
L'Alfabetizzazione emozionale nell'infanzia attraverso modalità espressive e di movimento
di Francesca Briziarelli e Ylenia D'Aniello

Cesvol
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Edizione luglio 2023
Coordinamento editoriale di StefaniaIacono
Stampa Digital Editor - Umbertide
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ISBN 9788831491549
UN
I valori positivi, le buone notizie, il bene che opera nel mondo hanno bisogno di chi abbia il coraggio di aprire gli occhi per vederli, le orecchie e il cuore per imparare a sentirli e aiutare gli altri a riconoscerli. Il bene va diffuso ed è necessario che i comportamenti ispirati a quei valori siano raccontati.
Ci sono tanti modi per raccontare l’impegno e la cittadinanza attiva. Anche chi opera nel volontariato e nell’associazionismo è ormai pienamente consapevole della potenza e della varietà dei mezzi di comunicazione che il nuovo sistema dei media propone. Il Cesvol ha in un certo senso aderito ai nuovi linguaggi del web ma non ha mai dimenticato quelle modalità di trasmissione della conoscenza e dell’informazione che sembrano comunque aver retto all’urto dei nuovi media. Tra queste la scrittura e, per riflesso, la lettura dei libri di carta. Scrivere un libro per un autore è come un atto di generosa donazione di contenuti. Leggerlo è una risposta al proprio bisogno di vivere il mondo attraverso l’anima, le parole, i segni di un altro. Intraprendendo la lettura di un libro, il lettore comincia una nuova avventura con se stesso, il libro viene ospitato nel proprio vissuto quotidiano, viene accolto in spazi privati, sul comodino accanto al letto, per diventare un amico prezioso che, lontano dal fracasso abituale, sussurra all’orecchio parole cariche di significati e di valore.
Ad un libro ci si affeziona. Con il tempo diventa come un maglione che indossavamo in stagioni passate e del quale cerchiamo di privarcene più tardi possibile. Diventa come altri grandi segni che provengono dal passato recente
o più antico, per consegnarci insegnamenti e visioni. Quelle visioni che i cari autori di questa collana hanno voluto donare al lettore affinché sapesse di loro, delle vite che hanno incrociato, dei sorrisi cui non hanno saputo rinunciare. Gli autori di questi testi, e di tutti quelli che dal 2006 hanno contribuito ad arricchire la Biblioteca del Cesvol, hanno fatto una scelta coraggiosa perché hanno pensato di testimoniare la propria esperienza, al di là di qualsiasi tipo di conformismo e disillusione. Il Cesvol propone la Collana dei Quaderni del Volontariato per contribuire alla diffusione e valorizzazione della cittadinanza attiva e dei suoi protagonisti attraverso la pubblicazione di storie, racconti e quant’altro consenta a quel mondo di emergere e di rappresentarsi, con consapevolezza, al popolo dei lettori e degli appassionati. Un modo di trasmettere saperi e conoscenza così antico e consolidato nel passato dall’apparire, oggi, estremamente innovativo.
Salvatore Fabrizio Cesvol Umbria
L’Alfabetizzazione emozionale nell’infanzia attraverso modalità espressive e di movimento
di Francesca Briziarelli e
Ylenia D’Aniello
Ai bimbi e alle loro famiglie
Indice: Presentazione p.9
Il ruolo delle emozioni e necessità di un’alfabetizzazione emozionale p.11
Come educare all’affettività p.12
La mediazione corporea p.14
Emozioni nelle storie: p.16
- La rabbia p.16 - Emozioni inespresse p.17
Vivere le emozioni p.18
Incontri possibili p.24
Biografia p.31
Presentazione
Lavorando attraverso: il movimento, l’immaginazione, il respiro, le canzoncine e le filastrocche, la scatola della sabbia, il contatto con gli elementi naturali, attraverso le storie e la danza … Impareremo: a riconoscere l’affettività propria e altrui attraverso i segni della comunicazione non verbale, a comprendere come si è verificata l’emozione (tutte importanti e che hanno un messaggio specifico), ad esprimere le emozioni attraverso modalità espressive e tanto altro ancora. Le autrici del libro hanno tenuto diversi corsi di alfabetizzazione emozionale per bambini dalla cui esperienza e passione fuoriesce questo testo semplice e che permette a tutti gli adulti che si occupino di bambini (educatori, genitori, insegnanti, nonni, zii, animatori…) di avere strumenti concreti per poter attuare una alfabetizzazione emozionale sin dalla prima infanzia.
