CARITAS

Gaza Un dramma umanitario infinito
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Bosnia-Erzegovina
Speranza e sostegno per i giovani in fuga
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Blatten Come trasformare solidarietà in aiuti
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«Anche in Svizzera la politica guarda con interesse ai fondi originariamente destinati al Sud del mondo.»
il mondo sta affrontando sfide senza precedenti. Allo stesso tempo, osserviamo con grande preoccupazione come molti Paesi stiano riducendo i budget destinati alla cooperazione allo sviluppo, mentre sempre più miliardi vengono destinati a interessi nazionali ed europei. Queste decisioni sono in contraddizione con gli obiettivi di un mondo più giusto e sicuro.
Uno studio* di Alliance Sud mostra le conseguenze devastanti dello smantellamento della USAID, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale. I suoi programmi globali nei settori della salute, dell’istruzione, della promozione della pace e dell’aiuto umanitario sono stati interrotti da un giorno all’altro all’inizio del 2025. Si stima che, a causa di questi tagli, già oggi quasi 80 milioni di persone non abbiano più accesso agli aiuti.
Anche in Svizzera la politica guarda con interesse ai fondi originariamente destinati al Sud del mondo. Queste risorse vengono trattate come se fossero in un salvadanaio da rompere in caso di necessità.
Ma la stabilità del nostro mondo – e con essa anche la sicurezza e il benessere in Europa – dipende dal fatto che affrontiamo insieme le sfide globali. Tra queste vi è il cambiamento climatico e le sue gravi conseguenze per le popolazioni. Quando manca l’accesso a risorse fondamentali, come l’acqua potabile e un’agricoltura sostenibile, la sussistenza di molte persone è minacciata. Questo porta inevitabilmente a un’instabilità che non si ferma ai nostri confini. Pensare a breve termine crea problemi a lungo termine.
Anche i progetti di Caritas Svizzera sono colpiti dai massicci tagli ai fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo. Da parte nostra, facciamo tutto quanto in nostro potere per continuare a offrire il massimo aiuto possibile. Tuttavia, è indispensabile trovare nuove fonti di finanziamento. Allo stesso tempo, dobbiamo esercitare pressione, a livello nazionale e internazionale, sui decisori affinché non vengano compromessi i risultati ottenuti in ambito umanitario. Continuiamo insieme a impegnarci per un mondo più giusto, in cui solidarietà e cooperazione prevalgano sugli interessi nazionali.
Cordiali saluti
Peter Lack
Direttore Caritas Svizzera
* www.alliancesud.ch/fr/les-consequences-du-demantelement-de-lusaid
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Nel campo di Gorom, nel Sudan meridionale, vivono 10 000 persone, sebbene fosse stato progettato per accoglierne solo 2500. Le condizioni sono drammatiche: il cibo è insufficiente e l’insicurezza la fa da padrone. Caritas Svizzera è attiva in diversi ambiti per migliorare le condizioni di vita dei rifugiati.
Caritas Svizzera sostiene i familiari curanti con uno stipendio e un supporto professionale. L’esempio di Bernadette e Urs Baumeler mostra concretamente cosa significa questo impegno.
Gli aiuti dopo una catastrofe naturale di tale portata vengono forniti in diverse fasi. Una panoramica delle azioni di sostegno offerte da Caritas.
Giovani rifugiati provenienti da diversi centri di accoglienza incontrano giovani svizzeri in occasione del tradizionale campo estivo.
IMPRESSUM
La rivista di Caritas Svizzera esce sei volte all’anno Editrice è Caritas Svizzera, Comunicazione e Fundraising, Adligenswilerstr. 15, Casella postale, CH-6002 Lucerna, info@caritas.ch, www.caritas.ch, Tel. +41 41 419 24 19 Redazione: Livia Leykauf (ll); Vérène Morisod (vm); Tamara Bütler (tb); Daria Jenni (dj); Bernhard Leicht (bl); Fabrice Boulé (fb); Niels Jost (nj); Stefan Gribi (sg); Lena Baumann (lb). Il costo dell’abbonamento è di 5 franchi all’anno e viene dedotto una sola volta dalla donazione. Grafica: Regula Reufer, Urban Fischer Copertina: Kenyi Moses Tipografia: Kyburz, Dielsdorf Carta: 100 % riciclata Conto donazioni: IBAN CH69 0900 0000 6000 7000 4 Stampa climaticamente neutra
I dati personali sono al sicuro con noi. Informazioni sulla protezione dei dati di Caritas Svizzera sono disponibili alla pagina www.caritas.ch/it/protezione-dati
Le procedure d’asilo accelerate vengono spesso viste come una risposta efficace, ma rischiano di creare nuovi problemi.
Molte persone sfollate vivono esperienze traumatiche durante la fuga. Raccontare ciò che hanno vissuto è spesso difficile. In Svizzera, la procedura d’asilo si svolge in tempi molto stretti. Spesso i bisogni di protezione particolare, ad esempio in seguito a violenza sessuale o tortura, non vengono riconosciuti.
