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Poste Italiane Spa – Spedizione in Abbonamento Postale DL 353/2003 (Conv. In L. 27/02/04) Art. 1 Comma 1 - NO/ TORINO N. 05/2021 - IP - ISSN 392-4718

#cioccolateria #confetteria #gelateria #confezionamento #caffetteria #cucina

maggio 2021 | n° 328 | Anno 44


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SII MIO OSPITE

Scrivere di Pasticceria Martesana significa scrivere di Vincenzo Santoro. Classe 1952, sbarca a 11 anni a Milano dalla Puglia, assieme a due dei suoi cinque fratelli. Sono gli anni del boom economico e lavora con dedizione in una Milano in piena espansione. Qui egli incontra e sposa Marcella e nascono Manuela, Valeria e Gabriele, gli ultimi due impegnati nell’azienda. La prima pasticceria viene acquisita in piazza Greco nel 1966 e, poco dopo, nasce la Martesana di via Cagliero, a breve distanza dall’omonimo naviglio da cui prende il nome. Nel giro di qualche tempo il negozio raddoppia in superficie e il fratello Vittorio diventa il direttore di Cast Alimenti. L’affermazione della famiglia continua e nel 2015 viene aperto un secondo punto vendita in via Paolo Sarpi, dove Enzo crea un laboratorio esterno per far fronte alle numerose richieste, mentre è di fine 2017 l’ultima avventura, con la terza pasticceria in piazza Sant’Agostino. Un esemplare successo imprenditoriale raccontato dallo stesso fautore, che ama sottolineare quanto gli aspetti emotivi e l’armonia di gruppo siano fondamentali:

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VINCENZO SANTORO E ALEXANDRE BOURDEAUX PRESENTANO NUVOLA DI AGRUMI, QUI ACCANTO, FRUTTO DELLA LORO SINTONIA.

“La mia anima la giro e la rigiro, ma naviga sempre in maniera molto emozionale. Sono innamorato del mio gruppo e amo lavorare con quella giusta emozione, che ben si fonde con la l’approccio operativo dei miei figli”, ci confida, confermando il suo fare sempre molto paterno, e mai paternalistico, che ha reso il suo laboratorio una vera fucina di talenti, a partire da Davide ed Alessandro Comaschi, fino a all’ingresso, da settembre 2020, di Dome-

nico Di Clemente in qualità di executive pastry chef, responsabile di ricerca e sviluppo e controllo qualità prodotto. Vincenzo, esponente di Accademia Maestri Pasticceri Italiani, così come Di Clemente, è orgoglioso di raccontare dei progetti attuali ed imminenti, in primis l’originale Be My Guest che nasce “dalla mia voglia di motivare il gruppo nella crescita, aiutandoli a fare percorsi mirati e ragionati, grazie a formazione e ricerca.


Foto Maria Greco Naccarato

decorazione sostenibile

IERI, OGGI E DOMANI CON PIERRE HERMÉ

È considerato unanimemente come il più autorevole iniziatore della pasticceria contemporanea, costruita con pervicacia su solide basi di apprendimento dei classici. Creatore della pasticceria di lusso, presiede oggi la Coupe du Monde de la Pâtisserie, sostiene l’importanza del dialogo con altre discipline creative e trasforma la sua Maison nella vetrina dell’arte dolciaria del futuro. Ecco a voi Pierre Hermé Pasticceria internazionale 328

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UN FRANCESE A LOSANNA L’Ecole Hôtelière di Losanna è un punto di riferimento prestigioso, non solo per la Svizzera. Ed è qui che insegna Julien Boutonnet

MOF dal 2015, Julien Boutonnet si è appassionato alla pratica dolce sin dall’infanzia, intraprendendo gli studi professionali e, dopo il diploma conseguito nel 1999, compiendo l’apprendistato in Dordogne, presso la Pâtisserie Marchal et Pautet a Périgueux. Si sposta quindi a Romans-sur-Isère, nella Drôme, dove lavora per il Relais Desserts Luc Guillet e approfondisce la formazione presso la prestigiosa École Nationale Superieure de la Pâtisserie (ENSP) di Yssingeaux, dove ottiene il Brevet Technique des Métiers nel 2002. Nel 2003 entra a far parte dello staff del MOF e campione del mondo Pascal Caffet a Troyes e l’anno successivo si sposta nuovamente all’ENSP di Yssingeaux, dove opera come assistente. La sua carriera prosegue e, tra il 2005 e il 2015, inanella esperienze nel campo dell’hotellerie, al Four Seasons di Tourette, nel Var, e poi in Svizzera, a Ginevra, sino ad

approdare a Perpignan, dove per 8 anni è responsabile di produzione al fianco del MOF e campione del mondo Olivier Bajard. Terminata l’esperienza, entra a far parte del team dell’Ecole Hôtelière di Losanna, in Svizzera, con la qualifica di chef éxécutif pâtissier–maître d’enseignement senior Arts Pratiques, dove lavora tutt’ora. Boutonnet annovera nel suo curriculum anche la partecipazione a diversi concorsi, aggiudicandosi l’argento come Meilleur Apprentis de France nel 2000, il titolo di vincitore al Trofeo Pascal Caffet nel 2004 e al concorso Charles Proust nel 2006. “L’opportunità di partecipare al concorso di Meilleur Apprentis de France – ricorda –, mi ha entusiasmato e così ho continuato a prendere parte a svariati concorsi nazionali e internazionali per mettermi alla prova e in nome dello spirito artistico che caratterizza il nostro bellissimo mestiere. Spinto

Ho forgiato un mio stile nella lavorazione artistica di zucchero e cioccolato, cercando di epurare il più possibile le mie pièce e di approfondirne gli aspetti simbolici, per attribuire con precisione un significato alle forme, alla scelta dei fiori o dei colori Pasticceria internazionale 328

dalla curiosità, ho spesso cambiato posto di lavoro, per potermi formare con grandi professionisti, per progredire e scoprire lo spirito che anima ciascuno di questi. Tutti grandi appassionati della nostra professione, come Bajard, Caffet, Angelo Musa, Mathieu Blandin, Bruno Montcoudiol... Quali sono i suoi dolci iconici? Amo i dolci della tradizione francese come il Paris-Brest, la St Honoré o una buona millefoglie…. In effetti, mi piace molto, in generale, rivisitare queste specialità. Per esempio, ho ristudiato la Paris-Brest alle selezioni per diventare MOF sotto forma di pièce montée. Come ha sviluppato il suo stile dal punto di vista tecnico? Grazie ai concorsi. Mi hanno aiutato molto ad evolvermi sia dal punto di vista tecnico, sia da quello della personalizzazione del mio lavoro. Mi hanno consentito di superare i limiti della quotidianità, di andare oltre con la riflessione, con l’analisi del prodotto e anche in termini di organizzazione del lavoro. Dopo ogni gara, a poco a poco e grazie alla preparazione acquisita, ho forgiato un mio stile nella lavorazione artistica di zucchero e cioccolato, cercando non


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VERBENA E FRAGOLE Ricetta per 3 entremets di primavera, realizzati senza stampi

Pasta sablé base g 400 Stendere la pasta con una spatola angolata in un quadro da 36x28 cm. Biscuit al pistacchio zucchero semolato g 16 zucchero invertito g 16 tuorli g 65 uova intere g 130 farina di mandorle g 35 farina di pistacchi g 50 farina debole g 160 albumi g 3 albumi in polvere g 100 zucchero semolato g 110 sale fino g 2 pistacchi tritati Montare a nastro zucchero, zucchero invertito, uova e tuorli. Montare gli albumi con zucchero, sale e albumi in polvere in planetaria con foglia. Unire delicatamente i due impasti. Incorporare le polveri. Stendere il biscuit su una teglia con tappetino in silicone. Cuocere in forno ventilato preriscaldato a 200°C, poi abbassare a 180°C per 8 minuti. Coulis di fragole

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Fragole fresche g Tagliare le fragole a metà con un coltello.

