EMILIO SCANAVINO - "Opere: 1953-1986"

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A. Perilli A. Perilli “Orbis”“Orbis” 1998, 1998, cm 20x20 cm 20x20

NTO INGANNO” 1984 - 2012 1984 - 2012

in collaborazione con: in collaborazione con:

EMILIO SCANAVINO Op ere: 1953-1986




Viale Alfonso Casati 2/o Tel.+39 329 59 41 841 20835 Muggiò MB art@casatiartecontemporanea.it Tel.+39 329 59 41 841 www.casatiartecontemporanea.it art@casatiartecontemporanea.it www.casatiartecontemporanea.it ARCHIVIO PERILLI 2016.pdf 1 18/11/2016 12:52:00

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Arte Contemporanea

EMILIO SCANAVINO Opere: 1953-1986

19 gennaio - 19 febbraio 2018

CASATI Arte Contemporanea Viale Alfonso Casati 2/o 20835 Muggiò MB Tel. +39 329 59 41 841 art@casatiartecontemporanea.it www.casatiartecontemporanea.it

Mostra a cura di Luca Manganiello e Stefania Fossati Testo critico Nicola Micieli Fotografia Rachele Zappa Impaginazione Alessandro Paladini e Rachele Zappa Stampa Bandecchi & Vivaldi srl, Pontedera Si ringrazia l’Archivio Scanavino (Milano) per la preziosa consulenza. Le citazioni presenti nel seguente volume sono tratte da Giovanni Maria Accame, Scanavino. Disegni e scritti inediti, collana “La Forma plurale 1”, Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo, 1990, pp. 169, 171, 151, 170, 137.

ACHILLE

PERILLI archivio ACHILLE PERILLI archivio


in collaborazione con: in collaborazione con:

EMILIO SCANAVINO Ope r e : 1 9 5 3 - 1 9 8 6


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Morfologia, 1970 - dettaglio 6


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“Io dipingo ciò che c’è in me. Lì c’è un grande buio.”

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Scanavino nel vecchio studio, inizio Anni ‘60 - Foto di E. Schaal 9


Biografia Nato a Genova nel 1922, dopo il liceo artistico si dedica sin da subito alla pittura, inaugurando la sua prima mostra personale nel 1942, alla Galleria Romano del capoluogo ligure. Pochi anni dopo prende uno studio a Milano in Foro Bonaparte, e inizia a frequentare l’entourage di Brera, di cui fanno parte Fontana, Dova, Crippa, Dangelo, Manzoni, Dadamaino e tanti altri. Nel 1947 soggiorna a Parigi ed entra in contatto con altre personalità che saranno importanti nel suo percorso: Edouard Jaguer, Wols, Camille Bryen, Georges Braque. Qui ha modo di confrontarsi con l’opera di Van Gogh, di apprendere quelli che saranno gli echi del post cubismo che assimila e interpreta in una sua chiave, come mostrato dalle opere presentate nella sua seconda mostra personale alla Galleria L’Isola di Genova. Dal 1950, l’artista lavora con Tullio Mazzotti alla sua Manifattura ceramica ad Albisola insieme a Lucio Fontana, Sebastian Matta, Guillaume Corneille, Asger Jorn, Wilfredo Lam, Gianni Dova, Roberto Crippa, Enrico Baj, Sergio Dangelo, Giuseppe Capogrossi, Agenone Fabbri, Aligi Sassu. Nello stesso anno, espone alla XXV Biennale di Venezia e riceve ex-aequo il Primo Premio alla V Mostra regionale genovese. In occasione della sua mostra personale alla Apollinaire Gallery di Londra del 1951, che riceve la visita e suscita tra gli altri anche l’interesse di Henry Moore, trascorre diverso tempo in questa città. Ha così modo di incontrare molti artisti tra cui Philip Martin, Eduardo Paolozzi, Graham Sutherland e restare profondamente impressionato dall’opera di Francis Bacon. In quegli anni conosce Carlo Cardazzo, che in quel periodo già collaborava da tempo con le più importanti gallerie a livello internazionale, iniziando un nuovo percorso dell’Arte Contemporanea. Nella sua Galleria del Naviglio di Venezia, presenta tra le altre cose, il primo Ambiente spaziale di Fontana e realizza la prima personale europea di Jackson Pollock. Poco dopo il loro incontro, Cardazzo diventa il suo gallerista, mentre il critico Guido Ballo inizia ad interessarsi alla sua opera. Nel 1954 espone ancora alla Biennale di Venezia dove parteciperà nuovamente nel 1958, vincendo il Premio Prampolini, nel 1960, con una sala personale e nel 1966, anno in cui consegue anche il Premio Pininfarina. Continuano le relazioni internazionali dell’artista. Nell’estate del 1955 Scanavino partecipa al phases de l’art contemporain a Parigi e l’anno seguente in marzo, inaugura una mostra personale alla Galerie Apollo di Bruxelles presentata da un testo di Christian Dotremont, figura cruciale di CoBrA. Partecipa inoltre come unico artista italiano alla rassegna This is Tomorrow, che si tiene alla Whitechapel Gallery di Londra, invitato da Anthony e Sarah Jackson, con i quali ha mantenuto rapporti assidui dopo la personale congiunta del 1951. Alla fine degli anni ’50 conclude i primi contratti con Carlo Cardazzo e Peppino Palazzoli della Galleria Blu di Milano. Nel 1961 compie il suo primo viaggio a New York ed espone ancora in Francia a Parigi alla Galerie Charpentière e alla Galerie Internazionale d’Art Contemporain. Pierre Restany, interes10


