Convivium - n. 2-2021 - marzo-aprile 2021

Convivium cum sapientia – bimestrale – Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in Abbonamento Postale – 70 % Firenze

CARNI, SALUMI, VINI E LE ECCELLENZE AGROALIMENTARI ITALIANE

INTERVISTA JAMES O’DONNELL, DIRETTORE ITALIA DI BORD BIA – IRISH FOOD BOARD

REPORTAGE MADE GREEN IN ITALY: ARRIVA L’ETICHETTA PER LE CARNI SOSTENIBILI

FOCUS MANGALICA, IL MAIALE LANOSO CHE PIACE AGLI CHEF

NON SOLO VINO AGLIANICO DEL VULTURE, IL VINO CHE NASCE DA UN VULCANO

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L’arte della Carne

Opera dei fornitori di carne belga Cosa rende la carne belga un’opera d’arte? È il connubio unico tra la carne fresca e una triade vincente: massimo rendimento, efficienza e flessibilità del servizio. Ecco in cosa eccellono i fornitori di carne belga. Ne vuoi un assaggio?

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Editoriale

Lucio Vernillo

In questi ultimi anni si è sentito parlare spesso dell’alimentazione dell’uomo sotto il profilo nutrizionale e dietetico sia da addetti ai lavori che non. Il piacere della “buona tavola” viene quindi messo in discussione per cedere il posto al salutare? O forse stiamo vivendo un periodo di riflessione, di atteggiamento critico nei confronti di certi modelli di vita?

Il cambiamento dei costumi alimentari è inconfutabile e non è solo la conseguenza logica di ritmi di vita diversi. Il fenomeno è più riconducibile a un’innegabile evoluzione socio-culturale. Un tempo, non così lontano, esisteva il problema di cosa mangiare, non tanto in termini di scelta quanto di disponibilità. Successivamente ci si è voluti riscattare dalle sofferenze passate e la carne, in particolare, non solo rispondeva a delle esigenze nutrizionali, ma rappresentava anche un vero e proprio “status symbol”.

Nella società industriale di oggi, in cui il benessere è sempre più diffuso, i consumi di carne sono andati leggermente e progressivamente a diminuire. Il fatto è risaputo e non stupisce in quanto là dove non esiste più o quasi il problema della quantità si riscontra una crescente richiesta di qualità da parte dei consumatori.

Analizzando i consumi dei diversi tipi di carne negli ultimi decenni si ha la conferma di questa evoluzione di costume. Indubbiamente, le carni avicole hanno avuto un forte sviluppo e questo soprattutto perché sono riuscite a inserirsi in una corrente innovativa di prodotti trasformati che rispondono meglio alle attuali esigenze alimentari.

Dopo l’imperversare di diete di ogni tipo, finalmente sembra che si stia riconsiderando il fatto che è bene alimentarsi in modo vario, mangiando un po’ di tutto in giusta misura, con un occhio di riguardo all’aspetto qualitativo.

Il consumatore oggi vuole essere informato sul cibo che mette nel piatto e in questo contesto un’informazione corretta e indipendente resta la miglior garanzia.

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sommario osservatorio del gufo

Un nuovo approccio al cibo in dieci passi fondamentali

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attualità 6 news dalle aziende 14 primo piano La tecnologia al servizio della tracciabilità e della sostenibilità

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intervista James O'Donnell, Direttore Italia di Bord Bia – Irish Food Board

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reportage Made Green in Italy: arriva l’etichetta per le carni sostenibili

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dossier Peste suina africana, una sfida globale

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Studio UE sul futuro della zootecnia europea

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focus Mangalica, il maiale lanoso che piace agli chef

carni

Carne bovina: in sei mesi l’offerta nazionale ha perso il 13,6%

salumi

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Bresaola della Valtellina, una storia lunga sei secoli

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Ventricina del Vastese: dall’Abruzzo il miglior salame d’Italia

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tendenze di mercato Il mercato globale delle carni torna a crescere

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I consumi domestici delle famiglie italiane

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ristorazione ll Mannarino, macelleria di quartiere con cucina

non solo vino

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Wine News

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Aglianico del Vulture, il vino che nasce da un vulcano

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Cantine del Notaio

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Osservatorio del Gufo

Un nuovo approccio al cibo in dieci passi fondamentali Oggi è sempre più evidente la profonda interconnessione tra la salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente. Ciò accentua l’urgenza di trasformare i sistemi agroalimentari del pianeta. È ora di passare all’azione e ripensare totalmente il nostro approccio al cibo, all’alimentazione e alla salute. La pandemia ha sconvolto il mondo, ma può offrire un’opportunità per creare sistemi di produzione alimentare solidi e resilienti, fondamentali per la transizione verso l’Agenda 2030 e i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Il Comitato Scientifico della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition ha proposto 10 azioni concrete e interdisciplinari, decisive per le persone e il pianeta, oggi e in futuro. Di seguito le misure da intraprendere.

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Migliorare standard e terminologie: fissare standard internazionali per promuovere pratiche agricole rigenerative, agro-ecologiche e sistemi alimentari sani e sostenibili. Adottare degli standard globali per la sicurezza degli alimenti, la nutrizione e la qualità del cibo, proteggendo e rafforzando la salute del mondo vegetale e animale nel rispetto di esigenze, preferenze e culture alimentari.

osservatorio del gufo: Un nuovo approccio al cibo in dieci passi fondamentali

Rafforzare i sistemi di misurazione: definire una serie di indicatori per valutare il contributo del sistema alimentare globale alla densità nutrizionale delle diete, la prevenzione delle patologie legate all’alimentazione e la protezione delle risorse naturali e degli ecosistemi. Evidenziare le aree di miglioramento dal campo alla tavola, tra cui la riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari; valorizzare i benefici dell’adozione di pratiche agricole rigenerative e agro-ecologiche per la salute del suolo, le risorse idriche e la riduzione delle emissioni di gas serra per una migliore tutela del pianeta.

Incoraggiare l’impegno delle aziende su salute e sostenibilità: esortare e aiutare le aziende agroalimentari a diventare attori fondamentali del cambiamento, incorporando la sostenibilità nelle proprie strategie d’impresa; contribuire all’adozione di stili alimentari sani e sostenibili, assicurare la trasparenza dei propri processi lungo tutta la filiera; rafforzare le filiere regionali e locali per migliorare la distribuzione, contribuendo a garantire il diritto al cibo.

Promuovere la digitalizzazione delle informazioni: incentivare l’utilizzo di soluzioni tecnologiche, digitali e geo-spaziali, garantendo l’accesso a tutti gli addetti della filiera alimentare. Investire in strumenti di raccolta e condivisione di dati più accessibili; creare reti di conoscenza per lo scambio di informazioni al fine di favorire scelte e soluzioni innovative più sostenibili da parte di agricoltori e produttori; garantire protezione e regolamentazione dei dati.

Identificare il costo reale del cibo: riconoscere il costo reale di produzione e di consumo e stabilire indicatori per misurarne l’impatto. Mobilitare la finanza verso investimenti che contribuiscano alla salute pubblica e riducano le esternalità ambientali negative, aumentando la resilienza dell’uso del suolo. Informare le persone sugli impatti economici, sociali e ambientali delle proprie scelte alimentari quotidiane; incoraggiare i decisori politici a considerare il costo reale del cibo in linee programmatiche e in azioni.

Migliorare la sicurezza e diversità delle sementi e la rigenerazione del suolo: proteggere le piante da parassiti e malattie emergenti riducendo la dipendenza dai pesticidi; eliminare le barriere d’accesso a sementi di qualità, assicurare un miglior accesso al mercato per gli agricoltori e la protezione di sementi tradizionali e locali. Adottare pratiche agricole sostenibili per migliorare la salute e la fertilità del suolo, la biodiversità, il risparmio idrico e la densità di nutrienti nei raccolti.

il dialogo e la cooperazione tra città e creando hub di sviluppo sostenibile in tutto il mondo.

Aumentare la consapevolezza e l’informazione: generare consapevolezza sulla connessione sistematica tra cibo e ambiente; promuovere programmi di formazione e campagne di sensibilizzazione per rendere più sani e sostenibili i modelli di produzione e consumo di cibo; assumere comportamenti alimentari più responsabili per ridurre l’impatto ambientale, economico e sociale dello spreco alimentare.

Consentire l’adozione di scelte alimentari sane e sostenibili: incoraggiare scelte alimentari informate, sane e sostenibili, assicurando al contempo alle fasce più vulnerabili della popolazione l’accesso a cibo nutriente e di qualità. Assicurare che tutti i contesti alimentari che influenzano le scelte individuali promuovano la salute e la sostenibilità, anche mediante un’adeguata etichettatura che evidenzi la profonda interconnessione tra alimentazione, clima, ambiente e giustizia sociale.

Creare resilienza globale: mettere in atto azioni che, in modo decisivo e coraggioso, affrontino i cambiamenti climatici e aumentino la resilienza globale dei sistemi alimentari, attraverso la cooperazione e l’impegno internazionale, riducendo l’uso improprio di antimicrobici in zootecnia per prevenire l’antibiotico-resistenza, proteggendo gli ecosistemi naturali attraverso la riduzione del commercio di animali selvatici e della deforestazione globale, migliorando la resilienza nell’uso del suolo.

Mobilitare tutti gli attori: indirizzare amministrazioni comunali ed enti pubblici alla creazione di ambienti alimentari sani e sostenibili. Adottare responsabilità integrate e condivise tra società civile, imprese, decisori politici e produttori per realizzare politiche e iniziative, agevolando

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Fonte: Barilla Center for Food & Nutrition

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Attualità Cibus 2021: nuove date da martedì 31 agosto a venerdì 3 settembre. Alla decisione ha concorso anche una valutazione sul processo di vaccinazione in Italia e l’organizzazione dei corridoi aerei per i buyer esteri.

Al termine di due sondaggi, uno tra le aziende espositrici e l’altro tra i buyer nazionali ed esteri, Fiere di Parma e Federalimentare hanno fissato le date di Cibus 2021: si terrà nella prima settimana di settembre,

La XX edizione di Cibus 2021, Salone Internazionale dell’Alimentazione, sarà la fiera della ripartenza dell’agroalimentare italiano, la prima vetrina dell’anno per il food&beverage nazionale. Saranno esposti i nuovi prodotti che traineranno la ripresa dei consumi interni e dell’export internazionale in tutte le merceologie: dai salumi ai formaggi, dalla pasta al pomodoro, dall’olio ai prodotti da forno, dal beverage al grocery, dai surgelati ai prodotti locali, e altro ancora.

La riapertura di Cibus coincide con una ripresa dell’export dell’agroalimentare: i dati Istat, elaborati da Federalimentare, già riferiscono di una sostanziale tenuta nel 2020 (+0,1%

nei primi 10 mesi del 2020), che dovrebbe evolvere in una crescita significativa nel primo semestre 2021.

Un dato che lascia ben sperare su un cospicuo afflusso di buyer internazionali, tanto che è stato allocato un budget record per favorire l’incoming. Un dialogo, quello con i buyer esteri, che non si è mai interrotto nei mesi più difficili della pandemia grazie al consolidamento della piattaforma B2B My Business Cibus, ai webinar di Cibus Lab e alla partecipazione di Cibus alla fiera Food Hotel China di Shanghai e al Gulfood di Dubai.

A Cibus 2021 sono attese circa tremila aziende espositrici italiane e saranno presenti tutti gli attori della filiera agroalimentare. La fiera rappresenterà dunque un’occasione per analizzare i grandi cambiamenti accelerati dalla pandemia, sia a livello produttivo sia a livello di consumi. I convegni saranno organizzati in una cornice unica e coerente, chiamata “Cibus Forum”, anche per sottolineare la continuità con quanto elaborato nello scorso Cibus Forum tenutosi a settembre 2020.

Origine della carne di coniglio: ancora nessun impegno dalla UE L’eurodeputata Mara Bizzotto ha raccolto il grido di allarme dell’associazione di produttori Coldiretti Treviso riguardo alle speculazioni sui prezzi della carne di coniglio Made in Italy.

Considerato che alcuni produttori italiani hanno riscontrato speculazioni sui prezzi della carne di coniglio e preso atto del fatto che il regolamento (UE) n.1169/2011 ha reso obbligatoria l’indicazione d’origine per le carni fresche suine, ovino-caprine e di pollame, mentre la carne di coniglio è esclusa da tale obbligo, l’eurodeputata Mara Bizzotto ha chiesto alla Commissione europea se intendesse estendere l’obbligo di etichettatura di origine anche a queste carni e ai prodotti trasformati a base di coniglio. L’Unione europea non ha però assunto nessun impegno al riguardo.

“Come tutti i prodotti di origine animale, ogni partita di carne di coniglio che entri nell’UE da Paesi terzi deve essere presentata per i controlli ufficiali al posto di controllo frontaliero", ha dichiarato la commissaria Kyriakides. “Tali controlli ufficiali comprendono controlli documentali, controlli di identità e controlli fisici al fine di verificare la conformità alla legislazione dell’UE. La verifica della conformità dell’etichettatura ai requisiti dell’UE rientra per l’appunto nei controlli fisici. Il basso prezzo all’importazione o alla produzione, considerato isolatamente, non è sufficiente a determinare l’esistenza di pratiche di concorrenza sleale”.

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Fonte: Anmvi

attualità

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Attualità Tecnologo alimentare ed etica professionale Vanni Baravelli, Vice Presidente del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari, racconta come è cambiata la professione di tecnologo alimentare da quando è stato istituito il primo corso di laurea a oggi.

Sono trascorsi 50 anni da quando, a Milano, presso la Facoltà di Agraria si sono laureati i primi Dottori in Scienze delle Preparazioni Alimentari, oggi Scienze e Tecnologie Alimentari. Il corso di laurea, ormai diffuso su tutto il territorio nazionale, fu voluto da alcuni docenti universitari della Facoltà di Agraria per rispondere alle esigenze dell’industria alimentare che necessitava di esperti per la lavorazione degli alimenti, nella prospettiva del panorama tecnologico che si stava delineando.

Dagli anni ‘70 a oggi le abitudini dei consumatori si sono estremamente evolute, portando a un nuovo stile di vita, un diverso consumo dei pasti e una maggiore attenzione alla qualità. La riduzione del tempo disponibile per la preparazione e il consumo dei pasti ha determinato la crescita della domanda di prodotti semicotti, surgelati e monoporzione.

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Di conseguenza è cresciuta, da parte dell’agro-industria, l’esigenza di adottare metodi e tecniche altamente specializzate, capaci di garantire un elevato grado di conservabilità dei prodotti senza intaccarne la qualità. È cresciuta, di conseguenza, la domanda di tecniche avanzate di conservazione e di packaging finalizzati a garantire la conservabilità ottimale dei prodotti. Allo stesso tempo il consumatore è diventato più consapevole e più attento alla qualità, sollecitato dalle diverse forme di informazione e di etichettatura degli alimenti.

ne Europea e decreti nazionali, che hanno comportato, per chi lavora nel settore, la necessità di un continuo aggiornamento e di formazione professionale. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Tecnologi Alimentari ha emanato il Codice Deontologico, redatto a seguito di un serio lavoro, basato su valori fortemente etici.

L’etica professionale non è altro che un corretto comportamento, lealtà e trasparenza sia nei confronti dei propri collaboratori che dei clienti: è importante mantenere le promesse fatte, ma ancora prima, promettere solo quello che si è in grado di fare. Per chi lavora in questo ambito è necessario non ascoltare le “sirene dei facili guadagni” sollecitati, a volte, da imprenditori spinti a far quadrare i bilanci finanziari: il tecnologo deve essere rispettoso di ciò che si ritiene sia la cosa giusta da fare e deve quindi seguire i principi morali inerenti la propria professione.

Vorrei concludere con un auspicio: la diffusione della nostra professione, svolta con competenza e responsabilità, porterà certamente un valido contributo e ci auguriamo un ruolo primario nello sviluppo del settore agroalimentare, che è di vitale importanza per l’economia nazionale ed europea.

