MASTERX NOVEMBRE 2021

Vaccini, ci fidiamo della scienza?

Quali sono i processi alla base delle nostre paure _ p. 6

Gli italiani ora sono più europeisti Il 60% ritiene Draghi idoneo a guidare il Paese _ p.15

Intervista Le donne nel lavoro del domani Con Darya Majidi ceo Daxo Group _ p.22-23

Iulm, il piano B del TEDx L’evento per la prima volta nell’ateneo _ p.25

Anno XVIII | Numero 1I | Luglio 2021 | www.masterx.iulm.it

MasterX Periodico del master in giornalismo dell’Università IULM Facoltà di comunicazione , relazioni pubbliche e pubblicità

VACCINI GIORNALISMO UNIONE EUROPEA DONNE

È QUESTIONE DI FIDUCIA Senza non ripartiremo.

Tra le ceneri del Covid, e con i soldi dell’Europa, ora l’Italia può svoltare. E sull’ambiente parola ai giovani

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COLOPHON

SOMMARIO

EDITORIALI

MasterX

LUGLIO 2021 - N° II - ANNI XVIII

Diretto da: DANIELE MANCA (responsabile) Progetto grafico: ADRIANO ATTUS In redazione: Roberto Balestracci, Leonardo Degli Antoni, Vittoria Frontini, Valentina Lara Gavoni, Federica Grieco, Elisabetta Murina, Francesco Puggioni, Nicolò Rubeis, Mariano Sisto, Matteo Sportelli, Giulia Taviani, Salvatore Terracciano, Federica Ulivieri, Carolina Zanoni, Alessandro Bergonzi, Kevin Bertoni, Nicola Bracci, Gianluca Brambilla, Priscilla Bruno, Luca Carrello, Giorgia Colucci, Greta Dall’Acqua, Valeria De March, Viola Francini, Sonia Garcia, Francesco Lo Torto, Maria Oberti, Umberto Porreca, Chiara Zennaro Registrazione: Tribunale di Milano n.477 del 20/09/2002

Master in Giornalismo Iulm Direttore: Daniele Manca Responsabile didattico: Marta Zanichelli Caporedattore: Ugo Savoia Responsabile laboratorio digitale: Paolo Liguori Tutor: Sara Foglieni Docenti: Anthony Adornato (Mobile Journalism) Adriano Attus (Art Director e Grafica Digitale) Federico Badaloni (Architettura dell’Informazione) Luca Barnabé (Giornalismo, cinema e spettacolo) Simone Bemporad (Comunicazione istituzionale) Ivan Berni (Storia del giornalismo) Silvia Brasca (Fact-checking and fake news) Federico Calamante (Giornalismo e narrazione) Marco Capovilla (Fotogiornalismo) Marco Castelnuovo (Social media curation I) Maria Piera Ceci (Giornalismo radiofonico) Cipriana Dall’Orto (Giornalismo periodico) Giovanni Delbecchi (Critica del giornalismo TV) Andrea Delogu (Gestione dell’impresa editoriale-TV) Luca De Vito (Videoediting) Gabriele Dossena (Deontologia) Stefano Draghi (Statistica e demoscopia) Lavinia Farnese (Social media curation II) Guido Formigoni (Storia contemporanea) Alessandro Galimberti (Diritto d’autore) Paolo Giovannetti (Critica del linguaggio giornalistico II) Alessio Lasta (Reportage televisivo) Nino Luca (Videogiornalismo) Bruno Luverà (Giornalismo Tv) Caterina Malavenda (Diritto penale e Diritto del giornalismo) Matteo Marani (Giornalismo sportivo) Anna Meldolesi (Giornalismo scientifico) Alberto Mingardi (Giornalismo e politica) Micaela Nasca (Laboratorio di pratica televisiva) Elisa Pasino (Tecniche dell’ufficio stampa) Aldo Preda (Giornalismo radiofonico II) Davide Preti (Tecniche di montaggio) Roberto Rho (Giornalismo economico) Giuseppe Rossi (Diritto dei media e della riservatezza) Claudio Schirinzi (Giornalismo quotidiano) Gabriele Tacchini (Giornalismo d’agenzia) Marta Zanichelli (Publishing digitale) Tutte le foto della copertina sono prese dal libro fotografico Photoansa 2021. facebook.com/MasterX_IULM instagram.com/masterx_iulm youtube.com/clipreporter twitter.com/masterx_iulm 3

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Editoriale

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La pandemia Vaccini, ci fidiamo davvero della scienza?

Senza fiducia non ripartiremo Noi e la scienza, un anno dopo la pandemia: solo con i vaccini torneremo alla normalità

Il 27% dei cittadini adulti europei si dichiara esitante nei confronti del vaccino contro il Covid-19. Un dato che varia in base al contesto sociale

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I ritardi dell’Ue sui vaccini Inglesi e americani sono già a buon punto con le somministrazioni, Israele vanta una campagna di successo. Noi a che punto siamo?

Cataclisma informativo Ora serve giornalismo scientifico In Italia il 99% degli adulti ha cercato informazioni sulla pandemia: non era mai successo.

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Anche le donne fanno i giornali Dal podcast ‘Mo’ to’ Spiego’, della redazione di MasterX

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Sovranismi e populismi

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La sfiducia che fa scendere in piazza

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Il rinascimento della Cultura

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La svolta Ue non decolla nemmeno con Draghi

Quanto hanno intenzione di investire i Paesi europei per rilanciare il settore? Il Pnrr è un treno che nessuno può sprecare

"Formare le donne o nel lavoro spariranno" Intervista a Darya Majidi Ceo di Daxo Group

Roberto Balestracci Master in Giornalismo IULM

SENZA FIDUCIA NON RIPARTIREMO _ Parliamoci chiaro, dove esattamente andremo a finire, dopo un anno di pandemia, non lo sappiamo. E probabilmente, non lo sa nemmeno chi dovrebbe saperlo ovvero chi, al momento, ha in mano le redini della carrozza e ci sta trasportando. Le cose successe in questo anno, le decisioni prese da chi doveva darci sicurezza e una linea guida da seguire spesso e volentieri non sono state le scelte migliori, ma come si può davvero dare una colpa? Come si può incolpare qualcuno di decisioni sbagliate o scelte contraddittorie in una situazione mai vissuta prima e con tutti gli stati paralizzati? In un mondo devastato dal Covid, spiazzato dalla pandemia, serviva fare qualcosa e forse è qui che l’Italia ha sbagliato perdendo la fiducia di molti cittadini: serviva più ragionamento e più attenzione.

Accontentare 60 milioni di italiani era ed è impossibile ma ora serve che tutti si compattino e ritrovino la fiducia in quelle istituzioni che per un anno hanno un po’ improvvisato. Il vaccino è arrivato, c’è, è a disposizione di tutti. Per uscire definitivamente da questa situazione di emergenza serve che tutti si allineino e si mettano in testa che l’unica soluzione reale, al momento, è questa. Certo, i movimenti no vax esisteranno e ci saranno sicuramente proteste in

piazza, d’altronde, l’Italia è un paese dove esiste veramente qualcuno che crede che la terra sia piatta e che non aspetta altro che un nuovo «complotto galattico» per riempire le proprie bacheche social. Fiducia nei vaccini dunque, fiducia nelle istituzioni e fiducia nel mondo che tornerà presto alla normalità. Senza fiducia, nemmeno le cose più basilari possono riuscire. Si pensi allo sport, al lavoro, senza fiducia nei propri mezzi o negli altri (quando si lavora o si suda al fianco di una squadra) niente riuscirebbe. Abbiamo avuto fiducia nei momenti più difficili, ovvero la crisi economica del 2008 senza citare ovviamente tutte le guerre che l’Italia e il mondo hanno combattuto. Fidiamoci del prossimo e fidiamoci della scienza perché senza quella, oggi, saremmo ancora chiusi in casa a cantare l’Inno di Mameli dai balconi senza poter abbracciare un amico, un parente o semplicemente bersi uno spritz seduti al bar di fiducia. E smettiamola di prendere notizie dai social network e dai finti virologi che un giorno vestono il camice e il giorno dopo si travestono da allenatori di calcio per dare indicazioni alle proprie squadre del cuore. In momenti come questi, ahimè, serve dare fiducia a chi ne sa di più. E se ve lo dice uno che vuole avere sempre ragione…

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ATTUALITÀ

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LA PANDEMIA

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Di Francesco Lo Torto e Maria Oberti _ Oltre un quarto della popolazione adulta dei 27 stati membri dell’Unione Europea è riluttante a vaccinarsi contro il Covid-19. Secondo uno studio condotto da Eurofound, la Fondazione per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dell’Unione europea, con sede a Dublino, il 27% degli adulti europei si dichiarano esitanti nei confronti del vaccino.

VACCINI, CI FIDIAMO

DELLA SCIENZA? Il 27% degli adulti europei si dichiara esitante nel sottoporsi al vaccino contro il Covid-19. Quali sono i processi alla base delle nostre paure?

Un dato molto elevato, per il quale Daphne Ahrendt, senior research manager di Eurofound, identifica delle cause precise: «I vaccini svolgono un ruolo cruciale nel superamento della pandemia di Covid-19. Sfortunatamente, questi risultati riflettono l’incapacità di fornire una comunicazione chiara e convincente sull’efficacia e la sicurezza dei vaccini». Ma di chi è, e di chi è stata finora, la responsabilità di comunicare efficacemente la scienza, di fornire elementi in grado di trasmettere fiducia nei confronti dei vaccini? fiducia per i vaccini, fiducia per le istituzioni

«La fiducia nei vaccini è correlata alla fiducia nelle istituzioni», continua Daphne Ahrendt, «e questo è un problema principalmente della classe politica, ma abbiamo anche la responsabilità collettiva, in tutta la società, di garantire la comunicazione e la pubblicazione di informazioni accurate e corrette sulla sicurezza e l’importanza dei vaccini».

Un problema di comunicazione, dunque. Una volta identificato il problema dovrebbe essere più facile trovare la soluzione. Il guaio è che la comunicazione nasconde il suo successo nella parola efficacia, ed è molto difficile veicolare efficacemente un messaggio così complesso, come lo è quello della scienza. A maggior ragione se la strategia comunicativa ha la necessità di attecchire in un terreno sociale estremamente vasto, sia per differenti variabili socio-demografiche della popolazione europea, sia per le complessità dovute al contesto di ansia e paura collettiva causate dalla pandemia.

L’efficacia comunicativa spesso va a braccetto con la semplificazione delle informazioni, che a sua volta rischia di diventare banalizzazione dei contenuti, se questi vengono veicolati da mezzi estremamente immediati e approcciati con superficialità, come lo sono i social media o i talk-show televisivi.

Di fronte ad un nuovo fenomeno, come lo è stato lo scoppio della pandemia di Covid-19, la scienza non può far altro che intraprendere un percorso di ricerca, che per sua natura dovrà procedere per ipotesi, per tentativi, per errori e successive correzioni. La possibilità di dover ripensare le proprie tesi, di doverle dibattere, è parte integrante del processo che porta alla conoscenza in qualsiasi ambito, in special modo in quello scientifico.

La complessità di questi processi si scontra con la necessità di veicolare alla popolazione impaurita un’unica versione, convincente e semplice, che possa portare nel modo più diretto ed efficace possibile ad un obiettivo: la

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| ARGOMENTO LA PANDEMIA

VACCINI

In Italia 500.000 al giorno E Johnson riapre l’Uk

ITALIA

GERMANIA

GRAN BRETAGNA

FRANCIA

SPAGNA

AUSTRIA

PORTOGALLO

Il 52% della popolazione ha già ricevuto entrambe le dosi di vaccino.

Ogni giorno sono circa 500.000 le somministrazioni. Il 63% degli italiani è immunizzato almeno con la prima dose. Nella fascia degli under 30, tra coloro che hanno 12-19 anni ha completato la vaccinazione il 16,3%. Il 66,4% non ha fatto neanche una dose.

Solo il 49% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale, anche se più del 60% della popolazione tedesca ha ricevuto almeno la prima dose. A Berlino si valuta nuove misure qualora i contagi dovessero salire. Il governo vorrebbe stringere sui non vaccinati: al ristorante, al cinema o allo stadio, il tampone potrebbe non bastare più.