Scanavino, Galleria del Naviglio, Milano, 1973 11


Scanavino a Calice Ligure (SV), maggio 1974, durante la realizzazione della pellicola a colori di Mario Carbone, D.A.R.C. Roma 12


sato al suo lavoro, lo include nella sua pubblicazione Lyrisme et Abstraction edito dalla Galleria Apollinaire di Milano. Partecipa alla manifestazione collettiva Anti-process presentata prima alla Galerie des Quatre Saisons di Parigi, avendo così modo di approfondire i suoi legami con gli intellettuali francesi Jean-Jacques Lebel e Alain Jouffroy e gli artisti partecipanti: Baj, Bat-Josef, Bona, Bouvier, Brauner, Cazac, Corso, Crippa, Paolucci, Dado, Dorcely, Dova, Ferro, Guino, Harloff, Herold, Hiquily, Hundertwasser, Lam, Lebel, Le Toumellin, Licata, Lora, Manina, H. e P. Martin, Matta, Metcalf, Michaux, Mondino, Oppenheim, Penalba, Peverelli, André-Poujet, Quentin, Saby, Tancredi, Tinguely, Visieux, Zanartu. Sempre nel 1961 prende parte all’esposizione dedicata ai giovani pittori italiani, al Museo di Arte Contemporanea di Kamakura in Giappone. L’anno seguente acquista una vecchia casa contadina a Calice Ligure, dove richiama molti altri artisti della scena internazionale, che concorrono alla nascita di un nuovo polo del fermento dell’arte d’avanguardia. Nel 1970 vince il Primo Premio della Palmaès Huitième alla VIII Biennale Internazionale d’Arte di Mentone e compra casa a Roma, Parigi e Golf Juan. Continua la sua attività espositiva in varie sedi all’estero tra cui la mostra rappresentativa dell’arte italiana 20 artistas italianos del 1971, al Museo De Arte Moderno a Città del Messico, esponendo insieme a Adami, Alviani, Aricò, Baj, Carrino, Castellani, Ceroli, De Romans, Del Pezzo, Novelli, Dorazio, Pardi, Perilli, Parzini, Pistoletto, Pozzati, Romagnoni, Schifano e Tadini. Realizza la grande opera Omaggio all’America Latina, con lo scultore Alik Cavaliere, in occasione dell’invito per la XI Biennale di San Paolo del Brasile ma l’opera, dedicata ai martiri per la libertà, non viene esposta per intervento delle autorità consolari che la censurano per il soggetto “di natura politica e quindi extra artistica”. Negli anni ’70, successivamente al superamento di una delicata operazione, guarisce e continua a viaggiare in Belgio, Francia, Germania, Olanda, Svizzera, Austria, America del Nord, Brasile, Venezuela, Messico. Nel 1973 la Kunsthalle di Darmstadt, gli dedica una vasta e approfondita antologica, nata dal sodalizio con Bernd ed Elisabet Krimmel, poi riproposta anche in Italia in due differenti occasioni: a Venezia a Palazzo Grassi e a Milano a Palazzo Reale. Nel 1975 Partecipa alla X Quadriennale di Roma e l’anno successivo inizia la collaborazione a Milano con Giorgio Marconi. Alterna la sua attività tra l’Italia e Parigi, che è costretto a lasciare per motivi di salute alla fine degli anni ‘70. Vive e lavora tra Milano e Calice Ligure fino alla sua scomparsa nel 1986.

