Clarus settembre dicembre 2017

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EDITORIALE

Narratori viaggianti di GRAZIA BIASI

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o siamo un po’ tutti, narratori viaggianti, ambasciatori di storie ed esperienze, quelle personali o quelle “accanto” che ci hanno contagiati, coinvolti, messi in relazione, posti di fronte ad altre vite, esperienze, eventi: un bagaglio da raccontare e da portare con sé; un patrimonio da condividere, da far conoscere, un bene da custodire; necessari bagagli per completare, arricchire, motivare scelte di fede e di vita. È un viaggio, quello che vi raccontiamo in queste pagine di Clarus, che giunge in ritardo rispetto alle attese di voi lettori, giustificato dalla necessità di coprire l’informazione locale attraverso un lavoro più intenso e continuo sul sito www.clarusonline.it. Si ritorna sulle pagine del cartaceo con un diario di viaggio che tocca da vicino la nostra famiglia diocesana: sono racconti di vita da spulciare non con sguardo nostalgico come davanti all’album di tanto tempo fa, ma per recuperare e fissare un’esperienza con spirito diverso da quello cui siamo abituati, e assuefatti, che ci vuole fruitori di informazioni fast e commentatori non autorizzati della vita altrui, esposta sui traballanti scaffali di bacheche social.

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Vogliamo fermarci ad osservare con curiosità discreta e rispettosa, poggiando i piedi sulla linea del tempo che ha attraversato la Diocesi di Alife-Caiazzo e ancora la proietta in avanti: scorgeremo scene (e il racconto che racchiudono) di festa, di preghiera, di lunghi e lontani pellegrinaggi, di due recenti ordinazioni diaconali; esperienze diverse, di intensità variabile, in cui torna puntuale l’incontro tra Dio e la nostra umanità fatta di attesa, di ricerca, talvolta di distante “presa visione” dei fatti. Cosa hanno da dirci queste pagine? Siamo oltre la cronaca. Siamo ad una sintesi di eventi e circostanze che nella loro diversità offrono alla lettura e alla riflessione un patrimonio da spartirci, una ricchezza a cui attingere, l’ennesimo specchio in cui guardarci per rivedere il volto di Chiesa in cammino, che viaggia e narra uno stile, che racconta la scelta dell’amore e della croce, della gioia del Vangelo: sono giovani, famiglie, anziani, sacerdoti, e un vescovo, con la speranza tra le mani; talvolta con la delusione cocente di sembrare anonimi al mondo e inadeguati rispetto alle attese, altre volte con la pacata certezza di aver seminato parole e gesti “a immagine” di Cristo. Ma sono anche dejavù; per qualcuno sono “cose già fatte e già dette”: cambiano tuttavia i protagonisti portando con sé il nuovo e la freschezza di generazioni diverse oppure il bello e la fatica di questo tempo veloce e sfuggente, talvolta inafferrabile rispetto alle pause che ci meritiamo e che desideriamo; giovani o nuovi protagonisti portatori di un entusiasmo che non è scontato ma conquistato a sgomitate perché oggi un’esperienza di catecumenato crismale, di un cammino di Santiago, di una scelta vocazionale è una scelta che separa dal mondo, che rompe con lo schema del consueto quieto vivere (che tanto quieto poi non è). «Nel progetto di Dio, la comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione»: in questo modo Papa Francesco apre il messaggio per la prossima Giornata Mondiale per Comunicazioni sociali dal titolo La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Fake news e giornalismo di pace. E allora eccolo il racconto che fa bene al cuore, il resoconto di ciò che è buono e fa crescere la comunione di questa famiglia diocesana parte integrante di un territorio che ha bisogno di simili contaminazioni di bene, di carezze e non di sferzate violente veicolate talvolta da passaparola, informazioni mendaci, notizie inquinate da malumore e malcontento che si impongono alla quotidianità di noi tutti con prepotenza: la rete di siti e pagine social – spazio consolidato delle relazioni di ultima generazione - in cui impigliamo il tempo e la nostra intelligenza è diventata un tribunale severo dove la condanna è quasi sempre “a morte”. Papa Francesco continua: «L’essere umano, immagine e somiglianza del Creatore, è capace di esprimere e condividere il vero, il buono, il bello. È capace di raccontare la propria esperienza e il mondo, e di costruire così la memoria e la comprensione degli eventi». Ecco perché siamo “oltre la cronaca”, mostrando tra le righe la spinta a rimanere appassionati, ad esserci, a riconoscere i frutti di una semina mai interrotta, ma forte delle braccia di sacerdoti, educatori, catechisti, animatori, Pastori che hanno disperso con abbondanza nei cuori, nei solchi di questo territorio....

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PRIMO PIANO

sui passi di cristo racconto di pellegrini TerrasantaFatimaSantiago decompostela

S. E. Mons. Valentino Di Cerbo dalla Terra Santa (21-28 agosto 2017

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spinati e muri, lingue e Nell'intreccio di culture, bandiere, fili nato, è morto, è risorto. tradizioni, "hic incarnatus est", qui è a ricerca di un comproQui, nella confusione e nella vertiginos "pace" Gesù Cristo raccomesso ancora lontana dal chiamarsi di ogni se stesso. glie pellegrini da tutto il mondo, spogli

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PRIMO PIANO

Il pellegrinaggio diocesano nella Terra del Santo

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Contraddizioni antiche e moderne nella terra di Gesù. Speranze di pace mai spente, sogni di libertà sempre accesi

in cammino

di GRAZIA A curaBIASI di Grazia Biasi

tra fede e storia

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a Terra del Santo, culla di contraddizioni, antiche e moderne. Spazio di voci confuse, di lingue e culture fuse, di strade che si incrociano non solo portando in direzioni geografiche diverse ma verso storie di uomini e di popoli, di eserciti, di carovane antiche e pellegrini moderni. Terra di vento che parla, di preghiere che si levano, di traffico e clacson, di povertà e di cultura, di ricchezza, di territori, case che si alzano e muri che dividono. Terra in cui la pace è nata e dove, oggi, la pace manca. Terra dove la pace si invoca, ma un'altra pace riempie il cuore. Terra in cui ho visto bambini giocare lanciandosi sassi: ho pensato ai loro padri, ai fratelli maggiori afferrare quegli stessi sassi per rabbia, inconsapevolmente modello modello per quei figli... «Un viaggio in Terra Santa almeno una volta nella vita»: espressione che non convince perché quel luogo non è per un evento, per un’occasione sola ma per andare e tornarci, per riprendersi ciò che di fatto ci appartiene da sempre: un’identità nuda di cui tornare a vestirsi recuperando le radici, la durezza di pietre e terra su cui la salvezza prima e la fede poi, hanno camminato. Una settimana di bellezza e mistero, tanto è toccato al gruppo che accompagnato da Mons. Valentino Di Cerbo ha percorso da nord a sud i luoghi della vita di Cristo passando in rassegna storia e testi sacri, ge-

