Fedezelezioni2023 La campagna di marketing che smaschera politici e giornalisti _ p.3
L’intervista Luciano Canfora in una riflessione sulla democrazia oggi _ p.21
ARGOMENTOQueerbaiting | SEZIONE Nuove generazioni La Generazione Un movimento Zeta alla ricerca tra battaglie di nuovi ruoli di autentiche e riferimento strumentalizzate _ p.23 _ p.26
Anno XIX | Numero 1 | Marzo 2022 | www.masterx.iulm.it
MasterX Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM Facoltà di comunicazione
RIVOLUZIONEWS
Da “L’hanno detto in Tv” e “L’ho letto su Internet” fino al “Hai visto cosa hanno scritto sui social?” Come cambia la formazione dell’opinione pubblica
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SOMMARIO
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MARZO 2022 - N° II - ANNI XVIII
Diretto da: DANIELE MANCA (responsabile) Progetto grafico: ADRIANO ATTUS In redazione: Alessandro Bergonzi, Kevin Bertoni, Nicola Bracci, Gianluca Brambilla, Priscilla Bruno, Luca Carrello, Giorgia Colucci, Greta Dall’Acqua, Valeria de March, Viola Francini, Francesco Lo Torto, Sonia Maura Garcia, Maria Oberti, Umberto Maria Porreca, Chiara Zennaro, Carlotta Bocchi, Francesca Daria Boldo, Valeria Boraldi, Andrea Achille Dell’Oro, Eleonora di Nonno, Pasquale Febbraro, Claudia Maria Franchini, Elisa Campisi, Stefano Gigliotti, Gabriele Lussu, Oscar Maresca, Valeriano Musiu, Leonardo Rossetti, Gabriella Siciliano, Giulia Zamponi Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002 Stampa: RS Print Time S.r.l Master in Giornalismo Iulm Direttore: Daniele Manca Coordinatore organizzativo: Marta Zanichelli Coordinatore didattico: Ugo Savoia Responsabile laboratorio digitale: Paolo Liguori Tutor: Sara Foglieni Docenti: Anthony Adornato (Mobile Journalism) Adriano Attus (Art director e grafica digitale) Federico Badaloni (Architettura dell’informazione) Luca Barnabè (Giornalismo, cinema e spettacolo) Simone Bemporad (Comunicazione istituzionale) Ivan Berni (Storia del giornalismo) Silvia Brasca (Fact checking and Fake news) Federico Calamante (Giornalismo e narrazione) Marco Capovilla (Fotogiornalismo) Marco Castelnuovo (Social Media curation) Maria Piera Ceci (Giornalismo radiofonico) Cipriana Dall’Orto (Giornalismo periodico) Giovanni Delbecchi (Critica giornalismo Tv) Andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale) Luca De Vito (Videoediting) Stefano Draghi (Statistica e demoscopia) Guido Formigoni (Storia contemporanea) Alessandro Galimberti (Diritto d’autore) Paolo Giovannetti (Critica del linguaggio giornalistico) Alessio Lasta (Reportage televisivo) Nino Luca (Videogiornalismo) Bruno Luverà (Giornalismo Tv) Caterina Malavenda (Diritto e procedura penale) Matteo Marani (Giornalismo sportivo) Anna Meldolesi (Giornalismo scientifico) Alberto Mingardi (Giornalismo e politica) Micaela Nasca (Laboratorio di pratica televisiva) Elisa Pasino (Tecniche dell’ufficio stampa) Aldo Preda (Giornalismo radiofonico II) Davide Preti (Tecniche di montaggio) Roberto Rho (Giornalismo economico Giornalismo quotidiano) Giuseppe Rossi (Diritto dei media e della riservatezza) Federica Seneghini (Prodotti multimediali) Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia) Marta Zanichelli (Publishing digitale)
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Editoriale Fedez in politica? La campagna di marketing che nel giro di pochi clic ha smascherato giornalisti e politici
C’era una volta il giornalista L’informazione oggi è anche una questione di influenza Le nuove piattaforme come opportunità e sfida per il giornalismo. L’opinione di Lorenzo Pregliasco
Follower nuovi elettori
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La politica dei like L’analisi di Stefano Rolando sul dialogo tra partiti e cittadini attraverso i social network
Società frammentata
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Appropriazione dei simboli e amplificazione delle battaglie
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Nel resto del mondo
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Intervista a Luciano Canfora
Intervista alla docente di Sociologia dei consumi Ariela Mortara
Persone influenti Storie a confronto
Il concreto agire dà significato alla democrazia Una riflessione sulla diritti sociali tra responsabilità politiche, identità sindacali e sentire comune
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Ambiente
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Politica e Sport
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È tempo di Queerbaiting
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Guida Iulm
Tante battaglie e poco metodo I movimenti ambientalisti contro il “bla, bla, bla” dei governi mondiali
Corsi e ricorsi nella storia Da Muhammad Alì a Lebron James i gesti più importanti per rivendicare i diritti e denunciare i regimi
Da Bad Bunny ad Achille Lauro I tentativi di attrarre la comunità Queer non sono sempre autentici
Un giro per il Campus Tra eventi, ospiti e appuntamenti istituzionali
EDITORIALE
La campagna. Frame dal video pubblicato da Fedez sul suo profilo Instagram per lanciare il disco “Disumano”
Valeria de March e Maria Oberti Master in Giornalismo
FEDEZ, L’INFLUENCER CHE SCENDE IN POLITICA: BASTA CREDERCI _ A novembre 2021 la ZDF, società che fa capo a Fedez, registra il dominio “fedezelezioni2023.it”. La notizia si diffonde e arriva sulle prime pagine dei giornali, scatenando dibattiti, analisi e illazioni nei salotti tv. Opinionisti, editorialisti e addetti ai lavori si trovano a discutere di un ipotetico piano elettorale del rapper e di quale influenza potrebbe avere nel panorama italiano. C’è chi parla di conflitto di interessi, viste le numerose iniziative commerciali del personaggio in questione, chi non accetta l’idea che un cantante possa diventare punto di riferimento per la politica nazionale. Passano pochi giorni e sul suo account Instagram compare un video nel quale Fedez, dietro a una scrivania e con un cagnolino in braccio, annuncia la discesa in campo con il movimento “Disumano”. A questo punto è ormai chiaro: è tutta una beffa. “Disumano” è il titolo del suo nuovo album in uscita e tutto quello che è stato diffuso fa parte di una grande operazione di marketing promozionale. il re è nudo
Con questa mossa Fedez ha voluto stuzzicare l’opinione pubblica cavalcando l’onda delle ipotesi che vedevano lui e la moglie, l’influencer e imprenditrice digitale Chiara Ferragni, prossimi alla fondazione di un partito. Nulla di sbagliato, dal suo punto di vista. Ha avuto quello che voleva, ovvero dimostrare una volta per tutte l’inadeguatezza dell’informazione e della classe dirigente italiana. Citando la fiaba danese di Andersen “I vestiti dell’imperatore” ha potuto dire a gran voce “Il re è nudo!”. Ha smascherato i politici, perché un personaggio con la giusta influenza è
riuscito a porsi come avversario credibile. I giornalisti, perché non hanno saputo (o forse non hanno voluto, pur di inseguire clic e visualizzazioni) riconoscere la presa in giro. il ruolo perduto
Su una cosa non c’è dubbio: giornalisti e politici hanno perso il ruolo e l’autorevolezza che in passato mai li avrebbe messi in una simile situazione. Ma come è potuto accadere? Ce lo siamo chiesto. Da questa domanda è nata una riflessione che ci ha portati a confrontare le categorie di riferimento per la formazione dell’opinione pubblica nell’Italia di oggi, giornalisti e politici, ai quali si stanno sostituendo sempre più gli influencer, ovvero coloro che hanno un pubblico fidelizzato per il quale diventano un punto di riferimento. Il tutto grazie a una maggiore capacità di sfruttare i nuovi mezzi di comunicazione (social network in primis) che ha permesso loro di abolire ogni intermediazione e di parlare direttamente alla propria comunità di riferimento rappresentata dai followers. 13,5 milioni di persone, nel caso di Fedez. Così, abbiamo analizzato il rapporto della politica con i like, l’evoluzione della figura del giornalista, ma anche le fazioni nelle quali si è divisa la società, sposando battaglie sempre più ristrette rischiando, forse, di perdere di vista il senso di collettività. Per orientarci all’interno di questo panorama così complesso, la domanda da porci ogni volta che cerchiamo informazioni su un argomento o dobbiamo decidere da che parte schierarci è solo una: di chi possiamo fidarci?
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C’ERA UNA VOLTA IL
GIORNALISTA I media tradizionali non sono più i soli a informare sull’attualità. Il ruolo di orientare l’opinione pubblica ora è anche nelle mani degli influencer. Le differenze tra i due ruoli però sono ancora molte
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Di Gianluca Brambilla, Priscilla Bruno _ Da quando piattaforme come Facebook, Twitter e Instagram sono diventate i principali luoghi dove informarsi sull’attualità, i giornalisti si sono trovati di fronte a un’opportunità enorme e a una sfida inaspettata. L’opportunità: grazie a questi nuovi canali di distribuzione le testate hanno potuto ampliare la propria audience e rafforzare il legame con i propri lettori. La sfida: per la prima volta nella sua storia il giornalismo è entrato in competizione con una serie di nuovi comunicatori. Formare e informare l’opinione pubblica è da sempre il compito principale degli attori dell’informazione. Sul mondo dei social, però, altre figure hanno iniziato a svolgere quello stesso ruolo: influencer, debunker e divulgatori. Abbiamo spesso sentito utilizzare questi termini affiancati a quello del giornalista, come se fossero intercambiabili. «Il ruolo di stabilire cosa è notizia e cosa no è stato messo in discussione», ragiona Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend e autore del libro “Politica Netflix”. «Molti utenti non percepiscono più la differenza tra il compito giornalistico svolto da un professionista e un analogo ruolo informativo di divulgazione sull’attualità, che in alcuni casi assume quasi i contorni dell’attivismo». la qualità del discorso pubblico
Credit Pexels.com: Andrea_Piacquadio
Questa situazione cosa ha comportato? Ha fatto sì che i media tradizionali non fossero più gli unici a dettare l’agenda pubblica e stabilire le priorità del momento. Anzi, molte testate hanno fatto fatica a trovare una strategia efficace per stare sul web e raggiungere i propri lettori anche sui social media. E così Instagram e i social sono diventati un mezzo comunicativo, un mezzo pubblicitario che ha portato i media tradizionali a galleggiare in un mare ancora più pericoloso. Un esempio sono le tante redazione dei giornali cartacei che ancora oggi sfruttano il proprio sito web non per completare la propria offerta informativa, ma semplicemente per dare maggiore diffusione agli stessi articoli che finiscono sul cartaceo. Questa situazione ha dato un enorme vantaggio competitivo agli influencer che, forti di un enorme seguito sui propri canali social, hanno sottratto potere ai media tradizionali. «Si è persa la platea di soggetti che i giornalisti sono in grado di informare e mobilitare – sottolinea Pregliasco – e questo rende il dibattito pubblico meno prevedibile e più permeabile. Non c’è più soltanto il mondo dei media a determinare i temi di cui si parla, ma anche altri soggetti che seguono logiche diverse». La capacità di saper comunicare su queste nuove piattaforme ha permesso a influencer e altre figure simili di raggiungere un pubblico tipicamente ignorato dai media tradizionali. In primis i giovani: coloro che subiscono di più l’influenza della tecnologia. Ma cosa comporta questo passaggio di consegne per la qualità del discorso pubblico? I rischi più grandi sono due: da un lato imporre una narrazione iper-semplificata dell’attualità, dall’altro favorire la polarizzazione sociale. «Il motore di crescita degli account è la polarizzazione», conferma il fondatore di YouTrend. «Perciò è chiaro che gli influencer >
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I CASI
Quando comunicazione è reputazione Di Pasquale Febbraro, Eleonora Di Nonno, Oscar Maresca 1. NICOLA PORRO Nicola Porro è uno dei volti di punta di Mediaset. Vicedirettore de Il Giornale, dall’aprile 2021 ha aperto il suo sito Nicolaporro.it. Oltre vent’anni d’esperienza, ha lavorato per LA7 e Rai 2. Dal 2016 al 2019 alla conduzione di Matrix su Canale 5.
> tendono a cavalcare argomenti divisivi per aumentare il proprio seguito. Alla lunga, però, questo porta a un’esasperazione del dibattito pubblico, che diventa sempre più frammentato e pieno di fiammate». La volontà di ampliare sempre più la propria audience, inoltre, ha portato alla diffusione di un approccio molto divulgativo e catchy, che sia in grado di raggiungere sempre più utenti. Anche in questo caso il rischio è quello di alimentare un circolo vizioso, che promuove una narrazione semplificata e appiattita della realtà. Una situazione che si fa particolarmente evidente quando i temi da trattare sono delicati, per esempio durante la pandemia. Se tutto ciò accade è perché giornalisti e influencer operano secondo logiche ben diverse. «Operando sui social, un influencer ha l’incentivo a polarizzare, capitalizzare sul seguito e agire con un’ottica pubblicitaria. Tutto questo è in palese contrasto con il ruolo di giornalista», precisa Pregliasco. «Si tratta di due ruoli leciti ma diversi, che è bene tenere separati».
2. GIANLUCA DI MARZIO giornalista o influencer
Punto di riferimento per tutti gli appassionati di calcio, Gianluca Di Marzio, è uno dei maggiori esperti di calciomercato in Italia. Nato a Castellammare di Stabia, cresciuto a Padova. Dal 2010 con Gianlucadimarzio. com, partendo dall’idea di blog, è riuscito ad affermarsi sul web e sui social.