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Scanavino nel laboratorio di ceramica (Foto di N. Lo Duca) 14


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Senza Titolo, 1972 - dettaglio 16


Un quadro di Scanvino è la trasposizione pittorica di uno stato d’animo. La vita, nella sua complessità e nella sua imprevedibilità è tutta lì, nelle sue tele. Il rosso, a volte minaccioso, si fonde con le intricate tramature delle sue opere e colpisce in maniera profonda lo spettatore generando in lui una sotterranea inquietudine. È il rosso della passione, della forza dei sentimenti ma anche dei timori generati dalla mancata conoscenza di quello che ci riserva il futuro. Uno spirituale segnale che ci fa riflettere sulla delicatezza della vita e su quanto i labili equilibri che caratterizzano la nostra quotidianità siano frutto di lavoro, dubbi, dedizione, ripensamenti, scatti e frenate improvvise. Questa è la forza di un artista: suscitare emozioni. Emilio Scanavino divide: nessuno guardando una sua tela ha detto che è “carina”. Piace o non piace. E un artista che divide è un individuo che ha avuto il coraggio di operare delle scelte. Fra tutte le opere che abbiamo il piacere e l’orgoglio di esporre nell’ambito di questa rassegna, Scrittura (1986) è la tela che più mi appassiona. La componente onirica e di mistero raggiunge qui livelli di rara potenza e spinge a misurarsi con la propria interiorità e con i moti più intimi dell’animo umano. Rendiamo omaggio al lavoro di un Genio.

Luca Manganiello

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Scrittura, 1986 - dettaglio 18


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Ambiguità, ambivalenze, dialettiche antinomie di Emilio Scanavino Hanno una loro esemplarità, le opere di Emilio Scanavino documentate in queste pagine. Le ha raccolte, per esporle, Casati Arte Contemporanea di Muggiò, e possono dirsi esemplari in quanto in sé rilevanti e perché consentono di compiere “per exempla”, appunto, un rapido excursus sui diversi ambiti tecnici, registri espressivi e aree linguistiche nelle quali l’artista s’è mosso, dopo le esperienze figurative del suo esordio tra espressionismo e postcubismo, movimenti in Italia correnti nell’immediato dopoguerra, e le prime suggestioni astratte dello scorcio degli anni Quaranta. Il dopo è la durevole, ininterrotta e molteplice sua presenza da protagonista sul versante aniconico della pittura europea del Secondo dopoguerra, che Scanavino ha interpretato con una propria concezione del linguaggio, certo partecipe del clima del tempo, ma da una postazione personale e in una chiave direi esistenziale, rispetto alle accezioni gestuali, materiche, neonaturaliste allora correnti tra gli informali, gli spazialisti, i nucleari. Presupposti morfologici, quelli di Scanavino, poi sviluppati nel quadro d’una visione d’utopia progettuale, quel progetto dell’irrazionale di cui parlava Francesco De Bartolomeis in un suo fondamentale, ineguagliabile saggio del 1972 sulla semantica dei segni, delle forme, delle strutture aperte di Scanavino, che interagiscono nello spazio determinato dal loro stesso incontrarsi e frizionare, scontrarsi, compenetrarsi o altrimenti agire con la loro presenza certamente non neutra. Utopia progettuale di spazi e patterns strutturati geometrici e lineari, di esatta definizione visiva, da Scanavino messi come in funzione scenica, per “recitare” la propria ansiosa, conflittuale, personalissima poetica dell’impossibilità. Vitalistica e ad un tempo funerea impossibilità: un “progetto” non soggiacente al “destino”, per usare una dicotomia posta a condizione dell’arte da Argan ai primi anni Settanta, è la tensione ad una forma artistica totalizzante, integra, assoluta, ma inarrivabile se non per inerte formalismo. Una forma fatalmente sottoposta al relativismo dello stato fisico e della conoscenza nel tempo e nella storia. Il campo della rappresentazione è difatti luogo di eventi e di mutazioni anche laceranti, portati dal sismografo della mano che registra moti e dilatazioni, sussulti, fremiti, contrazioni dal profondo. Compaiono dunque, in mostra, disegni su carta, dipinti a olio o acrilico su tela o cartoncino e a tecnica mista su acetato; un esemplare di scultura piana o formella in ceramica a finissimo rilievo spazialista, due esemplari di pane, scultura volumetrica in ceramica sempre spazialista, e un esemplare di pane fasciato da una trama lineare dipinta, e occorre osservare che il tema del pane (pane si chiama anche il blocco della creta da modellare) rimanda, tra gli altri, a un aspetto importante della semantica di Scanavino: la sacralità del simulacro nel quale simbolicamente, come in una particola, si celebra il grembo fecondo della natura, così come sacrali e persino totemiche, in versione materica, apparivano nella seconda metà degli anni Cinquanta, le fluorescenze e le sindoni, impronte più che forme di spaccati della materia e del paesaggio. Infine, la galleria propone un certo numero di oggetti ceramici non marginali, anzi importanti nel laboratorio di Scanavino, che la ceramica ha a lungo e nella continuità frequentato, in corrispondenza dei temi trattati nella pittura. La svolta decisiva della sua ricerca si deve anzi al lavoro 20


