Clarus - Marzo 2014

EDITORIALE

Verso la Pasqua del cuore di ALESSANDRA BUZZETTI, Vaticanista TG5

Questo mese le pagine di Clarus ospitano la firma di Alessandra Buzzetti, vaticanista del TG5.

Giornalista e scrittrice, la Buzzetti, ha seguito la Chiesa di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ora vive e respira la "rivoluzione" di Francesco: "È impressionante seguirlo da vicino", scrive, riferendosi alla passione con cui il Papa segue le vicende, i dolori, le attese degli uomini trasformando ogni suo sguardo in un gesto autentico di carità.

Piedimonte Matese. Alessandra Buzzetti, in occasione della presentazione del libro Tenacemente Donne (Edizioni Paoline), di cui è coautrice insieme a Cristiana Caricato

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alegria del Evangelio”: il segreto per essere felici, per il Papa, è tutto qui, nella letizia che accompagna la vita di chi ha incontrato Gesù. Il titolo originale dell’Esortazione apostolica di Francesco rende ancora più limpida la sorgente e più semplice la strada del rinnovamento profondo che il Papa chiede alla Chiesa.

E’ pressante, quasi impetuoso l’invito di Francesco a emanciparsi da tutto ciò che fa da velo alla missione per annunciare il cuore palpitante del Vangelo, fra gli uomini di oggi, così come sono. “Coloro che si lasciano salvare da Gesù sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento – scrive il Papa. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia” . Francesco mette in guardia i credenti dal rischio di accontentarsi di risposte illusorie al desiderio di felicità del cuore, trasformandosi in persone risentite, scontente, senza vita. In cristiani che vivono la Quaresima, senza

la Pasqua. Il Papa sembra suggerire un test esistenziale per capire se nel nostro animo domini la gioia della Resurrezione o la tristezza di una vita vissuta col freno a mano, imbrigliata in regole di cui si è persa la ragione: è la chiusura, l’autoreferenzialità di chi si accontenta di pettinare e accarezzare l’unica pecorella rimasta nell’ovile, invece di uscire a cercare le altre novantanove.

Francesco è il primo a dare l’esempio, ad andare fuori dal re-

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cinto per ritrovare le pecore più lontane e quelle smarrite a causa della povertà e dell’emarginazione. Le sue preferite.

Bisogna guardare in azione, oltre che ascoltare, questo Papa per capire cosa significhi quell’opzione preferenziale per i poveri, riaffermata senza tentennamenti nell’Evangelii Gaudium e che gli è costata l’accusa di essere un marxista da parte di alcuni ambienti ultra conservatori americani.

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Non è da cambiamenti strutturali, ma da un’esperienza così, dall’aver sperimentato la gratuità dell’amore di Dio che si può iniziare a costruire un mondo nuovo e più solidale, andando controcorrente in una società in cui la parola “solidarietà” sembra diventata una parolaccia

“L’ideologia marxista è sbagliata. Ma nella mia vita ho conosciuto tanti marxisti buoni come persone, e per questo non mi sento offeso” ha replicato senza scomporsi il Papa, ricordando che nell’Esortazione apostolica non c’è nulla che non si ritrovi nella Dottrina sociale della Chiesa.

“Dalla nostra fede in Cristo fattosi povero, e sempre vicino ai poveri e agli esclusi, deriva la preoccupazione per lo sviluppo integrale dei più abbandona2

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ti della società” scrive Francesco e spiega che l’inclusione sociale dei poveri è qualcosa di più che una politica sociale, perché è la prospettiva stessa del nostro vivere in società, l’aspetto che continuamente ci ricorda il motivo ultimo per cui esiste la comunità politica.

“Senza l’opzione preferenziale per i più poveri, l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone.”

E’ questa la forza della testimonianza di Papa Francesco, che colpisce e interroga anche chi non crede o ha abbandonato la Chiesa: la sua vita a dare carne alle sue parole.

E’ impressionante seguirlo, da vicino, nelle visite alle parrocchie di periferia , tra le famiglie che non arrivano alla fine del mese, eppure non rinunciano ad avere dei figli, tra gli immigrati che faticano a ritrovare le condizioni minime per una vita dignitosa, tra i disoccupati e i cassaintegrati, tra gli ammalati: è evidente che il Papa ha bisogno di “toccare la carne più sofferente di Cristo” per sentire su di sé la tenerezza unica delle carezza di Gesù per poterla portare agli altri. Non è da cambiamenti strutturali, ma da un’esperienza così, dall’aver sperimentato la gratuità dell’amore di Dio che si può iniziare a costruire un mondo nuovo e più solidale, andando controcorrente in una società in cui la parola “solidarietà” sembra diventata una parolaccia.

“Quante parole sono diventate scomode per questo sistema! – afferma il Papa - Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia.”

A essere sinceri, a chi non è mai accaduto di provare fastidio nei confronti di chi ci ricorda il grido di giustizia e dignità dei più sfortunati? Non è facile essere leali col proprio cuore e lasciarsi provocare fino in fondo quando incontriamo il bisogno di qualcuno nel pianerottolo di casa, non in periferie sperdute.

Quante volte resistiamo al cambiamento suscitato dall’incontro con chi chiede un aiuto!

La carità, il gesto semplice dell’elemosina che la Chiesa suggerisce in Quaresima è una grande opportunità per scoprire ciò di cui abbiamo davvero bisogno per vivere: la Pasqua del cuore… perché solo un animo lieto e colmo di gratitudine è capace di donare e di donarsi, contagiando l’ambiente che lo circonda.

Il cristianesimo non cresce per proselitismo – ha detto Benedetto XVI e ripetuto tante volte Francesco – ma solo per attrazione.

primopiano

Uno

sguardo

nel pozzo

della salvezza Signore

dammi

di quest'acqua

di EMILIO SALVATORE

Ogni anno ci è offerta una possibilità personale e collettiva di fare il punto sulle profondità della nostra vita...

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a Quaresima è un percorso di scavo in noi stessi, nelle ragioni che reggono il nostro agire, le nostre relazioni, la logica che tiene il mondo che ci circonda, quello sociale, culturale e politico.

Normalmente ci capita di incontrare due tipi di persone: quelle che vivono proiettate all’esterno, in una sorta di continuo stress da prestazione (mamme e papà; studenti e vacanzieri; peter pan alla ricerca di continue emozioni e depressi pronti a trovare motivazioni per giustificare il loro man.3

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lessere); poi ci sono quelli che invece hanno imparato a scavare dentro di sé, a trovare la forza per guardarsi interiormente e vedere in sé riflesse le cause di tante distorsioni che ci sono nel mondo.

La Quaresima ci invita a diventare come questo secondo tipo di persone.

Ecco allora il percorso suggerito dalle letture delle domeniche come un grande itinerario di trasformazione della nostra vita.

Sieger Koder, Samaritana al pozzo

La I domenica o delle tentazioni (cf Mt 4, 1-11) dà un po' il tono della Quaresima, ambientandola, con i quaranta giorni di Gesù nel deserto, immagine di tutto il tempo di preparazione alla Pasqua come grande cammino di scavo interiore, che porta a eliminare tanta terra che si è depositata sulla sorgente profonda della nostra spiritualità.

La II domenica o della Trasfigurazione (cf Mt 17,1-9) esprime la fiducia che lo scavo interiore non è lavoro inutile, ma ricerca di Dio che passa anche attraverso tanti strati, tante difficoltà. Il culmine sarà la luce in fondo al pozzo, la risalita dal sepolcro, la rinascita interiore. La trasfigurazione anticipa come manifestazione la realtà stupenda del Figlio di Dio, della pienezza della vita in Cristo.

Le prime due domeniche, ci dicono il modo dell’esperienza della purificazione (la lotta contro la banalità del male) ed anche la meta di tale cammino (il trionfo di Cristo nella risurrezione di cui la Parola di Dio è il germe).

La parola, germe di vita che cresce nella risurrezione, rappresenta il percorso di risalita dagli inferi. Si scava per far uscire l’acqua, l’acqua viva. Così era per i catecumeni antichi, che si preparavano al battesimo, così è per noi, chiamati a rifare il cammino catecumenale durante la Quaresima.

La Parola di Gesù prepara alla trasformazione della Risurrezione, il Signore (Parola) diventa acqua viva (III dom) luce, illuminazione interiore (IV dom) e Risurrezione (V dom): sono le tre affermazioni che venivano annunciate nelle tre domeniche centrali della Quaresima ai catecumeni e alla comunità cristiana per ricordare il Battesimo, la preparazione alla partecipazione alla Pasqua del Signore. L’acqua è un richiamo forte anche alla Parola che disseta, ma è anche l’emblema di tutti i desideri che dovrebbero guidare il catecumeno: “Signore dammi di quest’acqua così non avrò più sete in eterno”. La sete fisica, evidenziata dal clima del deserto è segno del desiderio di sazietà esistenziale. Ma non basta scoprire l’acqua viva, occorre poi lasciare che resti tersa, attraverso la trasparenza che viene dalla luce della fiducia in Colui che ci guida fuori dal tunnel dei nostri pozzi. Il cieco nato diventa emblema dei catecumeni che si lasciano guidare al fonte battesimale, sapendo che hanno bisogno di togliersi tanto fango di dosso.

