Contemplazione essenziale per lo strumento reale

Salvatore Baldinu

Contemplazione essenziale per lo strumento reale

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Indice

PREMESSA

UN INCONTRO DIFFICILE

IL "VUOTO"

LA RICERCA IPOTETICA

I SIGNIFICANTI DELLA MATERIA E DEL TEMPO

CONFUTAZIONE DELLA RELATIVITA' RISTRETTA

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Premessa Il titolo di questa tesi riassume, in maniera necessaria e sufficiente, il risultato di un lavoro di ricerca e di pensiero sui piĂš discussi temi e problemi della Fisica.

L'approccio al discorso e il conseguente sviluppo potrebbero apparire, a prima vista, inconsueti e azzardati; in ogni caso, diverrĂ presto chiaro che essi non sono stati "ricercati". ma, per cosĂŹ dire, "trovati" o meglio ancora, "visti".

Saranno

poi

esaminati

e

discussi

alcuni

problemi

e

paradossi

del

mondo

fisico

e

dell'epistemologia contemporanea.

Infine, alcune considerazioni di carattere generale si soffermeranno sul rapporto fisica/morale.

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Un incontro difficile

“Ibam forte via Sacra, sicut meus est mos, nescio quid meditans, nugarum totus in illis: accurrit quidam…”

Questi versi di Orazio e il resto della composizione esprimono emblematicamente lo stato d’animo di chi si trovi per caso di fronte a un evento che suo malgrado lo coinvolga in prima persona.

In questo caso, di solito, si avverte un senso di vuoto e contemporaneamente la necessità di cercare l’aiuto di qualcuno o di “qualcosa” che ci metta con sicurezza di fronte alla nuova situazione.

Durante la vita di ogni giorno capita di incontrare persone che non abbiamo mai conosciuto e, se per un qualsiasi motivo dovessimo averci a che fare, allora, per quanto ci è possibile, cercheremmo di prendere informazioni sul loro conto attraverso altri: difficilmente, comunque, ci mettiamo in contatto immediato con uno sconosciuto. Naturalmente, una volta che gli altri ci hanno permesso di farci un’idea circa la persona, utilizziamo, per così dire, “l’idea-persona” quale strumento di approccio per una migliore conoscenza e quindi, in definitiva, per sapere come comportarci con essa.

Questo atteggiamento, d’altra parte, non viene meno quando, in mancanza di intermediari o (raramente) per deliberata scelta, ci troviamo ad affrontare o ricerchiamo un contatto diretto ed immediato con una persona che abbia semplicemente destato la nostra curiosità (magari per un particolare comportamento). Ben presto, infatti, ci accorgiamo che la nostra curiosità si servirà di quel comportamento per dare risposte a quel che di nuovo e inaspettato emergerà da quel rapporto: senza accorgercene, abbiamo sicuramente dato o saremo in grado di dare una spiegazione plausibile del perché di quello strano comportamento, significandolo proprio attraverso “quel che di nuovo e inaspettato abbiamo osservato”.

A voler trarre una conclusione da questi dati, si può, senza fatica ed eccessi di cautela, convenire che il significato di un comportamento umano viene da noi attribuito, per così dire,

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“usandolo” con i fatti seppure ancora incomprensibili che emergano da esso; e che questi ultimi acquisiranno, a loro volta, significato da noi, solo quando saremo in grado di utilizzarli per scoprire nuovi fatti.

E allora il significato (sempre attribuito ai comportamenti umani) dovrà riferirsi a un tempo passato, perché si renderà inevitabile il rinvenimento (se ci sarà!) e l’utilizzo di fatti presenti, quindi significanti, i quali poco dopo, cioè nel futuro, appariranno (o meglio, spariranno) nel passato, divenendo, a loro volta, “significati”.

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Il “Vuoto” L’attimo in cui il significante appare trasformantesi in significato è il momento dell’assoluta comprensione del fatto che esso rappresenta; quell’attimo è il momento “zero” di ogni significanza;

esso

viene

scoperto

e

si

offre

come

base

di

ricerca

condizionata

e

incondizionante; ma, poiché il futuro gli passa tutto dentro, il significante si presenterà come l’origine assolutamente condizionante la sua stessa scoperta e, quindi, anche quella dei particolari significanti.

Chiameremo questo significante il “VUOTO”.

Il vuoto, che all’inizio di un oscuro incontro era stato appena sentito e involontariamente “trovato”, risulta nitido e osservabile alla fine di una ricerca ipotetica sul significato in generale di un comportamento umano: esso, a prima vista, non è stato molto considerato dal senso comune, ma alla Filosofia e alla Scienza occorre una buona osservazione.