Le procedure d’asilo non possono essere accorciate a piacere, anche se la politica le presenta il più delle volte come una panacea. Ma come evidenziato da Caritas Svizzera in un recente documento di posizione esistono chiari limiti, soprattutto quando si tratta di proteggere soggetti particolarmente vulnerabili. Caritas chiede che l’identificazione della vulnerabilità diventi una priorità reale in Svizzera. In ogni procedura d’asilo occorre introdurre una valutazione preliminare della vulnerabilità. Inoltre, lo scambio di informazioni tra il personale medico e i servizi di assistenza legale, attualmente vietato, deve essere reso possibile e attuato in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. (sg)
Ulteriori informazioni: caritas.ch/procedure-d’asilo
In Etiopia, dallo scorso anno, è vietata l’importazione di veicoli con motore a combustione. «Quando abbiamo dovuto sostituire uno dei veicoli di progetto, abbiamo quindi scelto un’auto elettrica», spiega Jens Steuernagel, direttore nazionale di Caritas Svizzera in Etiopia. «Una soluzione perfetta per una città di oltre tre milioni di abitanti, dove ci sono abbastanza colonnine di ricarica», aggiunge. «Inoltre, è un contributo concreto per un clima migliore.»
Diversa è la situazione nelle zone al di fuori di Addis Abeba dove Caritas Svizzera realizza vari progetti. Lì mancano an-
cora le stazioni di ricarica per coprire le grandi distanze tra una località e l’altra e nelle aree montuose è necessario disporre di veicoli a trazione integrale. (fb)
Contatto.sev I Eva Schmid I 20 ANNI DI ALLEANZA PER IL CLIMA I Tutela del clima: può essere solo equa I 23 giugno 2025 L’Alleanza svizzera per il clima (…) ha presentato al pubblico all’inizio di giugno un nuovo piano generale sul clima, in occasione del suo 20° anniversario. L’obiettivo è che la Svizzera raggiunga il livello zero nei prossimi dieci anni; in altre parole, che non emetta più gas a effetto serra. La realizzazione di questo obiettivo climatico non richiede solo soluzioni tecniche, ma anche giustizia sociale e investimenti in posti di lavoro e infrastrutture. (…) La particolarità del nuovo piano direttore climatico è che tiene conto fin dall’inizio dell’aspetto sociale della protezione del clima. La trasformazione in un’economia neutra dal punto di vista climatico non deve avvenire a spese dei lavoratori e delle lavoratrici. Al contrario, i sindacati svolgono un ruolo centrale in questo senso, creando un ponte tra gli obiettivi ecologici e i diritti sociali. Angela Lindt di Caritas Svizzera afferma: «Una protezione del clima socialmente accettabile è importante e fattibile, soprattutto in un Paese prospero come la Svizzera.» Il Masterplan si concentra quindi su tre richieste:
– la promozione della formazione continua per il personale dei settori interessati dal cambiamento;
– lo sviluppo del trasporto pubblico come infrastruttura rispettosa del clima e in grado di creare posti di lavoro;
– organizzare attivamente il cambiamento strutturale, ad esempio creando condizioni quadro per gli investimenti in posti di lavoro rispettosi del clima.
L’Alleanza per il Clima Svizzera è stata fondata nel 2005 (…). Oggi comprende oltre 150 organizzazioni associate e partner e rappresenta più di due milioni di persone in Svizzera.
Le condizioni di vita nella Striscia di Gaza sono estremamente precarie.
Gran parte della Striscia di Gaza è ridotta in macerie. Decine di migliaia di bambini, donne e uomini hanno perso la vita. Sui volti dei sopravvissuti sono visibili i segni della malnutrizione, dei traumi di guerra e delle ferite fisiche e psicologiche. Caritas Svizzera e i suoi partner sono al fianco della popolazione sofferente nella Striscia di Gaza.
Quando questo articolo verrà pubblicato, sarà stato firmato un accordo di pace tra Israele e Hamas oppure la guerra sarà ulteriormente degenerata? Verranno finalmente lasciati passare più camion nella Striscia di Gaza oppure arriveranno an -
Le risposte di oggi potrebbero già non più valere domani, ma la sofferenza della popolazione rimane.
cora meno aiuti umanitari oltre il confine?
Chi sarà autorizzato a distribuirli? Verranno considerate le persone più vulnerabili?
Le risposte di oggi potrebbero già non più valere domani. Ma la sofferenza della popolazione non svanirà così rapidamente. Chi sopravvive a questi conflitti armati, alle espulsioni e alla fame, ne resta segnato per tutta la vita.
In fuga anche il personale di Caritas
Da quasi due anni, l’esercito israeliano risponde con la massima durezza al brutale attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 contro la popolazione civile israeliana. Ben oltre l’80 per cento delle abitazioni, degli ospedali, delle strade e delle infrastrutture elettriche è stato distrutto nella Striscia di Gaza. Le condizioni igieniche sono drammatiche e vi è una grave penuria di acqua potabile, carburante e ali -
menti. Quasi tutte le famiglie hanno perso parenti o amici.