Il culmine di questo percorso di rinnovamento è la proclamazione che la Risurrezione non sarà il risultato di un’ascesi cristiana (il cristianesimo non è il guru indù che attraverso tutta una serie di esercizi arriva ad avere l’illuminazione, come avvenne per Budda), ma nell’affidamento nelle mani di Colui che, attraverso i sacramenti, attraverso la luce dell’amore, della gioia, della fiducia piena in Lui, ci fa uscire dalle nostre tenebre e ci rende persone esposte alla luce della sua luce in quanto egli ci ha detto: “Io sono la risurrezione e la vita”.

Attraverso la discesa nei nostri abissi, la riscoperta del dono dello Spirito di Dio in noi e la risalita, n.3

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guidati dal Signore Gesù possiamo entrare nella Settimana Santa. Partendo dall’accoglienza e dall’ingresso di Gesù in Gerusalemme ci è dato vivere la gioia dello stare con lui e del soffrire con Lui (ecco il senso della lettura della Passione: cf Mt 26,1427,66) passo dopo passo, dalla cena alla morte fino al silenzio del sabato, prima del grido della notte di Pasqua, che si traduce nel rinnovo delle promesse battesimali.

L’acqua che zampilla dal fonte, l’acqua che passerà sulle nostre teste, nelle nostre mense, nelle nostre case è insieme frutto della grazia dello Spirito del Risorto e dello scavo che ha preparato la falda della nostra anima a restituirci la sorgente viva del nostro battesimo.

Tutti gli altri riti della tradizione, della pietà popolare ecc. (via crucis, processioni ecc.) non sono che aiuti a vivere questo percorso centrale, fondamentale, fontale senza il quale la nostra vita non è cristiana, non è guidata dall’acqua viva dello Spirito, raccoglie spruzzi di acqua benedetta su cuori di pietra rovente.

Per concludere, la Quaresima di quest’anno ci porta ad un lavoro interiore per poter acquisire una capacità di essere riempiti dell’acqua viva dello Spirito del Risorto e per poterla poi donare agli altri in ogni nostro gesto, in ogni nostra azione. «…Siamo chiamati ad essere persone-anfore per dare da bere agli altri. A volte l’anfora si trasforma in una pesante croce, ma è proprio sulla Croce dove, trafitto, il Signore si è consegnato a noi come fonte di acqua viva» (Papa Francesco, Evangelii gaudium 86).

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Cerchiamo un progetto serio, che porti il sorriso tra la gente.

Partecipa al concorso ifeelCUD, puoi vincere fino a 29.500€ per un progetto di solidarietà.

Scopri come su www.ifeelcud.it

Partecipare è semplicissimo. Insieme al tuo parroco, crea una squadra, raccogli le schede allegate ai modelli CUD e scrivi un progetto che abbia come obiettivo quello di migliorare la vita della tua parrocchia. Potrai vincere un contributo fino ad un massimo di 29.500€ per realizzare il tuo progetto di solidarietà. In più, se presenti anche un video, potrai ricevere un bonus del 10% sulla somma vinta. Partecipando, porterai un sorriso tra le persone a cui vuoi bene e contribuirai a sostenere anche i tanti progetti che la Chiesa cattolica porta avanti in Italia e nel Mondo.

Il concorso è organizzato dal Servizio C.E.I. per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica in collaborazione con il Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della C.E.I. e con i Caf Acli.

Attività di progettazione presso l’Istituto Industriale

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Conclusa la Visita pastorale alla forania di Caiazzo. Il Vescovo, Mons. Valentino Di Cerbo: «È nella preghiera che ci guardiamo reciprocamente con gli occhi di Dio e diventiamo fratelli facendoci carico gli uni degli altri» ed invita le parrocchie a raccogliersi intorno alla Parola. Un'attenzione particolare ai giovani: «Siano i veri protagonisti»

«Insieme, prendiamo il largo» di GRAZIA BIASI

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l terreno è pronto e la messe abbondante». Il Vescovo Valentino ha concluso con ottimismo e speranza la visita pastorale alla Forania di Caiazzo con la solenne celebrazione nella Basilica di Santo Stefano, domenica 9 marzo. Due mesi intensi, fatti di incontro e ascolto, di confronto e di proposte ma anche frutto della preparazione che le parrocchie hanno vissuto ancor prima che il pastore bussasse alle porte delle comunità.

Prima le assemblee parrocchiali, poi il Convegno di Forania, dove chiesa e territorio (operatori pastorali e autorità civili) si sono confrontati leggendo la realtà locale alla luce del momento storico che esso vive da un punto di vista sociale, culturale, economico e spirituale. Come il Vescovo anticipava nel documento preparatorio della Visita, le settimane trascorse nelle parrocchie hanno rappresentato il momento intenso di una relazione a “tu per tu”, in cui il padre e i suoi figli si guardano negli occhi e si raccontano reciprocamente.

«Un’esperienza umana straordinaria – così il Vescovo ha definito questi giorni di grazia - e un’esperienza pastorale onnicomprensiva,

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dove insieme a voi e ai vostri parroci ho sperimentato la presenza del Signore in mezzo al suo popolo, che ancor prima della mia Visita, ha bussato e trovato le porte del cuore aperte all'accoglienza».

La messa conclusiva tenuta a Caiazzo è stata l’occasione per guardare in prospettiva l’esperienza ecclesiale di questi mesi: il Vescovo ha chiesto di osare, di guardare avanti, di “lasciarci alle spalle paure e pigrizie che frenano, rallentano e mortificano la gioia del Vangelo, di cui è intriso il cuore di ciascun battezzato”. Parole forti che invitano a tenere lo sguardo alto, a reinventarsi (“non ci è consentito immaginare di ripercorrere schemi e strade da cui i nostri giovani ormai sono lontani”), a far valere strategie intelligenti in grado di intercettare – oltre la quotidiana pigrizia – i bisogni concreti delle comunità, dei più piccoli come degli adulti.

Dalle parole del nostro Pastore la chiara lettura di un contesto dove il fermento delle associazioni laiche ed ecclesiali si rivela linfa vitale per il territorio, con un rischio di frammentazione; di un terreno

«Ringrazio i sacerdoti con i quali ho condiviso la gioia di "andare a due a due" presso le famiglie, le case degli ammalati, come inviati dal Signore a portare la Parola che salva»

in cui si innesta con premura e discrezione il ruolo educativo di insegnanti e catechisti e "la sapienza dei più anziani"; di una vita che palpita nelle parrocchie e rende l’ordinario segno straordinario e tangibile della presenza del Signore. «Uno dei momenti più intensi è stato l’incontro con i vostri figli, con i più giovani»: così il Vescovo fa riferimento ai dialoghi spontanei e sinceri in cui ragazzi e giovani hanno raccontato di sé, del quotidiano impegno nella chiesa, in qualche esperienza sociale, o sul territorio in genere.

Minoranze che non si arrendono, ma che necessitano di maggiori esperienze di protagonismo. «Tuttavia – ha ricordato Mons. Di Cerbo – ho scorto anche il dolore, la preoccupazione e la delusione degli adulti di fronte all’assenza di gran parte dei giovani, al loro esodo verso contesti promettenti e sicuri, verso una vita che offre risposte immediate e apparentemente più appaganti, seppur esse non corrispondano pienamente al sogno di Dio per ciascuno, alla vocazione alta cui essi sono chiamati».

Indica una prospettiva su tutte, il Vescovo, e lo fa tenendo conto dell’esperienza autentica e qualificante di questo percorso personale e comunitario vissuto in occasione della Visita pastorale. I centri di ascolto hanno rivelato il volto di una comunità che intende “ritrovarsi” intorno alla Parola di Dio, che chiede di essere accompagnata nel cammino di fedeltà ad essa, nella riscoperta della fede di Gesù che testimonia il perdono, la carità, la prossimità, la gioia di sentirsi figli amati e accolti dal Padre.

Come crederanno se non ascolteranno? Citando l’apostolo Paolo, il Vescovo orienta il cammino futuro della chiesa di Alife-Caiazzo in una prospettiva di silenzio e quindi di ascolto e accoglienza della Parola di Dio. Invita ad incamminarsi verso una Chiesa appassionata del Vangelo, in grado di mettere la Parola al centro, prima di ogni scelta, di ogni azione. Tuttavia il Vescovo chiede ed attende che la proclamazione della Sacra Scrittura non sia appiattita da una consolidata ritualità, ma piuttosto dalla partecipazione felice dei fratelli in-

torno alla mensa.

Parole più volte pronunciate, che però al termine della visita pastorale si caricano di un significato in più scaturito dal confronto diretto e vicino alla gente, a quanti chiedono una chiesa “in uscita” (come nei sogni di Papa Francesco, ma ora anche nei programmi) in grado di andare verso le periferie, e allo stesso tempo una chiesa a misura di “padre misericordioso” che tiene aperte le sue porte in attesa di chi è andato via, e poi a testa bassa sceglie di tornare fiducioso in una famiglia-comunità pronto a riaccoglierlo.