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Montaggio e finitura Rimuovere il biscuit al pistacchio dal tappetino in silicone, quindi ricavare una superficie larga 32 cm, eliminando le parti in eccesso. Distribuirvi sopra uniformemente la chantilly alla verbena, fare riposare per 30 minuti a 4°C. Proseguire con il coulis di fragole, distribuendolo al centro per una larghezza di 18 cm, quindi collocare le fragole tagliate a metà. Ripiegare dai due lati il biscuit con la chantilly verso il centro. Chiudere con la pasta sablé fredda. Conservare in frigorifero per almeno 2 ore prima di tagliare dei trancetti larghi 9 cm, con un coltello seghettato. Rifinire con glassa neutra utilizzando la pistola a spruzzo e posizionare sui lati delle placchette. Con il sac à poche, decorare formando una foglia stilizzata sulla parte superiore con la chantilly alla verbena, quindi terminare con pezzetti di fragole lucidate con glassa e foglioline di verbena.

Crema chantilly alla verbena foglie di verbena g 20 destrosio g 8 panna 35% mg (1) g 180 zucchero invertito g 8 mascarpone g 40 panna 35% mg (2) g 180 Mixare le foglie di verbena con il destrosio. Far bollire zucchero invertito e panna (1), poi aggiungere la verbena. Riportare a bollore, unire la gelatina e mescolare. Versare sopra mascarpone e panna (2). Fare riposare a 4°C per 24 ore. Montare in planetaria con foglia.

I clienti comprano con gli occhi e ritornano grazie al gusto! Pasticceria internazionale 328

Julien Boutonnet


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trend d’Oltralpe

DALL’ESAGONO PER LO STIVALE HAINIGUE È IL NUOVO CHEF PÂTISSIER DE LE BRISTOL Dopo aver officiato, in Alsazia, all’Auberge de l’Ill di Marc Haeberlin e allo Chambard di Olivier Nasti e, a Parigi, al George V, nella squadra di Christian Le Squer, e all’Hotel Burgundy, dove occupava il posto di chef pâtissier dal 2017, Pascal Hainigue, alsaziano, ha raggiunto dal 22 marzo la direzione della creazione dell’hotel Le Bristol, noto albergo di lusso della capitale francese. Conosciuto per l’audacia ed il grafismo delle sue creazioni, egli prende il posto di Julien Alvarez, che raggiunge Ladurée, per lavorare con lo stellato Eric Fréchon ed occuparsi della produzione di pasticceria per il ristorante 3 stelle Michelin L’Épicure, per la brasserie 1 stella Michelin Le 114, per il caffè Antonia, per il bar esterno Le jardin français e per il room service. www.oetkercollection.com

I 50 DOLCI DA ASSAGGIARE SECONDO LUZIN Dopo aver pubblicato nel 2019 il volume dedicato ai 50 piatti dei grandi chef, Hélène Luzin, consulente in strategia di comunicazione nel mondo della gastronomia e fondatrice dell’agenzia Marques et Chefs (marquesetchefs.com), firma 50 gâteaux de grands pâtissiers qu’il faut avoir goûtés une fois dans sa vie per La Martinière (€ 39 - editionsdelamartiniere.fr), nuovo volume dedicato al mondo del sucré. Vi compaiono 50 dolci che bisogna aver assaggiato nella vita e 50 ritratti di alcuni dei più rinomati pasticcieri francesi, che svelano le loro ricette e la loro visione. L’Ispahan di Pierre Hermé, la Noisette di Cédric Grolet, il Paris- Brest di Philippe Conticini, il Baba della Maison Stohrer, la brioche en volutes di Michael Bartocetti, la tarte gianduja-noisette di François Daubinet ed ancora Angelo Musa, Jacques Génin, Camille Lesecq, Claire Damon, Pascal Lac, François Perret, Thierry Bamas e tanti altri, attraverso creazioni inedite o rivisitazioni degli evergreen d’Oltralpe.

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UN SECONDO LIBRO PER PACIELLO Il suo volto compare ormai nella rosa dei nomi dei pasticcieri più influenti della scena contemporanea. Formatosi con Christophe Adam da Fauchon, passato poi all’Hotel de Crillon, da Cyril Lignac e all’Hotel Prince de Galles, Nicolas Paciello è oggi chef pâtissier dell’hotel Fouquet’s a Parigi, dove sovrintende alla creazione dolce in collaborazione con lo chef stellato Pierre Gagnaire, e proprietario di CinqSens, il suo primo negozio nel 15° arrondissement. Pubblica ora il suo secondo libro Ma pâtisserie qui déchire, per Robert Laffont (€ 22), che segue Le carnet de recettes qui déchire del 2018, per lo stesso editore. In questa sua opera raccoglie 60 ricette inedite, in cui rivela gli indirizzi dei suoi produttori, la sua visione della pasticceria contemporanea – con suggerimenti per gli intolleranti a glutine, lattosio e uova –, ed invita alcuni celebri colleghi, come Jérôme Banctel, Pierre Gagnaire, Cyril Lignac, Philippe Conticini e Pierre Hermé, a condividere le proprie ricette. www.lisez.com


La rivoluzione dell’evoluzione

CONFETTURE E GELATINE La freschezza e il gusto pieno della frutta trovano la loro massima espressione in queste due specialità, descritte nei particolari da Leonardo Di Carlo

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interviste

SENZA MAI FERMARSI La ristrutturazione dello stabilimento in ottica di sostenibilità, la creazione del nuovo shop online, le iniziative di comunicazione sui social al fianco dei clienti, il lancio di nuovi formati e della linea bio, il proseguimento della ricerca di varietà con caratteristiche uniche. Durante il lungo anno e più di pandemia non si è di certo fermata Agrimontana, azienda specializzata nella canditura di frutta (attività che svolge fin dal 1972) e nella produzione di confetture e ingredienti per la pasticceria e la gelateria. Ci racconta tutti i dettagli Luigi Bardini (nella foto qui a fianco), figlio del fondatore Cesare e direttore generale dell’azienda di Borgo San Dalmazzo, Cn, accanto alla sorella Chiara, direttore generale vicario, e allo zio Enrico, presidente e responsabile distribuzione estero. Dal 2005 Agrimontana è partecipata dal Polo del Gusto.