Aumentano i contagi, ma dal 19 luglio stop alle restrizioni. Il premier Boris Johnson: “Bisogna purtroppo riconciliarsi con l’idea di altri morti di Covid. Se non riapriamo adesso che abbiamo fatto così tanto con la vaccinazione, quando mai potremo farlo?”. Contano i numeri dei ricoveri e decessi. Ed entrambi sono in costante miglioramento.

Da inizio agosto sarà richiesto un pass sanitario per entrare nei ristoranti, cinema e teatri, nei bar, negli aerei, nei pullman e nei treni.

La situazione epidemoliogica sembra comunque sotto controllo: da settimane in Francia non si superano i 2.000 nuovi casi di coronavirus al giorno. E a settembre partirà la campagna vaccinale per i richiami.

Secondo gli ultimi numeri diffusi dal ministero della Sanità l’83,1% delle persone risultate positive al Covid nelle ultime 5 settimane non erano vaccinate quando si sono contagiate. Il 5,5% aveva invece già ricevuto entrambe le dosi, mentre l’11,4% una sola. La meta della popolazione, intanto, ha completato il ciclo vaccinale.

Nei primi giorni di luglio in Austria i contagi sono triplicati in una settimana. Per andarci occorrerà presentare un tampone negativo effetuato nelle 72 ore precendeti all’ingresso nel Paese, un pass che attesti l’effettiva guarigione di un’infezione contratta negli ultimi sei mesi. Si potrà entrare in Austria anche con una sola dose di vaccino.

Dal 2 luglio è tornato il coprifuoco in 45 comuni, incluse Porto e la capitale Lisbona. Non si potrà circolare tra le 23 di sera e le 5 di mattina, e i locali dovranno chiudere alle 22.30 nei giorni feriali e alle 15.30 nel weekend. Nel Paese oltre il 50% della popolazione ha ricevuto la prima dose di vaccino, e il 32% ha già completato il ciclo vaccinale.

vaccinazione della maggioranza della popolazione e il superamento della pandemia.

La scienza non giunge con velocità all’unica versione di cui necessitano i governi dei paesi europei, né alla verità o alla certezza assoluta.

Le certezze non danno spazio agli errori, né alle autocorrezioni o ai fallimenti.

Ci troviamo di fronte ad una situazione di emergenza più unica che rara. Le difficoltà di gestione di una pandemia sono state enormi poiché hanno coinvolto l’intera società, a livello globale. Le circostanze inedite di questa emergenza sanitaria hanno portato i governi a doversi confrontare con decisioni urgenti dalla posta in gioco molto elevata. Questo ha comportato un continuo rapporto di scambio tra comunità scientifica e non. la complessità del dibattito

Sul tema della pandemia, e delle soluzioni per affrontarla, hanno dibattuto non solo gli esperti appartenenti alla comunità scientifica riconosciuti in una data materia, ma anche gli scienziati portatori di prospettive minoritarie, gli esperti di altri settori rilevanti, l’opinione pubblica, nonché tutti i titolari di interessi in gioco. Questo approccio multilaterale ha avuto, però, la pecca di non essere né consapevole né coordinato e di conseguenza di alimentare la confusione attorno alle questioni da risolvere. Questa pandemia impone l’esigenza, ma anche l’opportunità, per ridiscutere il modo in Vaccino. Insieme alla mascherina sono le armi contro il Covid-19, Photo by Myriam Zilles on Unsplash cui produciamo conoscenza a supporto delle decisioni pubche ancora non sappiamo e l’avvio della commercializzazione, le speriL’efficacia comunicativa riguardo ai vaccini anti Co- mentazioni sono state condotte su numeri esibliche nelle situazioni di crisi. vid-19, sono diventante le gui di persone rispetto alla dimensione della va a braccetto con Il fatto di dover rafforza“troppe” cose che ancora popolazione generale che utilizzerà i vaccini. la semplificazione re l’autorità di scienziati ed non tornano sui vaccini anti Per questo motivo saranno sottoposti ad altri esperti di fronte ad una poCovid-19. Dibattiti e rimpal- studi - denominati di fase IV o di post markedelle informazioni polazione improvvisamente li di responsabilità hanno ting - per rilevare eventuali cambiamenti nella rischiando di banalizzare affollato social e spazi tele- loro efficacia e sicurezza quando sono utilizzaprivata del suo quotidiano e delle sue libertà, per giustifivisivi, polarizzando e bana- ti su numeri estremamente elevati di persone. i contenuti care una serie di scelte neceslizzando le analisi sul tema.

Processo che vale per tutti i medicinali che ensarie al contenimento della Anziché prevedere una stra- trano in commercio. pandemia, ha fatto sì che si consolidasse un tegia di formazione che coinvolgesse le persoaspetto quasi religioso della scienza. Un ideale ne sfiduciate, gli esitanti sono stati etichettati Il fenomeno dell’esitazione vaccinale è estresupremo, che grazie a dogmi assoluti e imme- e spettacolarizzati come ignoranti, in un pro- mamente complesso. Subisce i condizionadiati, giustificati da dati opachi, ha dominato cesso aggressivo che non fa altro che radicaliz- menti del contesto culturale e sociale dell’epole scelte della classe politica nell’ultimo anno. zare le posizioni di scetticismo. Dall’altra parte ca in cui vive ed è costretto a confrontarsi con Quando si attribuisce un significato religioso a del ring, i favorevoli al vaccino diventano fan le dinamiche di paura ed incertezza collettiva. qualcosa che per sua natura basa i suoi punti acritici, pronti ad additare chiunque ponga L’esposizione piatta di dati e le generiche rasdi forza sull’incertezza, come la scienza, il ri- l’accento sulle incertezze esistenti attorno alle sicurazioni non possono bastare ad arginarschio è quello di rimanere confusi e sfiduciati. ricerche scientifiche sui vaccini. lo. Insegnare ad avere fiducia nell’incertezza Un caos di voci ha riempito il vuoto lasciato scientifica potrebbe farlo. dal dogma scientifico tradito. Le “molte” cose Nonostante gli ottimi risultati dei trial clinici

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LA ARGOMENTO PANDEMIA |

GENNAIO LUGLIO 2021 2016

L’Europa è davvero in ritardo?

Inglesi e americani sono già a buon punto con le vaccinazioni, mentre Israele vanta una campagna di successo. E noi dove siamo?

Di Giorgia Colucci _ Cosa è andato storto nella corsa contro il Covid-19? Stati Uniti e Gran Bretagna hanno vaccinato quasi l’80% della loro popolazione con almeno una dose. Israele ancora meglio.

L’impressione sull’Europa è netta: è in ritardo. Anche se con il 70% dei suoi 450 milioni di cittadini immunizzati, è più avanti di molti altri paesi - sia del Terzo Mondo, ma anche di potenze come la Cina, a meno del 40% - una reazione più tempestiva sarebbe stata auspicabile. In vista anche delle 32 milioni di dosi promesse dagli Stati più ricchi con il programma Covax. ognuno per conto suo?

Bruxelles dalla sua ha una scusante: le difficoltà negli accordi interni, prima che con le case farmaceutiche. Se più della metà degli europei, secondo i sondaggi, si fida dell’Unione Europea, lo stesso non fanno i suoi governi nazionali. Il 14 giugno 2020, 4 stati europei – Francia, Germania, Olanda e Italia – intraprendono autonomamente trattative con Astrazeneca per 400 milioni di dosi. Il vaccino anglosvedese sembra il più promettente e il meno caro. Gli Accordi individuali rischiano però di escludere gli Stati con minore potere contrattuale. E così la Commissione si pone come intermediario. fondi e privacy rallentano l’europa

A novembre 2020 i 27 stati membri sottoscrivono finalmente una strategia unitaria. Il prezzo d’acquisto non si distacca molto da quello dei concorrenti. L’UE si muove però con molta più cautela. Se non, talvolta, con poca lungimiranza. Non tanto per la scommessa su cavalli, per il momento, perdenti, come Sanofi o GSK.

O perché all’aziende strappa un impegno più che un obbligo formale. Ma perché rispetto ai 2,7 milioni di euro dell’Emergency Support Instrument stanziati per il prodotto finito, sono pochi i 327 indirizzati alla ricerca farmaceutica. Esclusa la Germania con Biotech, nessuno Stato infatti inserisce nel proprio bilancio forme minime di sostegno ai possibili produttori del vaccino. Negli USA invece, prima dell’Operation Warp Speed, Operazione Velocità della luce, 10 milioni di fondi federali sono preventivamente destinati al suo sviluppo. la strategia di israele

Washington individua così in anticipo le aziende su cui puntare. E già a luglio 2020 sigla un contratto per 100 milioni di dosi. L’Europa lo farà tre mesi dopo. Non è il solo esempio efficace: Israele in cambio delle dosi di Moderna offre i dati epidemiologici dei pazienti immu-

LA CAMPAGNA VACCINALE

Corsa contro il tempo Il 70% degli europei si è già vaccinato con una dose, il 57% ha fatto il richiamo. L’Ue non ha ancora raggiunto l’obiettivo che si era prefissata: la piena vaccinazione antiCovid, entro l’estate, per il 70% degli adulti.

nizzati. In Europa i regolamenti sulla privacy e un approccio più diffidente verso le cause farmaceutiche escludono questa strategia. Se da una parte si tratta di una tutela più incisiva rispetto a quelle offerte dal Prep Act degli USA, che prevedono la rinuncia alla proprietà intellettuale e un temporaneo scudo legale per le conseguenze dei farmaci. Dall’altra posticipa notevolmente l’inizio della distribuzione del vaccino. condizioni diverse

Non sempre però le stesse condizioni hanno uguale peso negli accordi. Nonostante i test preliminari condotti sulla popolazione da diverse case, il Sudafrica ha ricevuto ad oggi ancora poche dosi. La presenza di catene di produzione in un dato Stato poi non lo rende necessariamente proprietario delle dosi. Per esempio, se per Londra il legame con Astrazeneca, multinazionale con sede al Cambridge Biomedical Campus di Cambridge, ha significato un’accelerazione dell’approvvigionamento, l’India deve esportare invece la maggior parte dei vaccini prodotti sul suo territorio. l’ema rallenta: serve cautela

Tra i motivi del ritardo europeo ci sono infine le cautele dell’Ema, l’agenzia europea del farmaco, nelle approvazioni. Studi maggiori però appaiono talvolta giustificati: il Cile ha vaccinato più dell’80% dei suoi cittadini con il cinese Coronavac, che - come risulta dai primi studi - non ha bisogno di essere congelato o mantenuto a basse temperature. Infatti il vaccino e la materia prima per la formulazione delle nuove dosi possono essere trasportate e refrigerate tra i 2 e gli 8 °C, le stesse dei vaccini antinfluenzali.

Il Cile, quindi, è il paese più efficiente del Sudamerica. Ma la diffusione delle varianti e l’immunità solo dopo la somministrazione di entrambe le dosi hanno riportato, dopo un periodo di riaperture, i contagi a un nuovo picco.

Il rischio sembra essere lo stesso in Ungheria di Viktor Orbán, unico finora tra gli stati europei ad utilizzare il vaccino di Sinovac, con verifiche autonome rispetto al resto dell’Unione Europea.

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ATTUALITÀ

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INFORMAZIONE

INFORMAZIONE

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ATTUALITÀ

SU SPOTIFY

Giornali e pandemia. Accanto un uomo che legge i giornali nella foto di Filip Mishevski su Unsplash. Sotto alcuni quotidiani nella foto di AbsolutVision su Unsplash

Da ‘Mo’ to’ spiego’

Podcast del Master Giornalismo Iulm

L’AVANZATA DELLE DONNE NEI GIORNALI Di Redazione Master Iulm _

Cataclisma informativo In Italia il 99% degli adulti ha cercato informazioni sull’emergenza sanitaria. Non era mai successo. La pandemia lo ha dimostrato: serve un giornalismo sempre più scientifico Di Viola Francini e Valeria De March _ La pandemia di Covid-19 ha avuto terribili conseguenze nel mondo della sanità e della salute pubblica, ha causato enormi danni economici. Ma ci siamo chiesti cos’è successo nel mondo dell’informazione? Quali sono stati i cambiamenti nel settore di chi produce news?

