci pure che qualcuno ci guardi in modo strano, osservando i nostri calzini. Fermiamolo, spieghiamo questa storia e ci renderemo conto che, con un paio di calzini, avremo fatto un piccolo miracolo.

Mi chiamo Nadir La Fratta e frequento, con la mia ragazza Maria Pia Borrillo, il 2PD di San Giovanni Rotondo per rientrare nel percorso scolastico che abbiamo interrotto per motivi di lavoro ma ci siamo resi conto che con il CPIA possiamo conciliare le due cose e continuare gli studi per conseguire un diploma. Quest’anno ci sono state proposte tantissime attività stimolanti, una delle quali è stata la partecipazione al concorso natalizio “Madre Terra”. Sin da subito mi è piaciuta l’idea della realizzazione di una ghirlanda che avesse come tema la Terra. Dopo aver letto una fiaba “Dedicato a madre Terra” insieme ai docenti, abbiamo subito avuto le idee ben chiare sulla sua realizzazione. La bellissima fiaba risponde in pieno al concetto condiviso da tutti noi di una Madre Terra generatrice del mondo intero. Mi hanno chiesto di rappresentare graficamente la Madre Terra secondo un mio punto di vista. Ho dipinto una donna con in grembo il mondo e poi tutti insieme, docenti e studenti, a poco a poco abbiamo realizzato il lavoro finale. La Terra è stata raffigurata con il corpo di una donna, etereo fatto di acqua, ma allo stesso tempo forte con solide radici che, infiltrandosi nel sottosuolo, tra cortecce di alberi, bulbi, agrifogli, e frutti sorregge il mondo intero. In grembo porta un unico embrione che si dividerà appena nato e darà vita ai cinque continenti dai quali saranno generati uomini tutti fratelli fra di loro e figli della stessa madre. Questa donna allatterà con il calore del sole e canterà loro una ninna nanna al chiaro di luna; possiede una folta chioma fatta di foglie, arbusti, foglie di ulivo, alloro, agrifoglio, ha delle lunghe braccia che avvol-


gono tutto ciò che la circonda in un abbraccio caloroso e materno, fatto di tanta dolcezza. Ogni Continente, partendo dal piccolo nascituro riposto in un guscio di noce avvolto in una calorosa coltre, che ci ricorda tanto la nascita del dolce Bambinello, darà origine ad una stirpe diversa e numerosa che si nutre del dono della loro terra; per questo le varie sfere contengono orzo, miglio, grano, mais e riso. Ma nella dolce atmosfera natalizia in ogni continente ci sono adulti e bambini che sognano ad occhi aperti ed aspettano i numerosi doni che Babbo Natale su di una slitta trainata da quattro renne si appresta a consegnare facendo il giro del mondo. Questo è stato il nostro magico Natale 2022 con la speranza che si ritorni ad essere tutti figli della stessa madre e si ritorni a rispettare la terra dalla quale siamo stati generati. I colori utilizzati sono i colori della terra, del sole, della vegetazione, del mare. Gran parte dei materiali utilizzati per la realizzazione sono il frutto della nostra MADRE TERRA.
Dopo aver realizzato la ghirlanda, è partita la ricerca dei like. L’abbiamo sponsorizzata sui social ed ottenuto un grande successo che ci ha permesso, anche con la votazione della giuria tecnica, di vincere il concorso. In realtà la vera vittoria è stata quella di esserci impegnati tutti insieme per la realizzazione di un progetto comune dal tema molto attuale e coinvolgente, quello della salvaguardia dell’ambiente. È stato molto interessante confrontarsi con tanti studenti anche di altre nazionalità. L’unione fa la forza e noi ce l’abbiamo fatta.
Dedicato alla Madre Terra e a tutti… i suoi figli (Fiaba pubblicata da: Mariapia Busiello)