Francesca Briziarelli Educatrice Professionale con specializzazione nel Metodo Montessori e Danzamovimentoterapeuta ad indirizzo Simbolico – Antropologico® con esperienza nel mondo dell’infanzia, della disabilità (anche profonda), terza e quarta età, ed in ambiti di formazione per adulti.
Ylenia D’Aniello Massofisioterapista (Ordine TSRM e PSTRP di Perugia), insegnante di massaggio infantile AIMI e per bambini con bisogni speciali AIMI, Danzamovimentoterapeuta ad indirizzo Simbolico – Antropologico®, e con esperienza con bambini, adolescenti, disabili, anziani ed animatrice.
Il ruolo delle emozioni e necessità di un’alfabetizzazione emozionale
Le emozioni rivestono un ruolo estremamente importante nella nostra vita ed una loro “giusta gestione” ci permette di vivere in maniera meno indolore e più appagante. Ecco quindi che noi adulti in primis dovremmo ricordarci, per poi con l’esempio trasmetterlo ai più piccoli, il ruolo importante che esse hanno.
Ogni emozione, infatti, ha un messaggio ben specifico che bisogna poter ascoltare. Insomma: non esistono emozioni buone o cattive; giuste o sbagliate ma sono tutte importanti poiché le andiamo ad ascoltare. Il non ascoltarle le farà presentare la successiva volta in maniera più irruenta e forte. Si pensi alla rabbia: se noi l’accogliamo e riconosciamo quando si presenta senza starla a giudicare e rispondiamo subito al suo messaggio magari esponendo nell’ immediato il nostro punto di vista, cosa ci sta facendo arrabbiare ciò ci permetterà di evitare poi di rimuginare sopra all’accaduto, di amplificare il senso di frustrazione che poi ci farà invece far esplodere come un vulcano durante la successiva arrabbiatura. E quindi, nel primo caso, canalizzeremo la rabbia in energia ed assertività.
La necessità di un’alfabetizzazione emozionale, a partire dalla prima infanzia e successivamente in quei periodi evolutivi di grande cambiamento come durante l’adolescenza, risulta quindi evidente ed importante essenzialmente per due fattori. In primis perché, come ha sottolineato David Hamburg, ciò limiterebbe l’uso di droghe, psicofarmaci e fenomeni di devianza minorile sempre, invece, più frequenti in una società come la nostra. In secondo luogo perché le emozioni, se prolungate nel tempo, hanno un impatto sul nostro sistema di salute psicofisico oltre ad avere un impatto sul nostro sistema immunitario (Ader).
Come educare all’affettività
La psicopedagogia dei cicli di vita ci ricorda che il bambino, nei primi due settenni di vita, è fatto di movimento, deve poter stare il più possibile (questo vale per tutti, anche gli adulti) a contatto con gli elementi naturali e deve essere accostato alla fiaba che rappresenta un ordine non solo esterno ma anche interno, mentale, psicologico.
Riprendendo ciò, riteniamo quindi, che sia possibile garantire un’educazione all’emozioni attraverso: il movimento, il contatto con gli elementi naturali, l’uso delle fiabe.
Essenzialmente si andrà: a riconoscere l’affettività propria ed altrui attraverso i segnali fisiologici, posture, espressioni facciali, tono della voce (elementi della comunicazione non verbale); a comprendere come si è verificata l’emozione ed il messaggio che questa porta, ad accoglierla senza giudicarla, a capire cosa avverto a livello fisiologico per meglio comprendere che tipo di emozione sto provando e ad esprimere l’emozione attraverso modalità espressive, immagini e la corporeità.
Attraverso il respiro e l’immaginazione, potremmo:
◆ Fare immaginare ai bambini attraverso la respirazione che nella fase dell’inspiro, immetto cose piacevoli (es.: il sole) e nell’espiro mando via le cose che rendono tristi. Altri binomi possono essere: amicizia/solitudine; felicità/tristezza; coraggio/paura …
◆ Per rilassare facciamo lavorare i bambini da sdraiati con occhi chiusi sul respiro. Facciamo posare sopra la loro pancia un orsacchiotto: inspiro e l’orsacchiotto si abbassa, espiro e si muove verso l’alto.
◆ Il gioco del mimo: oggi mi sento nuvoloso. Oggi mi sento di essere un sole … (emozioni).
Inoltre possiamo, per meglio far comprendere ai bambini che tipo di emozione stanno provando, (in ciò può aiutarci anche internet) insegnargli filastrocche o canzoncine che definiscono quindi le emozioni.
Ed attribuire a queste dei colori (ad esempio: rosso=rabbia; blu=tristezza; verde=paura…) e/o al sentirle in una parte del corpo.