Negli anni si sono succeduti nuovi regolamenti dell’Unio-

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Dott. Vanni Baravelli, Vice Presidente Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari vicepresidente.baravelli@tecnologialimentari.it

Attualità Nuova dicitura in etichetta per aiutare il consumatore a orientarsi meglio nell’acquisto L’EFSA ha creato uno strumento per aiutare gli operatori del settore alimentare a decidere quando apporre sui loro prodotti la dicitura “da consumarsi entro il”, oppure “da consumarsi preferibilmente entro il”. La prima dicitura riguarda la sicurezza: gli alimenti possono essere consumati fino a una certa data, ma non dopo, anche se hanno un bell’aspetto e un buon odore. La seconda si riferisce alla qualità: quel cibo sarà sicuro da consumare anche dopo la data che figura in etichetta, ma potrebbe non essere nelle condizioni ottimali. La Commissione europea stima che fino al 10% degli 88 milioni ddi tonnellate di sprechi alimentari prodotti ogni anno nell’UE sia connesso all’indicazione della data di scadenza sui prodotti alimentari. Kostas Koutsoumanis, presidente del gruppo di esperti EFSA sui pericoli biologici, ha dichiarato: “Informazioni chiare e corrette sulla confezione e una miglior comprensione e applicazione dell’indicazione della data appropriata sugli alimenti da parte di tutti i soggetti coinvolti possono contribuire a ridurre gli sprechi alimentari nell’Unione europea, pur continuando a garantire la sicurezza degli alimenti. Il parere scientifico indicato rappresenta un passo avanti in tale direzione”. Lo strumento è strutturato in forma di albero decisionale contenente una

serie di domande a cui l’operatore del settore alimentare deve rispondere per orientarsi verso l’opzione di etichettatura più opportuna. Le domande sono varie: per esempio si chiede se i requisiti di indicazione della data per una categoria di alimenti siano già prescritti dalla legislazione; se il prodotto subisca trattamenti per prevenire eventuali pericoli, se verrà manipolato nuovamente prima del confezionamento; quali siano le sue caratteristiche e le condizioni di conservazione. Gli esperti hanno anche analizzato i fattori che devono essere presi in considerazione dagli operatori del settore alimentare per stabilire il “termine di conservabilità”, ovvero la finestra temporale durante la quale un alimento resta sicuro e/o di qualità adeguata per il consumo, presupponendo che la confezione resti intatta e il prodotto venga conservato secondo le istruzioni. Quest’anno il gruppo di esperti scientifici dell’EFSA sui pericoli biologici pubblicherà un altro parere scientifico sul tema. Il documento verterà sulle informazioni destinate ai consumatori sulle condizioni di conservazione, i limiti di tempo per il consumo dopo l’apertura della confezione e le pratiche di scongelamento.

Fonte: www.sivempveneto.it

Via Firenze, 28

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Attualità Salute: la UE vuole criminalizzare carne, salumi e vino L’Unione europea vuole cancellare i fondi per la promozione di carne, salumi e vino prevedendo addirittura etichette allarmistiche sulle bottiglie come già accade per i pacchetti di sigarette.

Il Piano d’azione per migliorare la salute dei cittadini europei (Europe’s Beating Cancer Plan – let’s strive for more), che la Commissione Europea ha presentato alla vigilia della Giornata mondiale contro il cancro (4 febbraio), ha sollevato le critiche di Coldiretti e Assica. Nel documento elaborato dalla DG SANTE della Commissione, infatti, c’è la volontà di eliminare dai programmi di promozione i prodotti agroalimentari associati ai rischi di tumore, tra i quali vengono citate le carni rosse e trasformate e il vino.

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Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, in una lettera inviata al Commissario Europeo per gli affari economici Paolo Gentiloni, ha rilevato che “il giusto impegno della Commissione Europea per tutelare la salute dei cittadini non può tradursi in decisioni semplicistiche che rischiano di criminalizzare ingiustamente singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate. L’equilibrio nutrizionale va infatti ricercato tra i diversi cibi consumati nella dieta giornaliera e non certo condannando lo specifico prodotto”.

Le misure della Commissione UE nell’ambito dell’attività di prevenzione del Piano riguardano tra l’altro – riferisce la Coldiretti – la proposta di introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche prima del 2023, ma anche la volontà di eliminare dai programmi di promozione i prodotti agroalimentari, come le carni rosse e quelle trasformate, che vengono associati ai rischi di tumore. Una scelta che colpisce prodotti simbolo del Made in Italy.

L’Italia è il principale produttore europeo di vino, ma anche il Paese più ricco di piccole tipicità tradizionali, che hanno bisogno di sostegni per farsi conoscere sul mercato e che rischiano invece di essere condannate all’estinzione.

“Stentiamo a credere che la posizione presa non sia ideologica, in quanto anche la Scienza è unanime nel dire che non è il prodotto in sé a essere pericoloso, ma la quantità che se ne assume: se ne deve consumare una quantità spropositata perché vi sia una percentuale di rischio, minima e comunque tutta da verificare” ha affermato il Presi-

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dente di Assica, Nicola Levoni. “Il consumo di carne è indispensabile all’organismo poiché contribuisce a fornire l’apporto di proteine, vitamine, sali minerali e altri nutrienti di cui ogni individuo ha bisogno in ogni fase della vita. Ecco perché prosciutto, salame, bresaola e tutti gli altri salumi sono elementi imprescindibili di una dieta varia ed equilibrata per bambini, giovani, adulti, anziani e per gli sportivi. Chiediamo alla politica di far prevalere il buon senso affinché non avvengano né ora né in futuro discriminazioni ingiustificate tra alimenti, tutti indispensabili all’interno di una corretta alimentazione”, ha concluso Levoni.

La norcineria italiana – ha aggiunto la Coldiretti – è un settore di punta dell’agroalimentare nazionale, grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione, con un fatturato che vale 20 miliardi, ma che è stato fortemente ridimensionato nel 2020 per effetto della chiusura della ristorazione. Non bisogna infine dimenticare il volano economico generato dal vino italiano, che vale oltre 11 miliardi di fatturato, secondo i dati dello scorso anno, e che offre opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone.

Secondo Coldiretti il nuovo Piano rappresenta una provocazione nei confronti dell’Italia a dieci anni dal riconoscimento Unesco della dieta mediterranea, fondata proprio su un’alimentazione diversificata che con pasta, frutta, verdura, carne, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari ha consentito fino ad ora agli italiani di conquistare il primato europeo di longevità.

Attualità Cambio al vertice del Consorzio Tutela Vitellone Bianco Appennino Centrale IGP – Andrea Petrini è il nuovo direttore generale

Andrea Petrini è il nuovo direttore generale del Consorzio tutela Vitellone Bianco Appennino Centrale IGP. Raccoglie il testimone da Paolo Canestrari, il quale raggiunge la pensione dopo 17 anni alla guida del Consorzio. carica come direttore. Nel nuovo ruolo Petrini sarà impegnato a rendere operativi quelli che sono gli scopi principali del Consorzio: la tutela del marchio IGP “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”, la promozione e la valorizzazione del prodotto, l’attività di informazione al consumatore e la cura generale degli interessi relativi alla produzione IGP. Queste le prime parole del neo direttore: “Ringrazio tutto il consiglio direttivo e il presidente per la fiducia che mi è stata accordata e il mio predecessore, Paolo Canestrari, per il prezioso lavoro svolto fino a oggi.

Ci aspettano sfide importanti e difficili che coinvolgono il nostro Consorzio e, più in generale, tutto il settore dell’agroalimentare. Lavorando in sinergia con tutti i soci e con tutti coloro che ruotano attorno al mondo del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP potremmo fare di questa fase così delicata la base per poter ripartire e per poter raggiungere obiettivi ancora più importanti”.

Classe 1974, Petrini è nato a Sassoferrato, in provincia di Ancona; si è laureato in Scienze della Produzione Animale all’Università degli Studi di Perugia. Dopo aver lavorato all’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne (ANABIC) e al Consorzio Carni Bovine Italiane (CCBI), dal 2005 è stato coordinatore del Consorzio di Tutela Vitellone Bianco Appennino Centrale IGP, ruolo che ha ricoperto fino al 1° gennaio, quando è entrato in

Il Consorzio di tutela Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP è stato costituito nel 2003 ed è stato ufficialmente riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel 2004. L’Indicazione Geografica Protetta del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, primo marchio di qualità per le carni bovine fresche approvato dall’Unione europea per l’Italia, risale, invece, al 1998. Attualmente il Consorzio è formato da 1827 soci tra allevatori, macellatori e porzionatori.

Covid, la Pasqua blindata ferma un italiano su 3 Le nuove restrizioni colpiranno soprattutto gli agriturismi, meta preferita dagli italiani durante il periodo pasquale.

Sarà una Pasqua blindata, lontano da parenti e amici: lo ha stabilito il nuovo Dpcm in vigore dal 6 marzo al 6 aprile. Una decisione pesante per la mobilità, secondo un'analisi Coldiretti/Ixe', che riguarda anche il primo lungo weekend di festa che rappresenta anche l’occasione per le gite fuori porta di Pasqua e Pasquetta. Un appuntamento importante che segna tradizionalmente l’inizio

della stagione per molti dei 24mila agriturismi italiani che sono stati duramente colpiti dall’emergenza Covid con perdite che hanno raggiunto 1,2 miliardi di euro. Secondo Coldiretti, a rischio c’è un sistema di servizi, ospitalità e agri-ristorazione che prima della pandemia poteva contare su un fatturato di 1,5 miliardi di euro grazie a poco più di 14 milioni di presenze, delle quali ben 8,2 milioni

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provenienti dall’estero. Gli agriturismi, spesso situati in zone isolate in strutture familiari con un numero contenuto di posti letto e a tavola e ampi spazi all’aperto, sono forse – conclude Coldiretti – i luoghi più sicuri, perché è più facile garantire il rispetto delle misure di sicurezza per difendersi dal contagio. “Le nostre aziende sono situate in aperta campagna nella massima sicurezza, rispettano tutte le prescrizioni sanitarie e come ulteriore impegno a garanzia di tutti abbiamo anche creato un vademecum interno per rafforzare le misure anti contagio” spiega il presidente di Terranostra, Diego Scaramuzza.

Fonte: Coldiretti

TuttoFood e HostMilano insieme a Fiera Milano, dal 22 al 26 ottobre dole a essere sempre più competitive in un mercato dove l’innovazione e l’internazionalizzazione rappresentano elementi fondamentali per la ripresa dei settori economici oltre che per l’intero sistema Paese”.

“Consapevoli della centralità delle nostre manifestazioni vogliamo trasformare le incertezze di questo momento in opportunità. – afferma Luca Palermo, Amministratore Delegato di Fiera Milano – La contemporaneità delle due manifestazioni, fortemente connesse, consentirà l’arricchimento dell’intero sistema del Food e dell’Hospitality e Milano si confermerà, ancora una volta, hub internazionale di interscambio e facilitatore di occasioni di incontro e di opportunità di business tra le filiere”.

TuttoFood Milano, la manifestazione B2B globale e innovativa dell’ecosistema agroalimentare, punto di riferimento nazionale e internazionale, ha deciso di spostare il tradizionale appuntamento di maggio a ottobre 2021, nei giorni dal 22 al 26, per cogliere l’opportunità di combinare le sinergie strategiche e di sistema con HostMilano, la manifestazione leader mondiale delle tecnologie e delle soluzioni per l’ospitalità e il fuori casa.

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“In questo momento è necessario agire in modo sinergico e trasversale anche nel settore fieristico – afferma Carlo Bonomi, Presidente di Fiera Milano – le manifestazioni professionali devono rimanere al fianco delle imprese, aiutan-

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TuttoFood, la fiera agroalimentare con l’offerta merceologica più completa in Italia, che abbraccia tutte le filiere del Food & Beverage, insieme a HostMilano, già leader indiscussa, saranno un appuntamento unico e irrinunciabile per tutti gli addetti ai lavori, una forte piattaforma di networking di caratura internazionale a disposizione dei protagonisti delle filiere.

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Con Berti Piero porti in tavola la bontà e la tradizione di un alimento sano e genuino, risultato di una ȴliera produttiva integrata che combina metodologie artigianali con nuove tecnologie, nel rispetto delle norme di sicurezza e trasparenza.

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“Il gusto genuino della tradizione” 13

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News dalle Aziende

Simone Rugiati diventa brand ambassador della carne irlandese in Italia Il gusto autentico e la qualità premium di questo prodotto verranno esaltati dalla maestria e creatività dello chef. l’alimentazione naturale e ricca rendono la qualità della carne irlandese incredibile, oltre a essere sostenibile. Da amante della carne cerco di rispettare la materia prima il più possibile, esaltandone i sapori con la cottura: è quello che ritroverete nelle mie ricette.”

La collaborazione, che nasce con l’obiettivo di far conoscere ancora meglio la carne irlandese al grande pubblico, coinvolgerà principalmente i profili social dello Chef (Instagram e Facebook), oltre alla sua attiva partecipazione ad attività di media relations.

“Siamo felici di comunicare oggi questa collaborazione con un personaggio così conosciuto e amato dal pubblico italiano”, ha dichiarato Francesca Perfetto di Bord Bia Italia. “Simone si è dimostrato subito entusiasta di diventare ambassador della nostra carne, apprezzando fin da subito le qualità di questo prodotto, straordinario sotto diversi punti di vista: il gusto, la versatilità in cucina, le sue proprietà nutritive e, non da ultimo, il metodo di allevamento, incentrato sulla sostenibilità della filiera e il benessere animale.”

Con l’inizio del nuovo anno Bord Bia, l’ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi, sancisce la collaborazione con Simone Rugiati, chef, autore e produttore televisivo molto amato dal pubblico italiano, che diventa ambassador della carne irlandese per l’Italia. Un connubio importante che, grazie alle straordinarie doti di creatività e innovazione dello chef, esalterà ancora di più le qualità di questa carne, così buona perché allevata in armonia con la natura.

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“Prima la materia, questo è il mio claim”, commenta Simone Rugiati. “Da chef è un piacere lavorare con una qualità del genere e in questo caso il suo profumo e la marezzatura ti dicono già quanto è buona ancor prima di assaggiarla. Quello che mi piace di più, però, è la storia che si cela dietro al piatto: famiglie con una dedizione incredibile, un luogo che assomiglia tanto al paradiso e una grande etica. Noi siamo quello che mangiamo e lo stesso vale per gli animali che alleviamo. Il benessere psicofisico, la qualità di vita, la vicinanza del mare e

La carne proveniente dall’Isola di Smeraldo è davvero “buona per natura”, soprattutto grazie al metodo di allevamento tradizionale che permette agli animali di pascolare liberi per buona parte dell’anno, in simbiosi con la natura, sulle straordinarie distese di prati verdi, seguendo un’alimentazione a base di erba, prodotto ricco di nutrienti e di alta qualità. Ciò consente di avere una carne tenera, di colore rosso borgogna e dal grasso dorato, ben marezzata e dal gusto deciso che non solo soddisfa il palato, ma è anche ricca dal punto di vista nutrizionale.

Sapori d’Irlanda per celebrare san Patrizio Per conoscere la ricetta ideata dallo chef Rugiati per festeggiare la più celebre festa irlandese, il St. Patrick’s Day, visita il nostro sito: www.convivium.it

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News dalle Aziende

One Ocean Foundation e Esselunga insieme per un progetto educativo One Ocean Foundation (OOF), iniziativa dedicata alla salvaguardia dei mari, lancia Il Mare Inizia da Qui, il progetto educativo di sensibilizzazione ambientale dedicato agli istituti scolastici italiani in collaborazione con Esselunga.

L’obiettivo del progetto è sensibilizzare e coinvolgere i giovani sul tema della sostenibilità degli oceani attraverso l’inserimento nei programmi scolastici di iniziative educative volte a mettere in luce il nodo che lega a doppio filo ecosistemi marini e montani, interconnessi tra loro anche se distanti.

OOF, dedicata alla conservazione degli ecosistemi marini, si pone come acceleratore di un vero e proprio cambiamento culturale mettendo a disposizione una piattaforma digitale e interattiva (ilmareiniziadaqui.org) con una serie di materiali didattici che guiderà le scuole e i giovani studenti durante le tappe del progetto.

“Il 2021 segna l’inizio del decennio dedicato ai mari e alla loro protezione”, ha commentato Riccardo Bonadeo, Vicepresidente di One Ocean Foundation. “È fondamentale, ora più che mai, accrescere la consapevolezza sulla sostenibilità degli oceani coinvolgendo innanzitutto le nuove generazioni con iniziative e attività volte a sensibilizzarle sull’impatto che le azioni hanno sugli ecosistemi marini, anche se fisicamente distanti da essi.”

Il Mare Inizia da Qui è supportato da Esselunga. “Da sempre riserviamo grande importanza alla promozione di iniziative di educazione rivolte ai giovani – ha commentato Roberto Selva, Chief Marketing & Customer Officer di Esselunga – soprattutto se finalizzate alla tutela e salvaguardia dell’ambiente, un pilastro fondamentale nella strategia di sostenibilità di Esselunga. Siamo orgogliosi di aver avviato questa preziosa collaborazione con One Ocean Foundation”.