La Gioia del Vangelo di Papa Francesco, e la ventata che essa ha portato alla Chiesa riproponendo una fede accesa dall’entusiasmo dell’incontro con Cristo, ha accompagnato il cammino del nostro pastore. Questo cammino non finisce qui. La visita pastorale è un atteggiamento, un nuovo stile, una continua risurrezione che deve vivere in ogni cristiano.

La visita continua. Il Signore busserà presto alle porte della forania di Alife.

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Una iesa che ch

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l prendersi cura, il custodire chiede bontà, chiede di essere vissuto con tenerezza.

Nei Vangeli, San Giuseppe appare come un uomo forte, coraggioso, lavoratore, ma nel suo animo emerge una grande tenerezza, che non è la virtù del debole, anzi, al contrario, denota fortezza d'animo e capacità di attenzione, di compassione, di vera apertura all'altro, capacità di amore. Non dobbiamo avere timore della bontà, della tenerezza!

Inizio del Ministero Petrino. Solennità di San Giuseppe, Piazza San Pietro, martedì 19 marzo 2013

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on si può pascere il gregge di Dio se non si accetta di essere portati dalla volontà di Dio anche dove non vorremmo, se non si è disposti a testimoniare Cristo con il dono di noi stessi, senza riserve, senza calcoli, a volte anche a prezzo della nostra vita. Ma questo vale per tutti. il Vangelo va annunciato e testimoniato. Ciascuno dovrebbe chiedersi: Come testimonio io Cristo con la mia fede? Ho il coraggio di Pietro e degli altri Apostoli di pensare, scegliere e vivere da cristinano, obbedendo a Dio? Certo la testimonianza della fede ha tante forme, come in un grande affresco c'è la varietà dei colori e delle sfumature; tutte però sono importanti, anche quelle che non emergono.

Nel grande disegno di Dio ogni dettaglio è importante, anche la tua, la mia piccola e umile testimonianza, anche quella nascosta di chi vive con semplicità la sua fede nella quotidianità dei rapporti di famiglia, di lavoro, di amicizia. Ci sono i santi di tutti i giorni, i santi "nascosti", una sorta di "classe media della santità", come diceva uno scrittore francese, quella "classe media della santità" di cui tutti possiamo fare parte.

III Domenica di Pasqua, Basilica di San Paolo fuori le Mura, 14 aprile 2013

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e vogliamo davvero a famiglia che vive on siate mai uomini, donseguire Gesù, dobla gioia della fede ne tristi: un cristiano non biamo vivere la vita la comunica sponpuò mai esserlo (...). Non lasciatevi rubare la speranza. come un dono da dare taneamente, è sale della agli altri, non come un te- terra e luce del mondo, Domenica delle Palme, 24 marzo 2013 soro da conservare. è lievito per la società.

Omelia del 14 Maggio 2013

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Giornata delle famiglie, Piazza San pietro, 27 Ottobre 2013

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a vita cristiana non è un vantaggio commerciale, non è un fare carriera.

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Omelia Casa Santa Marta, 3 marzo 2014

Un giorno ho incontrato

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Un giorno ho incontrato in metropolitana

U Meno di un anno fa partiva il torneo letteraio “Un giorno ho incontrato...” a cura della Biblioteca diocesana San Tommaso d’Aquino. Oltre centoventi partecipanti tra gli studenti delle scuole superiori del territorio diocesano si mettevano alla prova mostrando, prima che le loro capacità di scrittura, le emozioni e i sogni. Ben venti di quelle opere sono giunte alla fase finale del Concorso. Esse saranno pubblicate ogni mese sulle pagine centrali di Clarus per essere staccate e raccolte. Tra i racconti, nove, individuati dalla commissione esaminatrice sono conf luiti nel libro “Un giorno ho incontrato...” edito da Città Nuova in distribuzione dal 31 marzo.

n sottile raggio di sole filtrò attraverso le tendine avorio della mia camera e come tutte le tiepide mattine di aprile, fu quella flebile luce a risvegliarmi.Quello sarebbe stato il giorno più importante della mia vita, uno di quelli che tutti aspettano dalla nascita, uno di quelli in cui si percepisce di stare per realizzare i propri sogni. Mi tirai su dal letto con i sensi ancora offuscati dal sonno e il cuore gonfio di agitazione.

Indossai l’abito accuratamente scelto la sera prima, sistemai i capelli in mille modi diversi prima di riuscire a stabilire quale fosse quello più adeguato all’occasione. D’altronde non potevo di certo fare brutta figura.

Mi specchiai una quindicina di volte, cercando di convincermi che sarebbe andato tutto bene. Afferrai le chiavi appoggiate sulla console, varcai l’uscio e chiusi il portone del mio appartamento, rigirando istericamente la chiave nella toppa per tre volte. Ero al limite, il cuore non avrebbe potuto battere più forte. Arrivata in strada, mi avviai a passo svelto verso la metropolitana.

La città iniziava a destarsi: c’erano ragazze snelle dal volto stressato che facevano jogging nel parco, anziane signore che già rincasavano con la spesa, uomini d’affari, elegantemente vestiti, che si apprestavano ad entrare nelle loro auto. Quanto mi sarebbe piaciuto possederne una! Tuttavia il desiderio non era poi così irrealizzabile, se non ancora per poco. Attraversai Piazza dei Sei e mi fermai, come ero solita, nell’edicola all’angolo.

Acquistai The Gold magazine. Aprire la borsa, prendere pochi spiccioli dal portafogli per avere tra le mani la rivista più amata da milioni di donne, erano gesti che compivo da quando avevo quindici anni. La carta liscia e profumata, le rubriche minuziose dedicate alla moda, le interviste delle celebrità, gli articoli sulle ultime sfilate della settimana: probabilmente, era questo ad affascinarmi tanto. L’assidua lettura mi teneva costantemente informata sulle novità del mondo delle scarpe e degli accessori. Era questo tutto ciò che mi interessava nella vita. Per me non c’era altro. La cosa fondamentale era essere sempre ben vestita, avere gli orecchini giusti, saper scegliere la giusta gradazione di rosso per il rossetto. Per questo, quando, in seguito ad un annuncio online, fui contattata dalla redazione di The Gold magazine per un colloquio, ero a dir poco entusiasta. Ricordo ancora la data: 21 Aprile. Era il giorno della laurea di mia sorella, ma io non ci sarei stata. Lei avrebbe discusso la sua tesi, alla quale lavorava da moltissimo n.3

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tempo, senza vedermi tra la folla di parenti e amici dei laureandi. Non avrebbe sentito il mio respiro affannoso accompagnare il suo altrettanto provato dall’emozione. Non mi avrebbe abbracciato dopo la performance. No! Quel giorno sarebbe iniziata la mia carriera. Il mio sogno si realizzava. Ed io, stupidamente, credevo di essere felice e che quella fosse la cosa giusta. Continuai a camminare e, svoltato a destra, mi ritrovai dinnanzi agli scalini della metropolitana. Mi addentrai tra la folla e, preso il biglietto, camminai verso la panchina squallida e desolata. Appoggiai delicatamente la borsa e mi sedetti ad aspettare. Che dire, ero felice. Tanto. Eppure, allo stesso tempo, angosciata. Così, come spesso facciamo, ricercavo una giustificazione al mio malessere nella circostanza. Cercavo di convincermi che fosse tutto dovuto al buio che c’era lì sotto, alla gente che in silenzio attendeva la metropolitana. Rigiravo e rigiravo il biglietto tra le mie mani. Controllavo il cellulare. Mi specchiavo nel display del cercapersone. Controllavo che fosse tutto in ordine. L’attesa mi snervava.

Era come una piccola tortura cinese. Non riuscivo a tenere le mani ferme.

Ero nervosa. Guardai l’orologio. Pochi minuti ancora e poi avrei raggiunto la redazione di The Gold magazine. La mia terra promessa. Il mio sogno nel cassetto.

Caparbiamente, mi ritenevo all’altezza di un simile lavoro. Anzi, credevo che mi spettasse obbligatoriamente. Quasi come la ricompensa che riceve un bambino dopo aver mangiato la minestra. Ecco, dopo cinque anni al liceo classico e altrettanti all’università, pretendevo di esercitare una professione, per così dire, invidiabile.

A raccontarlo,mi sento sciocca. Cosa mi aspettavo dalla vita? Ciò che avevo fatto io, in effetti, lo avevano fatto altri milioni e milioni di persone. Il problema è che si giunge a certe conclusioni, solo dopo aver toccato con mano cosa significhi vivere.

Mentre immaginavo come sarebbe stato il colloquio e ripetevo a me stessa che sarebbe andato tutto bene, mi cadde in terra il biglietto. Neanche il tempo di realizzare cosa avrebbe comportato la perdita di quel pidocchioso pezzo di carta, che d’un tratto vidi una manina porgermelo. Alzai lo sguardo: una bambina dai lineamenti marcati, il corpo tozzo, gli occhi a mandorla e lo sguardo un po’ strano mi sorrideva vispamente. «Grazie - dissi - sei molto gentile». Lei annuì e si sedette accanto a me.