Come avete vissuto il periodo di crisi pandemica? Abbiamo approfittato del rallentamento dell’attività per dedicarci ad alcune iniziative che erano già nell’aria, come l’adozione di alcune certificazioni e, soprattutto, la ristrutturazione dello stabilimento ai fini di migliorarne gli aspetti legati alla sostenibilità. Siamo intervenuti sul miglioramento dell’efficienza delle varie linee sostituendo alcuni macchinari, in modo da ridurre il nostro impatto ambientale. Abbiamo recuperato alcune aree che non erano pienamente sfruttate, al fine di ampliare gli spazi anche per migliorare la qualità delle condizioni di lavoro dei nostri operatori. Siamo intervenuti sull’illuminazione passando dai neon ai LED, che consumano

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meno e sono più piacevoli da sopportare durante la giornata. E sono stati rifatti tutti gli impianti di aerazione per migliorare il trattamento dell’aria all’interno dello stabilimento. Sempre nell’ottica della sostenibilità ambientale, per alcune referenze abbiamo introdotto etichette realizzate con materiali simili alla carta, prodotti a partire da scarti alimentari. Avete intrapreso nuove iniziative in ambito digitale? Durante il Black Friday di dicembre abbiamo lanciato lo shop online. Sta decollando pian piano, siamo molto soddisfatti e pensiamo che crescerà. Abbiamo inserito innanzitutto i prodotti indirizzati al consumatore finale, ai quali si è aggiunta poi qualche referenza per la pasticceria, in formati più grandi. Ormai tutti noi ci siamo abituati a comprare online, quindi è un canale che funziona bene. Sono occasioni di vendita che vanno ad affiancarsi a quelle esistenti, non a sostituirle, perché e-commerce e commercio tradizionale rispondono ad esigenze diverse.


cioccolato

IL CREMINO CHE VOLEVA DIVENTARE DRAGÉE Il campione del mondo Francesco Boccia ci accompagna nel favoloso mondo della bassinatura, fra tecniche e ricette

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cioccolato

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tecnologie alimentari

TRENT’ANNI DI SCIENZA SUL LIEVITO MADRE Una recente pubblicazione condensa i risultati dei lavori scientifici sul lievito naturale condotti a partire dal 1990. Gli aspetti investigati: tipologie di microrganismi presenti, effetti su reologia, profilo sensoriale, shelf life e benefici per la salute Miscela di acqua e farina, fermentata spontaneamente da batteri lattici e lieviti e dotata di capacità fermentative e acidificanti: è questa la definizione più accreditata di pasta madre, o lievito naturale, o pasta acida (sono tutti sinonimi), sourdough in inglese e levain in francese. Si tratta di uno starter naturale per la lievitazione dei prodotti da forno con origini antichissime, risalenti addirittura all’antico Egitto, ma solo dagli Anni ‘90 la comunità scientifica e l’industria alimentare se ne stanno interessando. Prima di allora, a eccezione delle produzioni di nicchia, sia a livello artigianale che industriale i lievitati erano prodotti con lievito di birra, che consiste in un unico tipo di microrganismo, il Saccharomyces cerevisiae. Negli ultimi 15 anni c’è stato un boom delle produzioni con lievito naturale e oggi si stima che in Europa siano il 30-40% sul totale dei lievitati. Per approfondire la conoscenza della pasta madre, ottimizzarne la gestione e sfruttarne appieno le potenzialità, la prati-

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ca deve integrarsi con la teoria attraverso studi scientifici. Il prof. Marco Gobbetti e il suo team di ricercatori della Libera Università di Bolzano, insieme al prof. Carlo Giuseppe Rizzello dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, hanno passato in rassegna la letteratura scientifica sul lievito madre prodotta in tutto il mondo negli ultimi 30 anni, scandagliando 4 database (Google Scholar, Scopus, PubMed e ScienceDirect). Dei circa 3 mila articoli individuati immettendo la parola chiave sourdough, un’operazione di scrematura (per eliminare doppioni, tesi di laurea, capitoli di libri, reviews e atti di convegni) ha portato alla selezione di 1.230 articoli. I ricercatori hanno riunito i risultati in una revisione sistematica, pubblicata a febbraio sulla “Trends in Food Science & Technology” (Elsevier). Di seguito ne riassumiamo e chiariamo i contenuti. I FOCUS DELLE RICERCHE L’accresciuto interesse verso il lievito naturale si riflette sul numero di pubblicazioni,

aumentato nel tempo: da una trentina negli anni 1990-94 a quasi 600 nell’ultimo quinquennio. Anche le tematiche hanno avuto un’evoluzione: in passato venivano studiati gli effetti tecnologici del lievito naturale sui prodotti (sapore, reologia e shelf life) e le interazioni microbiche, mentre più di recente il focus si è spostato sulle caratteristiche nutrizionali. Oltre alle tradizionali farine di frumento e di segale, le ricerche negli ultimi anni hanno riguardato altre materie prime quali legumi e pseudocereali, di grande interesse nella realizzazione di prodotti senza glutine, e anche sottoprodotti dell’industria molitoria e di altri settori agroalimentari. TECNICHE DI GESTIONE E IMPIEGO Nella loro review, Gobbetti e colleghi individuano tre categorie di pasta madre: tipo I con rinfreschi quasi quotidiani per mantenere i microrganismi in uno stato metabolico attivo tipo II con propagazione a temperature relativamente alte (superiori a 30°C) e


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collaborazioni

FATTORE D come donna, D come Debic Prosegue il costruttivo confronto con talentuose donne del settore. Angela Lombino ci racconta il suo essere pasticcera

Angela Lombino il fattore D ce l’ha nel Dna. Lei non si è mai posta dubbi. Ha seguito la sua strada, muovendosi in un settore di impronta tradizionalmente maschilista, senza farsi problemi. E lo ha fatto ben prima che il ruolo della donna in questo lavoro diventasse di giusta centralità. Il talento, la passione, la resilienza, la voglia di imparare e migliorare l’hanno accompagnata in oltre 30 anni di professione, in cui ha visto di tutto, ma durante i quali non si è mai posta limiti per il suo essere donna. E la serena operosità è ciò che colpisce ogni volta che si entra nel Regno del Dolce di Villastellone, To. È dal 1922 che la famiglia è nel settore, dagli esordi a Palma di Montechiaro, Ag. Il sogno di mamma Vincenza, giunta in Piemonte con il compianto marito Calogero, è di aprire un piccolo locale: esso si avvera diversi anni dopo, con non pochi sacrifici, e oggi l’attività conta 15 persone operative, grazie ai figli Angela e Giuseppe Lombino, che si sono suddivisi i compiti: lei in produzione, lui bar e vendita, con una predilezione per la torrefazione artigianale. Il laboratorio riflette la visione di Angela, oltre ogni stereotipo: sono tutte donne, oltre a Daniele, e tutti in armonia si muovono in oltre 100 m2. Tranne il lunedì, lei non stacca dalle 4,30 alle 20, partendo con la vienneseria, poi le mignon, almeno 15 qualità, e le torte, che coniugano la tradizione del Sud con quella del Nord, di frutta, millefoglie… Poi ci sono la cioccolateria, la confetteria e le decorazioni al cornetto. “Amo ciò che faccio e tutto è curato da noi. E infatti ho zero tempo per me, anche perché ho poca voglia di delegare: voglio la certezza che ciò che arriva in negozio sia ad hoc”, ci confida. Una tensione verso il perfezionismo, che ha ben convissuto con il crescere due radiose figlie, Chiara ed Aurora, impegnate con la carriera scolastica, ma sempre sorridenti e collaborative. Angela, quali sacrifici hai dovuto affrontare in questi anni? Inizialmente ero giovane, libera di frequentare corsi. Certo, ero sempre l’unica donna, ma non mi sono mai sentita fuori luogo. Nate le mie figlie sono cambiate le cose. Continuavo a fare formazione in giro, anche per più giorni, ma il senso di colpa è stato forte e ben nutrito dalle persone attorno a me… Non ho mollato e ci sono riuscita lo stesso e sono fiera di me e delle ragazze, giudiziose, studiose,