Dal tuo profondo nasce la vita per dare al mondo ricchezza infinita. L’acqua dal cielo disseta i tuoi solchi, che piano piano germogliano tutti. Discreta ti lasci baciare dal sole, fedele rimane il tuo unico amore. Da venti impetuosi difendi i tuoi figli, gli apri le braccia, li curi, li accogli. Assai generosa lenisci i dolori, gioisci ai palpiti dei loro cuori. Tu sei la madre che non inganna



Il concorso natalizio ha visto la vittoria del punto di erogazione di San Giovanni Rotondo
rispetto, disponibilità all’ascolto, distacco dalle proprie idee. Inoltre dobbiamo ricordare che la base di tutto è l’amore reciproco: quando esso manca, non c’è spazio per il dialogo. Solo con l’amore e il rispetto si può raggiungere la comunione di idee e l’unità.
“Prof. Mi scusi, può togliere la foto con la bandiera della pace? Nel mio paese rappresenta un orientamento sessuale per cui si va in prigione e nei casi più gravi si rischia anche la pena di morte”, così un mio alunno. mi ha accolta in un freddo pomeriggio invernale a scuola. Il suo volto era seriamente preoccupato, temeva di non poter far ritorno nel suo paese e di perdere tutti i suoi amici. Dopo un lungo colloquio di sensibilizzazione lui mi dice di aver capito, di condividere l’idea di pace ma di non poter rischiare…la foto viene eliminata. Questo, forse, può sembrare un semplice episodio scolastico, ma a me personalmente ha aperto un mondo su cui lavorare, un mondo di idee per sensibilizzare alla tolleranza e vincere il pregiudizio attraverso attività didattiche tese a dimostrare il contrario di idee tutt’oggi persistenti in luoghi lontani fisicamente da noi, ma vicine a noi considerata la presenza di stranieri in Italia. Ci sono molte forme di discriminazione.


Le persone possono essere discriminate per motivi religiosi, per la razza d’appartenenza, per il colore della pelle, per le credenze, per l’orientamento sessuale, per un handicap fisico o semplicemente per diverse origini geografiche. Ancora oggi molti sportivi, uomini e donne, soffrono della piaga di abuso razziale per il colore della pelle nonostante siano gli atleti più talentuosi al mondo. La discriminazione non è un fenomeno moderno. La Regina Elisabetta I d’Inghilterra fu imprigionata nel 1554 perché era protestante. Durante la Seconda Guerra Mondiale gli ebrei furono arrestati in Europa e mandati a morire nei campi di concentramento. Per questo alcuni grandi della storia hanno pagato con le loro stesse vite per lottare contro la discriminazione soprattutto razziale e queste persone, grazie alle loro azioni, non vivono solo nel passato ma ispirano e proteggono le nostre stesse vite.