Anche i collaboratori delle organizzazioni partner di Caritas Svizzera non ne sono esenti. Almeno 20 di loro vivono con le proprie famiglie in tenda, perché la loro casa è stata bombardata. Alcuni hanno già dovuto cercare un nuovo posto dove vivere per ben nove volte, perché la loro abitazione è in rovina o perché è stata ordinata l’evacuazione del luogo in cui si erano rifugiati.
A luglio, anche Caritas Gerusalemme ha ricevuto un ordine di evacuazione immediata, a causa di attacchi pianificati dall’esercito israeliano nella città di Gaza. Il quartiere, fino ad allora relativamente sicuro, nei pressi della chiesa e della scuola cristiana, dove centinaia di persone avevano trovato rifugio, è diventato improvvisamente una zona da evacuare. Ma dove sarebbero potute fuggire? Molte sono rimaste, con esiti drammatici. Il 17 luglio 2025, tre persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite in seguito a un attacco missilistico contro la chiesa. Colpire un luogo di culto è una violazione del diritto internazionale umanitario.
Le condizioni cambiano di continuo
A causa della situazione in costante evoluzione, Caritas e le sue organizzazioni partner adattano regolarmente la loro risposta umanitaria. Attualmente, lo strumento più efficace è l’erogazione di piccoli importi in contanti. Questo permette alle persone di acquistare ciò di cui hanno più urgente bisogno in un contesto apocalittico – o almeno ciò che è ancora reperibile. La maggior parte utilizza queste somme per coprire i costi di trasporto, l’affitto o i mezzi di comunicazione. Quando la rete telefonica funziona, il cellulare diventa spesso l’unico legame con i propri cari dispersi in tutta la regione a causa degli sfollamenti. Piccoli spiragli di luce in tempi estremamente bui. (ll)
Informazioni aggiornate su Gaza: caritas.ch/gaza
Testo: Daria Jenni
Foto: Kenyi Moses
«La fuga è stata estenuante: abbiamo dovuto camminare a lungo senza mai poterci fermare», racconta Nura a Jenifa Jopute, collaboratrice di Caritas.
Più di un milione di persone hanno lasciato il Sudan in fuga dalla guerra, trovando rifugio nel Sudan meridionale. Le condizioni sono difficili, ma gli spazi protetti per donne e bambini e l’assistenza sanitaria donano a Malik e Nura la speranza di un nuovo inizio.
Il sole cocente brucia sul terreno polveroso del campo profughi di Gorom. Nura è seduta con suo figlio Malik su un tappeto di plastica blu, all’ombra di una tenda improvvisata di paglia. Da maggio 2023 vivono qui, dopo essere fug -
« L’inflazione fa salire i prezzi del cibo alle stelle. Ciò che oggi mettiamo a bilancio, domani non basta più. »
giti da Al-Fashir, in Sudan, affrontando un viaggio durato giorni tra villaggi distrutti e posti di blocco. «La fuga è stata estenuante: abbiamo dovuto camminare a lungo senza mai poterci fermare», racconta Nura. «Ci è voluto molto tempo per
sentirci veramente arrivati. Ma ora riusciamo a orientarci e a cavarcela da soli.»
Il bambino di cinque anni balza in piedi e corre dietro a un pallone da calcio fatto artigianalmente. Solo pochi mesi fa sarebbe stato impensabile: poco dopo l’arrivo al campo di Gorom, Malik ha sofferto di una grave infezione al piede. In un campo sovraffollato come questo, malattie e infezioni si propagano rapidamente: le condizioni di vita sono estremamente precarie, l’acqua pulita è scarsa e l’igiene insufficiente. Nura ha portato suo figlio al centro sanitario del campo, dove ha ricevuto cure adeguate e i farmaci necessari. «Ora Malik sta finalmente meglio e io mi sento sollevata», dice Nura, sorridendo. «Ero davvero molto preoccupata per la sua salute.»
Aiuti d’emergenza per i più vulnerabili
Caritas Svizzera sostiene persone come Nura e Malik nel campo profughi di
Gorom fin dall’autunno 2023, in collaborazione con Caritas Juba, la sua organizzazione partner locale membro della rete Caritas internazionale. I progetti congiunti di assistenza si concentrano soprattutto sulle esigenze delle persone più fragili, in particolare donne e bambini.
All’inizio, i due enti hanno fornito aiuti in denaro e distribuito generi alimentari. Oggi garantiscono l’accesso all’assistenza sanitaria e al supporto psicosociale. Le misure sono sostenute anche dalla Catena della Solidarietà. Nel progetto più recente l’attenzione è rivolta alla tutela delle vittime di violenza sessuale. Queste persone ricevono cure mediche e sostegno psicologico, mentre campagne di informazione sensibilizzano sulla violenza di genere, un fenomeno drammatico, radicato da tempo.
Una regione che non trova pace
Da aprile 2023 il Sudan è teatro di un drammatico conflitto armato tra le forze militari regolari e la milizia paramilitare Rapid Support Forces. «Quella che inizialmente sembrava una lotta per il potere si
Malik e Nura vivono da oltre due anni in una semplice tenda. Per l’acqua devono recarsi al punto di raccolta pubblico.
