L’intervista a Esther Paniagua: «La vera domanda è quando internet collasserà» _ p.16
Metaverso sfrenato Il futuro è qui e ha il sapore di passato _ p.24
Cyber in-sicurezza Quanto siamo sicuri? L’Italia inizia a preoccuparsi _ p.4
Influencer oltre il reale Guidano le tendenze, ma sono tutti virtuali _ p.26
MasterX
APPESI A UN CAVO
Nuovi
Nuovi
Febbraio
Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM Facoltà di comunicazione Anno XXI | Numero 1 |
2023 | www.masterx.iulm.it
lavori
Nuova vita
amori
LA COPERTINA È STATA REALIZZATA DALL’IA MIDJOURNEY
Diretto da:
DANIELE MANCA (responsabile)
Progetto grafico: ADRIANO ATTUS
In redazione:
Carlotta Bocchi, Francesca Daria Boldo, Valeria Boraldi, Elisa Campisi, Andrea Achille Dell’Oro, Eleonora di Nonno, Pasquale Febbraro, Claudia Maria Franchini, Stefano Gigliotti, Gabriele Lussu, Oscar Maresca, Valeriano Musiu, Leonardo Rossetti, Gabriella Siciliano, Giulia Zamponi, Elena Capilupi, Valentina Cappelli, Andrea Carrabino, Umberto
Cascone, Filippo Riccardo di Chio, Andrea di Tullio, Christian Leo Dufour, Thomas Fox, Sara Leombruno, Andrea Muzzolon, Alessandra Pellegrino, Matteo Pelliccia, Ivan Torneo, Letizia Triglione, Erica Vailati
Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002
Stampa: RS Print Time S.r.l
Master in Giornalismo Iulm
Direttore strategico: Daniele Manca
Coordinatrice organizzativa: Marta Zanichelli
Coordinatore didattico: Ugo Savoia
Responsabile laboratorio digitale: Paolo Liguori
Tutor: Sara Foglieni
Docenti:
Anthony Adornato (Mobile Journalism)
Adriano Attus (Art director e grafica digitale)
Federico Badaloni (Architettura dell’informazione)
Luca Barnabé (Giornalismo, cinema e spettacolo)
Simone Bemporad (Comunicazione istituzionale)
Ivan Berni (Storia del giornalismo)
Silvia Brasca (Fact checking and Fake news)
Federico Calamante (Giornalismo e narrazione)
Marco Capovilla (Fotogiornalismo)
Marco Castelnuovo (Social Media curation)
Maria Piera Ceci (Giornalismo radiofonico)
Mario Consani (Deontologia)
Cipriana Dall’Orto (Giornalismo periodico)
Giovanni Delbecchi (Critica giornalismo Tv)
Andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale)
Luca De Vito (Videoediting)
Stefano Draghi (Statistica e demoscopia)
Guido Formigoni (Storia contemporanea)
Alessandro Galimberti (Diritto d’autore)
Paolo Giovannetti (Critica del linguaggio giornalistico II)
Alessio Lasta (Reportage televisivo)
Nino Luca (Videogiornalismo)
Bruno Luverà (Giornalismo Tv)
Caterina Malavenda (Diritto penale e Diritto del giornalismo)
Matteo Marani (Giornalismo sportivo)
Anna Meldolesi (Giornalismo scientifico)
Alberto Mingardi (Giornalismo e politica)
Micaela Nasca (Laboratorio di pratica televisiva)
Elisa Pasino (Tecniche dell’ufficio stampa)
Aldo Preda (Giornalismo radiofonico II)
Davide Preti (Tecniche di montaggio)
Roberto Rho (Giornalismo economicoGiornalismo quotidiano)
Giuseppe Rossi (Diritto dei media e della riservatezza)
Federica Seneghini (Prodotti editoriali)
Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia)
Marta Zanichelli (Publishing digitale)
Editoriale
Quando Internet farà a meno di noi? di Elisa Campisi, Valeriano Musiu
Cyber in-sicurezza di Francesca Daria Boldo, Leonardo Rossetti
A pezzi: i lavoratori delle app di Carlotta Bocchi, Gabriele Lussu, Giulia Zamponi
La realtà aumentata che cambia la cura di Carlotta Bocchi, Valeria Boraldi, Gabriella Siciliano
Maneggiare l’intelligenza artificiale di Pasquale Febbraro, Oscar Maresca
«La vera domanda è quando internet collasserà» Intervista a Esther Paniagua di Elisa Campisi, Valeriano Musiu
Siamo tutti attaccati a un cavo di Pasquale Febbraro, Giulia Zamponi
«Ciao! Bentornato a casa» di Thomas Fox, Matteo Pelliccia, Andrea Carrabino
Meno umano, più cyber di Gabriele Lussu, Gabriella Siciliano
Metaverso sfrenato di Francesca Daria Boldo, Leonardo Rossetti
Influencer oltre il reale di Andrea Achille Dell’Oro, Eleonora di Nonno, Stefano Gigliotti
Il nuovo AI Lab di Claudia Franchini
SOMMARIO COLOPHON 2 | MASTERX | FEBBRAIO 2023
MasterX FEBBRAIO 2023 - N° I - ANNO XXI
3 4 8 10 12 16 18 21 22 24 26 27
Elisa Campisi e Valeriano Musiu Master in Giornalismo
QUANDO INTERNET FARÀ A MENO DI NOI?
Pubblica amministrazione, servizi di streaming, strumenti di pagamento, case domotiche, messaggistica. Il digitale è un’infrastruttura che permea sempre di più le nostre vite e che è destinata a farlo a un ritmo sempre maggiore. Ignoriamo i suoi punti deboli e le fragilità, che si basano innanzitutto sul fatto che il digitale, senza elettricità, non può esistere. La crisi energetica ha gettato una prima ombra sul funzionamento della macchina. Dopo vent’anni di dominio incontrastato, adesso anche le Big Tech, le grandi aziende tecnologiche come Google, Amazon e Meta, devono fare i conti con nuovi problemi, prime fra tutte gli attacchi hacker.
La sicurezza è un argomento centrale non solo per le imprese, ma soprattutto per i governi e le pubbliche amministrazioni. Spesso, però, il tema non è affrontato in modo strutturale e le falle nel sistema sono ancora tante. Ma qualcosa sta cominciando a muoversi. Come ci raccontano Francesca Daria Boldo e Leonardo Rossetti, per la prima volta in Italia è stata istituita un’Agenzia per la sicurezza informatica Nazionale. Anche le aziende si stanno muovendo in questa direzione.
Tra le aree che hanno subito le maggiori trasformazioni con l’avvento del digitale c’è sicuramente anche il mondo del lavoro. Da una parte, si trasformano le professioni, con alcuni mestieri che scompaiono e altri che nascono solo grazie all’esistenza delle piattaforme digitali; dall’altra, c’è la questione etica, con i ritmi di lavoro che si fanno sempre più estenuanti a causa di turni scanditi dagli algoritmi.
Ma l’arrivo del digitale ha aperto anche nuove frontiere:
dall’innovazione nel campo medico allo sviluppo del Metaverso; dalle case che diventano sempre più intelligenti alle città che si arrichiscono di servizi “smart”.
L’industria del digitale, in continua crescita, non conosce limiti e sta arrivando perfino a potenziare le prestazioni dell’essere umano. Un esempio per tutti? Neuralink, azienda fondata dall’imprenditore Elon Musk, che ha sta sviluppando tecnologie impiantabili nel cervello per permettere all’intelligenza artificiale di interpretare il pensiero umano ed eseguire dei comandi.
Questa corsa continua, però, deve fare i conti anche con alcuni limiti fisici. Internet è un sistema di comunicazione che passa attraverso infrastrutture fisiche che trasportano i nostri dati: la più importante sono i cavi sottomarini, che trasportano circa il 99 per cento di tutte le informazioni digitali. Come ci spiegano Pasquale Febbraro e Giulia Zamponi, questo sistema è molto più fragile di quanto non sembri. E non mancano le implicazioni ambientali.
Il digitale investe tutti i campi della nostra vita, compreso quello culturale. Oggi le nuove tecnologie vengono usate nei modi più disparati: dalla creazione del viso del personaggio di un film allo sviluppo di influencer virtuali, passando per il fenomeno che negli ultimi tempi sta monopolizzando il dibattito. Le nuove forme di intelligenza artificiale come ChatGPT rivoluzioneranno il mondo della comunicazione? Arriverà il momento in cui non riusciremo più a distinguere un testo scritto da un’AI da quello realizzato da un essere umano?
EDITORIALE FEBBRAIO 2023 | MASTERX | 3
IN-SICUREZZA CYBER
Non c’è niente di meno sicuro che essere collegati con un computer. Per la prima volta in Italia è stata istituita un’Agenzia per la sicurezza informatica Nazionale
Daria Boldo e Leonardo Rossetti
Dopo anni complessi, in cui l’avvento della pandemia ha letteralmente stravolto la quotidianità di ciascuno, anche il settore della cyber sicurezza ha subito molti cambiamenti. Per esempio le nuove modalità di impiego, che prevedono un’alternanza tra lavoro da casa e presenza in ufficio, non sono destinate a scomparire, ma entreranno progressivamente a far parte di quella che viene definita la “nuova normalità”. E, in questo scenario, il contesto della cyber security non è mai stato così in fermento, come dimostra anche il massiccio attacco hacker che il 6 febbraio ha colpito tutto il mondo, compreso il nostro Paese. Si sarebbe trattato di un ransomware, che ha sfruttato una falla del software VMware. Come spesso accade, anche in questo caso gli hacker hanno rubato dati sensibili per chiedere un riscatto. Gli attacchi alla sicurezza informatica stanno aumentando in maniera vertiginosa, in una varietà di modi e soggetti colpiti mai vista prima. Secondo il Rapporto Clusit, nel primo semestre 2022 sono stati registrati 1.141 cyber attacchi a livello globale, Italia inclusa. Nessuno quindi può sentirsi al sicuro: dall’hospitality ai trasporti, dalle pubbliche amministrazioni allo sport, i dati personali e aziendali sono ovunque in pericolo.
Per contrastare questo fenomeno, molte aziende, comprese quelle italiane, hanno posto l’accento sul tema della sicurezza digitale, investendo in tecnologie e formazione dei propri dipendenti. Una base di partenza importante, senza dubbio, ma sufficiente per evitare di venire travolti dal cambiamento in atto?
«Negli ultimi anni, le cose stanno cambiando. In Italia, le istituzioni hanno iniziato a capire la necessità e l’importanza della cyber sicurezza, inserendo figure professionali che se ne occupino e mettendo in atto azioni di sensibilizzazione riguardo alla sicurezza informatica» – spiega Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano – «Parliamo spesso di tecnologia, ma il più delle volte la principale vulnerabilità del sistema sono le persone. Serve grande attenzione e sempre più conoscenza, soprattutto oggi che non ci sono più confini. Utilizziamo tutto ciò che il digitale ci offre e spesso con poca accortezza. Non ci si può difendere al 100% ma informarsi e muoversi in rete con attenzione può fare la differenza».
il pnrr e l’agenzia per la cyber sicurezza
Nel programma Next Generation EU (una serie di strumenti finanziari temporanei de-
Di Francesca
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4 | MASTERX | FEBBRAIO 2023 SICUREZZA | SOVRANITÀ DIGITALE
NASA. Un’immagine satellitare della Terra FEBBRAIO 2023 | MASTERX | 5 SOVRANITÀ DIGITALE | SICUREZZA
SICUREZZA | SOVRANITÀ DIGITALE
dicati al risanamento dei danni pandemici), la Commissione Europea ha stanziato 750 miliardi di euro, destinati a finanziare i Piani di Ripresa e Resilienza presentati dagli stati membri (PNRR).
L’Italia ha stimato investimenti per circa 235 miliardi di euro al fine di realizzare 16 obiettivi riconducibili a sei missioni. La prima tra queste riguarda proprio la digitalizzazione e l’innovazione. La missione 1 del PNRR mira a ridurre l’arretratezza digitale nella Pubblica Amministrazione, innovare e rendere competitivo il sistema produttivo italiano e valorizzare il turismo e la cultura nel Paese.
dal punto di vista delle operazioni di mercato: da gennaio a dicembre, sono state registrate molte manovre da parte di aziende italiane attive nel panorama della cybersecurity, per un giro d’affari pari a diverse centinaia di milioni di euro. Tuttavia, la spesa continua ad apparire estremamente limitata se paragonata a ciò che avviene a livello internazionale. Il mercato della cyber security costituisce lo 0,08% del PIL italiano, cosa che colloca l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi del G7.
LA STRATEGIA ITALIANA
Prevenire, rispondere e attaccare: la cyber defence in Italia
A cura di Umberto Cascone
Come i privati, anche lo Stato è bersaglio di attacchi hacker, il cui successo sarebbe disastroso per un paese dipendente dai sistemi informatici. Per fronteggiare questo pericolo, l’Italia ha creato un organo dedicato alla cyber-defence: tutto ciò che riguarda prevenzione, rilevamento e risposta tempestiva a minacce contro infrastrutture o informazioni nazionali.
Dal 2016 la NATO considera lo spazio cibernetico un teatro di guerra. Di conseguenza, nel 2020, lo Stato Maggiore della Difesa ha costituito il COR (Comando per le Operazioni in Rete), incaricato della guida di tre strutture preesistenti: il Reparto C4, che da anni garantisce il funzionamento degli apparati informatici delle forze armate; il Reparto Sicurezza e Cyber Defence, che definisce strategie e tattiche; il Reparto Operazioni Cibernetiche, che mette in pratica le mosse militari nel cyberspazio.
Di cyber-defence non sentiamo molto parlare perché è qualcosa di nuovo, con cui non abbiamo ancora familiarità, ma anche perché, trattandosi di attività militari, le mosse del COR sono per lo più coperte dal segreto. Non sappiamo quanti e quali attacchi il Comando fronteggi quotidianamente, ma l’assenza di notizie suggerisce un operato all’altezza delle situazioni. Il mondo digitale porta con sé un nuovo scenario bellico. Prima, le guerre erano scontri tra formazioni ben definite e numerose; oggi, il cyberspazio contrappone piccoli gruppi, difficili da identificare, a grandi realtà.