Come non pensare a Gandhi con la sua lotta contro la non violenza, Martin Luther King con il suo famoso “I Have a dream”, Nelson Mandela e la sua lotta contro l’Apartheid, Rosa Parks e la sua lotta per l’uguaglianza o Malala Yousafzai premio Nobel per la Pace?
Un percorso didattico sostanzioso quello che il punto di erogazione di Rodi Garganico ha deciso di affrontare, ma che sicuramente contribuirà a costruire cittadini consapevoli per un domani migliore. Ma cerchiamo di conoscere più da vicino alcuni dei nomi menzionati e conosciuti dagli alunni: Nelson Mandela.
Nelson Mandela nasce nel 1918. Il suo vero nome è Rolihlahla, ma, quando inizia la scuola, i suoi insegnanti lo chia-
mano Nelson (primo segno della supremazia straniera). A Nelson piace la boxe, la corsa, ed è molto intelligente. Studia duramente e diventa avvocato. In Sud Africa, in quel periodo, i neri venivano considerati razza inferiore per la loro povertà.
Nel 1948, il governo africano composto solo da bianchi, rinforzano l’apartheid. Ciò significava che i bianchi e i neri dovevano vivere in aree differenti, non potevano sposarsi tra loro, sedersi insieme al ristorante o in autobus, studiare nella stessa scuola né giocare nella stessa squadra. Ispirato da Gandhi, Mandela inizia una protesta pacifica ma viene arrestato e mandato nel 1964 nella terribile prigione di Robben Island dove trascorse 18 anni e potè ricevere solo due visite l’anno. Inizia una campagna internazionale per liberare Mandela. I Paesi del mondo iniziarono a boicottare il Sud Africa bloccando il commercio e rifiutando di inviare squadre per eventi sportivi. Nel 1990 in Sud Africa viene eletto un nuovo Presidente, F.W. de Klerk, il quale libera Mandela dopo 28 anni di prigionia. I due uomini iniziano a cooperare per creare un Sud Africa democratico e multirazziale e nel 1993 ottengono il Premio Nobel per la Pace. Nel 1994 i neri vengono chiamati al voto per la prima volta e Mandela diventa il Primo Presidente di colore del Sud Africa ispirando moltissime persone per il suo coraggio e la sua saggezza. Pubblica un libro “Long Walk for Freedom”, aiutando soprattutto poveri e malati. Muore il 5 Dicembre del 2013 e il mondo intero riconosce di aver perso un grande uomo della storia moderna.
È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio
di ALHOUSSAINE ALHASSANE CAMARA 1PD RODI GARGANICO a cura della docente MARIA GRAZIA SCHIAVONE
Un nome divenuto ricorrente quale emblema della lotta alla discriminazione

Agli inizi del 20° secolo le persone pensavano che le donne fossero meno “capaci” degli uomini ed è stato molto difficile per le donne di tutto il mondo ottenere i medesimi diritti degli uomini, visto che non potevano votare e non potevano candidarsi alla vita politica parlamentare.
Con lo scoppio della Prima Guerra mondiale, migliaia di uomini lasciarono le loro case e il lavoro per arruolarsi. Seppur in un triste momento storico, le donne ebbero l’opportunità di dimostrare le loro competenze ottenendo la fiducia del popolo. Le Suffragette inglesi, il cui movimento per il diritto al voto nacque nel 1897 in Inghilterra con Millicent Fawcett, decisero di abbandonare la politica azionistica violenta lavorando nelle fabbriche e negli uffici al posto degli uomini pur di dimostrare le loro capacità.
Facciamo un breve excursus sul questo
fondamentale diritto.
































Nel 1893 la Nuova Zelanda fu il primo Paese a dare alle donne il diritto al voto, seguita dalla Finlandia nel 1906 che come primo paese in Europa diede lo stesso diritto.
Nel 1918, in Inghilterra le donne con più di 30 anni ottennero il diritto al voto e solo nel 1928 tutte le donne del Regno Unito con più di 21 anni di età poterono votare come gli uomini.
Nel 1920 le donne statunitensi si unirono ai movimenti e ottennero questo diritto ma non le donne native americane.
In ultima l’Italia che nel 1945 estende il diritto al voto alle donne.
Ma in quanti paesi ancora oggi vengono negati diritti fondamentali alle donne? Ci sono luoghi in cui alle donne non è permesso andare a lavorare né andare a scuola e Malala Yousafzai, giovane pakistana, questo non lo accetta. Nel 2009,
quando ha solo 12 anni scrive un blog per la BBC sulla sua vita nell’area pakistana controllata dagli estremisti. Denuncia al mondo intero il fatto di dover studiare a casa perché gli estremisti avevano chiuso la sua scuola. Insiste sul fatto che le donne, nel suo Paese e non solo, devono avere il diritto all’istruzione. Rilascia interviste al New York Times, vengono scritti documentari sulla sua vita e in poco tempo Malala diventa un’icona da imitare. Tutto ciò non poteva non essere preso in considerazione dagli estremisti.
La scuola di Malala riapre, ma accade qualcosa di terribile. Il 9 Ottobre 2012 mentre rientrava da scuola in autobus un uomo sparò ferendola gravemente. Dopo la lungodegenza in un ospedale inglese Malala guarì e tutto il mondo la lodò. Il Times la considerò una tra le 100 persone più influenti al mondo. Vinse