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ografia e politica del passato e del presente. Un gruppo di 32 persone, per la maggior parte della Diocesi di Alife-Caiazzo con l’aggiunta di amici “di strada” di Roma e Firenze, nel viaggio curato dall’Opera Romana Pellegrinaggi affidato all’esperta guida don Massimiliano De Luca. Un viaggio che inizia nella “gioia”, nel luogo della prima festa, Nazareth, dove le parole dell’angelo “Rallegrati Maria” aprono la strada alla giovane fanciulla di uno sperduto villaggio ad un mondo di domande, di attese, di risposte, di dialogo successivo con l’Umanità. Un viaggio, quello in terra Santa, che anima il pellegrino e lo invita a rivisitare la propria fede a partire dall’idea di un Dio semplice, che fa di un normale contesto quoti-


Terra

in cui la pace è nata e dove, oggi, la pace manca. Terra dove la pace si invoca, ma un'altra pace riempie il cuore diano il luogo da abitare, da stravolgere con la proposta di una vita diversa, che si rinnova attraverso le parole del Vangelo. E da Nazareth dove povertà, lavoro, preghiera scandivano il ritmo di vita, si alza – oggi come ieri l’invito all’accoglienza, alla disponibilità, a vivere di attese, fiducia e di promesse: non una condizione "da illusi" ma secondo il cuore di Maria che si fida e diventa porta di accesso alla vita nuova, fatta di disponibilità alla parola di Dio, di umiltà, di attesa. Da queste riflessioni ha mosso i primi passi il gruppo dei pellegrini giunti in Terra Santa, a partire dalle parole di Mons. Di Cerbo nella messa celebrata a Nazareth qualche ora dopo l’atterraggio all’aeroporto

Ben Gurion di Tel Aviv. Per i due giorni successivi diverse le occasioni per visitare la città e pregare lì dove il Verbo si è fatto carne: le strade rumorose, e i luoghi di preghiera di quelle o di questa religione. Il pellegrinaggio non è visita o visione, ma esperienza. Attraversamento di quelli che oggi sono non luoghi ma spazi che hanno avuto lo spessore di mura antiche, l’odore di incensi e dei sacrifici consumati sui carboni, polvere di strade coperte dagli strati di costruzioni e distruzioni che oggi, pellegrini o puramente turisti, possono solo immaginare ripercorrendo volti, visioni, scene, parole. Esperienza del cuore, prima che degli occhi, che supera ogni profondità e messa a fuoco

fotografiche. L’attraversamento delle terre di Gesù alterna istantanee di deserto a oasi di verde e palme, città bianche nell’aspetto e colline brulle: Galilea e Giudea separate dalle lingue di terra di Samaria e della Decapoli e il susseguirsi delle cime care a Dio: il Carmelo, i monti di Neftali, di Ebron, il Tabor e più a sud il Monte degli Ulivi con la visione assolata di Gerusalemme, la Città santa. Ci sono tutti i luoghi della salvezza! Un elenco di nomi che richiamano i vangeli e “scene” fino ad ora solo immaginate, ora ricomposte nel loro più autentico aspetto aspetto che rivela il procedere della Storia, che ha conservato, distrutto, riproposto, custodito la fede.

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A Gerusalemme

presso la sede del Patriarcato latino, l'incontro con Mons. Pierbattista Pizzaballa, Amminitratore apostolico in Terra Santa

credenti e diversi I

l Patriarcato latino di Gerusalemme ha aperto le porte al gruppo guidato da Mons. Valentino Di Cerbo per un incontro con S. E. Mons. Pierbattista Pizzaballa, già custode di Terra Santa, attualmente vescovo di Gerusalemme nelle funzioni di Amministratore apostolico. Incontro familiare, cordiale, fatto di racconti e di esperienze secondo la sensibilità di un uomo che ha trascorso lunghi anni in Terra Santa, ne ha conosciuto le lotte interne, le divisioni, i dolori, ma anche i sogni di pace; ha osservato il flusso di pellegrini provenienti da tutto il mondo e la loro paura – oggi più che mai – di essere nei luoghi santi; ha colto le sfumature dei sogni di pace tra i giovani, e la passione dei più anziani aggrappati alla storia di una terra in contraddizione con quel medesimo sogno di pace. Si è fatto portavoce di misericordia e di possibilità per i tanti cristiani che seppur in calo, vivono nella Città Santa e nelle terre circostanti. La semplicità francescana della famiglia religiosa di provenienza ne hanno fatto l’uomo “adatto” individuato da Papa Francesco per la cura

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e la guida della Chiesa latina di Gerusalemme, un vescovo con la gente, uomo di preghiera e dialogo. Una chiacchierata lieta, il racconto dei fatti, delle prospettive e delle emergenze della terra di Gesù: «Prime fra queste quella di un dialogo tra ebrei e musulmani che tarda ad arrivare a breve medio termine. il rischio – prosegue il Patriarca - è quello di veder esplodere questa situazione di stallo qualora non si decidesse di dare speranza, e aprire a prospettive diverse le nuove generazioni in


GERUSALEMME. LE ANIME DELLA CITTA'

attesa che concretamente il pantano politico dei governi locali». Israele da una parte, la Palestina divisa internamente tra Hamas e Fatah, tra i due centri di rivendicazione dell’autonima Ramallah e Gaza con un governo, quello di Abu Mazen, ormai in stallo senza la capacità di rinnovarsi. Manca un progetto alla Terra Santa e ai suoi abitanti «Non c’è processo di pace, e almeno fin quando la politica non tornerà a parlarne ogni negoziato rimarrà fermo». Sulla questione israelo-palestinese Mons. Pizzaballa esprime un giudizio ancorato ai fatti, tuttavia convinto «che prima o poi questo muro cadrà». Un racconto sereno, in cui prende posto la preoccupazione per il ruolo dei cristiani, numericamente sempre più ridotti rispetto al passato, «meno visibili da un punto di vista politico e sociale, seppur i nostri spazi rimangono luoghi privilegiati per la formazione scolastica scelta anche tra gli israeliani». La vita dei cristiani in Terra Santa si alimenta della preghiera e del sostegno economico che giunge da ogni parte del mondo: dalla Chiesa Cattolica, dal Santo Padre, da associazioni, enti, o dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che nel nostro caso, per il tramite del Cav. Avv. Giuseppe Gugliuzza (presente

nel gruppo di pellegrini in qualità di rappresentante della sezione di Civitavecchia-Tarquinia), ci ha consentiti l’incontro con Mons. Pizzaballa. Sono tutte anime che non smettono di amare – anche a distanza – la culla della nostra fede. «La Chiesa universale è presente, alimenta il respiro di ogni nostra azione, missione, testimonianza, e motivazione». Con Mons. Pizzaballa, non solo un confronto su politica e cultura ma anche sguardo sulla “famiglia” dei cristiani, inevitabilmente compromessi nei rapporti personali dalle storiche lotte interne. Varietà di culture e di sentimenti tra il numeroso clero della Diocesi di Gerusalemme «composto da 104 sacerdoti, in prevalenza francescani residenti qui in città, e sacerdoti secolari di origine giordana e palestinese, distribuiti nelle nostre 67 parrocchie». Differenze che si

rifanno non solo alle origini diverse, ma anche alla generazione in cui sono cresciuti: «Coloro che hanno vissuto la prima intifada si portano dentro ancora il dolore e il rancore del lungo scontro tra palestinesi e israeliani, diversamente per i sacerdoti più giovani». Ciò che invece unisce è la dimensione di un clero ancora molto secolarizzato, difficile rispetto ad una apertura laica quale forza necessaria e normale per essere ancora saldi, ancora solidi. Gerusalemme rimane il «cuore per ebrei e musulmani della loro identità nazionale e religiosa» ma i cattolici, con Mons. Pizzaballa, sono i costruttori silenziosi di quel ponte oggi invisibile che renderà la Città santa luogo della fraternità universale. La terra di Gesù è come un tesoro da custodire a partire dai nostri cuori.