Di conseguenza, se nel mondo fisico si lavorava sulla deterrenza, in quello digitale questa non sembra bastare. Ed ecco perché, con una norma contenuta nel D.L. 115 del 10 agosto 2022, al COR è stata riconosciuta, accanto a prevenire e rispondere, una terza facoltà: attaccare. Se necessario, prima degli avversari.
Dei 9,75 miliardi di euro stanziati per questi obiettivi, circa 623 milioni sono stati destinati alla sicurezza informatica. La principale novità organizzativa è l’introduzione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), resa necessaria sia per definire la strategia informatica sia per gestire i rapporti di cooperazione internazionale. Nelle principali realtà europee, infatti, come Regno Unito, Francia, Spagna e Germania, nonché in Unione Europea a livello trasversale, organismi analoghi sono stati creati già negli anni passati. «È un messaggio molto forte per il Paese» –spiega Piva – «L’Agenzia risponde direttamente al Presidente del Consiglio. È nata poi una pianificazione di investimenti in termini di persone da assumere per questa organizzazione, una spinta per creare nuove competenze e continua formazione. È un elemento in più per creare contatto con la Pubblica Amministrazione e anche con le singole aziende e il tessuto delle piccole e medie imprese (PMI)».
un mercato in fermento
Il 2021 è stato un anno molto dinamico anche
aumenta la consapevolezza, ma non basta Nel 2022 la security ha raggiunto per la prima volta in assoluto il gradino più alto del podio tra le priorità di investimento delle piccole e medie imprese, mentre per le grandi aziende la sicurezza informatica, come per il 2021, è la prima voce di investimento. Nonostante l’aumento dell’attenzione, però, la risposta in termini di spesa in sicurezza informatica è stata piuttosto tiepida. Secondo l’Osservatorio Cybersecurity & Data Protection del Politecnico di Milano, solo il 5% delle aziende ha svolto una revisione completa della strategia di gestione della sicurezza informatica definita in precedenza.
i trend in ambito cyber security
Le nuove tecnologie e trend hanno introdotto cambiamenti radicali nei processi di business delle aziende. Per il secondo anno consecutivo, sono il Cloud e le modalità di lavoro in Smart Working i trend che generano il maggiore impatto nella gestione della Security. Sul gradino più basso del podio si trova invece la voce Digital Identity.
Il primo è legato all’ormai radicata propensione a migrare dati, applicazioni e infrastrutture
A fianco. Un data center. In alto nella pagina precedente, un’impiegata in un ufficio di cybersecurity
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Il reparto di Sicurezza Cibernetica
in ambienti Cloud. Questo rende necessario per le organizzazioni introdurre nuove figure dedicate e opportuni strumenti di controllo e monitoraggio. Il secondo trend, il lavoro da remoto, è sostenuto dal protrarsi della pandemia. L’alternanza casa-ufficio continua e continuerà a rappresentare una modalità imprescindibile per molti lavoratori, rendendo di fatto necessario implementare soluzioni a tutela delle aziende.
La Digital Identity, invece, dopo essere passata in sordina per parecchio tempo, sperimenta un picco di attenzione. Nel 2021 sono più che raddoppiate le identità digitali (es. lo SPID) rilasciate alla popolazione italiana, raggiungendo un totale di 26,1 milioni di utenze attive rispetto alle 12,2 milioni registrate a fine 2020. Numeri destinati a crescere dal momento che sono stati segnalati oltre 431 milioni di accessi nel corso del 2021, il triplo rispetto all’anno precedente.
L’accelerazione è dettata dalla crescente necessità di assicurare agli utenti aziendali e a tutti i cittadini la possibilità di accedere a risorse e dati sensibili anche da remoto, utilizzando un’identità digitale sicura e certificata. «Nel complesso, la nostra analisi sullo stato della cyber security dell’ultimo anno mette in luce elementi positivi e negativi, con una consapevolezza sempre maggiore, che però spesso non si tramuta in investimenti dedicati» –conclude Alessandro Piva – «Da questo punto di vista, la neonata Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale potrà essere un importante faro per le piccole e medie imprese, aiutandole a indirizzare al meglio i loro investimenti in materia e guidandole verso l’implementazione di una strategia per la sicurezza focalizzata sul lungo periodo».
«Casseforti digitali contro gli hacker»
Intervista a Emanuele Mario Parisi, docente di Business technologies and innovation management for startups dell’Università IULM
Di Elisa Campisi e Valeriano Musiu
Che ruolo ricopre la sicurezza dei dati in ambito aziendale?
«Le aziende sono uno dei principali target degli attacchi informatici poiché trattano tantissimi dati di natura personale e transazionale e questo le rende più vulnerabili rispetto ad altri soggetti. Non a caso, circa la metà di tutti gli attacchi hacker colpisce proprio banche, assicurazioni e Pubblica Amministrazione. Le aziende quindi si muovono su un doppio binario: da una parte devono tutelarsi dagli attacchi informatici mettendo a punto una serie di attività preventive, come il monitoraggio di tutte le comunicazioni interne ed esterne e l’uso di antivirus; dall’altra collaborano attivamente con società specializzate per far fronte ad attacchi hacker sempre più evoluti e mirati. Per fare un esempio, nel maggio 2022 Samsung ha organizzato un hackathon [evento destinato a informatici, ndr] per verificare la solidità dei suoi sistemi di sicurezza invitando esperti di hacking a “bucare” il sistema. Nel giro di 24 ore, è stato “craccato” due volte, la prima appena un’ora e un quarto dall’inizio del test».
Quanto investono le aziende in cyber security?
vestitori va dai micro componenti ai software di sicurezza, come ad esempio quelli per le password e l’autenticazione. Le startup hanno un valore aggiunto perché spesso riescono a stare più al passo con le tecniche di hackeraggio».
La nostra Difesa sta cercando cyber soldati: in ambito aziendale invece ci sono nuove figure di questo tipo?
«Tutte le imprese hanno dipartimenti più o meno evoluti di cyber security, interni o esterni. Di solito, però, chi ha un business online non gestisce internamente l’intero ciclo ma lo esternalizza ricorrendo a società iper specializzate, per esempio nell’identificazione online nel middle-ware, o nel cloud computing. Si tratta di aziende che prevedono inespugnabili protocolli di salvaguardia delle informazioni in caso di perdita, errore o cancellazione. Vengono scelte sempre più spesso perché la fruibilità di dati e di sistemi operativi in cloud riesce a ridurre rischi e costi».
Le aziende più piccole sono più al passo contro le tecniche di hackeraggio
«Il 70% delle imprese intervistate da Pwc, network di servizi e consulenza, dichiara che nel 2022 ha incrementato le spese destinate alla cyber security. Inoltre, l’investimento in questo settore cresce ogni anno del 15%. Più l’attività economica migra verso i canali digitali, più le aziende diventano target di sicurezza informatica, e pertanto maggiore sarà l’investimento in tecnologie di protezione».
Che interesse c’è da parte degli investitori verso la cyber security?
«È un settore fra i più attraenti per molti fondi di Venture Capital o Asset Managers. Maggiore è l’attenzione adottata dalle imprese, più crescono e si specializzano gli attacchi hacker, in una continua rincorsa. L’interesse degli in-
Esiste una cassaforte digitale per mettere al sicuro i nostri risparmi?
«Banche e istituti finanziari hanno l’obbligo di disporre di avanzati controlli di sicurezza, la cui efficacia è garantita dai numerosi aggiornamenti e stress test. Inoltre, hanno l’obbligo di dotarsi di un piano di Disaster Recovery, che permette loro di ripristinare in poco tempo l’accesso e la funzionalità della propria infrastruttura IT in seguito ad attacchi informatici. Un discorso a parte meritano invece i crypto-wallet digitali: spesso queste realtà sfuggono ai requisiti di sicurezza imposti dalla normativa e operano in regimi di limitata trasparenza. Sebbene rappresentino una novità di grande interesse per la loro facilità di utilizzo e versatilità, lo stesso non si può dire della sicurezza. I recenti scandali sulla piattaforma FTX hanno dimostrato la fragilità di questo segmento, in cui solo il 5% della scomparsa di denaro dipende da attacchi informatici, mentre quasi il 50% da un’improvvisa smaterializzazione della piattaforma stessa».
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EMANUELE M. PARISI
SOVRANITÀ DIGITALE | SICUREZZA
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A pezzi: i lavoratori delle app
Turni scanditi dagli algoritmi, paghe al ribasso, ritmi di lavoro insostenibili: il modello della “gig economy”
La transizione digitale sta cambiando profondamente l’organizzazione produttiva e il mercato del lavoro. L’impiego di app e piattaforme a regolare turni e incarichi ha contribuito a creare un nuovo panorama sociale ed economico in cui è necessario ridefinire alcuni concetti. In questo scenario, infatti, alcuni lavoratori rischiano di essere privati di diritti e tutele, facendo emergere le criticità legate alla gestione del lavoro da parte degli algoritmi. Se da un lato le piattaforme di lavoro digitali promuovono servizi innovativi e nuovi modelli di business, creando opportunità sia per i consumatori che per le imprese, dall’altro mettono in discussione gli obblighi esistenti in materia di diritto del lavoro e protezione sociale.
la “gig economy”
Con il termine “Gig economy” si intendono i modelli di business che utilizzano lavoratori “a chiamata”, organizzandoli tramite app digitali. Gli operatori più noti sono le piattaforme che offrono servizi agli utenti o quelle che si occupano di consegne di cibo a domicilio. Si tratta di un modello produttivo non più basato sul controllo diretto dei diversi processi interni a un’azienda
ma sull’integrazione di un’ampia rete di fornitori.
L’Indagine sui lavoratori delle piattaforme digitali in Italia nel 2022, svolta dall’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche, mostra che sono 570.521. Per l’80% di loro questo tipo di occupazione rappresenta una fonte di reddito importante o essenziale, ma solo l’11% ha un contratto di lavoro dipendente.
Le attività che svolgono sono eterogenee, ma sono divisibili tra le location-based platforms, in cui i compiti assegnati vengono svolti in un luogo specifico, e le web-based platforms, quelle che prevedono lo svolgimento di micro-compiti sul web senza vincoli di localizzazione, meno visibili e tracciabili. La logica di questi lavori è quella di frammentare il processo produttivo in singoli compiti, in modo che un’azienda si trovi nelle condizioni di pagare solamente il lavoro per determinate esigenze, eliminando i costi strutturali e garantendo la massima flessibilità possibile. Per i dipendenti si traduce in adattabilità a ogni tipo di condizione. Tanti i punti che rendono questi mestieri disumanizzanti: gli orari irregolari, il reddito discontinuo, le condizioni di lavoro, scarse opportunità formative e soprattutto mancanza di diritti, come la retribuzione per ferie o malattia.
al miglioramento delle condizioni di lavoro e dei diritti sociali delle persone impiegate mediante piattaforme digitali, con lo scopo di portare una crescita sostenibile. Tra gli obiettivi garantire l’equità, la trasparenza e la responsabilità nella gestione con gli algoritmi, assicurare l’accesso ai diritti e alla protezione sociale, ma soprattutto accrescere la trasparenza e la tracciabilità degli sviluppi di applicazioni.
“Bezosism”:
I lavoratori vengono inquadrati come collaboratori autonomi, in modo da eliminare gli oneri previdenziali a carico delle aziende. È una forma nuova e aggiornata di precariato estremo, mirato solamente a soddisfare i bisogni transitori delle imprese. Nel dicembre 2021 la Commissione Europea ha approvato la direttiva 762 relativa
amazon, l’algoritmo delle consegne Christopher Mims, editorialista del Wall Street Journal, ha coniato il termine “bezosism” per indicare un mix di sorveglianza, misurazione, trucchi psicologici e slogan tipica del presidente di Amazon, Jeff Bezos. Il colosso del commercio elettronico statunitense valuta le prestazioni dei suoi dipendenti utilizzando la metrica del rate: i lavoratori impostano il livello di velocità delle proprie prestazioni e ogni volta che non raggiungono uno specifico rate, un algoritmo manda un alert destinato a loro, ai sistemi di analisi dei dati e ai responsabili. Più alert portano ad ammonizioni e, se rivolti a lavoratori precari, al mancato rinnovo dei contratti. L’algoritmo, tra l’altro, misura la velocità di prelievo e lo stoccaggio delle merci e in base ai calcoli, viene determinato il rate ottimale. I dipendenti sono in una competizione pericolosa ed esasperata tra loro che mina a destabilizzare la salute psichica oltre che la salute fisica. Una pratica singolare e molto discussa è l’”Amazon pace”, cioè dover camminare il più velocemente possibile per immagazzinare più oggetti. Il siste-
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Di Carlotta Bocchi, Gabriele Lussu e Giulia Zamponi
il mix di sorveglianza e trucchi psicologici sui lavoratori creato da Amazon
INNOVAZIONE | LAVORO
Da sinistra. Una lavoratrice freelance in smartworking, un rider che effettua consegne a domicilio e un magazziniere Amazon
ma tiene traccia del “Time off Task”, che indica il tempo in cui il lavoratore si disconnette dal dispositivo per le pause pranzo o per il bagno. L’uso degli algoritmi incide sull’equilibrio di potere tra i lavoratori, le piattaforme e i clienti, e amplia sempre più il divario tra datore e lavoratore. Tanti i rischi in cui possono incorrere i dipendenti Amazon: le attività favoriscono l’isolamento, la poca vita sociale, frustrazione e insoddisfazione generale. Questo porterebbe a fenomeni ancora più pericolosi, come insonnia, stress, depressione, burnout e la probabilità concreta di incidenti. Emblematico il caso recente di un dipendente Amazon in Colorado, morto di infarto durante il proprio turno e lasciato lì, nascosto con cartoni, a fianco ai colleghi, che ignari di tutto hanno continuato a lavorare. Per i dipendenti è un esempio della mancanza di sicurezza.
rider, autonomi o subordinati?
Dalla candidatura alla gestione dei turni, tutto il lavoro dei rider è scandito da una piattaforma digitale. La gestione del lavoro avviene attraverso i calcoli di un algoritmo, che sceglie con quale grado di priorità chiamare una persona piuttosto che un’altra rispetto a punteggi stabiliti dalle prestazioni precedenti. Tramite una costante profilazione da parte dell’algoritmo, ogni rider viene valutato sulla base della propria produttività. Nel 2019 è stato modificato il decreto legislativo 81/2015, l’unica normativa che disciplinava il lavoro dei rider. Nonostante la nuova norma qualifichi i rider come lavoratori autonomi, permangono molti elementi dei subordinati, come il potere gerarchico e la soggezione. Il quadro giuridico viene continuamente aggiornato, data la dinamicità del settore.