è trasformata nella più grave crisi umanitaria dell’Africa contemporanea. Questa guerra ha provocato sofferenze incalcolabili e costretto oltre undici milioni di persone a fuggire», spiega Jenifa Jopute, collaboratrice di Caritas Svizzera nel vicino Sudan del Sud. «Oltre un milione di loro hanno trovato rifugio qui.»
Tuttavia, il Paese è tra i più poveri al mondo e fatica a offrire stabilità alle persone in fuga: il 95 per cento della popolazione vive infatti al di sotto della soglia di povertà. Già prima della recente crisi in Sudan, il Paese ospitava numerosi rifugiati provenienti da Etiopia, Uganda, Burundi e Congo. Jenifa Jopute, responsabile del coordinamento degli aiuti con i
meridionale. Originariamente progettato per 2500 rifugiati etiopi, oggi ospita circa 10 000 persone, provenienti da Paesi limitrofi, accalcate in spazi angusti.
La fornitura di aiuti è una sfida quotidiana e le infrastrutture sono ormai completamente sopraffatte. Molta gente vive in tende sovraffollate o in baracche improvvisate. Quando il personale di Caritas
« Un giorno voglio diventare medico, così potrò curare tanti altri bambini »
Svizzera e Caritas Juba ha visitato per la prima volta il campo di Gorom nell’autunno del 2023, è rimasto profondamente scosso: «Sapevamo che le condizioni erano difficili, ma ciò che abbiamo visto e sentito nel campo ci ha davvero colpito. Ci siamo messi immediatamente all’opera e poco dopo siamo riusciti a distribuire i primi generi alimentari», ricorda Jenifa Jopute. Da allora torna regolarmente sul posto e fa visita anche a Nura e Malik.
partner locali, sottolinea: «Le strutture di accoglienza sono ormai sature da molto tempo. La situazione delle forniture si è aggravata in modo drastico a causa delle intense ondate migratorie degli ultimi due anni.» Si registra una carenza alimentare diffusa e persiste una situazione di sicurezza estremamente tesa e volatile.
Un campo al collasso Poiché i campi lungo il confine con il Sudan sono ormai al collasso, molti rifugiati cercano riparo più a Sud. Ma anche lì, la speranza di condizioni migliori si sgretola spesso appena varcata la frontiera. Molti finiscono così nel campo di Gorom, nei pressi della capitale Juba, nel Sudan
Poca pianificazione, molta incertezza Ma il lavoro nel campo di Gorom resta estremamente complesso. «L’inflazione fa schizzare i prezzi del cibo alle stelle. Ciò che oggi mettiamo a bilancio, domani non basta più. Qui pianificare è quasi impossibile», spiega James Alau, project manager di Caritas Juba, il quale coordina i progetti sul campo insieme a Jenifa Jopute. A ciò si aggiunge una situazione di sicurezza molto tesa: «Il campo è cresciuto così rapidamente che ormai vi si può accedere da ogni lato. Gruppi armati si aggirano nei dintorni. La polizia deve essere presente durante ogni distribuzione», aggiunge Alau. Nonostante esistano criteri di selezione precisi per l’allocazione degli aiuti, tra i rifugiati spesso nascono tensioni: il bisogno è semplicemente troppo grande. Ma l’aiuto umanitario segue un principio chiaro: chi ha maggiore urgenza ottiene
prima il supporto, indipendentemente da origine o religione.
Protezione e speranza per donne e bambini
Nonostante le grandi difficoltà, nel campo di Gorom si fa spazio anche la speranza. Nei luoghi di protezione dedicati a donne e bambini, Caritas Svizzera e Caritas Juba creano un ambiente sicuro e accogliente per coloro che sono più esposti a rischi e violenze.
In queste aree dedicate, i bambini trovano un punto di riferimento, possono giocare insieme in tranquillità e, con l’aiuto di operatori specializzati, elaborare ciò che hanno vissuto. Per i più piccoli è un servizio fondamentale, perché molti di loro sono traumatizzati dal percorso della fuga. Per le donne e le ragazze, invece, uno spazio di protezione offre angoli riservati, consulenze e servizi igienico-sanitari puliti. «I nostri servizi offrono alle persone un piccolo barlume di speranza e un momento di tregua dalle fatiche quotidiane nel campo», spiega Jenifa Jopute.
Anche Malik frequenta regolarmente il centro per bambini. «Qui incontro i miei
Malik attraversa il campo profughi fino al centro per bambini di Caritas dove si incontra con i suoi amici e dimentica il luogo inospitale.
amici per giocare a calcio, dipingere e divertirmi», dice con gli occhi pieni di entusiasmo. È insieme a un gruppo di bambini intenti a disegnare su un quaderno. In questo spazio sereno e protetto, Malik riesce di nuovo a sognare: «Un giorno voglio diventare medico, così potrò cu -
rare tanti altri bambini.» Il pronto intervento ricevuto dopo la sua infezione lo ha ispirato.