Ero compiaciuta dal gesto. Era stata gentile, tuttavia avevo notato che quella non era una bambina come tante. Ci fu una breve pausa, personalmente più che ringraziarla non avevo altro da dire. Ricontrollai l’orologio. Mancava sempre meno. «Io mi chiamo Paola e tu?». Così, nel modo più semplice ed innocente del mondo, la bimba interruppe il silenzio. «Piacere, sono Guendalina». Accennai un sorriso e vidi un’espressione attonita comparire sul suo volto. «È strano il tuo nome», commentò.

Mi strappò un risolino. Era da tempo che qualcuno non mi parlava in modo tanto schietto. «La mia nonna si chiamava così e per questo mia madre ha optato per Guendalina». Perché le avevo detto quelle cose? Era una perfetta sconosciuta, perché le stavo dando tutte quelle spiegazioni? Era strano per me. Lei sorrise, si tolse lo zainetto dalle spalle e lo appoggiò sulle gambe. Tirò fuori una foto. «Ecco, questi

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sono la mia mamma, il mio papà e la mia sorellina». Fingendo di interessarmi, come si fa con i bambini dissi «È questa vero?». «Si. Si chiama Alice, però adesso non è a casa con noi!» esclamò. «Ah, no? E dov’è adesso?» Mi guardò fisso negli occhi, sorrise e proseguì: «È partita per un lungo viaggio, mamma e papà non mi hanno detto ancora quando tornerà». Mi rattristai. Di sicuro quella bambina bionda, con gli occhi azzurri che si vedeva nella foto, adesso non c’era più. Cambiai discorso «Capisco. Dove sono i tuoi genitori?». Se non fosse stato per l’ansia che mi impediva di essere razionale, probabilmente le avrei posto questa domanda sin dall’inizio. È alquanto strano che una bambina, per giunta così, si aggiri in metropolitana. Lei mi diede una forte stretta al braccio.

Poi si portò il dito alla bocca «Shhh! - sussurrò - non sanno che sono qui». Sbigottita, chiesi se si trovasse lì da sola, dunque. «Si, sono uscita di casa di nascosto per venire qui». Ero sconcertata: «Cosa? Perché non hai chiesto ai tuoi di accompagnarti?».

Cercavo di venirne a capo, non riuscivo a capire. Lei spiegò «Sto andando da Alice. Mamma e papà non vogliono mai portarmi da lei quando chiedo loro di farlo. Così ho deciso di incamminarmi da sola». Un’improvvisa sensazione di calore mi percorse il corpo.

Ero commossa da quelle parole. Non sapevo cosa dire né cosa fare. Le feci una leggera carezza sul volto. Lei mi sorrise nuovamente. Mi sentivo quasi appagata. Da cosa? Da un gesto così semplice. Che mi stava succedendo? All’improvviso, non c’eravamo solo io e il mio curriculum. Era come se quella bimba mi stesse scaldando l’anima. Non volevo ammettere però che fosse così. Cercavo di soffocare quelle sensazioni perché lei mi aveva fatto capire quanto stessi sbagliando. Pensieri opposti facevano a botte dentro di me. Ancora una volta senza che potessi dire nulla, la bambina mi interpellò: «E tu dove sei diretta?». «Ho un appuntamento di lavoro» risposi, accennando un sorriso.

All’improvviso, il fragore della metropolitana attirò l’attenzione delle persone che stavano aspettando impazientemente. Era giunto il momento. Feci un profondo respiro. Mi alzai, presi la borsa e con un freddo "ciao" salutai Paola. Mi venne uno scrupolo: avrei dovuto portarla alla stazione di polizia? Di certo se lo avessi fatto avrei perso troppo tempo e non avrei potuto sostenere il colloquio.

Stavo ragionando come un’egoista, ma non potevo lasciarmi sfuggire una simile occasione. Ormai non c’era più tempo. Lei mi aveva sorriso e non mi stancherò mai di dirlo: un sorriso così

sincero non lo avevo mai visto. In un attimo la vidi correre verso di me. Diede un grossolano strattone all’orlo del mio vestito. Ero indispettita, rischiavo che la metropolitana partisse. «Che ti prende, sei impazzita? Devo andare!», sbottai.

«Oh, certo che non sono impazzita riprese - però sono qui da sola. Tu mi sei simpatica, ti va di accompagnarmi da Alice?». Non c’era più tempo, cosa potevo fare? Stavo odiando a morte quella bimba. «Senti ragazzina, ho da fare. Stiamo giocando con il fuoco, rischio di fare tardi». Le mie acide parole intristirono la bambina. I suoi occhi si riempirono di lacrime: «Ti prego portami da Alice - singhiozzava - perché gli adulti sono tutti così cattivi?». «Adesso è troppo - risposi Su vieni con me». La presi per una mano e la trascinai dentro.

La metropolitana partì. Paola era seduta accanto a me, con un’aria soddisfatta e allo stesso tempo entusiasta; io ero più irritata che mai. È chiaro che non avrei avuto intenzione di accompagnarla da nessuna parte, semplicemente per evitare che frignasse davanti a tutti, avevo preferito farla tacere. Ero spregevole, talmente egoista da ingannare persino una bambina. Di fronte a noi, era seduta una signora che teneva un barboncino al guinzaglio.

Notai che Paola guardava incuriosita quella graziosa bestiola, tanto che ad un certo punto si alzò e vi si avvicinò.

Quando fece per dare una carezza al cagnolino, la donna ritrasse immediatamente il guinzaglio. Guardò Paola con disgusto e mormorò:

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«Allontanati down!». In quel momento il mio respiro si arrestò. Era come se una lama mi avesse trafitto il cuore. Indignata, mi alzai e mi rivolsi alla donna: «Dovrebbe vergognarsi, lei non merita neanche di salire su un mezzo pubblico!». Senza darle tempo di controbattere, condussi Paola nel vagone accanto. Lei sembrava essere inerme a quella offesa. Era come se le fosse scivolato tutto addosso. No, anzi, come se non avesse sentito nulla. Il viaggio proseguì e io mi chiedevo il perché di quel gesto.

Per quale motivo avevo difeso quella bambina che, onestamente, era una palla al piede, dato che mi aveva quasi fatto perdere la metropolitana? Il mio era stato un gesto materno ed inaspettato. Io stessa non riuscivo a spiegarmelo. La verità era, forse, che il contattato con quella bambina, anche solo per pochi secondi mi avevo cambiato.

Per la prima volta in vita mia, avevo difeso qualcuno, qualcuno che ne aveva davvero bisogno. La corsa era terminata: scendemmo velocemente e ci avviammo verso l’uscita.

Vedevo Paola divertita da tutta quella folla, guardava interessata ogni angolo.

All’improvviso si fermò davanti ad uno di quei distributori automatici che si trovano anche nelle scuole. Estrasse delle monetine dalla tasca dei suoi jeans e le inserì nella fessura. Poi si chinò per prendere la merendina nell’apposito vano. Compiva quei gesti con una tale serietà ed un tale impegno da farmi sorridere. Sembrava uno di quegli operatori che diligentemente eseguono un’importante manovra finanziaria in borsa. Io la guardai. Senza che dicessi nulla, capì che doveva sbrigarsi. Continuammo a camminare e quando arrivammo in prossimità delle scale che ci avrebbero permesso di rivedere la luce, lei si fermò di nuovo. Dove,questa volta? Accanto ad un barbone che giaceva a terra, su di un pezzo di cartone. Era sudicio, emanava un olezzo disgustoso. Così, feci cenno a Paola di allontanarsi e proseguire. Lei mi guardò. Poi ignorandomi, spezzò la merendina che stava mangiando e ne porse un pezzo all’uomo. Gli sorrise e salutandolo si avviò verso di me . Quello che aveva fatto era straordinario. Mai, neppure lontanamente, avrei pensato di compiere un simile gesto. Lei, invece, era davvero buona ed aveva un grande cuore. Ripensai a ciò che stavo per fare. Era giusto? Per niente.

Quella bambina, senza saperlo, con la sua innocenza mi aveva insegnato a guardare il mondo con occhi diversi. Era come se quel muro, che mi impediva di guardare la gente senza ipocrisia, fosse stato abbattuto. Era come se, d’un tratto, non mi interessasse più nulla delle apparenze, né di me stessa, né della rivista. Erano le 9:55. Tra meno di venti minuti avrei dovuto essere in redazione. Sarebbe bastato girare a sinistra e poi proseguire per duecento metri circa. Non lo feci. Per una volta, scelsi di ringraziare qualcuno. Scelsi di ricompensare chi davvero lo meritava. E Paola meritava di tornare al sicuro, a casa sua, dai suoi genitori che erano, di sicuro, in pensiero . La guardai negli occhi e le sorrisi in modo sincero, come non avevo mai fatto nella mia vita. Un taxi sfrecciava sulla strada, io dal ciglio feci cenno al conducente di fermarsi: «Alla stazione di polizia, per favore...». Credevo che pronunciare quelle parole sarebbe stato difficile e dolorosissimo, invece quella è stata la cosa che mi ha reso più felice in vita mia, la cosa più giusta, la cosa di cui vado più fiera. Grazie Paola, grazie di avermi reso una persona migliore, grazie di cuore.