I CASI
I mestieri che nascono
TASKRABBIT
Il fai da te a portata di click
Una volta c’era il passaparola, oggi esiste un’app che mette in contatto chi cerca e chi offre un aiuto nei lavori domestici. Assemblaggio di mobili, piccole riparazioni, pulizie, commissioni, traslochi. I tasker sono i tuttofare, lavoratori che si rendono disponibili tramite la piattaforma Taskrabbit, startup nata a San Francisco nel 2008 e acquistata da Ikea nel 2017. Dopo Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Spagna, Francia, Germania e Portogallo, è stata attivata anche a Milano e Roma. Si seleziona la categoria, si descrive la tipologia di compito che si vuole far svolgere e si sceglie uno dei tasker disponibili in zona. Oltre tremila lavoratori autonomi si sono iscritti all’app e fino ad ora sono state prenotate oltre quattro milioni di prestazioni, di cui più di un milione e mezzo solo nel 2020. Il 52% dei clienti ha un’età compresa tra i 25 e i 44 anni, mentre il 22% delle richieste proviene da under25.
FREELANCER La piattaforma per i freelance
Il ruolo del freelance nell’attuale panorama del lavoro prende sempre più importanza, specialmente in questi anni di postpandemici in cui molte aziende hanno rinunciato, totalmente o in parte, al lavoro in presenza. Freelancer è la più famosa piattaforma digitale per liberi professionisti con 30 milioni di utenti iscritti. Nata nel 2009, al suo interno ci sono circa 1350 categorie diverse, che vanno dallo sviluppo di siti web al SEO, dal copywriter alla promozione su internet, dal grafic design alla produzione di contenuti. La piattaforma si configura come un luogo virtuale in cui privati e società trovano gli esperti di cui hanno bisogno. Non ci sono annunci di lavoro, ma progetti a cui dedicarsi. Anche su questa app, il prezzo delle consegne non è stabilito a priori dall’azienda committente; dunque, si assiste a un ribasso continuo per accaparrarsi l’incarico, in una spirale di costante svalutazione dei salari a esclusivo vantaggio delle aziende coinvolte.
UBER
Spostamenti smart
Amato da milioni di persone e odiato dai taxisti, Uber rappresenta un modo innovativo di viaggiare. Tramite un’applicazione che mette in contatto diretto autisti privati e passeggeri, la società offre un servizio di trasporto automobilistico rapido e sicuro. Nato in California nel 2009 e oggi presente in 77 Paesi del mondo, Uber permette di conoscere il prezzo prima della corsa, indipendentemente da quanto tempo durerà il viaggio. Una volta inserita la destinazione (si può anche scegliere il modello di auto), l’app mostra la macchina più vicina alla propria posizione. A questo punto l’utente può seguire in tempo reale gli spostamenti dell’autista, di cui gli viene mostrato il punteggio (ogni passeggero può valutare la qualità del servizio). Una volta concluso il viaggio, l’applicazione scalerà in automatico la tariffa dalla carta collegata al momento dell’iscrizione.
Lavori domestici L’app permette di trovare dei "tasker" che aiutano in casa
Liberi professionisti L’esempio di un profilo che si può trovare su Freelancer
Mobilità Con Uber chiunque può diventare un autista
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| INNOVAZIONE
Di C.B., G. L. e G.Z.
LAVORO
INNOVAZIONE | SANITÀ
La realtà aumentata che
Le sale operatorie diventano sempre più “intelligenti”; un insieme di componenti hardware e software ottimizza l’efficienza delle prestazioni mediche, permettendo anche di effettuare interventi da remoto
consente di replicare virtualmente il mondo reale avvalendosi di un ologramma di rappresentazione in 3 dimensioni, grazie al concetto di Digital Twin. Alla base di tutto, la tecnologia Microsoft chiamata Holotrasportation, realizzata in collaborazione con Aexa Aerospace. La visita termina con la prima stretta di mano olotrasportata dal pianeta Terra fino allo spazio. Un evento simbolo della potenza espansionistica del mercato della telemedicina, che si stima possa raggiungere, entro il 2028, un valore di quasi 300 miliardi di dollari.
operazioni da remoto
«Il nostro corpo fisico non è lì, ma la nostra entità umana è assolutamente lì». Queste sono state le parole pronunciate dal chirurgo di volo della Nasa, il Dr. Josef Schmid, artefice della prima visita medica a distanza in una stazione spaziale orbitale, la ISS. Sembra un film di fantascienza, ma non lo è. L’8 ottobre 2021 Thomas Pesquet, uno degli astronauti, si trova così “davanti” al medico, indossando un visore per realtà aumentata Microsoft HoloLens, che
Una crescita spinta, ad esempio, dall’innalzamento dell’incidenza delle malattie croniche e dallo sviluppo delle tecniche di telemonitoraggio, ma soprattutto dal miglioramento delle caratteristiche funzionali di Internet, con il relativo aumento della velocità di connessione alla rete. Alla base di questi scambi di informazioni virtuali ci sono la raccolta, l’elaborazione e l’utilizzo di un’enorme quantità di dati, che permettono anche lo sviluppo di tecniche specifiche come il Remote Proctoring. Questo supporto, che arriva da remoto al chirurgo che si trova in sala operatoria, si fonda su un sistema di rete 5G e un software in realtà aumentata creato dalla start up Artiness. Utilizzato dall’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano nel 2021, lo strumento aveva la funzione di condurre un trial clinico con l’obiettivo di riparare
la valvola mitrale di un soggetto, seguendo la via percutanea. La tecnologia impiegava due visori di realtà aumentata, connessi e gestiti utilizzando l’architettura di Edge Computing della rete 5G Vodafone. Quest’ultima, nel 2019, ha permesso di eseguire la prima operazione chirurgica a distanza, grazie anche alla combinazione con banda ultra larga e bassa latenza. È avvenuto in occasione del 5G Healthcare – Vodafone Conference & Experience Day, tenutosi al Vodafone Village di Milano. Qui la compagnia telefonica ha mostrato l’applicazione di questa strumentazione a livello sanitario. L’otorinolaringoiatra Matteo Trimarchi, durante l’evento, ha eseguito un’operazione di microchirurgia laser transorale su una laringe sintetica, con l’obiettivo di togliere un polipo da una corda vocale. L’elevata velocità di connessione ha permesso al chirurgo di azionare in tempo reale le pinze e i laser del robot che ha messo in atto l’intervento.
robot al servizio della medicina
La robotica all’interno dell’ambito farmaceutico e chirurgico è stata usata fin dagli Anni 90, quando i medici iniziarono a essere affiancati dai primi androidi, robot con sembianze umane (ad esempio, un carrello su cui sono montate quattro braccia meccaniche che controllano un bisturi). A marzo 2017, secondo la relazione sulla chirurgia robotica del Ministero della Salute, in Italia erano attivi 76 robot chirurgi-
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Di Carlotta Bocchi, Valeria Boraldi e Gabriella Siciliano
Da sinistra. Alcune strumentazioni introdotte nelle sale operatorie: dagli ologrammi in 3D ai lettini con bracci meccanici. A seguire Robert Chmielewski, tetraplegico. In basso, un esempio di camera per il ricovero.
cambia la cura
ci. Oggi, secondo il report A Robotic-Assisted Surgery Review, realizzato da Alira Health, possiamo contarne 115, che eseguono circa 25mila interventi all’anno, di cui il 65% di urologia e prostatectomia e il 18% di chirurgia generale, seguiti da quelli di ginecologia e di chirurgia pediatrica.
le prime sperimentazioni
Anche la chirurgia robotica oncologica è molto sviluppata. Allo IEO, Istituto Europeo di Oncologia con sede a Milano, più di 1.000 interventi all’anno vengono eseguiti avvalendosi di queste tecniche e il tasso di crescita annuale è del 25%. Milano, inoltre, vanta un record mondiale: tre differenti piattaforme di chirurgia robotica realizzate dall’azienda ospedaliera ASST Santi Paolo e Carlo, per trattare patologie frequenti a prostata, reni, vescica, intestino e fegato.
dalla parte dei pazienti
I robot, però, non affiancano solo i medici, ma anche i pazienti. È il caso del tetraplegico Robert Chmielewski che, al Johns Hopkins Hospital (Baltimora, Maryland), grazie a due braccia robotiche e a una serie di elettrodi impiantati nel cervello, è riuscito a tagliarsi un pezzo di torta e a mangiarlo. Questo tipo di interfaccia, chiamata “interfaccia cervello-macchina”, è oggetto di studio da oltre un decennio. «Siamo in grado di “scrivere” nel
cervello», spiega Alberto Mazzoni, ricercatore all’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, tra i primi al mondo ad approcciarsi a queste sperimentazioni.
questione di tatto
«Quando un paziente tocca un oggetto con la nostra mano robotica, i sensori presenti nella punta del polpastrello decodificano le caratteristiche dell’oggetto. Poi, come se un neurone vero e proprio avesse recepito tali informazioni, noi le convertiamo, riflettendo sulle ipotetiche conseguenze. Al tatto le “vere” cellule nervose si sarebbero dovute attivare creando una serie di piccoli impulsi elettrici, con una certa frequenza e ampiezza. Attraverso l’impianto che il paziente indossa, noi iniettiamo nel sistema nervoso quella stessa frequenza di impulsi. Essa arriva al cervello che riconosce e “sente” le caratteristiche dell’oggetto; così si può restituire la sensibilità alle persone che hanno subito un’amputazione. Stiamo lavorando affinché ciò sia accessibile a tutti. È la nostra nuova frontiera». Una speranza che traspare anche dalle parole del Presidente dell’Istituto di Medicina Geisinger Health System in Pennsylvania, Kenric Maynor, secondo il quale «c’erano alcuni miti su ciò che la telemedicina poteva fare. Speriamo ci sia una reale opportunità di avere una componente di telemedicina per l’assistenza sanitaria sostenibile e affidabile».
COMUNICAZIONE
Social media e salute: risorsa o eden delle fake news?
A cura di Sara LeombrunoNell’era del digitale l’accesso all’informazione apre le strade alla conoscenza anche nei campi più ostici. I social media sono uno strumento efficace anche nell’ambito della comunicazione medica. Se da un lato, però, le barriere proprie del rapporto medico/paziente sembrano venir meno, dall’altro non tutti vedono questo come un bene. Uno dei rischi principali sembrerebbe quello di apparire meno professionali, o di essere «fraintesi nell’esporre concetti specialistici ad una platea che, purtroppo, non sempre risulta ben disposta alla ricezione», spiega Roger Harris in #SciComm - Communicating Science in a Media Age. «Sicuramente l’interazione è un valore aggiunto, sia per togliere alla comunicazione scientifica l’alone di sacralità che l’ha sempre contraddistinta, che per far luce su temi trascurati dai media tradizionali. Come vediamo da tempo, però, ciò porta anche alla condivisione incontrollata di commenti e contenuti non verificati e rischia di confondere il pubblico», cosi’ Barbara Sgarzi, giornalista ed esperta di comunicazione. «Una vasta gamma di questioni che erano solitamente meno popolari, come la vaccinazione, sono diventati in meno di due anni alla portata di tutti», conferma Ivano Eberini, docente di biochimica all’Università di Milano. Grazie a questo processo, al convenzionale medico che veniva a contatto con il grande pubblico solitamente tramite la mediazione di terzi, come giornalisti o moderatori, è andata a sostituirsi l’emergente figura dello “science influencer”. Ma sempre più diffusi sono anche i “micro” o “nano” influencer scientifici che, ogni giorno, si rivelano veri e propri punti di riferimento per centinaia di persone.
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| INNOVAZIONE
I medici informano i pazienti sui social
SANITÀ
INNOVAZIONE | LAVORO
> AMORI 2. MYSECRETCASE
L’IA cambia anche le relazioni
Se ti senti solo, in Giappone non è un problema. Basta affittare un amico o un familiare. La disgregazione dei modelli tradizionali ha fatto crescere nel Paese diverse aziende che offrono genitori, zii e perfino fidanzati a noleggio. “Family Romance” è una delle principali: da chi affitta finti mariti per anni a chi è semplicemente in cerca di un amico con cui postare una foto sui social, l’obiettivo è non sembrare soli agli occhi della società.
Mysecretcase nasce come un e-commerce di sex toys veicolando l’idea che la sessualità, oltre che essere fondamentale per la felicità di una persona e di una coppia, è anche un gioco. E come tutti i giochi ha le sue regole. Per questo, il progetto si è evoluto in «portale della sessualità», dove trovare articoli che parlano di educazione sessuale, di salute, ma anche racconti erotici di scrittori famosi.
Maneggiare l’intelligenza artificiale
Dai pianificatori del Metaverso ai consulenti di valuta digitale: in futuro nasceranno tante nuove professioni, mentre quelle più tradizionali scompariranno
Il futuro è già qui. Niente più voli pindarici o fantascienza, ci stiamo preparando ad attualizzare quello che abbiamo sempre osservato soltanto nei film. Facciamo due esempi pratici. Negli Stati Uniti una proposta di legge dello stato di San Francisco vuole introdurre poliziotti-robot. A Boston, corrieri volanti potrebbero consegnare pacchi in 30 minuti. Tutto possibile? Probabilmente sì, ma ci sono ancora problemi da risolvere.
il nodo dei poliziotti non umani Aaron Peskin, presidente del Consiglio di Sorveglianza dello Stato di San Francisco, ha specificato che i robot non saranno utilizzati come «strumento di forza». Ma la proposta di legge ha ricevuto obiezioni su più fronti. In un primo momento l’idea dei robot-poliziotti era stata approvata sia dal governo della città che dal Consiglio dei Supervisori. Quest’ultimo organismo si è però espresso con un secondo voto, che ha ribaltato la decisione precedente. In una lettera di protesta firmata da 44 gruppi parlamentari, si legge che la politica «metterebbe inutilmente in pericolo delle vite» e che i cittadini sono «naturalmente
a disagio nel trovare robot armati in qualsiasi situazione». La questione è stata infatti rimandata «per ulteriori discussioni».
i robot nel mondo agricolo L’impiego di nuove tecnologie automatizzate cresce anche in campo agricolo. Tra gli esempi più innovativi Dino e Ted di Naio Technologie, due robot che, grazie a dispositivi di rilevamento e identificazione degli ostacoli, sono in grado di distinguere le persone dalle piante. I robot sono inoltre riescono a mappare il territorio e a stabilire percorsi da compiere in base alle coordinate Gps. Ma non è tutto, perché queste macchine arrivano a una velocità di sei chilometri orari e hanno un’autonomia
di otto ore. Questo significa che tali dispositivi possono lavorare anche senza la supervisione umana.
il drone di amazon
Amazon è una delle aziende più all’avanguardia sul fronte tecnologico. Il colosso di Jeff Bezos ha l’obiettivo di arrivare, entro la fine del decennio, a 500 milioni di ordini consegnati via drone. Si vuole permettere agli utenti di acquistare online e ricevere il prodotto in mezz’ora dal cielo. A Boston, l’azienda ha presentato MK30: il drone che potrebbe rendere tutto questo realtà, destinato a entrare in servizio nel 2024.
le professioni del futuro
La transizione digitale e la pandemia hanno rivoluzionato il mondo. Che fine faranno i traduttori con l’avvento delle nuove chatbot virtuali? I politici verranno sostituiti dall’intelligenza artificiale come già succede in Nuova Zelanda e Danimarca?