3. ANDREA SCANZI
Andrea Scanzi è uno dei giornalisti più social del momento. Da ormai due anni occupa le posizioni più alte nella classifica dei giornalisti con più interazioni sui social. Volto televisivamente noto grazie alle frequenti partecipazioni al programma «Otto e Mezzo» e alla conduzione del talk-show politico «Accordi e Disaccordi», è anche un attore teatrale e uno scrittore di successo.
4. CECILIA SALA Cecilia Sala è una delle figure più giovani e influenti del panorama giornalistico italiano. Collabora da tre anni con Il Foglio ed è recentemente diventata una delle punte di diamante di Chora Media, per cui produce «Stories»: il suo nuovo podcast.
Paparazzi. “La Dolce Vita”, Federico Fellini, Italia, 1960
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Ecco perché il giornalista deve perseguire il suo obiettivo principale: rendere un servizio al lettore, partendo dall’assunto che un’opinione pubblica informata sia essenziale per il corretto funzionamento della società. Per mantenere credibilità, i giornalisti devono lavorare prima di tutto sulle loro competenze. Secondo Pregliasco, infatti, la qualità di un giornalista non dipende dall’iscrizione all’Ordine o dalle testate per cui lavora. Ciò che lo contraddistingue è semmai il rispetto delle regole del mestiere. E chissà che non sia proprio il rispetto dei princìpi dettati dalla deontologia che potrà restituire al giornalista quell’aura di credibilità e affidabilità che sembra aver perso. «Non bisogna mai dimenticare la finalità per cui esiste la stampa: fare un lavoro diligente, attento, responsabile», afferma Lorenzo Pregliasco. «Il giornalista deve fare bene le cose che danno davvero un valore al suo lavoro: controllare quello che si dice, avere equilibrio nel riportare i punti di vista, verificare i fatti prima di pubblicarli». Princìpi citati nel “Testo unico dei doveri del giornalista”, che sottolinea quanto sia fondamentale difendere la «verità sostanziale dei fatti» e «rispettare le
fonti». E in fin dei conti sono proprio questi i due elementi imprescindibili per ogni cronista che vuole svolgere al meglio il suo lavoro, senza lasciare nulla al caso. Un giornalista è tale anche perché segue le regole deontologiche, che definiscono il suo ruolo professionale. Giornalista e influencer, dunque, indossano vesti differenti. Allo stesso tempo, però, possono condizionarsi a vicenda. «Ci sono molte cose che i giornalisti possono imparare dagli influencer», afferma Pregliasco. «Si può apprendere da loro che sono creatori digitali: i tempi, i linguaggi, i formati dei contenuti. Gli influencer sono bravi a costruire una comunità di persone interessate a ciò di cui si parla. Questo è ottimo per un giornalista». Ritrovare il primato nell’informare l’opinione pubblica è una prerogativa del mondo del giornalismo. Ed è anche un passo fondamentale per far sì che il mondo dei media ritrovi il proprio ruolo all’interno dell’arena pubblica. Affinché ciò avvenga, sarà fondamentale adottare un uso più consapevole dei social, che sono diventati uno strumento irrinunciabile per stringere un legame con i lettori e la propria comunità di riferimento. Per farlo i giornalisti potrebbero prendere spunto proprio da chi ha dimostrato di saper usare al meglio quelle piattaforme: gli influencer. Buona divulgazione e buon giornalismo devono andare di pari passo: è necessaria unire un’attenzione giornalistica alle cose con la capacità di sfruttare i linguaggi contemporanei e costruire una comunità. Gli esempi virtuosi, in questo senso, non mancano e riguardano soprattutto divulgatori scientifici come Beatrice Mautino e Roberta Villa, che fanno informazione in modo efficace senza rinunciare alla qualità. «Cito questi nomi», afferma Pregliasco, «perché sono soggetti che fanno divulgazione scientifica di qualità. Il loro è un lavoro con una sensibilità molto contemporanea, con costanza e disciplina». Insomma, i giornalisti hanno ancora il potere di orientare l’opinione pubblica, ma per mantenere la propria centralità devono dimostrare di riuscire a tenere il passo con i tempi. Innanzitutto, imparando a maneggiare nuovi linguaggi e a sperimentare nuove modalità di relazione con il proprio pubblico. Un tempo, ad informare sull’attualità, c’erano solo i giornalisti. Ora non più.
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Dall’alto: Cecilia Sala, Chiara Piotto, Emilio Mola, Gianluca Di Marzio, Silvia Boccardi, Nicola Porro, Francesco Costa, Lorenzo Tosa, Francesco Oggiano
Giornalisti fuori di testa(ta) Il personal brand non è più solo appannaggio delle celebrità. Sempre più giornalisti sviluppano una reputazione online al di fuori della propria testata Di Pasquale Febbraro, Eleonora Di Nonno, Oscar Maresca _ L’informazione è ovunque. Da tempo ha superato ogni confine, anche sui social. Lo sanno bene i giornalisti, che hanno scelto di creare contenuti ad hoc per informare il pubblico in maniera efficace. Spesso staccandosi dai media per cui lavorano, diventando così indipendenti. E in molti casi raggiungendo anche una platea più ampia rispetto al giornale o alla tv che li ha lanciati. L’obiettivo quindi è essere riconoscibili per l’audience. Come ha fatto Francesco Costa, vicedirettore de Il Post dal 2016, con «Morning»: una rassegna stampa quotidiana in formato podcast, nella quale sfrutta la propria voce per raccontare fatti. Un altro esempio di successo è Cecilia Sala. La giornalista romana col suo «Stories», edito da Chora Media, raccoglie e analizza storie, andando sul campo e portando il suo pubblico in tutto il mondo. riconoscibilità e indipendenza sui social
Si tratta di un fenomeno trasversale che ha coinvolto giornalisti giovani e più esperti. Nicola Porro, volto noto del piccolo schermo e conduttore di Quarta Repubblica, in onda su
Rete 4, nell’aprile 2021 ha lanciato il suo sito Nicolaporro.it. Ogni giorno cura una rassegna stampa seguitissima, la «Zuppa di Porro», dove analizza criticamente in video i temi di giornata. Condivide ogni suo contenuto sui social e tra Facebook e Instagram conta oltre 1.5 milioni di follower.
to come capo ufficio stampa del Movimento 5 Stelle. Su NextQuotidiano, giornale online di cui è direttore, ha trattato in modo lineare ed esaustivo i temi legati al Covid. In pole position nelle classifiche social, risulta essere tra i più seguiti sulle diverse piattaforme. Il secondo è cresciuto professionalmente a Senzacolonne, sito web d’informazione brindisino. Professionista dal 2013, attualmente è tra i primi 15 giornalisti più influenti in Italia nel 2021. Secondo i dati diffusi da PrimaOnline, i contenuti di Mola hanno oltre 432mila interazioni.
Cuffia e microfono sono stati, invece, il primo amore di Gianluca Di Marzio: dalle telecronache per una piccola rete privata di Padova a Sky Sport. Ha iniziato ad occuparsi di calciomercato e nel 2010 ha avuto l’idea di creare il proprio sito Il personal brand web: oggi conta oltre 2 milioè la via scelta dai ni di follower tra Facebook, il lavoro giornalistico su inInstagram e Twitter. Andrea stagram giornalisti per Scanzi non ha mezze misure. C’è anche chi ha iniziato a affermarsi fuori Si definisce: «La rockstar del creare contenuti esclusivi giornalismo italiano». Giornaper i social. Come Francesco dalle loro testate lista, scrittore e attore teatraOggiano, tra i personaggi più le di Arezzo, firma de Il Fatto influenti di Will Media. Il 1° Quotidiano, è riuscito a spostare gran parte marzo sarà in edicola il suo primo libro, «Sodel suo lavoro anche sulle piattaforme social. ciability», in cui spiega come le piattaforme Secondo le recenti statistiche di PrimaOnline, di aggregazione online stiano cambiando il anche nel mese di gennaio si è confermato al modo di informarsi e fare attivismo. Anche Silprimo posto tra i giornalisti con più interaziovia Boccardi ha messo in stand-by gli impegni ni (6,2 milioni). televisivi per dedicarsi a pieno ai contenuti su Instagram: oggi è social equity expert per Will Media. Da SkyTg24 ai reel su Torcha, esemfact checking e lotta alla disinformazione pio concreto di giornalismo 3.0 è anche Chiara Con l’avvento della pandemia è cresciuto semPiotto. Risce a conciliare il lavoro in tv a quello pre di più il bisogno di informazione. Combatsvolto sui social. tere le fake news e condividere i giusti conteNuova frontiera dell’informazione, sopratnuti con gli utenti è diventato fondamentale. tutto per la generazione Z, che li utilizza per Su Instagram, il lavoro svolto da Lorenzo Tosa conoscere e apprendere nuovi argomenti, ed Emilio Mola attraverso le proprie pagine creando così un rapporto di fiducia stretto col personali è un esempio concreto. Il primo, giornalista. Una relazione one to one sempre blogger e giornalista, si è sempre occupato di più comune nell’era social. comunicazione politica e nel 2015 ha lavora-
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Smartphone: il nuovo scettro del potere Gran parte della comunicazione e dell’informazione oggi passa dal web e raggiunge le persone principalmente attraverso lo smartphone. Conoscere quest’arma si sta rivelando sempre più indispensabile
navigare. Ciò sottolinea che la via di accesso al Web è il mobile per 9 utenti su 10. Sempre più si delinea in ogni Paese una conferma che Dal 2007 in poi, con l’arrivo del primo iPho- pone il cellulare al primo posto tra i dispositivi ne targato Apple, lo smartphone ha assunto scelti per accedere alla rete, nonostante i gap il ruolo di vero e proprio prolungamento del con i computer cambino a secondo del luogo. corpo umano. Se già in precedenza esistevano Concentrandosi sull’utilizzo dei social esempi di dispositivi forniti di applicativi, fun- network, nell’ultimo anno gli utenti di quezioni varie e persino di un sistema sensibile al ste piattaforme sono aumentati del 13% - artocco, è con il primo telefono della mela che la rivando a raggiungere circa il mezzo miliardo simbiosi tra utente e dispositivo diventa fine- di nuovi utilizzatori. Si tratta di oltre 1,3 mistra sul mondo in ogni suo aspetto. Oggi, infat- lioni di persone ogni giorno (15 al secondo). ti, il 66,6% della popolazione mondiale utiliz- Tra questi, gli utenti che accedono a tali piatza un telefono cellulare. Sono 5,22 miliardi di taforme unicamente attraverso l’utilizzo di persone su un totale di 7,83 miliardi. A dirlo è il smartphone possono essere stimati sui 4,15 Global Overview Report relativo al Digital per miliardi. Le tempistiche relative all’uil 2021, pubblicato da We Are tilizzo dei social aumentano Social - un’agenzia creativa Nel 2021 il 66,6% sempre più, anche se con incon scopo sociale - che ha ridella popolazione tensità minore rispetto agli ulscontrato come nel 2020 ben timi anni. Nel 2020, il tempo 93 milioni di persone abbiano mondiale stimato era di 2 ore e 25 minuavuto accesso, per la prima ha usato ti al giorno, che sommate arrivolta, a un dispositivo celluvano a formare quasi un’intera lare, registrando una crescita uno smartphone giornata a settimana, equivadell’1,8% in un anno. lente a circa 420 milioni predetti per il 2021. È opportuno tutto passa dallo smartphone Ritmi sempre più frenetici vengono incalza- ricordare che permangono, però, differenze ti dagli occhi incollati alla superficie di vetro da paese a paese. risplendente del proprio smartphone. Lo sviluppo dei social network, ad esempio, ha per- uno strumento di potere messo a chiunque di proporsi come influencer Possiamo, così, dedurre il motivo per cui verso l’immenso pubblico raggiungibile con tantissimi personaggi dello show-business, questi strumenti e disponibile a followare, giornalisti, politici, imprenditori sempre più cuorare, imitare. Il potere di decidere cosa sia spesso decidano di usare il proprio smartphobello e giusto indossare e cosa sia indicato fare ne continuando ad aggiornare - con stati, foto, passa attraverso lo schermo, partendo da que- video - i profili creati sui propri account social. sti nuovi personaggi e creando diverse scale Sicuramente, la presa che lo smartphone può di importanza alle quali le persone si rifanno, avere sul pubblico di tutte le età è davvero posenza spesso porsi domande. tente. Data la possibilità di accedervi sempre Dalla ricerca di We Are Social si evince che il e da ogni parte del mondo con attenzione co53% del tempo che gli utenti trascorre online stante, la capacità di informare non perde mai ha come base strumentale uno smartphone e un’opportunità. Lo smartphone, così, assume il 91,5% degli utilizzatori di Internet lo usa per la forma di un autentico scettro, attraverso il Di Valeria Boraldi, Umberto Porreca _
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L’evoluzione dello smartphone A cura di Valeria de March _ Il termine smartphone (letteralmente “telefono intelligente”) nasce negli anni ‘90, anche se l’idea di creare dei dispositivi che unissero la telefonia all’utilizzo degli elaboratori elettronici risale addirittura al 1973. In meno di 20 anni si è passati da rudimentali apparecchi a gioielli di tecnologia in grado di svolgere molte delle funzioni di un computer.
1. IBM SIMON (1992)
2. BLACKBERRY 5810 (2002)
3. APPLE IPHONE 2G (2007)
Il primo smartphone della storia si chiama Simon, progettato da IBM. Presentato il 23 novembre 1992 e commercializzato dalla BellSouth dal 1993, era in grado di inviare e ricevere e-mail, fax, aggiungere contatti e gestire file. Tra le altre funzionalità c’erano anche calcolatrice e blocco note, il tutto gestibile con un pennino direttamente sul touchscreen. Fu lanciato sul mercato a un prezzo di 900 dollari e venduto in oltre 50mila unità nei primi sei mesi.
