VALERIA POROPAT - Principesse senza specchio

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VALERIA POROPAT “Principesse senza specchio”




VALERIA POROPAT - Principesse senza specchio 29 Giugno - 14 Luglio 2019 Sala Putti - Museo Il Correggio Correggio, Reggio Emilia A cura di Francesca Baboni Stefano Taddei Catalogo Francesca Longoni In copertina Waxing Moon, 2019 - dettaglio

Organizzazione logistica CASATI Arte Contemporanea Viale Alfonso Casati 2/o - Muggiò (MB) Via Valprato 68 - Torino Tel. +39 329 59 41 841 art@casatiartecontemporanea.it www.casatiartecontemporanea.it


VALERIA POROPAT Principesse senza specchio


Omaggio a Lavinia, 2019 Acrilico su tavola, cm 30x40 Collezione Privata, Cremona


Valeria Poropat è un’artista giovane. Si fa portatrice di una lunga tradizione pittorica che prende le mosse dalla ritrattistica rinascimentale da lei reinterpretata in maniera moderna ed efficace. Le sue “pupazze” - i personaggi che popolano i suoi dipinti - sono l’espressione dell’incontro tra modernità e tradizione. Siamo orgogliosi di essere la sua galleria di riferimento e, alla luce dell’accoglienza che i collezionisti le hanno riservato durante le fiere di settore, siamo sicuri che questa sarà solo la prima di una lunga serie di mostre che organizzeremo per lei.

Luca Manganiello Direttore della Galleria CASATI Arte Contemporanea

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DELLE SCENE E DEI RITRATTI di Francesca Baboni La nostra psiche è costituita in armonia con la struttura dell’universo, e ciò che accade nel macrocosmo accade egualmente negli infinitesimi e più soggettivi recessi dell’anima. (Carl Gustav Jung)

Elaborare un progetto site-specific attraverso delle serie pittoriche non è sempre un compito semplice. Riuscire ad unire assieme una suggestione antica all’attualità del contemporaneo talvolta è un’impresa ancora più ardua. Valeria Poropat riesce perfettamente nell’intenzione di coniugare attraverso la particolarità del suo modus pittorico mondi diversi, viaggiando tra passato, presente e futuro, aprendo canali dimensionali percettivi. Le protagoniste delle sue opere sono personaggi femminili che bastano a loro stessi, principesse che non hanno la necessità di essere salvate da fantomatici principi poiché si salvano da sole. Valeria Poropat utilizza un procedimento ben preciso per sviscerare la praxis del suo racconto, partendo dal significato etimologico di una parola o dalla reminiscenza di un’immagine per poi approfondire il concetto attraverso lo studio di materie scientifiche. Interpretando la Sala Putti del Museo di Correggio come la casa da decorare di un signore rinascimentale, l’artista fa rivivere le pareti riprendendone le decorazioni tradizionali nell’alternanza di ritratti verticali e scene orizzontali con cosmogonie e omaggi alle divinità e nel contempo riattualizzandone il contenuto teorico e figurativo arricchendolo di specificità. Con uno stile neo-pop personale che ammicca all’illustrazione giapponese, che gioca sulle ombreggiature e tinte pacate, ombre e volumi, i ritratti di donne valorizzati da cornici antiche sono omaggi dell’artista ad autoritratti o raffigurazioni di pittrici o letterate che con la loro modernità hanno cambiato il corso della storia come Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola o Elisabetta Sirani, figure che riproduce con un’attenzione precisa all’abbigliamento dell’epoca ma senza la stessa compostezza della riproduzione antica e senza la stessa formalità, anzi riuscendo a dare una sensazione di familiarità e naturalezza. Un omaggio alla città di Correggio è quello alla poetessa Veronica Gambara, illuminata moglie del principe Giberto da Correggio, che seppe creare attorno a sé una corte di personalità illustri tra cui il giovane pittore Antonio Allegri detto il Correggio. E proprio al presunto ritratto della donna realizzato dal celebre pittore si ispira il paesaggio 6