Conad e TESISQUARE®, premiato il progetto Conad Logistics La logistica collaborativa e sostenibile del progetto “Conad Logistics” ha conquistato il Premio “Il Logistico dell’Anno 2020” per la sezione “Innovazione in ambito tecnologico e logistica 4.0”.

Conad e TESISQUARE®, partner tecnologico specializzato nella progettazione e implementazione di ecosistemi digitali collaborativi, hanno ricevuto il Premio “Il Logistico dell’Anno 2020” per la sezione “Innovazione in ambito tecnologico e logistica 4.0” con il progetto Conad Logistics, realizzato per una gestione strategica del trasporto e della razionalizzazione dei flussi primari.

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Il progetto mira al continuo miglioramento della qualità e dell’efficienza della filiera in termini di flussi distributivi e sostenibilità ambientale. Un’iniziativa totalmente innovativa a livello nazionale. Lo scopo è portare benefici alle politiche di approvvigionamento e ridurre significativamente le emissioni del trasporto in tutti i flussi, favorendo l’utilizzo di mezzi a minor impatto, la saturazione dei carichi e incrementando l’intermodalità sulle medio/lunghe

distanze. La razionalizzazione delle tratte, dei carichi e dei mezzi ha permesso un’ulteriore riduzione dell’impatto ambientale rispetto ai progetti già attivati in passato.

“Conad Logistics rappresenta una grande innovazione di processo con significativi vantaggi in termini di efficienza ed efficacia delle politiche di approvvigionamento delle merci,” ha dichiarato Andrea Mantelli, Direttore Supply Chain Conad. “Con questo progetto alimentiamo un sistema logistico sempre più sostenibile e virtuoso, rafforzando la nostra posizione di leader nel mercato distributivo italiano. Siamo fieri e grati di questo importante riconoscimento ottenuto con TESISQUARE, consapevoli che digitalizzazione e dinamicità sono ingredienti essenziali per soddisfare le esigenze dei nostri Soci e clienti”.

news dalle aziende

Vanlommel fornisce carne di vitello su misura: tagliata e confezionata come pi vi piace.

In quanto regista di una Þliera chiusa, Vanlommel si occupa in proprio dellÕintero processo, dallÕacquisto e dallÕevoluzione dei vitelli da ingrassare, Þno alla tracciabilit completa a livello del singolo pezzo porzionato.

Professionalit con totale Þducia.

17 www.convivium.it

Commercio di bovini e carni Industrielaan 21 2250 Olen Belgio

T: +32 (0)14 21 51 50 F: +32 (0)14 21 44 42 E: info@vanlommel.be www.vanlommel.be

Primo Piano

La tecnologia al servizio della tracciabilità e della sostenibilità La pandemia da Covid-19 ha reso i consumatori non solo più consapevoli, ma anche più esigenti verso brand e retailer; gli italiani sono disposti a pagare di più per alimenti sani e sostenibili rispetto al resto d’Europa. In questo contesto, la tecnologia moderna rappresenta un valido supporto per risalire tutta la filiera fino all’origine del prodotto.

Anche quest’anno Morning Consult e IBM hanno condotto l’indagine IBM Food Sustainability Study negli Stati Uniti e in Europa, analizzando l’importanza che i consumatori danno alla sostenibilità alimentare.

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L’ indagine, che ha coinvolto circa 3.500 persone tra cui 988 italiani, mostra come e quanto sia importante conoscere la provenienza del cibo che portiamo sulle nostre tavole, ma anche come i consumatori non stiano solo diventando sempre più responsabili nelle scelte d’acquisto, ma anche più esigenti nei confronti dei brand e dei retailer, ai quali è chiesta chiarezza e trasparenza dei processi con il supporto della tecnologia. Cresce, infatti, la fiducia nei sistemi di tracciabilità basati sulla blockchain quali indicatori per acquisti più sostenibili; tuttavia, i prezzi troppo alti rimangono un ostacolo da abbattere.

Sostenibilità del cibo: quanto pesa per gli italiani?

Nella valutazione degli acquisti gli italiani hanno sempre dato la precedenza alla provenienza locale (58%) e ai cibi sani (45%) piuttosto che all’origine sostenibile o alla riduzione degli sprechi. In particolare sono le generazioni più anziane a dare peso alla provenienza del cibo, mentre i giovani danno più importanza ai benefici per la salute.

La pandemia di Covid-19, tuttavia, ha apportato cambiamenti anche nell’educazione alimentare degli italiani: circa la metà degli intervistati ora è più propensa a preoccuparsi della sostenibilità del cibo che acquista, con la GenZ in testa per l’attenzione a questi aspetti (55%). Inoltre, prima dello scorso Natale, è stata sondata l’impor-

primo piano: la tecnologia al servizio della tracciabilità e della sostenibilità

tanza della sostenibilità ambientale nella spesa per le feste: rispetto al 2019, l’8% in più degli italiani (86%), e quindi una forte maggioranza, ha affermato di considerare la sostenibilità un fattore chiave della cena di Natale e delle festività in generale.

97%

Mangiare meglio costa: per gli europei il prezzo è un ostacolo, per gli italiani una garanzia

93%

La ricerca ha evidenziato come i prezzi ancora troppo alti siano il principale ostacolo all’approvvigionamento di cibi di provenienza più responsabile a livello europeo (42%).

Per gli italiani, però, è la scarsità di informazioni relative alla provenienza del cibo a costituire la principale problematica al momento dell’acquisto (35%): 3 italiani su 4, infatti, sono disposti a pagare anche il 5-10% in più del prezzo allo scaffale per poter disporre di cibi di origine sostenibile.

La lotta agli sprechi ha sempre più importanza La maggioranza degli intervistati italiani (75%) ha espresso preoccupazione per lo spreco alimentare: sono soprattutto le donne (78%) e i Millennial (80%) le categorie più attente agli sprechi. Inoltre, il 92% dei partecipanti al sondaggio si dice

Agli intervistati è stato chiesto di dare un’opinione sui seguenti punti:

Gli intervistati italiani di tutte le generazioni ritengono importanti le informazioni sull'autenticità, sulla durata di conservazione e sulla data di produzione originale dei prodotti.

95%

91%

89%

Durata del prodotto

GenZers: 1997-2012

Autenticità

Millennials: 1981-1996

più disponibile nell’acquistare gli alimenti presso supermercati che hanno progetti e iniziative riguardanti lo spreco alimentare.

Tecnologia preziosa: per gli italiani la blockchain dà valore al cibo Continuando il trend del 2019, il 92% degli italiani afferma che la blockchain e la tracciabilità degli alimenti sono preziose: in particolare sono le donne (3 su 5) e i Baby Boomers (63%) a ritenere che la

Analisi delle risposte sulla tracciabilità dei prodotti. Il 93% degli intervistati italiani concorda sulla necessità di conoscere l’origine dei prodotti alimentari, mentre l’87% è interessato che il cibo provenga da una fonte etica e responsabile.

È importante sapere da dove provengono gli alimenti che acquisto Mi interessa che il cibo che acquisto provenga da fonte etica e responsabile

42%

45%

Sono disposto a pagare di più per gli alimenti prodotti in modo etico e responsabile

47%

33%

Conosco esattamente l’origine da cui provengono gli alimenti che acquisto

51%

19%

0%

30%

D’accordo

Parz. d’accordo

5% 2%

35%

58%

60%

Disaccordo

8%

6%

3%

9% 4%

11%

20%

3%

90%

Parz. in disaccordo

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120%

Non so

GenXers: 1965-1980

Data di origine del prodotto b Boomers: 1946-1964

tracciabilità dei cibi dovrebbe diventare una costante perché permette di garantire l’autenticità dei prodotti, fornendo informazioni certificate su provenienza, freschezza e processo di lavorazione. Secondo un altro studio recente di IBM e Morning Consult, il 71% degli italiani incrementerebbe i propri acquisti se potesse verificare la sostenibilità degli allevamenti e delle produzioni con l’aiuto delle tecnologie più avanzate, tra cui blockchain, AI, sensori IoT, cloud.

Blockchain La tecnologia di blockchain offre un percorso certo di tracciabilità nelle catene di approvvigionamento, favorendo la trasparenza e consentendo di evitare i rischi e le frodi alimentari.

La blockchain comporta anche vantaggi economici accelerando di fatto transazioni e pagamenti. Con la sua introduzione il quadro del settore alimentare cambierà a vantaggio di una migliore organizzazione, gestione e fluidità di rapporti commerciali.

La più grande rivoluzione, tuttavia, avverrà a livello dei consumatori che potranno accedere a informazioni aggiuntive sul tipo di produzione verificando se è etica, sostenibile e salutare.

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Noi galline di Cascina Italia mangiamo solo mangime del nostro mangimificio

I nostri allevamenti sono parte di una filiera controllata

Le nostre uova arrivano nell’innovativo stabilimento 4.0 di Cascina Italia che ogni giorno lavora 2,5 milioni di uova

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Dalle nostre uova vengono prodotti primo piano: la tecnologia al servizio della tracciabilità e della sostenibilità

Qualità e praticità in bottiglia Gli ovoprodotti pastorizzati di Cascina Italia sono

Le tre referenze Albume, Tuorlo e Misto d’uovo sono disponibili nella

funzionali, pratici e salubri

pratica confezione richiudibile in PET da 250g

grazie al moderno impianto di pastorizzazione.

Ottenuti da galline allevate a terra, i prodotti sono ideali per la preparazione di

prodotti da forno, dolci, creme e pasta all’uovo.

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Intervista

Intervista a James O’Donnell, Direttore Italia di Bord Bia – Irish Food Board Convivium ha recentemente intervistato James O’Donnell, che ha illustrato i nuovi progetti e le prospettive di Bord Bia - Irish Food Board per un modello produttivo più sostenibile e di qualità, in linea con gli orientamenti di mercato e nel rispetto delle risorse del pianeta. lori di un prodotto realizzato in armonia con la natura e sottolineando il nostro grande impegno a produrre cibo in modo sostenibile. Oggi i consumatori cercano prodotti che condividano i loro valori sempre più rivolti alla protezione dell’ambiente, della natura e del benessere animale. Con il nostro programma nazionale Origin Green condividiamo questi valori cercando di produrre cibo in modo sostenibile. I nostri sistemi di produzione si basano su un modello di alimentazione a base di erba che ha dimostrato di avere il minor impatto ambientale possibile.

Le carni bovine d’Irlanda si caratterizzano indubbiamente come prodotto premium, quali sono i canali di vendita di riferimento e il target di consumatori?

In Italia, la carne irlandese viene distribuita presso tutti i maggiori retailer, distributori food service e nelle migliori macellerie. Il nostro target di consumatori va dai 30-35 anni in su ed è un consumatore consapevole e attento; fa scelte di acquisto orientate non solo dal prezzo, ma anche dall’impatto che queste hanno sull'ambiente e dalla garanzia di qualità che il marchio sa trasmettere.

James O’Donnell, Direttore Italia di Bord Bia

Lei possiede una vasta esperienza nell’ambito delle esportazioni e del marketing strategico e l’Italia rappresenta il quarto mercato europeo per l’export di carne e di prodotti irlandesi, quali saranno le strategie per rafforzare questa quota?

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Sicuramente concentreremo i nostri sforzi nell’aumentare la consapevolezza dei consumatori italiani nei confronti della carne bovina irlandese, condividendo i nostri va-

La carne irlandese è un’eccellenza che soddisfa i requisiti del consumatore italiano, particolarmente esigente in termini di qualità e valori nutrizionali.

Quali sono le caratteristiche più apprezzate?

Potremmo riassumere le caratteristiche della carne irlandese nell’espressione: buona per natura. Il rispetto del benessere dell’animale in ogni fase della sua vita è, infatti, uno dei tratti principali degli allevamenti in Irlanda.

A questo si aggiungono le caratteristiche geografiche e climatiche di questa terra, che sono particolarmente favorevoli a una lunga stagione di allevamento libero al pascolo, con un nutrimento a base di erba fresca: gli animali, in effetti, si nutrono di erba per almeno il 90% della loro dieta e questo influenza positivamente il tipico sapo-

intervista: James O’Donnell, Direttore Italia di Bord Bia – Irish Food Board

re del manzo irlandese. Proprio grazie a questo metodo di allevamento la carne irlandese si contraddistingue per il suo caratteristico golden fat, il succulento grasso dorato che ricopre e penetra all’interno di una polpa color rosso borgogna.

In termini di gusto, la carne di manzo premium dall’Irlanda si adatta perfettamente a ciò che cercano i consumatori. L'allevamento al pascolo e l'alimentazione a base di erba forniscono alla carne una vasta gamma di proteine, vitamine e oligoelementi che sono essenziali per la salute. Di recente abbiamo intrapreso una collaborazione con Giorgio Donegani, esperto in nutrizione e tecnologo alimentare, il quale sottolinea che la carne del bestiame allevato al pascolo presenta una quota di grassi inferiore.

Questo, oltre che dare alla carne un profumo e un gusto inconfondibili, assicura effettivamente anche specifiche qualità nutrizionali. L’erba, infatti, contiene naturalmente betacarotene, un potente antiossidante che ritroviamo nella carne degli animali allevati al pascolo in dose addirittura 8 volte maggiore. Non solo, il betacarotene è ricco di Vitamina A, molto utile per rafforzare il sistema immunitario, per la vista e la salute degli occhi. Per questo, sempre con riferimento ai micronutrienti, la carne da pascolo risulta 5 volte più ricca di Vitamina A, Vitamina E e Omega 3.

Con il lancio di Origin Green, il Governo Irlandese è stato il precursore di una strategia economica circolare e rispettosa dell’ambiente. Quando gli altri ne parlavano, Bord Bia - Irish Food Board già metteva in campo tutta una serie di azioni per promuovere una produzione alimentare sostenibile.

Quali sono i fondamenti e quali le mosse future del progetto in un settore particolarmente sensibile come quello della produzione di carne?

Quando abbiamo lanciato Origin Green come programma nazionale per lo sviluppo della sostenibilità alimentare il nostro obiettivo era chiaro: ridurre l’impatto della produzione alimentare sull’ambiente. Ci siamo impegnati a garantire che i nostri produttori e le nostre aziende fissassero obiettivi per ridurre la loro impronta ambientale.

L’elemento importante del programma è che le azioni per ridurre l’impatto ambientale si basino sulla scienza e che tutti gli obiettivi fissati siano misurati e verificati in modo indipendente. I risultati parlano da soli: oggi abbiamo oltre 51.000 membri nel programma che, insieme, rappresentano oltre il 90% del cibo che produciamo in Irlanda.

nostre aziende stanno facendo la loro parte utilizzando meno energia e acqua per trattare il cibo. A livello nazionale effettuiamo la misurazione e l’audit. Da quando abbiamo iniziato sono stati effettuati oltre 212.000 audit nelle aziende agricole e oggi la media è di 600 a settimana. Il programma Origin Green sta dando ottimi risultati e sta dimostrando che la produzione di alimenti “rispettosi dell’ambiente” non solo è possibile, ma offre anche migliori rendimenti.

In futuro, come industria, continueremo con un approccio incessante alla produzione di cibo in armonia con la natura con l’obiettivo di proseguire a ridurre l’impatto di CO2.

I nostri produttori hanno piantato oltre 875.000 alberi e 1.200 km di siepi, creando un ambiente bio-diversificato per la fauna selvatica. La produzione di carne bovina in Irlanda oggi ha un’impronta di CO2 inferiore del 5% rispetto a quando abbiamo avviato il programma. Anche le

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Reportage

Made Green in Italy: arriva l’etichetta per le carni sostenibili Il Made Green in Italy è un sistema di etichettatura certificato, disponibile per tutte le aziende che producono in Italia in modo sostenibile.

Andrea Rossi, ASSICA

A fine maggio la Commissione europea ha pubblicato l’attesa strategia Farm to Fork, come parte fondamentale dell'European Green New Deal per la rivoluzione sostenibile del nostro continente.