Per quanto riguarda il contatto con gli elementi naturali e quindi il lavoro sulle emozioni può essere reso possibile con l’utilizzo della scatola azzurra rielaborata dalla Pedagogista
Paola Tonelli riprendendo la terapia della sabbia ideata da una allieva di Jung. Al Bambino cioè gli si presenta una scatola con sfondo azzurro, color del mare, (volendo la si può creare con del semplice cartoncino azzurro), della sabbia e tanti elementi naturali (sassolini, rami, conchiglie, pietre, ghiande, pigne…). Il bambino nel giocare con questi elementi, possibilmente non di plastica, prende dimestichezza con il suo mondo emozionale.
La danzaterapia è quella disciplina che fa da ponte tra il nostro mondo interno fatto di emozioni ed immagini (Jung) ed il mondo esterno nel quale ci rapportiamo.
La danzamovimentoterapia quindi ci fa entrare in contatto con quegli elementi che creano benessere psicofisico, infatti:
◆ Ci fa metter in gioco, ci permette di tirare fuori quella parte di noi che in psicologia viene definita bambino interiore
◆ Ci fa aprire al piacere del movimento
◆ Ci permette di entrare in contatto, attraverso l’immaginazione e l’uso dei colori, con gli elementi naturali (la natura rappresenta lo psicofarmaco più potente)
◆ Il movimento è interconnesso con le nostre emozioni (non a caso i due termini condividono la stessa radice verbale “-moveo” ad indicare questa stretta interdipendenza).
Il movimento in un incontro di mediazione corporea deve essere:
◆ Non giudicante (non giudico il movimento degli altri, tantomeno il mio): non ha finalità estetiche ma di espressione di ciò che stiamo provando
◆ Di rispetto dei limiti personali (eventuali dolori fisici) di movimento: ascolto del proprio corpo
◆ Spontaneo, istintivo, non ragionato
◆ Durante il movimento non si parla (verrà dedicato uno spazio apposito), si comunica solo con il corpo; il danzaterapeuta che conduce l’incontro dà semplici indicazioni di movimento.
Come è strutturato il setting: quello che andiamo a fare:
◆ Riscaldamento corporeo (introduzione del tema-immagine che si andrà ad eseguire)
◆ Esplorazione del movimento (storia)
◆ Produzione plastico pittorica isomorfa al lavoro corporeo trattato
◆ Verbalizzazione (movimenti)
Emozioni nelle storie
I bambini parlano e capiscono bene il linguaggio delle fiabe. La psicologia dell’infanzia ha messo bene in evidenzia come l’uso della metafora e del gioco sia elemento chiave per aiutare i bambini a prendere le distanze da episodi spiacevoli e dolorosi.
Attraverso favole brevi, corredate da illustrazioni semplici, i bambini potranno entrate in contatto con situazioni che riconoscono difficili per loro, rispetto alle quali non sono ancora attrezzati a reagire.
-La rabbia
Attraverso la danza: Il draghetto scattoso
◆ Una specifica unità di lavoro sulla rabbia in modo che i bambini possano essere guidati alla scoperta delle proprie emozioni e dei propri sentimenti, anche quelli negativi, per conoscerli, comprenderli, accettarli e trasformarli senza averne timore.
◆ Come cornice narrativa di riferimento abbiamo utilizzato quella della storia di un draghetto scattoso (da cui prende il nome stesso il titolo dell’unità di lavoro) che impara invece di arrabbiarsi e sbottare in maniera aggressiva ad esprimere il proprio punto di vista.
◆ Riscaldamento: in cerchio a turno uno dopo l’altro i bambini battuto le mani e dicono il proprio nome. L’educatrice enuncia il nome dell’unità da svolgere: “Il draghetto scattoso!”
◆ Esplorazione: racconto della storia con l’aiuto di disegni. Al termine di questa si tolgono i disegni ed invitano i bambini a riprodurla con il corpo.
◆ Integrazione: dal momento che la storia termina con il draghetto che sputa fuori, non più come faceva inizialmen-
te fuoco e fiamme ma, petali di fiori si fa fare ad ogni bambino un collage con fiori veri e brillantini a simboleggiare, quest’ultimi, la trasformazione (intesa come canalizzazione dell’emozione aggressiva).
- Emozioni inespresse
◆ Ai bambini si può presentare la storia di un bambino che ogni volta che subiva un’“ingiustizia” nascondeva dentro di sé un pizzico di tristezza, di emozioni. Un giorno però non riusciva più a muoversi perché troppo pieno di tristezze, rabbie, paure. Fortunatamente incontrò uno spiritello che gli insegnò a non tenere dentro di sé quelle tristi emozioni. Da allora il bambino imparò a piangere, a raccontare ai grandi le sue preoccupazioni, paure, a dire il proprio punto di vista se qualche amichetto era dispettoso. E si sentì così molto meglio e più leggero.