Altre testimonianze dal Sudan del Sud: caritas.ch/rapporti-sudan-meridionale
Jenifa Jopute: con grande passione per i soggetti più vulnerabili
«La mia più grande speranza è vedere un Sudan del Sud florido in cui regna la pace e tutti si sentono a proprio agio», racconta Jenifa Jopute. Sin dagli inizi della sua carriera, la ventinovenne è spronata dalla voglia di impegnarsi per condizioni di vita migliori nel proprio Paese. Ha studiato economia e informatica aziendali e da cinque anni lavora per organizzazioni no profit.
Nell’ottobre 2024, Jenifa Jopute è entrata a far parte di Caritas Svizzera. La donna proveniente dal Sudan del Sud sostiene i partner locali nell’attuazione di progetti comuni e non si lascia scoraggiare dagli ostacoli che incontra
tutti i giorni: «Le sfide sono molteplici, tra incertezze, blocchi stradali, inondazioni stagionali e finanziamenti in calo», spiega Jopute. «Ma trovo la mia motivazione nel sorriso delle persone che aiutiamo. Gli incontri mi ricordano sempre perché faccio questo lavoro», sottolinea. L’obiettivo di Jenifa: aiutare i bambini come Malik (v. testo principale) a superare i traumi e sostenerli nel realizzare, un giorno, i loro sogni. Per donare nuova speranza e dignità alla gente nel Sudan del Sud, offrire un sostegno costante e garantire finanziamenti sostenibili è essenziale.
Mai come adesso così tante persone nel mondo soffrono la fame. Eppure, gli USA e altri Paesi ricchi stanno riducendo drasticamente i fondi per la cooperazione allo sviluppo. Cosa possiamo fare? La rete Caritas internazionale lancia un appello per cancellare il debito dei Paesi più poveri.
Nel mondo, più di una persona su tre vive in un Paese costretto a destinare più fondi al rimborso del debito estero che ai servizi di base come sanità e istruzione. A questi Stati mancano anche le risorse
140 000 persone in tutto il mondo hanno già firmato la petizione.
per combattere la povertà e affrontare gli effetti sempre più gravi del cambiamento climatico.
L’indebitamento crescente e insostenibile dei Paesi più poveri è stato uno dei temi centrali discussi a inizio luglio a Siviglia, durante la quarta Conferenza delle Nazioni Unite sul finanziamento allo sviluppo (FfD4). La questione del debito rappresenta una leva concreta attraverso cui i Paesi più ricchi, come la Svizzera,
potrebbero impegnarsi con maggiore determinazione a favore degli interessi delle nazioni più fragili. Per sottolineare l’urgenza della situazione, la rete Caritas internazionale ha lanciato la petizione «Turn Debt into Hope», promossa insieme a numerose organizzazioni della società civile. Fino a oggi, l’hanno già sottoscritta oltre 140 000 persone in tutto il mondo.
Come prevenire nuove crisi del debito?
A Siviglia, Caritas ha ribadito richieste chiare: l’attuale crisi del debito deve essere affrontata con l’annullamento dei debiti insostenibili. Per prevenire nuove crisi, è fondamentale riformare il sistema finanziario globale e definire regole più eque. Tuttavia, la dichiarazione finale della conferenza FfD4 si limita a intenzioni generiche prive di impegni vincolanti.
La conferenza di Siviglia si è tenuta mentre l’Europa era colpita da un’ondata di caldo eccezionale. Tuttavia, ciò non ha portato a una maggiore consapevolezza sull’urgenza della crisi climatica. Eppure, sono proprio i Paesi del Sud del mondo a soffrire maggiormente degli effetti del cambiamento climatico: siccità ricorrenti, fenomeni meteorologici estremi e la perdita dei mezzi di sussistenza minacciano la vita di milioni di persone.
La crisi climatica aumenta il fabbisogno finanziario. Ma chi paga il conto? Affinché le popolazioni più colpite possano adattarsi ai nuovi scenari climatici, servono misure adeguate. La Svizzera, in base all’Accordo di Parigi, si è impegnata a contribuire in modo equo al cosiddetto finanziamento climatico internazionale. Ma la realtà è ben diversa, come evidenzia un’analisi condotta da Caritas Svizzera insieme ad Alliance Sud. Il contributo al finanziamento climatico deve aumentare in modo sostanziale, ma senza ridurre i fondi destinati alla lotta contro la povertà, come avvenuto finora. Inoltre, questi aiuti devono continuare a essere erogati sotto forma di sovvenzioni e non di prestiti, per non aggravare ulteriormente la situazione debitoria dei Paesi più fragili.
Dopo la delusione della conferenza di Siviglia, le prossime conferenze delle Nazioni Unite dovranno finalmente affrontare con determinazione queste sfide urgenti. (sg)
Petizione di Caritas «Turn Debt into Hope» caritas.ch/fr/aveclendettement-lextremepauvrete-augmente
Oltre l’11 per cento dei rifugiati in Bosnia sono minori non accompagnati che affrontano la fuga da soli. Nel centro di accoglienza di Caritas a Sarajevo trovano sicurezza e stabilità, elementi fondamentali per elaborare i traumi vissuti.