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La strategia (F2F) “dalla fattoria alla forchetta” è il piano decennale della Commissione europea per guidare la transizione verso un sistema agroalimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente. È la prima volta che l’Unione europea cerca di progettare una politica alimentare che proponga misure e obiettivi che coinvolgono l’intera filiera alimentare, dalla produzione al consumo, passando naturalmente per la distribuzione. L’obiettivo di fondo è rendere i sistemi alimentari europei più sostenibili e competitivi di quanto lo siano oggi sotto il profilo delle risorse, azzerando le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050. Ogni Stato membro dell’UE dovrà pertanto adottare norme a livello nazionale che consentano di raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Unione. I Paesi membri godranno di eventuali misure di sostegno aggiuntive nel corso dell’implementazione della strategia.

reportage: Made Green in Italy

Gli obiettivi della strategia Farm to Fork Le regole non sono ancora state definite, anche se gli obiettivi al 2030 sono abbastanza chiari, e vanno da una riduzione del 50% dei pesticidi, del 50% degli sprechi alimentari, del 50% dell’uso di antimicrobici a un aumento del 25% della produzione biologica.

La Politica Agricola Comune (Pac) e la Politica Comune della Pesca (Pcp) rimarranno gli strumenti chiave per facilitare la transizione verso un settore agricolo sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale e orientato al mercato, nonché per incrementare lo sviluppo di aree rurali dinamiche.

Per dare valutazioni oggettive e misurabili è necessario che i vari settori applichino la stessa metodologia (PEF, Product Environmental Footprint), che però deve essere rimodulata a livello nazionale per adattarsi meglio alle specificità produttive del territorio.

Al fine di anticipare i tempi, Assica ha di recente ottenuto un finanziamento da parte del Ministero dell’Ambiente sul bando Made Green in Italy (Decreto 21 marzo 2018, n. 56), per la redazione del sistema di valutazione di impatto ambientale della specifica categoria di prodotto (RCP) e la valutazione della media di impatto di settore per la definizione di due benchmark o livelli al di sotto dei quali una produzione può definirsi “sostenibile”. Assica sta impiegando le proprie risorse anche in termini di dati e competenze, per permettere alle aziende del settore di poter differenziarsi e valorizzare quanto già in atto per la sostenibilità ambientale attraverso l’attuazione dello schema nazionale volontario Made Green in Italy per la valutazione e la conseguente certificazione dell’impronta ambientale della “carne fresca” suina.

Il Made Green in Italy rappresenta un sistema certificativo volontario, utilizzabile in etichetta per le aziende che producono in Italia in modo sostenibile. Il Ministero rilascerà il logo Made Green in Italy quale simbolo distintivo di certificazione di tale tipo di merci.

Entro il 2024 in Europa saranno implementati sistemi di etichettatura che promuovano i cibi sostenibili. I green claim saranno soggetti a controllo e dovranno tutti essere verificati tramite PEF (Product Environmental Footprint) – Impronta Ambientale di Prodotto. L’etichetta Made Green in Italy permetterà di distinguere, differenziare e valorizzare il prodotto italiano “carne fresca” suina.

In questa fase di progetto, partendo dall’allevamento e analizzando trasporto e macellazione, saranno stimati e misurati tutti gli elementi di impatto necessari per arrivare a produrre 1 kg di carne. La stima includerà le produzioni medie di suini, i consumi alimentari, i consumi energetici in tutte le fasi, gli scarti di lavorazione, oltre a tutta un’altra serie di parametri necessari alla stima dell’impatto.

Il Made Green in Italy si fonda su questi principi fondamentali: • è basato sul metodo di Impronta Ambientale di Prodotto (PEF, Product Environmental Footprint) come definito dalla raccomandazione 2013/179/ UE della Commissione europea e dalle Linee guida PEF; • utilizza le Regole di Categoria di Prodotto (RCP) rilasciate dal Ministero dell’Ambiente (gestore dello schema). Le RCP definiscono i requisiti necessari alla conduzione di studi relativi all’impronta ambientale per una specifica categoria di prodotto; • richiede la definizione di un benchmark (profilo ambientale “medio” della classe di prodotti di riferimento) e di 3 classi di performance ambientale: A, B, C; • si applica su tutti i prodotti per i quali è possibile utilizzare la denominazione Made in Italy e con una classe di performance A o B; all’interno del programma Made Green in Italy, saranno definite 3 classi di performance o benchmark: A, B, C; • promuove il principio di miglioramento continuo (prodotti in classe B); • è uno strumento efficace e versatile nella comunicazione; • la durata marchio è di 3 anni.

La definizione delle RCP (Regole di Categoria di Prodotto) ha invece validità di 4 anni e dovrà essere impiegata in Italia per la valutazione del ciclo di vita del prodotto, in particolare da quelle filiere che vorranno fregiare i loro prodotti del marchio Made Green in Italy qualora abbiano un impatto inferiore al benchmark di riferimento (A o B).

Lo sviluppo della proposta di RCP dovrà essere in linea con le indicazioni della raccomandazione 2013/179/UE in cui vengono definiti regole e requisiti – obbligatori e facoltativi – necessari alla conduzione di studi relativi all’impronta ambientale per una specifica categoria di prodotto in Europa, ma allo stesso tempo dovrà rispettare i livelli di produzione medi nazionali.

Questo passaggio è fondamentale sia per il consumatore sia per le aziende: il consumatore potrà scegliere in modo consapevole e trasparente i prodotti nazionali più sostenibili attraverso l’etichetta; le aziende attraverso la stessa etichetta potranno distinguersi sia sul mercato interno che estero, oltre ad avere accesso ai CAM (criteri ambientali minimi per gli acquisti pubblici) e usufruire di finanziamenti europei messi a disposizione per le produzioni sostenibili. È chiaro che poter associare al Made in Italy il concetto Green darà maggior impulso ai consumi, sia nazionali che esteri, e su questo si devono focalizzare le nostre produzioni.

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Dossier

Peste suina africana, una sfida globale La prevenzione, il controllo e l’eradicazione della peste suina africana (PSA) sono questioni di alta priorità per i Paesi dell’Unione europea in quanto la malattia rappresenta un grave rischio per l’allevamento di suini, l’ecosistema europeo, l’ambiente nel suo insieme, il commercio internazionale e i prodotti animali.

La PSA è una patologia virale e infettiva devastante che in Europa colpisce sia i suini che i cinghiali. Una volta che il virus li infetta, gli animali si ammalano e muoiono entro pochi giorni. Nell’Unione europea la malattia è attualmente presente in Bulgaria, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia e Germania. In Italia è presente in Sardegna dal 1978, ma la situazione epidemiologica è specifica e non collegata agli altri Stati membri.

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Lo scorso settembre, dopo la notizia dei primi focolai in Germania, la Direzione generale della Sanità animale del Ministero della Salute è intervenuta disponendo e rimodulando i controlli Uvac sulle carni di cinghiale provenienti dalla Germania e raccomandando ai Servizi veterinari maggior attenzione alle attività di sorveglianza e alle misure di biosicurezza. La Commissione europea, con la Decisione di esecuzione (UE) 2020/1780 del 27 novembre, ha poi istituito ulteriori nuove zone ad alto rischio.

dossier: Peste suina africana

Il Belgio riacquisisce lo stato d’indennità da PSA A dicembre 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE) ha confermato lo stato di indennità dalla PSA in tutti i suidi del Belgio, perso dal Paese nel settembre del 2018 a causa dell’epidemia di PSA diffusasi nella sua popolazione di cinghiali selvatici. Per permettere all’OIE di definire la propria posizione, l’agenzia federale belga per la sicurezza della catena alimentare (FASFC) aveva fornito all’Organizzazione tutti i dati necessari per dimostrare che in Belgio non si registravano casi di PSA da oltre un anno: una condizione sine qua non per richiedere lo stato di indennità dalla malattia. In questo periodo, il Belgio è riuscito a mantenere il suo patrimonio suino nazionale indenne dalla PSA. Il Belgio è uno dei principali produttori di carne suina in Europa, con esportazioni che superano i due terzi della sua produzione. Per proteggere questo importante settore era fondamentale evitare che la malattia colpisse il patrimonio zootecnico nazionale. Oltre alle regole di biosicurezza complete già in atto, sono state quindi implementate misure aggiuntive; ciò significa, tra le altre cose, che ogni suino malato deve essere testato per rilevare l’eventuale presenza di PSA, indipendentemente dai sintomi che presenta. A oggi, il numero di campioni – tutti negativi – ammonta a oltre 22.000 e continua ad aumentare. Nonostante la reintroduzione dello stato di indennità dalla PSA, il Belgio continuerà a monitorare le malattie animali sia nel patrimonio zootecnico nazionale che nella popolazione selvatica. Per il momento, le misure di sorveglianza e controllo restano in vigore. Negli ultimi decenni, il Belgio ha esportato carne suina in oltre settanta Paesi. Dato che la comunicazione con i partner commerciali globali è improntata alla trasparenza, il Belgio sta fornendo tutte le informazioni necessarie per consentire ai Paesi importatori di riprendere l’attività commerciale.

Preoccupazioni per il commercio mondiale Preoccupa, in particolare modo, il grande impatto sanitario e socioeconomico che la PSA ha sul commercio internazionale di animali e prodotti animali. Il settore dei suini rappresenta il 9,6% della produzione totale del settore zootecnico nell’UE-27, il più elevato rispetto ad altri settori.

Il nostro Paese, che ha un tasso di autosufficienza limitato al 63%, risulta essere uno dei mercati più appetibili: le quotazioni nazionali ne hanno già risentito, perdendo in poche settimane circa il 20% del valore (Confagricoltura). Si possono quindi solo immaginare le conseguenze drammatiche per la filiera suinicola italiana se la PSA dovesse estendersi al nostro Paese.

Nel 2018 il manifestarsi e il dilagare della PSA in Cina, il più grande produttore di carne di maiale nel mondo, ha rappresentato un disastro senza precedenti. A renderne estremamente complesso il controllo è stato soprattutto il grande numero di piccoli proprietari e i frequenti trasporti di suini nel Paese. Già l’anno successivo il numero di animali morti tra gli allevamenti intensivi e familiari era enorme. Secondo la FAO, il conteggio ufficiale dei capi abbattuti nel 2019 si attesta su circa 1,1 milioni di suini.

Tuttavia, il numero reale dei soli abbattimenti effettuati in Cina è probabilmente più vicino ai 200 milioni di esemplari macellati in anticipo o morti a causa della malattia nel primo anno dell’epidemia. Secondo stime internazionali almeno il 40% della popolazione suinicola del Paese sarebbe stata persa. Sulle misure che la Cina ha adottato per controllare la malattia si segnala lo studio BMC African swine fever an unprecedented disaster and challenge to China.

Il controllo della malattia Nessun vaccino o trattamento specifico è attualmente disponibile per la PSA. Pertanto, il controllo della malattia si basa principalmente sulla diagnosi precoce e sull’applicazione di severe misure sanitarie e di biosicurezza.

L’epidemiologia della PSA è molto complessa per l’esistenza di diversi virus circolanti, serbatoi e la continua diffusione della malattia in Africa e in Europa. I suini sopravvissuti possono rimanere infetti in modo persistente per mesi, il che può contribuire alla trasmissione del virus e quindi alla diffusione e al mantenimento della malattia, complicando così i tentativi di contrasto.

Dopo la conferma della malattia sui cinghiali selvatici in Germania, ad esempio, sono state bloccate le esportazioni tedesche verso Cina, Giappone e Corea del Sud, ovvero i principali sbocchi commerciali. Sono rimaste quindi sul territorio europeo circa 60.000 tonnellate di carne ogni mese, pari al 50% della produzione mensile italiana.

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Fonte: www.sivempveneto.it

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Dossier

Studio UE sul futuro della zootecnia europea Uno studio indipendente eseguito per la Commissione europea riconferma il ruolo fondamentale del settore zootecnico dal punto di vista ambientale, economico e sociale.

Per capire come dare alla zootecnia in Europa un futuro sostenibile, la Commissione Europea ha incaricato un gruppo di esperti indipendenti di realizzare uno studio, dal quale è emerso che il settore zootecnico è fondamentale dal punto di vista ambientale, economico e sociale, e che alcune criticità sono compensate dai vantaggi che ne derivano.

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Secondo Study on Future of EU livestock: How to contribute to a sustainable agricultural sector? – questo il titolo della ricerca – il settore dell’allevamento contribuisce in modo sostanziale all’economia europea: basti pensare che in UE nel 2017 il valore delle produzioni animali e dei prodotti di origine animale ammontava a 170 miliardi di euro, pari al 40% del fatturato dell’attività agricola. Gli allevamenti zootecnici sono presenti in quasi tutti i Paesi europei e, oltre a importanti risvolti per l’occupazione (danno lavoro a circa 4 milioni di persone), servono a mantenere tradizioni rurali e contribuiscono alla varietà dei prodotti tipici locali. Le aree di pascolo, inoltre, dal cui habitat dipendono molte specie vegetali, rappresentano anche un argine all’abbandono dei terreni.

dossier: Studio UE sul futuro della zootecnia

Il settore zootecnico, d’altra parte, ha anche alcuni impatti negativi sull’ambiente, legati principalmente al consumo delle risorse idriche e alla produzione di gas serra.

Nel 2017, secondo i calcoli del team di esperti, il settore agricolo dell’unione Europea ha generato il 10% delle emissioni totali di gas serra, una percentuale di inquinamento comunque inferiore a quello prodotto dall’industria (38%) e dai trasporti (21%). Ma dato che quasi la metà delle emissioni agricole (in particolare metano, ossido di azoto e anidride carbonica) prodotte nell’Unione Europea proviene dalla fermentazione enterica dei ruminanti e dalla gestione del letame del bestiame, gli autori dello studio individuano in una migliore gestione degli scarti della filiera, dei mangimi e degli animali allevati la strada da percorrere per ridurre ulteriormente le emissioni di gas a effetto serra.

Tra le principali strategie per la riduzione di tali emissioni è già stato fatto molto con i mangimi, i cui nutrienti fanno emettere meno metano rispetto a quelli allevati in modo estensivo e alimentati al pascolo. Inoltre, secondo gli autori dello studio, bisogna migliorare le azioni di contenimento delle emissioni nelle varie fasi di gestione degli effluenti, dal ricovero allo stoccaggio, alla distribuzione in campo del letame, poiché le perdite variano dal 30 al 75% dell’azoto escreto dagli animali.

Cosa migliorare la sostenibilità del bestiame Per garantire maggiore sostenibilità del bestiame si potrebbe agire sostanzialmente in tre modi: attraverso incrementi di efficienza, mediante la sostituzione di input ad alto impatto con alternative a basso impatto, e infine attraverso una riprogettazione dei sistemi agricoli che comporta un passaggio da approcci lineari ad approcci circolari.

Il miglioramento dell’efficienza può portare a riduzioni dei flussi fisici in entrata e in uscita dal sistema di produzione e quindi a una diminuzione dei relativi impatti negativi. Ridurre il numero di capi necessari per unità di prodotto finito, scegliendo animali geneticamente più produttivi, con un basso tasso di mortalità/malattie e con un alto tasso di fertilità, porta alla riduzione delle emissioni di azoto e di metano per kg di latte, di carne o di uova prodotti.

Il ricorso ad alternative a basso impatto comprende anche l'adozione di nuove tecnologie e conoscenze.

Un’opzione potrebbe essere quella di sostituire i mangimi ricchi di proteine associati al cambiamento dell’uso del suolo con fonti proteiche alternative, oppure utilizzare leguminose, che fissano l’azoto nel terreno, per ridurre la quantità di fertilizzante sintetico utilizzato sul terreno.

Il settore dell’allevamento “ contribuisce in modo sostanziale all’economia europea: basti pensare che in UE nel 2017 il valore delle produzioni animali e dei prodotti di origine animale ammontava a 170 miliardi di euro, pari al 40% del fatturato dell’attività agricola. Gli allevamenti zootecnici sono presenti in quasi tutti i Paesi europei e, oltre a importanti risvolti per l’occupazione, servono a mantenere tradizioni rurali e contribuiscono alla varietà dei prodotti tipici locali

”

La terza opzione è quella di identificare le sinergie che possono derivare dall’integrazione dei processi: esistono infatti diversi modi in cui il bestiame può contribuire ad aumentare la “circolarità” dei sistemi alimentari. La capacità del bestiame di utilizzare una grande varietà di piante e riciclare materiale vegetale non commestibile per l’uomo oppure il riutilizzo dei reflui zootecnici per fertilizzare i terreni in modo naturale sono soluzioni già attive, ma che vanno implementate in tutti i Paesi.

In conclusione, si può fare molto per ridurre gli impatti negativi del bestiame e per massimizzare gli effetti positivi.

La strategia Farm to Fork apre la strada a un’agricoltura rinnovata, con l’obiettivo di arrivare a un sistema agroalimentare a basse emissioni di carbonio, efficiente dal punto di vista delle risorse, che punti a ottenere terreni sani, nel rispetto della biodiversità e del paesaggio.