◆ Attività: su una sagoma di bambin*far colorare le emozioni che pensano di essersi tenuti dentro: per la rabbia il rosso, il verde la paura, il blu la tristezza. Alla fine si disegna la bocca.
◆ Come variante invece di colorare la sagoma, devono inserire in un recipiente di acqua le tempere con i colori elencati in precedenza. Uscirà fuori il colore marrone da equiparare al colore delle feci: come metafora di quanto sia meglio far fuoriuscire le nostre emozioni (dicendo il nostro punto di vista quando ci stiamo arrabbiando, piangendo quando proviamo dolore e tristezza, confrontandoci con i grandi quando abbiamo delle paure…) piuttosto che trattenerle dentro di noi.
◆ Disegna: cosa succederebbe se lasciassi uscire la mia tristezza/rabbia/paura/se piangessi.
◆ Cosa ti succede quando ti arrabbi? Pensa e scrivi le cose che ti piacciono e quelle che non ti piacciono quando sei arrabbiato.
Vivere le emozioni
Le emozioni sono segnali stradali che ci indicano la direzione da prendere e quella da non imboccare. Fidarsi di ciò che sentiamo è molto importante per il nostro equilibrio e la nostra autostima: solo così possiamo esprimere la nostra personalità. Se ci affidiamo a ciò che sentiamo, sarà più facile e istintivo scegliere chi avvicinare e chi tenere a distanza e trattare nel modo giusto le persone che ci circondano. È, inoltre, importante, anche se si scontra con il timore di mostrarci vulnerabili, la capacità di esprimere ciò che sentiamo (piangere se abbiamo un dispiacere; rispondere a tono se provocati; dire ti voglio bene a chi ci sta vicino …).
Ecco una carrellata di emozioni:
→ La sorpresa:
Torniamo a stupirci come i bambini. Crescendo trascuriamo la capacità di meravigliarci, e così perdiamo la fonte della cre-
atività e l’origine di molte occasioni di gioia. Tutto ciò che è nuovo stimola il cervello. L’abitudine ci allontana dalla gioia. È importante allenarsi a notare ogni giorno le novità che continuamente accadono. Impara a chiederti cosa è accaduto di nuovo oggi.
→ La paura:
Scatta quando viene minacciata la nostra integrità psicofisica. Vi sono paure irrazionali, non concrete, come ad esempio quella di prendere gli ascensori, ma che attirano ugualmente delle risposte psico-fisiche e che coinvolgono in realtà aspetti psicologici profondi o simbolici. Ognuna di queste ha una sua ragione di essere e bisogna vederne il significato simbolico. Così la paura degli spazi chiusi in realtà richiama il timore di rimanere senza vie di uscita nella propria vita, costretti da legami che dobbiamo accettare; la paura di essere morsi dai cani ha come nucleo vero della fobia l’aggressività ossia il timore di essere attaccato o della propria aggressività e così via dicendo. La soluzione è quella di recuperare il contatto con la nostra interiorità e quindi lasciare spazio anche ai lati di noi che di solito teniamo nascosti o che non accettiamo: questo è lo scopo della nostra paura. Le paure rompono il nostro schema di una razionalità troppo rigida e dominante, le idee preconcette su quello che crediamo di essere, del solo personaggio che vogliamo essere. Bisogna quindi, quando arriva, sentire l’emozione ed accoglierla (non so perché sei venuta a trovarmi, ma una ragione c’è, vediamo cosa mi porti). Essa è una nostra alleata che arriva per farci superare qualche nodo critico che ci blocca (vuole regalarci più coraggio).
L’evitamento della situazione non risolve il problema ma lo acutizza. L’esposizione ripetuta alle situazioni ansiogene determina una ristrutturazione del tuo modo di vedere e sentire
le cose. Confrontandoti con la realtà potrai abbandonare le false convinzioni su di te e sul modo dalle quali dipende in gran parte la tua paura. Così rinuncerai ad ampliare il tuo raggio di azione e di esperienze.
→ La rabbia: Etichettata come emozione negativa e pericolosa in realtà è un sentimento sano ed essenziale per difenderci, solo se non riconosciuta ed ascoltata può diventare distruttiva. È sana quando è immediata. Trattenere lo sfogo la fa prolungare nel tempo e diventa nociva. Non trattenerti e di’ ciò che senti: se hai qualcosa da dire, dillo chiaramente, in modo gentile, ma dillo.