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iesa che

Ch

Le prospettive future dopo l'Assemblea

diocesana

L’

Azione Cattolica di Alife-Caiazzo cammina verso il futuro; verso prospettive missionarie e dinamiche che orientano l’associazione lì dove Papa Francesco vuole che i cristiani dirigano i propri passi: verso le periferie della vita, con lo stile dei discepoli-missionari, ossia di coloro che hanno incontrato “l’amore di Dio in Cristo Gesù”. (Evangelii Gaudium, 120). Parte da queste premesse il nuovo cammino dell’Azione Cattolica diocesana, che ha concluso il percorso assembleare in cui il momento formativo, aggregativo ed elettivo hanno permesso una “rilettura” del triennio appena trascorso e rilanciato idee e proposte per i prossimi anni. Portare l’AC nelle parrocchie dove ancora manca, volgere una maggiore attenzione alle famiglie, considerare percorsi di forEcco ovi u mazione che aprano ad approfonei n i nomi d siglio Diocen o . dimenti sociali, politici, economici a C c li eletti in Azione Catto ria a i Il d o i, , e morali; avere una nuova cura per ias san razia B one Gudagno i giovani educatori che scelgoG _ R C A Sim cio. assimo, no di “servire” la chiesa aderenSantom Danilo ColucCaterina i_ van eglia, io v g e e R r i o t ig i. do all’AC: sono questi i progetti Set a, PierluSamira, Mass g n e per il futuro, speranze che non iv c tti, Ben Gianne ulti_Cristina ia r le a escludono la consapevolezza V ad di, Settore o, Cinzia Bran , dei limiti e delle difficoltà che Palumb nsina Natale ino Alfo t r caratterizzano l’Associazione a M Daniele diocesana.

Tra essi è stato possibile individuare una sottile perdita di identità, il conseguente calo delle adesioni, il vuoto generazionale tra la fascia di giovani e anziani, la mancanza di una scelta convinta e radicale da parte dei sacerdoti di “essere di AC e fare l’AC”. Limiti che tuttavia non cambiano la storia dell’Associazione, che dalle continue revisioni interne, dalla scelta di essere “popolare” (cioè di

e

Una

Azione Cattolica

Accogliere uscire andare

v iv

elettiva tutti e per tutte le età), dalla scelta di essere con e per la Chiesa, trae continua linfa ed entusiasmo. E guarda avanti. L’Assemblea diocesana, svoltasi in due giorni, ha avuto come guida per la riflessione la testimonianza di Pina De Simone, già presidente della Diocesi di Nola, docente di Filosofia presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, moglie (del Presidente nazionale Franco Miano) e madre.

La gioia del Vangelo: accogliere, uscire, andare. Questo il tema affrontato, che attingendo alla preziosa Esortazione di Papa Francesco (Evangelii Gaudium) ha prospettato l’idea di una Chiesa/Associazione a porte aperte, dove ai laici che ne fanno parte è chiesto di spezzare ogni chiusura, prima di tutto quelle del cuore, ancorate a forme di individualismo ed autoreferenzialità. Ombre che coprono non solo l’esperienza personale, ma tante volte quella di comunità intere dove la sicurezza incrollabile dei ruoli acquisiti e di equilibri apparentemente consolidati manda in frantumi la vocazione alla relazione propria di ciascun battezzato. Porte aperte per accogliere chi già “è dentro” o chi chiede di tornare; per riconoscere le ricchezze di ciascuno; per condividere, provocando continuamente alla corresponsabilità. In ultimo, un’Azione Cattolica che esce e si pone in cammino verso la meta, quel percorso di piena conformazione del cuore dell’uomo a quello di Dio. Rialzare la testa, procedere con audacia e creatività, gettare ponti e abbattere divisioni.

Un vero e proprio mandato per l’AC che riparte non senza considerare l’invito del vescovo Valentino Di Cerbo, ad essere presente in più parrocchie possibili, ad animare la realtà ecclesiale puntando sulla storia e l’esperienza, sul valore in più che l’Azione Cattolica racchiude in se stessa: una famiglia – a porte aperte – che si rigenera donandosi.

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Dalla CRONACA

Dalla CRONACA

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13 FEBBRAIO. Don Maurizio Patriciello, sostenitore della battaglia all’illegalità, tiene un incontro con gli studenti delle scuole del territorio presso l’Istituto Professionale di Alife durante il quale presenta il suo libro “Vangelo della Terra dei Fuochi”. Don Patriciello esordisce dicendo che la lotta all’illegalità deve essere la battaglia di tutti. Non è più possibile far finta di niente: il problema c’è e sussiste, non si può permettere la distruzione di quella che una volta era la Terra felix. "Contrariamente a quanto ci si possa aspettare - le parole del sacerdote - la gente lì non è omertosa perché più volte ha segnalato il problema ambientale e altrettante volte la risposta concreta da parte degli organi competenti non c’è stata". Durante il suo intervento fotografa ed illustra quella che purtroppo è l’attuale situazione delle terre comprese tra le province di Caserta e Napoli.

Quando qualche anno fa egli si mise in gioco non pensava che fosse stata così dura e scottante la lotta contro qualcosa che è più grande di noi. Ma nonostante tutto ha fatto una promessa: non si arrenderà facilmente.

16 FEBBRAIO. Per il decimo anno, a Castel Campagnano viene celebrata la Giornata del Malato, risultato della collaborazione della parrocchia e del gruppo barellieri dell’Associazione Mariana Assistenza Ammalati d’Italia di Napoli (sezione di Castel Campagnano).

In questo giorno, in cui la Chiesa ricorda l’apparizione della Madonna a Lourdes, si vuol cercare di far vivere questo importante momento di preghiera ad ammalati e anziani che non possono recarsi a Lourdes.

Il fulcro della giornata è la celebrazione eucaristica presieduta da Mons.

Valentino Di Cerbo, durante la quale è stato somministrato il sacramento dell’unzione degli infermi. A conclusione, la suggestiva processione "aux flambeaux" all’interno della chiesa.

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Partono i preparativi per l’appuntamento con gli amici tedeschi di Seligenstadt Am Main, città gemellata con Piedimonte per la comune devozione a San Marcellino, papa e martire, protettore di entrambe le città. Saranno a Piedimonte dal 30 maggio al 4 giugno, proprio a cavallo della festività del nostro patrono della città. Sarà quindi una festa all’insegna non solo della fede e della condivisione, ma anche di scambi culturali e legami da stringere.

23 FEBBRAIO. Fermata una banda di ragazzi del napoletano dopo il tentato furto di una sala giochi ad Alvignano. I primi ad accorgersi di qualcosa di strano all’interno del locale sono stati dei ragazzi del posto, i quali si sono accorti che dopo la chiusura della sala giochi le porte erano di nuovo aperte. Hanno colto in flagrante i teppisti e hanno avvertito i Carabinieri che, non appena arrivati sul luogo, hanno iniziato ad inseguire i malviventi bloccandoli dopo poco. L’auto dei tre è stata sequestrata e loro sono stati identificati.

25 FEBBRAIO. Da sempre i nostri prodotti agroalimentari hanno avuto giudizi positivi, ma c’è di più: adesso entreranno a far parte dei PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali). Come stabilito dalla Regione Campania, infatti, entro il 31 marzo prossimo le migliori risorse, già presenti nelle schede valutative stilate a riguardo, verranno sottoposte al vaglio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Scopo di questa iniziativa è quello di far conoscere la realtà agricola ed alimentare del Matese, una delle più preziose della Campania e dell’Italia, cercando di individuare eventualmente altre prelibatezze che per il momento non rientrano nella lista.

27 FEBBRAIO. L’Antica Trebula presa di mira da tombaroli. Ad accertarlo, i periti che dopo aver setacciato a fondo l’area archeologica di Pontelatone, hanno individuato tracce di invasioni notturne. Ladri spregiudicati che inoltre avrebbero lasciato nella zona diversi attrezzi, tanto da indurre gli investigatori a pensare a ripetuti tentativi di intrusione da parte loro allo scopo di trovare magari ricchezze pregiate.

L’Antica Trebula rappresenta un tassello importante della cultura di Pontelatone e dei paesi limitrofi, grazie alla preziose sepolture che ne fanno parte e pensare che esistano degli individui che agiscono senza il minimo rispetto per beni di incommensurabile valore è davvero raccapricciante. Del resto, il significato storico che il sito dell’Antica Trebula detiene è stato già dimostrato quando al suo interno è stata rinvenuta una sepoltura risalente al V-IV sec. a.C., contenente crateri in bronzo e due vasi di terracotta rossa con decorazioni piuttosto raffinate.