Secondo il pool di esperti, pertanto, non dovremmo chiederci come possiamo ridurre la produzione animale, bensì come possiamo aumentare il beneficio sociale netto derivato dal bestiame, garantendo al contempo che i costi siano distribuiti equamente. Se i Paesi europei lavoreranno insieme, sarà possibile agire per rendere tutto il comparto agricolo meno impattante per l’ecosistema.

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Focus

Mangalica, il maiale lanoso che piace agli chef Originario dell’Ungheria, il maiale di razza Mangalica è stato salvato dall’estinzione ed è diventato un presidio Slow Food. Oggi viene allevato anche in Italia ed è particolarmente apprezzato per le sue caratteristiche nutrizionali.

©Joachim Kohler

Daria Domenici

Molto diffuso tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, il maiale di razza Mangalica (o Mangalitsa) è originario dell’Ungheria e dei Paesi limitrofi, come la Romania e la Serbia, ed è particolarmente apprezzato per la produzione di salumi.

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Le sue origini non sono certe, ma si presume possa essere il frutto di un incrocio tra maiale e cinghiale, il che spiegherebbe il suo pelo, che lo ricopre come un vello e che gli è valso l’appellativo di ‘maiale-pecora’.

Caratteristiche e modalità di allevamento Il Mangalica presenta diverse colorazioni: può essere rosso, bianco/biondo o addirittura bicolore (scuro con la pancia bianca, detto a rondine). Le setole arricciate, per le quali viene definito ‘maiale lanoso’ in molte lingue (in tedesco, ad esempio, è chiamato anche Wollschwein), lo rendono un animale particolarmente resistente al freddo, permettendogli di stare all’aperto tutto l’anno. In effetti è

focus: Mangalica, il maiale lanoso che piace agli chef

un animale molto robusto, che si ammala raramente: per i piccoli, che assomigliano molto a quelli di cinghiale, anche in inverno è sufficiente il nido costruito dalla madre, a differenza dei maialini da ingrasso per i quali nella stagione fredda è necessario predisporre lampade termiche. Il suo vello segue l’andamento delle stagioni, proprio come accade alle pecore: è folto e riccio in inverno, mentre è più corto e liscio in estate.

Le caratteristiche della razza, come l’adattabilità a condizioni di stabulazione estreme, la resistenza a stress e malattie e l’ottima qualità delle carni, fanno sì che oggi sia molto richiesto, mentre in passato è stato a rischio estinzione. Il carattere peculiare della sua carne, per la quale è particolarmente apprezzato, è la grande quantità di grasso (lo spessore sul dorso può arrivare addirittura a 20 cm) e la sua infiltrazione nella muscolatura, particolare che, a detta di molti, lo rende “il Kobe dei suini”. Basti sapere che circa il 65-70% della sua carcassa è composto da grasso e la carne magra rappresenta solo il 3035%, rispetto a oltre il 50% nelle razze suine moderne.

Di mole non grande (raggiunge un’altezza tra i 70 e i 90 cm al garrese), se bene ingrassato può però arrivare a pesare due quintali; il numero di cuccioli per parto è di 6-8 soltanto, ma la carriera riproduttiva è lunga e la resistenza alle condizioni climatiche è veramente eccezionale. Per la sua abitudine a stare all’aperto e a pascolare liberamente, il Mangalica non è una razza che si presta all’allevamento intensivo; la sua crescita ha infatti tempi lunghi, per permettere all’animale di raggiungere il giusto strato di grasso che lo rende così ricercato. Viene allevato soprattutto in Ungheria, sua terra d’origine, dove è nata anche l’Associazione degli allevatori Mangalica, che lo ha salvato dall’estinzione creando un registro dove da allora sono annotate tutte le nascite. Oggi ci sono allevamenti sparsi per il mondo: in Spagna, in Svizzera, nel Regno Unito, negli Stati Uniti e perfino in Giappone.

I grassi monoinsaturi del Mangalica lo rendono salutare La notevole quantità di grasso, caratteristica della razza Mangalica, all’inizio del secolo scorso lo ha reso poco appetibile al pubblico, che si è pian piano orientato verso una carne di maiale più magra, spingendo molti allevatori a scegliere razze diverse. La sua rivalutazione negli ultimi anni (oggi rientra anche nell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food per la Biodiversità) è dovuta proprio al fattore che stava per decretarne l’estinzione: ricerche recenti hanno infatti dimostrato che le sue carni e il suo grasso, ricchi di Omega 3 e Omega 6, contengono una quantità molto alta di colesterolo HDL (il cosiddetto “colesterolo buono”) il cui consumo è consigliato a chi presenta valori elevati di colesterolemia.

I salumi prodotti con la razza Mangalica costituiscono prodotti di nicchia: in Italia sono ancora pochi i piccoli allevatori che si occupano di questa razza, ma gli chef lo apprezzano molto, in particolar modo per la qualità delle carni, il sapore e la consistenza, giudicate senza pari. La morbidezza e l’eccellente sapore sono dovuti agli strati di grasso interstiziale, mentre lo strato compatto di grasso lo rende perfetto per realizzare lardo, pancetta e prosciutto. Come il più famoso Jámon Iberico, anche il prosciutto di Mangalica è infatti ricercatissimo: paragonato a quello del prosciutto spagnolo, il grasso del maiale ungherese è ancora più morbido e ha un’incredibile consistenza in bocca, dovuta anche alla minore temperatura alla quale si scioglie (intorno ai 32 °C, ma risulta morbido già alla temperatura di servizio). La polpa ha un colore rosso che ricorda quella di manzo e un sapore intenso; dopo la cottura la carne risulta vellutata, tenera e succosa.

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©Justus Menke on Unsplash

Carni

Carne bovina: in sei mesi l’offerta nazionale ha perso il 13,6% Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, in ottobre ha pubblicato un’analisi nella quale, a distanza di vari mesi dall’inizio della crisi sanitaria, sono emersi con evidenza gli impatti della pandemia sul comparto delle carni bovine italiane.

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L’impatto della pandemia sul comparto della carne bovina secondo Ismea sono evidenti. L’offerta nazionale, già in contrazione nel 2019 (-3,6%), accentua pesantemente la tendenza flessiva nella prima metà del 2020, con un calo del 13,6% (48 mila tonnellate di carne in meno) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Nonostante al calo dell’offerta nazionale si unisca anche una diminuzione delle importazioni (-8,1% nel semestre, la più importante oscillazione negativa degli ultimi tre anni) i prezzi pagati agli allevatori su base annua rimangono comunque inferiori a quelli dello scorso anno: dal -1% dei vitelloni al -7% del vitello.

carni: l’offerta nazionale di carne bovina

estremamente debole e tale che l’incremento dei consumi interni non è sufficiente a colmarne il vuoto.

Per quanto concerne i consumi in casa, le carni bovine, che in termini di spesa rappresentano il settore più rilevante fra le carni (43% e 32% in volume), hanno registrato incrementi meno evidenti rispetto alle altre carni, ma visti i risultati deludenti di fine 2019 e i toni fiacchi di inizio 2020, è da considerarsi positivo il risultato a consuntivo dei primi otto mesi 2020: un incremento della spesa del 6,4%, con un +4,5% dei volumi.

A trainare gli acquisti domestici sono state le carni di bovino adulto, che rappresentano circa il 60% dell’offerta (in questa categoria commerciale rientra anche il vitellone), per le quali gli acquisti in volume sono cresciuti del 5,7%, con un aumento del prezzo medio che ha portato la spesa a +7,7%.

Molto richiesta la carne di scottona, che è sempre più presente negli scaffali e che, pur rappresentando ancora una nicchia, dimostra ottime performance in fatto di valorizzazione: per questa infatti i prezzi medi al dettaglio continuano a salire (+8,2%) e all’incremento degli acquisti in volume del 14,6% corrisponde un aumento della spesa del 24%.

A pesare durante il lockdown è stata soprattutto la chiusura del canale Ho.re.ca che ha colpito tutta la filiera europea, portando a un’importante riduzione dei consumi (dal 27% circa della Francia, passando al 35% dell’Italia, fino a oltre il 40% della Spagna): un calo che ha trovato solo parziale compensazione nel buon andamento delle vendite presso il canale domestico.

A complicare ulteriormente il quadro si è aggiunta anche la pressione competitiva del prodotto comunitario (proveniente in particolare da Polonia, Spagna, Irlanda e Francia), che nel periodo di massimo picco produttivo stagionale, si è trovato privato anche di importanti sbocchi sui mercati extraeuropei, riversandosi soprattutto in Italia, data la strutturale dipendenza dal prodotto estero e i prezzi interni più alti.

Domanda domestica insufficiente a compensare le perdite Nei primi otto mesi del 2020 sul fronte della domanda si evidenzia un buon andamento dei consumi domestici, mentre la componente extradomestica appare ancora

Il prodotto che invece soffre di più è la carne di vitello, per la quale la domanda al consumo non ha mostrato grande interesse, solo +0,9% i volumi. I vitelli a carne bianca sono stati infatti fra i primi a sentire il morso della crisi innescata dall’emergenza sanitaria. La chiusura dei locali per la ristorazione collettiva ne ha fatto crollare il consumo e i prezzi sono da subito precipitati. Una situazione difficile rispetto alla quale sono stati previsti alcuni interventi: dai 426 milioni destinati all’esonero dai versamenti dei contributi previdenziali ai 90 milioni del fondo emergenziale per le filiere in crisi. In particolare, per i vitelli sono stati messi a disposizione 20 milioni di euro come premio alla macellazione dei vitelli di età inferiore a 8 mesi. Altri 15 milioni sono destinati all’ammasso privato di carni fresche o refrigerate di vitello.

Importazioni di bovini vivi Ai segnali di crisi che si leggono nella flessione delle importazioni di carni, non fa eco un trend altrettanto evidente sulle importazioni di bovini vivi. Su questo fronte, infatti, il numero di bovini “da allevamento” importati, (il 77% del totale), resta invariato rispetto all’analogo periodo dello scorso anno, con la categoria dei “broutards” che addirittura segna un incremento di oltre il 5%.

Il dato indica la tenuta di fiducia degli ingrassatori, che non intendono ridurre l’offerta per l’inverno. D’altro canto, il vitellone, sempre apprezzato dal consumatore italiano, è un prodotto che saputo reagire alla crisi e ha trovato spazio anche nel canale retail quando i flussi

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Carni fresche SUINE

Carni fresche BOVINE

15,0%

6,4% 6,4% 4,5%

Carni fresche AVICOLE

6,7%

10,7%

8,1% 8,3%

Carni fresche ALTRE

Valore

carni SUINE 20%

carni BOVINE 32%

Volume

Nel terzo trimestre del 2020 è stato registrato un crollo degli ordini da parte della GDO di vitelloni maschi nati in Italia a causa della concorrenza estera. I costi di produzione elevati rendono gli attuali prezzi nazionali incomprimibili e non permettono al prodotto di essere competitivo con quello estero.

La struttura produttiva nazionale non è comunque in grado di garantire l’autosufficienza (l’Italia produce solo il 55% di quel che consuma) ed è quindi normale che sul mercato nazionale circoli merce estera; così come è inevitabile che nel momento in cui si bloccano le esportazioni di carni da Polonia e Spagna verso il Maghreb, questi Paesi cerchino sbocchi verso l’Italia, visti i prezzi interni più alti.

carni ALTRE 12%

carni AVICOLE 36%

Grafico 1 – La domanda domestica di carni nei primi 8 mesi del 2020. Trend su base annua e quote in volume (fonte: Elaborazioni Ismea su dati Nielsen Consumer Panel).

verso l’Ho.Re.Ca. hanno cominciato a flettere. Grazie alle caratteristiche distintive e qualitative, il vitellone “nazionale” ha sofferto meno la concorrenza del prodotto estero rispetto alle altre categorie.

I prezzi dei ristalli provenienti dalla Francia restano al momento piuttosto elevati rispetto a quelli di vendita dei vitelloni da macello, ma questo elemento sembra non dissuadere la richiesta degli ingrassatori, che a settembre mantengono alti i livelli di domanda presso gli allevatori francesi.

Le prospettive secondo ISMEA

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l’attività senza blocchi sanitari diretti, riorganizzando i flussi nei diversi canali distributivi e garantendo la presenza di merce anche nei periodi più difficili. Adesso l’evolversi della filiera italiana delle carni bovine è legato alla connotazione che i distributori decideranno di dare al mercato delle carni, ovvero quale dei due “megatrend” in atto durante questi mesi prenderà il sopravvento: la crisi finanziaria che spinge verso la convenienza di prezzo o il salutismo e la territorialità che favoriscono il prodotto nazionale.

La filiera della carne bovina nazionale ha reagito bene sin da subito all’emergenza, proseguendo regolarmente

Rimane da definire su quali parametri impostare le scelte della distribuzione, tenendo conto che se fossero parametri di prezzo le produzioni nazionali ne uscirebbero perdenti. “Se la carne importata fosse di alta qualità – si legge nel Report di Ismea sulle tendenze del comparto carne bovina – non deprimerebbe i prezzi di quella nazionale e stimolerebbe una sana competizione su elementi quali ‘valore aggiunto’, ‘qualità organolettica’, ‘modalità di frollatura’, ‘riconoscimenti territoriali’, ‘marchi di garanzia del rispetto animale e ambientale’, valori etici e tanto altro, rivalutando il consumo di un prodotto che sta gradualmente perdendo appeal proprio per la scarsa riconoscibilità, che ne comporta spesso un allineamento sulla scarsa qualità.”

Sarebbe quindi necessario, conclude il report di Ismea, realizzare delle “azioni che permettano al consumatore di percepire la reale differenziazione del prodotto sulla base di caratteristiche aggiuntive (qualità organolettica della carne, produzione condotta nel rispetto del benessere animale, per citarne alcune), ma anche una maggiore propensione della domanda a premiare un prodotto di qualità che in quanto tale non potrà attestarsi sui più bassi livelli di prezzo. La filiera della carne bovina nazionale è una risorsa strategica per il Paese e una politica di settore a lungo termine che cerchi di migliorare e rendere forti i rapporti tra produzione e distribuzione ne favorirebbe senza dubbio la competitività.”

carni: l’offerta nazionale di carne bovina

Fonte: ISMEA Mercati

Carne bovina irlandese Grass Fed, da allevamenti al pascolo Irlanda, il nuovo Standard Bord Bia certifica la carne bovina Grass Fed Per una carne genuina e gustosa, i consumatori di tutto il mondo sono oggi alla ricerca di un prodotto naturale, sostenibile e di prima qualità. Grazie ai nostri pascoli rigogliosi, il clima mite e la lunga tradizione di allevamento all’aperto, l’Irlanda è perfettamente in grado di soddisfare la crescente richiesta di carne bovina Grass Fed. E da oggi possiamo dimostrarlo.

Il nuovo Grass Fed Standard per la carne bovina irlandese, sviluppato da Bord Bia – Irish Food Board, ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi, è il primo protocollo al mondo che certifica in modo indipendente la carne bovina Grass Fed, garantendo una carne proveniente da bovini nutriti per almeno il 90% ad erba o foraggio a base d’erba, che pascolano all’aperto per buona parte dell’anno per tutta la vita. E’ la garanzia di quanto abbiamo da sempre saputo: l’erba è l’ingrediente fondamentale che rende il manzo irlandese una carne di prima qualità.

I dati utilizzati per certificare la dieta a base di erba di ciascun animale sono raccolti nel corso di controlli effettuati nell’ambito del Programma Nazionale di Qualità e Sostenibilità Assicurata per la carne bovina e ovina (Sustainable Beef and Lamb Assurance Scheme), sviluppato da Bord Bia. Solo la carne bovina che rispetta questi standard, ottiene la certificazione Grass Fed. L’Irlanda, quindi, grazie ai suoi allevamenti al pascolo, produce carni bovine di prima qualità, naturalmente gustose e nutrienti.

Carne bovina irlandese certificata Grass Fed, prodotta in armonia con la natura.

Per saperne di più, visitate la pagina: irishfoodanddrink.com/manzo-irlandese/

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irishfoodanddrink.com

Salumi

Bresaola della Valtellina, una storia lunga sei secoli Salume nutriente e digeribile, in assoluto il più povero di grassi, ricco di proteine, di ferro, sali minerali e vitamine, dal 1996 la Bresaola della Valtellina si fregia del marchio IGP, utilizzato esclusivamente dai maestri salumieri della Provincia di Sondrio, che si attengono al rigoroso Disciplinare di Produzione.