Solo pochi mesi fa, in occasione delle elezioni danesi, i partiti storici del Paese hanno dovuto sfidare un avversario imprevisto. Come candidato, il Partito Sintetico ha presentato un’intelligenza artificiale, Leader Lars. Il programma poteva conversare con gli elettori e ascoltare i loro pareri. Non abbastanza, però, perché non è riuscito a conquistare i voti necessari a candidarsi.
l’ia nei colloqui
Secondo un articolo del Wall Street Journal, le selezioni presto cambieranno. I responsabili delle assunzioni di oggi sarebbero d’accordo sul fatto che un colloquio non è più la pratica ideale per assumere personale.
Ci sarà un forte aiuto dall’intelligenza artifi-
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Di Pasquale Febbraro e Oscar Maresca
Danimarca. Manifesto del “Partito sintetico”
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Di C.B., O. M., G. S.. e G.Z.
1. RENT A FAMILY
3. VIRT-A-MATE
Fare sesso virtuale con avatar 3D di celebrità, ma anche con i propri ex partner, senza che quella persona abbia mai dato il proprio consenso.
L’avatar è creato da software di rendering come Virt-A-Mate, che analizzano e trasportano le nostre fotografie in un’immagine tridimensionale. Questi programmi sono visti come un modo innocuo di esprimere i propri desideri, ma aprono questioni sulla privacy e sul consenso all’uso delle immagini.
ciale: sempre più datori di lavoro utilizzeranno l’IA per scovare profili. L’azienda di Siena
Questit ha sviluppato uno dei primi addetti alla ricerca del personale virtuali. La tecnologia attua una scrematura dei candidati organizzando colloqui e analizzando risposte, emozioni e livello di attenzione. Si chiama Algho, appare come un avatar 3D dalle fattezze umane, ma in realtà è l’elemento interattivo di una piattaforma di intelligenza artificiale.
L’AI percepisce gioia, tristezza, rabbia, sorpresa, paura e disgusto, senza contare il livello di attenzione declinato in tre livelli. Le risposte del candidato abbinate a queste variabili producono un punteggio da cui gli addetti alla selezione, umani, formeranno una classifica.
i mestieri a rischio
Ci si chiede da sempre se la tecnologia porterà nuovi posti di lavoro o li ridurrà. Mestieri come il campanaro, il proiezionista cinematografico e il centralinista sono da tempo desueti.
Con il progresso tecnologico sono a rischio anche lavori come agenti di viaggio, tassisti e cassieri. Al loro posto, i nuovi ruoli professionali che nasceranno sono il creatore di organi artificiali, il pianificatore di metaverso, l’installatore di biofilm, il previsore di terremoti e il consulente di valuta digitale.
Secondo uno studio condotto dalla rivista
L’Essenziale, i lavoratori italiani sono protetti dall’avvento dell’automazione se svolgono professioni che includono attività quali la gestione delle relazioni interpersonali, la formazione e la collaborazione con altre persone. Al contrario, i lavoratori potrebbero essere sostituiti dalle macchine in un decennio o due se svolgono mestieri che prevedono attività automatizzabili quali lo scambio di informazioni, la costruzione di materiali o la vendita.
4. TINDER
Sei già su Tinder? È l’app di incontri più usata al mondo. Da quando è nata, nel 2012, ha “matchato”, ossia combinato, più di 55 miliardi di profili, come un vero Cupido. A più di dieci anni di distanza, le generazioni digitali hanno ormai imparato a conoscere gente online. La tecnologia permette di evitare le persone lontane dai propri gusti. Chi vuole può scegliere di incontrarsi anche nel mondo reale, salvandosi dalla solitudine affettiva.
Tecnologia e sport: amici o nemici?
I device sono diventati parte integrante delle competizioni sportive in una corsa alla presunta oggettività delle valutazioni
Di Filippo di Chio, Christian Leo Dufour, Andrea Muzzolon
Per anni nel calcio ha tenuto banco un dilemma: è giusto utilizzare la tecnologia durante le partite? Il primo passo in questo senso è stato fatto nel 2012 con l’introduzione della goal-line technology, un sistema di telecamere ad alta velocità che per capire se la palla ha oltrepassato la linea di porta sfrutta la meccanica già in funzione nell’occhio di falco, una specie di moviola del tennis.
In effetti, il debutto tennistico dell’hawk-eye technology risale al 2005 quando 18 fotocamere furono installate sul campo centrale dell’US Open. Grazie all’analisi della traiettoria e della velocità del colpo fu possibile iniziare a verificare con precisione il punto d’impatto della pallina con il campo. Negli anni successivi è stata adottata come ausilio al giudice di sedia in quasi tutti i tornei professionistici. Dal 2020, poi, la necessità di diminuire le persone in campo a causa del Covid ha fatto sì che in tanti dei maggiori tornei i giudici di linea fossero sostituiti completamente proprio da questa tecnologia. Nel mondo del calcio, al tracciamento quasi istantaneo della traiettoria grazie a telecamere è stata aggiunta l’innovazione del GoalRef. Questo meccanismo sfrutta un chip all’interno del pallone che interagisce con un campo magnetico generato da antenne montate sui pali e sulla traversa. Se è registrata un’alterazione del campo magnetico, un computer invia il segnale del gol all’arbitro in campo.
Il vero salto nel futuro, però, è stato compiuto nel 2016 quando l’IFAB ha approvato l’utilizzo
del VAR, ovvero la possibilità per il direttore di gara di esaminare gli episodi dubbi su un monitor a bordo campo. Da allora, per permettere un giudizio sempre più puntuale e imparziale, sono stati apportati numerosi correttivi al protocollo VAR ma il giudizio umano rimane predominante e le polemiche arbitrali non sono calate.
Un ulteriore passo verso una presunta oggettività è stato compiuto durante i mondiali in Qatar con l’introduzione del fuorigioco semi-automatico. Grazie ad un impianto di 12 telecamere, d’ora in avanti sarà possibile individuare un offside quasi istantaneamente. Fondamentale per questo tipo di sistema sono i nuovi palloni Al Rihla, dotati di un chip sviluppato dall’azienda Kinexon in collaborazione con Adidas. Tramite una batteria ricaricabile dall’autonomia di 6 ore, è possibile individuare l’istante esatto in cui un giocatore passa il pallone.
La tecnologia è diventata parte integrante anche del ciclismo. L’analisi dei dati biometrici, il controllo in tempo reale di parametri come potenza, cadenza e velocità e la gestione della logistica di una squadra hanno stravolto la disciplina. Oggi i team possono costruire database storici con le prestazioni dei corridori. Questo consente di predisporre piani d’allenamento personalizzati con l’obiettivo di sfruttare tutte le potenzialità degli atleti. Conoscere a fondo i propri limiti permette di non infrangere il muro oltre il quale si rischiano infortuni invalidanti. Un altro esempio di come la tecnologia ha cambiato lo sport.
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LAVORO | INNOVAZIONE
UN VIAGGIO NELL’ERA DIGITALE
1 OSLO
Un salto nel futuro per una città sempre più efficente Oslo sta lavorando su numerosi progetti per evolversi in una smart city. La città sta realizzando autobus elettrici, cantieri a zero emissioni e modernizzando edifici per la gestione dei rifiuti e la produzione di energia green. Grazie alla collaborazione tra
2
ZURIGO
i vari settori della capitale, i servizi per i cittadini saranno completamente digitalizzati.
3 AMSTERDAM
Combattere il cybercrime con i videogiochi
A novembre Amsterdam ha ricevuto lo Smart City Award 2022 per lo sviluppo di HackShield. Si tratta di un videogioco attraverso cui gli utenti possono informarsi
Una smart-green city in equlibrio tra passato e futuro
Zurigo è tra le città europee che più si distinguono per la capacità di integrare natura, monumenti e infrastrutture digitali in un equilibrio perfetto tra passato e futuro. L’area di Lagerstrasse è un chiaro esempio di riqualificazione, con edifici ad alte prestazioni energetiche e mezzi di trasporto ultraveloci che si inseriscono in una cornice di parchi, colline e montagne.
sul tema del cybercrime per contrastarlo e proteggere sé stessi e gli altri. Completando tutti i livelli, gli utenti diventano Cyber Agent capaci di affrontare i problemi in cui è possibile imbattersi navigando in rete.
4 HELSINKY
L’urbanizzazione intelligente al servizio dei cittadini
La capitale finlandese è nella
top 3 delle città più smart su base mondiale secondo la classifica Forbes 2019. Nel 2005 la città di Helsinki ha inaugurato il progetto Forum Virium Helsinki’s Smart City Project Area, sperimentando tecnologie innovative finalizzate a migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Il progetto si è basato sullo sviluppo di servizi urbani intelligenti, fruibili da dispositivi mobili e basati su Open Data, Living Labs e Crowdsearching.
5 SINGAPORE
Una vita più smart e con meno traffico nelle strade
La città-Stato di Singapore è la prima a guadagnarsi il titolo di “Smart Nation”, grazie alla sinergia instaurata tra la città e l’amministrazione pubblica. Infatti sono molteplici le iniziative predisposte dal governo per rendere la città sempre più smart, come il “vehicle to everything” e la “digital health”. Il progetto vehicle to everything è uno
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Di Valentina Cappelli, Sara Leombruno, Alessandra Pellegrino, Letizia Triglione e Erica Vailati
Servizi smart: Un tabellone digitale con indicazioni per i turisti
dei sistemi, nel suo genere, più tecnologici al mondo e consiste nel rendere tutte le automobili a guida autonoma, ma non solo. L’obiettivo finale, infatti, è di attivare un dialogo tra veicolo e veicolo e tra veicolo e infrastrutture. Tale comunicazione comporterà una notevole diminuzione del traffico e una maggior sicurezza sulle strade. Tutto ciò sarà possibile grazie alle grandi potenzialità dell’intelligenza artificiale e agli investimenti effettuati dal governo sulle infrastrutture sostenibili, che permetteranno a Singapore di ridurre il numero dei veicoli sulle strade dell’isola. Dal 2003, inoltre, è stato introdotto il Sign Pass: un sistema di identificazione digitale.
6 JAKARTA
Una città intelligente mai realizzata
L’obiettivo dell’ex governatore di Jakarta era quello di trasformarla in una “città 4.0”, moderna per i suoi cittadini e sostenibile per l’ambiente. I risultati non
sono stati però all’altezza delle aspettative, visto il blackout totale del 2019 che ha colpito lo sviluppo della sua economia digitale e sicurezza nazionale. I danni hanno interessato i sistemi di pagamento digitali, le linee telefoniche, i semafori della città e l’aeroporto, causando numerosi disagi. Il motivo? Secondo l’azienda fornitrice di energia elettrica statale ci sarebbero stati alcuni “problemi tecnici”.
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COREA DEL SUD
KakaoTalk down: il crollo dell’app più usata nel Paese
Il caso di KakaoTalk, l’app di messaggistica più usata in Corea del Sud, mostra appieno le profonde influenze sul quotidiano delle infrastrutture digitali. Dallo shopping, alle attività bancarie ai servizi Gps: il blackout del social causato da un incendio ha praticamente immobilizzato il Paese, tanto da spingere le autorità ad istituire una task force nazionale sulla cybersecurity, così da evitare disagi simili in futuro.
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AMERICA LATINA E CARAIBI
Il lockdown dell’istruzione che ha fermato la scuola America Latina e Caraibi hanno affrontato un lockdown educativo che ha chiuso le scuole per 70 settimane, 30 in più rispetto al resto del mondo. Durante la pandemia, l’insegnamento a distanza è stato possibile grazie a sistemi e infrastrutture digitali. Tuttavia, in questi Paesi, la rete e le competenze tecniche non si sono dimostrate efficaci nel garantire la continuità della didattica. Questo ha portato non soltanto a un disservizio, ma anche a un incremento delle disparità legate all’accesso all’istruzione.
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SAN FRANCISCO
Il blackout del colosso Fastly e l’oscuramento della rete Fastly è una tra le più influenti aziende della Silicon Valley, motore internet delle maggiori potenze mondiali. Nel 2021, un blackout del colosso americano ha causato l’oscuramento della rete globale
mandando in tilt per un’ora diversi siti, tra cui quelli del Governo britannico, della Casa Bianca, di Amazon e di numerosi giornali italiani.
CINA
Shein: la comunicazione digitale per spingere le vendite L’e-commerce di fast fashion Shein ha deciso di basare il proprio business esclusivamente sulle piattaforme online, senza negozi fisici. La necessità di soddisfare gli ordini comporta però un mancato rispetto dei protocolli lavorativi. Gli utenti hanno lanciato campagne di protesta online. Il modello di Shein è la dimostrazione di come i vantaggi portati dal mercato online possano essere sfruttati per aggirare le regole di tutela dei lavoratori al fine di massimizzare i profitti. La velocità necessaria a soddisfare gli ordini comporta una mancanza di attenzione nei confronti dei protocolli regolamentari.