bucolico in cui inserisce Veronica, con l’aggiunta di qualche licenza poetica come i foglietti delle poesie appesi ai rami di un albero come fossero preghiere giapponesi. Il modulo del volto che si ripete, quasi come fosse per ogni ritratto la stessa persona incarnata ogni volta in un personaggio diverso, ritorna anche nelle opere che fanno riferimento alle presunte decorazioni delle pareti con le fasi lunari, nelle quali affascinanti principesse riprendono come fantascientifiche vestali in modo allegorico i diversi momenti riferiti ai mutamenti della luna – calante, crescente, piena e nuova – con azioni e oggetti che fanno riferimento ad energie sensoriali e magiche che liberano da maledizioni o danno positività. Il viaggio tra cosmo interiore ed esteriore, fuori e dentro l’essere umano, va a toccare anche la psicologia nella serie legata a condizioni patologiche di amore morboso per la natura e affini, che l’artista però legandosi etimologicamente alla parola philia risolve in chiave ironica e giocosa tralasciando il dato perturbante. Le forze astrali si muovono aprendo portali segreti dimensionali che ci trasportano verso mondi sconosciuti come vediamo nella scena decorativa più ampia e complessa, Elysium, in cui l’autrice riprende alcuni elementi architettonici della Città ideale - opera realizzata da autore sconosciuto nel Quattrocento alla corte dei Montefeltro, una delle immagini simbolo del Rinascimento italiano - arricchendoli con misteriosi ideogrammi o simboli religiosi. In una città sospesa con un’isola di marmo galleggiante, in cui terra e mare si confondono in modo visionario attingendo ad una summa di elementi di cultura pop e scienza, dietro alle costruzioni e a fanciulle che fanno roteare pianeti, appare difatti il portale aperto che permette di spostarsi da una dimensione all’altra, uno squarcio di cielo notturno nell’azzurro del giorno. O ancora nell’opera L’orizzonte degli eventi la teoria del buco nero diviene simbolo dell’avvicinamento ad un punto di non ritorno, con una tempesta energetica che sembra trascinare con sé ogni cosa. E se la sua indomita principessa non ha paura di sfidare gli eventi o di cercare il guardiano degli spiriti nascondendosi tra le frasche di una foresta e scegliendo un barbagianni come guida – Il guardiano degli spiriti – viene comunque richiamata inesorabilmente dal portale, che lancia segnali tra campi di lavanda e lucciole – Signals – mentre con un refolo d’aria le alza i capelli, prigioniera del proprio destino energetico.

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Omaggio a Sofonisba, 2019 Acrilico su tavola, cm 30x40 Collezione Privata, Bernareggio


PETALI DI SORELLANZA di Stefano Taddei Per le pochissime persone sane di mente rimaste su questa valle di lacrime (da coccodrillo), tra le amene certezze della vita, c’è il dovere di sapere bastarsi da soli/e. In mezzo ad una realtà umana sempre più cinicamente disposta, anche sul lato estetico, a farsi sempre più oggetto tra gli oggetti continuamente insoddisfatto1, situarsi in modo individuale e di ciò manifestare completezza è sicuramente un raro pregio. La ricerca artistica di Valeria Poropat nasce nell’intimo del proprio stare al mondo e non cerca completezze nel prossimo. Tutto questo si riverbera nelle proprie rappresentazioni di donne principesse. Ecco quindi che tali rappresentazioni si muovono in un alveo che non ha meramente nel referente la propria cernita primaria. La visione si fa quindi indipendente2, senza dimenticare le situazioni personali personificate e le congiunture non solo ideali tra le corporeità in esame3. Allo stesso tempo, anche involontariamente, pare rappresentarsi nell’altro come dimensione inscindibile che si attacca al proprio4. Questo si situa su quella dimensione particolarmente stingente di ricerca di nuovi modelli di comunità5 o di responsabilità6, fermo restando che, per dirla come Jean-Luc Nancy, “prossimità è la più grande vicinanza, ma con il mantenimento della distanza, della differenza”7. Le opere esposte ci accompagnano come in una presentazione desunta dai nuovi media su quel posteriore8 che evidenzia le varie caratteristiche dei personaggi immortalati. In fondo l’autrice prepara una cernita ideale per colpire lo sguardo contemporaneo, anche se i soggetti, ad un percepire distratto, paiono di un altro tempo. La sciocca riverenza verso tali figure è da togliersi immediatamente, qui si parla di umanità, valori ed emozioni come fatto estetico9. Queste rappresentazioni si situano in quel 1. Aldo Marroni, La decivilizzazione estetica della società Sul sentire neo-cinico, Bruno Mondadori, Milano Torino, 2014 2. Simona Chiodo, La rappresentazione, Bruno Mondadori, Milano-Torino, 2008 3. Anna Berti-Francesca Garbarini, L’uomo con tre mani Storie di corpi e identità, il Mulino, Bologna, 2019 4. Francesco Remotti, Somiglianze. Una via per la convivenza, Laterza Roma-Bari, 2019 5. Marco Aime, Comunità, il Mulino, Bologna, 2019 6. Sante Maletta, Il soggetto dif-ferente. Peripezie della responsabilità, Mimesis, Milano-Udine, 2017 7. https://www.academia.edu/20792084/Larte_singolare_plurale_-_Intervista_a_Jean_Luc_Nancy, cit. Visitato il 3 giugno 2019 8. Vanni Codeluppi, Il ritorno del medium Teorie e strumenti della comunicazione, FrancoAngeli, Milano, 2011, p. 28 9. Fabrizio Desideri -Giovanni Matteucci -Jean-Marie Schaeffer ( a cura di), Il fatto estetico. Tra emozione e cognizione, ETS, Pisa, 2009 9