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fatima

dove vivono semplicita' e umilta' Nel centesimo anniversario dell'apparizione della Madonna, un pellegrinaggio sui luoghi dei tre pastorelli Di ILARIA CERVO

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luglio, il vescovo Mons. Valentino Di Cerbo ha accompagnato a Fatima un gruppo di pellegrini provenienti da alcune parrocchie della diocesi di Alife-Caiazzo. Cinque giorni intensi, scanditi dalla preghiera e dal silenzio che ancora caratterizza la Cova d’Iria, il luogo dove nel 1917 apparve, ai tre pastorelli, la Vergine Maria. A differenza di tanti altri Santuari dove, purtroppo, a farla da padrone sono soprattutto commercio e rumore, chi visita Fatima può ancora percepire quella semplicità e quell’umiltà di cui si servì Maria per comunicare con il mondo. Nel villaggio dei tre pastorelli così come nella grande spianata dove sorgono la Basilica, la nuova chiesa e la Cappellina delle Apparizioni, ci sono silenzio e quiete. Si parla, naturalmente, a bassa voce per poter godere a pieno della fonte di fede. Anche nel momento di maggiore 8

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presenza di persone, come può essere quello della fiaccolata che si ripete ogni sera, non si sentono voci fuori posto. Ma solo preghiera. Commovente ascoltare, mentre la si recita, l’Ave Maria in tante lingue diverse che si fondono e si confondono per concludersi in un unico Amen!

Chi visita Fatima può ancora percepire quella semplicità e quell’umiltà di cui si servì Maria per comunicare con il mondo. E poi di nuovo tutto tace. Si avverte dentro di sé una sorta di pudore ad usare un po’ in più la propria voce.

Non sono mancati, durante il pellegrinaggio, ed era giusto che fosse così, anche momenti di sano turismo, fin dall’arrivo, il primo giorno, con la visita al villaggio medievale Obidos, con le sue splendide chiese dalle pareti rivestite con piastrelle bianche e blu, passando poi, nei giorni successivi, al Monastero di Batalha e tanti altri monumenti e chiese, fino a perdersi nell’immensità dell’Oceano Atlantico, visto da una terrazza di Nazarè. Insieme al Vescovo, si sono presi cura del gruppo altri quattro sacerdoti: don Antonio Di Lorenzo, don Armando Visone, don Giovanni Fusco (che ha curato l’organizzazione del pellegrinaggio in quanto Responsabile diocesano dell’apposito Ufficio) e don Antonio Chichierchia.


Fatima "accompagna la storia dell’umanità in ogni epoca"; il "grande dono" del centenario è stata la canonizzazione dei pastorelli Francesco e Giacinta, "senza i quali questo centenario non sarebbe stato completo." Così il vescovo di Leiria Fatima, Mons. Antonio Marto, al termine del centenario in ricordo dell'apparizione della Vergine ai tre pastorelli. Un "nuovo approccio" al Messaggio di Fatima, ha rappresentato il nucleo dell'episcopato del vescovo Marto negli ultimi anni, un "cambiamento di registro o di registri" passando da una visione "meramente devozionale" o di curiosità "a volte languida" sui segreti, per osservare gli avvenimenti della Cova da Iria "nella sua globalità", "andando al nucleo" e cercando di percepire la sua attualità.

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cammino di SANTIAGO L'ESPERIENZA CHE TI CAMBIA LA VITA

Di MARIAGRAZIA NASSA

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ono trascorsi ormai diversi mesi da quando abbiamo preparato i nostri zaini accompagnati soltanto dall’essenziale. Nel cuore di tredici persone, appartenenti a diverse parrocchie, sono ancora vividi i ricordi. Ognuno con la sua storia ma tutti con lo stesso desiderio di arrivare a Santiago. Sei giorni di cammino. Le nostre giornate sono state intense: sveglia all'alba, tutto nello zaino e via. Abbiamo avuto l’opportunità di ammirare differenti paesaggi dove la natura entra in comunione con l’essere umano. Spesso camminando lungo stradine in mezzo ai boschi nel più totale silenzio, tra ruscelli e antichi ponti. Anche alcuni paesini attraversati sembravano di altri tempi, come il villaggio di Leboreiro, dal chiaro sapore medievale, luogo di passaggio per raggiungere la vitalità della città di Melide. Questo uno dei tratti più belli del pellegrinaggio. Il cammino è soprattutto solitudi-

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ne e silenzio per ascoltare, ascoltarsi dentro e per ascoltare Dio. Allo stesso tempo il pellegrino non è mai solo, ma in compagnia di altri con cui condividere la fatica, le storie e la propria allegria. Come dimenticare la donna australiana dallo zaino pesantissimo e dalla forte tendinite che alla domanda: «Ma lei è da sola?» ha risposto: «Sì. Anzi, no! Io ho te, il tuo amico e l’altro ancora». È stato bello ritrovarsi, non solo durante il percorso ma anche nelle soste e nelle piccole chiese dei villaggi per partecipare insieme alla celebrazione Eucaristica. Le persone che abbiamo incontrato erano tutte persone straordinarie, forse perché il cammino tira fuori il meglio di ciascuno. È bello pensare che ogni pietra che abbiamo calpestato è stata sfiorata per migliaia di volte da altrettante persone che andavano nella stessa direzione, ogni traccia lasciata sul cammino è stata posta da chi prima di noi in quel luo-

go ha abbandonato qualcosa, un pensiero, un dolore, un segreto, sotto forma di sasso, di una targa, di un ramo spezzato o un paio di scarpe abbandonate sul cippo che indica i km mancanti a Santiago. E poi l’arrivo. A pochi chilometri dalla città già c’era in noi l’entusiasmo di chi ce l’ha fatta ed esulta in canti di gioia e di lode. La vista della maestosa cattedrale e lo spettacolare volo del botafumeiro ci ha lasciati col fiato sospeso. Abbiamo ripensato alle sofferenze e ai motivi per cui abbiamo scelto di fare il cammino, giungendo alla conclusione che il tutto è avvenuto solo per un semplice e caloroso abbraccio che sa di preghiera, di supplica e silenzio, ma soprattutto di grazia. Un abbraccio a Santiago che ci ha permesso di camminare verso di lui e renderci conto che tutto quello che pensavamo di non essere in grado di fare, siamo stati invece capaci di farlo per la fede in Gesù.


