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Mangalica, il maiale lanoso che piace agli chef

Originario dell’Ungheria, il maiale di razza Mangalica è stato salvato dall’estinzione ed è diventato un presidio Slow Food. Oggi viene allevato anche in Italia ed è particolarmente apprezzato per le sue caratteristiche nutrizionali.

Molto diffuso tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, il maiale di razza Mangalica (o Mangalitsa) è originario dell’Ungheria e dei Paesi limitrofi, come la Romania e la Serbia, ed è particolarmente apprezzato per la produzione di salumi.

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Le sue origini non sono certe, ma si presume possa essere il frutto di un incrocio tra maiale e cinghiale, il che spiegherebbe il suo pelo, che lo ricopre come un vello e che gli è valso l’appellativo di ‘maiale-pecora’.

Caratteristiche e modalità di allevamento

Il Mangalica presenta diverse colorazioni: può essere rosso, bianco/biondo o addirittura bicolore (scuro con la pancia bianca, detto a rondine). Le setole arricciate, per le quali viene definito ‘maiale lanoso’ in molte lingue (in tedesco, ad esempio, è chiamato anche Wollschwein), lo rendono un animale particolarmente resistente al freddo, permettendogli di stare all’aperto tutto l’anno. In effetti è

un animale molto robusto, che si ammala raramente: per i piccoli, che assomigliano molto a quelli di cinghiale, anche in inverno è sufficiente il nido costruito dalla madre, a differenza dei maialini da ingrasso per i quali nella stagione fredda è necessario predisporre lampade termiche. Il suo vello segue l’andamento delle stagioni, proprio come accade alle pecore: è folto e riccio in inverno, mentre è più corto e liscio in estate.

Le caratteristiche della razza, come l’adattabilità a condizioni di stabulazione estreme, la resistenza a stress e malattie e l’ottima qualità delle carni, fanno sì che oggi sia molto richiesto, mentre in passato è stato a rischio estinzione. Il carattere peculiare della sua carne, per la quale è particolarmente apprezzato, è la grande quantità di grasso (lo spessore sul dorso può arrivare addirittura a 20 cm) e la sua infiltrazione nella muscolatura, particolare che, a detta di molti, lo rende “il Kobe dei suini”. Basti sapere che circa il 65-70% della sua carcassa è composto da grasso e la carne magra rappresenta solo il 30- 35%, rispetto a oltre il 50% nelle razze suine moderne.

Di mole non grande (raggiunge un’altezza tra i 70 e i 90 cm al garrese), se bene ingrassato può però arrivare a pesare due quintali; il numero di cuccioli per parto è di 6-8 soltanto, ma la carriera riproduttiva è lunga e la resistenza alle condizioni climatiche è veramente eccezionale. Per la sua abitudine a stare all’aperto e a pascolare liberamente, il Mangalica non è una razza che si presta all’allevamento intensivo; la sua crescita ha infatti tempi lunghi, per permettere all’animale di raggiungere il giusto strato di grasso che lo rende così ricercato. Viene allevato soprattutto in Ungheria, sua terra d’origine, dove è nata anche l’Associazione degli allevatori Mangalica, che lo ha salvato dall’estinzione creando un registro dove da allora sono annotate tutte le nascite. Oggi ci sono allevamenti sparsi per il mondo: in Spagna, in Svizzera, nel Regno Unito, negli Stati Uniti e perfino in Giappone.

I grassi monoinsaturi del Mangalica lo rendono salutare

La notevole quantità di grasso, caratteristica della razza Mangalica, all’inizio del secolo scorso lo ha reso poco appetibile al pubblico, che si è pian piano orientato verso una carne di maiale più magra, spingendo molti allevatori a scegliere razze diverse. La sua rivalutazione negli ultimi anni (oggi rientra anche nell’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food per la Biodiversità) è dovuta proprio al fattore che stava per decretarne l’estinzione: ricerche recenti hanno infatti dimostrato che le sue carni e il suo grasso, ricchi di Omega 3 e Omega 6, contengono una quantità molto alta di colesterolo HDL (il cosiddetto “colesterolo buono”) il cui consumo è consigliato a chi presenta valori elevati di colesterolemia.

I salumi prodotti con la razza Mangalica costituiscono prodotti di nicchia: in Italia sono ancora pochi i piccoli allevatori che si occupano di questa razza, ma gli chef lo apprezzano molto, in particolar modo per la qualità delle carni, il sapore e la consistenza, giudicate senza pari. La morbidezza e l’eccellente sapore sono dovuti agli strati di grasso interstiziale, mentre lo strato compatto di grasso lo rende perfetto per realizzare lardo, pancetta e prosciutto. Come il più famoso Jámon Iberico, anche il prosciutto di Mangalica è infatti ricercatissimo: paragonato a quello del prosciutto spagnolo, il grasso del maiale ungherese è ancora più morbido e ha un’incredibile consistenza in bocca, dovuta anche alla minore temperatura alla quale si scioglie (intorno ai 32 °C, ma risulta morbido già alla temperatura di servizio). La polpa ha un colore rosso che ricorda quella di manzo e un sapore intenso; dopo la cottura la carne risulta vellutata, tenera e succosa.

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