molti premi per la pace, a cominciare dal riconoscimento avuto dal suo stesso Paese: il Pakistan’s national Youth Peace Prize.
Il 12 luglio 2013, Malala tiene un discorso alle Nazioni Unite in cui chiede il diritto all’istruzione per tutti i ragazzi del mondo. All’età di 17 anni, nel 2014 vince il premio Nobel per la pace per la sua opera di sensibilizzazione divenendo la più giovane vincitrice di questo riconoscimento.

Cosa dice Malala? Semplicemente che l’istruzione è la sola risposta alla povertà e che senza l’istruzione non si può sognare un futuro migliore. La cultura, in fondo, è nemica dell’ignoranza.
Il suo nome è diventato sinonimo di coraggio e forza di volontà, una fonte di ispirazione per le tante donne, ragazze, bambine, che lottano per la propria libertà e la parità dei diritti di genere (ossia l’uguaglianza tra uomo e donna).
Jacques Delors è un politico ed economista francese. Noto europeista, è stato ministro e presidente della Commissione Europea. Nel suo saggio, pubblicato 20 anni fa, ”Nell’Educazione un Tesoro”, tratta temi attuali partendo da semplici domande: quale posto la nostra società riserva ai giovani, alla scuola, alla famiglia? Come superare la paura della disoccupazione, l’angoscia dell’esclusione e quella della perdita di identità? Come
diffondere nell’umanità le idee di pace, libertà e giustizia sociale?
Il nostro p.e. di Rodi Garganico fa un po' da specchio a queste domande e alla realtà sociale denunciata da Malala. La maggior parte degli iscritti sono uomini le cui mogli sono a casa con i figli o ancora nel paese di origine. Questa lezione ha suscitato molto interesse tra gli alunni sensibilizzandoli maggiormente al vero perché dell’istruzione che non è solo un certificato finale, ma una forma mentis che va delineandosi di giorno in giorno al fine di promuovere nei giovani la coscienza della vita, la libertà della vita, le virtù della vita, un percorso di studi personale, interpersonale, relazionale per una corretta vita morale. La scuola è alla base non solo di una morale personale, ma anche sociale, che deve avere come impegno la promozione tra i giovani della coscienza e del valore degli altri, di tutti gli altri, dei doveri, degli atteggiamenti rispettosi e solidali, della condotta valida e giusta con gli altri e per gli altri. Solo così si può superare l’individualismo passando al collettivo e comunitario, al di là delle frontiere reali e mentali, costruite prettamente dall’uomo, in nome di una vera civiltà dell’amore.

Viaggio culinario da Varsavia a Stornarella per assaporare, in modo suggestivo, le bontà tradizionali della gente polacca
Mi chiamo Magdalena Jakubowska. Frequento il corso di alfabetizzazione presso il CPIA1 Foggia nel punto di erogazione di Stornarella.

Sono originaria della Polonia. La Repubblica Polacca è uno stato dell’Europa centro orientale. La sua capitale è Varsavia. Sono più di vent’anni che abito in Italia, dove lavoro e vivo con la mia famiglia. Ho preso abitudini italiane in tutto, anche per quanto riguarda la cucina.
Però ogni tanto in famiglia sentiamo la nostalgia di mangiare piatti tipici del nostro paese.

Oggi vi voglio presentare alcuni piatti tradizionali della Polonia.