La storia

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La zona di produzione della vera Bresaola della Valtellina, alla quale è stato riconosciuto il marchio comunitario di Indicazione Geografica Protetta, è in Lombardia, nel territorio della Provincia di Sondrio, che racchiude due valli

salumi: Bresaola della Valtellina

principali situate nel cuore delle Alpi: la Valtellina e la Valchiavenna. È proprio alla Valchiavenna che la tradizione storico-letteraria di questo salume attribuisce la paternità del prodotto.

Sull’origine del termine si discute molto: il suffisso “saola” viene ricondotto all’utilizzo del sale nella conservazione del prodotto, ma per il termine nella sua completezza c’è chi ne ricerca le radici nella voce germanica “brasa”, brace (anticamente per riscaldare e deumidificare l’aria dei locali di stagionatura venivano utilizzati dei bracieri), altri dicono sia da ricercarsi nel dialettismo locale “brisa”, che indica una ghiandola dei bovini fortemente salata.

Le prime testimonianze letterarie relative alla produzione della bresaola risalgono al XV secolo ma l’origine del salume tipico è senz’altro antecedente, anche se la sua produzione rimane circoscritta all’ambito familiare fino ai primi dell’Ottocento. La lavorazione della bresaola si intensifica nel XIX secolo e il prodotto varca i confini nazionali per essere esportato nella vicina Svizzera.

La Bresaola della Valtellina IGP

Il metodo di conservazione della carne tramite salatura ed essiccamento è comune ad altri prodotti simili, provenienti dalle zone più disparate (Russia, Paesi slavi, Africa, Sud America), ma quello che assomiglia di più alla bresaola è il Bindenfleisch (o Bundnerfleisch), originario del Canton Grigione e presente sia in Svizzera che in Germania, che si discosta dal salume italiano solo per una essiccazione più marcata.

Oggi la vera Bresaola della Valtellina è garantita dal marchio comunitario IGP (Indicazione Geografica Protetta), utilizzato esclusivamente dai produttori della Provincia di Sondrio e riconosciuto solo ai maestri salumieri che rispettano il Disciplinare di Produzione. Infatti per la produzione della Bresaola della Valtellina IGP vengono utilizzati solo tagli di prima categoria, i più pregiati e teneri, tratti esclusivamente dalla coscia di bovini di razze

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Tra i salumi la bresaola è uno dei “ prodotti che meglio risponde alle esigenze nutrizionali del consumatore e agli imperativi di una dieta salutistica, oltre a rappresentare un eccellente ingrediente per la gastronomia più raffinata. Il contenuto proteico è elevato, la quantità di grassi molto bassa e l’apporto calorico ridotto

”

selezionate, preferibilmente allevati all’aperto e al pascolo, nutriti con alimenti selezionati e di età compresa tra i 18 mesi e i 4 anni. Tra le razze di origine europea le più utilizzate sono la Charolaise, la Limousine, la Blonde d’Aquitaine e le Garonnesi; tra le italiane la razza Piemontese. Possono essere usati esclusivamente i 5 tagli muscolari più pregiati della coscia bovina (punta d’anca, fesa, sottofesa, magatello, sottosso), ma il più utilizzato in assoluto è la punta d’anca.

Le fasi del Disciplinare di Produzione L’attenta selezione della materia prima è il presupposto fondamentale per ottenere un prodotto di qualità: l’operatore specializzato procede alla valutazione del pezzo e all’eventuale rifilatura, che deve essere effettuata con abilità e precisione al fine di asportare il grasso e le parti tendinose esterne senza incidere la polpa. La materia prima non conforme viene scartata.

La salagione viene effettuata a secco: la carne viene cosparsa con una moderata quantità di cloruro di sodio e aromi naturali. La soluzione salina si forma con il succo della carne. Possono essere aggiunti vino, spezie, zuccheri, nitriti e nitrati di sodio e/o potassio, acido ascorbico. Dal sapiente dosaggio degli aromi utilizzati, gelosamente custodito nel segreto di antiche ricette, il prodotto comincia ad acquisire la propria personalità, con sfumature di gusto e di aroma diverse da produttore

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a produttore. La salagione, che ha una durata non inferiore ai 10 giorni, è interrotta da operazioni di massaggio, le cosiddette zangolature, per consentire l’uniforme migrazione del sale e degli aromi all’interno della polpa.

Dopo la salagione la carne viene insaccata in un budello naturale o artificiale e inviata alla fase successiva di asciugamento in apposite celle; questa fase dura mediamente una settimana e deve consentire una rapida disidratazione del prodotto nei primi giorni di trattamento. Alla fase di asciugamento segue la stagionatura a una temperatura media tra i 12 e 18 °C che, compreso il tempo di asciugamento, dura da 4 a 8 settimane. I locali di stagionatura devono essere muniti di impianti appositamente climatizzati in grado di assicurare l’ottimale ricambio dell’aria e condizioni adeguate di temperatura e umidità.

Il prodotto stagionato che supera i controlli chimici, sensoriali e merceologici previsti dal Disciplinare può essere contrassegnato con il marchio IGP.

La bresaola nel piatto La Bresaola della Valtellina IGP deve presentarsi di un rosso uniforme, anche se può presentare una leggera marezzatura sotto forma di sottilissime striature di grasso di colore bianco. Può essere commercializzata intera, allo stato sfuso o sottovuoto, a pezzi, in tranci o affettata, confezionata sottovuoto o in atmosfera protettiva.

Tra i salumi la bresaola è uno dei prodotti che meglio risponde alle esigenze nutrizionali del consumatore e agli imperativi di una dieta salutistica, oltre a rappresentare un eccellente ingrediente per la gastronomia più raffinata. Il contenuto proteico è elevato, la quantità di grassi molto bassa e l’apporto calorico ridotto.

Naturalmente ricca di vitamina B1, B6 e B12, ha un importante contenuto di sali minerali, soprattutto ferro, zinco, fosforo e potassio, mentre sono assenti i carboidrati, il calcio e la vitamina D, integrabili associando alla bresaola del pane, delle scaglie di grana e qualche goccia di succo di limone.

Il Consorzio di tutela Bresaola della Valtellina Il Consorzio di tutela, costituitosi nel 1998 e riconosciuto dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, garantisce la provenienza del prodotto, ne promuove l’immagine e lo salvaguarda da imitazioni e contraffazioni.

Il marchio IGP è la garanzia di un prodotto controllato e garantito in tutte le fasi di lavorazione. Il rispetto del Disciplinare di Produzione è verificato da un Ente terzo di controllo (CSQA Certificazioni), autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

salumi: Bresaola della Valtellina

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©Donna Moderna

Salumi

Ventricina del Vastese: dall’Abruzzo il miglior salame d’Italia La Ventricina del Vastese è uno dei 4mila prodotti tipici locali censiti dal Ministero delle Politiche Agricole. È tipica delle zone che si trovano a sud dell’Abruzzo, al confine con il Molise, nei territori compresi tra i fiumi Trigno e Sinello.

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La tradizione della lavorazione del suino è diffusa da sempre in tutta la regione Abruzzo. Nella zona collinare e pedemontana, che si estende dalle colline di Scerni-Cupello fino a raggiungere Schiavi d’Abruzzo e che comprende tutti i comuni delle comunità montane del medio e alto Vastese, questa pratica ha assunto nel corso dei secoli una tradizione a spiccato carattere locale. Accanto al sale, usato come conservante della carne di maiale fin dagli antichi egizi, è stato introdotto successivamente il peperone trito, dolce e piccante, come spezia e conservante. La carne viene tagliata esclusivamente con il coltello. Come insaccatura vengono usate le vesciche dei maiali. A favorire il mantenimento

salumi: Ventricina del Vastese

di queste tradizioni ha contribuito la consapevolezza che l’impiego di suini di provenienza industriale per le preparazioni casalinghe riduce notevolmente la sapidità e la conservabilità dei salumi.

La tradizione vuole che il suino debba provenire dalla stessa zona di produzione e sia acquistato appena svezzato e quindi allevato con molta cura, lasciandolo ingrassare fino a pesi molto elevati, da 180 ad oltre 200 chili.

L’alimentazione prevalente è a base di crusca, farinacei e frutta. Fra i vari salumi prodotti in zona, la Ventricina del Vastese ha acquisito con il tempo una fama notevole, consolidata da svariate premiazioni a livello nazionale.

Il salume viene prodotto anche utilizzando una razza di suino nero, autoctona del territorio.

Macellata la bestia, si separano le parti più nobili – le cosce, il lombo e le spalle – che sono prima attentamente mondate, disossate e private delle parti più dure e fibrose e poi sezionate in pezzi di due o tre centimetri, lasciati a riposare per una notte. Si condiscono con sale e polvere di peperone dolce in uguale misura e, in alcuni casi, con finocchietto selvatico e una spruzzata di pepe. La polvere di peperone si ottiene facendo essiccare per un paio di giorni i peperoni rossi, piccoli e dolci, provenienti dal paese di Altino, che sono poi pestati nel mortaio. Si insacca quindi l’impasto nella vescica di suino, badando di pressarla bene per far fuoriuscire l’aria e si ottiene un salume sferico di uno o due chili che viene posto nella rete, legato a mano con lo spago e appeso ad asciugare in una stanza con un camino acceso per almeno sette,

La Ventricina del Vastese è il prodotto di salumeria italiano che ha vinto più campionati nazionali del salame, concorso edito da Accademia delle 5T e patrocinato dal Ministero politiche agricole.

Durante la finale della scorsa 14esima edizione si sono confrontati circa 50 prodotti arrivati da 14 regioni diverse, tra le quali è emerso l’Abruzzo con la provincia teatina, che si è fatto onore con tante specialità che hanno primeggiato in classifica. In quella riservata ai salami da carne di suino nero, in prima posizione troviamo proprio la Ventricina della Fattoria del Tratturo di Scerni, prodotta dai suini neri di razza casertana, una delle ultime autoctone italiane.

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Si tratta di un salume antico che veniva custodito gelosamente e consumato soprattutto nei momenti importanti della vita rurale: la mietitura del grano, la vendemmia, la festa patronale, una festa di famiglia o la stessa uccisione del maiale. Ancora oggi, la Ventricina del Vastese viene prodotta in modo tipico e artigianale.

otto giorni. Dopo l’asciugatura la Ventricina viene fatta stagionare in un ambiente ventilato e fresco. A tre mesi si pulisce la superficie esterna dalle muffe e la si ricopre con lo strutto, che protegge il salume da infiltrazioni di insetti e dagli sbalzi di temperatura.

La ventricina si consuma dopo sette, otto mesi. Nel territorio di origine, tagliata a tocchi, è anche ingrediente base del ragù, ma abitualmente la si gusta cruda, affettata grossolanamente con il coltello. La pasta ha un colore rosso-arancio e un aroma fragrante derivante dalla lunga stagionatura e dalla caratteristica speziatura. Il gusto finale è dominato dal piccante, che tuttavia non prevarica e non copre mai il sapore della carne e delle spezie.

I sei maggiori produttori di questo salume si sono riuniti in una associazione stilando un disciplinare che prevede l’allevamento di suini pesanti sul territorio di produzione, un’alimentazione degli animali priva di organismi geneticamente modificati e il non utilizzo di conservanti chimici.

Il Presidio è impegnato a valorizzare questo nobilissimo salume in Italia, ma recentemente ha ampliato il raggio di azione anche all’estero.

Fonti: www.slowfoodabruzzo.it/presidi/ventricina-del-vastese www.quartiglia.it/ventricina-del-vastese www.abruzzonatural.it/la-ventricina-il-salume-abruzzese-corposo-e-pluripremiato.html

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Tendenze di Mercato

Il mercato globale delle carni torna a crescere

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Per il comparto delle carni il 2021 sarà segnato dal ruolo fondamentale giocato dalla Repubblica Popolare Cinese e da un’incognita, ossia gli effetti della pandemia da Covid-19. Questo è quanto emerge dall’analisi di RaboResearch, il centro studi di Rabobank nel suo “Global Animal Protein Outlook 2021: Emerging From a World of Uncertainty”. tendenze di mercato: Il mercato globale delle carni torna a crescere

Dopo un anno pieno di incertezze si prevede che le proteine animali torneranno a crescere di nuovo a livello globale, creando nuove opportunità. Nel 2021 Rabobank delinea un incremento produttivo nella maggior parte dei Paesi, con il cambiamento più grande in atto in Asia, dove gli impatti della peste suina africana (PSA) stanno via via affievolendosi.

Buone opportunità di crescita alla fine del 2021 Per il 2022 si prevedono buone opportunità di crescita sia per il settore avicolo che per il comparto della carne bovina. Dopo i problemi riscontrati nel 2020-2021 nel mercato delle proteine animali dovuti alla pandemia, in gran parte a causa delle restrizioni negli impianti di lavorazione, delle dinamiche del commercio globale e della distribuzione attraverso i canali di ristorazione, il prossimo anno l’attenzione sarà concentrata essenzialmente sulla ripresa, con il recupero del ruolo della ristorazione fuori casa e di tutto il food service in generale.

Tra i problemi che interesseranno il comparto e che causeranno un permanere dell’incertezza ci saranno le dinamiche dei prezzi dei mangimi più elevati e la crescente attenzione dei governi alle proteine animali e alla loro sostenibilità. Il recupero verso una nuova normalità determinerà una crescita dei costi, sia per gli investimenti infrastrutturali che per il confronto con regolamenti governativi più stringenti.

Il settore della carne in ripresa In Europa le carni avicole dovrebbero tornare a crescere, grazie alla ripresa del canale Ho.re.ca. In Nord America si prevede che la produzione di tutte le specie cambierà solo marginalmente nel 2021: la crescita più forte sarà per la carne bovina, sulla base degli aggiustamenti postCovid-19. Tutte le specie dipenderanno dalla forza dei flussi di esportazione per bilanciare la domanda interna.

In Cina la peste suina africana domina le prospettive della carne suina, con una crescita prevista come probabile nel corso di quest’anno. Le carni avicole vivranno un altro anno positivo, mentre la carne bovina aumenterà solo marginalmente.

Nel Sud-est asiatico la produzione avicola dovrebbe risollevarsi da un anno difficile, mentre quella suinicola si riprenderà in Vietnam, ma resterà limitata nelle Filippine; anche la produzione e il consumo di carne bovina conosceranno una nuova stagione positiva dopo un 2020 difficile. In Brasile è previsto un incremento produttivo per tutte le specie, ma sarà più modesto rispetto agli ultimi anni. Le esportazioni guideranno la produzione, data la debolezza della domanda interna. In Australia le scarse scorte di bestiame sosterranno i prezzi e limiteranno la

produzione. Le prospettive di produzione della Nuova Zelanda prevedono un leggero aumento della carne bovina e un leggero calo della carne ovina.

Il settore avicolo globale deve prepararsi a un anno difficile con una strategia chiara. Il contesto, soprattutto europeo, sarà caratterizzato da prezzi più elevati dei mangimi, da una maggiore e diffusa concorrenza e dal significativo impatto dell’attuale ondata di Influenza Aviaria, che sta interessando alcune aree dell’emisfero settentrionale. La competitività crescente nell’industria avicola sarà determinata anche dalla ripresa dei mercati della Cina e del Vietnam che hanno superato la crisi dovuta ai focolai di peste suina africana.

La Cina si trova a fronteggiare un eccesso di offerta di carne avicola dovuto a un aumento del 12% della produzione nel 2020, con un’ulteriore crescita nel 2021 che si rifletterà su un calo delle importazioni che riguarderà tutto il continente asiatico. L’uscita dalla crisi per il settore delle carni comincerà a delinearsi solo alla fine del 2021 grazie agli effetti della vaccinazione di massa e alla completa ripresa del settore ristorazione.

In Italia Secondo i dati di Unaitalia, il primo trimestre 2020 ha visto una forte crescita nei consumi di carni bianche (+8,9%) soprattutto nella GDO. A essere acquistati sono stati per il 60% i tagli freschi (petto, coscia, fesa ecc.), ma anche panati e preparati, che guadagnano un 10% a volume.

Secondo le rilevazioni di IRI per TuttoFood, nel 2020 le vendite di carne confezionata a peso imposto nella distribuzione organizzata italiana sono aumentate a doppia cifra – il 13,4% in valore – sfiorando il miliardo di euro (943 milioni). A dicembre l’incremento è stato ancora più marcato, un +14,8% con vendite per 87 milioni di euro in un solo mese. Qualità e contenuto di servizio ma anche, più di recente, igiene e sicurezza, sono le chiavi di questo trend positivo che si prevede continuare anche nei prossimi mesi.