Nel centro si respira un’atmosfera speciale. Qui, i minori non accompagnati trovano uno spazio protetto dove possono ritrovare un po’ di serenità. «Spesso no-
«Il nostro obiettivo principale è garantire ai bambini sicurezza a livello fisico ed emotivo.»
tiamo come i bambini e i ragazzi, appena arrivati, tirino un sospiro di sollievo», racconta Mirela Suman, responsabile di progetto del centro di accoglienza. «Molti sanno già che le condizioni qui sono
decisamente migliori rispetto ad altri campi. Si sentono sollevati all’idea di trovarsi finalmente in un ambiente stabile e sicuro.»
Più di un semplice tetto sulla testa Il centro offre a questi soggetti molto più di una semplice sistemazione. Qui ricevono istruzione, assistenza sanitaria e supporto psicosociale. «Il nostro obiettivo principale è garantire loro sicurezza a livello fisico ed emotivo. Solo così possono iniziare a elaborare i traumi vissuti e tornare a essere bambini», spiega Mirela Suman.
La vita quotidiana nel centro è caratterizzata da stabilità e routine. I bambini e i ragazzi partecipano ad attività ricreative, frequentano laboratori educativi e ricevono un’assistenza costante. «È fondamentale che abbiano una routine giornaliera stabile, che li aiuti ad aprirsi e a guarire», aggiunge Mirela Suman. Ogni minore viene seguito individualmente, con l’obiettivo di valorizzare le proprie capacità e infondergli coraggio per affrontare il futuro.
Il lavoro del centro sta dando i suoi frutti: «Un giovane aveva vissuto esperienze terribili quando è arrivato al centro. All’inizio mostrava i classici segni di trauma, come rabbia e isolamento. Giocava continuamente a calcio da solo nel cortile. Abbiamo riconosciuto il suo potenziale e lo abbiamo indirizzato a una squadra di calcio locale. Oggi si allena regolarmente con la prima squadra. Sta imparando il bosniaco e ha persino chiesto asilo», racconta Suman con entusiasmo.
Un sostegno duraturo
La maggior parte dei bambini e dei giovani rimane nel centro fino a quando non può proseguire il viaggio in sicurezza o riunirsi con i propri cari. «Lavoriamo a stretto contatto con le autorità per trovare i familiari e consentire un ricongiungimento sicuro», spiega Suman. Il sostegno prosegue anche quando i bambini e i giovani lasciano il centro: «I nostri operatori spesso restano in contatto con loro, li accompagnano nel loro percorso e offrono aiuto ovunque sia necessario.»
Ognuno di questi minori non accompagnati porta con sé una propria storia. Storie segnate dalla fuga e dalla speranza di un avvenire migliore. Nel centro di accoglienza di Caritas non vengono mai lasciati soli. (tb)
Una selezione di progetti in Bosnia-Erzegovina: caritas.ch/bosnien-herzegowina
«I consigli pratici mi sono di aiuto»
In Svizzera, oltre mezzo milione di persone si prende cura di un familiare. Anche Urs Baumeler si occupa ogni giorno di sua moglie Bernadette, affetta da sclerosi multipla. Caritas lo accompagna con un supporto professionale e gli garantisce uno stipendio.
La malattia è sorta lentamente. Bernadette Baumeler ha iniziato a manifestare i primi sintomi della sclerosi multipla già a 18 anni. Oggi, a 64 anni, dipende dalla sedia a rotelle e dall’aiuto di suo marito Urs.
«Bernadette ha sempre bisogno di aiuto per qualcosa»
Il sessantatreenne la assiste ogni giorno: l’aiuta ad alzarsi, a fare la doccia, a vestirsi, ad andare in bagno, a muoversi e in molte altre attività quotidiane. L’ex informatico in pensione anticipata è accanto alla moglie giorno e notte. «Per me è del tutto naturale», racconta. «In fondo, anche lei è il mio sostegno.» Anche se l’assistenza non lo occupa 24 ore su 24, le pause vere e proprie sono rare: «Bernadette ha sempre bisogno di aiuto per qualcosa.»
Un compenso orario di 35.50 franchi
In Svizzera, circa 600 000 persone si prendono cura di un familiare. Nella gran
parte dei casi, però, questo impegno non è retribuito e viene svolto in solitudine. Molti di loro riducono anche il proprio tasso di occupazione, con pesanti conseguenze negative in termini di reddito e sicurezza sociale.
Caritas Svizzera vuole ridurre questo rischio di povertà assumendo familiari curanti con un compenso orario di
35.50 franchi e versando i contributi alle assicurazioni sociali. Il finanziamento non proviene da donazioni, ma dal sistema sanitario. Per Urs Baumeler, si tratta di un «importante segno di riconoscimento»; per Bernadette, sapere che l’impegno del marito viene anche valorizzato economicamente rappresenta un sollievo mentale. Tuttavia, Urs non avrebbe accettato di lavorare per qualsiasi organizzazione: «Ho scelto Caritas perché è un’organizzazione senza scopo di lucro che non mira al profitto.»