Pensato per fornire strumenti per la comunicazione tra utenti di un’azienda, il BlackBerry 5810 era tra i primi dispositivi basati su Java. Supportava le reti GSM che consentivano di connettersi ovunque a qualsiasi distanza. I suoi elementi distintivi erano il nuovo metodo di invio e-mail, la caratteristica tastiera Qwerty e il calendario integrato. Nonostante avesse bisogno di cuffie per effettuare le chiamate venne considerato il primo vero smartphone dell’epoca.
L’iPhone 2G presentato da Steve Jobs ha segnato una vera rivoluzione per il mercato della telefonia mondiale. È nato dalla combinazione di tre dispositivi: un iPod (lettore di musica e video), un cellulare e uno strumento per navigare in internet. iPhone era dotato anche di una fotocamera da 2 Megapixel. Lo schermo da 3,5 pollici era pensato per l’utilizzo con una sola mano. Nei primi due mesi dal lancio ne è stato venduto oltre un milione di unità.
> quale è possibile compiere vere e proprie magie in ogni campo possibile. Da un punto di vista puramente sociale, il fatto che uno strumento estraneo al corpo sia così costantemente a contatto con esso ha però anche risvolti negativi, come la cosiddetta nomofobia, per esteso no-mobile-phone-phobia. L’assenza del contatto con il dispositivo genera nella persona ansia, bisogno compulsivo di controllare le proprie app, pensieri negativi e timore di essere esclusi dalla vita sociale.
D’altro canto, è chiaro ed evidente come lo “smartphone-scettro” sia entrato nella quotidianità non solo delle persone comuni, ma sia diventato un vero e proprio strumento di potere anche per quanto riguarda la vita politica e governativa delle nazioni. Nel 2008 Barack Obama basò molto del suo successo alle Elezioni Presidenziali sui nuovi strumenti di comunicazione: attraverso YouTube, piattaforma leader nello sharing video, l’ex presidente americano riuscì a creare un contatto conti-
nuo con i propri elettori. E l’oggetto attraverso cui raggiunse l’apice della propria popolarità fu proprio lo smartphone: l’implementazione del 3G sui dispositivi mobili consentì la visione di video in qualunque luogo ci si trovasse. le evoluzioni tecnologiche
Da quel momento in poi, con lo sviluppo di una larghezza di banda sempre più ampia e l’arrivo del 4G prima e del 5G poi, la possibilità di stabilire una comunicazione continua, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, smise di essere un’ipotesi per diventare realtà. E se all’inizio il traffico internet mobile implicava costosissime tariffe a consumo, dal 2007 in poi ha subito una accelerata raramente riscontrabile in altri fenomeni tecnologici. Nel 2016, addirittura, per la prima volta la navigazione via telefono superò quella via computer o dispositivi fissi. Non è un caso, infatti, che oggi praticamente ogni sito che si rispetti presenti una versione desktop e una versione mobile ottimizzata per la visione su schermi di dimensioni inferiori. La rivoluzione dello smartphone è stata totale a ogni livello ed ha portato a un vero e proprio cambiamento sociale e antropologico. Ha mutato per sempre le abitudini degli utenti, rendendo ogni fruitore il possessore di uno strumento magico, come uno scettro, con cui restare collegato giorno e notte al resto del mondo.
Lo smartphone. Combina le funzioni del computer palmare con quelle di un telefono mobile, arricchendole con funzionalità multimediali
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INTERVISTA |
USA 2016. I Simpson con “Bart to the future” del 19 marzo 2000 avevano predetto l’elezione di Trump
Nasci influencer muori presidente Matteo Bittanti ragiona sugli intrecci tra politica, giornalismo e personalità del web: «I media hanno sempre meno importanza. Non esiste più una realtà condivisa»
Di Gianluca Brambilla _ «L’America fu fondata da intellettuali. Per liberarsene le ci son voluti due secoli e una rivoluzione nei mezzi di comunicazione». In “Divertirsi da morire”, il sociologo statunitense Neil Postman metteva in guardia dall’inquinamento della comunicazione ad opera della tv. Oggi la situazione è ben diversa e buona parte del flusso informativo non arriva più dagli studi televisivi, ma dai social media. Cosa comporta questo passaggio per la qualità dell’informazione? Lo abbiamo chiesto a Matteo Bittanti, artista, accademico e professore di Media studies all’Università IULM. In questa fase storica sembra che il potere di dettare l’agenda pubblica sia sostanzialmente nelle mani di tre soggetti: politici, giornalisti e influencer. È così? «No, in realtà l’agenda pubblica è sempre dettata dalle élites, dagli interessi forti e dalle lobbies, dunque dalla dimensione corporate. Politici, giornalisti e influencer sono delle semplici proxies e/o utili idioti, a seconda dei casi. Come afferma Martin Gurri, l’era contemporanea è segnata dalla crisi profonda delle autorità e delle istituzioni – tra cui il governo, il giornalismo tradizionale e le università – e dall’ascesa dirompente del “Pubblico”, un soggetto collettivo distinto dalla “massa”, dalla “gente” e dalla “folla”. Da almeno un trentennio, il discorso politico è completamente delegittimato e questo spiega perché i politici di professione sono stati rimpiazzati da palaz-
zinari, celebrità dei reality tv e comici. Oggi si parla, non a caso, di anti-politica. I giornalisti – etichettati come un pericolo per la nazione – hanno sempre meno rilevanza in un contesto dominato da algoritmi, disinformazione e teorie complottiste».
Negli anni Ottanta Neil Postman sosteneva che «una società fondata sulla televisione è una società barbarica». Come definirebbe oggi una società fondata sui social media? «Condivido pienamente la lettura di Postman, ingiustamente considerato un apocalittico, se seguiamo la manichea (e dannosa) distinzione introdotta da Umberto Eco. La società televisiva genera mostri: Berlusconi e Trump sono solo due esempi a livello post-politico, ma il discorso vale anche per Renzi e Salvini. Postman guardava con grande scetticismo alle promesse dei media interattivi. La retorica tecno-utopica dei primi anni novanta ha fatto solo danni e i deliri sulle “Twitter revolutions” oggi fanno solo ridere. La tecnocrazia di Big Tech è nefasta come la telecrazia berlusconiana, ma rispetto a quest’ultima è molto più sofisticata, granulare e persuasiva». È plausibile che le future elezioni presidenziali vedano trionfare un influencer, un podcaster o una star di TikTok? «Il fatto che il podcaster Joe Rogan sia una delle personalità più influenti oggi, negli Stati Uniti, è significativo. Non mi stupirei se vincesse le prossime elezioni presidenziali. Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskyy, è un ex comico: è riuscito a fare meglio di Beppe Grillo, il che è notevole. Ma la terza guerra mondiale non è una barzelletta… Circa i sintomi, basta prestare attenzione allo scenario mediatico contemporaneo, anche se i media mainstream sono sempre gli ultimi a cogliere i tipping point».
Alla progressiva perdita di influenza e potere, giornalisti e politici stanno reagendo cercando di emulare toni e modalità di comunicazione tipiche degli influencer. Crede sia una strategia efOggi la parte più consistenficace? te del flusso informativo «È una strategia patetica, ma non passa più dalla televicomprensibile. Per quanto sione ma dai social media. concerne i giornalisti, l’ascesa Quali sono le ricadute sulla di piattaforme come Substack qualità dell’informazione? attesta che il bundle, ovvero un Non mi stupirei «Non esiste più una realtà modello di giornalismo basato se il prossimo condivisa, ma un numero prosu un pacchetto di informaliferante di fiction differenti zioni confezionate e vendute Presidente provenienti da fonti eteroa un pubblico, è sempre più degli Stati Uniti genee. La polarizzazione è anacronistico. Questa idea di intensa e la comunicazione è giornalismo è aliena a chiunfosse un influencer caratterizzata dalla frizione. que abbia meno di trent’anni. matteo bittanti Le tensioni sociali sono destiPer quanto concerne i politinate a intensificarsi in una fase ci, l’uso di piattaforme alterstorica segnata dalla crisi pernative rispetto a quelle istimanente: ambientale, economica, culturale, tuzionali è molto efficace per raggiungere il sociale, geopolitica. Considerando che il pubpubblico: penso ad Alexandria Ocasio-Cortez blico è perennemente distratto dalle “guerre con Twitch nel 2020. L’inquinamento dell’inculturali” che spaziano dall’uso dei pronomi formazione però non è un’invenzione recente: all’insegnamento della critical race theory nelil fenomeno è esploso dopo la deregulation le scuole americane, la fine della democrazia voluta da Ronald Reagan negli anni Ottanta così come la conosciamo è un fait accompli. In e l’implosione della Fairness doctrine. Sotto realtà, ritengo che la maggior parte della gente molti aspetti, la situazione di profonda crisi in sarebbe felice di vivere a Singapore: non esiste cui versiamo oggi in Occidente è l’esito prevelibertà di espressione o di pensiero, ma puoi dibile e necessario del neoliberismo. Ci sarà da fare shopping a ogni ora del giorno». divertirsi, come direbbe Postman».
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SOCIAL MEDIA
I follower nuovi elettori Nonostante il contatto sempre più diretto tra politici e cittadini l’astensione continua a crescere. C’è però chi è riuscito a sfruttare la leva social trasformando like in consenso elettorale Di Alessandro Bergonzi, Luca Carrello _ Follower o elettori. A quale categoria appartengono i milioni di utenti che si riversano, ogni giorno, sulle pagine social dei politici italiani? Svela l’arcano il professor Stefano Rolando, docente di Comunicazione, media e pubblicità all’università Iulm. Parte da una premessa: «Nell’era dei social l’ideologia vale sempre meno. Più della realtà conta la percezione, che è mutevole. Per questo il voto è fluttuante». In altre parole, i cambi di casacca sono frequenti anche nel corpo elettorale. I partiti se ne sono accorti e hanno smesso di parlare solo al proprio elettorato storico: ora si rivolgono a tutti i votanti. Lo fanno su ogni tema, con il linguaggio più efficace possibile: quello dei social. «È immediato, semplifica il messaggio e permette di fidelizzare un vasto pubblico nonostante la scarsa qualità retorica», rivela Rolando. «Del resto», aggiunge, «non è che solo i politici non sono più quelli di una volta. C’è stagnazione anche tra gli elettori: è cresciuto l’analfabetismo funzionale, e un cittadino su tre non capisce quello che vede nel tg».
cresce l’astensione
Per farsi comprendere i partiti hanno abbassato il livello della comunicazione, e hanno pagato un prezzo salato: «Parte dell’elettorato non si trova più con la qualità della retorica in circolazione. Ecco perché l’astensione ha raggiunto il 50%, una cifra inaccettabile», spiega il professore, che così chiarisce come il linguaggio dei social, oltre a trasformare follower in elettori, crei disaffezione nella politica. C’è dell’altro però: «Con i social è venuta meno l’interpretazione, che forniva il nesso tra gli eventi e permetteva di comprendere i processi in atto», afferma Rolando, che conclude: «Se cancelli le forme di aiuto all’interpretazione, il pubblico dei social non può che aderire, dire mi piace o non mi piace, senza analizzare. Ma così non ha più gli strumenti per capire chi ha ragione. E se non riconosce la differenza tra vero e falso, crede un giorno a uno e un giorno all’altro». Un ginepraio. una strategia vincente
Chi ha dimostrato di sapersi districare nella giungla social è Carlo Calenda, leader di Azione che alle ultime elezioni amministrative romane è diventato il primo partito della Capitale, riuscendo a ottenere, al primo turno, oltre il 19% delle preferenze. Buona parte del suo segreto è custodito tra le mani e nella mente della giornalista e digital communication strategist del partito, Anna Giulia Ruggeri, che ci ha spiegato com’è cambiata la comunicazione pubblica negli ultimi anni. «Se prima i giornalisti facevano da tramite con gli elettori, oggi i politici si sono avvicinati alla società civile, essendo disponibili a un confronto quotidiano». La comunicazione sui social è più immediata, ma presenta vari rischi. Infatti, «succede spes-
so che singole foto o post, estrapolati da un contesto più ampio, vengano male interpretati. E qui - spiega Ruggeri, che è anche direttrice responsabile di Pagine Romaniste - il ruolo del giornalista non si perde, ma adattandosi alle nuove tecnologie si esalta, portando mestiere e competenze sui social media». da follower a elettori
La vera sfida per chi si occupa di gestire la comunicazione online dei politici consiste nel trasformare un’estemporanea interazione virtuale in deciso consenso elettorale. «In quanto Azione, ci impegniamo a mandare messaggi chiari e non fraintendibili, riportando serietà e pragmatismo al centro del dibattito politico», assicura la social media manager, che tuttavia ammette di inseguire un obiettivo per cui non esistono sentieri sicuri. «Se qualcuno sapesse esattamente come trasformare i like in elettori, basterebbe contare i follower sulle varie piattaforme per conoscere l’esito delle consultazioni e questo mi auguro non avvenga mai», precisa Ruggeri. «Non si può tuttavia negare che la capacità di essersi dimostrati coerenti e concreti attraverso i social, a Roma, abbia pagato in termini di voti reali, portando effettivamente cittadini alle urne». Inoltre, secondo la giornalista, questa rivoluzione comunicativa ha avuto un impatto positivo sul rapporto tra cittadini e rappresentanti politici. Infatti, «se i grandi annunci propagandistici, abbondavano anche nelle vecchie conferenze stampa. Oggi - conclude la digital communication strategist - l’istantaneità e l’universalità del web, hanno aumentato la possibilità di verificare i fatti, costringendo i politici ad attenersi sempre più alla realtà».