ceramico, avviato nel 1951 – l’anno in cui Scanavino conobbe Bacon, una delle personalità che con Sutherland e ancor prima Van Gogh determinarono la struttura portante della sua pittura – presso il laboratorio ceramico di Tullio Mazzotti ad Albisola, dove conobbe e familiarizzò con gli spazialisti Fontana e Crippa, i nucleari Baj, Dangelo, Dova, i “Cobra” Appel, Corneille e Jorn, nomi sufficienti a segnare le coordinate entro le quali allora si collocava con una propria identità, l’ormai emancipato linguaggio di Scanavino. Ebbene, gli oggetti ceramici presenti in questa mostra, appaiono variamente invasi e formalmente qualificati da addensamenti nucleari di materia/ colore, da fasciami, trame, legamenti, snodi di segni segmentati, insomma un campionario di morfemi e patterns che sulla forma solida, data dalla geometria, di piatti e ciotole, ripropongono in concavo e in convesso molti dei motivi trattati nella pittura. I disegni, i dipinti e le ceramiche qui esposti sono scalati su un arco temporale che dal 1953, cui data la piccola, interessante matita su carta Senza titolo, va al 1986 di Scrittura, olio su tela di considerevole formato, una tra le più significative realizzate da Scanavino – l’artista doveva spengersi alla fine di quell’anno – nella fase terminale della sua ricerca. Sul piano morfologico, si va dall’irrompere e convergere sull’immacolata scena cartacea di segni impulsivi, che prefigurano un frammentato campo di forze, più che l’ipotesi di uno spazio, agli agili telai di segmenti lineari che si profilano sullo sfondo d’uno spazio cosmico atomizzato, e si danno, dichiarati nel titolo, quali ideogrammi di un’arcana scrittura. Per Scanavino essi corrispondono alle lettere, nel caso di Scrittura in versione più tecnologica, delle quali si compone il suo Alfabeto senza fine, la fitta serie di dipinti avviati alla metà degli anni Cinquanta, vero e proprio inventario di varianti morfologiche ipotizzabile come vero e proprio vocabolario grafico del lessico della pittura, e implicitamente speranza d’una possibile comunicazione artistica universale, per via intuitiva. Varianti morfologiche, ossia modifiche strutturali, alterazioni plastiche, diversi raggruppamenti e dislocazioni del segno e della materia, perfino mascheramenti – come nel caso dell’olio su tela del 1979 La bestia, immaginario insetto o altra creatura in forma di ircocervo, catturato da due vettori luminosi – che con denominazioni diverse, Scanavino ha praticato da sempre, non codificandole esplicitamente come alfabeto, appunto. Lo attestano in questa raccolta i due dipinti intitolati Morfologia, un acrilico e un olio entrambi su tavola e del 1970. Un tipo dichiarato di Alfabeto senza fine è qui poi l’olio su tela del 1976, che Scanavino gioca su annodamenti e trame stringenti gli ideogrammi lineari, e sul contrasto dei rossi e dei neri che da quei grovigli sprizzano materia liquida, proiettando ombre dense sul fondo disseminato di pulviscolo e sgocciolature. Analoghi morfemi compositi di nuclei materici e segmenti tubolari e telai variamente legati e annodati e tramati, Scanavino sovente li distribuisce come a un loro confino, nella logica classificatrice della serie, in griglie lineari, scacchiere e teche geometriche, insomma loculi o celle di contenimento che stanno per lo spazio codificato come luogo d’astrazione, rispetto ai quali essi giocano anche la partita delle aggressioni, delle evasioni, delle colonizzazioni o altra strategia conflittuale. La medesima circostanza accade nella tecnica mista 21