La ricerca della “cosa in sé” termina qui; ora è tutto chiaro: sono giustificati i fallimenti di tutti tentativi tesi al suo raggiungimento, dato che il “vuoto” non si presenta sotto le spoglie di una comune cosa, oggetto di una ricerca fisica, ma come il risultato incontrovertibile di una ricerca ipotetica, che qui (come dimostrano questi caratteri di stampa) è stata fatta.

Ma se il “vuoto” è stato trovato con una ricerca “zero” che non lo ricercava affatto, anche una ricerca “uno”, cioè una REALE ricerca sul significato di qualcosa, lo troverà puntuale all’appuntamento.

Questo vuol forse dire che tutte le future ricerche troveranno il “vuoto”, cioè saranno nulle?

Se si osserva attentamente, la ricerca “zero” è stata posta sul SIGNIFICATO IN GENERALE di un fatto fisico, quale d’altronde appare un comportamento umano; una ricerca “uno”, dunque, che vertesse in generale sul significato di un oggetto “uno”, lo troverebbe a patto di volerlo liberamente assumere come “significante” di un altro oggetto fisico, e (perché no?) addirittura, di un comportamento umano.

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Così si capisce anche che l’unica ricerca sul significato in generale che non fallisce è quella “zero”, perché solo in essa si trova il “significante” pieno immediatamente del suo oggetto da significare, cioè il “vuoto della ricerca”.

Questo risultato, d’altra parte, poteva essere conseguibile sicuramente e solamente con l’IMMAGINAZIONE, che si scopre e si mostra fisicamente come lo strumento chiave di ogni conoscenza possibile.

Essendo uno STRUMENTO, essa è a tutti gli effetti un oggetto del mondo fisico; la sola che può trasformare oggetti “insignificanti” in strumenti di alta precisione e di estremo significato fisico.

Bisogna, dunque, assumere che la Fisica deve, non già “ricercare il significato delle sue scoperte”,

ma

attraverso

l’Immaginazione

contemplare

l’essenzialità

di

servirsene

e

automaticamente di indirizzarle verso obiettivi che costituiranno il suo significato.

Questo principio, che si scopre meravigliosamente in tutto il suo fulgore, si pone di fatto alla BASE della Fisica e chiude definitivamente una triste storia di sconfitte della ricerca scientifica.

La Fisica, così, chiude il capitolo epistemologico della Filosofia e si pone in contatto diretto con l’immaginazione fisica del filosofo, che ha finalmente diradato l’enigma del determinismo, spazzando via alla radice la “teoria della relatività”, considerando e dimostrando la sua inconsistenza fisica, non potendosi essa definire uno “strumento di significanza”, che si sia visto attribuire un qualche significato fisico da oggetti che ha solo interpretato e non trovato.

Subisce un colpo definitivo, così, anche il “principio di indeterminazione”, perché si dimostra apparire come il “negativo” della ricerca sul significato; mentre è chiaro che il significato fisico va ricercato, cioè immaginato, anche in un evento microfisico, solo se questo può divenire strumento di scoperte nuove e di ulteriori ricerche; in caso contrario, esso, pur nella “misteriosità”, conferirà un essenziale significato fisico allo strumento che lo ha “reso” fisico anche senza significato.

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La Ricerca Ipotetica Schema della ricerca ipotetica sul significato di un oggetto fisico: Siano 1, 2, 3, 4 i significanti diacronici di alcuni comportamenti umani (perciò, fisici).

Siano R(x)S(a) e R(0)S(a) rispettivamente una ricerca qualunque sul significato di un oggetto fisico (a) e una ricerca ipotetica sul significato dello stesso oggetto:

Immaginiamo di ricercare (supponiamo che)

ALLORA

1. R(x)S(a)

4. R(0) = 0

2.S(a)

3. R(0)S(a)

Poiché al 1 si cerca supponendo la R(x)S(a) e al 2 si suppone di aver trovato S(a), se al 3 si suppone di “ricercarlo” e al 4 si trova “qualcosa”, questo darà il significato al 3, anche se il 3 non lo ha ricercato per attribuirgli il significato “S”, che spettava ad (a); ma se al 2 si suppone di aver trovato il S(a), esso deve aver significato un’altra ricerca, perché non significa la R(x).