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autonome. Sei stata di grande esempio per loro! Ci tenevo a trasmettere loro l’esempio di una donna libera e autonoma. Ma senza questione di genere. Io mi sono appassionata alla pasticceria mentre studiavo Economia e Commercio all’università, il mio primo maestro è stato, insieme a mio padre, Domenico Fragola di Torino, che veniva da noi ad insegnare. È lui che mi ha trasmesso energia, sostenendo la mia ambizione, sentimento che ancora oggi mi sorregge: la voglia di imparare ed elaborare ed innovare è sempre altissima! E hai dimostrato loro che si possono realizzare i propri desideri con determinazione e serenità! Ho sempre trovato persone disponibili, come la tata che veniva alle 6 del mattino fino alla sera. E poi ho fatto tante scelte ponderate, per trovare equilibrio fra famiglia e lavoro. Ad esempio, non ho proseguito con i concorsi e, nonostante avessi passato con successo l’esame per entrare in AMPI, ho deciso di dire di no, considerando impegni e responsabilità. Perché io sono una persona che ciò che fa lo deve fare con cura, con dedizione. E, infatti, mi piace dare giustificazioni scientifiche a ciò che faccio ogni giorno, capire il senso di ogni tecnica, ogni processo. Questo è ciò che fa ardere in me la passione! Come porti avanti l’attività? Non è semplice: 13 anni fa è mancato papà e ho preso in mano tutta la produzione, non potendo più viaggiare per corsi, e infatti adesso assentarsi è difficile: però non mollo e continuo a cogliere tutte le opportunità formative. Mi piace orchestrare il laboratorio,


collaborazioni

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fronte bar

L’ECCELLENZA A TUTTO TONDO In pasticceria la materia prima è una componente fondamentale per ottenere un risultato di eccellenza: e al bar? Ci siamo lasciati con la promessa di intraprendere un percorso che ci potesse portare ad essere imprenditori più consapevoli sul prodotto caffè. Ed allora diamoci sotto! Quando frequentai il mio corso presso l’istituto di Arte Bianca a Torino, ebbi la grande fortuna di avere come maestri alcuni tra i più bravi pasticcieri dell’epoca. Ricordo con immenso affetto gli insegnamenti rigidi di Giampiero Gertosio, la mano ferma di Guido Bellissima nell’arte della decorazione, l’ossessione per l’attenzione ai dettagli e all’importanza della materia prima di Rolando Morandin, appresa seguendo i suoi corsi sulla lievitazione a Saint Vincent… questi che oggi sono ricordi di gioventù sono stati la base di tutti i lavori che ho svolto nella mia vita intorno al mondo dell’alimentazione, per arrivare a specializzarmi sul caffè. Non vi racconto certo questo per vanità, piuttosto perché immagino che la maggior parte dei pasticcieri abbia seguito

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un percorso simile al mio, e tutti quelli con i quali mi capita di confrontarmi scalpitano in attesa di poter frequentare un corso di aggiornamento o il nuovo master su un prodotto innovativo o su qualche tecnica di lavorazione a loro poco famigliare. I più grandi artigiani che incontro oggigiorno mi parlano sempre più dell’importanza della materia prima, quale segno distintivo di una pasticceria di qualità, ove la fidelizzazione del cliente è fatta di attenzioni, di racconti sulla lavorazione e di garanzie sul prodotto, non di certo sull’economicità dei prezzi. Allora perché tante attività che, insieme a fantastici dolci, offrono un servizio di caffetteria, non danno un prodotto altrettanto eccellente? Mi sono posto questa domanda e l’ho fatta a molti pasticcieri; ho scoperto che al caffè viene dato un valore economico decisamente basso, che per questo motivo non lo si conosce a fondo e, di conseguenza, anche la sua trasformazione in bevanda diventa di secondaria importanza. Un errore che rischia

di far perdere incassi su entrambe le attività invece di farle crescere supportandosi a vicenda. Immaginatevi di essere un cliente abituato ai vostri deliziosi dessert. Improvvisamente la pasticceria di fiducia diventa anche bar e non vedete l’ora di poter entrare (DPCM permettendo…) a fare una fantastica colazione con croissant, krapfen, veneziane, trecce di ogni tipo, torte al taglio e sfoglie varie, accompagnate da un cremoso cappuccino, un ottimo espresso o, perché no, un caffè specialty estratto in filtro. Ed invece… il cappuccino è schiumoso, il latte riscaldato più volte, l’espresso amaro e bruciato ed il caffè filtro specialty nemmeno si sa cosa sia! Risultato: si perde la fiducia tanto a fatica conquistata e la possibilità di incremento di fatturato. L’esempio appena illustrato mi è capitato più volte e non vi parlo di un modesto esercizio decentrato, ma di pasticcerie dai nomi blasonati nei centri di importanti città! Ora, i casi sono due: o il titolare non ha informazioni corrette sul caffè e su come lo si trasforma, oppure non gliene importa nulla. Nel secondo caso non posso farci niente, ma in merito al primo, eccomi a vostra disposizione! Iniziamo con il dire che il caffè è un frutto e come tale dobbiamo considerarlo. Poniamo il caso si tratti di marroni o di arance da candire: se acquistate castagne di bassa qualità, mangiate da insetti o con i vermetti o arance dalla buccia sottile, attaccata dai parassiti, o peggio, per risparmiare, vi fate tenere da parte quelle che stanno andando a male o cadute a terra non ancora mature, i vostri prodotti finali non saranno niente di che. Per nasconderne il sapore sgradevole, dovrete candirli di più ed alla fine sapranno solo di zucchero… Così i vostri clienti non acquisteranno più i vostri panettoni, colombe o marrons glacés, anche se il prezzo sarà basso. Questo è ciò che avviene nel mondo del


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marketing

IL DESIGN TECNOLOGICO DI UN LABORATORIO Esiste un solo percorso: l’offerta definisce la tecnologia, la normativa igienico-sanitaria vincola gli spazi e tutte condizionano la location

La progettazione di un laboratorio di pasticceria si basa sul coordinamento di più discipline e sull’analisi di quattro elementi fondamentali: offerta, tecnologia, igienico-sanitario e location. L’ordine con cui sono elencate le variabili potrebbe sembrare strano ad un imprenditore esperto, ma la strada da percorrere è a senso unico: l’offerta definisce la tecnologia, la normativa igienico-sanitaria vincola gli spazi e tutte condizionano la location. Anche se Conrad Hilton attribuiva al sito un’importanza assoluta per il successo di un’attività, quando si tratta di una produzione alimentare, alla quale è legato un comparto produttivo, è necessario fare tre passi indietro. Se si vuole essere più strategici e soddisfare sia le esigenze commerciali che quelle produttive, è necessario scindere l’attività di pasticceria classica in LAB & SHOP. In questo modo l’impresa si evolve verso modelli di successo che già da tempo prosperano al di là delle Alpi e che si stanno affacciando sul mercato italiano solo da pochi anni, attivati dai “soliti noti” (Biasetto, Massari, Rinaldini…). Il LAB può essere posizionato in un’area industriale che offra un prezzo dell’immobile vantaggioso, ampi spazi di produzione e una buona viabilità. Mai come in questo ultimo periodo abbiamo imparato quanto sia importante differenziare e questa formula, oltre che servire i propri locali, consente di soddisfare tutti i canali di vendita, dal B2B (hotel, bar, ristoranti) al delivery e all’e-commerce. Avendo perso la “coda” produttiva, che appesantisce il locale sotto vari aspetti, il negozio diviene molto snello e composto solo da un magazzino, una workroom e da un locale destinato alla vendita. Quindi, gli SHOP possono essere ubicati in aree strategiche e gli spazi scalati a seconda delle esigenze (dal centro storico fino agli shopping center o agli aeroporti). La workroom deve essere sempre presente per consentire il completamento di alcuni prodotti, come bignè, cannoncini, tartellette o paste alla frutta. Più complessa è la distribuzione delle aree nella parte LAB che, oltre all’offerta, devono tener conto degli aspetti logistici e igienico-sanitari. Nel corso di questi ultimi anni, l’acquisto di stock per materia prima ha perso di valore a causa della contrazione dei termini di pagamento imposti dal Decreto CresciItalia. Ciò ha spostato gli spazi destinati agli alimenti non deperibili verso il magazzino imballi, che oggi deve accogliere stampi usa-e-getta (più pratici di quelli riutilizzabili) e i nuovi, più accattivanti packaging, specifici per ogni prodotto e per il delivery, che hanno sostituito i