Sono partiti dall'abbazia benedettina di Samos in direzione Sarria lì dove ha inizio l'ultimo tratto del Cammino di Santiago.

i protagonisti «Il cammino è in sé la metafora della vita: porsi un obiettivo e raggiungerlo nonostante i tanti dolori che lo contraddistinguono e grazie soprattutto alle mille emozioni che ti regala gratuitamente». Giovanni

Da qui, sono 115 i km che separano i pellegrini dalla capitale compostelliana ed è qui che si ottiene la Compostella, carta da viaggio dei pellegrini, comunemente nota anche come credenziale, in cui si "timbrano" i passaggi attraverso i luoghi che conducono alla tomba dell'apostolo Giacomo. Un gruppo di 13 giovani, di Raviscanina, Caiazzo, Piedimonte Matese, Sant'Angelo d'Alife, Riardo accompagnati da don Armando Visone ha percorso la strada verso la meta, nel cuore di una torrida estate, in agosto. La fatica non li ha fermati, anzi, li ha sospinti sempre più velocemente in avanti.

«Non è importante quanto tempo sia durato, è un qualcosa che porterai dentro di te per il resto della vita». Manuela «Ero partita per una semplice curiosità e per mettermi alla prova, con la voglia di una ricerca spirituale personale. Ho avuto momenti di riflessione e ho scoperto una nuova dimensione. L’inizio di quel cammino è stato l’inizio del resto della mia vita». Gilda «Potrei parlare e narrare dei sei giorni di cammino all’infinito, ma di sicuro non vi avrei detto nulla di quanto ho vissuto. […] Non è un’impresa eroica, ci vuole solo tanto spirito di sacrificio e adattamento, ma la ricchezza e la gioia di questa esperienza è indicibile». Velia n.4

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Una Chiesa che vive

in cerca d'identita' in cerca di dio Il Catecumenato crismale in 16 parrocchie della Diocesi di Alife-Caiazzo. La proposta lanciata nel 2013 prende forma e ma soprattutto contuinuità. Ci affacciamo nuovamente a questo "spaccato" giovanile che nel periodo estivo si carica di maggiori impulsi e pone le basi per i mesi che seguono

Di PAOLO VITALE

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atecumenato crismale che si allarga a numerose parrocchie della Diocesi di Alife-Caiazzo e raccoglie consenso prima di tutto tra i destinatari della proposta, cioè i giovani, e poi tra i catechisti e i parroci “contagiati” a loro volta dall’entusiasmo e dalla passione che muove i gruppi.

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Stiamo parlando di una proposta di fede che nel 2013 il Vescovo Mons. Valentino Di Cerbo ha inserito nelle Norme per l’Iniziazione cristiana, un ampio progetto destinato alla formazione di tutti, dalle famiglie dei battezzandi, ai ragazzi della prima comunione e a quelli che l’hanno appena fat-

ta, ai giovani “fuori dal giro” parrocchiale, a quelli che un po’ più adulti chiedono la cresima, fino agli sposi e alle famiglie che poi accompagneranno i figli alla prima comunione. Progetto che non esclude alcun battezzato da una proposta che chiede di investire le proprie risorse e un pizzico di co-


una chiesa a misura di giovani e' posssibile Esperienze da Pontelatone e Piana di Monte Verna

raggio a vantaggio di una più grande famiglia che è la comunità parrocchiale. A tutti la richiesta di essere nella parrocchia protagonisti, custodi, fratelli con proposte e iniziative racchiuse in progetti, in percorsi precisi, in itinerari. Sul Catecumenato crismale prevale in questo momento l’entusiasmo e la fiducia nella proposta: ai ragazzi è chiesto di sperimentare la dimensione del gruppo accompagnandosi ad un’esperienza di relazioni e di fede, e poi di assumere un impegno concreto nella comunità di appartenenza dopo aver ricevuto il sacramento della Confermazione. Non mancano fragilità o incertezze sullo stesso progetto lì dove vi sono parrocchie “senza sbocchi” per i più giovani: Caritas, Azione Cattolica, gruppo liturgico, gruppo dei catechisti sono quel campo che dovrebbe accogliere il nuovo seme destinato a germogliare con idee, freschezza, entusiasmo attraverso i giovani cresciuti nel catecumenato. L’altra faccia di questa esperienza è la strada, per catechisti ed aducatori, di un altro protagonismo che vivifica la Chiesa la rende sorridente, accogliente, vicina, a portata di mano… In questo ampio e articolato percorso si inseriscono le esperienze di alcuni gruppi che ci hanno aggiornati sulle ultime attività e su quelle in cantiere. Quello che segue è un tour, attraverso le loro parole, che ci porterà a Pratella, Alvignano, a Piana di Monte Verna e Pontelatone.

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erché tanti giovani lontano dalla Chiesa? Perché tanta difficoltà a dialogare? Perché tanto guardarsi a distanza? La parola ascoltata dai giovani dice che la Chiesa, nella persona dei suoi ministri, non è più credibile, o ancora perché non ci regala una vera esperienza di fede. Coraggio e severità da parte di quei ragazzi così capaci di guardare la realtà, e raccontarla (dal loro punto di vista). Audaci fino in fondo! Perché a cambiare le carte in tavola, a fare diversa la loro esperienza di Chiesa ci hanno provato eccome. Il Catecumenato crismale che la Diocesi di Alife-Caiazzo propone come scelta di vita e di fede per molti di loro è stata la risposta (inattesa) alle loro attese. “Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (Papa Francesco, Evangelii gaudium, 20). Proprio sulla base di questo documento si fonda e diventa più concepibile l’esperienza del Catecumenato in Diocesi. Il primo mattone di questa esperienza si posa a Pontelatone, presso la parrocchia di Santa Maria dell’Orazione, dove il Vescovo Mons. Valentino Di Cerbo affida l’esperimento con i più giovani al seminarista Paolo Vitale, ormai prossimo al diaconato. Un piccolo borgo di 2000 abitanti si vede invadere da questa novità: non si comincia in parrocchia, ma per strada, nei bar, all’aperto,

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raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (Papa Francesco, Evangelii gaudium, 20). Proprio sulla base di questo documento si fonda e diventa più concepibile l’esperienza del Catecumenato in Alife-Caiazzo. Il primo mattone di questa "storia giovane" si posa a Pontelatone, presso la parrocchia di Santa Maria dell’Orazione, dove il Vescovo Mons. Valentino Di Cerbo affida l’esperimento con i più giovani al seminarista, oggi diacono, Paolo Vitale.