Pierogi: quando si parla di tradizioni culinarie della Polonia non si può che iniziare da questo piatto. Sono ravioli a forma di mezzaluna, ripieni di formaggio, cavolo o carne. Sono una vera goduria per il palato e sono molto apprezzati anche dai turisti. Cotti al vapore o in padella, vengono serviti con pancetta e cipolla tostata, burro o panna.
Sulle tavole dei polacchi c’è una cosa che non manca mai: la zuppa. Esistono molteplici varianti, ognuna con ingredienti diversi. Lo Zurek è la zuppa polacca d’eccezione, fatta di farina di segale fermentata, legumi, patate, uova sode, funghi, cipolle, pancetta e salsiccia. A rendere ancora più tipico e particolare questo piatto é che viene servita all’interno di una pagnotta di pane, priva di mollica. Una presentazione oltre che buona per il palato, bella da vedersi. Questa zuppa nata come piatto per festeggiare la Pasqua, oggi viene consumata a colazione, pranzo e cena.
Altro piatto tipico è il Bigos che è uno

stufato di carne, crauti, cavoli e spezie. Questo piatto molto sostanzioso può essere preparato con varianti diverse come prugne secche, funghi, pancetta, cipolla, salsiccia e pomodoro. Una sorta di spezzatino ricco di calorie che ben si presta a sopportare i rigidi inverni. Con l’avvicinarsi della Santa Pasqua, sulla mia tavola ci sono sia piatti italiani
che polacchi.
Si comincia con le uova che noi siamo soliti colorare. È un’occasione per fare gli auguri ai nostri cari e condividere il bel momento intorno a zuppe, vassoi pieni di carne ed affettati. A fine pasto, con i classici dolci italiani, non possono mancare i dolci tipici della pasqua polacca. Tra questi abbiamo il mazurek, la babka o la ricchissima pascha. Il primo viene preparato in diverse forme, é fatto a strati e decorato abbondantemente con diversi tipi di farciture (crema, marmellata).
La babka, invece, torta tipica pasquale, ha la classica forma di una ciambella, con un impasto lievitato: un dolce alto e morbido. Viene guarnito con cacao, mandorle, canditi o glassa.
Anche se resto fedele ai piatti tipici della mia terra, mi sento di dire di aver maturato una cultura enogastronomica personale che si rifa’ molto alla dieta mediterranea caratterizzata da prodotti maturati al sole del sud-Italia come pomodori, melanzane, zucchine, peperoni, e l’immancabile olio extravergine di oliva.

Lettera di un corsista in occasione di un concerto-evento dell’orchestra “Ico Stabile” della città di Foggia
Ciao amici, sono Giovanni e vi scrivo dalla mia stanza cinque stelle, anche nota come "cella". La prof.ssa Schettino, la mia maestra di italiano, ops! Scusatemi, prof. di italiano… ha deciso che la mia storia potrebbe essere interessante da condividere con voi tutti, quindi eccomi qui a parlare della mia fantastica esperienza da recluso musicale.
Sì, perché qui in carcere la vita è talmente noiosa che anche un suono può diventare una vera e propria sinfonia. Ma finalmente, grazie alla collaborazione tra l’Amministrazione penitenziaria, il prof. Picucci e la nostra scuola, il CPIA1 Foggia, siamo riusciti ad avere una scusa per uscire dalle nostre prigioni: un concerto con orchestra! Non importa che siamo reclusi, noi abbiamo diritto alla cultura, no?
Ma non è solo la musica che ci ha dato una scusa per non uccidere la noia. Grazie al nostro prof. di musica, Picucci, abbiamo passato delle ore esilaranti a provare le nostre letture sui film e le colonne sonore più belle, come quella di "Il Postino” di Troisi e "Il Padrino". Sì, proprio noi, che siamo semplicemente esseri umani che apprezzano la bellezza della musica, diventeremo dei professionisti: ci esibiremo sullo stesso palco di un’orchestra di talentuosi musicisti che suoneranno per noi brani. Chi sa, forse potremo persino esibirci al Festival di Sanremo, no?
Io, ovviamente, mi esibirò con la lettura del film “Il Postino” di Massimo Troisi. Ho scelto questo film perché è uno dei miei preferiti e perché l’attore protagonista ci ha lasciato troppo presto, e io, come tutti gli aspiranti attori, voglio fare un tributo a
chi ci ha preceduto. Ad essere sinceri, sono un po’ emozionato e imbarazzato all’idea di salire su quel palcoscenico davanti ai miei “amici di sventura” e a coloro che ci saranno, ma è solo un dettaglio! Quello che conta è che avrò finalmente la mia occasione per diventare famoso e fare la storia. Per prepararmi, abbiamo già iniziato le prove. Il nostro insegnante di musica ci ha dato i testi da leggere e io li ho studiati con passione durante le sue ore. Non vedo l’ora di esibirmi davanti a un pubblico entusiasta di professori, educatrici, detenuti e appuntati, e diventare il nuovo Troisi del carcerce! E come se non bastasse, la musica ha il potere di farci dimenticare che siamo studenti “ristretti”. Durante le nostre sessioni di prove, detenuti a cantare e appuntati ad