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classici vassoi con incarto. L’adozione di un sistema Kanban (si veda il box) consente di snellire magazzino e produzione, con il conseguente risparmio di spazi e relative risorse (riscaldamento, condizionamento ed illuminazione). Nel contempo, assicura l’approvvigionamento just in time dello stoccaggio dei prodotti finiti, in modo che la vendita vi possa attingere direttamente, senza passare dalla produzione. Applicare strategie industriali ai processi produttivi non significa perdere l’artigianalità del prodotto come ci hanno dimostrato i grandi artigiani italiani della moda, che sono riusciti a mantenere inalterato il valore dei loro manufatti, ottimizzando la produzione per incrementare la distribuzione e il reddito. L’industria dei macchinari per il mondo dolciario sta adattando i suoi sistemi alle esigenze della piccola pasticceria, in modo che il professionista possa godere di tutti i vantaggi offerti dall’automazione senza essere costretto a stravolgere le proprie ricette. In questo momento possiamo già trovare nelle vetrine di molte pasticcerie, croissant e cannoncini prodotti meccanicamente che non si distinguono da una pasta fresca fatta a mano. Se pochi macchinari altamente tecnologici aiutano a risparmiare costi di manodopera e di affitto, allora la scelta deve essere oculata ed attenta. L’imprenditore deve saper discernere tra il costo di acquisizione ed il costo di conduzione. Il prezzo di acquisto dell’attrezzatura non è l’unica variabile da tenere in considerazione, ma devono essere analizzati più fattori: consumi, affidabilità,

GLI ELEMENTI FONDAMENTALI PER LA PROGETTAZIONE DI UN LABORATORIO DI PASTICCERIA OFFERTA TECNOL TECNOLOGIA IGIENI IGIENICO-SANITARI L LOCATION


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visual marketing

FRESCHI DI FRUTTA Sono le mono, le torte, le gelatine, i gelati che dalle vetrine sprigionano colori e sapori fruttati, in linea con le fresche scenografie di primavera, create da Maria Teresa Pelosi nei toni energetici di giallo, arancione e fucsia. Ed è subito fruit appeal

“È un negozio di rinnovo recente Arte Dolce di Stefano Venier, posto nel centro di Spilimbergo, Pn, caratterizzato dai toni chiari del pavimento e dai bagliori marmorei del banco e dall’eleganza del legno, che contrasta piacevolmente con il vetro delle vetrine di pasticceria e l’acciaio dei pozzetti. Un ambiente lineare e ordinato, ideale da personalizzare, in cui con i miei allestimenti porto di volta in volta squarci di colore, che introducono un’atmosfera vivace e gioiosa che piace al titolare e ai clienti”, racconta Maria Teresa Pelosi, esperta di scenografie d’ambiente e di packaging creativo (foto a sinistra). E non potrebbe essere diverso, perché la nostra consulente d’immagine veste da oltre 12 anni il locale dell’artigiano friulano, i cui addobbi sono molto apprezzati in città e fuori. “Quest’anno ancor più che in passato – continua – ho scelto di presen-

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tare nei vari allestimenti in giro per l’Italia collezioni di forte impatto cromatico ed emotivo, quali La Limonaia e l’Agrumeto. Ve le abbiamo presentate sullo scorso numero, allestite in tavoli da colazione immaginati in un contesto naturale, da reinterpretare sia in vetrina che all’interno”. Quest’anno Venier ha scelto il primo tema, in linea con gli addobbi ispirati alla frutta verde delle precedenti primavere, in cui occhieggiavano nelle vetrine esemplari di lime e Granny Smith uguali a quelli veri. L’ispirazione vitaminica dell’agrumeto si ritrova come citazione nelle carte che caratterizzano i suoi spazi espositivi, avvolgendo i dolci di stagione e i vasetti dei gusti di gelatine per il 2021. GENUINITÀ E ARTIGIANALITÀ IN MOSTRA Sono questi i concetti che, grazie a Maria Teresa Pelosi, Stefano Venier, gelatiere, pa-


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spazio ai giovani

CELEBRANDO LA STORIA Un locale storico e stellato: il Ristorante Del Cambio di Torino è un vero tempio, con più diramazioni, tutte da valorizzare, come ogni giorno si impegna a fare Maicol Vitellozzi

È toscano Maicol Vitellozzi, il trentaquattrenne di Arezzo responsabile del laboratorio di pasticceria del ristorante Del Cambio di Torino. Un’avventura a fianco dello chef Michelin Matteo Baronetto, iniziata ormai 7 anni fa, quando a dirigere “il lato dolce”, durante il primo periodo di riapertura della storica insegna torinese, c’era Fabrizio Galla. L’insegna nasce come Caffè del Cambio il 5 ottobre 1757, con un nome dall’origine incerta: il “cambio” poteva essere quello dei cavalli di posta dei viaggiatori in transito da e verso Parigi, che usavano sostare in quella zona, oppure il cambio della moneta, visto che la piazza era ritrovo della “gente d’affari e di commercio” e che, secondo alcuni storici, il caffè ospitava “la borsa dei negozianti”. Dina Rebaudengo, memorialista della vecchia Torino, sostiene invece che il

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nome sia ispirato al “Consolato de’ Cambi, Negozi e Arti in Torino”, al quale faceva capo l’Università dei confettieri e distillatori d’acquavite. Il nuovo corso del ristorante inizia nel 2014 con la riapertura voluta dall’imprenditore Michele Denegri, che chiama in squadra lo chef torinese Baronetto, all’epoca impegnato al fianco di Carlo Cracco. Ed è proprio in quelle cucine milanesi che Baronetto incontra Maicol. “Mi sono diplomato geometra – spiega il pastry chef – e dopo un breve periodo di università ho capito che quella non era la mia strada. Ho iniziato a frequentare un corso di cucina nella mia città, ho seguito qualche stage e fatto esperienze all’estero, per poi studiare all’Alma di Colorno, diplomandomi nel 2009. Uno stage in Francescana da Massimo Bottura ed esperienze tra


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ALLA RICERCA DEL LAVORO PERDUTO La pandemia ha portato a chiusure di locali e a riduzioni di personale. Federico Alloatti si è trovato a far parte della schiera di persone rimaste senza lavoro. Con umiltà e grande ottimismo, ci racconta il suo percorso, continuando a lanciare il cuore oltre l’ostacolo

Sono una persona molto curiosa e ho avuto la fortuna e la possibilità di fare molte esperienze nella mia vita. Mi sono laureato nel 2011 in Lingue e Culture Orientali presso l’Università di Torino e subito dopo ho deciso di cercare la mia strada in Giappone, mettendomi alla prova con quella meravigliosa lingua. Ho lavorato in un piccolo ristorante italiano dove, pur non essendo un cuoco formato, mi occupavo della cucina: i clienti apprezzavano molto i miei esperimenti, soprattutto di pasticceria. Ne ricordo ancora uno che mi chiamò in sala per complimentarsi e questo fu molto appagante. È stata la prima esperienza di lavoro all’estero; vivere e interagire con una cultura totalmente diversa cambia il tuo modo di pensare e ti apre la mente. Sono tornato in Italia per necessità fami-