Giovanna Corsale

28 FEBBRAIO. Proseguono le indagini che vedono coinvolti diversi funzionari del Comune di Alife. Sotto la lente d’ingrandimento della Guardia Di Finanza e della Procura di Santa Maria Capua Vetere il funzionario Pietro Sansone, accusato di aver incassato più di 50mila euro in più rispetto al suo stipendio nel solo anno 2008, l’allora sindaco Roberto Vitelli; Pasqualino Sasso e Camillo Giammatteo, due fornitori dell’ente comunale e Claudio Accarino, un altro funzionario.

A denunciare queste presunte irregolarità contabili fu Daniele Cirioli, consigliere del gruppo ViviAlife, nel consiglio di fine dicembre 2009.

Si attendono quindi ulteriori svolte nell’ennesimo caso di politica “sporca”.

6 MARZO. Le già difficili condizioni in cui versava una delle aziende agricole del nostro territorio - Foreste molisane - sono state ulteriormente aggravate da un incendio alla foresteria. Accade di notte, quando dopo un forte boato è esplosa la palazzina. Per fortuna all'interno è presente una sola persona, il guardiano. Sconosciute le cause dell'incendio: la prima ipotesi è una fuga di gas. Da settembre 2013 più di 50 dipendenti non percepiscono lo stipendio a causa della crisi economica dell’azienda sempre più asfissiante. E ora? Che fare dopo quest’ennesimo problema? A pochi giorni di distanza vengono sequestrate due aziende agricole locali che fanno capo al marchio.

8 MARZO. La chiesa parrocchiale di Formicola (Santa Cristina e San Prisco) è stata sottoposta ad un’approfondita opera di recupero.

I lavori, iniziati nel luglio scorso, e chepresumibilmente verranno ultimati entro Pasqua, riguardano diverse parti dell’edificio.

Si è cercato di rivisitare in toto sia la facciata della chiesa madre che quella dell’annessa chiesa di S. Rocco. Il recupero della componente estetica dei due edifici ecclesiastici comprende anche la sostituzione delle grondaie e del tetto.

Per quanto riguardo gli interni, gli interventi di maggiore rilievo sono il rifacimento completo dell’impianto elettrico; il restauro delle pareti, scartavetrate e imbiancate nuovamente; il ripristino delle finestre e, infine, la ristrutturazione dei vani che collegano la chiesa di S. Cristina con quella di S. Rocco. Inoltre, si è proceduto all’eliminazione di ogni residuo di amianto presente all’esterno.

Nel frattempo, i fedeli attendono con fervore che i lavori finiscano per rivedere la loro chiesa parrocchiale tornare allo splendore di un tempo.

8/9 MARZO. L’8 e il 9 marzo Mirella Zulla e Anna Zulla, due pittrici di Piedimonte Matese, prendono parte a “Arte, bellezza e solidarietà”, manifestazione ricca di ospiti d’eccellenza che vuole porre al centro dell’attenzione la figura femminile e il suo talento declinato in diverse forme: pittura, musica, danza e moda. La location dell'esposizione è Valganna, in provincia di Varese. Tra gli ospiti anche Vittorio Sgarbi, che ha presentato la mostra collettiva d’arte contemporanea tra cui anche le opere delle nostre conterranee.

L’evento è stato scopo benefico in quanto il ricavato è stato devoluto alla onlus "La nostra famiglia", di Vedano Olona, che aiuta i bambini autistici.

7/9 MARZO. Il Museo Civico Raffaele Marrocco di Piedimonte Matese, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, ha organizzato un fine settimana all’insegna della figura femminile. MUCIRAMAleDONNE, un evento ricco di appuntamenti culturali, letterari, ludici e musicali rivolti alla celebrazione della donna a 360 gradi. La vera particolarità è stata la pubblicazione di una Guida alla Lettura, vale a dire un opuscolo che ha lo scopo di offrire un approfondimento sul significato delle figure femminili presenti negli affreschi del Chiostro Maggiore dell’ex Convento di San Tommaso d’Aquino raffiguranti donne.

8 MARZO. Incontro in Episcopio, a Piedimonte Matese, tra il Presidente della Regione Campania, On. Stefano Caldoro, e il Vescovo della Diocesi Alife-Caiazzo, S. E. Mons. Valentino Di Cerbo. Il punto focale dell’incontro, voluto ed organizzato dall’On. Carlo Sarro, è stata l’illustrazione della situazione in cui versano diverse chiese tra Piedimonte ed Alife dall’ormai famoso 29 dicembre 2013, giorno del sisma che ha colpito il territorio.

La chiesa Ave Gratia Plena di Piedimonte è quella che desta maggiori preoccupazioni non solo dal punto di vista pastorale (vista la sua inagibilità), ma anche dal punto di vista sociale perché da diverso tempo i commercianti di via Angelo Scorciarini Coppola chiedono soluzioni alle autorità, viste le difficoltà dovute all’interruzione del traffico veicolare. Dopo l’incontro il Vescovo e il Presidente, accompagnati da tecnici incaricati, hanno fatto visita alla chiesa di Ave Gratia Plena. Immediatamente dopo Caldoro e Sarro si sono recati presso il Convento Francescano di Santa Maria Occorrevole.

Dal mondo politico sono arrivate rassicuranti promesse di impegno personale e di una immediata risoluzione del problema.

A cura di Vincenzo Corbo

Giovanna Corsale

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it t e r r r oio

cHIESA

Studenti da 10 e lode Assegnate le Borse di Studio della Fondazione "Casa dello Studente - don Gregorio Mormile"

«C

hi opera per la diffusione della cultura non muore mai del tutto».

Con queste parole, il professore Aldo Cervo concludeva il testo “La figura e l’opera di Gregorio Mormile” inserito nell’Agenda di Caiazzo del 2004.

Ci piace riprenderle e rilanciare attraverso di esse il profilo di don Gregorio, sacerdote, appassionato di agricoltura e letteratura; abile conoscitore delle tecniche agricole, poeta e letterato: un uomo di iniziative, di impegno sociale, presente tra la gente con fermezza e severità, ma altrettanta disponibilità e attenzione. Al suo nome è legata la Fondazione Casa dello Studente che pochi giorni fa ha conferito dieci borse di studio ad altrettanti studenti caiatini (cinque di prima media e cinque di primo superiore) alla presenza di numerosi ragazzi, docenti e famiglie. La cerimonia è stata l’occasione per presentare ai più giovani la figura di questo sacerdote e far luce sulla storia della Fondazione a cui la Diocesi, per volontà di Mons. Valentino Di Cerbo, ha dato un nuovo e più trasparente assetto organizzativo e amministrativo introducendo nel Consiglio direttivo collaboratori di Caiazzo, quindi conoscitori attenti

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Presenti all'incontro l'Assessore Provinciale - e vicesindaco di Caiazzo - Stefano Giaquinto, già consigliere della Fondazione Casa dello Studente; il Dirigente scolastico proviciale di Benevento, Angelo Marcucci; il Sindaco di Caiazzo, Tommaso Sgueglia; la Dirigente Scolastica dell'Istituto Comprensivo "A. A. Caiatino", Cecilia Cusano.

A rappresentare la Fondazione, Ciro Ferrucci, responsabile dei Giurusti Cattolici della Diocesi e consigliere della Fondazione; i parroci di Caiazzo, Mons. Antonio Chichierchia e Mons. Giovanni Fusco.

della realtà locale.

Gregorio Mormile naque a Dragoni il 6 dicembre 1885; partecipò come soldato semplice alla Prima Guerra mondiale (benchè sacerdote). Fu parroco presso la parrocchia dei SS. Pietro e Paolo in Alvignano durante il secondo conflitto mondiale: di lui si ricorda la vicinanza alle famiglie, ai disperati di quel momento storico e della lenta ricostruzione successiva; ma in particolare si ricorda il funerale che celebrò al confratello Biagio Mugione, parroco di San Sebastiano, trucidato dai tedeschi in ritirata nell’ottobre del ’43.

Uomo appassionato di umanità, tanto da riversare la sua passione per la vita e le vicende umane in pagine e pagine di letteratura e scritti, dove soleva firmarsi con lo pseudonimo Mario Guerra.

Di lui, Mons. Giuseppe Rocereto ricordava gli scritti Il libro della vita (1919), La vita vissuta (1927), Amore senz’ali (1930) e Liber hominis (1928-1947). La cultura accese la sua vita, fino alla convinzione che essa avrebbe liberato (nell’ottica di una pedagogia sociale e cristiana) dalla schiavitù dell’ignoranza e aperto al futuro soprattutto le fasce più deboli della società. Al 1950 risale la scelta di istituire una Borsa di Studio per alunni meritevoli e bisognosi.