Un piccolo borgo di 2000 abitanti si vede toccare da questa novità: non si comincia in parrocchia, ma per strada, nei bar, all’aperto, su un campo di calcio. Si chiama evangelizzazione, ma i ragazzi non lo sanno; lentamente si staccheranno dai loro presìdi e metteranno piede anche in Chiesa (la strada e gli spazi di vita rimangono i luoghi privilegiati dell’evangelizzazione) perché l’incontro con Cristo è nella preghiera, nell’Eucarestia. Incontri, confronti, dialogo, preghiera, Si chiama evangelizcampi scuola, vita di gruppo una volzazione, ma i ragazzi ta a settimana, ma anche tutti i giorni per chi ne ha voglia. Funziona così: il non lo sanno; lentacatecumenato crismale è esperienza di famiglia, di spiritualità e di missione mente si staccherantanto che quella di Pontelatone preno dai loro presìdi e sto si fonde con l'esperienza di Piana di Monte Verna, dove la parrocchia di metteranno piede Spirito Santo rilancia la medesima proanche in Chiesa. posta, con il medesimo e sorprendente risultato positivo.

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Esperienza di contatto con il mondo a 360 gradi: anche il tema dell’ambiente, a partire dalla Laudato Sì di Papa Francesco diventa motivo di riflessione, preghiera, azione: il gruppo di Pontelatone non teme di dedicarsi a ripulire gli spazi e le strade cittadine. Dalla vita, ad una più intensa dimensione spirituale il passo è graduale, cercato, voluto dai ragazzi e dai loro animatori. Tra le tappe del cammino il toccante momento di incontro con lapovertà (in più appuntamenti) presso la casa delle Suore di Santa Teresa di Calcutta a Napoli, in uno dei quartieri più vivi di miserie. Le pulizie, la colazione, i pranzi, le feste con gli ultimi, i barboni, che le suore servono ormai da anni sono diventati anche l'impegno dei nostri ragazzi che ha acceso un’attenzione diversa nei confronti della povertà che vedono e toccano nei loro diretti ambienti di vita, in paese. E poi il loro ruolo nella famiglia cristiana della domenica a messa: la celebrazione eucaristica domenicale è diventata una scelta consapevole, felice, necessaria di cui hanno cura loro per primi. Vale per Pontelatone, ma anche per Piana: sono nati nuove scholae cantorum e anche l’idea di un gruppo di animatori liturgici, in particolare per coloro che hanno già fatto la Cresima. Stessa “passione” trasmigrata su di un gruppo di ministranti o verso attività sportive sempre legate ad iniziative parrocchiali.


il sogno di volare alto Da Pratella, il racconto del giovane gruppo

Alla mensa Panis Caritatis (sopra a destra) i giovani del gruppo Vola Alto si sono dedicati per un'intera mattina alla preparazione dei pasti, al servizio a tavola e ad un momento formativo sul valore della solidarietà

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ola Alto è il nome che si sono scelti i giovani del Catecumenato della parrocchia di San Nicola di Bari in Pratella. Hanno risposto volentieri all’invito del parroco don Gregorio Urrego e delle catechiste. Tutto ha avuto inizio da una serata in pizzeria, poi gli incontri successivi fatti di divertimento, gioco, riflessione: l’amicizia, l’amore, il dono, la vita sono stati i temi più cari al gruppo affrontati secondo il Vangelo, secondo il personale punto di visto e in particolare secondo “l’esperto”. È stato il caso dell’incontro con Angela Zoccolillo responsabile in Diocesi del Movimento per la Vita o dell’esperienza presso la Mensa Caritas Panis Caritatis a Piedimonte Matese. Vivi anche in parrocchia, nei momenti più forti dell’anno liturgico compresa la festa del Santo Patrono presieduta dal vescovo Valentino. Tra i momenti più forti per i ragazzi la Pasqua di un anno fa e

il tempo successivo in cui i ragazzi hanno lavorato sulla bellezza del creato e il continuo parallelismo con una dimensione interiore che se curata genera l’incontro sereno con Cristo e la sua Parola. Non è mancato l’incontro con la santità, nella figura di Santa Rita, icona di amore e misericordia e il successivo approfondimento della parabola del buon samaritano per scoprire che la povertà e il bisogno non sono dall’altra parte, ma lungo la via, negli incontri di tutti i giorni. Un tempo intenso che si è concluso (o meglio, ha trovato solo una pausa) dopo il Grest, in cui ancora una volta protagonisti, accanto ai più piccoli sono stati proprio i ragazzi del gruppo “Vola alto”.

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Una Chiesa che vive

Don Antonio Rinaldi parroco di Santa Croce a Castello del Matese e don Domenico Iannotta parroco di San Giovanni Battista a Letino hanno celebrato cinquant'anni di sacerdozio

i frutti di una buona semina Di GIOVANNA CORSALE Castello del Matese ue sacerdoti dediti al servizio della Diocesi di Alife-Caiazzo, esempio per i più giovani e punto di riferimento per le comunità in cui hanno vissuto e che sono diventate la loro famiglia. Don Antonio Rinaldi e don Domenico Iannotta hanno festeggiato il 50° anniversario di sacerdozio, un traguardo a cui ogni prete guarda con speranza, confidando nella volontà del Signore sulla propria vita. Il 15 luglio la comunità di Castello del Matese si è stretta intorno al suo parroco, don Antonio, ricordando insieme ad amici, parenti, confratelli e al vescovo Valentino Di Cerbo il lungo periodo della sua vita sacerdotale accanto alle diverse Comunità parrocchiali di Sant'Angelo d'Alife e Castello del Matese. Il clima di entusiasmo ha contagiato coloro che hanno partecipato all’evento, leggendo (andando a ritroso con la mente) nel ministero svolto fin qui da don Antonio, la «forte testimonianza della sua fedeltà a Dio», come ha ricordato

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Mons. Di Cerbo nell'omelia. La funzione solenne è stata preceduta da giorni di preghiera per le vocazioni, animata da diversi sacerdoti diocesani; ma il regalo più significativo, che la comunità di Castello ha riservato al caro don Antonio è stata l’istituzione di una borsa di studio di cui si sono fatti carico tutti i paesani. Un premio destinato a giovani del posto per sostenerli nello studio e nella scelta di una strada per il futuro. La continuità del progetto è nelle mani dell'Amministrazione comunale che ha già ufficializzato il proprio impegno per gli anni futuri. Richiamandosi all’episodio del “seminatore” (Mt 13, 1-23), motivo di preghiera e di riflessione tramite il Vangelo di questa giornata, il vescovo Valentino ha declinato la sua omelia sui frutti che una buona semina permette di raccogliere, dove il seminatore è Dio, il quale «genera la vita, la primavera. Sparge dappertutto la sua Parola che si fa concreta nel figlio Gesù, per dimostrare la sua eterna

fiducia nell’uomo, ossia il terreno che l’accoglie (…)».