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gliari e ho quindi dovuto abbandonare quel progetto. Ho presto trovato lavoro come commesso in un famoso negozio di lusso di Torino, dove mi recavo a lavorare con il sorriso: in quel momento ho pensato di aver raggiunto l’apice della carriera. Un contratto indeterminato in una azienda solida è il sogno di molti. Ma, con il passare degli anni, ciò che prima mi rendeva felice iniziò a starmi stretto, così nel 2018, con i miei 33 anni, mi sono rimesso in gioco per tornare a studiare frequentando finalmente ciò che avrei sempre voluto fare, cioè un corso di Scienze e Tecnologia della Pasticceria. L’esperienza in IFSE è uno dei ricordi più belli: inizialmente, vedendo tutti questi ragazzi molto più giovani di me, ero spaventato perché avevo timore di aver agito

troppo d’istinto, senza valutare molti fattori tra i quali l’età, la necessità di tornare a fare stage… Poi, nel giro di qualche giorno, mi sono ricreduto. Sono bastate poche settimane affinché la scuola si trasformasse in una grande famiglia, piena di amici e docenti, dove trascorrere ore a imparare tecniche di pasticceria e a verificare quanto appreso con test settimanali. Il ricordo migliore che porto con me è il contest della Lavazza: ho passato settimane a creare nella mia testa l’abbinamento giusto e la struttura più stupefacente per colpire il gusto dei giudici. Ho voluto osare e lo sforzo è stato ripagato in pieno. Vincere il Premio Tazzina d’Oro Lavazza mi ha conferito il nomignolo da parte dei miei compagni di Golden Chef. Terminato il percorso formativo, ho svolto


Brillante direttore di SigepGiovani, formatore e divulgatore, Samuele Calzari risponde ai vostri dubbi e quesiti.

Buongiorno Samuele, per fare una ganache al cioccolato da utilizzare come copertura della torta tipo Sacher, utilizzo 185 g di cioccolato fondente al 60% e 125 g di panna 35% mg. Porto la panna ad ebollizione e, quando sono sicura che stia bollendo tutta (quindi anche al centro), la tolgo dal fuoco, verso il cioccolato spezzettato in quadretti singoli e mescolo manualmente con la frusta. La ganache, però, non rimane mai vellutata e, soprattutto, quando la verso sulla torta si separa. Cosa sbaglio? Devo forse tritare il cioccolato più finemente? Oppure devo togliere la panna appena appaiono le prime bollicine? Erica, impiegata/pasticcera dilettante

Buongiorno Erica e grazie per la sua domanda che mi permette di parlare dell’argomento. La ganache tecnicamente è un’emulsione, cioè l’amalgama di sostanze – grasso e acqua – che non si unirebbero da sole. Importante per la corretta riuscita è frizionare, cioè mescolare energicamente descrivendo dei piccoli cerchi al centro della preparazione, così da rompere le molecole di grasso e ottenere un’emulsione perfetta, riducendo la sensazione di grasso al palato e donando lucentezza alla preparazione. Sono due le tecniche base per la realizzazione: u metodo manuale per cui si esegue la frizione delle particelle di grasso con quelle del liquido mescolando manualmente; u metodo meccanico in cui si versa il liquido caldo nel cioccolato e si lavora con un mixer a immersione: in questo caso è l’azione del mixer a creare l’emulsione. Aggiungo alcuni consigli utili: u evitare di portare la panna a bollore, perché non serve: una volta raggiunti i 50/60°C, la temperatura è già sufficiente per sciogliere il cioccolato e la ganache si raffredderà prima; u sciogliere prima il cioccolato a bagnomaria o in microonde: si evitano shock termici e l’emulsione risulta più agevole; u non far entrare aria nel momento in cui mescola, sia manualmente che con il frullatore a immersione: si rischia di ottenere una ganache montata, utile per scopi diversi, ma non nel suo caso. Ci tengo a darle un paio di ricette: una è quella della mia ganache al fondente e l’altra è una glassa al cacao, che può sostituire la ganache per ricoprire una torta tipo Sacher. Nella prima ricetta compaiono anche burro e glucosio: il burro serve per migliorare la morbidezza al taglio, mentre il glucosio dona maggiori lucentezza e fluidità.

GANACHE FONDENTE

GLASSA AL CACAO

cioccolato fondente . . . . . . . . . . . g 250 panna per dolci . . . . . . . . . . . . . g 150 burro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 50 glucosio . . . . . . . . . . . . . . . . . g 25 Scaldare la panna assieme a burro e glucosio, fino a circa 60°C. Nel frattempo tagliare in pezzetti molto piccoli il cioccolato e farlo sciogliere a bagnomaria o in microonde. Quando la panna raggiunge la temperatura, spegnere il fuoco, aggiungere il cioccolato e mescolare fino a completo scioglimento. Utilizzare a temperatura ambiente.

cacao amaro . . . . . . . . . . . . . . . g 75 zucchero . . . . . . . . . . . . . . . . . g 165 acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 110 panna . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 120 colla di pesce . . . . . . . . . . . . . . g 4 Far ammorbidire la colla di pesce a bagnomaria. Miscelare in un pentolino il cacao con lo zucchero. Stemperarvi all’interno i liquidi (panna e acqua) e mescolare energicamente. Portare il composto a bollore. Strizzare la colla di pesce, inserirla nel composto caldo e mescolare fino a completo scioglimento. Utilizzare la glassa ad una temperatura non superiore a 30°C.

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ENTREMETS AMBANJA (per 6 entremets di 16 cm diametro) Biscotto Millot 74% e mandorle pasta di mandorle di Provenza 70% Valrhona . . . . . . . g 78 tuorli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 39 burro 82% mg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 47 Millot 74% Valrhona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 76 albumi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 195 saccarosio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 66 Stemperare la pasta di mandorle lavorandola alla foglia, aggiungendo progressivamente i tuorli. Lisciare senza montare la miscela. Incorporare burro e copertura fusi a 50°C. Parallelamente, montare albumi e zucchero. Prelevare un po’ di albumi montati per ammorbidire il primo composto. Terminare delicatamente con gli albumi restanti. Confit ribes nero Adamance purea ribes nero Adamance . . . . . . . . . . . . . . . . . g 300 ribes nero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 300 glucosio in polvere Sosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 92 saccarosio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 92 pectina NH Sosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 9,5 succo di limone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 6 Unire glucosio, saccarosio e pectina NH. Portare la purea di ribes assieme al ribes nero a 40°C e versare a pioggia la miscela delle polveri. Cuocere a 82°C. Unire il succo di limone ed utilizzare. Cremoso lampone Adamance purea lampone Adamance . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 493 purea limone Adamance . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 47 saccarosio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 135 gelatina 220 Bloom Sosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 9,5 tuorli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 88 burro 84% mg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 128 Idratare la gelatina animale in 5 volte il suo peso di acqua fredda. Unire purea di lampone e di limone, saccarosio, tuorli e gelatina idratata e fusa. Cuocere ad 82°C. Raffreddare a 40°C ed incorporare il burro a cubetti. Perfezionare la struttura con un mixer ad immersione. Mousse leggera Millot 74% latte intero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 337 gelatina 220 Bloom Sosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 4 Millot 74% Valrhona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 378 panna UHT 35% mg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 675 Idratare la gelatina animale in 5 volte il suo peso di acqua fredda. Scaldare il latte e unire la gelatina idratata e fusa. Emulsionare con la copertura parzialmente fusa, avendo cura di perfezionare la struttura con un mixer ad immersione. A 45°C, inserire alla panna montata spumosa. Colare immediatamente. Glassa morbida con massa di cacao panna 35% mg . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g

200

glucosio 40DE Sosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 100 massa di cacao Manjari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 200 Absolu Cristal . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 600 acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g 60 Portare panna e glucosio a bollore ed emulsionare con la massa di cacao. Unire l’Absolu Cristal precedentemente portato a bollore assieme all’acqua e mixare. Conservare a +4°C. Miscela per pistola Millot 74% Valrhona . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g burro di cacao . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . g Fondere la copertura e il burro di cacao e utilizzare a 45°C. Gel al lampone purea lampone Adamance . . . . . . . . . . . . . sciroppo TPT . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Gelcrem freddo Sosa . . . . . . . . . . . . . . . . . succo di limone . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Unire tutti gli ingredienti e mixare a freddo. Far a +4°C e mixare nuovamente prima di utilizzare.