ascoltare si ritrovano tutti insieme Sì, perché se non puoi uscire dalla prigione, almeno la festa entra in aula!
Quindi, cari amici, non importa se siete liberi o no: tutti abbiamo diritto alla musica e alla felicità. E se non potete andare a un concerto, portate il concerto dentro di voi! In quei momenti siamo in grado di dimenticare la nostra situazione per un po’ e questo ci dà la forza per andare avanti.

Ah, e se vi capita di incontrare il prof Picucci, salutatelo da parte mia e ditegli che gli devo ancora la mia razione di caffè e merendine.
Grazie e arrivederci!
Mi chiamo S.M. e sono nato in Pakistan. Vivo in Italia da diversi anni e sono al carcere di San Severo da alcuni mesi. Al telegiornale ho ascoltato la notizia del naufragio di una barca partita dalla Turchia. Non ho potuto fare a meno di ripensare alla mia storia non senza un velo di tristezza. Il mio viaggio verso l’Italia, verso la libertà, verso l’Occidente, verso il lavoro e verso quello che pensavo sarebbe stato il benessere, è stato lungo e faticoso.
Quando paghiamo chi organizza i viaggi, nessuno ci parla dei pericoli. Nessuno ci dice che dobbiamo mettere in conto che potremmo morire. Ecco perché al momento della partenza incontriamo donne incinte, bambini e anziani. Nessuno sa quello che ci aspetta. Sappiamo solo da dove stiamo fuggendo e questo ci basta per guardare avanti.

Il viaggio è molto costoso e alcuni di noi sono costretti a lavorare diverso tempo in Turchia, in Libia o nei Paesi da cui vengono organizzati i viaggi per pagare questi “profeti” della nuova vita che poi scopriamo invece essere solo trafficanti di esseri umani.
Molti di noi non lo capiscono neanche quando arrivano a destinazione, anzi li ringraziano e li vedono come benefattori, come salvatori.
Il viaggio non si è svolto con un unico
mezzo di trasporto. Ho cambiato autobus, automobili, furgoncini più volte. Per alcuni tratti, nelle zone più impervie di montagna, ho camminato a piedi, potendo disporre di poche gocce di acqua e di qualche pezzetto di pane che gli organizzatori ci davano e che trovavamo lungo il cammino.
Vedevo gente morire e vedevo gente già morta lungo le strade. Una volta in una macchina eravamo addirittura in 15. Ci sbattevano dentro senza neanche darci il tempo di domandare. A chi chiedeva o si lamentava, venivano riservati pugni e schiaffoni.

In Grecia ho viaggiato nella stiva di un camion merci. Ero rannicchiato e quando sono sceso sono caduto, talmente non sentivo più le gambe.
L’ultimo tratto l’ho fatto in barca, in mare, tra la Grecia e la Puglia.
Quella notte il mare era calmo. Nonostante la tranquillità, confesso di aver avuto paura quando a un certo punto non si vedeva più terra ma solo mare tutto intorno.