Il primo passo da fare non è annullarla ma percepirla, osservarla dove si accende nel nostro corpo, cosa la provoca. Invece di volerla curare puoi farti attraversare da lei come “conduttore sano”: così arriverà meno spesso e quando lo farà, come un temporale estivo, ti lascerà in fretta e senza strascichi.
A volte arrivano gli sfoghi di rabbia perché magari stiamo pigiando troppo l’acceleratore sui doveri e poco sui piaceri: bisogna allora ritrovare la via del piacere, passando più tempo a fare ciò che ci piace.
Una litigata ben condotta può diventare un momento di crescita e confronto. Il litigio sano è incentrato solamente sul presente, parlare lentamente ti aiuterà a chiarirti i pensieri e colmare i borbottii. Ascoltare l’altro senza interromperlo aiuterà a chiarirti i pensieri e colmare i borbotii. Ascoltare l’altro senza interromperlo ti servirà a prendere tempo per riflettere. Se il respiro o il battito del cuore accelerano sei a rischio di esplosione di rabbia e quindi è il momento di fare una pausa. È importante in caso di rabbia trattenuta procedere ad uno sfogo simbolico di questa: prendendocela con cuscino o strizzando forte un asciugamano arrotolato o scrivendo una lette-
ra con tutto ciò che avremmo voluto dire alla persona che ci ha fatto adirare o praticando uno sport o facendo una camminata senza meta, attraverso espressioni artistiche ed incentivando le nostre passioni ed attività piacevoli.
→ La tristezza:
Arriva dopo una delusione, frustrazione, un abbandono. Ci toglie momentaneamente le forze, ci dice che i nostri desideri non sono soddisfatti, ma è l’unico modo per ricominciare. La tristezza manda in crisi la nostra personalità per cancellare chi crediamo di essere. Serve per sgretolare quella facciata con cui ci identifichiamo, ma che non è il nostro vero volto. Vuole che ci mettiamo in cerca di una nuova felicità per questo ci mette in crisi. Ci toglie il piacere per spingerci a ritrovarlo in nuovi modi. Sono triste perché mi serve, vediamo dove mi porta. Solo se accolta la tristezza può agire per fare pulizia dentro di noi, preparando il terreno per le novità che stanno per arrivare.
Modalità per tirare fuori la tristezza sono il pianto, lo scrivere delle poesie utilizzando tutti i sensi nella descrizione, il pulire casa facendo spazio ed ordine negli armadi.
→ La timidezza: non è un difetto ma un dono dell’anima che ci nasconde dentro la nostra unicità; è avere una sensibilità spiccata, buone capacità osservative, di analisi ed una forte empatia. È la paura di esporsi ed essere giudicati. È la conseguenza di una paura eccessiva del giudizio degli altri che in alcune situazioni può interagire con le relazioni sociali e la capacità di esprimersi liberamente. Alla base della timidezza c’è una sensibilità spiccata ed una certa insicurezza e la sensazione di essere sempre al centro di ciò che accade. Quando il timido comincia a sperimentare un rapporto più diretto con gli altri
in particolare in gruppo e accetta gradualmente di far vedere le proprie capacità, allora acquista la sicurezza necessaria per esprimere tutto se stesso e per far vedere quanto vale. Tutte le volte che stai per criticarti o sottovalutarti riporta l’attenzione sulle tue doti. Chi è timido vorrebbe piacere a tutti e in ogni occasione ma si tratta di un desiderio irrealizzabile. Chi è timido si aspetta continui segnali di consenso per andare avanti e se non arrivano si sente rifiutato, bisognoso insomma di continue rassicurazioni. Non devi sentirti sotto esame: in tutte le persone ci sono limiti ed imperfezioni.
Partendo dalle situazioni meno impegnative ed attraverso un graduale training possiamo costruire quella fiducia in noi stessi che manca alle persone timide. Comincerà quindi ad accettare gli inviti, a parlare per primo anziché aspettare che sia sempre qualcun altro a farlo, a esprimere le sue opinioni anche se contrarie a quelle degli altri e perfino in grado di andare in una festa in cui non conosci nessuno.
→ L’invidia:
dannosa solo se non l’ammettiamo a noi stessi. Ha lo scopo positivo di dirci che è tempo di far valere le nostre qualità (voglia di cambiamento). Ci segnala un obiettivo ed è una valida alleata, attraverso cui l’anima ci comunica per cosa dovremo batterci. È una spinta propulsiva a tirare fuori il meglio delle proprie capacità, stimolata dal confronto con gli altri.