Senza titolo del 1965, nella quale la forma chiusa globulare è “aggredita”, per la penetrazione, da un acuminato addensamento informe di segni; al contrario, nella parte destra della bipartita immagine, è la forma chiusa ad acuminarsi per tentare, con endogeno erotismo, lo spazio circostante. Una tenzone e una tensione, insomma, che presuppongono la ferita e l’inseminazione, come dire l’incubazione e la germinazione organica della vita, e di una possibile forma, della quale nel medesimo istante si postulano la corruzione e la morte. Tra i due poli, le diverse situazioni della dialettica in atto, suggerite dal groviglio tramato e puntuto verso lo spazio di Morfologia, e dallo spazio puntuto al groviglio tramato di Dall’alto, dipinti ad olio entrambi del 1975, cui fa da ponte la situazione intermedia di Acrilico 17 del 1979, nel quale l’alto e il basso, la luce e l’ombra, il morfema tramato in sospensione minacciosa dall’alto e l’ancoraggio al suolo del cordame tirato, trovano un precario equilibrio nell’asticella luminosa che le due parti raccorda e sostiene. In conclusione, credo importante sottolineare il carattere non formalista, anzi espressivo di interiori tensioni e inquietudini e vitali pulsioni, della ricerca di Emilio Scanavino. Ricerca mirata a fondare una sintassi e un lessico del segno e della materia, dei morfemi e delle strutture, degli spazi inclusi nella materia e degli spazi di estensione cosmica, dei luoghi della natura e dei luoghi edificati, insomma il repertorio linguistico con il quale l’artista ha raccontato la propria storia. Che è poi la storia della sua posizione di pittore nel mondo, e del suo vissuto di pittore nella storia, come Scanavino non ha mancato di testimoniare anche nella semplicità della parola. Alla quale ha affidato sovente i sensi e le intime motivazioni del suo lavoro, svolto all’insegna dell’ambiguità, dell’ambivalenza, dell’antinomia, che connotano gli stati transitori della forma e, per traslato, il relativismo della conoscenza e dell’essere. C’è nel lavoro di Scanavino una semantica intuitiva, a suo modo analogica, e meglio si chiamerà funzione simbolica in senso propriamente ermetico, e per questa via esoterico e metafisico, in carnale folgorazione della forma transeunte. Penso ai “correlativi oggettivi” di Eliot e soprattutto a Montale degli Ossi di seppia, genovese come Scanavino, autore le cui sensazioni ed emozioni legate al vissuto – il climax di un’ora, un incontro inatteso, uno scorcio di paesaggio, un croco polveroso, un “rovente muro d’orto” ligure sono restituiti nella pagina poetica dai “correlativi” di oggetti e situazioni stranianti che quelle sensazioni ed emozioni dovrebbero suscitare nel lettore, e sono l’espressione dell’inquietudine esistenziale dell’artista. Scanavino pone il segno che incide, l’aculeo che squarcia, il nodo che stringe il segno, le trame che inviluppano i morfemi e come tiranti li ancorano alla gabbia, al telaio geometrico, del quale insidiano la stabilità, quali “correlativi oggettivi” delle proprie sensazioni ed emozioni e situazioni e drammi: insomma, della propria inquietudine esistenziale di pittore che sta e agisce qui e ora nel mondo. La matassa dei segni che interrompe, ne’ L’intoppo del 1975, il calare in parallelo dei due listelli rilevati, è l’inghippo esistenziale di Scanavino, che corrisponde al “rivo strozzato”, alle “foglie accartocciate”, ai “cocci aguzzi di bottiglia” del “meriggiare pallido e assorto” di Montale “lungo un rovente muro d’orto”. Nicola Micieli 22