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MAPPA
Esther Paniagua
Giornalista, autrice di Error 404
Di Elisa Campisi, Valeriano Musiu
In Error 404 Esther Paniagua analizza cosa potrebbe accadere quando ci sarà il blackout della rete globale. Il controllo eccessivo da parte di alcuni Stati, la disinformazione, la polarizzazione e la diffusione di contenuti che promuovono l’odio sono solo alcuni dei rischi legati all’online. In un mondo virtuale in cui discriminazione e censura si automatizzano, il pericolo di cadere in una tirannia digitale diventa sempre più reale.
«Siamo in grado di “scrivere” nel cervello»
Nel suo libro scrive che Internet collasserà, è solo una questione di tempo. Come fa a esserne così sicura?
«La persona che sostiene questo è lo scienziato cognitivo Daniel Dennett, che ho potuto intervistare. Nel 2014 Dennett ha affermato che «Internet crollerà e sperimenteremo ondate di panico». Questo è stato il germe del mio libro. Sono rimasta molto sorpresa dalle sue affermazioni e ho iniziato a indagare per capire se avessero senso. Dopo aver fatto ricerche online e aver intervistato persone come Vinton Cerf (uno dei padri di Internet), Bill Dutton (direttore fondatore dell’Oxford Internet Institute), Joao Damas (uno dei 14 “guardiani di Internet”), la leader mondiale della sicurezza informatica Soledad Antelada e molte altre persone (ex agenti segreti, direttori della sicurezza nazionale, ecc.) sono giunta alla conclusione che Dennet aveva ragione. Ho pensato che questo fosse un argomento molto rilevante da trattare, perché non è qualcosa di cui i cittadini comuni si preoccupano: diamo per scontata la connettività, pensiamo che il wifi sia lì per noi come l’aria che respiriamo. D’altra parte, il rischio di blackout è molto serio e né i governi né le aziende si stanno preparando».
Quali sarebbero le conseguenze della caduta di Internet? «Pensiamo a quello che potrebbe succedere a ciascuno di noi. All’inizio, come nel caso della pandemia, ci sembrerebbe un problema temporaneo che verrà presto risolto. Ma ben presto ci renderemmo conto che non possiamo svolgere tutte le attività lavorative e di routine che eravamo soliti fare online; saremmo infastiditi dal fatto che i nostri dispositivi connessi non funzionano. Non sarebbe possibile prelevare contanti o pagare con carta, i supermercati e i grandi magazzini non sarebbero in grado di fatturare e vendere prodotti.... I servizi critici, come gli ospedali, diventerebbero inaccessibili. Nascerebbero poi problemi di approvvigionamento, con l’interruzione dei servizi di base, della corrente, limitazioni ai trasporti, danni alle infrastrutture di base, incidenti industriali, paralisi della catena di approvvigionamento, uffici e fabbriche chiusi, ingorghi stradali. Netblocks.org stima che in Italia si perderebbero oltre 20 milioni di euro in una sola ora. Se arrivassimo a questo punto e il blackout continuasse per giorni, ci troveremmo in una situazione di lotta per la sopravvivenza».
Può spiegare come le nostre vite siano profondamente connesse e “dipendenti” dall’esistenza di Internet?
«La nostra dipendenza da Internet non è solo strutturale, ma anche emotiva. Basti pensare che la maggior parte di noi comunica con i propri cari attraverso messaggi e videochiamate. Ci affidiamo a Internet anche per l’intrattenimento, soprattutto per guardare serie e film su piattaforme di streaming o per ascoltare musica. Inoltre, sempre più persone sono dipendenti dagli smartphone, che sono diventati un’estensione del nostro corpo e l’arma perfetta per le aziende il cui modello di business consiste nel farci consumare in continuazione e catturare la nostra attenzione. Più a lungo fissiamo lo schermo, più pubblicità ci viene profilata.
INTERVISTA 16 | MASTERX | FEBBRAIO 2023
«LA VERA DOMANDA È QUANDO INTERNET COLLASSERÀ»
Secondo il Pew Research Center, in Italia, già nel 2017, gli adulti che possedevano uno smartphone erano il 67% rispetto al 59% a livello globale). Successivamente, un’indagine nazionale (Censis, 2019) ha rilevato che la percentuale di utenti di smartphone di età compresa tra i 14 e i 29 anni era dell’89,8. Inoltre, secondo l’Istat, l’85,8% degli adolescenti italiani tra gli 11 e i 17 anni ha costantemente accesso a uno smartphone e oltre il 72% può accedere a Internet attraverso di esso. Il 75% lo usa durante l’orario scolastico e il 98% dopo la mezzanotte, mentre l’80% si addormenta con il dispositivo in mano. Internet crea dipendenza per molti motivi. Quello principale è che ci semplifica la vita, e a volte bisogna essere degli eroi per rinunciare alle comodità che la connettività e i dispositivi offrono».
Il fatto che Internet sia ovunque, anche negli oggetti più comuni, a quali potenziali pericoli ci espone?
«Ogni nuovo dispositivo connesso a Internet è una porta aperta per un cyber-attaccante. Braccialetti, elettrodomestici, orologi, vestiti, automobili, aerei... Tutto è connesso a Internet e di solito non è adeguatamente protetto. In Error 404 condivido innumerevoli esempi di come questi dispositivi siano stati utilizzati per truffare e attaccare persone e aziende. A causa di queste vulnerabilità e del fatto che gli oggetti connessi sono in aumento, la Commissione europea sta per approvare il Cyber Resilience Act, una normativa che mira a rafforzare i requisiti di sicurezza per tutti i prodotti hardware e software digitali, al fine di contenere la criminalità informatica. Per inciso, non è noto quali siano le cause del recente attacco informatico contro il governo italiano, ma potrebbe facilmente essere avvenuto tramite un dispositivo IoT. In ogni caso, siamo esposti. Le cifre citate dalla Comunità europea, nella sua bozza di legge sulla resilienza informatica, parlano di un attacco ogni 11 secondi o meno».
tanti, hanno un potere crescente sull’azione umana, persino al di sopra di essa: vengono oggettivati con la presunta imparzialità dei numeri e presentati come verità assolute. L’Unione Europea prevede alcune misure a questo proposito sia nella legge sui servizi digitali che nel regolamento sull’intelligenza artificiale, stabilendo che categorie come giustizia e lavoro sono ad alto rischio. Per rendere più consapevoli i cittadini sul funzionamento degli algoritmi, alcuni Paesi europei hanno introdotto sistemi innovativi come ad esempio la “Guida delle pratiche per aiutare le aziende a rispettare l’obbligo di fornire informazioni sull’uso degli algoritmi nel campo dell’occupazione” in Spagna e il registro degli algoritmi in uso pubblico in Francia.
Lei parla di capitalismo di sorveglianza. Arriveremo a una dittatura digitale?
Nel mondo ci sono solo quattordici persone a custodire i dati DNS che sono alla base di Internet ESTHER PANIAGUA
In “Error 404” parla dei 14 gatekeeper che controllano e proteggono Internet... Può dirci qualcosa di più?
«Questa è una storia da film di James Bond. Il gruppo di “guardiani di Internet” è stato creato nel 2010 dall’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) per salvaguardare il DNS o Domain Name System. Il DNS è come l’elenco telefonico di Internet: traduce i nomi di ogni sito web in linguaggio macchina, assegnando loro un numero (un indirizzo IP) per consentire l’interconnessione di tutto ciò che è online. Queste 14 persone custodiscono un livello di sicurezza informatica che consente di preservare i dati DNS. Tale livello è protetto da firme digitali, associate a 14 chiavi fisiche: una per ogni guardiano».
Come funziona la discriminazione automatica?
«Cominciamo con le basi. I sistemi automatizzati funzionano con algoritmi. Gli algoritmi sono sequenze di passi, le formule matematiche alla base dei programmi per computer e della famosa intelligenza artificiale. I loro usi includono la creazione di sistemi per automatizzare i processi di selezione del personale, la concessione di crediti o di premi assicurativi, l’allocazione di risorse e così via. Tali sistemi, basati su dati storici, tengono conto dei pregiudizi umani presenti nella lingua da cui apprendono. Come dimostrato da innumerevoli casi, spesso automatizzano le disuguaglianze e perpetuano le discriminazioni basate su razza, genere, religione, reddito, abilità o orientamento sessuale, in settori chiavi come l’istruzione, il lavoro e la sanità. Poiché vengono utilizzati per prendere decisioni impor-
Viviamo in uno spazio digitale totalitario governato da poche grandi aziende che non sono né elette democraticamente, né sottoposte a controllo pubblico, né responsabili nei confronti dei cittadini. In effetti, i loro clienti sono le aziende che pagano per i dati generati dalle persone. Si tratta della cosiddetta “economia dell’attenzione”, legata a quella dei dati, che Shoshana Zuboff ha riassunto nel concetto di capitalismo della sorveglianza. Un modello che si allontana dalla democrazia di mercato e che esercita una sottile violenza: invade, viola e si appropria della nostra privacy, attingendo a dati che gli utenti hanno scelto di mantenere privati. Tutti i dispositivi connessi, insieme a sensori, telecamere di sorveglianza e sistemi di riconoscimento facciale, diventano parte di questa sorveglianza. D’altro canto, queste grandi aziende sfruttano il loro potere di lobbying per interferire nelle decisioni dei governi. Questo fenomeno si chiama “privatizzazione della governance”, ed è un grande rischio per la democrazia. Siamo passati dall’idea di un Internet libero e aperto a un mondo dominato dalle grandi aziende non regolamentate. Quasi tutti gli aspetti della nostra vita quotidiana online sono in mano ai privati. Le loro infrastrutture digitali permeano l’amministrazione centrale e locale, i servizi pubblici, i trasporti e le nostre abitazioni. L’elenco si allunga progressivamente man mano che tutto diventa digitalizzato. Queste aziende hanno un raggio d’azione globale che consente loro di organizzarsi e spostare le proprie sedi in base ai vantaggi legislativi e fiscali. Alcuni governi arrivano a negoziare norme ad hoc sottotraccia pur di difenderle.
Cosa possiamo fare per evitare il collasso di Internet?
Il blackout di Internet è inevitabile, ma si può fare molto per mitigarne gli effetti. In primo luogo, trasformando il selvaggio West in uno spazio civilizzato. Dato che Internet è una rete globale, abbiamo bisogno di un organismo sovranazionale che la governi. In Error 404 propongo la creazione di un’istituzione di questo tipo, che chiamo “Alleanza democratica per la governance digitale”. Un’unione di nazioni per garantire lo sviluppo democratico del futuro digitale e affrontare i modelli autoritari, come quello russo e cinese. Propongo, inoltre, la creazione di una Digital Trade Zone che vincoli l’accesso ai mercati digitali all’adozione di valori democratici condivisi. Tutto ciò, insieme all’alfabetizzazione digitale della popolazione, contribuirà a rendere più difficile il compito di chi vuole distruggere la rete. Ognuno di noi, poi, può proteggersi con piccole azioni: dall’evitare l’uso di app che non rispettano la privacy, costringendo così le aziende ad adeguarsi, fino all’effettuare backup dei nostri file. Ogni organizzazione dovrebbe, inoltre, disporre di piani e procedure su come agire in caso di un collasso della rete.
INTERVISTA FEBBRAIO 2023 | MASTERX | 17
Libro. La copertina di Error 404 nella versione in lingua originale
Siamo tutti attaccati a un cavo
In un mondo digitale, la costruzione di nuove infrastrutture che permettano lo scambio di dati acquista un ruolo sempre più strategico
Siamo portati a pensare che internet sia una cosa totalmente digitale e immateriale, ma non è così. Il mondo dell’informatica poggia su una serie di infrastrutture fisiche complesse che trasportano i nostri dati. La più importante è il cavo sottomarino. In questi viaggiano comunicazioni digitali di ogni tipo: dalla privacy alle interazioni finanziarie, fino alle informazioni di carattere militare e strategico.
il cloud è nei fondali degli oceani
Ad oggi, sul fondo degli oceani si trovano 426 cavi sottomarini, per un totale di 1,2 milioni di chilometri. Da questi passa il 97% del traffico globale, i dati di 7,7 miliardi di persone. Il primo cavo sottomarino ai fini delle telecomunicazioni fu posato nel 1858 tra l’Irlanda e l’isola canadese Terranova, ma non ebbe vita lunga: infatti durò solo un mese. In materia normativa, la disciplina che regola la posa dei cavi è la Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare. I cavi sono di proprietà del costruttore che le posa, la loro gestione invece è nelle mani di chi fornisce i flussi di informazioni, ovvero le compagnie elettriche e telefoniche. I costi sono enormi: i cavi in fibra ottica richiedono tra i 30mila e i 90mila euro a km. Ne esistono due tipologie: quelli per la trasmissione di dati e quelli per la trasmissione di energia.
La Francia è attualmente il Paese che gestisce più cavi sottomarini nel continente europeo, circa una trentina, ed è la principale porta d’ingresso di Internet per l’Europa continentale. Il 19 ottobre scorso, sono stati danneggiati tre diversi cavi nel Mar Mediterraneo: è stato segnalato il rallentamento di Internet con la conseguente perdita di informazioni e un aumento della latenza per i siti web che attraversavano i percorsi interessati, cioè i collegamenti che partivano da Marsiglia per Lione, Milano e Barcellona. Dopo questo sabotaggio, il presidente Emmanuel Macron ha chiesto
una sorveglianza forzata delle fibre, stanziando fondi per tecnologie di difesa avanzate e veicoli militari subacquei senza equipaggio. Materia di studio sono anche grandi interventi di ingegneristica sottomarina, per raddoppiare o triplicare la rete, ma anche per la protezione dei cavi.