TOP 10
L’engagement dei politici sui social A cura di Alessandro Bergonzi _ La ricerca di DeRev Lab ha analizzato la capacità dei principali esponenti politici italiani di intercettare consensi sulle piattaforme social (Twitter, Facebook, Instagram) nel corso del 2021. L’analisi si basa su tre fattori: crescita, tasso di engagement e indice di performance complessivo.
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1. CARLO CALENDA
2. ROBERTO SPERANZA
3. ENRICO LETTA
4. GIORGIA MELONI
5. MATTEO SALVINI
6. LUCA ZAIA
Segretario di Azione, performance: 48,33%. Attivo specialmente su Twitter con oltre 330.000 follower.
Ministro della Salute, performance: 46,33%. Prima al Pd, nel 2017 ha fondato Articolo Uno.
Segretario Pd, performance: 45,33%. L’ex premier ha oltre 660.000 follower su Twitter.
Leader Fratelli d’Italia, performance: 41%. Oltre 2.300.000 follower su Facebook.
Segretario Lega, performance: 22,33%. Meno engagement più follower: 5 milioni su Facebook.
Presidente Veneto, performance: 20,67%. Il primo tra i politici di respiro (per ora) “locale”.
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SOCIAL MEDIA |
POLITICA
LA CAMPAGNA A cura di Maria Oberti
MACRON AVEC VOUS: PONTE DIRETTO CON I CITTADINI FRANCESI Uno slogan “Avec vous”, un QRcode e una serie online a episodi: sono questi gli strumenti con i quali Emmanuel Macron, attuale Presidente della Repubblica francese, si è ri-canditato ad ottenere la fiducia dei suoi elettori nelle prossime Elezioni Presidenziali che si terranno a partire dal 10 Aprile. La campagna politica che Macron sta conducendo rispetta tutti i canoni della miglior strategia di marketing: lo slogan è una scritta senza immagini, ma che non lascia dubbi sul significato comunitario delle parole “Insieme a voi”. Il QRcode posto accanto invita chi legge a collegarsi con il sito ufficiale per scoprire di più su ciò che Macron vuole dire. Infine, la serie Le Candidat, visibile sul canale Youtube “Emmanuel Macron avec vous”, propone una clip del Presidente ogni venerdì alle ore 18, proprio come le più appassionanti e seguite serie tv dell’era pre-piattaforme, quando lo spettatore fremeva ogni settimana in attesa del prossimo episodio. E non è finita: i contenuti social si mischiano agli storici mezzi pubblicitari come i manifesti apparsi in una ventina di città francesi nella notte tra mercoledì 26 e giovedì 27 gennaio e i volantini distribuiti ai cittadini con il motto: “Scopri la voce dei francesi e fai sentire la tua”. una strategia già testata
Affluenza. Alle ultime elezioni amministrative del 4 ottobre 2021 l’affluenza degli italiani alle urne è stata solo del 54,7%
La campagna macronista, seppur innovativa nei mezzi, ricalca nei contenuti la retorica di “Emmanuel Macron candidato della quotidianità” che tanto l’aveva aiutato nelle elezioni del 2017. A quel tempo la formazione macronista trovò nel tema della prossimità al popolo il gancio ideale per rendere lustro al suo candidato: e così è ancora. Scannerizzando il QRcode si accede al sito L’appello avecvous2022.fr che raccoglie numedi Macron: rose testimonianze di storie dirette di “Scopri la voce cittadini francesi. La pagina Youtube dei francesi e aperta per la campagna inoltre confai sentire la tiene una decina di video che motua” strano attori della società civile: dal gestore di un pub irlandese a Lorient al pastore di pecore di Tende passando per il pensionato di Palavas-les-Flots. parola chiave community
7. SILVIO BERLUSCONI
8. GIUSEPPE CONTE
9. VITTORIO SGARBI
10. VIRGINIA RAGGI
Presidente Forza Italia, performance: 20%. Solo 7° l’ex cavaliere, se solo Facebook fosse nato prima…
Presidente M5S, performance: 19%. L’avvocato del popolo su Facebook è secondo solo a Salvini.
Fondatore Rinascimento, performance: 17%. A suon di “capra!” il critico ha conquistato anche i social.
Ex sindaca di Roma, performance: 14,67%. Alle ultime comunali ha conquistato il 19% dei romani.
Una candidatura fino all’ultimo rimasta nell’ombra, un manifesto elettorale senza foto del candidato e con nessun riferimento al partito. Sembra una strategia discutibile eppure mostra da subito la sua efficacia comunicativa. Il cittadino viene richiamato da uno slogan potente, invitato ad approfondire per scoprirne l’origine e poi immerso in un mondo di contenuti, tutti diretti verso il messaggio principale “con voi”. La curiosità per ciò che Macron vuole dire viene subito colmata dal sito web, dalle pagine Facebook, Twitter e Instagram e infine, se non è ancora abbastanza, da una serie a episodi in cui lo storytelling della campagna si completa poco a poco. I trucchi di engagement ci sono, ma per diventare di nuovo Presidente serve ben altro. Funzionerà di nuovo?
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SOCIETÀ|
BATTAGLIE
I CASI
Le battaglie in corso 1. CHIARA FERRAGNI E IL MOVIMENTO LGBTQ+
2. SCHWA, GLI ERRATI UTILIZZI DEL SIMBOLO
«Love Fiercely non è solo il motto del mio percorso di essere umano, ma un credo da condividere con tutti e un ideale per il quale battersi». Così l’influencer italiana Chiara Ferragni è finita al centro di una polemica mediatica con l’accusa di aver mercificato la comunità lgbtqi+. Per San Valentino la Ferragni ha pubblicato un video sul profilo aziendale del suo brand, per diffondere un messaggio di inclusione in favore dell’amore senza barriere né distinzioni, rendendo le coppie coinvolte semplici testimonial di una campagna.
Il suono intervocalico schwa ha creato, tra contrari e sostenitori, una vera e propria battaglia linguistica tra chi vede il fonema come necessario per l’inclusione e chi invece lo considera un oltraggio alla lingua italiana. Ma la guerra ideologica tra pro e contro non aiuta la riflessione concreta sul tema dell’inclusività. Il problema alla base non è che la pietra d’inciampo del sessismo, ma per trattare la questione di genere è servito di nuovo un simbolo, un’altra polemica aperta per riflettere sulla società.
Simboli contro idee, la società si frammenta Schwa, bandiere arcobaleno e pugni alzati. Simboli subito riconducibili a lotte per i diritti civili di milioni di persone, ma che sempre più spesso vengono utilizzati e ricondivisi senza tenere conto del loro significato originale. Di Greta Dall’Acqua, Viola Francini _ Negli ultimi tempi sono numerosi i movimenti nati a sostegno dei diritti civili, ma altrettanti già esistenti hanno beneficiato della grande amplificazione mediatica del momento. L’impressione che ne deriva è che questa moltiplicazione non solo depotenzi l’assetto valoriale di queste battaglie sociali ma che offra anche ai brand e al mercato l’opportunità di appropriarsene per fini di marketing. «I movimenti civili sono sempre esistiti ma considerato il momento storico e la velocità di circolazione delle notizie, c’è un enorme amplificazione. Black Lives Matter ne è la prova evidente: la maggior parte delle persone lo hanno conosciuto nel 2020, ma in realtà è un movimento fondato nel 2013. Per qualche motivo non aveva raggiunto la popolarità che ha raggiunto
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poi con l’uccisione di George Floyd, ma non è stata la prima vittima. Stessa cosa è successa negli scontri sul gender gap, su cui ci sono studi e letteratura da anni, ma solo adesso gode di un’amplificazione maggiore», sostiene Ariela Mortara, docente di sociologia dei consumi e cultura di impresa dell’Università IULM di Milano. brand identity in riflesso dei modelli sociali
L’appropriazione indebita di tematiche sociali ai fini commerciali è una delle strategie di marketing più utilizzate fin dagli anni ‘90. Il vantaggio che se ne traeva era ovviamente da entrambe le posizioni: sia da parte dell’azienda, che conquistava immediatamente maggiore notorietà, sia verso la causa presa in analisi. «La strategia di marketing, una volta, aveva una pianificazione specifica, mentre ora non è più così strutturato il sistema. La rapidità con cui le notizie vengono fruite dagli spettatori, impone alle aziende una comunicazione più istantanea. Per questo motivo adesso si parla di instant marketing e di self branding». Anche gli attori delle campagne di comunicazione sono cambiati: oltre alle aziende e ai grandi brand sono entrati in questo meccanismo di mercificazione influencer e content creator di ogni genere. L’esempio più recente è stato quello di Chiara Ferragni, autrice di un video a favore dell’amore senza distinzione di genere e quindi paladina della comunità LGBTQ+, che però ha suscitato diversi dubbi tra i suoi follower. La campagna pubblicitaria “Love Fiercely” è stata definita da molti come una semplice manovra di sponsorizzazione del suo
marchio di moda di lusso. Nonostante i soggetti scelti come testimonial e le interviste a loro realizzate, il risultato non è stato un maggiore riconoscimento alla comunità in questione. «Il pericolo, infatti, è la svalutazione di queste tematiche che, se limitate ad un’area commerciale, perdono il loro significato iniziale. Nonostante le buone intenzioni iniziali si rischia una sovraesposizione che influenza la credibilità del tema trattato». appropriazione o amplificazione?
Lo sviluppo dei social media, infatti, ha portato le aziende e i brand a ridurre la distanza di comunicazione con i propri clienti. Nuovi target sempre più esigenti, come i Millennials e la Generazione Z, attenti alle politiche di consumo e all’impegno sociale. I dati che emergono da queste piattaforme mostrano gusti, inclinazioni, aspirazioni e speranze dei nuovi consumatori. I grandi marchi hanno quindi la possibilità di studiare ogni prodotto e adattarlo perfettamente alla richiesta del mercato. In questo momento storico, le battaglie per i diritti civili sono sicuramente terreno fertile e quindi a rischio sfruttamento e appropriazione immotivata. Secondo la professoressa Mortara, però, non bisogna limitarsi alla sola lettura negativa del fenomeno. La spettacolarizzazione mediatica dei simboli e delle battaglie sociali, per quanto possa ledere al loro sistema valoriale, fornisce maggiore visibilità alle diverse tematiche. «L’utilizzo degli influencer, ad esempio, è un chiaro esempio di comunicazione in grado di raggiungere un determinato target di riferimento, quello dei
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3. BLACK LIVES MATTER AGLI EUROPEI
4. JO SQUILLO E IL NIQAB AL GFVIP
Durante gli Europei di calcio dello scorso anno, si era diffusa la consuetudine, tra i partecipanti, di inginocchiarsi prima del fischio d’inizio in segno di solidarietà nei confronti del movimento Black Lives Matter, nato all’interno della comunità afroamericana per contrastare il razzismo. Sono stati diversi però gli episodi di calciatori o nazionali che hanno scelto di non inginocchiarsi, facendo nascere la polemica: reale partecipazione o gesto inconsapevole? Serve appropriarsi di un simbolo in un contesto che non gli appartiene?
Una scelta, definita da molti di pessimo gusto, quella di una delle concorrenti del GFVip, Jo Squillo. Durante il reality show, la cantautrice si è presentata in diretta televisiva con indosso il niqab, uno dei veli usati nella tradizione araba, in sostegno delle donne afghane. Dopo pochi istanti, però, il presentatore Alfonso Signorini ha pregato Jo Squillo di rimuovere il velo: «mica posso vederti tutta la puntata così, mi fai impressione». Un esempio di attivismo performativo che ha toccato la sensibilità di diverse donne musulmane.
Pride. Il Gay Pride Parade è il simbolo del movimento di liberazione omosessuale e nasce dopo le contestazioni di Stonewall del 1969 negli Stati Uniti
più giovani. Alcune cause sociali possono beneficiare del fatto che se ne parli perché in questo modo raggiungono persone che altrimenti non sarebbero esposte a questo genere di informazioni». Il vecchio detto “purché se ne parli” può sottolineare una chiave di lettura alternativa. subculture e frammentazione
Se è vero che i movimenti sociali e civili crescono e si amplificano, succede anche che non tutti riescano ad aderire a un vero principio unificante, a subordinare tutti i segmenti di società sotto un unico impianto valoriale. «Le subculture, ovvero i movimenti che si creano a partire da un nucleo centrale e che poi si espandono in altro, esistono da sempre. Serve capire se queste estensioni possano sviare dal complesso valoriale iniziale o se invece si possano rivelare importanti per altre categorie di persone», afferma la docente di sociologia dei consumi dell’Università IULM. Uno dei rischi maggiori di questa tendenza disgregativa è che si crei una “guerra civile” all’interno di movimenti che hanno ancora tante conquiste fondamentali da raggiungere. La risposta, probabilmente, non risiede né nella rinuncia ad un soggetto e un principio generale né nella mera accettazione della frammentazione della società in tanti segmenti, quanto piuttosto in un equilibrio in cui si trovi spazio per i grandi movimenti, come la comunità LGBTQ+ e il movimento femminista, ma anche per le subculture minoritarie, come la comunità trans o le branche più specifiche del gender gap.