L’invidia parla di noi stessi, ci rivela le nostre paure, le nostre debolezze nascoste per segnalare il nostro stato di insoddisfazione profonda verso il tipo di vita che stiamo conducendo.
→ La gelosia:
Manifesta la paura di dover rinunciare alle proprie esigenze vitali, cerca di salvaguardare la propria identità ed il rapporto con una persona molto cara. Spesso è infondata, si nutre del
sospetto e si instaura nella mente, senza che vi sia un pericolo reale per il legame. In questo caso la gelosia ci sta dicendo che la nostra autostima è crollata, che il rapporto si sta trasformando in una dipendenza e che per questo motivo ci sembra che non possiamo permetterci di perderlo e ci stiamo aggrappando ad esso con tutte le forze. La gelosia ti sta suggerendo che non sei al centro della tua vita, visto che vorresti esistere solo nella vita dell’altro. Servono nuovi interessi, altre passioni che arricchiscano il mondo interiore e facciano diminuire la dipendenza affettiva. Ha a che fare con il desiderio di controllo. Non tanto per il timore di perdere l’amato, ma per il fatto che il rivale oscura l’immagine di sé. A volte è benefica per la vita di coppia riaccendendo la passione ma quando è eccessiva è uno stato di insicurezza e ha a che vedere con la possessività più che con l’amore. Si nutre dei nostri sensi di inadeguatezza.
Per limitarla: trova i tuoi spazi. Dedicati ad un’attività che ti piace, riprendi in mano il tuo hobby preferito. Niente trame di vendetta specie se la tua gelosia è alimentata solo da dubbi. Non sprecare forze ed energie che puoi investire nella relazione ma riaccendi la passione. Riscopri la complicità, trasforma lo sfogo in una chiaccherata più intima. Esponi i tuoi dubbi cercando di non usare un tono di accusa così l’altro riuscirà ad intuire che è la paura di perderlo a farti parlare e ne sarà gratificato. L’amore si basa su una quota di insicurezza e di mistero; cercando di tenere sotto controllo tutto, rischi di ucciderne la spontaneità e di soffocarlo.
→ La rabbia
Riscaldamento:
seduti in cerchio ci passiamo una pallina color rosso da un bambino all’altro e diciamo il nostro nome. Terminato il giro, ripetiamo la stessa cosa andando ora nell’altro senso del cerchio.
Ora che conosciamo i nostri compagni passiamo ancora la pallina al nostro fianco, nominando il nome della persona a me vicina. Finito il giro, ripeto nell’altro senso.
Adesso la pallina verrà ripassata cercando di andare più velocemente ed immaginando che scotti; si ripete anche nell’altro senso.
Danza:
danza del draghetto (4 passi grandi in cerchio e uno al centro facendo il verso del draghetto molto arrabbiato; si ripete poi con 4 passi piccoli e uno al centro, facendo il verso del draghetto meno arrabbiato. Si ripete il tutto più volte)
Esplorazione:
dopo la lettura ad alta voce ai bambini della storia del “Draghetto Scattoso1”, si mettono in movimento tutte le parti del1 C’era una volta un piccolo draghetto simpatico e dolce che gli piaceva di stare in compagnia. Un giorno però un suo amichetto prese il gioco a cui il draghetto teneva tanto…
Il draghetto si arrabbiò, si gonfiò tutto e la faccia gli diventò rossa. Bastava guardarlo per averne paura. Quando aprì la bocca per parlare, invece della sua solita vocina dolce, “Wwwaaaaammmm”, uscì un rumore spaventoso accompagnato da fuoco e fiamme.
Quell’evento lo preoccupò, anche i grandi lo avevano rimproverato! Così un po’ spaventato da cosa potesse uscirgli dalla bocca quando era arrabbiato, decise di giocare sempre più spesso da solo ma ciò lo faceva sentire triste.
Mentre stava lì, solo e malinconico, gli si avvicinò un folletto. Il folletto gli insegnò che la prossima volta in cui avrebbe sentito un po’ di rabbia dentro non si sarebbe dovuto spaventare. Doveva solo imparare a trasformare
corpo, fingendo di essere un draghetto arrabbiato; dapprima si fa sul posto, poi nello spazio. I movimenti sono accompagnati da una musica che possa richiamare la rabbia con le pause e con un ritmo deciso.
le cose pericolose in cose utili: doveva cioè imparare a dire ciò che voleva, doveva cioè dire il proprio punto di vista.