Della sua intuizione e delle sue future decisioni testamentarie è frutto la Fondazione Casa dello Studente che ha assegnato le borse di studio ai dieci alunni già sopra citati. Don Gregorio Mormile, alla sua morte lasciava in eredità i suoi beni alla Chiesa, tramite il vescovo protempore della Diocesi di Caiazzo (oggi Alife-Caiazzo), e una cospicua biblioteca alla Scuola Media A. A. Caiatino. In diverse occasioni – nel passato – si è cercato di dare concretezza al sogno di don Gregorio, favorendo con un piccolo contributo economico

gli studi di tanti ragazzi di Caiazzo, meritevoli ma con qualche difficoltà economica familiare. Ma è solo da pochi anni, dopo la venuta di Mons.

Valentino Di Cerbo, che essa inizia a concretizzare e rilanciare in maniera degna e corretta la volontà testamentaria del Canonico. Non si tratta solo di contribuire economicamente (ogni premiato ha ricevuto la somma di € 200,00), ma offrire un segno concreto di vicinanza alle famiglie che accompagnano, talvolta con grandi sacrifici, il percorso formativo e culturale dei propri figli; quello della Diocesi vuole essere un segno di accompagnamento e la sollecitazione ad essere “migliori”, a fare bene, ad esercitare il dovere di cittadini che si impegnano – attraverso la formazione personale – nell’edificazione di una società matura, intelligente, in grado di confrontarsi con le sfide culturali e sociali di questo tempo. La cerimonia di premiazione è stata anche occasione per i politici presenti di ribadire il legame che intercorre tra Istituzioni politiche, Scuola e Chiesa a vari livelli: insieme si costruisce il futuro, ciascuno mettendo a disposizione competenze e professionalità: strutture adeguate allo svolgimento delle attività didattiche, formazione costante e aggiornata dei professori, azioni vere e autentiche di carità e attività che a vario livello possano promuovere l’uomo e le sue capacità.

Un altro articolo sul premio conferito dalla Fondazione è disponibile su www. clarusonline.it (Caiazzo. Premiati "i migliori". La Fondazione Casa dello Studente conferisce 10 borse di studio).

(tra parentesi) Una scuola "precoce" L'Orchestra Aulo Attilio Caiatino è una felice e duratura realtà della omonima Scuola Secondaria di Primo grado di Caiazzo.

Era il 1980 quando in questo Istituto partiva una sperimentazione (la prima in provincia di Caserta assieme alla città di Cancello Scalo) che sarebbe poi divenuta una consolidata realtà.

Qui, lo studio di uno strumento musicale corrisponde ad una regolare ora di lezione curriculare. Non un "laboratorio", nè un'occasione per provare a suonare, ma uno studio concreto della materia.

Un'iniziativa da vantare, ma soprattutto un patrimonio da custodire e moltiplicare dopo che all'Italia - il Bel Paese della cultura - è stata mossa l'accusa di non "iniziare" adeguatamente i propri figli all'arte e alla musica. Quella dell'Orchestra si configura come esperienza di socializzazione e maturazione di relazioni interpersonali nel rispetto dei ruoli, delle capacità, dei tempi (non per forza musicali) legati alla sfera personale di ciascun ragazzo.

Sono attivi i corsi di pianoforte (prof.M.Rosaria Argenziano, Marilena Gambella); flauto (prof. Antonella Pietrangiolino), chitarra (prof.

Vincenzo Cioffi) e violino (prof. Rossella Graniero e Fernando Ciaramella; quest'ultimo anche direttore dell'Orchestra). n.3

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Storie DI PICCOLI SUCCESSI

Paesaggio e agricoltura nel Casertano:

evoluzione o involuzione?

Francesca Fasulo, discute una tesi di laurea sui cambiamenti della campagna caiatina.

La ricerca, nuova nel suo genere, conferma la vocazione millenaria di una terra legata alla madre terra: «Da essa tutto ha origine, e in essa tutto finisce» di GIOVANNA CORSALE

F

rancesca, ventottenne di Cameralunga, ha da poco conseguito la sua laurea magistrale in Storia presso l’Università “La Sapienza” di Roma con una tesi sull’“Evoluzione del paesaggio agrario casertano dopo la Grande Trasformazione”.

Il suo studio, frutto di una ricerca meticolosa, si focalizza sulle trasformazioni che hanno riguardato l’assetto agrario proprio della provincia di Caserta con particolare attenzione all’area dell’alto Casertano.

Spulciando le sue fonti (registri delle concessioni edilizie, piano provinciale, ecc.), Francesca si è imbattuta nella triste realtà odierna della quasi totale estinzione delle aree agricole. Cosa è successo dunque alle campagne? Considerando come punto di riferimento Caiazzo e l’intero circondario si giunge alla conclusione che dagli anni ‘60 ad oggi si è verificato un sensibile aumento del numero di abitazioni a fronte di una progressiva diminuzione della popolazione: più case e meno abitanti, meno terra e più spazi occupati da cemento. Una verità a dir poco sconcertante che apre dinanzi a sé un ventaglio di possibili spiegazioni, ma soprattutto riempie di angoscia l’animo di chi alla “terra” si sente legato da sempre.

Quella condotta da Francesca è una lucida analisi dei cambiamenti inerenti al rapporto dell’uomo con la terra e, quindi, delle trasformazioni avvenute in seno al lavoro agricolo nel territorio in questione. Alla base di questa metamorfosi risiede un nuovo prototipo di “agricoltore”, una figura diversa con un diverso modo d’intendere e praticare il “lavoro nei campi”. Rispetto al contadino degli anni ‘60 le cui fatiche erano finalizzate alla lavorazione di svariati prodotti, tutti utilizzati perlopiù per la sussistenza del nucleo familiare, l’agricoltore degli anni ‘90, che Francesca definisce “capitalista”, preferisce concentrare il proprio lavoro soltanto su alcuni prodotti a discapito di tutti gli altri. Questo atteggiamento rivela la volontà di specializzarsi in colture particolari, una mentalità che a tutti gli effetti può essere considerata imprenditoriale.

Oggi, invece, sembra che il settore agricolo stia vivendo una fase di maggior respiro, grazie soprattutto agli interventi delle istituzioni universitarie, che con le loro continue ricerche perseguono il connubio tra “quantità” e “qualità”. Ciò significa ripristinare le colture

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del passato, valorizzandone le principali caratteristiche e al contempo portare alla luce quei frutti della terra sconosciuti o poco considerati in precedenza, il tutto attraverso un costante dialogo tra tradizione e innovazione. Questo è l’obiettivo dei cosiddetti “campi sperimentali” allestiti dal dipartimento di “Scienze Agrarie” dell’Università “Federico II” di Napoli, all’interno dei quali ci si dedica a specifiche colture monitorando i processi dall’inizio alla fine.

Esempi di questa interessantissima iniziativa universitaria possono essere il campo sperimentale di pomodori situato in Villa Santa Croce o quello di patate presente a Letino.

Si può senz’altro affermare che quella attuale rappresenta un’e-

Il museo Kere è attualmente ospitato presso l'antico Palazzo Mazziotti di Caiazzo. La sua origine risale al 1990 quando l'omonima associazione culturale decide di impiantare in un altro edificio poco distante (nell'ex Parlatorio del Conservatorio dei Vergini del 1614), ripulito di detriti e anticaglie prive di valore, un museo dell'arte contadina. Su iniziativa dell'Associazione parte la raccolta di ogni tipo di antico attrezzo agricolo che possa testimoniare la vita di un tempo non molto distante, ma destinato a scomparire - nelle tradizioni e nei valori - troppo in fretta.

Oggi, il museo trasferito a Palazzo Mazziotti, storico edificio del XV secolo, è collocato negli ambienti restaurati, un tempo adibiti

a cucina, stalla, cortile: la location ideale ad accogliere la raccolta museale di Kere.

Tuttavia il prezioso patrimonio, depredato in passato e ridotto della metà, necessita di cure e attenzioni maggiori, se non altro per il rischio di perdere definitivamente il legame con le origini contadine del luogo.

Se gli studi e il mercato ci riconducono alla terra, e il recupero dei prodotti di un tempo oggi è occasione di promozione per l'economia locale, allora non dimentichiamo nulla del passato da cui veniamo e di esso abbiamone cura.

Info e prenotazioni 0823 868798

poca nuova per il settore agrario, il tempo in cui, nonostante la dura crisi, si registra un rinnovato interesse nei confronti dell’agricoltura e soprattutto da parte delle giovani generazioni. Secondo le statistiche, sono sempre in aumento i giovani che decidono di investire denaro, energie e passione in questo settore, producendo alimenti secondo il criterio della genuinità, fornendo servizi alla società, come i vari programmi pedagogici messi in pratica per esempio nelle fattorie didattiche o anche profondendo il loro impegno nella ricezione turistica con la realizzazione di agriturismi.

La tesi di laurea che Francesca ci ha illustrato in maniera esaustiva va apprezzata per la rarità della tematica affrontata, oltre che per l’immane lavoro compilativo delle fonti che le

è toccato, ed è questo a nostro avviso che fa delle sue riflessioni una testimonianza molto preziosa.

Quando abbiamo chiesto alla nostra ospite perché ha scelto di parlare proprio delle trasformazioni del paesaggio agricolo di questa fetta del territorio casertano un’emozione è trapelata dal suo sguardo, quell’emozione che può scaturire solo da una passione sincera. È così forte l’interesse per l’argomento da spingere Francesca a voler mettere le sue conoscenze al servizio degli altri e, seguendo questa strada, trovare al più presto lavoro.