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Fonte: Unaitalia - Rabobank - TuttoFood

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Tendenze di Mercato

I consumi domestici delle famiglie italiane Secondo il Rapporto Ismea sui consumi alimentari degli italiani tra gennaio e settembre 2020, dopo il +9,3% del primo semestre la spesa domestica delle famiglie italiane per prodotti alimentari si è mantenuta in terreno positivo anche nel terzo trimestre, portando l’incremento complessivo dei primi 9 mesi a +7% su base annua.

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Durante i mesi estivi del 2020 il parziale ritorno alla normalità e un certo ritorno ai canali Ho.re.ca avevano leggermente smorzato la spinta ai consumi in casa; si è comunque registrato un +3% della spesa presso la distribuzione rispetto all’estate precedente. Le nuove restrizioni di settembre e i nuovi lockdown, sebbene parziali e differenziati a livello territoriale, nonché la nuova serrata dei canali Ho.re.ca, lasciano prevedere, per i prossimi mesi, nuovi incrementi che

tendenze di mercato: i consumi domestici delle famiglie italiane

porteranno il 2020 al livello record di spesa domestica degli ultimi 10 anni (Grafico 1).

I dati del Panel Ismea-Nielsen hanno evidenziato un deciso balzo della spesa alimentare domestica delle famiglie soprattutto nel mese di marzo con +18% rispetto a marzo 2019. Nei mesi di aprile e maggio le vendite sono proseguite con crescite a doppia cifra (+11% e +14%); nel mese di giugno, con il graduale ritorno alla normalità, il trend positivo si è leggermente affievolito attestandosi comunque a +7%, facendo sì che il secondo trimestre si chiudesse con un incremento di spesa medio dell’11%, dopo il +7% registrato nel primo trimestre. A luglio la spinta espansiva sembrava orientarsi decisamente verso i valori normali (solo +1,5%), ma ha ripreso leggero vigore in agosto e settembre (+3,8% e +4%), portando la spesa del terzo trimestre a +3%. A inizio ottobre la spesa cumulata da inizio anno ha fatto segnare ancora un +7%.

Grafico 2 – Composizione dello scontrino nel 2020. Fonte: elaborazioni Ismea su dati Nielsen.

gine Ismea risulta aumentata la quota di produttori che praticano questo sbocco, dal 17% nel 2019 al 21,7% nel 2020). Inoltre ha stimolato un grosso balzo in avanti nella digitalizzazione e nello sviluppo dell’e-commerce e di una nuova mobilità, spesso elettrica o pedonale, legata comunque alla sostenibilità, che in concomitanza a una popolazione sempre più anziana (quindi poco propensa ai lunghi spostamenti e con predilezione dei rapporti personali), ha favorito e favorirà lo sviluppo delle piccole superfici di prossimità.

Grafico 1 – Variazione della spesa domestica per prodotti alimentari su base annua (%). Fonte: Ismea-Nielsen.

A fare da traino per tutto il periodo i prodotti a Largo Consumo Confezionato (+7,8%), ma anche per i prodotti freschi sfusi la spesa è stata nel complesso positiva (+4,9%). Sullo scontrino, le bevande tornano a pesare l’11,7% del totale, registrando aumenti di spesa nel periodo cumulato gennaio-settembre del 5,8%, dopo avere ridimensionato il proprio peso fino al 10,7% nel secondo trimestre.

I singoli comparti, seppure in terreno positivo rispetto al 2019, hanno avuto una crescita della spesa di diversa intensità. In particolare, uova, carni, formaggi e ortofrutta hanno avuto incrementi superiori alla media, mentre per i derivati dei cerali, bevande analcoliche e prodotti ittici l’incremento di spesa si è attestato sotto la media (Grafico 2).

La pandemia ha accelerato e consolidato processi già esistenti favorendo lo sviluppo di canali che finora avevano avuto un ruolo ridotto. Il lockdown, infatti, ha stimolato molte imprese a individuare nuove soluzioni per superare le difficoltà logistiche e organizzative dei canali consueti orientandosi così verso la vendita diretta (da un’inda-

In relazione alla scelta dei canali distributivi, il prevalente resta quello dei supermercati con uno share del 42% e un trend positivo del 9%. Di pari entità la crescita della spesa nei discount (+9%) con uno share di mercato in tenuta e pari al 14%.

Il trend del canale di vendita dei negozi tradizionali, pur rappresentando ancora solo il 12% dello share, ha registrato un ragguardevole incremento (+18,4%). Particolarmente penalizzati sono risultati invece gli ipermercati, spesso localizzati all’interno dei centri commerciali dove la chiusura di tutti gli altri negozi ha disincentivato ulteriormente i consumatori a recarvisi.

Per questi ultimi la situazione non sembra destinata a migliorare: sono proprio i centri commerciali a perdere la loro centralità: nati per offrire un’offerta a 360° senza spostarsi, ora si trovano parzialmente sostituiti dal web, in grado di offrire una più ampia gamma di prodotti a prezzi più concorrenziali.

A livello geografico la crescita della spesa è importante in tutte le macro-aree, con il Nord Est che si conferma area traino (+8%) e le altre tre macro-aree che crescono con intensità simili comprese tra il +6,6% e il +6,9%.

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I prodotti proteici di origine animale Il comparto dei prodotti proteici di origine animale, che nel secondo semestre del 2019 aveva mostrato una debolezza di fondo, nel 2020 riparte con slancio con un’inversione di tendenza per tutte le tipologie. Il segmento più dinamico resta quello delle uova, che chiude i primi nove mesi con un +16,1%.

Il segmento carni fresche (+9,4%) è trainato dalla buona performance delle carni suine, per le quali a fronte di una crescita dei volumi del 7% si ha un incremento di spesa del 14%, dovuto al recupero dei prezzi medi unitari nelle settimane di confinamento (dalla settimana 9 alla 20); al momento i prezzi sono riallineati alla media del periodo. Il prezzo medio nel periodo cumulato gennaiosettembre passa da 7,90€/Kg del 2019 a 8,30 del 2020.

mento totale per il comparto salumi a +8%. Gli affettati preconfezionati già nel periodo pre-Covid segnavano una crescita importante; la pandemia, anche in questo caso, ha solo accelerato una tendenza già in atto. Il segmento pre-affettati ha una crescita oramai a doppia cifra in tutti i mesi da marzo a settembre. Da evidenziare invece come sia solo +0,6% la crescita della spesa per i salumi al banco. Nel periodo cumulato gennaio settembre, si va dal +9,8% del prosciutto cotto (+17,4% il confezionato e +1,9% lo sfuso) al +9,2% del salame (+12,3% il confezionato e +5,7% lo sfuso) al +4,2% del prosciutto crudo (+12,4% il confezionato e -0,5% lo sfuso). In tutti i casi va quindi sottolineato come l’incremento delle vendite sia trainato quasi esclusivamente dal prodotto confezionato, arrivato a pesare in questo semestre il 57% della spesa complessiva per i salumi (Grafico 3).

Le carni bovine, che in termini di spesa rappresentano il settore più rilevante fra le carni, dopo i risultati deludenti di fine 2019 e un inizio 2020 su toni fiacchi, grazie al recupero nei mesi di confinamento registrano un incremento della spesa del 7,3% (+4,9% i volumi).

Per le carni avicole fresche l’aumento della spesa del 9,5% è frutto della crescita dei volumi (+7%) associato a un lieve incremento dei prezzi.

Su tutto il fronte delle carni, c’è da notare che la dinamica maggiore della spesa rispetto alle quantità non è totalmente attribuibile a un incremento tout court dei prezzi: piuttosto hanno verosimilmente influito in maniera importante fattori quali la riduzione delle offerte speciali (che ha trasversalmente interessato quasi tutte le categorie merceologiche), ma soprattutto lo spostamento degli acquisti dalla grande distribuzione alla distribuzione tradizionale – macellerie nello specifico – che, ovviamente, hanno un prezzo di vendita generalmente più elevato.

Per quanto riguarda i salumi emerge chiaramente un maggior ricorso a prodotti nei frigo a libero servizio, con incrementi per tutti gli affettati confezionati, per i quali la spesa nei nove mesi è salita del 14,1%, portando l’au-

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Grafico 3 – Prodotti proteici di origine animale. Quote su base annua. Fonte: Ismea-Nielsen.

Anche per il comparto dei lattiero-caseari le vendite dei primi nove mesi 2020 sono risultate in netto incremento rispetto a quelle del 2019 (+8,4%), con trend positivi per tutte le referenze, seppur con diverse intensità.

Per i formaggi la spesa ha segnato incrementi del 12,5% e la miglior performance si è avuta per i formaggi freschi (+12,4%). Per quanto riguarda il segmento del latte, infine, la spesa ha segnato nel semestre un +5,1% cui ha però contribuito solo il latte Uht (+9,5%), mentre il latte fresco si attesta ancora una volta in terreno negativo con un -3,5% su base annua.

Fonte: Ismea Direzione Servizi per lo Sviluppo Rurale Sito Web: www.ismea.it

tendenze di mercato: i consumi domestici delle famiglie italiane

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Ristorazione

Il Mannarino, macelleria di quartiere con cucina Il Mannarino è un nuovo concept di ristomacelleria che nasce dalla passione per la carne di tre giovani amici con il sogno di valorizzare l’antica “arte” della macelleria. Luca Ballabio, Filippo Sironi e Gianmarco Venuto hanno lanciato un format che ha rivoluzionato la classica macelleria di quartiere e che si ispira al fornello pugliese con la tipica griglia a vista.

Il termine “mannarino” indica il pesante coltello da cucina con cui i macellai di paese tagliano la carne sul banco e, con il passare del tempo, questa parola ha finito con l’identificare il macellaio di fiducia nel lessico popolare.

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Il Mannarino dispone di tre macellerie di quartiere che coniugano tradizione di servizio e contatto con il cliente con innovazione nell’offerta e nella struttura; rappresen-

tano quindi un punto di riferimento per chi ama acquistare carne di prima qualità direttamente al banco, scambiando due chiacchiere e chiedendo il prezioso consiglio del proprio Mannarino di fiducia, proprio come si faceva una volta. Le macellerie con cucina offrono la possibilità di gustare la carne appena tagliata al banco direttamente al tavolo, accompagnata da specialità culinarie tradizionali e da un buon calice di vino mediterraneo. Ogni

ristorazione: Il Mannarino, macelleria di quartiere

e responsabile, riconvertendo in tempi record il proprio modello di attività per adattarlo alle nuove modalità di approvvigionamento alimentare imposte dal lockdown.

Nel giro di 48 ore è stata sviluppata una piattaforma di ecommerce, con un altrettanto veloce servizio di consegna per portare la carne a domicilio non solo su Milano (in 24 ore), ma anche nell’hinterland e in tutta la provincia di Monza e Brianza (in 48 ore), sfruttando solo ed esclusivamente risorse interne. Se i macellai sono rimasti tali, infatti, i camerieri si sono trasformati in addetti al confezionamento dei pacchi e in “riders” incaricati delle consegne su Milano e hinterland grazie anche all’ausilio di Smart concesse in comodato d’uso gratuito da Venus – Concessionaria Ufficiale Mercedes-Benz. Non solo: le nuove esigenze connesse al servizio di delivery su larga scala hanno reso necessaria l’assunzione di 40 nuove persone, portando a ben 85 le unità dell’organico aziendale. Il tutto con un’attenzione rigorosa alla sicurezza, sia dei lavoratori che dei consumatori, per mezzo di una serie di accorgimenti quali l’utilizzo costante di guanti e mascherine e il confezionamento sottovuoto dei prodotti (corredati sempre da istruzioni e consigli per la loro cottura e conservazione) a garanzia dell’igiene e conservazione degli stessi.

Mannarino è selezionato per propensione e competenze, in modo da formare una squadra di talenti provenienti da tutta Italia, accomunati dalla passione per la carne e dall’esperienza maturata nelle storiche macellerie paesane, dove il rispetto della tradizione rappresenta una vera e propria ragione di vita.

La sostenibilità è un punto fondamentale della filosofia delle macellerie Mannarino che operano secondo i Cinque principali Diritti degli Animali. Vengono infatti selezionate le migliori carni in Italia e nel mondo, che sono poi preparate a mano con cura, professionalità e amore.

Mannarino significa anche ristorazione di qualità: per scegliere cosa mangiare, basta guardare direttamente il bancone e provare le specialità pugliesi in diverse varianti: involtini, tartare e polpette, oltre a salumi e formaggi tipici.

Il progetto iniziale prevedeva l’espansione del format all’intero territorio italiano, e anche oltre, ma l’emergenza sanitaria ha poi imposto di rivedere il modello di business puntando sullo sviluppo della modalità di asporto e consegna degli alimenti. L’esplosione della pandemia ha posto i tre giovani fondatori dell’insegna di fronte a un bivio: soccombere all’interruzione improvvisa e prolungata della propria attività, mettendo in difficoltà oltre 50 dipendenti, oppure provare a reagire in maniera proattiva

Sul loro shop online si possono ordinare costate, bombette e fiorentine. Oltre alla carne da cuocere a casa hanno anche una selezione di prodotti gastronomici interessanti: come la parmigiana, la purea di fave e cicoria e le polpette della nonna; e, a vedere i risultati, la scelta dei tre giovani imprenditori di virare verso il delivery è stata premiata. Le consegne, per mezzo di corrieri, sono state estese a tutta l’Italia con tempi di spedizione compresi entro 72 ore. L’obiettivo graduale a medio termine è quello di raggiungere le 6.000 consegne al giorno.

“In un momento di crisi così drammatico – dichiarano i tre fondatori – ci siamo rinnovati con un modello che è destinato a rimanere e, soprattutto, abbiamo ridato il sorriso ai nostri ragazzi, garantendo loro un ambiente sicuro e la continuità dell’azienda, che prosegue a crescere con risorse proprie. Quello che siamo in grado di offrire oggi è un servizio che la gente sta apprezzando tantissimo, non solo dal punto di vista del prodotto, la cui gamma è stata ulteriormente ampliata, ma soprattutto dal punto di vista umano. Il merito è anche di un ‘pricing’ particolarmente aggressivo, pur rimanendo invariati la qualità della carne e il controllo della filiera che da sempre contraddistinguono Il Mannarino”.

Ristoranti-Take Away e Macelleria di quartiere a Milano Piazza De Angeli, 1 Via Carlo Tenca, 12 Via Galvano Fiamma, 4/6 Email: macelleriaonline@ilmannarino.it

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Wine News

Veronafiere: nuova data per Vinitaly La nuova data di Vinitaly è stata scelta sulla base di uno specifico sondaggio di mercato con l’obiettivo di consentire ai buyer extraeuropei di partecipare in un unico periodo a più eventi internazionali.

La 54ª edizione del Salone internazionale dei vini e dei distillati di Veronafiere si terrà dal 20 al 23 giugno 2021, in contemporanea con Enolitech e Sol&Agrifood. OperaWine 10th year anniversary con Wine Spectator sarà il 19 giugno.

La decisione è il risultato di un’attenta verifica, anche con le più autorevoli istituzioni in grado di formulare previsioni attendibili sulla curva pandemica, ed è stata presa dopo uno specifico sondaggio di mercato.

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“Lo spostamento a giugno – ha dichiarato Maurizio Danese, presidente di Veronafiere Spa – è in linea con la revisione del posizionamento dei calendari delle principali fiere internazionali italiane ed estere. Il consiglio di amministrazione della Fiera e i soci hanno fatto una scelta ponderata in base alle informazioni più attendibili in campo medico, considerando anche l’incoming di buyer extraeuropei. Stiamo inoltre lavorando con la Fondazione Arena che organizza la stagione lirica e la città di Verona per offrire ai nostri ospiti internazionali un’edizione imperdibile”.

“Vinitaly con OperaWine e le rassegne concomitanti – ha sottolineato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere Spa – si svolgeranno in un contesto temporale in cui il governo avrà avuto il tempo di predisporre le procedure di ingresso dei buyer internazionali nel nostro Paese.