I principali player a livello mondiale sono Stati Uniti e Cina. Il primato per quanto riguarda il possesso dei cavi appartiene agli Stati Uniti, che ne ha più della metà. Ma la Cina ha intenzione di acquisire il 60% del totale entro il 2025, volendo così assumere esplicitamente la leadership globale. Vorrebbe imporre i propri standard tecnologici attraverso la costruzione nei Paesi in via di sviluppo di infrastrutture digitali come le reti 5G, i sistemi di storage dei dati, centri di smistamento. L’Europa è sostanzialmente irrilevante in questo gioco, non possedendo né un apparato tecnologico né un player digitale in grado di competere con la cinese Huawei o con Google. Rischia un’interruzione tecnologica nel caso in cui Usa, Russia e Cina decidessero di tagliare uno dei cavi sottomarini su cui transitano miliardi di dati. L’autonomia strategica dell’Ue è considerata un cardine fondamentale per l’industria, la politica, l’economia e la difesa. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha chiesto di effettuare a questo proposito uno stress test sulla rete di cavi che interessano l’Ue.
i nostri dati nelle mani delle big tech statunitensi
Fino a qualche anno fa, le infrastrutture erano realizzate da società private occidentali, sottoposte a regole di mercato e finanziate prevalentemente dalla Banca Mondiale. Oggi le realizza il governo cinese per sé e per conto delle grandi hi-tech americane, per connettere 3 miliardi di dispositivi Ios e Android. Principalmente i cavi in fibra ottica sono controllati dalle quattro Big Tech americane: Meta, Amazon, Microsoft e Google. Il 60% della capacità sottomarina è riconducibile a loro. Entro il 2024,
INTERNET | INFRASTRUTTURE 18 | MASTERX | FEBBRAIO 2023
Di Pasquale Febbraro e Giulia Zamponi
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INFRASTRUTTURE | INTERNET FEBBRAIO 2023 | MASTERX | 19 Telecomunicazioni:
Cavi sottomarini
La Terra sfruttata
Di P.F. e G.Z.
secondo il Wall Street Journal, le grandi aziende tecnologiche avranno collettivamente delle quote di proprietà in oltre trenta cavi: una situazione che preoccupa fortemente poiché i maggiori fornitori di Internet diventeranno anche proprietari dell’infrastruttura fisica per il trasporto dei dati. Google possiede già Curie che va dal Cile a Los Angeles; il cavo Jupiter, costruito in partnership da Facebook e Amazon, parte dagli Stati Uniti e arriva in Asia. Nel luglio 2021, Google ha annunciato la creazione del cavo Blue-Raman, mettendo l’Egitto al centro delle connessioni internet di Europa e Asia.
un possibile blackout tecnologico?
L’invenzione dei circuiti integrati (foto)doveva essere un passo verso una società meno inquinante ma l’ Environmental Science and Technology, rivista scientifica americana, ha scovato molte grane ambientali. I ricercatori hanno mostrato che per la produzione di cinque computer si utilizzano 28 gigajoule. Per una sola automobile ne servono 46.
Nella società odierna, Internet è talmente essenziale e radicato che lo diamo quasi per scontato. Ma se fossimo vittime di un blackout globale tecnologico? Quanto più siamo connessi, tanto più siamo vulnerabili. Tutto è collegato e noi non riusciamo a comprendere realmente le conseguenze catastrofiche di un suo eventuale crollo.
I cavi sottomarini sono infrastrutture strategiche fondamentali per la geopolitica e la leadership internazionali. Un loro danneggiamento potrebbe portare a problemi gravi a livello globale, lasciando totalmente isolati alcuni Paesi dal web.
casi per soffocare le proteste e controllare le informazioni condivise sui social. Tanti i pericoli che potrebbero danneggiare il sistema: i rischi di natura fisica, come terremoti ed eruzioni vulcaniche; i rischi di natura strategica, ovvero in caso di conflitto armato una potenza ha come obiettivo prioritario l’isolamento delle comunicazioni del nemico; e i rischi di spionaggio, come le intercettazioni di informazioni di rivali strategici.
Il 7 giugno scorso, il cavo internet Asia-Africa-Europa-1 che viaggia per 25mila chilometri lungo il fondale marino collegando Hong Kong a Marsiglia è stato tagliato, causando un temporaneo blackout di Internet, lasciando milioni di persone offline. Ogni anno si verificano più di 100 incidenti in cui i cavi vengono tranciati o danneggiati.
Le principali criticità nella gestione del processo produttivo dei metalli delle terre rare (nellafotounacavadiestrazione), necessari per la realizzazione di prodotti elettronici, si riscontrano nelle fasi di selezione, estrazione e raffinamento delle relative sostanze chimiche, che possono rilasciare pericolosi rifiuti tossici.
L’India è prima nella classifica dei Paesi con maggior numero di blackout tecnologici, operati da governi locali o nazionali: nel 2018 il servizio venne interrotto ben 134 volte. L’accesso a Internet fu rallentato o bloccato, chiudendo le piattaforme di comunicazione o interferendo con la condivisione di informazioni online durante periodi di alta tensione, per reprimere il dissenso e mantenere il potere. Alcune volte, il blackout è stato realizzato per questioni di sicurezza nazionale, a detta del governo, altre in occasione della visita di alcuni funzionari, ma nella maggior parte dei
L’ultimo danneggiamento è avvenuto lo scorso ottobre quando cinque cavi sottomarini nel Mare del Nord e nel Mar Mediterraneo sono stati sabotati. Ma questo è solo l’ultimo di tanti episodi: i principali Paesi colpiti sono Francia e Scozia, ma anche l’Italia è stata vittima di malfunzionamenti a Internet. L’origine dei sabotaggi è ignota (ma si sospetta che dietro ci possa essere la Russia), ma questa situazione geopolitica innalza la tensione tra i governi, anche se per causare un’interruzione massiccia dei servizi Internet in Europa, la Russia dovrebbe recidere almeno dieci cavi.
La preoccupazione per il mondo sottomarino pieno di informazioni è salita quando c’è stato l’attacco ai gasdotti Nord Stream. Secondo alcuni esperti, il sabotaggio farebbe parte di un piano russo contro le connessioni sottomarine occidentali. Già nel gennaio 2022, la Marina del Cremlino aveva effettuato manovre al largo delle coste irlandesi, e all’epoca diversi analisti sostennero che fossero lì per mappare i cavi di comunicazione tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti.
Nel mondo circolano diverse centinaia di criptovalute. Le principali “mining farm” (nella fotounserver), miniere virtuali di criptovalute, si trovano in paesi che producono energia dal carbone, la fonte fossile più inquinante. Una singola transazione Bitcoin utilizza circa 2.100 kilowattora, all’incirca quello che consuma una famiglia media statunitense in 75 giorni.
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Sopra: la mappa dei cavi sottomarini per le telecomunicazioni
I CASI
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«Ciao! Bentornato a casa»
L’Internet of Things sta rivoluzionando il nostro modo di interagire con gli oggetti, consentendo di automatizzare alcuni aspetti della nostra vita. Ma quanto siamo sicuri?
Di Thomas Fox, Matteo Pelliccia e Andrea Carrabino
La digitalizzazione del mondo fisico non è più solo fantascienza grazie alle opportunità offerte dall’Internet of Things (IoT) – in italiano “Internet delle cose”. Con questo termine s’intende una rete di oggetti muniti di sensori in grado di registrare e monitorare dati e dotati di una connessione al web che consente di azionarli da remoto tramite un’app o un comando vocale. I dispositivi IoT consentono dunque l’automazione di alcune attività, permettendo di svolgerle più rapidamente e con un dispiego minore di energie.
Tra i principali ambiti di applicazione dell’IoT vi sono domotica, agricoltura, sanità, sorveglianza e pubblica amministrazione. Può trattarsi, ad esempio, di lampadine azionabili tramite comandi vocali, di termostati in grado di regolare da remoto la temperatura della propria abitazione, oppure di automobili a guida automatica.
La prima tecnologia riconducibile all’IoT risale al 1982, quando un team di ricerca della Carnegie Mellon University applicò sensori e connessione in rete a un distributore di be-
vande per conoscerne la disponibilità di prodotti. Il termine “IoT”, invece, venne coniato nel 1999 da Kevin Ashton, all’epoca assistente brand manager per Procter & Gamble. Tuttavia, è solo in questo secolo che l’IoT è andato incontro a un così grande sviluppo. Tanto che, secondo quanto riportato dal portale di GSMA Intelligence, nel 2014 il numero di dispositivi connessi a Internet sorpassò quello relativo alle persone nel mondo.
Come la tecnologia e l’innovazione in generale, l’IoT presenta grandi opportunità, ma è anche fonte di pericoli. Basti pensare che semplici malfunzionamenti di Wi-Fi e di router possono compromettere l’attività di questi dispositivi. Ma i rischi più significativi riguardano gli ambiti della cybersecurity e della privacy.
Anzitutto, le tecnologie IoT sono vulnerabili ad attacchi hacker, che possono ad esempio mandare in blackout un’intera città o compromettere il funzionamento di un pacemaker. Basti pensare all’attacco Krack che nel 2017 infettò milioni di dispositivi connessi al WiFi. Nel 2019 vennero hackerati anche i citofoni Ring di Amazon con tanto di minacce e richieste di denaro rivolte ai proprietari delle abitazioni. Questi attacchi hanno ispirato diverse leggi a protezione della cybersicurezza, la prima delle quali fu la IoT Security Law della California. Secondo l’azienda di sicurezza informatica Kaspersky, nei primi sei mesi del 2021 sono stati registrati oltre 1.5 miliardi di attacchi hacker contro dispositivi IoT, di cui
oltre 3.6 milioni solo in Italia. Tanto che, secondo Laura DeNardis, docente di Tecnologia, Etica e Società alla Georgetown University di Washington, la minaccia alla cybersicurezza costituiscae la più grande questione di diritti umani del nostro tempo.
C’è poi un problema di privacy. Oggetti dotati di telecamere e microfoni possono infatti guardare e ascoltare l’utente anche in situazioni d’intimità e persino vendere dati personali a terzi. Secondo uno studio condotto nel 2019 dalla Northeastern University e dall’Imperial College London, 72 degli 81 dispositivi IoT esaminati avrebbero condiviso informazioni private con soggetti esterni. Le stesse Google e Apple ammisero nel 2019 di aver condiviso con terzi le registrazioni catturate dai loro dispositivi intelligenti. Nonostante queste problematiche, le tecnologie IoT si svilupperanno sempre di più nei prossimi anni. Secondo il sito web Statista, nel 2018 gli apparecchi connessi a Internet erano 23 miliardi, ma oltrepasseranno i 75 entro il 2025. Avremo ad esempio sistemi di assistenza automatizzati per anziani e disabili, cinture per ipovedenti e automobili in grado di segnalare in tempo reale i parcheggi disponibili. Vivremo inoltre in città intelligenti, dotate di robot per la raccolta differenziata, sistemi di controllo del traffico e applicazioni per il monitoraggio dell’ambiente e della pubblica sicurezza. In futuro, dunque, l’Internet delle cose potrebbe davvero diventare “l’Internet di tutte le cose”.
In
le cose
futuro l’Internet delle cose potrebbe davvero diventare l’Internet di tutte
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I CASI IL GUANTO CHE RESTITUISCE IL TATTO DESC-glove
A cura di G. L. e G. S.
Le innovazioni nel campo medico stanno permettendo di superare gli ostacoli creati da malattie croniche, come lesioni permanenti al cervello, ma anche di superare i limiti del corpo con l’aiuto, per esempio, di esoscheletri e tutori robotizzati, che vengono usati anche nell’industria per aumentare la produttività
Un guanto per restituire il tatto alle persone che lo hanno perso a seguito di un ictus o di una lesione al plesso brachiale (il complesso di nervi che provvedono all’innervazione di spalla, torace, braccia e mano) o al midollo spinale. Il dispositivo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è fatto di un tessuto intelligente: sensori inseriti nella parte tessile, capaci di generare un segnale in seguito al contatto con un oggetto. Tale “sensazione” viene poi convertita in uno stimolo tattile a distanza a livello di un bracciale o una fascia contenente dei motorini posizionati sul braccio o sulla spalla, che si attivano provocando delle vibrazioni simili a quelle che originano dal cellulare quando si preme un tasto. Questi impulsi sono facilmente integrati dal sistema nervoso, in modo che il paziente non deve “starci troppo a pensare”. La stimolazione, infatti, è basata sul modello neuroscientifico DESC, Discrete Event-driven Sensory feedback Control, da qui il nome del guanto, secondo cui i movimenti nell’uomo, sono organizzati in fasi, delimitate da singoli eventi meccanici, codificati a livello sensoriale. Questo meccanismo rende il feedback più intuitivo e riduce lo sforzo cognitivo da parte dell’utilizzatore. I punti di stimolazione possono essere cambiati in base alle diverse necessità di chi li indossa.
Meno umano, più cyber
La scienza modifica il nostro corpo per migliorare le prestazioni fisiche e mentali. Lo scopo è arrivare a una nuova figura ibrida, metà uomo e metà macchina
Di Gabriele Lussu e Gabriella Siciliano
La tecnologia è ormai entrata a far par parte delle nostre vite. Letteralmente. Grazie agli sviluppi della scienza, infatti, anche il corpo umano può essere “modificato” con dispositivi e strumenti che permettono di aumentarne capacità fisiche e cognitive. Le scoperte di ricercatori e scienziati aiutano sempre più a combattere elementi della condizione umana considerati indesiderabili, come malattie e invecchiamento, per creare soggetti dalle prestazioni più alte. Fino ad arrivare ad una nuova figura ibrida, metà uomo e metà macchina.
transumanesimo
Questo concetto rientra nelle correnti del transumanesimo e del postumanesimo, che sostengono la trasformazione fisica e mentale dell’uomo in qualcosa di nuovo, che vada oltre i suoi confini naturali. Secondo questa teoria, i progressi dell’informatica e della biotecnologia porranno le basi per la nascita di nuovi individui super evoluti. Al momento discorsi del genere appaiono utopici, ma i notevoli passi in avanti fatti negli ultimi anni fanno sì che aumenti la connessione tra uomo e tecnologia.
uomini o cyborg?
In questo senso risulta importante la figura del primo uomo ad essere legalmente riconosciuto cyborg nel 2004. Neil Harbisson era affetto da acromatopsia, ovvero la sindrome che impedisce all’occhio umano di percepire i colori. Un’antenna impiantata sul suo cranio che raccoglie la frequenza della radiazione luminosa e un chip che la traduce in onde sonore, l’artista inglese riesce ad “ascoltare” i colori.