L’emergenza sanitaria ha rappresentato un importante banco di prova. Questo perché dal momento in cui il virus è stato riconosciuto in Europa, tutti hanno iniziato a leggere sempre più notizie con un solo scopo: conoscere il nemico. Secondo il 1° Rapporto Ital Communications-Censis, infatti, «50 milioni di italiani, pari al 99,4% degli italiani adulti, hanno cercato informazioni sulla pandemia». Non era mai accaduto prima.

giornalisti impegnati a garantire una copertura informativa dell’emergenza sanitaria, tentando di arginare la disinformazione e la psicosi che il virus aveva causato nella popolazione. A fronte di tale necessità è emerso il basso livello di conoscenza su temi scientifici da parte dei giornalisti, che hanno lasciato la parola direttamente a fonti istituzionali, scienziati ed esperti, rinunciando di fatto al ruolo di mediazione da loro da sempre esercitato e rivendicato. A ciò si è aggiunta poi la difficoltà nel descrivere e contestualizzare i dati da parte del mondo dell’informazione. Non dimentichiamo che proprio dai dati dipendevano le decisioni in materia di pandemia e l’incapacità di interpretarli correttamente ha fatto sì che le notizie diventassero spesso imprecise e poco affidabili, determinando così un calo della fiducia nei mezzi di informazione da parte

dei lettori. questione di fiducia

Che la fiducia nei confronti di giornalisti e mezzi di informazione sia scarsa non è una novità. Ma il deficit informativo creatosi durante la situazione pandemica si è tradotto in un ulteriore calo da parte degli utenti.

Una ricerca pubblicata ad aprile 2021 dall’Istituto Reuters mostra come sia cambiato l’approccio nei confronti delle testate di riferimento. Il legame diretto tra stato di salute e informazione ha portato gli utenti a dare un peso diverso alle informazioni che ricevevano. In particolare, si è sottolineato come il rapporto di fiducia utente-informazione passi attraverso la familiarità che si ha con il brand informativo.

Da qui, se a diffondere informazioni false o poco precise è la testata di riferimento è come

la reazione dell’informazione

Gli outlet informativi si sono trovati a rivestire una posizione centrale nel dibattito pubblico e politico in quanto rappresentavano uno snodo fondamentale nella circolazione delle notizie.

Dalla stampa passavano le regole per evitare il contagio, gli aggiornamenti sulla diffusione della pandemia, le informazioni sui danni causati dal virus. Leggendo i giornali si cercava un modo per difendersi e gestire le attività lavorative o personali. Attorno a questi temi si sono aggregate le comunità locali, provando a capire cosa significasse diventare zona rossa o quali spostamenti fossero concessi. I giornali si sono rivelati quindi una componente fwondamentale per la tenuta dei delicati equilibri sui quali si fondano la società e la vita collettiva.

Ma la vera sfida è stata quella che ha visto i

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DIGITAL NEWS REPORT 2021

Ma gli italiani si fidano di più delle notizie Secondo il Digital News Report 2021 dell’Istituto Reuters la pandemia ha aumentato il desiderio di informazioni attendibili con alcuni brand che hanno beneficiato in termini di maggiore fiducia, ottenendo pubblico extra significativo anche sull’online. In Italia la fiducia nelle notizie è cresciuta quest’anno dell’11%, con il 40% della popolazione che si ritiene soddisfatta delle informazioni che trova, online e sui giornali. Ansa - si evince dallo studio - è il primo brand di informazione per affidabilità. L’agenzia di stmpa conquista la fiducia dell’82% degli italiani. Al secondo posto Sky Tg24, seguita da Il Sole 24 Ore. Online Tg Com 24 spariglia tutti: è il sito di news italiano più letto. La fruizione di notizie online (76%) e Tv (75%) rimane stabile e alta. Online, però, solo il 13% paga per le notizie. E gli italiani sono sempre più dipendenti dagli smartphones, con il 68% della popolazione che usa il telefono per le news (rispetto al 25% nel 2013).

se si rompesse il legame personale che il lettore aveva precedentemente creato.

Professionalità e capacità di approfondimento sono le qualità maggiormente ricercate nei media. Questo va a scontrarsi con quello che invece i lettori sembrano ricevere, al momento attuale, dagli organi dell’informazione come una sensazione di ripetitività e mancanza di contatto con la vita quotidiana. caso italia

Il caso Italia, all’interno del cataclisma informativo, non fa che riprodurre quelle dinamiche tipicamente italiane di intreccio tra informazione e politica. La mancanza di intermediazione e di collaborazione tra governo e mezzi informativi ha portato il giornalismo a rappresentare uno strumento per sondare l’opinione pubblica, piuttosto che per formarla.

Al momento della creazione delle bozze dei D.p.c.m. era solito inscenarsi un insolito teatrino: da una parte, il giornalismo italiano al bivio tra dovere di cronaca e accuratezza, dall’altra la politica, che approfittava del dubbio per sondare le reazioni dell’opinione pubblica dei nuovi provvedimenti.

Questo non ha fatto che mettere in luce il livello di inquinamento informativo in cui versa l’Italia e ha sottolineato quanto la sanità dell’informazione influisca sulla salute e la gestione pubblica. Il binomio giornalismo e pandemia non ha funzionato. È vero, nessuno era pronto ad una necessità informativa del genere nel mondo della comunicazione, ma l’errata narrazione di numeri e dati racconta bene il modo in cui è stata fatta informazione nell’ultimo anno. Un limite frenante che non ha permesso uno sviluppo del rapporto tra cittadini e news, piuttosto un aumento della lacuna di fiducia.

Quanti sono i giornali diretti da una donna?

Molto pochi a dire il vero, anche se qualcosa si muove. A partire dal primo giugno per esempio il Washington Post, prestigioso quotidiano americano con 144 anni di storia e di proprietà del tuttofare Jeff Bezos, sarà diretto da Sally Buzbee, 55 anni e già vicepresidente dell’Associated Press, l’agenzia di stampa con la quale per anni ha raccontato le guerre in Medio Oriente e le elezioni di Barack Obama e Donald Trump. Un ritorno al passato, tra l’altro, per Buzbee, visto che nel 1995 era anche stata vicecapo del Washington Post, dove era rimasta fino al 2004. Adesso prenderà il posto di Martin Baron, in pensione dalla fine del febbraio scorso, dopo otto anni alla guida del quotidiano e dieci Pulitzer in bacheca, tra cui quello del 2003 per il reportage uscito sul Boston Globe relativo allo scandalo degli abusi sessuali nella chiesa cattolica di Boston.

Sì, proprio quello del film “Il Caso Spotlight”.

del giornale. Una nomina sorprendente se vogliamo: il Giappone è infatti uno dei paesi più conservatori e meno femministi tra quelli avanzati. Ma il presidente del gruppo editoriale Tsuneo Kita ha rafforzato la sua scelta: «Era ora di aprire un nuovo capitolo», le sue parole. qualcosa si muove

Direttrici anche Rashida Jones a MsNbc e Kimberly Godwin all’Abc News, la prima donna afro-americana a guidare i telegiornali di un grande network. Il cambiamento, seppur a rilento, è comunque in atto già da più di un decennio. Nel 2003 Rebekah Mary Wade diventò la prima donna a dirigere il quotidiano inglese The Sun, dove rimase fino al 2009. Zanny Beddoes, una delle voci più influenti nel giornalismo finanziario, nel 2015 passò alla storia come la prima caporedattrice dell’Economist dopo 177 anni di storia. in italia

E in Italia? L’European Journalism Observatory ha La decisione del giornale condotto nel 2018 un’analisi americano di dare questo In Italia su dedicata al rapporto tra donruolo di spicco in mano a una ne e giornalismo nei giornali donna arriva dopo quelle di 594 firme del Bel Paese: su un totale altre testate di grande livello solo il 21% di 594 firme il 63% erano come la Reuters, che dopo maschili e il 21% femminili. Ai 170 anni di storia a inizio sono femminili vertici dell’informazione, le 2021 ha messo alla direzione european journalism observatory poltrone più importanti sono l’italiana Alessandra Galloni occupate da donne solo nel (in foto) , con già un passato 21% dei casi, contando non di otto anni proprio dentro solo i quotidiani, ma anche i la storica agenzia di stampa settimanali e i mensili. Perché se si guardasse britannica, prima come direttrice editoriale solo ai quotidiani, la percentuale scenderebbe per il Sud Europa e poi come direttrice delle praticamente fino allo zero. Una di queste è notizie internazionali, Ora avrà il compito Agnese Pini, che dal 2019 dirige il giornale di guidare uno staff mondiale di circa 2.450 fiorentino “La Nazione”. Un’altra è Norma giornalisti, compresi 600 fotoreporter sparsi Rangeri, ai vertici del Manifesto dal 2012. Ma in 200 località del mondo. solo il 30% dei caporedattori, il 38% dei caposervizio e il 46% dei redattori è donna. Da che è ora di aprire un nuovo capitolo cosa dipende tutto questo? Abilità? Merito?

Una scelta, quella della Reuters, sulla scia di Flessibilità? Per le tv il discorso non cambia e quanto già fatto l’anno prima dal Financial anche che su venti Ordini Regionali dei GiorTimes, giornale - dal 2015 proprietà dell’ente nalisti, solo in quello del Lazio la presidenza è giapponese Nikkei – affidato alla direzione in mano a due donne. di Roula Khalaf, la prima donna a occupare l’ufficio più importante in 131 anni di storia un’italiana per la reuters

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Sovranismi e populismi. Donne con la bandiera dell’Ue presa da Unsplash

Sovranismi e populismi. Leader della Lega Matteo Salvini con il Premier ungherese Viktor Orban e quello polacco Mateusz Morawiecki in una foto di AFP

Sovranismi e populismi la svolta Ue non decolla Dopo l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi, Salvini e Meloni devono decidere da che parte stare. Nella Lega, col ministro Giorgetti, qualcosa si muove. Ma sulle alleanze a Bruxelles il Carroccio rimane ambiguo

Sovranismi e populismi. Un primo piano della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni

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GENNAIO LUGLIO 2021 2016

Di Carolina Zanoni e Francesco Puggioni _ Negli ultimi mesi il sovranismo di Matteo Salvini ha provocato (apparenti) colpi di scena: dall’entrata al governo nell’esecutivo Draghi fino al manifesto dei conservatori del luglio scorso, passando per l’ammissione della coesistenza di due anime - sovranista e istituzionale - all’interno del partito. Abituati sì ai cambi di opinione del segretario leghista, il Carroccio si è più volte trovato nelle scorse settimane a giustificare le scelte che l’hanno visto talvolta tendere la mano ai più moderasti europeisti, talvolta tornare a corteggiare nostalgicamente i più intransigenti conservatori.

Un fronte diviso tra i sostenitori della linea pragmatica - e convintamente europeista - del ministro Giancarlo Giorgetti, e i fedelissimi di Salvini.

Se da un lato molti si sono stupiti - forse traditi - per la mossa del leader della Lega di aderire all’esecutivo di Draghi, dall’altro alcuni sono pronti a scommettere che non si tratta di una svolta o di una contraddizione.

In fin dei conti l’ex ministro dell’Interno, pur avendo deciso di non far parte dell’opposizione come Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia eletta un anno fa presidente dei conservatori e riformisti europei (Ecr), è sempre rimasto in contatto con i due leader più estremisti del vecchio continente.

salvini, orbán e morawiecki

Due su tutti, l’ungherese Viktor Orbán, già espulso dal troppo moderato Ppe, e il polacco Mateusz Morawiecki.

In particolare compare convintamente la firma del leader leghista alla Carta dei valori, un manifesto dell’anti-europeismo sottoscritto anche da Meloni, Orbán, Marine Le Pen, gli ultraconservatori polacchi e i nostalgici del franchismo di Vox. Sono queste le forze che, di fatto e ancora oggi, rappresentano l’opposizione all’attuale esecutivo europeo. A tenerle unite un comune sentimento di denuncia delle strutture politiche e delle leggi che rappresentano, secondo i conservatori, una concreta minaccia di trasformazione culturale e religiosa

Sovranismi e populismi. Una manifestazione a favore dell’Unione Europea da Unsplash

GENNAIO LUGLIO 2016 2021

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del continente.