La vita di don Antonio, come quella di ogni sacerdote, è stata un «buon terreno»? Il Vescovo si è rivolto ai presenti, elogiando l’anziano parroco per l’audacia, la perseveranza e il coraggio con cui prosegue la sua missione sacerdotale, nonostante le non semplici condizioni di salute. Uomo di parola e di Parola, abile comunicatore, sempre un passo avanti e aggiornato


rispetto alla modernità. Tra i primi e forse tra i pochi a dare vita a quei fogli parrocchiali che con il tempo hanno assunto il tono di un vero e proprio giornalino, segno di identità per le comunità che ha guidato. Senza temere di spendersi troppo, ha investito il suo tempo migliore per la formazione dei laici suoi collaboratori. Al messaggio del Vescovo sono seguite parole di stima e affetto da parte dei Sindaci presenti, Antonio Montone di Castello e Vittorio Folco di Sant'Angelo d'Alife (dove don Antonio è stato lungamente parroco); il primo facendosi portavoce dell’intera popolazione, ha ribadito che per tutti don Antonio continua a rappresentare un fratello maggiore, un padre, un modello, un testimone vero. Al termine della funzione, don Antonio ha espresso gratitudine sincera nei confronti di chi presta aiuto, con intelligenza e operosità, in parrocchia, delle tante persone accorse da fuori, ma anche verso ogni singolo membro della Chiesa, la sua vera grande famiglia. La festa è continuata a Sant’Angelo d’Alife nei giorni successivi. Qui, su iniziativa del parroco don Mario Rega, tutta la comunità parrocchiale di Santa Maria della Valle ha voluto rendere onore all'anziano sacerdote per l'esperienza di vita comunitaria vissuta grazie alla sua presenza in paese, durata circa trent’anni. Al bel momento di gioia e preghiera hanno preso parte anche i sacerdoti originari di Sant’Angelo (don Alfonso De Balsi, don Domenico La Cerra, Padre Paolo Maiello, don Armando Visone) l’Azione Cattolica parrocchiale e l’Amministrazione comunale. Letino Un clima di calore familiare ha accompagnato la serata del 30 luglio,

quando a Letino don Domenico Iannotta,ha celebrato lo stesso traguardo. Ordinato nel 1967 da Mons. Vito Roberti, dopo una breve permanenza nella parrocchia di Ave Gratia Plena, don Domenico ha raggiunto la parrocchia di San Giovanni Battista in montagna, dove prosegue da 43 anni la sua missione con immutata intensità e passione. Persona dolce, umile e sempre disponibile, come lo ha descritto Mons. Di Cerbo nel corso della celebrazione eucaristica da lui presieduta, funzione alla quale hanno preso parte diversi confratelli e le comunità di Letino, Valle Agricola (paese di nascita di don Domenico), Gallo Matese (comune confinante con Letino, nella diocesi di Isernia). A Letino don Domenico è ormai diventato membro essenziale della comunità civile, che nei confronti del suo parroco nutre sentimenti di profonda stima e riconoscenza per l’umanità e la carità che egli ha saputo seminare in questo lungo periodo. «Il sacerdote scommette tutto su Gesù e capisce così che la sua vita è un dono per gli altri»: sono queste parole che il Vescovo ha scelto per riferirsi all’anziano prete, che negli anni ha presidiato il borgo, ne ha avuto cura, cercando di non far avvertire la distanza geografica e a volte penalizzante che questa comunità tutt'ora subisce rispetto ai centri più a valle e più popolosi. Ha lavorato perchè la parrocchia si sentisse immersa nella storia e nelle iniziative della Diocesi. E ci è riuscito. La presenza di don Domenico è stata molto significativa all’interno della stessa Diocesi, sia per il suo ruolo di assistente all’Azione Cattolica, sia per l’incarico di Cancelliere vescovile svolto in Curia. Nel lavoro, come nella sua vita sa-

cerdotale, si è sempre speso con tenacia, sempre alla ricerca del bene più grande sempre e solo attraverso la sua semplice esperienza di vita. Vicini a don Domenico, nel giorno a lui riservato, oltre si familiari (in particolare le tre sorelle Suor Rita, e Maria e Ornella con le rispettive famiglie), i fedeli e tanti amici, il sindaco di Valle Agricola Rocco Landi, ed il sindaco di Letino Fausto Perrone che lo hanno ringraziato omaggiandolo di una targa ricordo a nome della popolazione tutta.

Toccante il momento in cui don Domenico, con animo colmo di riconoscenza, ha espresso la sua richiesta, fatta con l’atteggiamento discreto che gli appartiene: per ciascuno di quei figli un cammino verso la santità, difficile sì, ma non impossibile. Alla messa è seguita una parentesi di convivialità, che si è tenuta presso i campetti sportivi comunali, organizzata dalla famiglia del sacerdote e a cui hanno partecipato un gran numero di amici e parrocchiani. È stata quella un’ulteriore dimostrazione del solido legame coltivato nel tempo, espressione eloquente di un’epoca importante della storia di Letino.

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Sinodo diocesano

strade tracciate A cura della Redazione

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assione, gioia, premura, sinodalità, rispetto: un Sinodo che si conclude ad ottobre con importanti consegne alla Chiesa Chiesa di Alife-Caiazzo da parte del Vescovo Valentino. Bilancio di un episcopato, a scadenza naturale nel settembre 2018 che porta con sè i segni del lavoro, della fedeltà alla Cheisa di Cristo, della fretta evangelica mossa dalla passione per il Vangelo e per gli uomini. Un Sinodo che apre la strada della Diocesi alla vera esperienza di unità, quella che faticosamente ha provato ad emergere negli ultimi trent'anni dopo l'unificazione delle due ex diocesi di Alife e Caiazzo. Negli ultimi anni, prima un Convegno diocesano (in occasione del Giubileo della Diocesi), poi la Prima Visita Pastorale, e in ultimo il Sinodo, l'essere uno, l'essere insieme di una chiesa che molteplice e diversa si trova una nella fede, ma soprattutto nella condivisione del cammino. Un Sinodo che "rivede" abitudini, schemi, protocolli, rinforza tradizioni o le migliora. La prossima pubblicazione del Libro, contenente l'intero lavoro compiuto in un anno di confronto e "normato" per essere applicato, rivelerà tutto questo, ma soprattutto la passione e l'entusiasmo con cui i membri sonodali hanno lavorato. E proprio ad essi Mons. Di

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Cerbo, nell'omelia della messa di chiusura in Cattedrale, ha manifestato gratitudine, riconoscenza per la serietà e la continuità dell'impegno assunto; parole di particolare riguardo alla Segreteria, responsabile per l’intero anno del coordinamento delle attività e della revisione del lavoro gradatamente svolto. Un grazie esteso ai tanti che nei mesi precedenti le Assemblee hanno lavorato dalla parrocchie contribuendo a far crescere di spessore e contenuti le riflessioni sui cinque ambiti di lavoro (catechesi, liturgia, carità, forme di partecipazione, amministrazione).


Dopo i lavori nelle commissioni e le assemblee di forania, il 1 maggio 2017, i 141 delegati al Sinodo diocesano giurano solennemnte sul Vangelo il loro impegno per la Chiesa locale. Da questo momento seguiranno le assemblee sinodali per la votazione dei 5 Documenti.