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GLI INFLUENCER NEL MONDO A cura di Carlotta Bocchi, Valeriano Musiu, Gabriella Siciliano _ EL SALVADOR La nazione che vive già nel futuro Eletto nel 2019 come presidente di El Salvador, Nayib Bukele racconta ogni suo movimento sui social network. Definito il leader massmediatico di una “telecrazia” moderna, Bukele gode di un indice di gradimento tra i più alti dell’intero continente. Proprio attraverso i social negli ultimi anni Bukele ha attaccato il governo, criticato la stampa, ma anche mostrato momenti intimi della sua vita. FRANCIA Snapchat per cambiare la politica Diventato famoso documentando le condizioni di vita di uno dei quartieri più poveri di Perpignan, oggi Nasser Sari sogna la politica. Il suo nome d’arte è Nas Das, e con i suoi 1,2 milioni di follower è l’influencer numero 1 di Snapchat in Francia. Negli ultimi
mesi ha usato la sua popolarità per criticare la gestione di Perpignan e ha rivolto la sua attenzione su questioni sociali, manifestando l’intenzione di candidarsi alle prossime elezioni. FINLANDIA Influencer sociali contro il Covid-19 Nel 2020-2021 la Finlandia ha arruolato influencer sociali nella lotta contro il Covid-19. Il governo, infatti, sosteneva che fossero più utili dei media mainstream perché in grado di informare la popolazione in modo chiaro, veloce ed accurato. Il progetto è stato un’iniziativa congiunta tra l’ufficio del primo ministro, una società di consulenza e l’agenzia digitale Mediapool.
ARIZONA, USA La donna con la piuma parla Quannah Potts ha sempre sognato di sfilare in passerella. Da Instagram è arrivata alle copertine di Vogue e al Met Gala 2021 in cui ha indossato un abito ispirato ai nativi americani. Il suo obiettivo è conservare le sue origini Navajo, anche attraverso i suoi tatuaggi in volto, e portare all’attenzione del più vasto pubblico possibile la causa climatica. Fa parte infatti, della quarta generazione dei protettori del territorio dell’Arctic National Wildlife Refuge dell’Alaska, terra in cui vive.
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BIELORUSSIA Telegram contro la dittatura Roman Protasevich è un giornalista bielorusso arrestato dopo il dirottamento del suo volo Ryanair. È uno dei fondatori di Nexta, canale Telegram divenuto popolare come strumento di organizzazione delle proteste contro il regime di Lukashenko. A fine 2021, il ministero dell’Interno ha classificato i tre canali Telegram di Nexta come organizzazioni estremiste: chi li segue rischia fino a sette anni di carcere. EGITTO Quando lo Stato deve fare self-branding
«Non sono un politico, e mi impegno a non esserlo». Così dice Farida Salem, una dei venti influencer selezionati dal Ministero dell’informazione egiziano per collaborare con il governo e rinnovare l’immagine negativa che l’Egitto si è costruito, soprattutto per quanto riguarda i diritti umani. Questa strategia fa parte di una tendenza più ampia in crescita in tutto il Medio-Oriente. ETIOPIA Clubhouse per combattere il genocidio Il 4 novembre 2020, nella guerra per il possesso del Tigray, i combattimenti sono sfociati in un vero e proprio genocidio degli etiopi di quella zona, ma il blackout dei mezzi di comunicazione voluto da Abiy Ahmed, il primo ministro etiope, ha permesso di insabbiare i crimini contro i civili. Il Tigray People’s Liberation Front attraverso l’app del social audio ClubHouse, ha agito all’interno delle “stanze” dei ribelli per svelare i fatti e aiutare le persone aggredite. LIBANO Twitter per denunciare la cultura dell’impunità Il 14 febbraio 2021 l’attivista Lokman Slim, definito “antiHezbollah”, è stato sequestrato e
IL FENOMENO
ucciso. Era difensore dei principi di cittadinanza, pari opportunità e uguaglianza e aveva definito l’esplosione di Beirut del 4 agosto 2020, in cui sono morte 214 persone, come un crimine di guerra in quanto le sostanze tossiche che avevano causato l’incidente non avrebbero dovuto essere trasportate all’interno del Paese. Una pagina Twitter chiamata Lokman Slim Foundation è stata creata per opporsi alla cultura dell’impunità nell’area MENA riguardo agli assassinii politici.
SIRIA Citizen journalism in campo contro la guerra Chiede l’attenzione del mondo. Chiede di ricordare. Muhammed Najem, 16enne siriano, documenta attraverso i suoi profili social le atrocità della guerra in Siria. In prima linea filma e fotografa la casa appena crollata dopo l’ennesima bomba sganciata e intervista i sopravvissuti. Racconta le voci di amici e coetanei direttamente colpiti dal conflitto. Un vero reporter di guerra, solo grazie ai social.
INDIA In prima linea contro la discriminazione femminile e il colorismo La modella indiana Diipa Khosla, 1,5 milioni di followers
su Instagram nel 2021 posa in copertina per Vogue parlando di come accettare il proprio corpo a seguito di una gravidanza. Ha lavorato per una linea di abiti da sposa ispirata al sari. Col marito Oleg Buller ha creato un’organizzazione no-profit chiamata “Post For Change” che si occupa di salute igienica femminile nelle zone di povertà e di combattere il colorismo di cui Khosla stessa è stata vittima durante l’infanzia perché troppo scura rispetto al colore di pelle delle persone indiane. Ha creato una linea di intimo chiamata Inde Wild in tessuti organici per valorizzare tutte le tipologie e tonalità di pelle.
COREA DEL NORD Youtube per raccontare la verità Classe 1993 Park Yeon-mi è nata a Hyesan nella Corea del Nord ed è vissuta sotto il regime dittatoriale di Kim Jong-il. È una disertrice, scappata illegalmente dal suo Paese natale per sfuggire alla povertà in cui viveva la sua famiglia. Sul suo canale YouTube denuncia le contraddizioni del regime e le violazioni dei diritti umani che nasconde e nel libro “In Order to Live” racconta la storia del suo viaggio verso la libertà.
IL CASO
Quando sono nati gli influencer?
Mr. Beast, lo Youtuber più ricco di sempre
A cura di Claudia Franchini _
A cura di Elisa Campisi, Gabriele Lussu _
Nel 2017 la ricerca su Google della keyword “influencer marketing” è cresciuta del 325% rispetto all’anno precedente e le previsioni per il 2022, sul mercato statunitense, evidenziano come il 75% dei marketer utilizzerà gli influencer per condurre le campagne di comunicazione. 5 punti percentuali in più rispetto al 2021 e un valore stimato pari a 4,14 miliardi di dollari. Sponsorizzazioni, Influencer e Influencer Marketing, fenomeni che hanno visto una rapida ascesa negli ultimi anni e il motivo non è difficile da immaginare. L’Influencer Marketing è in generale definito come l’insieme di attività, svolte da un influencer, in grado di influenzare le scelte di acquisto dei consumatori. Che sia un intrattenitore, un divulgatore o un attivista, ogni Influencer si è costruito una reputazione sul web e sui social media grazie alla sua competenza in un particolare ambito. Si riferisce quindi a chi, sfruttando la propria audience sui media digitali, sia in grado di condizionare le preferenze di marca, le decisioni di acquisto e la fedeltà dei consumatori. Gli influencer rappresentano gli anelli di congiunzione ideali tra le aziende e la fetta di pubblico meno attenta alle forme di comunicazione tradizionale e quindi meno facile da coinvolgere. Da qui il successo di questa strategia, oggi sempre più adottata dalle aziende grazie ai guadagni da capogiro che consente di raggiungere.
MrBeast è lo youtuber più ricco che ci sia mai stato: 54 milioni di dollari guadagnati solo nel 2021. Nato in North Carolina, Jimmy Donaldson – nome di battesimo di MrBeast – è riuscito a raggiungere questo traguardo grazie alla realizzazione di video che hanno avuto in totale 14 miliardi di visualizzazioni. La produzione di ogni suo filmato costa in media 300mila dollari e dietro ad ogni progetto c’è un grande lavoro di ideazione e montaggio. Tra sceneggiatori, cameramen e vari assistenti, MrBeast conta almeno cinquanta collaboratori. Il segreto della viralità dei suoi video sta nelle sfide che propone ai suoi 90 milioni di iscritti. “Squid game nella vita reale”, con 213 milioni di visualizzazioni, è il suo filmato più visto: un gioco ad eliminazione che prevedeva un premio di 456mila dollari. Fin dall’inizio, MrBeast ha attirato la curiosità del pubblico cimentandosi in sfide sempre più complesse e allo stesso tempo originali. Farsi chiudere in una cella o farsi seppellire vivo per cinquanta ore, passare un giorno su un’isola deserta o sott’acqua sono solo alcune delle prove a cui si è sottoposto. Al di là del divertimento, la genialità di MrBeast sta nell’aver cavalcato meglio di tutti i suoi competitors la Creator economy, il modello di business online di cui è diventato il volto più rappresentativo.
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Quando i diritti sociali diventano impopolari Perché una democrazia sia civile si devono salvaguardare i diritti sociali. Gli ultimi decenni di storia italiana, e non solo, vanno in direzione opposta. E le disuguaglianze aumentano
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Di Nicola Bracci, Francesco Lo Torto _ «La libertà ha la sua regola nella giustizia», diceva il poeta Ugo Foscolo. A distanza di quasi due secoli dalla sua morte, “libertà” è diventata la parola chiave pressoché nella totalità delle ribellioni popolari che hanno caratterizzato gli anni Dieci del Duemila. Le rivendicazioni di piazza, sostenute a più riprese da soggetti politici diversi, hanno ottenuto risultati tangibili nel campo dei diritti civili, portando alla conquista di nuove libertà individuali. Non è chiaro il rapporto che il raggiungimento di queste libertà ha con la riduzione delle disuguaglianze sociali. Lavoro, istruzione e salute pubblica, diritto ad avere un’abitazione, un tenore di vita adeguato, una formazione
culturale: i diritti sociali sono i grandi assenti della agenda politica italiana ed internazionale degli ultimi anni. il dualismo tra libertà individuale e uguaglianza sociale
Se gli anni Settanta del secolo scorso hanno mostrato che le vittorie in ambito sociale hanno avuto la forza di trainare anche i diritti civili, gli ultimi due decenni hanno dimostrato che non è altrettanto vero il contrario. Il raggiungimento di nuove libertà individuali non è riuscito a coinvolgere un’analoga progressione nella sfera dei diritti sociali. L’analisi storica suggerisce, anzi, che lo spostamento dell’attenzione politica sulle tematiche civili, a discapito di quelle sociali, abbia coinciso con
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un progressivo aumento delle disuguaglianze nel Paese. Un ruolo in questo percorso lo ha avuto anche l’internazionalizzazione dei processi decisionali. Pensiamo al ruolo dell’Unione Europea nel guidare le scelte di politica economica sul mondo del lavoro. Il problema è che a questo percorso non è stata affiancata un’analoga efficace internazionalizzazione della controparte nelle dinamiche di contrattazione, ovvero quella composta dalle organizzazioni che rappresentano il tessuto sociale. I soggetti che avrebbero il ruolo di tenere in equilibrio i rapporti di forza. Perdendo gli interlocutori storici di riferimento, fisicamente collocati al di fuori dei limiti nazionali, organizzazioni come quelle sindacali hanno diminuito il loro pote-
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DIRITTI
LA STORIA
Fasi storiche dei diritti dal dopoguerra 1. ANNI ‘40 Prime elezioni amministrative dopo la caduta del fascismo. Sono anche le prime che vedono la partecipazione delle donne, che avevano ottenuto il diritto di voto grazie al decreto Bonomi del 1945. Nel 1946 viene approvata anche la Costituzione, un primo passo per estendere le tutele sociali all’intera popolazione.
2. ANNI ‘60 Con il boom economico e le prime contestazioni, le tutele sociali diventano questioni di primo piano. Nel 1969, ad esempio, viene introdotta la pensione sociale e si allarga l’assistenza sanitaria pubblica a nuove categorie di lavoratori. Arrivano anche i primi ammortizzatori sociali.
3. ANNI ‘70
Le riforme sociali vanno di pari passo con lo sviluppo dei diritti civili. Il 1970 è infatti l’anno sia dello Statuto dei Lavoratori sia della legge sul divorzio. Nel 1971 viene introdotta la tutela delle lavoratrici madri e nel 1975 la riforma del diritto di famiglia stabilisce che uomo e donna hanno pari diritti e doveri. È del 1977 la legge che stabilisce la parità tra uomo e donna in materia di lavoro. Fondamentale è poi il 1978: arriva la legge sull’interruzione della gravidanza, la legge Basaglia che stabilisce la chiusura dei manicomi e infine quella che istituisce il Servizio sanitario nazionale, un’avanguardia in Europa che mette al centro il diritto alla salute. 4. ANNI ‘00 Più recentemente, i diritti sociali entrano in crisi, con il Jobs Act del 2015 che cancella le tutele sociali dell’Articolo 18. Prevalgono invece i diritti civili: è del 2016 la legge Cirinnà per le unioni civili. Ma si procede comunque a rilento, come dimostrano l’affossamento del DDL Zan e la bocciatura dei referendum su eutanasia e cannabis.