Se dunque sul fronte europeo Salvini e Meloni sembrano schierarsi dalla stessa parte, in Italia - com’è noto - si trovano a remare in direzioni opposte. Non basta la frequente rassicurazione dei due, preoccupati spesso di dichiarare che fanno e faranno fronte comune, alle rispettive truppe elettorali. la svolta su draghi

L’ASSE CON BRUXELLES

I cittadini si fidano ancora dell’Ue Gli italiani hanno ancora fiducia nell’Unione Europa. O quantomeno così sembra analizzando i risultati del sondaggio Ipsos “Futuro ed Economia Circolare”, a cura di Conou, Legambiente ed Editoriale Nuova Ecologia presentato a Roma durante l’EcoForum 2021. Il 73% dei cittadini intervistati è soddisfatto del Recovery Fund del Pnrr, il suo piano attuativo, ritenendolo una buona occasione per un rilancio ‘green’ dell’economia. Il 47% degli italiani pensa che debbano essere investite risorse per la riconversione degli impianti industriali obsoleti, per il 36% occorre incentivare le aziende impegnate sulla economia circolare e per il 39% sostenere la ricerca.

Rispetto a novembre dello scorso anno, la percentuale di chi non è convinto sulla direzione intrapresa dall’Italia scende, a maggio 2021, dal 60% al 52%, mentre sale dal 22% al 26% quella di chi esprime una percezione positiva. Per quanto riguarda la valutazione degli italiani relativa alla situazione economica del Paese, misurata su una scala di voti da 1 a 10, il 52% esprime un giudizio abbastanza negativo (+ 3 punti percentuali rispetto a novembre 2020), il 29% un giudizio molto negativo (ma con un calo di 7 punti) e il 10% un giudizio positivo. Per quanto riguarda il giudizio complessivo sulle istituzioni del Paese, infatti, oltre la metà degli italiani dichiara di non avere fiducia nelle istituzioni, mentre il 42% esprime una valutazione positiva.

Ai primi tre posti della classifica figurano istituzioni di garanzia: la Polizia (65%), i Carabinieri (64%), le Forze Armate (63%). La quarta posizione è occupata da un’autorità spirituale: Papa Francesco (58%) e ad appena un gradino di distanza (57%), la Guardia di Finanza, la Scuola e l’Università. Nonostante un giudizio complessivamente positivo degli italiani sull’Ue, solo il 33% dichiara di avere fiducia nella Bce.

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L’ultimo esempio in ordine temporale riguarda la legge di Bilancio: il rapporto da un lato coalizzante, dall’altro concorrenziale confonde sempre più la posizione del partito di Salvini in Europa.

L’uomo che ha spesso dipinto Bruxelles come un covo di burocrati obbedienti al solo dio dell’austerità, è arrivato in meno di un anno ad appoggiare uno dei presidenti del Consiglio più convintamente europeisti, l’ex governatore della Banca centrale europea Mario Draghi, figura spesso osteggiata dai promotori dell’”Italexit” e dello scetticismo comunitario più estremo. Dalla parte opposta, oltre il limes della maggioranza, svetta il vessillo di Fratelli d’Italia. Un’opposizione su tutta la linea al governo insediato lo scorso febbraio. Ma nonostante i sondaggi incoraggianti degli ultimi mesi, il peso del partito di Meloni in parlamento è piuttosto modesto.

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centrodestra (dis)unito

Così, mentre si moltiplicavano le dichiarazioni di facciata per predicare all’opinione pubblica un’ideale soluzione di continuità e unione all’interno dell’universo di centro destra, gli attori principali della coalizione si allontanavano sempre di più. E l’elettorato, messo alle strette tra i due amanti in fase di rottura, fluttuava, sancendo una prima provvisoria vittoria nei sondaggi a Giorgia Meloni su Matteo Salvini sotto il sole rovente di luglio.

Il tutto mentre la coalizione arranca anche sulla scelta dei candidati da presentare alle amministrative di ottobre, dove il centrosinistra potrebbe far ‘man bassa’, quanto meno nelle grandi città dove si vota, come Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. frizioni interne

Un campanello d’allarme che al leader del Carroccio deve aver suonato forte e chiaro in mente e lo ha probabilmente condotto a vestire i panni del dissidente, mettendo in discussioni le sue precedenti scelte. Un’evoluzione che, nel corso dei mesi, si è tramutata in pericolosi viaggi ai confini del governo e ritorno, con i profili istituzionali della Lega, in particolare Giorgetti. Fatto sta che, nonostante i continui cambi di fronte, il Carroccio non ha mai ricucito definitivamente quel cocente sorpasso estivo nelle intenzioni di voto. Meloni galoppa nei sondaggi, e la sua crescita sembra inarrestabile.

POLITICA

Ma l’Italia è più europeista La fiducia nei confronti dell’Ue sale dal 28 al 44% in meno di un anno. Draghi premier è l’ultimo passo di un percorso già avviato. E anche la Lega si trasforma Di Alessandro Bergonzi e Luca Carrello Atlantismo ed europeismo. Sono le due parole chiave utilizzate dal Presidente del Consiglio Mario Draghi durante il discorso per la fiducia al Senato. Ebbene, l’arrivo dell’ex presidente della BCE non segna - per l’Italia - un’inversione di tendenza verso una più convinta adesione all’UE. Rappresenta, piuttosto, l’ultimo passo - in ordine cronologico - di un percorso di maturazione già avviato, di cui il trasformismo della Lega costituisce il segnale più evidente. un’italia più europeista

la linea meloni

La sede della Commissione Europea

Sembrerebbe fin qui che la vicenda racconti di un’azzeccata decisione della leader di Fdi, ossia quella di rimanere all’opposizione del carrozzone che sostiene Draghi. Eppure anche i fuochi d’artificio per Meloni, sembrano ormai terminati. E l’ambiguità sui diritti civili, sulla gestione della pandemia, sui vaccini e i dubbi su eventuali pass sanitari, non sembrano essere atteggiamenti in grado di molteplicare i consensi. Anzi. Con il risultato che, tra una Lega in cerca d’identità (e nuovi leader?) e Fratelli d’Italia incapace di capire fino in fondo che l’elettorato conservatore non coincide con le piazze no vax, anche la destra sovranista sta mostrando tutte le sue crepe. quirinale banco di prova

Mario Draghi e Ursula von der Leyen

Viktor Orban

LUGLIO 2021

Il rinnovo del presidente della Repubblica previsto per il prossimo anno sarà il banco di prova ideale per testare la compattezza del centrodestra e l’orientamento nei confronti dell’Europa. Sostenere convintamente per il Quirinale un ex presidente della Bce come Draghi, potrebbe rappresentare, per la Lega, l’ultimo tassello di un processo di svolta e di avvicinamento verso Bruxelles.

Per Fratelli d’Italia, invece, la possibilità di tornare al voto anzi tempo, proprio ora che il partito vola nei sondaggi. E nel mezzo, tra Salvini e Meloni, si posiziona Forza Italia e il suo leader Silvio Berlusconi. Il Cavaliere, non è un mistero, sogna il Quirinale e sottolinea costantemente il ruolo moderato degli azzurri nella coalizione, unica forza del centrodestra che al momento si può realmente definire europeista.

L’Italia, infatti, è più europeista. Lo rivela l’Eurobarometro, lo strumento con cui la Commissione saggia l’opinione degli europei nei confronti dell’Unione. Ora, l’edizione 94 Mario Draghi. Ex presidente Bce, attuale premier italiano. @WorldEconomicForum del sondaggio, condotta tra il 12 febbraio e il 18 marzo 2021, la un senso di appartenenza banche nazionali. Questo ha permesso che gli Per il 60% mostra una sensibile crescita all’Europa in salita, dall’altro Stati dell’Eurozona, nonostante la crisi e nodegli italiani della fiducia degli italiani nei evidenzia come una grossa nostante l’austerità imposta dalla Commissioconfronti dell’Europa, salita al fetta della popolazione non ne europea, potessero contare sulla liquidità Draghi 44% rispetto al 28% dell’estate approvi la scelta europea. emessa dalla Banca centrale, vitale per evitare ha le giuste doti scorsa. Tale rimbalzo è ancor Ecco perché diventa cruciale il definitivo fallimento pubblico. Queste sue più sorprendente visto che è il ruolo assunto dal premier manovre gli hanno garantito la stima delle per guidare il Paese avvenuto in un periodo partiDraghi, figura chiave per un istituzioni europee, ma con il passare del temcolarmente critico della camsempre più convinto europeipo anche la riconoscenza degli elettori, con il pagna vaccinale, arenatasi a causa dei ritardi smo.

60% degli italiani che, secondo i dati di Demonella consegna delle fiale. In realtà, gli errori polis, gli riconosce le giuste doti tecniche e pocommessi nella negoziazione dei vaccini non la svolta con draghi litiche per guidare il Paese. hanno scalfito la fede nell’Ue. Il presidente del Consiglio, infatti, ha consenSemmai l’opposto, perché per l’87% del camtito anche a buona parte dell’elettorato euroun profilo non ideologico pione andrebbero forniti maggiori strumenti scettico di guardare alle istituzioni dell’UnioDel resto, come sottolineato dall’economista all’Unione per contrastare future crisi di quene con occhiali diversi. Mario Draghi, quando Giampaolo Galli: «Draghi è una persona pragsta portata. nel 2011 è stato chiamato a ricoprire il ruolo matica, che raramente si esprime in termini di presidente della Banca centrale europea, ha ideologici. Fu il protagonista delle privatizzala risposta dell’ue alla pandemia attuato politiche monetarie non convenzionazioni negli anni Novanta perché quella era la Se la risposta sanitaria al Covid-19, dunque, li di stampo keynesiano contrastando quella cosa da fare allora, non perché sposasse un’ipuò essere considerata come il primo ingrepolitica del rigore per cui l’Ue era tanto mal deologia liberista». E in un Italia sempre più diente di un rinnovato europeismo, il secondo vista in Italia. L’ex governatore della banca d’Ipost-ideologica questo sembra piacere. va ricercato nella ricetta scelta dall’Europa per talia, grazie alle proprie decisioni, si è innanziInoltre, visto lo stretto legame tra il presidente fronteggiare l’attuale crisi economica. Il sontutto assicurato la fiducia dei mercati finanziadel Consiglio e l’amministrazione democratica daggio lo dimostra: per il 66% degli intervistati ri pronunciando il famoso discorso Whatever statunitense, con Mario Draghi l’Italia è stail Next Generation EU è un piano efficace. it takes, con cui ha comunicato l’intenzione di bilmente all’interno della Nato. Tuttavia, se a Si comprende allora cosa abbia spinto il 59% salvare l’Euro ad ogni costo.

Washington questi rinnovati spiriti atlantisti degli italiani a sentirsi cittadino dell’Unione. ed europeisti rappresentano una lieta novità, Dato in forte crescita rispetto al 48% dell’estagli italiani si fidano a Berlino, dove prevale la voglia di autonomia te 2020, anche se lontano dal 74% della media Successivamente, modificando radicalmendagli Stati Uniti e ci si sta organizzando per il UE. te le classiche politiche monetarie della Bce, dopo Merkel, la svolta italiana non viene visL’Eurobarometro, infatti, se da un lato riveha delineato un ingente piano di prestiti alle suta con altrettanto entusiasmo.

LUGLIO 2021

Mateusz Morawiecki

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Sfiducia in piazza. A sinistra un gilet giallo @Koshu Kunii su Unsplash. Sotto un gruppo di giovani manifestanti @tito_la_star su Unsplash

La sfiducia che fa scendere in piazza Non solo i francesi sanno fare la rivoluzione. Cortei, fiaccolate e proteste: le istituzioni sono sempre più scollate dal popolo. E la rabbia monta tra i cittadini

Di Giulia Taviani _ Solo i francesi sanno fare la rivoluzione. E non perché non si fidino del proprio governo, ma perché, a quanto pare, si fidano di più dei propri concittadini. E non serve tornare necessariamente alla fine del 1700 per notarlo.

Il 17 novembre 2018 migliaia di persone, stanche di urlare davanti alla televisione, si sono organizzate attraverso i social network e sono scese in piazza con indosso un gilet giallo per chiedere riforme effettive. Si protestava per l’aumento del carburante e per la crescita della disuguaglianza sociale. Il tutto non è durato un weekend o due, ma mesi e mesi, tanto da tornare in occasione della festa del primo maggio 2021. A tre anni di distanza. E non invano, visto l’annullamento dell’imposta sui carburanti e la moratoria di sei mesi sulle variazioni di prezzo di gasolio e benzina concessa dal governo.