Da maggio a settembre, la Cattedrale diventa l'aula sinodale dove vengono votati i testi e discussi gli emendamenti.

Partecipano mediamente alle assemblee 120 persone. Sono 7 gli incontri, per un totale di 14 ore di discussione e votazione; 81 interventi in aula cosĂŹ suddivisi: 26 per il I documento, 26 per il II, 10 per il III, 12 per il IV, 7 per il V. L'ultimo incontro, il 22 settembre, diventa occasione per fare sintesi dei numeri, dei dati, ma soprattutto dello stile partecipativo, e dei contenuti che meglio e maggiormente sono stati toccati. Il 14 ottobre, la messa conclusiva (nelle foto a seguire) e la lettura del Decreto di chiusura del I Sinodo diocesano.

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passione gioia premura sinodalita' rispetto Le consegne del Vescovo alla Diocesi. Cinque prospettive, ciascuna per ogni ambito della vita ecclesiale. Cinque piste cercate, oggi individuate e subito da percorrere.

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assione: l’annuncio del Vangelo e il rinnovamento delle nostre Comunità non decolleranno senza preti e fedeli appassionati e disposti a mettersi in gioco per il Regno; gioia dell’incontro con il Signore: le nostre Chiese saranno sempre più vuote di domenica e piene soltanto di gente che compie doveri di convenienza in circostanze sociali particolari, se non faremo percepire attraverso la cura della dignità e della pregnanza spirituale della liturgia che lì accade qualcosa di alto e di speciale, che lì si incontra Colui che rappresenta la grande opportunità della nostra vita; premura che nasce dal nostro sguardo di fede verso i fratelli e porta a farsi carico dei poveri e degli ultimi e dei tanti drammi e ferite del nostro territorio; sinodalità che ci fa guarire della malattia dell’individualismo e, ci porta ad essere costruttori del "noi" e valorizzatori del dono di ciascuno per il bene comune; rispetto per i beni della Chiesa e dell’eredità a noi consegnata dalla fede delle generazioni presenti e passate, da amministrare con scrupolo, trasparenza, competenza e somma cura. Ve le affido perché rappresentino gli indicatori di marcia della nostra Chiesa del dopo Sinodo e la rendano realtà che, rinunciando all’immobilismo ed alla incapacità di osare, acquista significato e legittimità nei rapidi mutamenti che caratterizzano il nostro tempo e il nostro territorio, continuando ad essere percepita come madre e maestra di vita, e via al futuro di Dio». La lunga consegna di Mons. Valentino Di Cerbo alla sua chiesa in chiusura di Sinodo, nella Cattedrale di Alife il 14 ottobre 2017. In un giorno «che segna la storia della nostra Diocesi» ha spiegato Mons. Di Cerbo durante l'omelia, per aver visto compiersi un sinodo, il primo del suo tempo moderno a distanza di più di ottanta anni dall'ultimo della Diocesi di Caiazzo e oltre 100 anni da quelli di Alife. Il primo grande traguardo, il primo risultato di questa celebrazione è stata la percezione di un evento e di una possibilità dell'unica famglia di Alife-Caiazzo: un percorso lento, costruito a partire dalla Visita Pastorale, che consentiva nelle settimane e nei mesi di incontro tra il Pastore e le singole comunità parrocchiali di ascoltarsi, dialogare, pregare insieme, conoscersi, rafforzare il proprio sentimento religioso, maturare la propria fede, assumere l'atteggiamento propositivo e disponibile di credenti partecipi e responsabili. Da due esperienze, una conseguenza dell'altra emerge oggi non più la domanda di identità "chiesa di Alife-Caiazzo chi sei?" ma la sollecitazione "Chiesa di Alife-Caiazzo prendi in mano la tua storia e il tuo sogno e guarda avanti, procedi sulle strade della quotidianità tendendo la mano ai fratelli; fatti prossima..." «Tutto nasce ci ricorda il Vangelo di Matteo (16, 13-19), dal nostro rapporto con Gesù». Il Vescovo nell'omelia ha fatto riferimento alla Parola di Dio proclamata. «Se è autentico ed espressione di amore e di passione condivisa per il Regno, rende ciascuno di noi artefice di quella umanità


nuova – la Comunità dei discepoli del Signore –, cui è legata la riuscita della Storia e delle piccole storie dei nostri territori. Pertanto, per scoprire se il Sinodo segnerà la nostra Chiesa o sarà soltanto un episodio da affidare agli storici o ai ricordi personali, ognuno di noi è chiamato a rovistare nel suo cuore alla ricerca di un po’ di amore per il Signore e a chiedersi: essere cristiano per me significa voler bene a Gesù? Il mio essere fedele laico, religioso, prete o vescovo si fonda su una passione per Dio e per i fratelli, simile a quella che brucia nel Suo cuore?». L'icona biblica del Sinodo "E camminava con loro" dove il cuore dei discepoli brucia di quella passione che viene da Cristo risorto, torna ad imporsi come esperienza da vivere, da sperimentare sulle strade di ogni giorno, lì dove la missione deve compiersi, verso le periferie dell'esistenza umana e quelle geografiche delle nostre chiese: «Il Sinodo, ricordando le responsabilità di noi cristiani verso il territorio, ci ha indicato anche le enormi potenzialità che le nostre comunità, diocesana e parrocchiali, racchiudono in sé, per farlo rifiorire, attraverso la conversione pastorale delle nostre strutture, spesso bloccata da montagne di accidia, di paure e di superficialità; l’ardore missionario; l’andare verso le periferie esistenziali… Si tratta di un compito grave e ineludibile, cui ci sollecitano quanti, anche se criticandoci, guardano a noi per vivere una umanità autentica, attendendo da noi parole e gesti nuovi che profumano di Vangelo».