quotidiano fenomeno di ricerca del/sul bello10 che fortifica la vita della collettività. L’artista omaggia l’arte animata giapponese in diversi frangenti stilistici. Le varie rappresentazioni si fortificano attraverso attributi che, in ogni epoca, hanno fomentato tali esistenze. Nella nostra contemporaneità fintamente razionale, tutto ciò pare riverberarsi meramente come simbolo o visione. In realtà nella ricerca dell’autrice si pretende un osservatore che sappia emozionarsi e compartecipare di tali apparizioni. Il tempo sospeso, le ambientazioni fantasiose sono in realtà ancorate alla storia e al fascino inesauribile delle persone esibite. Tutto ciò tenendo presente come la passione nella sua complessità e inafferrabilità muova ancora molto in un mondo (fintamente) ipertecnologico e, di conseguenza, (ancora di più fintamente) freddo11. In fondo le rappresentazioni esemplificate in mostra ci trasmettono la forza del vivere pienamente, in una individualità che combatte il potere spesso soverchiante del triste mucchio sociale. In un baluginìo nell’occhio, in una soffusa presenza/assenza che rimane nell’intimo si può giocare la partita del nostro futuro. Qui di tali e altre situazioni è un pieno cogliere, per occhi capaci ancora di vera emozione. In fondo la fantasia ha il potere di farci superare tutto. Finchè c’è questa, non muore alcuna speranza.

10. John Armstrong, Il potere segreto della bellezza, Guanda, Milano, 2007 11. Marco Menin, Il fascino delle emozioni, il Mulino, Bologna, 2019 10


OPERE



Quello che sappiamo della Cina, 2014 Acrilico e collage su tavola, cm 80x70

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L’orizzonte degli eventi, 2019 Acrilico su tavola, cm 50x70 15


Veronica, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50

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Full Moon, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50

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Waning Moon, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50 20




Elysium, 2019 Acrilico su tela, cm 100x120

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New Moon, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50

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Dendrophilia, 2019 Acrilico su tela, cm 30x20 26


Ceraunophilia, 2019 Acrilico su tela, cm 30x20 27



Planetes, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50

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Elisabetta, 2019 Acrilico su tavola, cm 40x30

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Waxing Moon, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50 32




Il Guardiano degli Spiriti, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50 35


Nova, 2019 Acrilico su tavola, cm 40x30

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Thalassophilia, 2019 Acrilico su tela, cm 30x20 38


Pluviophilia, 2019 Acrilico su tela, cm 30x20 39


Doris, 2019 Acrilico su tavola, cm 40x30

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Multiverso, 2019 Acrilico su tavola, cm 70x50

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Signals, 2019 Acrilico su tavola, cm 50x70 44




BIOGRAFIA Valeria Poropat è nata a Roma il 28 luglio 1983 e si è trasferita a Luco dei Marsi, un paesino a ridosso del Parco Nazionale d’Abruzzo, nel 2014. Laureata in Lingue, è affascinata dalle potenzialità del linguaggio ed è questo, per lei, dipingere: parlare un’altra lingua per esplorare e condividere sensazioni e immagini nascoste sotto la superficie della quotidianità. Il suo stile si è sviluppato innestando la passione per i classici con le influenze orientali portate dai manga e dagli anime giapponesi, un immaginario che si porta dietro fin dall’infanzia. Scopo principale della pittura, per lei, è portare un messaggio positivo ma senza indossare i paraocchi. Il mondo non è fatto solo di unicorni e zucchero filato e, seppure le sue “pupazze” sembrino a volte afflitte da sensazioni negative, non perdono mai la speranza nel domani e nella bellezza che si cela anche nei momenti all’apparenza insignificanti. Questo messaggio positivo passa però sempre attraverso un rapporto con la natura. Fugace o profondo non importa, l’importante è percepire che la nostra presenza su questo pianeta non può prescindere da tutto ciò che ci circonda.

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FINITO DI STAMPARE NELLA TIPOGRAFIA BANDECCHI & VIVALDI PONTEDERA

MAGGIO 2019



€ 35,00


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