Non ero certo di riuscire a toccare terra. Era buio. Pregavo.
Ho pensato molto alla storia di questi fratelli e ho pregato per loro.
Non mi sono comportato molto bene nella mia vita e ora sto pagando per una serata in cui ero un po' brillo e ho partecipato a una rissa con alcuni miei connazionali. Mi dispiace che gli italiani pensino che noi vogliamo venire qui per non fare niente o per fare i delinquenti. Io volevo lavorare ed è quello che mi piacerebbe fare appena uscirò da qui. Non dovrebbero più succedere queste tragedie. Vorrei che la gente venisse aiutata perché nessuno scappa dalla felicità, ma essa è solo la meta. Le mamme vorrebbero che i propri figli nascessero e vivessero in pace e non nella guerra e nella fame.
In classe abbiamo letto questa frase di una giovane poetessa del Kenya, che mi ha colpito molto:












“NESSUNO METTE I SUOI FIGLI SU UNA BARCA A MENO CHE L’ACQUA NON SIA PIÙ SICURA DELLA TERRA”!

La drammatica storia di un corsista pakistanodi CORSISTI ALFA CULTURALE - C.C. LUCERA a cura della docente MARIA FILIPPA FINALDI
In occasione della Giornata Internazionale della donna, la nostra docente ci ha fatto visionare il film” Mi piace lavorare” che tratta il tema del mobbing sul posto del lavoro. Prendendo spunto dal tema del film, ci ha spiegato che la donna nell’arco della storia non ha sempre goduto dei diritti che oggi le sono riconosciuti e che purtroppo, ancora oggi, in molte parti del mondo, vive una condizione di esclusione e di negazione dei diritti fondamentali.
Nei paesi occidentali, dopo lotte e rivendicazioni, è riuscita ad emergere e ad ottenere un ruolo nella società al pari dell’uomo (almeno sulla carta) e il XIX secolo ha visto il suo riscatto. Si è sviluppato infatti, in questo periodo, il movimento delle “suffragette”, che lottava per l’indipendenza femminile e aveva l’obiettivo di far valere i diritti delle donne, in particolare quello di voto. Grazie a figure femminili, quali, ad esempio, Clelia Romano, appartenente alla famiglia degli antenati della nostra docente, la cui famiglia era originaria di Castelnuovo della Daunia, si è dato voce alle donne del tempo che non potevano parlare della loro condizione subordinata rispetto a quella dell’uomo, denunciando la violenza domestica e la disparità salariale. Clelia Romano era appartenente all’alta società. Donna colta che frequentava il mondo culturale dell’epoca ed in contat-

to con ministri, intellettuali e poeti, capace di farsi ascoltare e attirare l’attenzione su questo tema, proponendo e ottenendo soluzioni. Non è stato un cammino facile, e ancora oggi la donna non è equiparata del tutto all’uomo. Persistono, infatti, ancora pregiudizi e diversità di trattamento sul lavoro, sia come mansioni che come retribuzioni. Spesso sul lavoro la donna è sottoposta a vessazioni e oltraggi, ai quali non è facile ribellarsi, trovando la forza di denunciarli. Anna, la protagonista del film, subisce umiliazioni ed emarginazione, tattiche che mirano a costringerla a rassegnare le dimissioni. Nonostante tutto, lei non soccombe ma trova la forza di rivolgersi al sindacato per difendere i propri diritti. Ne uscirà vittoriosa ottenendo anche un congruo risarcimento economico. Il suo esempio deve essere di monito a tutte le donne che subiscono nella società e nel nei luoghi di lavoro identiche vessazioni e maltrattamenti.

Il film “Mi piace lavorare” ha offerto lo spunto per una riflessione attenta da parte dei corsisti