Supporto professionale da parte di un’infermiera specializzata
Oltre al compenso economico, Urs Baumeler riceve da Caritas anche un accompagnamento professionale grazie all’infermiera specializzata Rita Kurmann, che effettua regolarmente visite a domicilio, risponde alle sue domande e lo affianca nella gestione delle situazioni più difficili. «I consigli pratici mi sono di grande aiuto», afferma Urs Baumeler. «Quando si svolgono sempre le stesse attività ogni giorno, non ci si accorge nemmeno se si sta sbagliando qualcosa. Lo sguardo esperto e oggettivo di Rita è molto prezioso e mi dà sicurezza.» (nj)
Un videoritratto di Urs e
Bernadette Baumeler e tutte le informazioni sul finanziamento per i familiari curanti sono disponibili su caritascare.ch
In Svizzera, è in costante crescita il numero di organizzazioni che assumono familiari curanti. Anche Caritas opera in diversi Cantoni, tra cui Basilea Città, Basilea Campagna, Berna, Lucerna, Zugo, Svitto, Uri, Nidvaldo e Obvaldo. A breve si aggiungeranno anche le regioni di Zurigo e Argovia.
A differenza delle aziende orientate al reddito, l’obiettivo di Caritas è contenere al massimo i costi per le casse malati e per il settore pubblico. Questo è possibile perché Caritas non genera profitti: tutti i ricavi vengono reinvestiti per finanziare gli stipendi del personale infermieristico, la gestione amministrativa e le formazioni gratuite destinate ai familiari curanti.
La frana di Blatten, a fine maggio, ha distrutto gran parte del villaggio e molti abitanti hanno perso la propria casa. Autorità e organizzazioni umanitarie sono intervenute subito. Silvano Allenbach di Caritas Svizzera spiega la situazione attuale.
Signor Allenbach, sono già passati alcuni mesi dalla caduta della frana. Come procede il sostegno alle persone colpite a Blatten?
Nei casi di catastrofe, un intervento rapido è fondamentale, ma la popolazione ha anche bisogno di misure a lungo termine. Il nostro sostegno si articola in più fasi: dai primi giorni dopo l’emergenza fino all’aiuto duraturo, come la ricostruzione. Grazie alla grande solidarietà della popola -
zione svizzera, possiamo accompagnare le persone colpite per un lungo periodo.
Può spiegarci nel dettaglio come avviene l’intervento?
Nella prima fase, subito dopo la frana, il focus è sugli aiuti immediati. Già all’inizio di giugno, insieme alla Croce Rossa Svizzera (CRS) e alla Catena della Solidarietà, abbiamo versato 2000 franchi a ogni residente di Blatten. Le persone hanno potuto disporre liberamente di questo denaro, utilizzandolo dove il bisogno era più
urgente, ad es. per vestiti, giocattoli o un nuovo ricaricatore.
Qual è il passo successivo dopo i primi aiuti?
Nella seconda fase forniamo un sostegno temporaneo: le persone colpite hanno improvvisamente spese aggiuntive, ad esempio per alloggi temporanei, spostamenti più lunghi per recarsi al lavoro o nuovi mobili. In questi casi offriamo un sostegno finanziario, se le prestazioni assicurative non coprono tutti i costi aggiuntivi.
E poi c’è anche una terza fase. Esatto, si tratta della copertura dei costi residui. Qui parliamo di oneri a medio e lungo termine, come la perdita di effetti personali o riparazioni non coperte da assicurazioni. Ogni singolo caso viene valutato con attenzione.
Come si riesce a garantire che il sostegno avvenga in modo coordinato?
La stretta collaborazione con le autorità, la Croce Rossa Svizzera, la Catena della Solidarietà e altre organizzazioni è fondamentale. Le richieste, ad esempio, vengono valutate insieme durante riunioni regolari. Caritas è inoltre in contatto con attori come fondssuisse – una fondazione che fornisce aiuto per danni causati da eventi naturali – per assicurare un coordinamento efficace degli interventi.
Cosa succede con le donazioni che superano il fabbisogno attuale?
In un primo momento, le donazioni sono utilizzate per finanziare le tre fasi dell’intervento a Blatten. Se dovessero avanzare dei fondi, li impieghiamo attraverso il nostro fondo vincolato per le catastrofi in Svizzera. Questo ci permette di intervenire in modo rapido ed efficace anche in occasione di eventi naturali futuri, magari di minore entità e senza grande eco mediatica. (tb)
Con un testamento può avere la certezza che la sua successione venga ripartita secondo le sue volontà.
Pensare in anticipo alla propria successione, regolarla in modo tempestivo e secondo le proprie volontà, creare chiarezza per i propri cari: è ciò che desidera la maggior parte delle persone.
Il dossier previdenza di Caritas Svizzera offre una guida pratica per redigere le disposizioni del paziente, il mandato precauzionale e il testamento. Gli strumenti online disponibili sul nostro sito consentono di creare questi documenti passo dopo passo. Qui si trovano anche risposte a domande sul diritto successorio.
Redigere un testamento significa decidere in modo autonomo e giuridicamente valido come distribuire il proprio patrimonio e come trasmettere i propri valori e impegni. Inserendo Caritas Svizzera nel proprio testamento, ci aiuta a proseguire il nostro operato e potrà avere la certezza che il suo lascito sarà impiegato secondo i suoi desideri.