Si dice spesso che i giovani rappresentano il “futuro” di ogni società, linfa generatrice, grazie all’entusiasmo e al potere creativo che la giovinezza porta con sé. Ebbene, questa affermazione risulta ineccepibile ancora di più se riferita alla realtà agricola, verso la quale si registra un’apertura sempre maggiore da parte di persone giovani. Investire sulla terra e sui suoi frutti è un po’ come denudarsi, come dare massimo sfogo alla propria sete di libertà. Questo è il desiderio inconscio che come un graffito rimane scolpito nei cuori di chi decide di dedicare al lavoro agricolo la sua vita.

Dal punto di vista sociologico la rivalutazione sempre crescente delle attività agrarie si potrebbe interpretare come riflesso di un bisogno nascosto, ossia quello di definire una nuova “condizione esistenziale” che si sostanzia nel recupero di un rapporto intimo con la terra, “madre” eternamente gravida dalla quale siamo stati partoriti e alla quale presto ritorneremo.

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Il Castello di Gioia Di epoca pre-normanna o normanna, il maniero fu distrutto dal terremoto del 1394, devastato dalle lotte della Congiura dei Baroni, ristrutturato in età svevo-angioina e giunto fino a noi di EMILIA PARISI

a n t i c o

La descrizione Tra i piccoli borghi medievali della provincia di Caserta spicca il castello di Gioia, raggiungibile dalla frazione Caselle percorrendo un viottolo che attraversa il bosco. Dopo aver oltrepassato il rudere della chiesa di S. Salvatore ci si trova di fronte ad una muraglia in pietra calcarea che difende il lato nord del colle dal momento che i restanti lati sono inaccessibili per via del burrone. La muraglia comprende una torre semicircolare a nord-ovest ed una torre a puntone ad est, seguita da una torretta semicircolare. Il varco d’accesso al borgo era difeso strenuamente tramite apposite saettiere (feritoie per il tiro con l’arco), collocate da un lato e dall’altro del portale, da cui era possibile scagliare frecce contro gli assalitori. Dietro la cortina muraria, ad est, in uno spazio privo di abitazioni si erge il castello: costituito da un edificio di forma trapezoidale, aveva sei ambienti grandi e piccoli distribuiti intorno ad un cortile centrale anch’esso trapezoidale. L’angolo nord-ovest è invece dominato dai resti di una torre cilindrica innestata

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sulla base di una precedente torre quadrata. La porta del castello, sormontata da un arco gotico, consente l’accesso al cortile sorvegliato dalla torre mastia e dai ruderi del palazzo di cui rimane la parete orientale. E’ possibile notare i resti di un camino, nei cui pressi probabilmente si trovava la grande sala del castello, poi -merli e saettiere. A nord della torre mastia è possibile osservare ambienti di servizio, una cappella e una cisterna. Ad est del palazzo si riconoscono i resti di magazzini e residenze, ma la maggior parte delle abitazioni

si trovava ad ovest della torre mastia e del portone d’ingresso. Si tratta di un tessuto di quaranta edifici in muratura di pietra calcarea legata con malta, a pianta rettangolare o poligonale. Solo una parte della popolazione abitava stabilmente nel borgo recintato, case e casali in materiale deperibile si trovavano molto probabilmente intorno a S. Salvatore e giù a valle.

Le origini e la ristrutturazione Le mura esterne e del castello, munite solo di feritoie per il tiro con l’arco, sono anteriori alla diffusione della balestra e quindi al XIII secolo. Inoltre, la semplicità dell’impianto castello-borgo ricorda lo schema dei primi insediamenti normanni costituito da una torre e da una palizzata difendibile con il tiro di frecce acuminate da parte degli arcieri dalla torre stessa. L’esistenza di un feudatario e del suo maniero in epoca normanna è accertata da una menzione nel Catalogus Baronum, ma non si può escludere un’antichità maggiore della fortificazione. Infatti, la piegatura ad angolo delle cortine per consentire il tiro degli arcieri senza

la costruzione di torri indicherebbe un’origine molto più antica rispetto all’impianto delle normanne Aversa e Pietramelara. La rocca pre-normanna o normanna fu devastata da eventi bellici e probabilmente da un terremoto, come risulta evidente dall’esame delle murature del castello. Durante la ristrutturazione, in età svevo-angioina, fu rafforzata la cortina esterna, fu rifatto il portale del castello con archi gotici e fu soprelevata la parete orientale del maniero. A questo periodo risalgono anche il raddoppio della cortina muraria esterna e la torre a puntone. Il terremoto del 1394 distrusse le strutture del palazzo e della torre mastia, più alte e vulnerabili delle basse case del borgo. «È anche possibile che il territorio ed il castello di Gioia, probabilmente infeudati a Onorato Gaetani Conte di Fondi, siano stati interessati dalle furiose devastazioni belliche che durante la Congiura dei Baroni si abbatterono nell’agro di Piedimonte. Allora i Piedimontesi di Onorato Gaetani, di parte regia, distrussero e saccheggiarono Alife, appartenente al ribelle Marino Marzano, Principe di Rossano e duca di Sessa, che ricambiò con violenze non minori». (fonte: D. Caiazza, La terra e il castello di Gioia Sannitica)

Alvignano (CE) · Piazza Mercato, 1 · Tel. 0823-865620 Caiazzo (CE) · Via Cattabeni, 26 · Tel. 0823-868907 Alife (CE) · Via Roma, 86 · Tel. 0823-783394 n.3

Marzo 2014

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B VI U SI O N NI E

Il vicino Gatsby Long Island, 1922. Nick Carraway (Tobey Maguire), un agente di borsa che lavora a Wall Street, si trasferisce in una villetta modesta lungo la baia accanto alle dimore sfarzose dei nuovi ricchi.

Un giorno il suo vicino di casa, il misterioso ed affascinante Jay Gatsby (Leonardo DiCaprio), gli fa recapitare un invito per partecipare ad una delle feste scintillanti ed eccessive che organizza nella sua villa tutti i fine settimana. Nick, stupito e curioso, si reca al party dove fa la conoscenza del padrone di casa: Gatsby è deciso a conquistare la fiducia del giovane per arrivare alla bella e sofisticata Daisy (Carey Mulligan), cugina di Nick, da lui amata cinque anni prima ed ora moglie dell’ex campione di polo Tom Buchanan (Joel Edgerton).

Solo per amore «Il grande Gatsby», diretto da Baz Luhrmann nel 2013 - «Romeo + Giulietta di William Shakespeare» (1996), «Moulin Rouge» (2001), «Australia» (2008) - è tratto dal romanzo omonimo di Francis Scott Fitzgerald, scritto nel 1925, ed è la quarta trasposizione cinematografica dell’opera dopo una versione muta del 1926, una del 1949 e una del 1974 con Robert Redford, Mia Farrow e sceneggiatura di Francis Ford Coppola. Il regista ricostruisce l’universo sfavillante, ultra colorato e già scricchiolante della ruggente società americana degli anni venti, quando proibizionismo e charleston imperversavano e tutto sembrava possibile. Un mondo in rapido disfacimento che trova espressione nel marciume latente dei personaggi e che soccomberà con la crisi del ‘29; un microcosmo che non smette di sognare e di illudersi come il “povero” Gatsby che fa e possiede tutto solo per amore di una donna. Originale la colonna sonora che mescola r’n’b’ e hip hop contemporanei per restituire la musica jazz dell’epoca.

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n.3

Marzo 2014

1993 di Martin Scorsese

Titolo originale The great Gatsby Genere Drammatico Nazione Australia, Usa Anno 2013 Durata 142 min.

Regia Baz Luhrmann

i

In L’età dell’innocenza, tratto dal romanzo di Edith Wharton, il regista italoamericano Martin Scorsese racconta una città che non c’è più, la ricca metropoli in formazione della fine dell’Ottocento.

Serate a teatro, balli, pranzi sontuosi: come in Senso di Luchino Visconti (cui Scorsese si rifà in modo esplicito), l’importante è cogliere i riti di una società, tanto opulenta quanto “inamidata”.

Luigi Paini, su Il Sole-24 Ore

The Aviator

Fasti e inquietudini di una società sulla via del declino

i a Pa r i s

2004 di Martin Scorsese

il grande gatsby

L'età dell'innocenza

A

Emil c u ra d i

Con The Aviator Martin Scorsese e i suoi attori, Leonardo DiCaprio, Cate Blanchett, Kate Beckinsale, Alec Baldwin, Alan Alda, Gwen Stefani, Jude Law hanno guardato dentro due decenni di storia del costume, dell’economia e dello spettacolo della società statunitense, dagli anni 20 agli anni 40, di un secolo, quello passato, troppo breve e troppo veloce, e si sono accostati alla personalità di un uomo controverso come Howard Hughes concentrandosi su tre delle sue ossessioni.

Enrico Magrelli, su Film TV