Così, il draghetto, si fece coraggio e si riavvicinò ai suoi amici ed iniziarono a giocare. Ad un certo punto iniziarono a giocare con un aquilone ma visto che tutti i draghi ci volevano giocare, non glielo passavano. Il draghetto diventava sempre più furioso. Un poco alla volta si gonfiava, aveva sempre più la faccia rossa: insomma bastava guardarlo per averne paura. Il draghetto stava per buttare fuoco ma per fortuna si ricordò degli insegnamenti del folletto…
…E così disse cosa lo stava facendo arrabbiare: “Vorrei anche io giocare! Per favore ora tocca ame, passatemi l’aquilone!”. Dalla sua bocca quindi non fuoriuscirono più fuoco e fiamme ma una cascata di bei fiorellini e brillantini.
(Tratto da: “Una fiaba per ogni perché. Spiegare ai bambini perché succedono le cose” di Elisabetta Maùti, casa editrice Erickson)
Poi proviamo a personificare il draghetto che ha trasformato la sua rabbia in tanti fiori e brillantini colorati e cambiamo la musica; ora il ritmo potrà essere più melodico ed armonico.
Integrazione: su un foglio A4 poniamo gli elementi della natura (fiori, foglie, erbe aromatiche…) ed alcuni brillantini incollandoli come più ci piace proprio a rappresentare la trasformazione della rabbia in qualcosa di meno distruttivo.
Riscaldamento:
facciamo finta che il nostro corpo somigli ad un tamburo e proviamo a suonarlo. Scaldiamo tutte le parti del corpo battendo le nostre mani sui piedi, poi sulle gambe, poi sulla pancia, sul torace e sulle guance. Suoniamo anche la schiena chiedendo aiuto ai compagni seduti alla mia destra e alla mia sinistra.
Danza: in cerchio camminiamo tenendo il ritmo, per 8 conti da un lato poi ripetiamo la stessa cosa dal lato opposto. Andiamo al centro del cerchio per 8 conti e poi torniamo indietro per altri 8 conti. Ripetiamo per alcune volte.
Esplorazione: dopo l’ascolto della storia di “Non importa2”, i bambini provano a turno, andando al centro del cerchio, a fare due gesti, uno che ricorda la tristezza e uno che ricorda la paura. Dopo che tutti i bambini si sono espressi, provano a ripetere nello spazio tutti i gesti con una musica ritmica. Si ripetono i gesti
2 C’era un bambino che ogni volta che subiva un’ingiustizia si teneva dentro la tristezza e la rabbia per ciò che gli accadeva.
E così: voleva andare a giocare sull’altalena preferita ma un bambino non glielo permetteva, un tipo gli rubò un giocattolo a cui teneva, qualcuno lo prese in giro eccetera, eccetera... Ed ogni volta nascondeva dentro di sé questi sentimenti.
Finché un giorno a forza di tenersi dentro le tristezze, preoccupazioni, rabbie e paure rimase come incastrato, bloccato. Proprio in quel momento comparve un piccolo folletto che gli disse: “Se vuoi riuscire a liberarti da lì. Mio caro amico, hai una sola possibilità: lasciare uscire un po’ di sentimenti che ti tieni dentro”.
Il bambino quindi cominciò un po’ a piangere e a raccontare al folletto tutti i sentimenti che aveva tenuto dentro per tanto tempo e ciò lo faceva sentire molto meglio e più leggero. Così, dopo di allora, tutte le volte che succedeva qualcosa di brutto il bambino imparò a dirlo sempre”.
(Tratto da: “Uno scricciolo di nome Nonimporta”, di Margot Sunderland, Edizioni Erickson).
più volte e si invitano i bambini a fermarsi più volte con lo stop.
Integrazione: su una sagoma prestampata di un bambino, coloriamo l’emozione della tristezza di blu e proviamo a collocarla in una parte del corpo sul foglio. Poi coloriamo l’emozione della paura di verde e proviamo a collocarla in un’altra parte del corpo sul foglio.
Dove abbiamo sentito maggiormente le due emozioni?
Riscaldamento:
con un cembalo, proviamo a ridire i nostri nomi tenendo il ritmo. Il cembalo si passa al compagno vicino una volta che ci si è presentati. Una volta finito il giro, si ripete tutto andando nell’altro verso del cerchio.
Si riinizia il giro accelerando il ritmo sul cembalo e poi si ripete andando nel verso opposto.