Più di recente, nel 2019, l’esperto di robotica Peter Scott-Morgan, scomparso quest’anno, aveva iniziato un percorso per diventare l’uomo più cybernetico di sempre. Era affetto dalla malattia del motoneurone e si era sottoposto a interventi come l’impianto di un mini ventilatore per respirare e di un tubo di alimentazione direttamente nello stomaco. Insieme a un team di scienziati ha sviluppato un avatar del proprio volto controllabile con il movimento degli occhi che rispondeva al suo posto dallo schermo del pc. Successivamente è arrivato Charlie, un esoscheletro che gli permetteva di stare in piedi. Lo scienziato, insieme al marito Francis, ha creato la Scott-Morgan Foundation, con sede nel Devon, in Inghilterra, per rendere accessibili in futuro a tutti questo tipo di interfacce uomo-macchina.
le applicazioni mediche
Esistono anche altri esempi di queste tecnologie. La Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa è tra gli enti più all’avanguardia in Europa in questo ambito. L’istituto toscano ha implementato diversi tipi di sensori che permettono di monitorare le prestazioni atletiche degli sportivi, ma soprattutto l’attività muscolare dei monconi su persone amputate e il coordinamento in
pazienti affetti da Parkinson. Nell’ultimo caso questa robotica indossabile (wearable robotics) permette anche, attraverso una telefonata con il cellulare, di analizzare la voce per capire le condizioni del paziente. I sensori EMG, che registrano l’attività dei muscoli, sono dei piccoli cerotti da posizionare sulla gamba o sul braccio che si collegano con dei cavi a un apparecchio per raccogliere i dati. Queste informazioni vengono poi inviate a un PC per essere analizzate. Ai fini della riabilitazione dei pazienti, oltre all’utilizzo dei sensori, l’istituto di biorobotica del Sant’Anna ha sviluppato degli esoscheletri per persone neuro-lese in seguito a un incidente o a un ictus. Tra questi c’è ALEX, Active Light EXoskeleton, che serve per la riabilitazione robotica e ha permesso di afferrare oggetti a chi non riusciva più a muovere il braccio, rafforzandolo; così, anche una persona sana ha potuto sollevare grandi pesi senza fare molto sforzo. La macchina che copre il 90% dello spazio manuale del braccio umano, è, infatti, una struttura esterna che potenzia gli arti, ne guida i movimenti riprodotti anche attraverso un sistema di realtà virtuale. Ha anche un valore terapeutico perché l’azione di sostegno della macchina può scalare nel tempo sotto il monitoraggio di un fisioterapista.
oltre i limiti del corpo
Tra chi ritiene che l’uomo debba servirsi delle scoperte scientifiche e tecnologiche al fine di aumentare le proprie capacità fisiche e mentali c’è sicuramente Elon Musk. Uno dei progetti tecnologici più noti è quello della sua società Neuralink, che vuole realizzare nuovi dispositivi che permettano al cervello di comunicare direttamente con le macchine. L’imprendito -
TECNOLOGIA | IBRIDI UMANI 22 | MASTERX | FEBBRAIO 2023
Oltre i limiti del corpo
L’ESOSCHELETRO CHE SUPPORTA I LAVORATORI Mate-XT
Le società IUVO (spin-off della Scuola Superiore di Sant’Anna) e Comau hanno sviluppato un esoscheletro in fibra di carbonio per supportare gli operatori che svolgono lavori a braccia alzate. Replicando i movimenti fisiologici di spalle e arti superiori, MATE-XT permette a chi lo indossa di ridurre lo sforzo muscolare e l’affaticamento fisico. Regolabile con otto diversi livelli di sostegno, l’esoscheletro allevia il carico percepito aumentando non solo il benessere degli operatori ma anche la precisione del lavoro e la velocità di esecuzione, diminuendo i tempi di ciclo. Oltre a sostenere la colonna vertebrale e migliorare l’ergonomia, grazie a imbottiture in stoffa traspiranti ed igienizzabili garantisce il massimo comfort all’utilizzatore. Idoneo per ogni tipo di attività, MATE-XT è stato il primo esoscheletro disponibile in commercio con certificazione EAWS (Ergonomic Assessment Work-Sheet), che attesta la capacità di ridurre i carichi biomeccanici durante l’esecuzione di attività impegnative. Grazie ad un meccanismo di sostegno degli arti basato su molle, non richiede l’utilizzo di motore o batterie e permette la piena libertà di movimento. Infine, l’esoscheletro è interscambiabile tra gli operatori: in meno di 60 secondi può essere regolato sulla fisicità ed indossato in completa autonomia.
IL DISPOSITIVO ROBOTIZZATO PER LE PERSONE DISABILI L’ortesi APO
Un tutore robotizzato per la riabilitazione di persone con disabilità motorie. Sviluppato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa insieme alla Scuola politecnica federale di Losanna, APO (Active Pelvis Orthosis) è un dispositivo creato per assistere il movimento di flesso-estensione dell’anca. Progettato per agire in real-time con chi lo indossa, entra in azione quando avverte perdite di equilibrio, aggiustando l’andatura e riducendo il rischio di caduta. Memorizzando andatura e schema di locomozione del suo utilizzatore, infatti, l’esoscheletro intercetta variazioni rispetto alla norma. Costituito da bretelle in fibra di carbonio, tutori, un ortesi (ausilio ortopedico) a livello del bacino, sensori e motori, APO è facile da portare perché l’elettronica di controllo e le batterie di alimentazione sono integrate in uno zainetto. Grazie a due blocchi di attuazione e due link che si collegano con la coscia della persona, assiste il movimento di persone anziane o pazienti con il morbo di Parkinson. Il dispositivo, che ha un peso complessivo di circa 4 kg e un’autonomia di tre ore, in futuro potrebbe essere impiegato come sistema di sicurezza anche per lavoratori a rischio caduta in industrie e cantieri.
A sinistra. Un operaio di un’azienda tessile indossa l’esoscheletro Mate-XT. Nella pagina accanto, un ritratto di Peter Scott-Morgan, considerato l’uomo più cybernetico di sempre
re americano punta infatti ad una completa sinergia tra intelligenza umana ed artificiale, creando un chip da impiantare nel cervello in grado di interpretare i segnali dei neuroni. Composto da fili ed elettrodi, il dispositivogrande come una moneta - capterebbe le onde cerebrali per poi trasmetterle wireless ad una macchina esterna che le traduce in azione. Nonostante alcuni esperimenti condotti sulle scimmie siano risultati fallimentari (e abbiano portato alla morte di alcuni animali-cavia), la società ha reso noto di voler effettuare i primi test sull’uomo entro sei mesi. Oltre a questo progetto, l’azienda ha comunicato di essere al lavoro per produrre un impianto che possa far recuperare il movimento in qualcuno che soffre di paralisi e uno destinato invece a ripristinare la vista umana.
le implicazioni etiche
In questi scenari si pone anche una questione etica. Il dibattito scientifico è ancora aperto sulla possibilità di implementare le capacità cognitive o fisiche in una persona sana. Secondo Alberto Mazzoni, ricercatore all’Istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, «l’idea di fare chirurgia al cervello per aumentare la memoria o per essere più “sveglio”, è estremamente sbagliata da un punto di vista scientifico, clinico, etico e sociale». La tecnologia dovrebbe essere utilizzata solo «per sopperire a qualcosa che avevi già di base e che la malattia, il caso o gli incidenti ti hanno tolto». In conclusione, mettere «un impianto nel cervello è una cosa rischiosa, difficile e costosa: farlo solo per avere i riflessi più pronti, è una cosa un po’ abietta».
IBRIDI UMANI | TECNOLOGIA FEBBRAIO 2023 | MASTERX | 23
TECNOLOGIA | METAVERSO
Metaverso sfrenato
Il termine è stato inventato trent’anni fa, ma adesso tutti ne parlano. Oggi lo spazio virtuale è diventato realtà grazie al lancio dell’azienda di Mark Zuckerberg
Dall’antica Grecia, quando si era posto al centro dell’universo, pensando che stelle e pianeti girassero intorno alla Terra; alla fine dell’Ottocento, in cui ha preso il posto di Dio dopo la sua “morte” annunciata da Nietzsche, l’essere umano ha sempre cercato di mettersi al centro. Puntualmente però, dei cambiamenti hanno scalzato l’uomo dal posto privilegiato in cui si era collocato. Prima, il matematico polacco Niccolò Copernico ha dimostrato che era la Terra a girare intorno al Sole e non viceversa. Poi, gli orrori dei due conflitti mondiali, le paure e le tensioni della guerra fredda hanno dato il via alla postmodernità. Oggi, con il cambiamento portato dal Metaverso, potrebbe accadere qualcosa di diverso. «Siamo sempre stati controllati e influenzati dalla tecnologia, a partire dai tempi della ruota e della scrittura, innovazioni che, come il digitale, possiamo chiamare i nostri “sistemi operativi”. La scrittura greco-romana ha creato l’Occidente ed
è il suo sistema operativo. La scrittura cinese ideografica è quello della Cina. Oggi, il digitale e gli algoritmi di intelligenza artificiale sono il nostro nuovo sistema operativo». Derrick de Kerckhove, sociologo e direttore scientifico della rivista Media Duemila, descrive il Metaverso, uno spazio virtuale immersivo dove ognuno può compiere molte delle azioni della vita quotidiana, come una nuova forma di civiltà che tuttavia terrà l’uomo al centro. Sarà infatti costituito da due “livelli”, due modi diversi di fruirne. Uno inerente alla pubblica amministrazione e a tutti quei servizi che potranno essere offerti nel Metaverso, in una versione spesso più efficiente e avanzata rispetto a quelli accessibili oggi nel mondo reale. Si pensi ad esempio alla telemedicina, che si sta diffondendo in molti ospedali, o alla scuola, dove si vuole arrivare a catapultare gli alunni nei periodi storici che stanno studiando per rendere l’apprendimento più accattivante e incisivo.
Il secondo livello del Metaverso è quello che de Kerckhove chiama la Metacittà. Una trasposizione completamente virtuale del paese
in cui si vive, che potrà dare «un sentimento di appartenenza e di conoscenza della città come un’entità, una totalità, e non più come un quartiere; un rapporto con la strada virtuale che diviene un rapporto con la strada reale; un intermediario tra la realtà quotidiana di una persona, dell’utente, e la dimensione virtuale del pensiero». È proprio sul piano del pensiero che si toccano e si fondono i due livelli di fruizione del Metaverso teorizzati dal sociologo. De Kerckhove è solito chiamare il mondo virtuale “immaginario oggettivo”, considerandolo un modo di esternalizzare la coscienza interiore di ogni individuo, un’unione tra i pensieri e le idee di ognuno (immaginario) e la realtà esterna (oggettiva sebbene virtuale) in cui questi prendono vita e si manifestano. «Mi interessa fare il paragone con il Don Chisciotte di Cervantes. Qui l’immaginario dell’eroe, riconosciuto da parte dell’autore come un immaginario interiore, il quale aveva una potenza virtuale fenomenale sull’individuo, è il volano di tutte le avventure di Don Chisciotte». Il Metaverso sarà una nuova dimensione, virtuale, oltre a quelle fisica e mentale già esistenti, all’interno della quale si muoverà l’uomo. Un luogo dove ognuno proietterà i suoi pensieri, le sue idee. «Il Metaverso un giorno sarà il nuovo romanzo – spiega de Kerckhove – Un luogo di espressione della propria libertà di pensiero, di produzione di immagini, come fa uno scrittore con la carta». Il tutto attraverso la creazione di un alter ego virtuale, un avatar (termine originario della teologia indù che indica l’apparizione o la discesa nel mondo della divinità con lo scopo di tutelare o ripristinare l’ordine naturale delle cose, ndr).
Il Metaverso è un mondo ancora agli albori. Dal punto di vista dei contenuti e delle attrazioni che vi si trovano, de Kerckhove lo considera molto «povero», perché la maggior parte di quello che c’è è creato da grandi compagnie come Meta e Roblox. Inoltre, il sociologo parla negativamente della sua esperienza: «Tutto dipende da due cose fondamentali quando sei nel mondo virtuale: la definizione dell’immagine e la velocità di movimento. Per ora non ci siamo. Per avere un’esperienza più simile al reale dobbiamo aspettare la prossima versione di Oculus Quest (il visore sviluppato da Meta, ndr), perché quella attuale, devo dire, è noiosissima». Questi elementi negativi si riflettono in un numero di utenti mensili molto basso per alcune delle piattaforme che offrono accesso al Metaverso. Secondo uno studio della società di analisi finanziaria DappRadar, ad ottobre, The Sandbox ne ha registrati 10.190, Decentraland 6.160. Più popolari sono le piattaforme di gaming: Roblox ha riferito di avere 52 milioni di utenti attivi giornalieri nel secondo trimestre del 2022. Questi numeri hanno portato a etichettare il Metaverso come un prodotto elitario, elemento che de Kerckhove confuta decisamente. «L’accesso di una sempre più grande quantità di persone alle tecnologie è un fenomeno che non si può fermare perché il mercato va verso i numeri, non verso l’elitismo». E conclude: «Ormai due/tre anni sono il massimo periodo in cui possiamo fare previsioni per il futuro, perché la tecnologia cambia molto velocemente. Secondo me, entro il 2024 o il 2025, il Metaverso sarà già passato».
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Di Francesca Daria Boldo e Leonardo Rossetti
Sopra. Simulazione di lavoratori nel Metaverso
Il positivo del digitale
La tecnologia ha migliorato le nostre vite e non solo. Le novità più interessanti riguardano diversi ambiti: dalla scienza alla scuola, passando per i social e la cosmetica
Gli effetti positivi del digitale cambieranno le nostre vite, più di quanto non lo stiano già facendo. La giustizia, la scuola, la ricerca: tutti si servono dell’intelligenza artificiale. Un’innovazione fondamentale anche in campo scientifico. Due aziende biofarmaceutiche, l’Oncodesign Precision Medicine (specializzata nel trattamento dei tumori) e la Sarvier si sono unite per la creazione di uno spazio collaborativo virtuale chiamato FederAidd (Federazione per l’intelligenza artificiale e la ricerca di farmaci). L’obiettivo è supportare progetti di ricerca finalizzati a identificare nuove soluzioni per il trattamento di patologie attualmente prive di soluzioni terapeutiche, collaborando con i migliori esperti e utilizzando le tecnologie di AI più recenti.
una giustizia “smart”
Efficacia, trasparenza e una giurisdizione tributaria “smart” grazie al potenziamento di una banca dati nazionale. È questo l’obiettivo di Prodigit, un software in grado di predire l’esito di eventuali ricorsi tributari. Con a disposizione una banca dati di oltre un milione di sentenze, l’intelligenza artificiale sarà in grado di deter-
I CASI Come l’IA viene usata nelle app
A cura di E.d.N. e O.M.