E l’Europa trema, ma non solo per colpa dei francesi. Moti rivoluzionari, proteste, ribellioni, fiaccolate in piazza.

In Italia, nonostante la fama di essere un popolo insoddisfatto della propria situazione politica, i cittadini raramente decidono di scendere a protestare, o almeno non con tale costanza e passione dei nostri vicini di casa. la lotta della catalunya

Nel 2020 Quim Torra, ex presidente della Generalitat de Catalunya, è stato condannato per non aver rimosso, un anno prima, uno striscione a favore dei leader indipendentisti. Siamo in Spagna, nella regione famosa per la bella Barcellona, che, come un vero Stato, oggetto del desiderio, ha conosciuto la lotta per l’indipendenza.

Nel 2014 la popolazione della regione affida il suo voto a un referendum informale: l’80% della popolazione conferma la volontà di ottenere l’indipendenza.

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Un sentimento che vive tra la popolazione della regione spagnola già da parecchi anni, al punto tale che molti dei suoi cittadini rinneghino anche la stessa lingue spagnola ostentando il proprio «dialetto» come quello ufficiale. «Illegittimo» la risposta della Corte Costituzionale spagnola, che accolse il ricordo d’urgenza presentato dal governo spagnolo presediuto al tempo da Mariano Rajoy. Come fidarsi di un parlamento che non ti riconosce?

Ci riprovano nel 2019, e questa volta i votanti a favore salgono di dieci punti percentuali, circa 2,02 milioni. Ancora una volta: «Non c’è stato un referendum per l’autodeterminazione della Catalogna», ha dichiarato Rajoy. Quel giorno intorno alle 9 del mattino, la guardia civile e

IN UNGHERIA

30mila al Pride La marcia anti-Orbàn Una legge che vieta “la propaganda sessuale” e decine di migliaia di persone che scendono in piazza per contestarla.

Al gay pride di Budapest, gli ungheresi protestano contro le politiche antiLGBTQ+ del premier Orbàn. All’inizio del mese di luglio, nel Paese entrerà in vigore una legge che vieta la libera espressione di genere. L’Europa ha risposto inviando una procedura di infrazione contro il governo di Orbàn bollando il nuovo provvedimento come “discriminatorio”.

Ma il premier ungherese ha annunciato un referendum sulla legge controversa, “per fermare Bruxelles come avvenne cinque anni fa sulla gestione dei migranti”. E il popolo scende in piazza.

la polizia si sono presentate davanti ad alcuni seggi in assetto antisommossa.

Si è parlato di 800 persone ferite, mentre il governo ha denunciato 12 poliziotti feriti e tre persone arrestate. il caso bielorusso

Più recente è invece quanto accaduto in Bielorussia, dove i cittadini nel 2020 sono scesi in piazza per protestare contro il presidente Lukashenko, rieletto per il sesto mandato consecutivo nell’agosto dello stesso anno. Una protesta rinominata come ‘rivoluzione delle ciabatte’ dopo che l’avversario alle ultime elezioni, Sergei Tikhanovskaya, lo ha soprannominato «lo scarafaggio», girando con una grande ciabatta attaccata alla macchina a simboleggiare la fine - non avvenuta - di Lukashenko.

Un sentimento che, in questo caso nel modo più assoluto, si basa su una mancanza di fiducia verso un governo che deve difendersi da accuse di corruzione e che deve adottare misure di sicurezza per la pandemia di Covid.

Ma soprattutto una protesta contro quello definito dai media come ‘l’ultimo dittatore d’Europa’, salito al potere nel 1994 dopo l’indipendenza dall’Unione Sovietica.

La cara e "vecchia" politica Sono i giovani a non avere fiducia nelle istituzioni, o viceversa? Si spende nel presente ma ci si dimentica di chi dovrà pagare i debiti in futuro Di Giulia Taviani _ Immaginate se alle prossime elezioni accanto a voi, in attesa di esprimere il proprio voto, vi fossero anche ragazzi di sedici anni. Un’idea non del tutto utopica se si pensa che questo già avviene in paesi come l’Austria o Malta.

O magari come in Estonia e in Scozia dove i 16enni possono votare solo nelle elezioni locali e quindi non a livello nazionale. Una proposta su cui è tornato in questi mesi anche il segretario del Pd Enrico Letta. sempre più lontani

la sfiducia verso chi governa

Dopo l’arresto dell’oppositore di Lukashenko, a diventare punto di riferimento per la popolazione bielorussa è stata la moglie, Svetlana Tikhanovskaya che a settembre 2020 chiedeva di «non accettare la legittimazione di Lukashenko perché non è legittimato agli occhi del popolo bielorusso. Hanno rubato i voti durante le elezioni». Ed ecco che, a conoscere bene la storia di ognuno, forse la frase ‘solo i francesi sanno scendere in piazza’ dovrebbe essere quantomeno modificata. Ma a delineare queste storie di rivoluzioni e lotte c’è un solo sentimento: la fiducia, che non c’è verso chi governa, ma affiora in mezzo ai cittadini.

Ma forse, prima di pensare ad abbassare ancora l’asticella degli aventi diritto al voto, bisognerebbe farsi un’altra domanda: come mai i giovani non votano più? Come mai non si fidano di chi sta alla guida del Paese?

Secondo uno studio Istat pubblicato a giugno 2020, risulta che tra il 2014 e il 2019 il numero di giovani dai 14 anni in su che non partecipano alla vita politica è passato dal 18,9% al 23,2%. Tra questi nel 2019 è stato calcolato che nella fascia d’età tra 14 e 18 anni è circa il 50% dei giovani a disinteressarsi completamente della vita politica del paese, circa dieci punti percentuali in più rispetto al 2014.

Per le fasce invece 18-19 e 20-24 la percentua-

le di disinteressati si aggira attorno al 25%. un senso di speranza

Ma come sottolinea il professore Alberto Mingardi in un episodio del podcast del master ‘Mo’ to’ Spiego’, il problema non è tanto quello di ampliare il diritto di voto ai più giovani, «bisognerebbe piuttosto concentrarsi su come restituire un senso di opportunità e di speranza a chi invece comincia a temere, forse per la prima volta nella storia, che nel prossimo futuro avrà un tenore di vita peggiore di quello di cui hanno goduto i propri genitori».

Ma quindi, qual è il vero problema di questa politica? Beh, un’idea potrebbe essere quella che nelle nuove linee guida per le future leggi e nelle bozze di gestione dei fondi europei, si pensa molto a come spendere oggi, a cosa rafforzare per il presente, dimenticandosi però di chi dovrà pagare il debito domani, ovvero i giovani. Ragazzi che ormai percepiscono lo Stato come un ente lontano, ancorato ai pensieri e alle lotte dei propri genitori e non animato da sentimenti futuri. la fiducia nella politica

«Io vedo giovani disaffezionati alla parola politica in sé perché probabilmente la vedono come molto lontana, - racconta Michele Schiavi, sindaco di Onore, un comune in provincia di Brescia, - ma al tempo stesso vedo anche tanti giovani che inconsapevolmente fanno politica. Perché quando un giovane sta attento all’ambiente o guida un’associazione, o tira fuori idee imprenditoriali innovative coinvolgendo gli attori del territorio, beh in quel caso sta facendo politica». Ed ecco quindi che forse, la fiducia da parte dei ragazzi verso il nuovo, il vecchio e il prossimo governo,

non sta tanto (o meglio, solo) nei contenuti, ma sta anche nel reciproco rapporto: è in primis la politica a non avere fiducia in loro. dare spazio ai giovani

«Lo stereotipo è sempre quello che i giovani siano necessariamente incompetenti - sottolinea Federico Lobuono, 21enne e fondatore della Giovane Roma - si dice che siamo la generazione chiusa in casa a giocare con la playstation, poi però quando ci impegniamo e ci diamo da fare ci dicono ‘eh ma dovreste stare a casa a giocare’. Mettiamo così, come la fai la sbagli».

Eppure, i leader di oggi sono relativamente giovani. Guardiamo a Luigi Di Maio che ha 34 anni e che è Ministro degli Esteri dal 2019. Ma anche Virginia Raggi che quando è diventata sindaco di Roma ne aveva poco meno di 40.

Così come Matteo Renzi, diventato sindaco di Firenze a 34 anni e Premier a 39 o Chiara Appendino, che nel 2017 a 32 anni è diventata prima cittadina di Torino. Ma non solo questi grandi nomi: due anni fa, in Italia, quattro ragazzi sui vent’anni sono stati eletti sindaci di paesi medio grandi. Perché il rapporto giovani e politica non è necessariamente irrecuperabile. «Io penso che l’errore di molti sia anche quello di cercare di porsi come rappresentanti delle nuove generazioni, - conclude Lobuono, - ma i giovani non hanno bisogno di qualcuno che li rappresenti, anzi penso che si possano tranquillamente rappresentare da soli. Hanno al massimo bisogno di qualcuno che gli dia la possibilità di ricavarsi uno spazio e di tirar fuori le proprie istanze. Penso anche che sia compito della politica fare in modo che i ragazzi rivedano le loro posizioni e che, soprattutto, tornino al voto».

GENNAIO LUGLIO 2016 2021

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GLOBAL

CULTURA

IL RINASCIMENTO DELLA CULTURA

SAN MARINO

QUANTO INVESTE L’EUROPA ITALIA La cultura come patrimonio al servizio del turismo Nel Pnrr italiano gli investimenti per la cultura sono inseriti all’interno del contesto molto più ampio, la voce «Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura». Nonostante lo stanziamento di 49,2 miliardi di euro, la parte destinata allo sviluppo del settore è molto inferiore.

Gli obiettivi sono «promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura».

Le linee d’intervento per il comparto sono dedicate principalmente al concetto di cultura come patrimonio al servizio dell’indu-

stria del turismo.

Le azioni che il governo cercherà di intraprendere con i fondi dell’Europa avranno l’obiettivo «di valorizzazione i siti storici e culturali» migliorandone la capacità attrattiva, la sicurezza e l’accessibilità dei luoghi.

Dunque, se le industrie del turismo e della cultura sono due tra i settori più colpiti dalla pandemia, gli interventi del Recovery Plan non si rivolgono direttamente e in maniera significativa al rilancio dell’industria culturale. In ogni caso la somma stanziata è di oltre 6 miliardi. Quasi la totalità, 4,2 miliardi, sarà investito per il rilancio del settore, mentre i restanti 1,4 miliardi sono finalizzati al «Piano strategico Grandi attrattori culturali», ovvero il finanzia-

EUROPA CREATIVA Da Bruxelles 2,4 miliardi per la cultura l’Ue punta sull’audiovisivo Europa Creativa è il programma dell’Ue per sostenere i settori creativi e culturali negli anni che vanno dal 2021 al 2021, con una dotazione finanziaria complessiva di 2.4 miliardi di euro. Gli obiettivi sono sostenere la creazione di opere europee e aiutare il comparto a sfruttare le opportunità dell’era digitale e della globalizzazione, promuovendo l’innovazione dell’industria audiovisiva.

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mento di 14 grandi progetti di tutela, valorizzazione e promozione culturale che vanno da Trieste a Palermo.

FRANCIA Oltre 110 milioni su occupazione e giovani Il «France Relance» prevede una dotazione complessiva pari a 100 miliardi di euro, di cui 2 miliardi di euro in cultura, il 2% del totale. Circa 614 milioni serviranno all’ammodernamento del patrimonio artistico e culturale.

Altri 426 milioni serviranno per il rilancio della creatività e e di tutto il mondo dell’arte. Con 113 milioni la Francia cercherà di sostenere l’occupazione artistica, rivitalizzare l’inventiva giovanile

e modernizzare la rete di istituti di istruzione superiore di cultura.

E nelle casse dei settori più colpiti arriveranno ristori da 428 milioni.

Infine 419 milioni saranno investiti per finanziare una futura strategia per tutte le industrie culturali e creative.