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> re contrattuale, e con loro si sono indeboliti i diritti sociali. La libertà indica uno stato individuale, nella sua singolarità di persona. L’eguaglianza è, invece, un rapporto tra individui, tra esseri sociali. È difficile immaginare come far convivere questi due concetti, all’apparenza così distanti. È possibile aspirare all’eguaglianza effettiva in un sistema che prevede la libertà individuale, per esempio, di accumulare ricchezze senza che sia previsto un efficace sistema redistributivo? Foscolo direbbe che la soluzione è regolamentare la libertà nell’ambito della giustizia - sociale.
il marketing rischia di inquinare le rivendicazioni civili
Si pensi a Black Lives Matter, movimento attivista nato all’interno della comunità afroamericana e giunto nelle piazze europee grazie alla cassa di risonanza dei social. Nel 2020 l’ondata di indignazione crebbe con la spinta di hashtag e condivisioni video e oltrepassò i confini fisici e socioculturali entro cui si era generata. L’appropriazione su scala globale di simboli sorti da un disagio storicamente e culturalmente ben delineato, rischia di annacquare e indebolire il significato di tali simboli. L’idea che postare un hashtag o comprare una maglietta possa rappresentare un contributo a un’istanza di cambiamento è di per sé illusoria. senza diritti sociali aumentano le disuguaMa si tratta di un effetto collaterale della comglianze Secondo i dati raccolti dall’Istat, in Italia, nel mercializzazione di una battaglia civile, che 2020, più di due milioni di famiglie (7,7% del promuove il brand a discapito del contenuto. E totale) e oltre 5,6 milioni di individui (9,4%) a proposito di effetti collaterali, secondo un’insono in condizione di povertà assoluta, dove chiesta del New York Post la cofondatrice del con questa definizione si intende l’incapacità movimento, Patrissee Cullors, un anno dopo i di permettersi le spese minime per condur- fatti di Minneapolis e l’esplosione mediatica di re una vita accettabile. Altrettanto amari i BLM, disponeva di un patrimonio immobiliadati che provengono dal mercato del lavoro re di circa 3 milioni di dollari. del nostro Paese: a dicembre 2021, il dato dei Se si guarda invece all’Italia, il grande tema civile del 2021 è senza dubbio nuovi occupati di carattere l’affossamento del Ddl Zan. Le dipendente rispetto allo stes«La libertà migliaia di persone riunite per so mese dell’anno precedenprotestare hanno reso l’immate segna +590 mila unità. Ma ha la sua gine di un profondo distacco scorporando un dato apparegola tra il sentimento della piazrentemente positivo, notiamo za e una classe politica sorda che, di questo totale, 434 mila nella giustizia» all’urgenza di salvaguardare sono contratti a termine, conlegittimi diritti civili. Una siderati più competitivi dalle aziende. Parliamo di oltre il 73,5% del totale frattura, quella tra governanti e governati, che dei contratti dipendenti stipulati nell’ultimo può essere un proficuo pertugio per chi ha anno. Potremmo concludere che in Italia è potere mediatico e parole efficaci per parlare l’aumento del precariato a trainare la crescita allo stomaco e al cuore delle persone. Fedez, influencer con milioni di follower al seguito, del mercato del lavoro. mesi prima della bocciatura del decreto fu abiLa diseguaglianza economica è solo uno dei lissimo nell’attirare i riflettori del concertone punti su cui è possibile concentrare l’attenzio- del primo maggio su due temi: il Ddl Zan e ne. Basti pensare al 28% di analfabeti funzio- la natura censoria e bigotta della televisione nali di cui è composta la popolazione italiana pubblica, dunque delle istituzioni. Una mostra i 16 e i 65 anni (dati dell’indagine Piaac sa antisistema nelle intenzioni quella di Fe– Ocse del 2019). Soggetti per i quali diventa dez, con protagonista un soggetto capace, sì, molto complesso partecipare attivamente alla di schierarsi apertamente contro un sistema - quello politico e istituzionale italiano - già vita sociale e democratica del paese. Alla base di queste diseguaglianze, rintraccia- sotto attacco da più fronti, ma ben più restio bili con diversi gradi di drammaticità in tutto nel muovere critiche a un altro sistema - quelil pianeta, c’è un sistema economico, raramen- lo economico e finanziario globale - che ha in te messo in discussione, che basa la sua teo- big company come Amazon i suoi principali ria su concetti come “efficienza” e “rapporto alfieri. costi-benefici”. In tale paradigma i diritti so- D’altronde sarebbe stato imprudente addenciali trovano posto a fatica, poiché prevedono trarsi in questioni inerenti ai diritti dei lavograndi spese per la loro salvaguardia ed un ri- ratori considerando che proprio con Amazon, cavo stimabile per lo più in termini di profitto al centro di diverse contese sindacali anche in Italia, Fedez ha stipulato un ricco contratsociale, non economico. Al contrario, i diritti civili entrano con faci- to come testimonial. Dopo quell’irruzione lità in dinamiche tipiche del marketing e del nell’unico giorno dedicato al lavoro - in un business della comunicazione, creando flussi Paese che, in quel 2021, conterà 1221 morti economici rilevanti. Gli slogan diventano mer- bianche - si è levata qualche voce critica . Le chandising, campagne pubblicitarie, prodotti voci critiche di cui sopra, denigrate perché televisivi, sponsorizzazioni social. Diventando non schierate dalla parte del giusto nelle faprodotti, questi oggetti comunicativi si inseri- zioni polarizzate dei tifosi, che tanto urlano e scono con facilità in una visione consumisti- poco ottengono, si sono chieste: “Non è che ci ca dell’esistenza, tipica della società coeva. La troviamo di fronte all’ennesimo caso di chi fa diffusione della battaglia civile diventa presto il gioco dei forti, fingendo di interessarsi dei così mercificazione, rischiando di svuotarsi deboli?” Forse il nocciolo della questione è del significato rivendicativo e di rottura origi- proprio questo, fa già notizia il fatto che ci sia qualcuno che finge di farlo. nale.
LUCIANO CANFORA
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Di Nicola Bracci, Francesco Lo Torto _
meno che uno non voglia mettere in discussione alla radice tutto questo.
A metà degli anni Settanta, il giurista e politologo Norberto Bobbio affermava che “La democrazia sono i diritti sociali”. Il paradigma è cambiato? Tutti i diritti sono degni di attenzione. Il problema è dimenticare gli uni e occuparsi solo degli altri. Prima i partiti politici che si battevano per i diritti sociali avevano un ruolo importante anche nell’ottenimento delle libertà civili, basti pensare al ruolo che ha avuto il Partito Comunista nella difesa della legge Fortuna-Baslini sul divorzio, nel Referendum del ‘74. Oggi si tende a dimenticarsi i diritti sociali perché viene destrutturato lo Stato sociale.
È il normale sviluppo dei tempi quindi? Oh no, non è affatto normale (ride, ndr). Il principio e la prassi democratica sono in grave crisi ma non è una scoperta che facciamo qui oggi. Ci sono fasi della storia politica in cui la democrazia ha goduto di una salute notevole, penso ad esempio alla metà del ventesimo secolo. Ma pur mantenendo formalmente gli stessi ordinamenti, essa può deperire perché è il concreto agire che la riempie di contenuto, non le formulazioni astratte. Queste ultime quando sono efficaci vanno difese. L’attuale momento è il punto più basso, forse.
La responsabilità è della classe politica? Il concetto di classe politica è un po’ generico. All’interno di essa ci sono alcune forze che convintamente si disinteressano dei temi sociali, perché rispecchiano valori contrari. Ai tempi in cui esistevano dei veri partiti politici nel nostro Paese, essi corrispondevano a altrettante parti della società. Si pensi che il Partito Liberale del Segretario Giovanni Malagodi faceva le proprie riunioni di direzione nella sede di Confindustria, una scelta di campo abbastanza precisa. Come allora, oggi non avrebbe senso chiedere a quella parte di classe politica, che si autodefinisce liberale, di occuparsi dei diritti sociali. Il disagio è quando coloro i quali si autodefiniscono democratici si disinteressano di porre un argine alle morti sul lavoro.
IL PERSONAGGIO
LUCIANO CANFORA
Quanto pesa il sistema economico contemporaneo su questo bilancio negativo? Il concetto di efficienza è piuttosto ambiguo. Per esempio, il fatto che uno sviluppo capitalistico, incardinato sul profitto come priorità assoluta, determini un grave deterioramento dell’ambiente dimostra che l’efficienza, in quel caso, è del tutto carente. È una falsa impostazione quella che ci viene propinata: non è efficienza, una volta si chiamava sfruttamento. Se io taglio i tempi del lavoro per aumentare produzione e profitto non sono efficiente, sono schiavista.
È filologo e storico del mondo antico, professore emerito di filologia greca e latina presso l’Università di Bari. È membro dell’Institute for the classical tradition di Boston, della Fondazione Istituto di Gramsci di Roma e del comitato scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani. Dirige la rivista Quaderni di storia e la collana La città antica.
A proposito di lavoro, uno dei principali temi sociali: in Italia i sindacati sono Luciano Canfora spesso accusati di non fare abbastanza. È d’accordo? I rapporti di forza in questo momento sono pessimi. Il sindacato è diviso e questa divisione è stata una delle È un cambiamento da rinazioni politiche più gravide tracciare nel nuovo DNA di conseguenze. Ciò risale a liberale della sinistra? molti decenni fa. Oggi c’è un Alcuni esponenti del mondo elemento in più. L’interlocupolitico di sinistra utilizzano tore governativo sul piano i diritti civili come diversivo nazionale non li riceve nemo addirittura come alternatimeno: quando Draghi ha conva, questo è un dato di fatto. cesso ai sindacati qualche miÈ un’alternativa totalmente nuto del suo tempo, li ha poi sbagliata. Le società in cui piantati in asso e ha lasciato prevalgono gli orientamenti di tipo liberale sono sbilanciate sul versante dei diritti civili il ministro Daniele Franco a negare le richieste. L’ulteriore e basta. Un esempio concreto sono gli Stati Uniti d’Ameri- elemento è dove sta l’interlocutore: se le decisioni fondaca, dove lo stato sociale è stato completamente cancellato mentali vengono prese altrove, in sede, come si usa dire, dopo l’esperienza del New Deal. È un Paese dove milioni Europea, il sindacato che fa? Abbaia alla luna, perché non di avvocati sono in perenne attività per difendere infinite ha un interlocutore col quale scontrarsi. È una situazione cause: un esempio perfetto di prevalenza totale dei diritti di totale disparità di forze. civili. Non ci sono forze politiche che si occupino delle teEd esiste un percorso da intraprendere per uscirne? matiche sociali in modo serio. Credo che in una situazione così difficile almeno un tentativo di coordinamento sovranazionale tra le maggiori Perchè i diritti sociali non sono più una priorità? Perché le questioni che riguardano i diritti sociali sono forze sindacali dei paesi principali dell’Unione Europea sia difficili da risolvere. Nel momento in cui le decisioni ri- necessario. Penso a Germania, Francia, Italia, Spagna, Belguardanti il funzionamento delle economie dei vari paesi gio, cioè quei Paesi in cui c’è molta classe operaia e molta sono prese in sede europea, al riparo da qualunque con- conflittualità latente. Non è cosa facile, ma sarebbe il primo testazione efficace, è chiaro che abbandonare questa lotta passo per lottare, finalmente alla pari, con chi detta le regoe gettare la spugna diventa quasi una mossa inevitabile. A le e vive al riparo da ogni contestazione.
Intervista a
«IL CONCRETO AGIRE DÀ SIGNIFICATO ALLA DEMOCRAZIA»
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AMBIENTE
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MOVIMENTI
Credit LaPresse
Ambiente: battaglie e poco Il movimento contro il Climate change ha unito migliaia di giovani attivisti. Bisogna però dialogare con i governi per arrivare a risultati concreti Di Giorgia Colucci _ Gli adulti servono per forza. Lo ha dovuto ammettere persino Ultima generazione, frangia estrema degli ambientalisti – già radicali – di Extinction Rebellion. Lo scorso febbraio tre giovani tra i venti e i trent’anni - Laura Zornini, Beatrice Costantino e Peter Bon – hanno organizzato un sit in di diversi giorni, con uno sciopero della fame, davanti al ministero della Transizione Ecologica a Roma. La loro richiesta principale era incontrare il ministro Roberto Cingolani. La loro speranza invece era scuotere una politica disinteressata – nonostante i proclami dei negoziati milanesi della Pre Cop 26 – al cambiamento climatico. Le piazze da sole infatti non bastano. Malgrado le promesse tradite – «Ci hanno sempre ripetuto che alla crisi climatica ci penseranno gli adulti» recita il manifesto dei Fridays for Future - il dialogo con i tavoli del potere è indispensabile. È nei palazzi dove si decidono le sorti del Paese che
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si può trasformare in azioni concrete il grido d’allarme «della generazione senza un futuro». il bla bla bla dei governi
Anche la politica però non può fare da sola. O meglio riesce a fare poco oltre a ciò che Greta ha definito il vuoto Bla Bla Bla. Molte leggi in materia energetica e ambientale si sono rivelate insufficienti o poco lungimiranti. Il tema climatico non è tra le priorità dei partiti, anche perché è caro, almeno per il momento, a una fascia di popolazione che si interessa poco alle questioni di urne. Anche i “verdi” – a differenza di quanto succede in Europa – non riescono molto a scaldare gli animi degli elettori. Rispetto a pochi anni fa però la consapevolezza del climate change è molto più diffusa. Il merito è soprattutto del movimento – avviato nel 2018 – dall’attivista svedese Greta Thunberg. Dall’esterno del parlamento di Stoccolma, la sua protesta è arrivata fino ai più importanti tavoli della politica internazionale. Dal World Economic Forum di Davos alla Cop 26 dell’Onu a Glasgow. L’esperienza e la visibilità mediatica dei Fridays for Future hanno contribuito a illuminare associazioni più piccole ma anche più anziane, come la quarantenne Legambiente. Il riconoscimento più tangibile in Italia è stata la recente riforma della Costituzione italiana per includere la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali. La menzione alle generazioni future coglie le suggestioni dei movimenti
giovanili e legittima non solo i passati scioperi per il clima, ma anche eventuali azioni legali future. L’attivismo ambientale quindi potrebbe avere i presupposti, se non per indirizzare, almeno per avere un peso nelle scelte degli esecutivi o dei ministeri competenti. un peso che manca
Questo però succede raramente. Lo hanno di-
IL FENOMENO
Chi sono i Fridays? Presente in più di 500 città in tutto il mondo – 130 in Italia -, quello dei Fridays for Future è il movimento ambientalista più noto a livello globale. Nasce nel 2018 dalla protesta solitaria di Greta Thumberg davanti al Riksdag, la sede del Parlamento svedese a Stoccolma. In pochi anni però raccoglie numerosi riconoscimenti dalla politica internazionale – dal Word Economic Forum alle conferenze Onu sul clima - e sempre più adesioni. Lo scorso novembre a Glasgow, in Scozia, l’ultima manifestazione – in occasione della Cop 26 – ha riunito 100mila partecipanti – tra giovani e attivisti - da tutti i continenti. La sua lotta al cambiamento climatico interseca quella per i diritti sociali e civili e contro le disuguaglianze.