Per domande personali su successione e testamento, contattare Bernhard Leicht, bleicht@caritas.ch, +41 41 419 24 69.
Bernhard Leicht, responsabile Eredità e legati
Ordinare il dossier previdenza di Caritas su: caritas.ch/it/eredita-e-legati
Per molte famiglie con risorse limitate, l’inizio dell’anno scolastico rappresenta una sfida economica: acquistare uno zainetto o un astuccio può diventare un vero peso. Con l’iniziativa «Schulstart», i mercati Caritas hanno risposto a questo bisogno offrendo, nei loro 22 punti vendita, una vasta gamma di zainetti, borse da ginnastica, sacchetti per l’asilo, astucci, set da scrittura e molto altro – a prezzi fortemente ridotti fino all’80 per cento. Un’azione resa possibile grazie al sostegno di fornitori e fondazioni.
Il successo è stato enorme: nel giro di poche settimane, tutti i prodotti erano esauriti. In totale, circa 5000 bambini hanno potuto beneficiare della proposta. «Ogni bambino merita di iniziare la scuola con entusiasmo e dignità. Questa iniziativa ci ha permesso di renderlo possibile», afferma Thomas Künzler, direttore dei mercati. (nj)
Ulteriori informazioni: caritas-markt.ch
«Rafforzare le donne –combattere la povertà» Venerdì, 18 settembre 2025, 17.00 –18.00, online
Caritas Svizzera promuove con determinazione il ruolo delle donne e delle ragazze nell’ambito di diversi progetti. Un esempio concreto arriva dalle produttrici di miele in Etiopia. Attraverso testimonianze dirette e racconti dal campo scopriremo come l’autodeterminazione possa crescere anche in contesti difficili. Maggiori informazioni e iscrizioni all’incontro informativo su: caritas.ch/frauenstaerken
Serata informativa sul collocamento familiare di Caritas: Lunedì, 15 settembre 2025, 19.00 – 20.00, online Lunedì, 3 novembre 2025, 19.00 – 20.00, online Ulteriori informazioni su: caritas.ch/pfi
Informazioni e iscrizioni
E-mail: event@caritas.ch Telefono: 041 419 24 19 caritas.ch/manifestazioni
Per molti giovani rifugiati, le vacanze estive sono spesso sinonimo di solitudine. Il campo estivo di youngCaritas offre un’alternativa alla routine e permette ai giovani volontari di vivere un’esperienza arricchente. Quest’anno, per la prima volta, il campo si è svolto su due settimane.
Escursioni, giochi, lavoretti, bagni al lago, grigliate, cucina e disco party: esperienze semplici ma indimenticabili, che per molti bambini e adolescenti in Svizzera fanno parte dell’estate. Il campo estivo di young Caritas nasce proprio con questa idea: «Vogliamo mettere in contatto giovani con culture e storie di vita diverse, offrendo loro l’opportunità di trascorrere una settimana insieme, divertirsi, confrontarsi e stringere nuove amicizie», racconta Christine Beeler, co-responsabile del progetto.
Due settimane di campo, 70 giovani e 20 volontari in azione Il campo estivo di youngCaritas continua a suscitare grande interesse. Perciò, quest’anno, per la prima volta, sono state organizzate due settimane di attività: la prima a luglio ad Adelboden, la seconda ad agosto a Oeschseite (Zweisim-
men). Per ciascun campo è stato creato un team di dieci animatori e animatrici volontari. Ai volontari già esperti, si sono uniti anche 13 nuovi partecipanti al team, che hanno contribuito con entusiasmo e impegno a rendere speciale questa esperienza.
Un programma ricco di momenti speciali
Oltre 70 partecipanti provenienti da 14 Paesi diversi – tra cui giovani rifugiati dall’Afghanistan, dalla Siria, dalla Somalia e dall’Ucraina – hanno potuto vivere un campo estivo all’insegna della varietà e della condivisione. Ciascuno porta con sé ricordi unici: chi l’emozione di far volare il proprio aquilone, chi una giornata in piscina, chi la magia della jam session intorno al fuoco. Il campo estivo di youngCaritas ha regalato attimi indimenticabili e nuove amicizie che restano nel cuore. (lb)
Laura Meile, animatrice volontaria
«Creare ricordi che durano una vita insieme a persone che ti restano nel cuore: per me è un’esperienza unica, a cui non rinuncerei per nulla al mondo.»
Mahdi Gholami, ex partecipante, oggi volontario youngCaritas
«Il campo estivo youngCaritas è stato per me un’esperienza indimenticabile! Ho stretto tante nuove amicizie, abbiamo riso, giocato e vissuto momenti bellissimi. Mi ha colpito lo spirito di gruppo e il clima accogliente: tutti si sono sentiti i benvenuti. Lo consiglio a chi cerca divertimento e desidera fare qualcosa di positivo per gli altri!»
Ulteriori informazioni: youngcaritas.ch/sola
I nostri progetti offrono aiuti d’emergenza e mezzi di sussistenza sostenibili nonostante la crisi climatica.
questa non è una fonte di sostentamento
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