SPAGNA Un hub audiovisivo europeo da 200 milioni di euro Nel suo recovery “Espana Puede” - dalla dotazione complessiva di 69,528 miliardi di euro - la Spagna stanzia per le cultura l’1,2%, circa, pari a 825 milioni di euro. I progetti previsti sono rispettivamente la rivalutazione dell’industria culturale con investimenti per 325 milioni; la creazione di un hub audiovisivo europeo per 200 milioni e un piano di promozione del settore sportivo per 300 milioni, visto che la Spagna ha deciso di collegarlo alla la cultura.

GERMANIA Un miliardo per ripartire.

E il governo aiuta i galleristi Anche se la parola «cultura» nel Pnrr presentato i all’Unione Europea compare pochissime volte, a febbraio il governo tedesco ha stanziato un miliardo di euro per il rilancio dell’industria culturale, dopo quello già messo sul piatto lo scorso anno. In precedenza,

per venire in soccorso ad artisti e galleristi, l’esecutivo aveva anche deciso di aumentare il proprio budget - da 500 mila euro a 3 milioni di euro - destinato all’acquisizione di opere d’arte contemporanea.

La misura rientra nell’ambito del programma Culture New Start, con la quale la Germania prevede di comprare in tempi relativamente brevi 150 opere d’arte da gallerie, fiere e direttamente da artisti di tutto il paese.

PORTOGALLO 30 milioni di fondi alla Massachussetts university I portoghesi, nel loro piano denominato «Recuperar Portugal, Construindo o futuro», stanziano per la cultura 243 milioni di euro su 16,644 miliardi di euro totali, pari all’1,5%, circa, per il rilancio e la modernizzazione del settore.

Circa 93 milioni di euro verranno usati per dare impulso alla transizione digitale del settore, mentre 150 milioni serviranno alla rigenerazione e alla valorizzazione, anche in chiave turistica, del proprio patrimonio culturale. Il Portogallo - che tra l’altro è stato il primo Paese a presentare all’Ue il proprio Pnrr - ha una strategia focalizzata su due filoni generali: il primo punta a valorizzare la cultura come identità nazionale, il

secondo vede la cultura come un strumento di sviluppo economico.

REGNO UNITO 30 milioni di fondi alla Massachussetts university Nel Regno Unito, il governo vorrebbe investire nei prossimi tre anni 850 milioni di sterline - circa 990 milioni di euro - per aiutare il mondo della cultura.

Sono i primi numeri che iniziano a circolare, in relazione alla somma da destinare agli aiuti per il settore da inserire nel bilancio da presentare a ottobre.

Il governo vorrebbe sovvenzionare musei, gallerie, biblioteche e associazioni culturali locale. E potrebbe essere allungata l’estensione degli sgravi fiscali fino al 2024 per determinate organizzazioni e istituzioni artistiche. Al momento, sembra che la fetta destinata ai musei sia vicina ai 283,3 milioni di sterline all’anno – circa 329 milioni di euro – una cifra comunque inferiore ai 320 milioni di sterline – 371 milioni di euro – che sono stati eccezionalmente assegnati a musei e gallerie pubbliche lo scorso anno, in piena pandemia.

Il governo vorrebbe infine destinare più di 70 milioni sterline per sostenere le sedi espositive locali, e aiutarle a migliore le loro strutture digitali e architettoniche.

ARTE E SALUTE

In 2700 al concerto Covid-free

E i musei diventano hub vaccinali

A cura di Elisabetta Murina e Federica Grieco _

A cura di Elisabetta Murina e Federica Grieco _

Ballare fino alle prime luci dell’alba in una grande discoteca a cielo aperto. Alzare le mani al cielo, saltare e cantare a squarciagola ogni canzone che il dj sceglie con cura dall’alto della sua console. Tutto questo, dopo più di un anno di stop delle performance dal vivo, ritorna possibile.

In Italia l’evento test dell’epoca post pandemia è avvenuto a San Marino nella serata del 19 giugno.

Per la prima volta circa 2700 persone, compresi alcuni turisti stranieri, hanno partecipato ad un concerto covid-free. Le regole per accedere all’evento erano semplici e rigide: essere in possesso del Green Pass, il certificato che certifica l’avvenuta vaccinazione o, in alternativa, di un tampone negativo eseguito entro le 48 ore precedenti all’ingresso. Dieci giorni dopo The Vibes is on, questo il nome dato alla serata, i primi dati sul monitoraggio dei contagi hanno mostrato risultati incoraggianti: zero casi registrati tra i partecipanti.

Anche al di fuori del nostro Paese sono stati organizzati esperimenti di concerti e serate in discoteca senza distanziamento: la voglia di tornare a ballare era troppa.

Tutte con esito ampiamente positivo. Barcellona e Liverpool, le prime città che hanno progettato questa nuova tipologia di evento, sono diventate il modello di divertimento covidfree da imitare.

E l’Italia sembra aver preso la giusta direzione.

In Italia alcuni luoghi della cultura si trasformano in hub vaccinali. Il primo è stato il museo di Arte contemporanea all’interno del Castello di Rivoli, in provincia di Torino, inaugurato il 29 aprile e attivo fino a fine luglio.

Il giovedì, venerdì e sabato dalle ore 10 alle 16 nelle sale della mostra di Claudia Comte al terzo piano del Museo verranno somministrati i vaccini anti Covid-19. Le opere d’arte e la musica accompagnano le persone durante tutto il loro percorso all’interno del centro.

E per l’occasione l’artista Claudia Comte ha creato appositamente una nuova opera sonora - The Pattern That Connects 2021 composta con la collaborazione di Egon Elliut, diffusa negli spazi dove si somministrano i vaccini. Anche in Sicilia, la salute ‘incontra’ la cultura.

Il Museo Regionale di Messina, il Castello Ursino di Catania e il Museo Salinas di Palermo, grazie a un’iniziativa congiunta tra l’assessorato regionale alla Salute e quello dei Beni culturali e dell’Identità, hanno messo le loro sale a disposizione della campagna vaccinale.

Per tre giovedì di seguito, dalle 18 alle 24, sarà possibile recarsi negli hub vaccinali allestiti nelle tre aree museali, - con disponibilità di tutte le tipologie di vaccino - ed accedere gratuitamente all’interno per ammirare le preziose collezioni esposte. E ricevere la propria dose in un luogo d’arte e cultura dal fascino senza tempo.

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"Dobbiamo formare le donne del domani" Le tecnologie cambiano la società, ma senza inclusione scientifica il digital mismatch sarebbe sempre più marcato Intervista a Darya Majidi Ceo di Daxo Group Di Chiara Zennaro e Sonia Garcia _ In un report pubblicato dal Sole24Ore il 23 febbraio 2021 si apprende che vi sono state 2000 iscrizioni in più rispetto al 2019 in Italia alle lauree triennali STEM, ovvero Science, Technology, Engineering and Mathematics. Di queste 2000 matricole, la maggior parte sono donne. Ma ancora siamo ben lontani dal raggiungimento della parità di genere in campo scientifico. Perché è così importante che ci sia rappresentanza di tutte le soggettività che operano in questo ambito?

Darya Majidi, ceo di Daxo Group, una società di consulenza di Digital Transformation che supporta i propri clienti nel percorso di crescita della loro azienda, ci racconta perché è importante l’inclusività in campo scientifico ed economico e quanto siano fondamentali determinate competenze tecnologiche per l’empowerment femminile e non solo. che ruolo hanno le nuove tecnologie nel raggiungimento della parita’ di genere?

«Stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale. Le tecnologie abilitanti quali il mobile, il cloud, la robotica, l’intelligenza artificiale e l’internet of things stanno creando nuovi lavori, mentre altri spariranno. Un vero digital mismatch: milioni di posti di lavoro saranno

vacanti perchè mancano risorse qualificate. E per le donne il problema è ancora più grande, infatti si parla di gender digital mismatch: non studiando questo tipo di materie, si troveranno impreparate. I lavori tipicamente femminili spariranno e le donne devono essere formate e supportate per affrontare il nuovo mondo del lavoro». e le donne sono pronte ad affrontare questi cambiamenti?

«In ‘Sorellanza Digitale: Femminismo 4.0 tecnologico e inclusivo per una nuova alleanza tra donne e uomini’ (in vendita su Amazon) ho sottolineato che le donne in Italia purtroppo ad oggi, hanno poca consapevolezza, vivono in un contesto a loro ostile e si comportano come se le regole del gioco fossero alla pari ma non lo sono. Vivono in una situazione di scarsa autostima e di scarsa valorizzazione personale, pensando: «Se son brava se ne accorgeranno”, ma non è così, Le donne, se davvero vogliono farsi avanti, devono dare voce al proprio talento e alle proprie capacità. Dall’altra parte gli uomini devono avere consapevolezza che le donne non hanno le stesse opportunità che hanno loro. Nel libro ho utilizzato la metafora dell’ascensore: se c’è un ascensore che si apre l’uomo sale, non guarda chi c’è dentro. Noi donne no, controlliamo prima chi c’è all’interno e se non ci convince non saliamo e saltiamo il turno. come si supera questa situazione?

La cultura va combattuta, e grazie alla scienza si può fare. La rete ci dà la possibilità di creare una community e il movimento #metoo ne è un esempio. Questo è anche per colpa della nostra cultura. Da bambine ci dicono: «Fai la brava, stai attenta, stai al sicuro, non uscire», mentre agli uomini gli si dice: «Vai, spacca il mondo». Quindi è chiaro che fin da piccolini abbiamo proprio degli insegnamenti diversi».

lei è ceo di daxo group e daxolab, di cosa si occupano le sue aziende?

«Io sono un’imprenditrice tech, con una laurea in informatica, un master in strategia e governance aziendale e un master in leadership della Yale University. Le mie aziende si sono sempre occupate di digital transformation e di supportare le persone che lavorano nelle aziende. La digital transformation non è solo un problema di sistemi informativi ma è un cambio culturale, un cambio di paradigma. La Daxo Group è la mia azienda di consulenza e formazione in digital transformation, mentre la Daxolab, un’azienda controllata, è un acceleratore di startup innovative e un coworking.

Sono nate 15 di start up innovative da noi negli ultimi anni».

facciamo la ricerca della parola doctor su Google traduttore, ce la traduce come dottore. Se noi facciamo la ricerca con nurse, ce la traduce come infermiera. Automaticamente. Dentro Google c’è un bias. Se noi facciamo la ricerca Ceo di Google pagine e pagine solo di uomini.

Senza volerlo, perché chi ha creato questi dati non l’ha fatto apposta, ma rappresentando una fotografia della realtà, trasforma i dati della realtà in una regola». quale obiettivo si pone lei? e quale dovrebbero avere le nuove generazioni?

«La mia battaglia è una battaglia di rappresentanza, e vorrei che le tecnologie non siano più relegate nelle mani di pochi uomini bianchi.

Il potere e la sovranità tecnologica ad oggi l’hanno gli "Le donne non sanno Stati Uniti e la Cina. Quindi ci può raccontare qualch esperienza di discriminazione noi ci dobbiamo adeguare alle cosa è la nelle nuove tecnologie? piattaforme che ci forniscono sharing economy «Nella sua esperienza di donloro. Sarebbe bello se ci fosse na, ci può raccontare alcune dobbiamo supportare un movimento internazionale esperienze di discriminaziodi start up, organizzato dalle i loro percorsi ne ed esclusione nelle nuove donne per le donne. Perché tecnologie, di alcuni bias nei le automobili in circolazione di crescita" sistemi? a noi donne non piacciono, Mi sono resa conto che tutti perché i sistemi che usiamo questi sistemi di intelligenza artificiale e big li troviamo tutti scomodi e fatti male? Perché data possono essere molto pericolosi se non di fatto non includono le esperienze fatte dalgovernati nel modo giusto, possono essere ses- le donne. Questo è un problema di empowersisti o razzisti. È necessario che ogni passaggio ment, di leadership, bisogna creare un nuovo di controllo dell’intelligenza artificiale venga mondo. Questo è il concetto che vorrei le giocontrollato da un comitato che includa anche vani donne avessero in mente. Sono artefici le donne, le persone non bianche, le persone della loro vita. Le piattaforme di gig economy, con diverso orientamento sessuale o di diver- per esempio, esistono per creare posti di lavoso genere. Dobbiamo puntare sulla Diversity & ro. Invece le donne non lo sanno, non sanno Inclusion, altrimenti il loro punto di vista non che cos’è la gig economy, non sanno cos’è la viene incluso in questi sistemi. Dato che questi sharing economy. sistemi imparano dai dati che noi gli forniamo, Dobbiamo supportare le donne a pianificare se i dati sono dati biased o dati unconscious meglio i loro percorsi di crescita. Aiutarle ad biased, li replicano: si verifica quello che vie- avere le 3C: competenze, cuore e coraggio». ne chiamato garbage in e garbage out. Se noi

SUCCESSO FEMMINILE

Imprenditrici, manager e anche nello spazio ELISA PAGLIARANI

CRISTINA FOGAZZI

SAMANTHA CRISTOFORETTI

CHIARA FERRAGNI

Una laurea in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Milano, e diversi anni in Vodafone Italia, prima da stagista poi da Project Manager. Nel 2017 trova lavoro in Glovo, una startup di delivery nata 2 anni prima a Barcellona. Adesso Elisa Pagliarani, 32 anni, è la general manager di Glovo Italia. E i risultati si vedono, visto che nel giro di pochi anni la startup si è espansa in oltre 200 città del nostro Paese. E nel 2019 è stata anche inserita nella lista delle 100 donne italiane di successo dalla rivista Forbes.