NUOVE GENERAZIONI
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SOCIETÀ
Ma la generazione Z cambia le regole Per le nuove generazioni i vecchi ruoli di riferimento non sono autorevoli a prescindere. La discussione sulle nuove influenze passa dalla capacità comunicativa di ognuno
Di Francesca Daria Boldo _ Testa bassa, smartphone in mano e volti incollati ad un display sempre connesso. In questo quadro riflesso di luce blu è ritratta la generazione Z, quella dei ragazzi nati tra il 1996 e il 2010, i nativi digitali. Sono i primi a non aver conosciuto un mondo senza tecnologie e ambienti digitali e questo non può non influire sulla loro infanzia, sul loro modo di comunicare e sulle aspettative nei confronti del futuro.
o metodo mostrato la Cop 26 dell’Onu a Glasgow e i suoi prenegoziati a Milano, tra cui la Youth4Climate destinata ai giovani attivisti. Nel 2021 poi, a causa del Covid, è stato invitato un numero limitato di partecipanti e osservatori dalle organizzazioni ambientali. Il loro è stato un ruolo prettamente simbolico, senza una reale capacità d’intervento nelle trattative economiche e sociali tra gli Stati per la riduzione delle emissioni di Co2. Inoltre, anche se gli scioperi dei Fridays for future hanno unito tutti i gruppi sotto un’unica bandiera, i loro metodi di azione sono diversi: dalle dimostrazioni (occupazione di strade e sit in) - rivolte soprattutto alla politica - Extinction Rebellion alle azioni sul territorio (collezione di rifiuti e sensibilizzazione nelle scuole) e alla collaborazione con le istituzioni delle storiche Greenpeace, Legambiente o Wwf. Il comparto ambientale è così più pervasivo, ma anche più disgregato. Quale può essere quindi in questo panorama il ruolo degli attivisti? Trovare una voce univoca e parlare nella politica - e non solo alla politica – ma senza perdere la loro autenticità? Se l’allarme sul Climate change non viene ascoltato, le conseguenze saranno disastrose soprattutto per le fasce più fragili della popolazione mondiale. Quindi i giovani «devono rimanere arrabbiati» - ha affermato Barack Obama, ex presidente Usa e padre dell’Accordo di Parigi – e pretendere un futuro da chi ha gli strumenti e il dovere di garantirlo.
comportamento corretto da assumere, sia filtrando il flusso di informazioni, sia indirizzando verso fonti specifiche. Tra gli adolescenti, infatti, è opinione comune che il sapere non arriva da un esperto ma da una persona che condivide una specifica esperienza e indica dei possibili modi di agire. Tutto questo, si ricollega al modo di comunicare: il valore di quanto divulgato si esprime anche attraverso la modalità comunicativa. l’empatia è il nuovo linguaggio
I social network, infatti, hanno completamente cambiato i paradigmi della comunicazione: la generazione Z è alla ricerca di linguaggi Il web e i social media, infatti, sono i luoghi semplici ed esaustivi e di uno scambio di inper eccellenza in cui la Gen Z si esprime, si formazioni rapido e visivo, opposta a quella confronta e si informa. I giovani d’oggi non scritta e di qualità, offerta alle generazioni ricercano le informazioni ma vengono in precedenti. continuo contatto con queste. Passando da I ragazzi d’oggi vogliono rapportarsi con chi un contenuto all’altro si fermano a leggere e naviga sulla loro stessa linea consumano solo le notizie che di pensiero, perché hanno trovano interessanti e, rispetLa Gen Z si aspetta bisogno di un confronto coto ai propri genitori e nonni, stante e di essere ascoltati per hanno una concezione diffeche sia l’influencer poter entrare in empatia con rente di quello che costituisce a mostrare chi comunica. Ed è proprio in una notizia. questo rapporto empatico che Questa forte tendenza ad alla community gli influencer entrano a gamessere iper-connessi e il soil comportamento ba tesa nella quotidianità dei vraccarico di informazioni, giovani. che arrivano da una pluralicorretto Tuttavia, la figura dell’intà sempre più ampia di fonti, da assumere fluncer non può e non deve ha portato gli adolescenti a andare a sostituire quella del rivolgersi e affidarsi a figure giornalista nel compito di formare l’opinione che nascono proprio nel mondo digitale, come pubblica. L’influencer è pagato per far pubbliinfluencer e blogger, anziché ai professionisti cità, il giornalista per fare informazione. Inoldell’informazione. tre, in Italia ogni giornalista ha delle regole deontologiche, dettate da un Ordine, che deve Queste figure carismatiche, e più vicine agli rispettare, come i doveri morali, etici e profesinteressi dei giovani, sono in grado di influensionali che tutelano l’oggettività, la veridicità e zare l’opinione pubblica in rete con i loro mesl’attendibilità delle informazioni. saggi, strutturati sempre in chiave di marketing. Grazie alla loro popolarità e alla capacità Si tratta, dunque, di due mondi incompatibidi rivolgersi in maniera empatica e diretta, gli li. Ed è proprio su questa incompatibilità che influencer guidano i comportamenti e le scelte devono puntare i media di informazione nei degli utenti che li seguono. confronti della gen Z. È necessario riuscire Sulle piattaforme social, molti ragazzi condivia raccontare storie che si adattino alle aspetdono interessi, problematiche o paure, si pentative degli adolescenti, ma senza escludere si alle questioni “transnazionali”, fortemente tematiche a priori. Niente di più sbagliato, ad dibattute, che riguardano gli stereotipi di geesempio, che bandire la cultura o la politica nere, le diversità e le discriminazioni oppure partendo dal presupposto che interessino solo i problemi legati all’ambiente e al clima, e nel agli adulti. Si deve, invece, trovare la modalità farlo, si rivolgono a questi nuovi leader d’opigiusta per incuriosire i giovani facendo produnione. zioni e organizzando eventi culturali per loro La gen Z si aspetta che sia l’influencer o il e, soprattutto, con loro. blogger a mostrare alla community qual è il l’informazione ovunque
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Politica e sport Corsi e ricorsi nella storia Da millenni sport e politica sono sempre stati legati da un filo rosso invisibile, snodandosi dalle prime Olimpiadi fino alla figura di Muhammad Alì fondendo in maniera indissolubile i due mondi Di Kevin Bertoni, Umberto Porreca _ Sport, politica e diritti sociali si intersecano sin dai tempi dell’antica Grecia quando, durante le Olimpiadi, entrava in vigore l’ekecheiría, ovvero la tregua olimpica. Ogni disputa o scontro pubblico e privato cessavano, specialmente tra atleti e spettatori che dovessero recarsi ad Olimpia, per non disturbare il regolare svolgimento dei grandi giochi nazionali. Nonostante l’ekecheiría sia tuttora rispettata, l’esplosione dello sport come interesse mondiale e la volontà di molti atleti di far sentire la propria voce per porre l’accento su importanti temi sociali, sfruttando la dirompente popolarità sui social, sta interferendo con il regolare svolgimento di questa pratica millenaria. Sarebbe un errore però dimenticare i primissimi casi di sportivi che, per via della loro personalità unica, hanno scritto pagine importanti anche dal punto di vista sociale. la prima svolta: muhammad alì
Fino agli anni ’60 gli episodi di incrocio tra politica e sport furono limitati a incroci senza conseguenze, ma con l’avvento del pugile Muhammad Alì tutto cambiò. Il labbro di Louisville gareggiava in una America profondamente spaccata dalle divisioni razziali. Erano gli anni di Martin Luther King, Malcolm X e… Cassius Clay – questo in origine il nome di Alì. Già nel 1964, dopo la conquista del primo titolo mondiale contro Sonny Liston, Clay lasciò a bocca aperta l’opinione pubblica cambiando nome, aderendo alla Nation of Islam e alla religione islamica, anche grazie alla sua amicizia e ammirazione per Malcolm X. Nel 1967, tuttavia, si consumò la rottura definitiva tra Alì e la politica statunitense: la US Army chiese l’arruolamento immediato del giovane atleta per la guerra del Vietnam. Diniego assoluto da parte di The Greatest: «La mia coscienza non mi permette di andare a sparare a mio fratello o a gente povera e affamata nel fango per la grande e potente America. Sparargli per cosa? Non mi hanno mai chiamato “negro”, non mi hanno mai linciato, non mi non mi hanno mai
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privato della mia nazionalità, né stuprato o ucciso mia madre e mio padre. Sparargli per cosa? Allora portatemi in galera». La risposta degli Stati Uniti fu quella di farlo arrestare per renitenza alla leva, privarlo del titolo mondiale e della licenza per i successivi tre anni. Alì scatenò una battaglia legale che si spinse fino alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che nel 1971 annullò la condanna. Da lì in poi, oltre alla leggendaria carriera come pugile, assurse a icona di livello storico e mondiale come nessun altro sportivo prima e dopo di lui. Fu il primo vero input che avviò la relazione tra atleti e politica: sia per diritti sociali che per diritti civili l’esempio del Labbro fece scuola. da alì a oggi, i casi più eclatanti
Gli eventi del ‘60, i moti anti razzisti negli Stati Uniti, l’esplosione della cultura del peace&love contribuirono a rinsaldare il legame tra la partecipazione delle persone famose alla vita politica e come protagonisti delle battaglie per i diritti civili e sociali. Tuttavia, ci sono da notare alcuni aspetti nell’intreccio sport-politica-diritti che non sempre rendono chiara la comprensione delle vicende. Alcuni atleti, a differenza di quelli della metà del XX secolo, hanno fatto un passo in più – non necessariamente in avanti o indietro – diventando protagonisti della politica, schierandosi apertamente. La differenza tra prima e dopo sta proprio in questo. Negli Stati Uniti, ad esempio, non è raro che noti sportivi forniscano i loro endorsement a protagonisti della vita politica. LeBron James, star della NBA a livello mondiale, nelle ultime elezioni americane del 4 gennaio 2021 e per tutta la campagna elettorale precedente non ha mai fatto mancare il proprio supporto a Joe Biden, tacciando il presidente uscente Donald Trump di avere comportamenti razzisti verso le minoranze, in particolare nei confronti delle persone di colore. Un altro esempio, sempre dal mondo del pugilato, è quello del leggendario Manny Pacquiao. Il filippino, primo
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SPORT
FOOTBALL
In esilio dalla NFL
Colin Kaepernick 34 anni
A cura di Oscar Maresca La potenza di un gesto. Simbolico ed emblematico. Esprimere dissenso restando in ginocchio durante l’inno degli Stati Uniti. Colin Kaepernick ha avuto coraggio. Era l’estate del 2016, il quarterback dei San Francisco 49ers sorprese tutti durante la partita di NFL contro i Green Bay Packers. Voleva denunciare la brutalità della polizia nei confronti degli afroamericani. Accendendo i riflettori su una piaga sociale ancora attuale negli Usa. È diventato un simbolo per molti statunitensi: «Non mi alzo in piedi per mostrare orgoglio nei confronti della bandiera di un Paese che opprime le persone di colore». Nel 2017 Kaepernick è stato licenziato e si è ritrovato senza squadra. Carriera terminata, senza rimpianti. Netflix ha trasmesso Colin in bianco e nero, serie tv che racconta la sua storia. In locandina una frase speciale: «È il percorso la tua vera forza». Contro ogni forma di razzismo.
CALCIO
Un gol contro l’omofobia
Atleti. Dall’alto verso il basso LeBron James, Manny Pacquiao e Muhammad Ali
e unico campione della storia della boxe in ben otto categorie diverse, è contraddistinto da un altro primato: si tratta dell’unico atleta contemporaneamente senatore nel proprio paese e campione mondiale. Il suo impegno sociale e civile per le filippine, in cui è l’icona sportiva per eccellenza, ha portato persino a uno studio secondo cui durante i suoi incontri l’attenzione del paese asiatico era così alta da azzerare il tasso di criminalità, abitualmente altissimo: proprio come le Antiche Olimpiadi, Pacquiao riusciva a fermare temporaneamente i conflitti in atto nel paese con i suoi match. Pac-Man, questo il soprannome dell’atleta, ha inoltre annunciato la propria candidatura a presidente delle Filippine e correrà per il massimo scranno del governo nelle Elezioni presidenziali che si terranno dal 9 maggio 2022. Il dubbio che sorge, alla luce di un secolo di impegno sociale e civile degli sportivi, è quello che spinge a domandarsi se sia corretto utilizzare la propria popolarità per influenzare l’opinione pubblica, favorendo un proprio beniamino e attaccando un proprio nemico. La risposta a questa domanda non è e non può essere univoca. Gli sportivi sono una categoria capace di spostare le masse, direzionare gli interessi, muovere grandi quantità di denaro, indirizzare i successi politici e, in generale, sono dotati di un potere enorme sulle persone. Per questo, sebbene sia ammirevole l’interesse verso tutte le questioni socio politiche in modo da favorire il benessere e l’uguaglianza sociale, è fondamentale avere un approccio chirurgico, coscienzioso, che unisca l’opinione pubblica. D’altronde, grazie all’enorme opportunità comunicativa fornita dai social network, anche gli sportivi più schierati devono ricordarsi che da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
Josh Cavallo 22 anni
A cura di Pasquale Febbraro Josh Cavallo ha 22 anni, fa il calciatore ed è omosessuale. Gioca nell’Adelaide United, squadra del campionato australiano. Fare coming out nel mondo del calcio non è facile. In un video, pubblicato lo scorso ottobre sui social del suo club, Josh ha dichiarato di essere omosessuale, diventando uno dei pochi a farlo senza attendere la fine della carriera. Queste le sue parole: «Mi chiamo Josh Cavallo, sono un calciatore e sono gay». Sono due i calciatori in attività ad averlo preceduto: Collin Martin, che milita nel campionato statunitense di secondo livello e Phuti Lekoloane, calciatore sudafricano di terza divisione. «Ho dichiarato la mia omosessualità per aiutare il mondo e il calcio». Le sue parole hanno reso Josh un personaggio noto a livello internazionale ed hanno avuto un grande impatto mediatico, essendo state riportate dalle maggiori testate al mondo.