350 150

. . . . . g 400 . . . . . g 100 . . . . . g 25 . . . . . g 30 riposare 30 minuti

Montaggio Realizzare la glassa morbida alla massa di cacao. Preparare il biscotto e colarne 70 g in stampi Pavoflex PX076 di 14 cm di diametro. Cospargere con 20 g di filetti di mandorle caramellate cantonesi Sosa. Infornare a 180°C per 14 minuti. Realizzare il confit di ribes nero e colarne 130 g sopra ad ogni biscotto. Abbattere. Realizzare anche il cremoso di lampone, colarne 150 g sopra al confit e abbattere. Eseguire la mousse leggera Millot 74%. Colarne 220 g in Voilà Pavoni da 16 cm di diametro. Completare inserendo il montaggio precedente e abbattere. Sformare e glassare con la glassa scaldata a 35°C. Pre-cristallizzare della copertura Millot 74%, stenderla su un foglio di acetato e ricavare dei dischi di 11 cm di diametro. Prima della completa cristallizzazione, incidere nella parte centrale del decoro intagliando una S stilizzata. Quindi, rimuovere i decori dall’acetato e disporre su teglia. Riporre a 4°C per 15 minuti. Vaporizzare con la miscela per pistola a 45°C e conservare in cioccolateria. Pre-cristallizzare della copertura Inspiration Framboise, stenderla su un foglio di acetato e ricavare dei dischi di 10,5 cm di diametro. Adagiare il decoro con Inspiration Framboise sull’entremets, sovrapporre il decoro Millot e terminare con due ciuffi di gel al lampone. Franco Ascari valrhona .com

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PARTECIPAZIONE ATTIVA Sono 15 le scuole che hanno partecipato al 3° Premio Cioccolato Giovani, grazie ad una formula mista che celebra un bene immateriale e prezioso, la formazione “Fatevi travolgere dalla bellezza di questo lavoro, viaggiate, andate in Paesi dove si possa imparare il più possibile sulla cultura del cioccolato. Non cercate mai la facilità, ma createvi una storia vostra, anche se comporta sacrifici. Vivere una vita dove si è sicuri di aver dato il meglio di sé è il segreto della felicità”. È una parte del messaggio che Eliseo Tonti ha inviato alla 3ª edizione del Premio Cioccolato Giovani, di cui è presidente onorario assieme a Gianfranco “Capitano” Rosso: un messaggio elettrizzante, attuale come solo i classici sanno essere. Assieme all’entusiasmo dei ragazzi e degli insegnanti (a questa edizione hanno partecipato 15 scuole da ogni parte d’Italia), e all’emozione palpabile che ha permeato tutta la premiazione nonostante lo streaming – idem dicasi per la visione dei video e la valutazione dei prodotti, avvenuti il giorno precedente – queste attestazioni di stima compensano il nostro lavoro e le infinite difficoltà e ostacoli che abbiamo dovuto superare per portare a compimento l’iniziativa. In questi mesi si parla e si scrive molto dei disagi dei giovani in questa pandemia e noi, nel nostro “piccolo” di Associazione Pièce, vogliamo continuare a creare narrazioni, a suscitare ispirazioni, avendo la fortuna di poter coinvolgere professionisti non solo di riconosciuto talento, ma anche di cuore, affini al nostro modo di vedere e vivere il settore. Con spirito costruttivo e fare artigianale, ci impegniamo a camminare al fianco degli studenti, dei docenti e dei dirigenti scolastici per stimolare il talento e allenare il merito, agendo più che rimuginando o, peggio, rimanendo congelati davanti ai cambiamenti, alle avversità. Crediamo nella partecipazione attiva e così fanno le aziende partner e tutti gli Istituti che partecipano alle nostre iniziative. Questa edizione è stata la più difficile da condurre in porto: la pandemia ci ha costretti a rimandare il concorso, previsto per marzo 2020, e a modificarne articolazione e struttura. Non è stato facile passare dall’operosità dei laboratori in cui i ragazzi lavorano sotto l’occhio vigile di una giuria prodiga di consigli, e dall’allegra baraonda della premiazione, alla realtà filtrata dello streaming. Ma la formula mista che abbiamo elaborato, in cui il lavoro di laboratorio è stato documentato da video e i prodotti sono stati inviati tramite cor-

riere e valutati da una giuria riunita in presenza, ha funzionato alla grande grazie alla fondamentale collaborazione di due istituti alberghieri torinesi: il “Giolitti”, che ha ospitato la giuria, e il “Colombatto”, nelle persone di Sergio Boero e Renato Crivello che hanno curato la regia da remoto e la trasmissione in streaming. Le nostre risorse di resilienza e la nostra capacità di trovare soluzioni creative ed efficaci sono state messe a dura prova, ma nulla ha fatto vacillare la volontà di arrivare fino in fondo nel miglior modo possibile. Portare a compimento il concorso aveva una doppia valenza. Da un lato, era un debito d’onore nei confronti delle aziende che ci sostengono, il cui supporto è ancora più importante in questi tempi, e che non ci stanchiamo di menzionare e ringraziare: Icam Linea Professionale, main partner del Premio; Agugiaro&Figna, Co.Ve., Frascheri, Fructital, Gruppo Eurovo, Magnoberta, Silikomart; e poi Carpigiani, Chocolate Form/Chocolate World, Selmi Group, Irinox, Ifse, Lesepidado, Perino Vesco. Dall’altro, e parimenti importante, era un doveroso gesto di rispetto per il lavoro di tutti, ma soprattutto dei ragazzi e dei loro insegnanti che per mesi, e superando mille difficoltà, si

sono impegnati nell’elaborazione della ricetta e si sono dovuti cimentare nel non facile compito di organizzare il confezionamento e la spedizione dei prodotti. Abbiamo voluto trasformare la crisi in un’opportunità di esplorare nuovi territori e affiancare nuovi linguaggi, e certo questa dimensione saprà diventare parte integrante del nostro agire. In questo senso, possiamo dire che la grande vincitrice è la Cultura, intesa come volontà e capacità di approfondire, apprendere e padroneggiare gli strumenti per decodificare e affrontare nuove sfide e realtà mutevoli. Il tutto grazie al lavoro di squadra, in cui tutti hanno dato il massimo: insegnanti e dirigenti; le aziende, che conferendo premi prestigiosi investono in un bene immateriale e prezioso, cioè la formazione, perché solo costruendo competenze, e cominciando a farlo dalla scuola, si potrà assicurare al settore un futuro di alto livello. E i professionisti, che ci regalano il loro tempo e la loro competenza, in primis i direttori tecnici Alessandro Racca e Salvatore Toma, coi quali abbiamo elaborato il regolamento e definito ogni dettaglio, e la giuria: Giorgia Peirano Fagiolo, Giovanni Dell’Agnese, Giancarlo Alosa, Filippo Novelli, oltre al già

I giurati, dall’alto in senso orario: Somale, Alosa, Dell’Agnese, Rosso, Novelli e Peirano Fagiolo.