Cristina Fogazzi è «L’Estetista Cinica». Nasce come blogger ma poi riesce a produrre i suoi primi prodotti per corpo e viso con il marchio «VeraLab» attraverso il suo shop online che porta lo stesso nome.

I suoi consigli di bellezza e il suo nuovo modo di approcciare alla cura del corpo la fanno diventare famosa sul web. Nel 2019 ha ottenuto più 28 milioni di euro nel 2019 vendendo creme e trattamenti. E nei primi due mesi del lockdown del 2020 ha fatturato 10 milioni di euro.

Dopo essere entrata nell’Aeronautica militare nel 2001, Samanta Cristoforetti - 44 anni, una laurea magistrale in ingegneria meccanica e una in scienze aeronautiche - è diventata la prima donna negli equipaggi dell’Agenzia spaziale europea.

Partita il 23 novembre 2014 per lo spazio dal Kazakhistan, è tornata l’11 giugno 2015, dopo 199 giorni, stabilendo il record di permanenza femminile in un sigolo volo fuori dalla Terra. Un primato superato in seguito da Peggy Whitson e Christina Koch.

Influencer, imprenditrice e designer. Chiara Ferragni, 34 anni, la prima fashion blogger ad apparire su una copertina di Vogue. Nel 2017 la rivista Forbes la incoronò come «l’influencer di moda più importante al mondo». Durante la pandemia lancia assieme al marito, il cantante Fedez, una raccolta fondi per l’ospedale San Raffaele per aumentare i posti letto delle terapie intensive. Da marzo a maggio 2020 hanno raccolto quasi 17 milioni di euro, divenendo il crowdfunding più grande d’Europa.

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La sfida del verde Adesso o mai più Proteggere l’ambiente senza frenare il progresso e il benessere sociale richiede un approccio nuovo. I soldi del Pnrr possono dare la spinta alla transizione ecologica, ma basterà?

AMBIENTE E DIGITALE

Di Priscilla Bruno _ Natura e uomo. Un binomio da sempre considerato contrapposto. Un’opposizione che ha caratterizzato il mondo occidentale e la sua cultura per diversi secoli. Ad oggi però questa distanza viene contratta, rendendo le due entità sempre meno separate. L’ambiente è ormai al centro delle nostre vite. Tanto che la rivoluzione verde e la transizione ecologica rientrano come una delle sei missioni del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.

«Proteggere il futuro dell’ambiente conciliandolo con il progresso e il benessere sociale richiede un approccio nuovo» ha dichiarato il Presidente del Consiglio Mario Draghi.

Approccio che, secondo il Premier, comprende la digitalizzazione, l’agricoltura, la salute l’energia e molto altro. «Sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane». la rivoluzione verde

Per il futuro si punta sulla natura. Photo by Geran de Klerk on Unsplash

Un mondo digitale. Photo by NASA on Unsplash

E sul digitale siamo indietro Un’infrastruttura tecnologica avanzata è indispensabile per lo sviluppo di settori come la scuola o la pubblica amministrazione, i trasporti e il mondo del lavoro. Così salveremo l’economia 21

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Oltre a concentrarsi sul digitale, il Pnrr è prodigo di riforme e investimenti che comprendono l’ambiente. Il digitale da solo non basta.

Il futuro di crescita, nei fatti, deve essere sostenibile. Per questo la seconda grande area di investimento per una ripresa accelerata riguarda proprio il verde. Sono 70, i milioni destinati a questo settore.

Il pilastro della transizione verde discende

Di Gianluca Brambilla _ Verde e blu. Ambiente e digitale. Sono questi i due ambiti su cui l’Italia – ma anche il resto dell’Europa – ha deciso di puntare per la ripresa economica post-Covid. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – il programma di investimenti messo a punto dal governo italiano –, le due voci di spesa più significative sono proprio la digitalizzazione e le politiche ambientali, per cui sono stati stanziati rispettivamente 48,7 e 74,3 miliardi.

Ma perché investire così tanto sul digitale?

Per colmare ritardi decennali, certo. E anche per restare al passo con le ultime innovazioni tecnologiche. Ma c’è di più. Un’infrastruttura tecnologica moderna e funzionante è condizione indispensabile per lo sviluppo di tutti gli altri settori: dalla scuola al mondo del lavoro, passando per i trasporti e la pubblica amministrazione. «È facile, quando si parla di digitale, parlare di fibra, cloud, 5G, identità digitale, telemedicina e di molte altre tecnologie sulle quali proponiamo di investire», ha dichiarato Mario Draghi in un suo discorso al Senato.

«In realtà dobbiamo ricordare per cosa la trasformazione digitale è essenziale per il nostro Paese: garantire eque opportunità a tutti. In particolare, ai giovani, alle donne e a chi vive in territori meno connessi». il covid e l’ambiguità del digitale

Dal 2014, ogni anno la commissione euro-

dallo European Green Deal e dal doppio obiettivo dell’Ue di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55 per cento rispetto allo scenario del 1990 entro il 2030. ecosistemi e rinnovabili

«Bisogna ridurre le nostre emissioni dell’8% annuo che ora è una cifra che abbiamo presente. Perché è esattamente la cifra di cui si sono ridotte l’anno del lockdown» sottolinea Vacchiano «Questo non significa che dobbiamo fare un lockdown ogni anno - prosegue - ma che dobbiamo favorire cambiamenti altrettanto radicali per riuscire ad ottenere risultati»

Il climatologo Giorgio Vacchiano ha commentato con noi il piano nazionale del governo, sottolineando come per certi aspetti dimostri il ministero della transizione ecologica che ripristinare e far funzionare meglio gli Una delle novità principali dell’esecutivo Draecosistemi è direttamente connaturato al loro ghi, è stata sicuramente l’introduzione del Mibenessere e alla loro produtnistero della Transizione ecotività. «Alcune voci di spesa logica. Questo assorbe tutte Tra il 2015 e il 2019 sono molto positive» racconta le competenze del Ministero il climatologo «Mi riferisco dell’Ambiente e gli vengono le emissioni di gas alla tutela di ecosistemi come attribuite le funzioni e i comserra dell’Italia i fondali, le coste marine o anpiti spettanti allo Stato relativi che alla rinaturalizzazione del allo sviluppo sostenibile e alla sono diminuite bacino del Po. Questo significa tutela e alla valorizzazione del 19 per cento far del bene al turismo costiedell’ambiente, del territorio e ro e all’esclusività dei nostri dell’ecosistema. mari».

«Rispetto al Ministero Secondo Vacchiano, altri aspetti sono stati in- dell’Ambiente che rimaneva una cosa a sé vece trascurati: «Non sono stati centrati, sono stante e residuale lontana dagli altri ministeri, troppo poco ambiziosi. Basti pensare all’e- notiamo una differenza» commenta il climatonergia rinnovabile, ai vettori energetici». Nel logo Giorgio Vacchiano «l’ambiente riguarda segmento dedicato alla Transizione ecologica, ogni cosa, tutto ciò che è intorno a noi e queil piano prevede fondi per l’installazione di 2 sto Ministero ha tale possibilità». Il messaggio gigawatt di fotovoltaico su terreni agricoli, al- positivo dunque risiede nel coinvolgere altri tri 2 gigawatt da comunità energetiche e au- settori dell’attività umana, instaurando una toconsumatori, 200 megawatt da impianti off- cooperazione stretta con altri ministeri come shore e di impianti per il biometano da 2,3-2,5 quello dei trasporti e delle infrastrutture o con miliardi di metri cubi. il Ministero dello sviluppo Economico.

pea pubblica le classifiche del DESI – Digital Economy and Society Index –, un indice che misura la digitalizzazione degli stati membri prendendo in esame cinque indicatori: connettività, capitale umano, uso di internet, integrazione delle tecnologie digitali, servizi pubblici digitali.

Nel 2020 l’Italia ha occupato il terzultimo posto tra i 28 paesi membri, davanti soltanto a Romania, Grecia e Bulgaria. A differenza degli altri anni, però, il Covid ha messo in luce una volta per tutte l’arretratezza del nostro paese nel processo di digitalizzazione. «La pandemia ha fatto molto male a qualcuno, ma molto bene ad altri», spiega Michele Bergonzi, professore di Comunicazione pubblica presso l’Università IULM. «Chi era pronto all’ondata della digitalizzazione si è trovato in vantaggio. Ho visto anche grande creatività da parte dell’industria editoriale e culturale, per esempio con i webinar, gli eventi in streaming e la condivisione dei contenuti online».

Se da un lato la pandemia ha confermato il divario digitale che separa l’Italia dal resto dell’Europa, dall’altro è stata anche un importante motore di cambiamento. «Ovviamente la pandemia è stata uno choc, ma ha avuto il merito di accelerare alcuni processi», commenta Bergonzi. «Non sempre la terapia d’urto è il modo migliore per innescare un cambiamento, ma in questo caso non avevamo alternative a disposizione. Spero che il processo di digitalizzazione venga vissuto come un’opportunità di crescita, non come un’imposizione.

ATTUALITA’

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il cambiamento climatico

L’Italia è particolarmente esposta ai cambiamenti climatici e deve accelerare il percorso verso la neutralità climatica nel 2050 e verso una maggiore sostenibilità ambientale. Ci sono già stati alcuni progressi significativi: tra il 2005 e il 2019, le emissioni di gas serra dell’Italia sono diminuite del 19 per cento. Ad oggi, le emissioni pro capite di gas climalteranti, espresse in tonnellate equivalenti, sono inferiori alla media UE. «È proprio il cambiamento climatico, che in questo ultimo periodo ci ha mostrato quanto l’ambiente e gli uomini siano in stretto contatto» sottolinea Giorgio Vacchiano «l’uomo può modificare i sistemi costitutivi del funzionamento e del nostro pianeta».

Negli ultimi anni, grazie a movimenti giovanili a difesa dell’ambiente e a personaggi come quello di Greta Thunberg, la consapevolezza del nostro rapporto con il verde è aumentata.

Una presa di coscienza soprattutto delle nuove generazioni, che sembrano le uniche, come dimostrano le piazze i cortei di protesta, ad aver veramente capito l’urgenza della situazione.

«Anche la pandemia ha influito. Molti hanno riscoperto il rapporto con il verde, con la natura, le passeggiate ma anche con il balcone o con un parco cittadino nel momento in cui tutto questo è venuto a mancare. Ci si accorge - conclude Vacchiano - come sempre succede quando non hai una cosa, che alla fine ti manca».