BASKET
La patria perduta
Enes Freedom 29 anni
A cura di Gabriele Lussu Enes Kanter è un buon giocatore NBA, ma la sua notorietà deriva soprattutto dalle coraggiose battaglie politiche di cui si è reso protagonista. Convinto oppositore del regime di Erdogan, nel 2017 ha perso la cittadinanza turca. Negli anni ha infatti criticato diverse volte l’operato del presidente del suo Paese d’origine, definendolo addirittura il «nuovo Hitler». Accusato di far parte di un gruppo terroristico, Kanter ha subìto minacce di morte via web ed è stato anche disconosciuto da parte della famiglia, che non vede da 5 anni. Su di lui pende una richiesta di estradizione dagli Stati Uniti, nazione di cui è diventato cittadino qualche mese fa (per l’occasione ha scelto di cambiare nome, diventando Enes Kanter Freedom). Insomma, una vita impegnata a combattere in favore della giustizia sociale. Anche a costo di non passare un’esistenza facile. Perché, come lui stesso ha detto, «la libertà non è gratis».
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CULTURA
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SIMBOLI
È tempo di Queerbaiting Sempre più artisti etero monetizzano su elementi della comunità Lgbtqia+. Amplificazione della lotta o utilizzo di convenienza?
ha portato a mettere in discussione le norme lui già difese con passione nel corso della sua stilistiche e sociali a cui si è storicamente asso- carriera. ciato il genere. Ora però torniamo a “Yo Perreo Sola”. icona queer o mossa di marketing? Nel video Benito Martínez Ocasio, vero nome Un articolo scritto dal giornalista freelance dell’artista, appare vestito in drag in tre scene: André Wheeler sul Guardian poneva ben chiaparticolarmente iconica quella in cui la sua ro, però, un paradosso: «Può Bad Bunny, un versione femminile perrea con quella ma- uomo etero, essere chiamato “icona queer”?» schile, rompendo lo schema per cui il regga- «La mia sessualità non mi definisce,» racetonero è ipermascolinizzato e circondato da contava, del resto, l’artista in relazione al suo ballerine. orientamento sessuale, in un’intervista uscita Sullo sfondo si leggono anche frasi come “Las su LA Times. «In fin dei conti, non so se mi mujeres mandan” (Le donne comandano) e “Ni piacerà un uomo tra 20 anni. Non si sa mai Di Sonia Garcia, Chiara Zennaro Una Menos”, in riferimento nella vita. Ma al momento sono _ al movimento latinoamerietero e mi piacciono le donne.» cano nato nel 2016 in ArgenL’ambiguità in cui si è voluta“Yo perreo sola [Io twerko da sola]”, canta la tina come grido collettivo star portoricana Bad Bunny nell’omonimo sinQUEER è un termine mente posizionato Benito non contro la violenza di genere è stata sufficiente per redimersi golo tratto dall’album YHLQMDLG (Yo Hago generico utilizzato e corrispondente all’italiano dalle accuse di queerbaiting. Lo Que Me Da La Gana), uscito lo scorso feb“Non Una di Meno”. Quando una celebrità o un perbraio 2020. Uno dei più grandi nomi della muper indicare coloro A fine video sullo schermo sonaggio pubblico non quesica urbana contemporanea—reggaeton, trap, che non sono appare la scritta: «Se non er capitalizza e/o utilizza con e derivati—latina, con questa traccia ha preso vuole ballare con te, rispet- eterosessuali e/o non modalità performativa alcuni una posizione chiara nei confronti del sessitala, lei perrea da sola». Il elementi propri della comunità smo del genere afrocaraibico, tipicamente a sono cisgender prodotto vuole dunque far queer, allora si parla di queerpredominanza maschile. Il testo di “Yo Perreo luce sul pregiudizio e sulla baiting (letteralmente “adescaSola” celebra infatti l’autodeterminazione delprofonda omofobia e misomento queer”). Gli esempi nel la donna al “ballare da sola”, non più suborginia tuttora radicate nella scena urbana lati- mondo dello spettacolo sono innumerevoli, dinata alle controparti maschili, sfidando la na. Bad Bunny non è certo da solo a ricevere questorica oggettificazione della figura femminile Pur ben consapevoli che non basta un video sta critica. nella maggior parte dei testi/video reggaeton. musicale per combattere i femminicidi e l’omofobia all’interno della comunità latina, per il caso sanremese bad bunny e la decostruzione del reggaeton molti è stata ammirevole la disponibilità di In Italia, Achille Lauro è tra gli artisti che sono In pochi anni, Bad Bunny ha infatti ridefiniBad Bunny a fare da cassa di risonanza a istan- stati accusati di queerbaiting. Un passato da to il reggaeton per come lo si conosceva fino ze femministe e vicine alla comunità queer, da rapper, oggi è un esponente del pop italiano ad allora grazie a una politica inclusiva che lo e ha partecipato alle ultime tre edizioni del festival di Sanremo, catalizzando l’attenzione con le sue performance. Sul palco dell’Ariston nel 2021, oltre all’abbigliamento che richiamava i vestiti delle drag queen, ha fatto discutere il bacio scambiato con il suo chitarrista e produttore musicale Boss Doms. È la prima volta che due persone dello stesso genere si baciano sul palco di uno dei festival musicali più tradizionalisti di sempre. Le polemiche dalla comunità lgbtqia+ non sono mancate: Achille Lauro potrebbe essersi nascosto dietro la “sicurezza” del proprio essere maschio bianco, etero, cisgender, per potersi presentare sul palco come portatore dell’estetica queer. «Lui non ha inventato niente, anzi condensa nelle sue performance anni di sottoculture ed estetiche queer, con il primato, certo, di aver fatto breccia in un certo tipo di intrattenimento nazionalpopolare» ha commentato con un post su Instagram l’account @ Quid (Queer Identities), girando poi la domanda ai propri followers: «Secondo voi quello di Achille Lauro è queerbaiting?». Bad Bunny e Achille Lauro monetizzano su un’estetica per cui le loro controparti queer vengono sistematicamente discriminate, o ne contribuiscono alla liberazione? Nessuna fretta nel cercare una risposta. In fondo la matrice è sempre la stessa: non esiste consumo etico sotto il capiL’icona. La superstar portoricana Benito Antonio Martínez Ocasio, alias Bad Bunny, è il volto della nuova talismo. campagna primaverile del brand di moda francese Jacquemus.
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PROGETTI
Parola dell’anno: Ironia A cura di M.O. _
Il Campus. La Libera università di lingue e comunicazione IULM è stata fondata nel 1968
VIVERE LA IULM La ripartenza degli eventi in presenza coinvolge anche l’Ateneo che propone un anno ricco di stimoli: incontri, spettacoli, conferenze e cerimonie per studenti e cittadinanza Di Maria Oberti _ GIOVANNI CACCAMO E LA PAROLA Giovanni Caccamo è un giovane cantautore italiano, scoperto nel 2012 da Franco Battiato, ospite in Iulm il 31 marzo per un simposio e un concerto. La conferenza, dedicata agli studenti dell’Ateneo, è intitolata “Parola ai Giovani” proprio con l’intento di dare voce e fiducia alle nuove generazioni, chiedendo loro una visione del mondo in cui vivono e una riflessione sui complessi problemi della nostra società.
RIVIVERE IL MAESTRO GABER “Polli di allevamento”, il celebre spettacolo proposto da Giorgio Gaber e Sandro Luporini nella stagione teatrale 1978/1979, è in scena con una speciale, ma fedelissima rivisitazione, il 4 aprile sul palco dell’Auditorium Iulm. A far rivivere uno dei lavori più provocatori e dibattuti del maestro è Giulio Casale, che ne ha curato anche la regia. Le musiche sono arrangiate da Franco Battiato e Giusto Pio.
le tematiche
l’interprete
Il dibattito parte direttamente dai temi che Caccamo affronta nelle sue canzoni, come l’importanza della Parola e il cambiamento. La presenza di alcuni docenti al simposio in questo senso è significativa: il rapporto tra studenti e professionisti deve essere un ponte anche verso la realtà fuori dall’università e aiutare le nuove generazioni a comprendere meglio ciò che accade intorno a loro.
Giulio Casale - attore, musicista e scrittore - ha accettato l’invito della Fondazione Gaber nell’impresa di riallestire questo testo, mantenendone la potenza e la bellezza ancora oggi evidenti. La sfida ha visto Casale trionfatore in una lunga tournée nei teatri italiani e approderà in Iulm a dimostrare la grande attualità dell’opera di Gaber, la forza straordinaria della sua scrittura e della sua musica che lo consacrano tra i classici del teatro italiano.
il concerto
Il concerto serale “Parola”, come il titolo dell’ultimo album di Caccamo, è invece aperto a tutta la cittadinanza. Ognuno dei sette brani dell’album è ispirato ad un testo di letteratura italiana, straniera o contemporanea e preceduto da un’introduzione strumentale nella quale una voce d’eccezione, legge il testo che l’ha ispirato.
il testo
L’album Polli di allevamento, pubblicato nel 1978 dall’etichetta Carosello, critica aspramente il conformismo del movimento giovanile contemporaneo a Gaber. La struttura dello spettacolo invece è quella del teatro canzone, che prevede l’alternarsi di canzoni e di monologhi di varia durata.
Dopo termini densi di simbologie come Denaro, Confine e Attesa, la parola scelta dall’Università per rappresentare il nuovo anno accademico è Ironia. Per uscire da questi due anni di pandemia l’Ateneo ricorda quanto sia importante tornare a sorridere e riacquisire un po’ di libertà. A partire da questo tema l’Università invita studenti e docenti a partecipare alla creazione di progetti e idee che abbiano come fulcro la parola Ironia, declinata nelle sue molteplici dimensioni.
RICONOSCIMENTI
Laurea ad honorem A cura di M.O _ Martedì 29 marzo in Auditorium Iulm 6 è conferita la Laurea Honoris Causa in Marketing, consumi e comunicazione all’Ingegner Antonio Percassi, presidente della squadra di calcio dell’Atalanta, imprenditore ed ex calciatore italiano. Percassi inizia la sua attività imprenditoriale negli anni ‘70 e oggi è a capo della holding Odissea Srl di cui fanno parte importanti marchi nazionali e che gestisce lo sviluppo delle reti di vendita di grandi brand internazionali.
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Facebook, Instagram, TikTok, Twitter: i profili più seguiti
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Centinaia di milioni di followers (ciascuno), miliardi di “likes” (ciascuno), sono questi i numeri dei profili e delle pagine degli eroi dei social network: Facebook, Instagram, TikTok, Twitter. Ma chi sono gli irresistibili personaggi che meritano tanta attenzione da parte di fan di tutto il globo? Che professioni fanno? Prendiamone un campione rappresentativo, tra i primi classificati in ciascun social. (Le cifre riportate sotto alla foto di ciascun personaggio indicano i followers sul social network indicato, aggiornati al mese di marzo 2022). Ci sono calciatori (Ronaldo, Messi, Neymar), attori (Will Smith, Vin Diesel), cantanti (Selena Gomez, Ariana Grande, Beyoncé, Taylor Swift, Jennifer Lopez, Justin Bieber, Rihanna, Eminem, Lady Gaga, Britney Spears), personaggi televisivi (Kylie Jenner, Kim Kardashian, Ellen DeGeneres), alcuni personaggi politici (Barack Obama, Donald Trump – ora bloccato -, Narendra Modi), ma anche squadre di calcio (Real Madrid, FC Barcelona, Manchester United), aziende (Samsung, Coca Cola, McDonald’s), qualche imprenditore (Elon Musk, Bill Gates), e perfino personaggi della fiction (Mr. Bean, Harry Potter) oltre alla tautologica categoria dei “social media personality”. Verrebbe la tentazione di liquidare la faccenda come il risultato di una colossale, planetaria, potentissima “macchina di distrazione di massa”, ma molti osservatori attenti mettono in guardia dall’assumere questo atteggiamento, sostenendo che così facendo si rischia di non capire la realtà e di meritarsi l’infamante appellativo di “boomer”.
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Marco Capovilla – docente al Master in giornalismo IULM
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Boomer Appellativo ironico e spregiativo, attribuito a persona che mostri atteggiamenti o modi di pensare ritenuti ormai superati dalle nuove generazioni, per estensione a partire dal significato proprio che indica una persona nata negli anni del cosiddetto “baby boom”, e cioè nel periodo di forte incremento demografico che ha interessato diversi paesi occidentali al termine del secondo conflitto mondiale, tra il 1946 e il 1964. (https://accademiadellacrusca.it/it/parole-nuove/boomer/18488)
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