Acrilico 17, 1979 - dettaglio 23


Senza Titolo, 1968 - dettaglio



“Il rosso è il sangue che dà la sua linfa alla vita. È il cuore del mondo che si apre quando la morte lo aggredisce. È la passione che ci illude di poter sfuggire alla morte. E poiché questa lotta non avrà mai fine, ecco perché non ha fine l’alfabeto di segni che mi sono inventato per esprimere il mio sentimento, la mia visione del mondo.”

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CARTE

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Senza Titolo, 1953 Inchiostro su carta, cm 22x28 29


Senza Titolo, 1955 Acquerello e pastello su carta, cm 22x28 30


Senza Titolo, 1958 Carboncino su carta, cm 21,5x28 31


Studio 24, 1965 Questa carta presenta due opere: una al fronte ed una al retro. Realizzate con tecniche differenti, testimoniano la ricchezza espressiva di Scanavino. Una curiosità: il disegno realizzato al retro è il progetto per la creazione di un “pane” in ceramica.

Matita grassa, china e grafite su carta (fronte), cm 34,5x49 32


Grafite su carta (retro), cm 34,5x49 33


Senza Titolo, 1968 Tecnica mista su foglio di acetato, cm 42x56 34



Senza Titolo, 1968 Acrilico su cartone, cm 50,5x72,5 36


Acrilico 18, 1969 Acrilico su cartone, cm 46x55 37



Senza Titolo, 1972 Acrilico su cartone, cm 49,5x69,5 39


Senza Titolo, 1975 Olio su cartoncino, cm 39,8x33,4 40


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Acrilico 17, 1979 Acrilico su cartone, cm 50x44 42


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Senza Titolo, 1981 Acrilico su cartoncino, cm 16x20 44


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Senza Titolo, 1981 Acrilico su cartoncino, cm 70x50 47


“L’atto del dipingere per me si identifica in ciò che penso e soprattutto mi porge la possibilità di cercare.”

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TELE e TAVOLE

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Morfologia, 1970 Acrilico su tavola, cm 60x60 51


Morfologia, 1970 Olio su tavola, cm 30x30 52


Dall’alto, 1975 Olio su tela, cm 30x30 53


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Intoppo, 1975 Olio su tela, cm 80x80 55


Alfabeto senza fine, 1976 Olio su tela, cm 30x30 56


“Sono un pittore del disegno più che del colore ed il nero è l’unico che possa restituirmi il segno e insieme un po’ di magia. Il rosso è solo una variante del nero, lo so, ho pochi colori da offrire. posso soltanto cercare di fermare questo buio che avanza.”

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La bestia, 1979 Olio su tela, cm 50x73 59


Tramature, 1982 Olio su tela, cm 38x46 60


Immagine, 1984 Olio su tela, cm 50x70 61


Scrittura, 1986 Olio su tela, cm 81x100 62


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“Riuscire a dipingere degli eventi, dei fatti, non come cronistorie, ma come fatti umani, vale a dire l’aprirsi attorno a noi di molte cose che portino finalmente ad esprimere interamente noi stessi, senza falsi pudori o false retoriche, [‌] attraverso impulsi.â€?