Un esempio è la didattica a distanza, che non ne del Pnrr è “Digitalizzazione, innovazione, basta che venga fatta a computer per definir- competitività e cultura”. Un’ulteriore prova si tale. Va ripensata e rimodellata con nuove del fatto che la modernizzazione delle inframodalità». strutture digitali e comunicative non è un proL’ultimo anno di pandemia è servito anche ad cesso fine a se stesso, ma serve ad ampliare i approfondire il legame che lega le nostre espe- canali attraverso cui il paese può esprimere le rienze quotidiane al mondo del digitale. «La proprie potenzialità. tecnica digitale è ambigua», sostiene Bergonzi. Il principale destinatario del pacchetto di inve«Da un lato è un ponte, perché ci avvicina, ma stimenti sarà la Pubblica amministrazione, per dall’altro è un muro, perché ci isola. Da un lato cui sono stati stanziati 9,75 miliardi. Ma la quota moltiplica le nostre possibilità, ma dall’altro li- più consistente sarà destinata alla digitalizzamita le nostre libertà e crea nuove dipendenze. zione del sistema produttivo, a cui andranno olAnnulla le distanze, ma rischia tre 24 miliardi. «L’Italia ha un di compromettere l’importantessuto industriale fatto in larNel PNRR za della presenza fisica». In ga parte di microimprese, che altre parole, sarebbe sbagliato sono rimaste indietro nel camla digitalizzazione fidarsi ciecamente del digitapo del digitale e con la pandecostituisce le. Il percorso di innovazione mia si sono accorte di questo tecnologica del nostro paese ritardo», spiega Bergonzi. una delle sei è un processo che ha bisogno «Stesso discorso anche per la missioni principali di essere studiato e governato, pubblica amministrazione, così da riuscire a dominare la dove per fortuna ci sono stati sua natura ambigua. ingenti investimenti pubblici negli ultimi anni». è tempo di nuove infrastrutture digitali Il resto dei fondi per la digitalizzazione sarà Nel Recovery plan presentato da Draghi lo destinato invece alla banda larga, al 5G e alle scorso aprile la digitalizzazione costituisce tecnologie satellitari. «Dopo la Seconda gueruna delle sei missioni principali del piano di ra mondiale i soldi pubblici vennero usati per investimenti. Come sottolinea Bergonzi, però, costruire strade e infrastrutture», conclude Ber«non è affidandoci al digitale che salveremo gonzi. «E sono contento che oggi si utilizzino l’economia. Da solo il digitale non basta, per- per costruire le nuove strade. Quelle fatte di inché è strettamente collegato al funzionamen- frastrutture digitali e integrazione dei servizi, a to di ogni ambito della nostra società». Ed è cui vanno aggiunti gli investimenti in capitale per questo che il nome completo della missio- umano».

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IULM NEWS

UNIVERSITA’

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Non è più solo calcio La nuova Superlega era un affare per pochi, saltato grazie alle proteste dei tifosi.

Ma Juve, Real e Barcellona non mollano. E la Uefa vorrebbe punirle Di Umberto Porreca _ La notte tra il 19 e il 20 aprile 2021 ha rischiato di rappresentare uno sconvolgimento epocale per il calcio come lo conosciamo. Proprio allo scoccare della mezzanotte, infatti, dodici club tra i più blasonati del mondo hanno annunciato la nascita della Superlega, alternativa alla classica Champions League. I dodici club noti come “fondatori” erano Milan, Inter, Juventus per l’Italia, Manchester United, Manchester City, Tottenham, Chelsea e Arsenal e Liverpool per l’Inghilterra, Real Madrid, Atletico Madrid e Barcellona per la Spagna. I propositi di questa nuova concezione di torneo erano chiaramente basati su presupposti economici prima che sportivi: una lega chiusa, senza retrocessioni, che sarebbe dovuta giungere a ospitare 20 squadre. Ad unirsi alle 12 fondatrici, infatti, avrebbero dovuto essere altre 3 formazioni, mentre 5 sarebbero entrate per meriti sportivi nei rispettivi campionati nazionali. Qui sorge uno dei maggiori problemi: questo modello di sport non è stato accettato in quanto lontanissimo dalla concezione europea classica. Il fatto che le formazioni fondatrici non potessero mai perdere il diritto di partecipare alla Superlega, e che fosse precluso l’accesso ad altri partecipanti oltre i 5 già

IN TRIBUNALE

Battaglia legale all’orizzonte Juve, Real e Barcellona insistono, mentre l’Uefa ha perdonato e riammesso le 9 pentite. Dovranno pagare insieme una multa simbolica da 15 milioni di euro da investire nel calcio di base e versare il 5% dei ricavi da competizioni europee in beneficienza. Promettendo anche da svincolarsi da future partecipazioni a tornei esterni a Fifa e Uefa. Ma la partita non è finita, con le parti che hanno promesso battaglia in tribunale. Le tre che resistono vorrebbero far valere la clausola da 150 milioni per chi avesse abbandonato la Superlega. L’Uefa, invece, vorrebbe punirle duramente.

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citati, ha portato le istituzioni del calcio, della politica e l’opinione pubblica a rigettare l’idea. interesse economico o sportivo?

A finanziare questa Superlega c’era la banca di investimento statunitense JP Morgan, che era pronta a investire 3.5 miliardi come incentivo iniziale. Una cifra che avrebbe dovuto essere divisa per i 12+3 club fondatori e sarebbe servita per migliorarli a livello infrastrutturale e societario. A livello economico l’obiettivo delle 12 era quello di giungere, nelle fasi iniziali dello sviluppo della lega, a un giro di affari di 10 miliardi di euro nel giro di pochi anni.

Nelle intenzioni c’era l’obiettivo di riversare parte di questi 10 miliardi di euro nel calcio di base, nel calcio femminile e nei settori formativi. Tuttavia, in seguito allo sviluppo della vicenda, il vero valore del contratto è venuto alla luce: a fronte dei 3.5 miliardi versati da JP Morgan, i club avrebbero dovuto restituire circa 6.1 miliardi in 23 anni con un tasso di interesse tra il 2 e il 3%. Oltre a ciò, la spartizione del finanziamento iniziale non sarebbe stata alla pari per tutti i club: Milan, Inter, Atletico avrebbero incassato il 3.8% della cifra, a fronte del 7.7% riservato agli altri partecipanti. In più, da contratto Barcellona e Real Madrid avrebbero ricevuto ulteriori fondi, circa 30 milioni a testa nelle prime due stagioni. la questione dei diritti tv

Per quanto riguarda un’altra massiccia “fetta della torta”, non si può che fare riferimento a quanto le televisioni avrebbero pagato per trasmettere questa Superlega. Questo punto in realtà non è stato ben chiarito, perché nessun broadcaster ha annunciato di aver acquisito i diritti relativi. In origine la più accreditata alla trasmissione sembrava Amazon, anche perché il sito ufficiale della Superlega è stato regi-

strato proprio su un dominio Amazon. Tuttavia, il colosso dell’e-commerce ha smentito immediatamente il proprio coinvolgimento nella vicenda ribadendo di essere interessato esclusivamente a trasmettere per i propri clienti e cioè la Champions League in Germania e in Italia e la Premier League nel Regno Unito. Il discorso del broadcaster è quindi caduto nel vuoto senza un effettivo sviluppo.

FONDATORE

Un giardino per Baridon A cura di Master Iulm _

la crisi della superlega

Le reazioni del mondo del calcio, ma anche di quello politico e dell’opinione pubblica, sono state a dir poco veementi. Nessuna federazione, ne nazionale ne internazionale, ha accettato la nuova competizione. I governi di vari paesi, con Francia e Regno Unito in testa, hanno accompagnato le proteste unanimi del mondo sportivo, affermando che qualunque arma in proprio potere sarebbe stata utilizzata per impedire lo svolgimento del torneo.

A dare un grosso contributo all’abbattimento dell’idea sono stati anche e soprattutto i tifosi inglesi. Numerosissimi supporter si sono riversati nei luoghi nevralgici dei rispettivi club per dire no. Tra i primi a richiedere l’abbandono i tifosi del Chelsea, che hanno avuto anche un incontro con Petr Cech, dirigente del club e leggenda blues, che li ha rassicurati e ha chiesto tempo per rendere effettivo l’addio. In seguito, la prima squadra a salutare è stato il Manchester City, seguito a grappolo dalle altre cinque inglesi e dall’Inter e l’Atletico Madrid.

A questo punto, rimaste solo in 4, le formazioni hanno tentato di fare muro ma hanno visto l’abbandono quasi immediato anche da parte del Milan. L’attuale situazione nasce proprio da qui, con una Superlega nei fatti smembrata dall’addio di 9 fondatori su 12 e con solo tre squadre che persistono nel loro intento: Real Madrid, Juventus e Barcellona.

TEDx. L’incontro tenutosi all’università IULM

Alla Iulm il piano B del TEDx Un evento in stile TED Show ma indipendente da quello californiano, per la prima volta in Università un incontro pensato per ripartire e affrontare le difficoltà della pandemia

Di Vittoria Frontini _ Le braccia sollevate a sostenere il peso di quella X rossa, simbolo di qualcosa (un incontro) che c’è stato (in presenza) e si è rivelato un successo. Di energia ne è stata spesa tanta da tutti e 20 quei giovani studenti IULM che con il loro impegno sono stati in grado di affrontare le difficoltà del caso (una pandemia con tanto di lockdown per esempio). Così è nato il piano di quel “Piano B” tema del primo TEDx organizzato dall’Università IULM sabato 22 maggio. il coraggio di reagire

E per chi potrebbe pensare che «Piano B» nasca dall’esigenza di fornire vie alternative all’anno e mezzo che ci siamo trovati a vivere si sbaglia: questo tema è stato scelto infatti quasi un anno prima, quando intorno a una pizza tra battute e bibite è uscita l’idea di organizzare per la prima volta questo Talk Show all’interno della Libera Università di Lingue e Comunicazione. Un evento in stile TED ma indipendente dal padre californiano nato 25 anni fa.

Perché piano B allora? Ma perché tutti almeno una volta nella vita abbiamo dovuto mettere in discussione noi stessi o le nostre idee e, per usare le parole degli organizzatori, questo incontro aveva l’ambizione di essere come «quella pacca sulla spalla di conforto con l’obiettivo

di rassicurare chi ha paura perché va bene, è normale ma bisogna avere anche il coraggio di reagire e andare avanti».

Così durante le 4 ore o poco più i 12 speaker sono riusciti a tenere tutti incollati sulle poltrone e tra sorrisi, commozione e curiosità abbiamo ascoltato la stravolgente forza di volontà di Emanuele Lambertini, atleta paralimpico di scherma, i racconti interstellari dell’Architetto spaziale Vittorio Netti in collegamento oltreoceano da una base di ricerca americana o ancora Nicolò Scala il Marketing Manager di Durex che ha parlato di sesso (sicuro ovviamente).Poi ci sono state le magie del prestigiatore Edoardo Ares (Studente Iulm) o ancora l’emozionante descrizione di un cielo blu incastonato di stelle nella lontana Afghanistan tra i difficili ricordi dell’Ex Ufficiale e ora Security Consultant Accenture Billy Steven Raffaelli. errori e rimedi

Ma poi non sono mancati esempi di quante realtà siano nate da sbagli o semplici fallimenti: Tiffany era una cartoleria, Nintendo prima di arrivare al successo con Super Mario Bros si è occupata di carte, riso, taxi e alberghi a ore mentre quanti di voi sapevano invece che Netflix è nata a causa di una ritardata consegna da Blockbuster? Errori e rimedi, piani A e scappatoie, piani B e piani C, D, E… Insomma prove e racconti concreti di come l’uomo, grazie alla sua ratio, abbia la possibilità di reinventarsi o ricominciare da capo.

L’Università Iulm ha restituito alla comunità cittadina un’area verde di 10 mila metri quadri. È il giardino intitolato a Silvio Federico Baridon, partigiano e cofondatore della Libera università insieme a Carlo Bo. Lo spazio è stato riqualificato e inaugurato il 17 giugno con una cerimonia, simbolo di ripartenza post riapertura.

Erano presenti il rettore della Iulm Gianni Canova, l’assessora all’istruzione del Comune di Milano, Laura Galimberti, e il figlio di Baridon, Federico.

UNIVERSITÀ

Ora c’è anche Libraccio A cura di Master Iulm _ «Aprire una nuova libreria dentro la Iulm è un grande segnale di ripartenza», sono le parole di Gianni Canova, rettore dell’Università Iulm che il 17 giugno ha inaugurato un nuovo punto vendita del Libraccio all’interno dell’Ateneo. A tagliare il nastro con lui anche Edoardo Scioscia, uno dei fondatori della catena di libri. Uno spazio di 80 metri quadrati dove studenti e cittadini potranno trovare libri nuovi, usati e ovviamente testi universitari.

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