Se, però, la R(x)S(a) non è stata significata da nulla, allora è vuoto il suo significato; ma allora essa non era supposta ma REALE (fisica) ed ha avuto risultato identico alla R(0), supposta IPOTETICA come la R(x).

Concludendo: Se la R(x) era reale pur “immaginata” IPOTETICA, allora anche la R(0) era REALE. La R(0), dunque, ha trovato il “VUOTO FISICO”.

E con quale strumento fisico?

Con quello che la ha SUPPOSTA o IMMAGINATA: l’ “IMMAGINAZIONE”.

Dunque l’“immaginazione” è uno strumento REALE (fisico); ma pur essendo reale non è chiaro il “suo significato”! Se però (come è e come tutti possono verificare) essa permette di trovare il “vuoto fisico”, allora gli attribuiremo questo significato. La R(0), come è ormai evidente, è l’unica ricerca possibile del vuoto fisico, perché si pone fisicamente nello strumento che la segnala.

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Tutte le R(x), quand’anche si ponessero nella REALTA’ alla ricerca del VUOTO, fallirebbero inesorabilmente, “inciampando” in oggetti (x) reali, che con la loro semplice “presenza” produrranno il risultato di “significarle”.

Questo vuol forse dire che il Vuoto è nella nostra testa?

Vuol dire solo che non servono (girano a vuoto) gli strumenti che vorrebbero “rilevarlo”: perché esso è limpidamente visibile e dunque “inimmaginabile” oggetto di ricerca.

Il Vuoto si mostra nella sua realtà esterna in maniera immediata allo strumento più sofisticato che l’uomo abbia mai conosciuto.

Il risultato di questa incredibile scoperta non dà significato “zero” alla R(0), ma quello del suo collocamento teorico-fisico alla base di ogni ricerca reale; essa infatti segnala, se la si usa come strumento, di essere “in sé” assolutamente condizionata e incondizionate, cioè “nata” e “nascente”; e perciò si colloca alla base della Fisica come oggetto fisico n° 0.

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I Significanti della Materia e del Tempo L’Immaginazione e la R(0) in che rapporto producono il Vuoto?

Da quanto è stato osservato, la prima lo evidenzia in generale (cioè al PASSATO) e la seconda in particolare (cioè al PRESENTE).

Non è, però, chiaro il significato di “vuoto in particolare”!

Ma la R(0) lo evidenzia come “cosa fisica”; e se non è “chiaro” dipende dal fatto che non possiamo ancora immaginare il suo “uso”. Infatti esso si manifesta come una “particella vuota” e, quindi, come un “significante”: senz’altro la definiremo “la più piccola parte della MATERIA”, ovvero la MASSA-ZERO. Chiameremo il significante generale della “materia presente”: la “MASSA”.

E al FUTURO? A esso il significante: lo “SPAZIO”.

L’immaginazione non vede altri significanti generali: risulta immediato capire come essa venga significata sufficientemente da quelli già descritti.

L’immaginazione, come si è visto con la R(0), ha la capacità di presentare alle Ricerche Reali il progetto di costruzione degli strumenti di esplorazione fisica; essa, dunque, le informerà dei suoi significanti GENERALI, cioè:

MATERIA: Vuoto, Massa, Spazio

TEMPO: Passato, Presente, Futuro

Grafico dell’ “Occhio fisico dell’Immaginazione”

Massa Vuoto

Spazio

Passato

Futuro

Presente

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Adesso risulta “immediata” la formula scoperta da Newton:

Egli non ha fatto altro che evidenziare, non già una legge della natura, ma un surrogato “contemplato” dei sei significanti: ha visto il suo occhio.

RAPPORTO o PRODOTTO non ha senso per l’immaginazione riguardo agli oggetti fisici; né le altre operazioni.

Si capisce, d’altra parte, perché la Matematica non considera lo “zero” un vero e proprio numero: noi abbiamo, infatti, scoperto che esso è un significante fisico che si mostra con una R(0).

Queste ultime considerazioni confermano la correttezza delle nostre “osservazioni” non già in senso teorico ma fisico.

La Fisica nasce su fondamenti fisici originari, cioè su significanti che costituiscono essa stessa e che contribuiscono al significato delle sue ricerche.

La Matematica sta alla Fisica come i numeri al contatore: essa non può (o meglio, non deve) operare fra i numeri ma contare uno per uno gli oggetti della ricerca fisica.

La Fisica “raggiunge” oggetti fisici: essa sarà chiamata “Disciplina del Raggiungimento fisico”; per questo scopo costruisce gli strumenti, i quali, essendo, per così dire, “lanciati” dal Presente al Futuro, sono i soli in grado di “prevedere”, vedendoli, i suoi risultati.