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CERAMICHE

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Pane, 1974 Ceramica, cm 26x8,5x14 Esemplare 40/50 66


Pane Bianco, 1976 Ceramica, cm 36x18x14 Esemplare 21/25 67


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Pane Bianco, 1976 Ceramica a secondo fuoco, cm 36x18x14 Esemplare Speciale Provenienza Giò Marconi 69


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Senza Titolo, 1975-1976 Scultura in ceramica, cm 39,5x39,5 Esemplare 20/25 71


Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 24 (diametro) Esemplare 45/50

Senza titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Esemplare 24/50

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Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Prototipo

Senza Titolo, 1973 Ceramica, cm 13,5 (diametro) x 7 (altezza) Esemplare 40/50

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Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Esemplare 22/50

Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Prototipo

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Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Esemplare 27/50

Semza titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Prototipo

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InDICE DELLE OPErE

pp. 38-39 Senza Titolo, 1972 Acrilico su cartone, cm 49,5x69,5

p. 29 Senza Titolo, 1953 Inchiostro su carta, cm 22x28

p. 30 Senza Titolo, 1955 Acquerello e pastello su carta, cm 22x28

p. 31 Senza Titolo, 1958 Carboncino su carta, cm 21,5x28

Studio 24 (fronte), 1965 Matita grassa, china e grafite su carta, cm 34,5x49

p. 40 Senza Titolo, 1975 Olio su cartoncino, cm 39,8x33,4

pp. 42-43 Acrilico 17, 1979 Acrilico su cartone, cm 50x44

p. 44 Senza Titolo, 1981 Acrilico su cartoncino, cm 16x20

p. 47 Senza Titolo, 1981 Acrilico su cartoncino, cm 70x50

Studio 24 (retro), 1965 Grafite su carta (retro), cm 34,5x49

pp. 34-35 Senza Titolo, 1968 Tecnica mista su foglio di acetato, cm 42x56

p. 36 Senza Titolo, 1968 Acrilico su cartone, cm 50,5x72,5

p. 37 Acrilico 18, 1969 Acrilico su cartone, cm 46x55

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p. 51 Morfologia, 1970 Acrilico su tavola, cm 60x60

p. 52 Morfologia, 1970 Olio su tavola, cm 30x30

p. 53 Dall’alto, 1975 Olio su tela, cm 30x30


p. 54 Intoppo, 1975 Olio su tela, cm 80x80

p. 71 Senza Titolo 1975-1976, Scultura in ceramica, cm 39,5x39,5 Esemplare 20/25

p. 72 Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 24 (diametro) Esemplare 45/50 p. 56 Alfabeto senza fine, 1976 Olio su tela, cm 30x30

p. 72 Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Esemplare 24/50

pp. 58-59 La bestia, 1979 Olio su tela, cm 50x73

p. 60 Tramature, 1982 Olio su tela, cm 38x46

p. 73 Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Prototipo p. 73 Senza Titolo, 1973 Ceramica, cm 13,5 (diametro) x 7 (altezza) Esemplare 40/50

p. 61 Immagine, 1984 Olio su tela, cm 50x70 p. 74 Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Esemplare 22/50 pp. 62-63 Scrittura, 1986 Olio su tela, cm 81x100 p. 66 Pane, 1974 Ceramica, cm 26x8,5x14 Esemplare 40/50

p. 67 Pane Bianco, 1976 Ceramica, cm 36x18x14 Esemplare 21/25 pp. 68-69 Pane Bianco, 1976 Ceramica a secondo fuoco, cm 36x18x14 Esemplare Speciale Provenienza Giò Marconi

p. 74 Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Prototipo

p. 75 Senza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Esemplare 27/50

p. 75 Semza Titolo, Anni ‘80 Ceramica, cm 32,5 (diametro) Prototipo

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FINITO DI STAMPARE NELLA TIPOGRAFIA BANDECCHI & VIVALDI PONTEDERA

GENNAIO 2018



Inaugurazione 19 gennaio ore Inaugurazione 19 gennaio ore

19 gennaio - 23 febb 19 gennaio - 23 febb presso: presso: CASATI Arte Contemporanea Viale Alfonso Casati 2/o CASATI Arte Contemporanea 20835 Muggiò MB Viale Alfonso Casati 2/o Tel.+39 329 59 41 841 20835 Muggiò MB art@casatiartecontemporanea.it Tel.+39 329 59 41 841 www.casatiartecontemporanea.it art@casatiartecontemporanea.it www.casatiartecontemporanea.it ARCHIVIO PERILLI 2016.pdf 1 18/11/2016 12:52:00

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