Nello stesso tempo in Europa vi saranno altri eventi rivolti alla promozione del settore vinicolo. Si tratta di una decisione strategica e sinergica per consentire agli operatori del mercato e dell’informazione, soprattutto quelli provenienti da Asia e USA, che sono tra i principali visitatori delle nostre rassegne, di poter ottimizzare la loro partecipazione con un solo spostamento”.

wine news

Wine News

Barolo, Città Italiana del Vino 2021 Mostre d’arte contemporanea nelle cantine, gemellaggi internazionali, convention, seminari e tanto altro per una sfida culturale e ambientale per la “Capitale della Cultura Enologica”. tecnici che supervisioneranno un articolato programma che mette a sistema tanti enti e istituzioni locali. Le iniziative previste nell’ambito del programma di “Barolo Città Italiana del Vino 2021” sono 24: tra queste, per i temi della “memoria” e della “comunità”, la Hall of Fame, cioè la cerimonia d’ingresso nel Museo del Vino delle grandi personalità del vino italiano; gemellaggi internazionali tra realtà museali e territori del vino; proposte di avvicinamento tra campagne e città; la Convention d’Autunno delle Città del Vino; mostre di arte contemporanea in alcune cantine del Barolo.

E naturalmente, se la situazione sanitaria lo consentirà, grandi degustazioni di Barolo.

Barolo (CN) ha conquistato il riconoscimento di “Città Italiana del Vino 2021”. Tra gli altri Comuni candidati al titolo c’erano Bianco (Rc), Duino Aurisina (Ts), Montepulciano (Si), Montespertoli (Fi), Taurasi (Av) e Tollo (Ch). La commissione ha riconosciuto a Duino Aurisina e Montepulciano una menzione speciale per la validità del progetto culturale che ha sostenuto le rispettive candidature.

Il programma vincitore di Barolo, che prevede vari eventi come mostre, seminari, Lectio magistralis, installazioni artistiche e tanto altro, è stato sviluppato dal Comune in collaborazione con la Barolo&Castles Foundation, che è anche il braccio esecutivo del calendario di appuntamenti della Città Italiana del Vino 2021.

“Siamo molto contenti che sia stato premiato il nostro dossier e lo sfor-

zo di coinvolgimento del territorio e delle istituzioni locali e regionali, che ci supporteranno nel programma di appuntamenti ed eventi previsti per il 2021”, ha dichiarato Renata Bianco, sindaco di Barolo. “Il 2020 è stato un anno molto difficile e crediamo che questa iniziativa sia un forte messaggio di speranza e ripartenza”.

“Il concorso tra i Comuni a vocazione vitivinicola ed enoturistica intende mettere in risalto l’influenza della cultura del vino nella società, nel paesaggio, nella cultura e nell’economia locale”, si legge nella nota dell’Associazione Nazionale Città del Vino, che ricorda anche come Barolo si trovi al centro di un’area, le Langhe, che è anche Patrimonio Unesco.

Barolo&Castles Foundation e WiMuMuseo del Vino di Barolo (gestito dalla Fondazione) sono gli organi

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Il tema di fondo della candidatura “sarà una sorta di viaggio nel tempo attraverso riti e feste tradizionali, stagionalità e recupero della memoria dei personaggi che hanno fatto la storia del vino”, spiega Tiziano Gaia, referente della Fondazione Barolo&Castles e del comitato tecnico scientifico del WiMu Museo del Vino. “In questo lavoro di ricerca e approfondimento saremo accompagnati da antropologi e storici, ma non mancheranno i tributi ai grandi scrittori del territorio, Pavese e Fenoglio su tutti, intorno ai quali costruire un percorso di valorizzazione dei luoghi raccontati nelle loro opere, nelle quali il vino e la cultura contadina avevano un’importanza centrale”.

Fonte: Associazione Nazionale Città del Vino Sito Web: www.cittadelvino.it

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Non Solo Vino

Aglianico del Vulture, il vino che nasce da un vulcano Il vitigno Aglianico viene coltivato nelle zone che circondano il Monte Vulture in provincia di Potenza. I terreni vulcanici sono caratterizzati da una particolare fertilità e ricchezza di elementi minerali, mentre i profondi strati di tufo fungono da riserva di acqua nei periodi di maggiore siccità. L’ Aglianico del Vulture è un vino non ancora abbastanza conosciuto e apprezzato, ma di grandissima qualità con una struttura, longevità e complessità di aromi che possono essere paragonate al Barolo.

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La zona del Vulture è situata nella parte a nord-est della regione Basilicata e comprende vari comuni in un territorio che prende il nome dal massiccio montuoso del Monte Vulture, un vulcano spento in epoca preistorica. È stato il luogo di incontro di varie culture: dauna, peuceta, lucana e sannita fino alla lunga dominazione romana e normanno-sveva, ma è la natura la principale protagonista di questa zona ancora selvaggia e sconosciuta, ricca di risorse naturali e di paesaggi incontaminati. In questo territorio si produce l’Aglianico del Vulture, un vino a denominazione d’origine che nasce in purezza dalle uve del vitigno Aglianico.

non solo vino: Aglianico del Vulture

Il vitigno Il vitigno Aglianico ha origini molto antiche: si ritiene che sia stato introdotto dai greci nel sud Italia tra il VII e il VI secolo a.C. Altre fonti storiche, che ne certificano l’antichità, sono costituite dai resti di un torchio dell’età romana ritrovati nella zona di Rionero in Vulture e da una moneta bronzea raffigurante l’agreste divinità di Dionisio, il cui culto fu poi ricondotto a quello di Bacco, coniata nella zona di Venosa nel IV secolo a.C. Gli antichi romani lo ribattezzarono Vitis Ellenica e sfruttarono l’Aglianico per produrre il vino Falerno. L’origine del suo nome è incerta, c’è chi sostiene che sia ispirato all’antica città di Elea (Eleanico) sulla costa tirrenica della Lucania, e chi lo considera una semplice storpiatura della parola Ellenico. Una delle testimonianze storico-letterarie sulla storia di questo vitigno è di Orazio, scrittore e poeta latino originario di Venosa, che esaltò le bellezze di questa terra e del vino prodotto.

Per quello che riguarda la coltivazione si tratta di un vitigno tardivo che ha bisogno di lungo tempo e climi adatti per arrivare alla giusta maturazione. Viene coltivato fino a 800 metri di altitudine, ma trova le condizioni più propizie fra i 200 e i 600 metri. La raccolta delle uova avviene rigorosamente tra la fine del mese di ottobre e entro metà novembre, ma talvolta si prolunga fino ai primi di dicembre. Dopo la vendemmia, l’uva viene sottoposta a pressatura, a macerazione e il vino viene poi affinato in barriques per un anno.

Il vino Con oltre 1.500 ettari di superficie iscritta all’Albo dei vigneti e dei vini DOC, l’Aglianico del Vulture è annoverato tra i più grandi rossi d’Italia. Sono circa quaranta le aziende che lo coltivano, con una produzione di circa due milioni e mezzo di bottiglie.

Esistono due diciture per indicare il tempo di invecchiamento: Vecchio, con un periodo di invecchiamento di minimo tre anni e Riserva, per un minimo di cinque: il grado alcolico va da 11,5 a 14 gradi. La resa delle uve in vino non deve essere superiore al 70%. Non può essere messo in commercio prima di un anno dalla vendemmia ed è preferibile consumarlo a partire dal terzo anno di età.

colore dell’Aglianico del Vulture è “ Ilrosso rubino acceso, i profumi sono fruttati e intensi con note speziate, di frutta rossa e con sentori minerali. Al palato è energico e strutturato, caldo ed equilibrato, con un tannino vellutato; la sua gradazione alcolica e la struttura gli consentono una grande longevità.

Essendo un vino particolarmente avvolgente è adatto ad accompagnare piatti di terra

”

Nel 1971 l’Aglianico del Vulture ha ottenuto il riconoscimento della denominazione di origine controllata (DOC); i comuni di produzione sono: Rionero in Vulture, Barile, Rampolla, Ripacandida, Ginestra, Maschito, Forenza, Acerenza, Melfi, Atella, Venosa, Lavello, Palazzo San Gervasio, Banzi, Genzano di Lucania. Nel 2010 gli è stata riconosciuta la denominazione di origine controllata e garantita (DOCG) come Aglianico del Vulture Superiore.

Nel 1986 si è costituito il relativo Consorzio di Tutela Aglianico del Vulture, un’associazione senza scopo di lucro che riunisce i viticoltori, vinificatori e imbottigliatori, singoli o associati, che producono sia la DOC che la DOCG; il Consorzio valorizza, promuove e tutela l’immagine della denominazione Aglianico del Vulture in Italia e nel mondo.

Il colore dell’Aglianico del Vulture è rosso rubino acceso, i profumi sono fruttati e intensi con note speziate, di frutta rossa e con sentori minerali. Al palato è energico e strutturato, caldo ed equilibrato, con un tannino vellutato; la sua gradazione alcolica e la struttura gli consentono una grande longevità. Essendo un vino particolarmente avvolgente è adatto ad accompagnare piatti di terra. Risulta infatti ideale quando viene servito in abbinamento a minestre saporite, a secondi piatti a base di carne di vitello, a selvaggina, arrosti e formaggi duri e stagionati.

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Fonte: www.aglianicodelvulture.net; consorzioaglianico.it; www.aglianicodelvulture.it

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Non Solo Vino

Cantine del Notaio Quella delle Cantine del Notaio è una storia fatta di passione e impegno profusi per valorizzare al massimo un territorio unico e dalle grandi potenzialità. I vigneti aziendali, accuratamente selezionati e curati nel tempo, sono in grado di produrre vini di altissimo pregio.

Cantine del Notaio si trova nell’area del Vulture, in Basilicata, in un terreno vocato alla coltivazione dell’Aglianico del Vulture.

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Tutto nasce nel 1998, quando Gerardo Giuratrabocchetti, laureato in scienze agrarie, decide di lasciare la professione intrapresa per riprendere l’attività vitivinicola dei propri antenati, con lo scopo di incentivare la qualità e valorizzare l’immagine dei vini prodotti. In questa avventura lo affianca la moglie Marcella Libutti, che cura la comunicazione aziendale e il professor Luigi Moio dell’Università di Napoli, enologo aziendale della cantina. La sede della cantina è a Rionero in Vulture, nel palazzo di famiglia, in

cui si trovano le antiche grotte risalenti al Seicento, utilizzate come cantine di invecchiamento. Il principale vitigno coltivato è l’Aglianico, tipico e diffuso nel sud Italia, di cui vengono esaltate le potenzialità enologiche con vini di straordinaria personalità.

La scelta dei vigneti è accurata fin dalle fasi iniziali. Si tratta di 40 ettari di proprietà distribuiti nelle contrade più tipiche e rinomate dell’area del Vulture: Rionero, Barile, Ripacandida, Maschito e Ginestra con alcune vigne vecchie di oltre cento anni. I terreni del Vulture hanno una composizione molto varia che va dalla sabbia all’argilla, alla pozzolana; sono ricchi in minerali e accumunati da

non solo vino: Cantine del Notaio

uno strato di tufo vulcanico in profondità che offre una riserva di acqua nei periodi particolarmente scarsi di precipitazioni. L’esposizione dei vigneti favorisce la lenta e tardiva maturazione delle uve, tipica dell’Aglianico, la cui vendemmia avviene nel tardo autunno. Questo terroir unico e la selezione dei grappoli danno origine a vini eccellenti, di grande struttura e profili aromatici complessi.

La valorizzazione del territorio L’opera di rivalutazione di Gerardo Giuratrabocchetti è partita dal territorio, con la riscoperta delle sue tradizioni passate, cominciando proprio dal recupero delle antiche grotte seicentesche utilizzate dai Padri Francescani. Scavate nel tufo vulcanico, grazie a un perfetto e naturale equilibrio di temperatura, umidità costante e ventilazione garantiscono condizioni eccezionali di affinamento del vino, che viene fatto invecchiare in barriques di rovere francese.

Le grotte si sviluppano nel sottosuolo del paese, creando un percorso sotterraneo di grande suggestione che parte da una piazzetta, chiamata Facìle, tipica dell’architettura locale. Il Facìle, con la sua caratteristica forma a ferro di cavallo, originata dallo scavo delle grotte nel tufo, raccoglieva le acque piovane: era di fatto una specie di conca, una sorta di “bacìle”, termine da cui deriverebbe, per l’appunto, l’espressione dialettale “Facìle”.

La nuova cantina, moderna e dotata delle tecnologie più avanzate, si trova poco lontano, a Serra del Granato, nel comune di Ripacandida; è racchiusa in una struttura che ricorda le antiche masserie lucane, perfettamente integrata nel rispetto del territorio circostante.

I vini L’azienda produce circa 500mila bottiglie all’anno, per 16 etichette in cui l’Aglianico viene proposto in tipologie diverse: spumanti, rosè, un rosso frizzante, vini bianchi in blend e rossi.

I nomi dei vini richiamano tutti l’attività notarile e la gamma è ampia e diversificata: L’ Atto, Il Repertorio, La Firma, Il Sigillo e Il Lascito sono i rossi; La Scrittura e Il Rogito sono i rosati; Il Preliminare, La Raccolta e La Parcella sono i bianchi; Il Passaggio è lo spumante prodotto con metodo charmat, mentre La Stipula Bianca Brut e La Stipula Rosé sono realizzati con il metodo classico; Il Protesto è il vino frizzante rosso di facile beva; La Postilla è lo spumante dolce di Moscato, mentre L’ Autentica è il vino passito fatto da Moscato e Malvasia.

Cantine del Notaio Via Roma, 159 - 85028 Rionero in Vulture (Pz) Sito web: www.cantinedelnotaio.it Email: info@cantinedelnotaio.it

IL SIGILLO

Aglianico del Vulture DOC Uve: 100% Aglianico del Vulture.

Vendemmia: manuale in cassetta nell’ultima decade di novembre/prima settimana di dicembre quando il frutto è in surmaturazione o appassimento per effetto del freddo. È una interpretazione moderna di uno stile di Aglianico prodotto in passato in zona e che richiama una sorta di Amarone prodotto con sole uve Aglianico.

Vinificazione: macerazione di circa 30 giorni estraendo quanto è più possibile in presenza di una completa e abbondante maturazione dei tannini.

Maturazione: in grotte naturali di tufo vulcanico, in carati o tonneaux di rovere francese, per un periodo di almeno 24 mesi e altri 24 in bottiglia.

Alcool: 14,50% Esame organolettico: è un vino di grande struttura, ma allo stesso tempo elegante.

Colore: colore rosso granato, luminoso.

Profumo: al naso si caratterizza per la profondità che si svela con note di frutti di bosco in confettura, cioccolato e pepe nero.

Sapore: opulento e al tempo stesso elegante, al gusto ha un ingresso morbido dovuto al lieve residuo zuccherino. È vellutato e caratterizzato da un lungo finale speziato, di liquirizia e cioccolato fondente.

Abbinamenti: si abbina a piatti di grande struttura: preparazioni a base di carne e formaggi dalla grande persistenza aromatica. Molto valido anche l’abbinamento con dolci a base di cacao amaro fuso.

Temperatura di Servizio: 18 °C circa.

Premiazioni annata 2014: 90/100 punti al concorso 5 Starwines vinitaly, 2020. Grande vino Slow wine 2020, 2019. 5 grappoli Guida Bibenda 2020 i migliori vini d’Italia, 2019. 2 bicchieri Prosit, 2020. Corona del pubblico delle commissioni di Winelovers, 2019. Corona della Guida Vinibuoni d’Italia, 2019. Medaglia d’oro al Iwsc, 2019. 4 stelle della guida Vinibuoni d’Italia 2020, 2019.

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Convivium è una rivista bimestrale nata nel 1990.

Da trent’anni anni si occupa di tutta la filiera del settore carni e salumi: andamenti di mercato, nuovi prodotti, profili aziendali, tecnologie, normative e sicurezza alimentare, interviste e reportage dalle fiere di settore e molto altro.

Dal 2014, con la rubrica “Non Solo Vino”, Convivium ha allargato i propri contenuti a tutte le eccellenze dell’enogastronomia italiana. Tenendo le migliori produzioni vinicole come filo conduttore, vengono raccontate la tipicità e l’unicità dei prodotti agroalimentari del nostro territorio.

Direttore responsabile Lucio Vernillo

Redazione Daria Domenici – Tania Montelatici (info@convivium.it)

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Il m e g lio d e l l a

C A R N E D I V I T EOLl anLd eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro.

Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia.

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Garanzia data dall’integrazione. Tutte le aziende del VanDrie Group sanno di essere responsabili al 100% per la qualità ottimale del prodotto finale. Questo vale sia per gli allevamenti sia per le aziende produttrici di latte in polvere e di carne.

In quest’ottica la collaborazione per offrire al consumatore finale la garanzia di un prodotto di elevata qualità diventa logica. Così il VanDrie Group ha sviluppato la sua strategia integrata, assistito da uno dei più avanzati sistemi di controllo. www.vandriegroup.com La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

“LA COTOLETTA ALLA MILANESE” interpretata da Chef Stefano De Gregorio

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