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il decreto di chiusura del sinodo Visto il Nostro Decreto in data 4 Novembre 2016 con il quale veniva indetto e convocato il Primo sinodo della Diocesi di Alife-Caiazzo, assumendo come tema generale: “ E camminava con loro”, ispirato all’icona biblica dei discepoli di Emmaus (Lc 24,15) e invitando il popolo di Dio che è in Alife-Caiazzo a farsi discepolo in cammino pronto a scoprire il volto del Risorto nell’ascolto della Parola di Dio e nello spezzare il pane per testimoniarlo con gioia nel territorio; Facendo memoria della solenne apertura avvenuta nella Cattedrale di Alife il giorno 1 Maggio 2017, durante la quale la Chiesa di Alife-Caiazzo affidava allo Spirito Santo ed alla Vergine Maria ed ai Santi Protettori Sisto e Stefano il cammino sinodale; Portato a compimento, nel devoto ascolto dello Spirito Santo, il lavoro di discernimento e di riflessione nella sedute dell’Assemblea Sinodale, svoltasi dal 5 Maggio 2017 al 22 Settembre 2017, nelle quali i Documenti preparatori elaborati dalla cinque Commissioni sono stati presentati ed emendati nel rispetto delle norme del Regolamento del Sinodo; Visto il testo del Documento finale che, presentato all’Assemblea sinodale nelle sessioni conclusive in data 11 e 22 Settembre, a norma dell’Art. 21 del Regolamento, è stato votato a maggioranza ed è stato definitivamente approvato; Dopo averlo attentamente e personalmente esaminato alla luce della Parola di Dio, del Magistero e della disciplina della Chiesa e, preso atto della necessità di proporre, a norma del canone 466 del C.J.C., in forma ufficiale il Documento all’intero popolo di Dio che è in Alife-Caiazzo; Esprimendo apprezzamento e riconoscenza a tutti i membri sinodali, di cui abbiamo potuto costatare il senso di appartenenza alla Chiesa e la disponibilità alla comunione; Con animo colmo di gratitudine al Signore che ha mandato il suo Spirito sulla Chiesa che è in Alife-Caiazzo, alla Vergine Assunta in cielo, titolare di questa Chiesa Cattedrale, in cui si è svolto il Sinodo, ai Santi Patroni Sisto e Stefano; in virtù della potestà ordinaria, oggi 14 Ottobre 2017, Celebrazione della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, DECRETIAMO è dichiarato chiuso il primo Sinodo diocesano della Diocesi di Alife-Caiazzo; è promulgato il Libro Sinodale, disponendone la pubblicazione e stabilendo che le norme in esso contenute entrino in vigore il 1 Gennaio 2018, abrogando tutte le disposizioni contrarie e non conformi, auspicando che esso sia guida sicura per il cammino di fede del popolo di Dio che è in Alife-Caiazzo, al quale chiediamo di assumere dinanzi a Dio un impegno vivo per l’annuncio del Vangelo ed una profetica testimonianza cristiana. Dato, in Alife, nella Chiesa Cattedrale, 14 Ottobre 2017 Il Cancelliere Vescovile Mons. Alfonso Caso

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Al termine della Celebrazione, il vicario generale Mons. Alfonso Caso ha dato lettura del Decreto di chiusura del Sinodo, firmato da lui e dal Vescovo


Una Chiesa che vive

uscire da se stessi In Cattedrale l'ordinazione diaconale di Alessandro Occhibove e Paolo Vitale. Folla di giovani da diverse parrocchie Di ALDO MEOLA

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a consegna del Vangelo, un gesto semplice e povero, esplicita chiamata al servizio. In questo gesto di “passaggio” dalle mani del Vescovo a quelle dei diaconi Paolo ed Alessandro si è racchiuso il senso di una celebrazione in cui preghiera, festa, ma soprattutto attesa e speranza hanno colmato il cuore dei presenti. Due nuovi diaconi per la Diocesi di Alife-Caiazzo. Paolo Vitale e Alessandro Occhibove, entrambi originari di Alife hanno detto il loro “Sì” alla chiamata del Signore e si preparano al sacerdozio. Ecco la gioia di questa Chiesa, l’immagine di un Dio che ha cura dei suoi figli, prende forma e torna a ricordarlo alla piccola terra dell’Alto Casertano dove eventi come questi segnano il passo, rallegrano il cuore di tutti, non restano anonimi, animano le città, portano pace… Cattedrale gremita la sera del 9 dicembre; in tanti si sono mossi dalle parrocchie in cui i due giovani prestano o hanno reso il servizio pastorale negli ultimi anni (Letino, Pontelatone, Castel di Sasso, Piana di Monte Verna), ma soprattutto i giovani hanno affollato n.4

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la chiesa, coloro che sono i diretti destinatari della missione affidata dal Vescovo Valentino a Paolo ed Alessandro, quella cioè di averne cura con la formazione, la preghiera, la compagnia, la guida spirituale. Presenza che ha suscitato il “grazie” di Mons. Di Cerbo, tanto ai due novelli diaconi, quanto ai ragazzi giunti per la celebrazione: gratitudine che sintetizza la corrispondenza di amore, di servizio, di dono alla base della bella relazione tra i due futuri sacerdoti e i giovani di cui hanno cura. Così il Vescovo ha manifestato la propria riconoscenza: «Una vocazione è frutto anche delle relazioni che si vivono, delle persone che si pongono accanto al nostro cammino… Se anche questi giovani sono qua, è perchè siete stati per loro riflesso di quell’amore gratuito che è dono di Dio. Ringraziamo il Signore per essere qui (…) perchè è dal suo amore riflesso nella fedeltà di ciascuno di noi, che nascono cose grandi, cose belle non solo per la Chiesa ma per il Mondo intero». L’incipit del Vangelo di Marco, proclamato durante la celebrazione, ha guidato la riflessione comune affidata alla parola di Mons. Di 24

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Cerbo: «è un annuncio straordinario che deve riempirci il cuore di gioia, farci sentire uomini chiamati a camminare a testa alta, ad avere speranza, chiamati ad un futuro bello che Dio prepara per tutti suoi figli che come lui…hanno dato segni di amore nella Storia». Sguardo oltre la celebrazione del momento, e prospettive future per la Chiesa locale e il Territorio: sono le prime parole dell’evangelista Marco ad alimentare una speranza; ancora una volta la parola di Dio viene incontro agli uomini: «Questo incipit ben si addice al momento di grazia che stiamo vivendo: ci parla della presenza di Dio tra noi, della sua voglia di ricominciare, di offrirci Gesù come la grande opportunità di essere uomini e fratelli… Questo brano ci apre il cuore facendoci scorgere dietro la routine della nostra esperienza quotidiana di chiesa che lui cammina con noi, e che noi chiesa, siamo la sua sposa cui oggi ci fa un dono nuziale grande che parla di futuro…». All’indomani della Visita Pastorale, del primo Sinodo diocesano, due nuove ordinazioni diaconali suscitano sentimenti di gratitudine al Signore e al contempo animano la spinta vocazionale della Chiesa locale che pur con fatica incide la Storia con piccoli segni di santità e di coraggio. I primi versi del vangelo di Marco, filo conduttore dell’intera omelia di Mons. Di Cerbo - presentando la figura di Giovanni Battista quale uomo di Dio in esodo, capace di uscire totalmente da se stesso, fino a scomparire, per annunciare Cristo e la sua speranza – hanno offerto in chiave profetica e vocazionale la volontà divina a proiettare in avanti la storia di Alife-Caiazzo: «Le righe seguenti di questo vangelo ci fanno capire che sono solo gli uomini e le donne che si decidono per lui», intraprendendo un nuovo esodo, «a rendere possibile ed efficace la buona notizia del vangelo…capace di cambiare la storia». Una meditazione che trova riflesso nella scelta di Alessandro e Paolo: «grazie, Paolo e Alessandro, perchè la vostra scelta realizza e rende visibile tutto questo, nella storia di questa Chiesa in questo territorio: senza uomini e donne generose come voi la buona notizia si spegne; affoga nelle volute della routine… Sono le scelte del nostro cuore che rallegrano la vita e la fedeltà di ogni giorno all’amore di Dio che ci chiama».


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