I computer del Challenger non hanno funzionato!

Essi non erano strumenti fisici di controllo del carburante in combustione: calcolavano ma non osservavano.

Chissà quanti danni e ritardi sono stati prodotti da “vati”, che dopo aver lungamente osservato il Futuro negli strumenti, gli hanno voltato le spalle per indovinarlo sulla base dei propri dadi.

Con questo studio la Fisica si chiude alla “teoria” (il dado), smascherandola come “domanda sul significato” e “risposta senza significato”, e non riconoscendole nessuna autentica osservazione sul futuro, quale è invece quella di uno strumento fisico, costruito per la Reale Ricerca.

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E così finiscono effettivamente nel passato coloro che prevedevano il “passato prossimo”: il criterio di “falsificabilità” si rivela di colpo un metodo per mettere in imbarazzo i fisici dopo un’imprevedibile

scoperta,

e

non

sicuramente

un

principio

euristico.

Il

principio

di

“controllabilità” può se non altro offrire il termine al buon funzionamento e uso degli strumenti.

Alla “logica della scoperta” (e del suo significato) si propone e si impone, con un salto gigantesco, la scoperta della logica fisica.

Dimostrando che la R(0) è l’unica ricerca ipotetica reale, si è addirittura messo in discussione il principio ipotetico-deduttivo di Galilei.

Ma a noi sono ancora oscuri gli sviluppi e le implicazioni di un metodo basato su fondamenti così inaspettati da far pensare alla fine di un’epoca storica.

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Confutazione della “relatività ristretta” Se, dunque, si deve considerare insignificata e insignificante la “teoria della relatività generale” di fronte ai fondamenti della Fisica, che fin qui sono stati delineati, può essere divertente “confutare” (è appena il caso di prendere in prestito questa parola) il calcolo dei tempi di due “osservatori inerziali”, proposto dalla “relatività ristretta”:

e se: V(b)=

se: S(b) = T(a)hc allora: T(b) = T(a)hc

ovvero: T(b) = T(a)hk

Dove: T(b) è il tempo di un osservatore inerziale (b), che lascia e ritrova l’osservatore inerziale (a); S(b) e V(b) sono spazio percorso e velocità di (b); T(a) è il tempo scandito da un numero h di segnali luminosi che intercorrono tra (a) e (b); c è la velocità della luce; k è il rapporto tra gli intervalli di tempo di trasmissione e quelli di ricezione dei segnali h.

Come si può facilmente constatare (dato che h rappresenta il numero dei segnali) per “eliminare” la supposta “sfasatura” dei tempi, basterà lanciare i segnali in misura tale che il prodotto hk sia uguale a 1.

Questo clamoroso abbaglio scientifico rappresenta un’offesa all’intelligenza moderna, tenuta a bada per troppo tempo con la favola del “senso comune”.

Lo “spazio curvo”?!… e in che direzione può curvarlo una massa tondeggiante?

In questo caso è semplicemente vergognoso tirare in ballo il “senso comune”!

Il senso, comune o no, ha ben diritto di “capire” se la Scienza in generale e la Fisica in particolare vogliono ancora avere i caratteri della necessità e dell’universalità; e se esse si propongono non solo come istanze di utilità pratica ma anche di formazione umana.

Il senso non “comune” ma di pochi “dotti” fece torto a Galilei: è incredibile che una scienza “esatta” debba ricorrere alla Storia per tagliar corto sulle spiegazioni!

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A voler entrare nel merito della questione, si può più ragionevolmente sostenere che sia la Luce a “curvare”; ma tutto ciò è “fisicamente” chiacchiera.

Lo “spazio-tempo” non va solo contro il “senso comune” ma anche contro il “buon senso” e la buona ragione. È evidente, allora, come sia possibile imbroccare cantonate di altezza incredibile: una scienza che non riesce a immaginare lontanamente il pur minimo vantaggio pratico dei suoi asserti!

Ecco perciò farsi avanti la ricerca del significato della scoperta, mentre è sicuramente corretto e responsabile costituire prima il significato della ricerca.

La Fisica ha evitato per secoli di ricercare i propri fondamenti fisici, forse proprio perché si intuiva che essi partivano da radici soprattutto di carattere morale.

Ora sappiamo che la Scienza in generale richiede una discussione morale, altrimenti qualsiasi ricerca, ogni sforzo di studio sarà assolutamente un noioso passatempo.

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