L’intelligenza artificiale diventa a portata di smartphone e ha una vena creativa. Dalla conversione di testi in file audio alla condivisione di sale prova virtuali, passando per ritratti “pensati” e realizzati da un programma, sono tantissime le applicazioni che sfruttano le ultime innovazioni tecnologiche in campo creativo.
minare i possibili risvolti di una lite tributaria così da permettere a un contribuente di valutare se presentare o meno ricorso. Nonostante le critiche mosse per l’assenza “del fattore umano”, i processi 2.0 potrebbero rappresentare grandi passi avanti in tema di giustizia.
Se la giustizia si avvia verso la transizione digitale, anche gli avvocati hanno bisogno di un aiuto “tecnologico”. Lo sta sperimentando Baker Mckenzie, uno dei primi tre studi legali al mondo, con oltre 3 miliardi di dollari di fatturato. «Per ridurre i costi dei nostri servizi, facciamo ricorso alla tecnologia per la gestione dei progetti legali. Usiamo l’IA per le ricerche, ad esempio nelle indagini forensi. «Un metodo più efficiente per i clienti e più economico per noi», ha dichiarato Milton Cheng, Globair Chair della società, in un’intervista al Corriere Economia
un fondamentale aiuto a scuola
La tecnologia supporta anche gli studenti affetti dai disturbi dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia, disortografia, disprassia), che in Italia sono quasi 300mila. Si tratta di Algor Maps: un’app che tramite l’intelligenza artificiale crea mappe concettuali, estraendo la parte più importanti nei testi e semplificando la sintassi. Un algoritmo sostituirà tutor, insegnanti o genitori nel realizzarle. Il progetto, nato dalle menti di cinque universitari del Master in Data Science and Engineering del Politecnico di Torino, ha come obiettivo quello di rendere l’esperienza formativa più inclusiva. Al suo interno sono presenti font dyslexia-friendly
oltre alla possibilità di utilizzare la sintesi vocale.
contro le frodi alimentari
L’intelligenza artificiale ha “un palato sopraffino” ed è in grado di smascherare le frodi alimentari, anche nella filiera degli oli extravergine. Un algoritmo è infatti capace di avvertire la presenza di certe molecole nell’olio prodotte con l’oliva taggiasca ligure, distinguendo l’originale dai falsi. A dimostrarlo sono stati ricercatori dell’Università Cattolica, campus di Piacenza. Il funzionamento del modello dell’intelligenza artificiale in questo studio è assimilabile a quello usato nel face ID, in questo caso, però, il set di informazioni alla base presenta fattori caratteristici dell’autenticità dell’olio, come contenuto e tipologia di composti fenolici o steroli.
la cosmetica del futuro
La cosmetica del futuro non potrà fare a meno della tecnologia. Non soltanto per sviluppare i prodotti ma anche per permettere ai consumatori di sperimentare virtualmente rossetti, creme, fondotinta, ombretti. Tantissimi i brand che si sono rivolti all’intelligenza artificiale per rendere gli acquisti ultra-personalizzati. Estée Lauder con il sistema “Virtual Try On” permette di applicare qualsiasi cosmetico sul proprio viso virtualmente, dopo aver caricato una propria foto. Lipscanner è invece un’app che consente di inquadrare il colore di un rossetto e tramite un algoritmo suggerisce il prodotto che meglio combacia con quello selezionato.
In Italia, secondo i dati di Ipsos del 2022, circa 11,1 milioni di persone ascoltano podcast. La fetta maggiore degli utenti lo fa sfruttando piattaforme come Spotify. Il colosso dello streaming musicale ha quindi pensato di acquistare Sonantic, startup londinese che tramite l’intelligenza artificiale converte realisticamente il testo in audio. L’IA semplificherà la produzione di podcast e permetterà di ideare nuove soluzioni per migliorare l’interazione tra pubblico e creators.
Progettato dalla startup Opera, Mu5ic è una piattaforma musicale innovativa. Si tratta di un progetto di sale prova virtuali, che permette a chiunque di suonare assieme ad altre persone da remoto in modo semplice e veloce. Oggi Mu5ic è in grado di far suonare le persone da remoto con l’obiettivo di creare un social network musicale in cui anche gli spettatori possano fruire delle performance degli artisti, seguirli da vicino e scoprire nuova musica non mainstream.
3. RITRATTI? CI PENSA LENSA AI
Si chiama Lensa AI l’applicazione del momento su iOs e Android, che tantissimi utenti di Instagram, TikTok o Facebook stanno utilizzando per creare avatar di grande effetto, quasi come se si venisse ritratti da un illustratore professionista. Il segreto sta nell’uso dell’intelligenza artificiale: le si dà in pasto una serie di selfie e di foto che mostrano per bene il viso del soggetto e si pazienta un po’, ma alla fine si ottengono risultati più che soddisfacenti.
FEBBRAIO 2023 | MASTERX | 25
Di Eleonora di Nonno e Oscar Maresca
Dagli alimenti all’istruzione, l’IA sta cambiando le nostre vite
1. L'IA CHE UMANIZZA LA VOCE
2. MU5IC, LA MUSICA SI FA SOCIAL
TECNOLOGIA
INTELLIGENZA ARTIFICIALE |
Influencer oltre il reale
Cinema, applicazioni e personaggi virtuali: ecco come la tecnologia e Internet stanno cambiando i prodotti dell’entertainment
Nell’era post-digitale la tecnologia onnipresente pervade ogni aspetto della società. La realtà digitale si sovrappone a quella fisica, trasformando i prodotti culturali, oltre a introdurre servizi che modificano costantemente il nostro modo di vedere il mondo. Dall’ibridazione nel cinema alle nuove app fino alle influencer virtuali, il brusio delle nuove tecnologie è ormai sottofondo della quotidianità.
Il progresso della scienza accompagna lo sviluppo di nuovi mondi e modelli di comunicazione. Partendo dal cinema che, quale perfetta macchina delle illusioni, ha sempre cercato di creare mondi e universi paralleli. Il primo a intuire queste potenzialità fu il francese Georges Méliès, non a caso proveniente da un’attività di prestigiatore e illusionista. Grazie a lui nacquero i primi effetti speciali, come l’esposizio -
ne multipla di immagini, la dissolvenza e lo sdoppiamento delle persone. E di conseguenza il cinema di fantascienza.
il digitale come ponte tra reale e virtuale Dagli anni ottanta, con l’evoluzione del digitale, si registra uno spartiacque. Tron (1982) è considerato il primo film a fare ampio uso della computer grafica. È però negli anni novanta che il digitale diventa fondamentale per le grandi produzioni cinematografiche. Con Matrix (1999) l’uso innovativo della computer grafica permette di creare un mondo dove è totalmente annullata la distinzione tra reale e virtuale. Dieci anni dopo, il film con il maggior numero di incassi di sempre, Avatar di James Cameron, mette in scena un’esperienza virtuale al 100%. Per interagire con una razza aliena sul pianeta di Pandora, due ricercatori si immergono in capsule dove vengono proiettati i loro avatar. La produzione ha fatto un uso innovativo della motion capture per catturare il movimento e le espressioni facciali degli attori da applicare agli alieni. L’evoluzione successiva di questa tecnica è il ringiovanimento facciale (Robert De Niro in The Irishman) o il deep fake, che permette di scambiare automaticamente i volti per creare video sintetici
credibili e realistici. Un esempio è Rogue One: A Star Wars Story (2016) dove la tecnologia ha permesso di far tornare Carrie Fisher nei panni della giovane principessa Leila, aggiunta digitalmente sul volto dell’attrice Ingvild Deila. Purtroppo, il deep fake è spesso usato al di fuori del cinema, in contesti di fake news, cyberbullismo e revenge porn.
tutti pazzi per lensa, ma ci sono dei rischi
Il binomio reale-virtuale vale anche per Lensa, l’applicazione che crea avatar attraverso l’intelligenza artificiale. Ma ci sono dei rischi. Il primo è legato all’uso delle foto: le immagini create dall’IA dove l’utente è riconoscibile potrebbero essere usate a fini pubblicitari o per “addestrare” ulteriormente l’IA. Dalle foto, inoltre, sarebbe possibile creare anche collage, animazioni, gif e video a carattere pornografico.
influencer oltre la realtà
Pelle perfetta, capelli sempre in ordine e cachet economici. Sono gli influencer virtuali, ma non per questo “meno reali”: semplicemente, non umani. Identici, però, nelle fattezze, nelle espressioni e nei comportamenti. Sprovvisti di intelligenza artificiale autonoma, sono identità digitali che parlano direttamente ai consumatori. Come genitori hanno programmatori specializzati in grafica computerizzata, mentre come seguaci ragazzi o giovani adulti della Gen Z. Il fenomeno si sviluppa in Asia, per poi approdare in America dove nel 2016 una società di Los Angeles chiamata Brud creò Miquela Sousa, una ragazza virtuale che oggi vanta collaborazioni con brand come Gucci, Prada e Calvin Klein e 2,9 milioni di followers su Instagram. Ma nel vastissimo mondo di avatar a cavallo tra realtà fisica e mondo iperreale ci sono anche influencer made in Italy, che puntano a combattere gli stereotipi. È il caso di Nefele, “figlia” di Filippo Boschero, Laura Elicona e Luca Facchinetti, tre ragazzi torinesi che hanno creato una influencer anticonformista, gender fluid e con il corpo ricoperto da lentiggini e vitiligine. Unite nella lotta a razzismo, bullismo e discriminazioni di genere (senza dimenticare make up e abiti alla moda, come chiariscono nella loro bio) ci sono poi Eli e Sofi, due gemelle virtuali venticinquenni nate in Sicilia durante il primo lockdown e con 47 mila seguaci. Sullo sfondo rimangono, però, questioni di ordine etico e giuridico, come l’interrogativo su chi risponda dei contenuti condivisi sui social o il labile confine tra libertà d’espressione e mere sponsorizzazioni.
Influencer virtuali, dunque, con tutti i pro, i contro e i punti interrogativi. Con un piede già in un futuro in cui sarà sempre più difficile distinguere un volto reale da un’animazione.
26 | MASTERX | FEBBRAIO 2023
Di Andrea Achille Dell’Oro, Eleonora di Nonno e Stefano Gigliotti
CULTURA | SOCIAL NETWORK
“Pensavi che non mi potessi gustare un piatto di pasta? Virtuale, ma dotata di papille gustative"
Social media: L’influencer virtuale Nefele in un post del suo profilo Instagram
IL NUOVO AI LAB
Inaugurato il nuovo IULM AI Lab. Il centro, diretto dal professor Guido Di Fraia, svilupperà soluzioni di Intelligenza Artificiale sfruttando le competenze umanistiche
Di Claudia Franchini
Il 25 gennaio nel Campus di via Carlo Bo è stato inaugurato lo IULM AI Lab, il nuovo laboratorio dedicato all’Intelligenza Artificiale dell’Ateneo milanese. Il laboratorio tecnologico nasce da un’idea del professor Guido Di Fraia, prorettore all’Innovazione e all’Intelligenza Artificiale dell’Ateneo e Presidente della struttura, con lo scopo di progettare soluzioni di IA capaci di creare valore per imprese e persone mettendo insieme competenze tecnologiche e disciplinari, anche di natura umanistica. «L’aspetto originale infatti - dice il professore - è che il centro di ricerca avanzata nasce in un’università non STEM. L’intelligenza artificiale è una materia che ha bisogno di numerose competenze, dal marketing alla comunicazione, dal food & beverage al turismo».
Il laboratorio, spin off di Ateneo, oltre a svolgere attività di ricerca accademica e formazione a ogni livello, offre il proprio know-how di consulenza al mondo delle imprese e della Pubblica Amministrazione per la progettazione e la realizzazione di soluzioni di IA per attività di business, marketing e comunicazione.
«La nostra mission è quella di generare cultura sull’innovazione legata alle soluzioni di intelligenza artificiale e alle tecnologie più avanzate in generale nel mondo delle imprese. Per
questo - afferma il professor Di Fraia - abbiamo fatto degli investimenti tecnologici in una macchina che è molto performante e abbiamo stretto una serie di partnership che ci hanno aiutato a sviluppare l’evento. Tra queste, c’è anche quella con NTT DATA, una multinazionale giapponese che spicca per le sue tecnologie molto avanzate».
Momento centrale dell’inaugurazione è stata la performance teatrale della compagnia Naufraghi Inversi, che ha recitato alcuni frammenti della Divina Commedia. Durante l’esibizione, un’Intelligenza Artificiale di ultima generazione (addestrata proprio grazie alla collaborazione del team di IULM AI Lab con NTT Data) ha trasformato i versi di Dante in contenuti audiovisivi che sono stati mostrati al pubblico in sala. «Volevamo organizzare un evento di grande impatto emozionale, finalizzato a mostrare i risultati che si possono ottenere dalla collaborazione tra creatività umana e creatività delle macchine», conclude il professor Di Fraia.
All’interno degli spazi del laboratorio, che sono rimasti aperti al pubblico per tutta la giornata del 25 gennaio, si trova anche il MetaHuman di IULM AI Lab, sviluppato in collaborazione con Relatech, QuestIT e un gruppo di laureandi del nuovo corso di Laurea Magistrale in Intelligenza Artificiale, Impresa e Società dell’Università IULM.
L’UNIVERSITÀ
Quattro aree di attività
A cura di C. F.
Maestr.ia: offre formazione su vari livelli – online, in aula o progettata ad hoc. Si rivolge soprattutto alle imprese; Empir.ia: svolge attività di ricerca e sviluppo per ideare soluzioni innovative di AI per attività di business e marketing;
Sinerg.ia: aiuta le grandi aziende e le PMI a progettare soluzioni di AI disegnate sui loro bisogni, con un approccio strategico; Empat.ia: finalizzata a diffondere la consapevolezza necessaria ad affrontare il cambiamento a cui la società andrà incontro con il
L’INAUGURAZIONE
Uno spin-off della IULM
A cura di C. F.
Il laboratorio svolge attività di ricerca e di formazione, ma si occupa anche dello sviluppo di soluzioni innovative basate sull’Intelligenza artificiale per attività di marketing e di comunicazione.
IULM AI Lab si dedica inoltre alle applicazioni dell’intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie collegate al mondo dell’arte.
FEBBRAIO 2023 | MASTERX | 27
Esperienza immersiva . Una partecipante indossa il visore della realtà aumentata
EVENTI | IULM