Prendiamo aria e tiriamo fuori l’aria per un po’ di volte: siamo pronti per gonfiare dei palloncini colorati (rosso, verde, blu e giallo ciascuno per un’emozione)
Danza:
danza dei palloncini (ciascun bambino tiene in mano il palloncino del colore che ha scelto riferito all’emozione corrispondente. Si cammina lungo il cerchio per 16 conti poi si va verso il centro con 4 conti, si toccano tutti i palloncini colorati e si torna indietro per altri 4 conti. Si ripete per più volte).
Esplorazione:
doniamo 4 gesti, ciascuno per la rabbia, per la tristezza, per la paura e per la gioia. Li ripetiamo in sequenza con la musica per diverse volte, fino a memorizzarli.
Il conduttore alzerà il palloncino del colore corrispondente ad un’emozione e tutti i bambini ripeteranno il gesto dell’emozione corrispondente; questo si ripeterà per tutte le emozioni e per diverse volte.
Integrazione: scriviamo insieme una storia “I Colori delle Emozioni”. Iniziamo con “C’erano una volta...”3.
3 Ecco uno dei nostri lavori: “C’erano una volta, dei bambini con tutte le emozioni che non ci capivano niente con tanti colori che rappresentavano le emozioni. Ma ogni giorno ne rappresentavano una: rabbia, tristezza, paura e gioia. Rabbia che rompe tutto e urla, tristezza che piange a squarciagola, paura che trema e fa scappare, gioia che ti tira su la bocca e ti fa ridere. Rosso, azzurro, verde e giallo hanno fatto un gran ballo tutte insieme
e in compagnia… EVVIVA LE EMOZIONI!!!”. Alessandro, Anna, Benedetta, Chiara, Davide, Gianpaolo, Giovanni, Giuseppe, Gregorio, Maria, Leila, Letizia, Stefano… Grazie ai tutti bambini e ai loro genitori!!!!!
◆ Colli M. e R., Teso S. e Mari S., Il mio diario delle emozioni. Comprendere ed esprimere rabbia, paura, tristezza e gioia, Erickson, Trento, 2009
◆ Colombo B., Fabio R. A. e Saur L, Le favole che fanno crescere. Superare paure e difficoltà, accettare consigli e critiche, Erickson, Trento, 2013
◆ Corallo R., 11 favole di felicità. Imparare a pensare positivamente, Erickson, Trento, 2013
◆ Corallo R, Sei folletti nel mio cuore. Una sotoria, canzoni e attività sul valore delle emozioni, Erickson, Trento, 2015
◆ Giudetti R., Sempre capricci? Storie “psicologicamente corrette” da leggere assieme ai bambini, Erickson, Trento, 2013
◆ Goleman D., Intelligenza emotiva. Cosa è e perché può renderci felici, Bur, Milano, 1997
◆ Ianes D., Educare all’affettività. A scuola di emozioni, stati d’animo e sentimenti, Erickson, Trento, 2008
◆ Ianes D., Pellai A., Facciamo il punto su… Le emozioni. Prospettive di educazione affettivo-emotiva a scuola e in famiglia, Erickson, Trento, 2011
◆ Naccari A.G.A., a cura di, La mediazione corporea per un’educazione olistica. Simboli in movimento tra pedagogia e terapia, Editore Guerini Scientifica, Milano, 2012
◆ Padesky C.A., Greenberger D., Penso, dunque mi sento meglio. Esercizi cognitivi per problemi di ansia, depressione, colpa, vergogna e rabbia, Erickson, Trento, 2007
◆ Sunderland M., Disegnare le emozioni. Espressione grafica e conoscenza di sé, Erickson, Trento1997
◆ Sunderland M., Aiutare i bambini… a esprimere le emozioni. Attività psicoeducative con il supporto di una favola, Erickson, Trento, 2005
◆ Tagliabue A., La scoperta delle emozioni. Un viaggio di edu-
cazione affettiva assieme ai bambini, Erickson, Trento, 2003
◆ Thalmann Y.A, Quaderno d’esercizi di allenamento alla felicità,Vallardi, Roma,2010
◆ Thalmann Y.A, Quaderno d’esercizi per trasformare la propria collera in energia positiva,Vallardi,Roma, 2013
Le autrici del libro hanno tenuto diversi corsi di alfabetizzazione emozionale per bambini dalla cui esperienza e passione fuoriesce questo testo semplice e che permette a tutti gli adulti che si occupino di bambini (educatori, genitori, insegnanti, nonni, zii, animatori…) di avere strumenti concreti per poter attuare una alfabetizzazione emozionale sin dalla prima infanzia.
Questo libro contribuisce alle attività dell'Associazione Culturale
"A N I M A L I E V E» il cui scopo è di trovare idee per nutrire l'anima come l'obiettivo preposto in questo libro
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