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sostenibilità

GUSTOSA, SALUTARE, NUTRIENTE Sono questi i concetti chiave messi in luce dalla sperimentazione del biologo-nutrizionista Domenicantonio Galatà, insieme al pasticciere Paolo Caridi e ad altri professionisti a Casa Mastroianni, per dare vita a un progetto di “dolcezza sostenibile”

L’iniziativa di ricerca svoltasi a inizio marzo a Casa Mastroianni a Lamezia Terme, Cz, rappresenta un ulteriore step del percorso intrapreso negli anni e definito nel libro “A tavola è troppo tardi”, pubblicato dal biologo-nutrizionista esperto di sicurezza alimentare Domenicantonio Galatà per Lastarìa Edizioni (lastaria.it). Forte della sua esperienza, egli spiega il suo pensiero in fatto di buona alimentazione, insegnando come fare la spesa e come cucinare, grazie a ricette di dolci classici, anche di chef stellati, tra cui i biscotti della salute e il plumcake. Proprio questi, gusto, leggerezza, salute, corretta nutrizione e benessere psico-fisico, sono i concetti-chiave che dal volume hanno trovato attuazione nei giorni di sperimentazione gastronomica portati avanti con Paolo Caridi, direttore di produzione dell’impresa lametina, i fratelli Mastroianni, Mirko Castellano, nutrizionista e farmacista, e Marco De Vita, chef. Per l’occasione i professionisti si sono messi al banco a riscrivere le ricette di alcuni classici, mettendo al centro il tema del dolce che, su nuove basi di riduzione di zuccheri e grassi e di arricchimento con altri ingredienti, non solo mantiene le sue caratteristiche di bontà e appetibilità, ma

Domenicantonio Galatà, biologo-nutrizionista, presidente dell’Associazione Italiana Nutrizionisti in Cucina.

acquista quella di veicolo di nutrimento nell’ottica di una produzione salutare. Una concretizzazione di questo lavoro è già fruibile nel Catalogo Mastroianni che comprende 5 linee: Gelato Sugarfree, Lievitati Sugarless, Crostate Less and More,

Cioccolato Funzionale e Le Spalmabili Less and More. Entrato in contatto con Caridi alle Olimpiadi della Cucina di Erfürt 2016, e subito in sintonia con lui anche grazie alla comune origine reggina, Galatà fa il punto sui risultati ottenuti.

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IL COMPLEANNO AI TEMPI DEL DPCM Francesca Speranza e Giulia Steffanina interpretano un tema molto attuale per #gicakes

Quando ci hanno chiesto, per rappresentare #gicakes - Coppa Italia di Pasticceria Artistica a SigepExp, di ideare un dolce per il compleanno “ai tempi del Dpcm”, cioè di inevitabili restrizioni, onorate ed elettrizzate dall’idea, le nostre sinapsi femminili si sono scatenate! Estetica, razionalità, praticità, vendibilità, flessibilità e creatività: questi gli elementi che abbiamo voluto racchiudere in una monoporzione quadrata. Quadrata come le regole ma che, unite, danno la forma ad un obiettivo comune, con una forza esplosiva di colori e gusti che mette d’accordo tutti. Gli abbinamenti spaziano tra il classico panna e fragola, il fresco cioccolato bianco e limone, e i gourmet pistacchio e arancia, fondente e caffè. Mousse scioglievoli composte su base dacquoise, con i cuori che esaltano i sapori, avvolgendo gli ingredienti in una sinfonia di gusto. La scelta estetica punta sul concetto della tessera del puzzle, come le nostre vite, limitate nel poter condividere momenti festosi, ma che abbiamo cercato di riunire insieme con la nostra creazione. Francesca Speranza

CIOCCOLATO BIANCO E LIMONE Bavarese al cioccolato bianco latte g 125 tuorli n 2 zucchero g 10 gelatina g 4 cioccolato bianco g 50 panna g 125 Unire latte, tuorli e zucchero, cuocere a 82°C. Aggiungere la gelatina reidratata e mescolare. Versare sul cioccolato e mixare. Raffreddare a 35°C ed incorporare la panna semimontata. Versare nello stampo e riporre in frigorifero almeno una notte. Abbattere e congelare. Inserto al limone latte panna tuorli zucchero succo di limone limone grattugiato cioccolato bianco

g g g g g n g

68 68 25 12 50 1 110

gelatina g 4 Miscelare latte, panna, tuorli e zucchero; portare a 82°C. Unire la gelatina reidratata in acqua fredda. Versare sul cioccolato ed emulsionare. Aggiungere succo di limone e la sua scorza. Colare negli stampi. Fare cristallizzare una notte in frigorifero negli stampi ed abbattere in negativo. Glassa a specchio al limone zucchero g 80 cioccolato Ivoire 35% g 110 latte condensato g 70 succo di limone g 25 acqua g 25 gelatina g 8 colorante giallo liposolubile qb Portare a 103°C in un pentolino acqua, zucchero e succo di limone. Nel frattempo reidratare la gelatina in acqua a 5°C per circa 5/8 minuti. Aggiungere il latte condensato e portare a bollore. Spegnere e togliere dal fuoco. Abbassare la temperatura a 60°C ed unire la gelatina reidratata. Versare sul cioccolato fuso mescolato con il colorante. Emulsionare e colare sul dolce a 35°C.

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ricette

In planetaria far sabbiare il burro con la farina, aggiungere zucchero, uova e sale. Quando il composto è quasi del tutto omogeneo, unire menta e scorza di lime tritate. Fare riposare in frigorifero per 30 minuti circa, quindi stendere e darvi la forma desiderata. Abbattere a -18°C, quindi cuocere a 180°C per 10-15 minuti. Glassa a specchio acqua zucchero sciroppo di glucosio latte condensato

g g g g

270 250 350 200

gelatina g 18 cioccolato bianco g 300 coloranti alimentari arancione e verde qb Scaldare acqua, zucchero e sciroppo di glucosio in pentola. Versare su cioccolato bianco e latte condensato. Mixare, quindi aggiungere gelatina e coloranti. Lasciare riposare in frigo 12 ore con pellicola a contatto. Scaldare a 35/38°C per l’utilizzo.

Gabriele Trovato chef ifse it foto Saverio Pisano

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ricette

(*) Cod. R57188 – Sciroppo di glucosio (**) Cod. R44083 – Gelatina alimentare Mescolare zucchero e amido, aggiungere 400 g di panna, sciroppo di glucosio e tuorli. Cuocere a 82°C. Al termine della cottura, unire la gelatina reidratata con la sua acqua, puree di frutta, succo di lime e scorza grattugiata. Emulsionare con minipimer, far raffreddare leggermente e infine unire la panna semimontata.

Montaggio Colare la crema spumosa sopra la gelée di pesca non completamente rappresa, al fine di evitare la separazione tra le due. Abbattere di temperatura o lasciare rapprendere in frigorifero. Gelatinare la superficie del trancetto con gelatina neutra* e, con apposita chitarra, ottenere cubetti da 2,5 cm per lato. Rifinire a piacere. (*) Cod. 41469 – Neutra Extra Shine Antonio Guerra direttore del Centro Arte Dolce Rimini artedolce .it foto ©Giorgio Salvatori

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