ChimicaAmbiente N1

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tecnoEdizioni

La prima rivista dell’industria chimica sostenibile

chimica ambiente

ANNO 1 GENNAIO/FEBBRAIO 2013 8,50 EURO

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versalis il nuovo volto della chimica versalis è al vostro fianco nelle sfide di un settore in costante evoluzione per sviluppare soluzioni innovative e tempestive da proporre al mercato. in versalis l’eccellenza va oltre la semplice fornitura e si estende fino all’assistenza post-vendita.

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CHIMICA AMBIENTE, ossimoro iperbolico o Giano bifronte della stessa realtà? È ragionando intorno a questo dilemma, che ci siamo trovati in redazione a veder nascere l’idea da cui è poi uscita la rivista che state sfogliando in questo momento. Tecnoedizioni, casa editrice specializzata in riviste tecniche, che ha la sua base fondante in Tecnoplast e fo r t i c a p o s a l d i i n Te c n o fo o d , Te c n o l a b e Tecnopackaging, ha voluto raccogliere la sfida di un progetto avvincente, un progetto che in Italia per ora non ha trovato altri esegeti e che si sposa perfettamente con l’intento principale della nostra casa editrice: riportare la vera comunicazione nelle riviste tecniche italiane. L’informazione tecnica, negli ultimi anni, è stata troppo violentemente contaminata dalla comunicazione pubblicitaria, che ha sovente influenzato anche gli aspetti editoriali, trasformando alcune riviste in veri e propri cataloghi. Tecnoedizioni ha da sempre fatto del contenuto, della qualità, il primo hatù anche a livello commerciale. Insomma, riteniamo che la qualità paghi, e che se la rivista è letta - e per esserlo ci voglio contenuti veri - l’appoggio degli inserzionisti non potrà venire a mancare. Così Chimica Ambiente, che peraltro completa un cerchio strategico all’interno della nostra offerta che, partendo dalla plastica, passa dal laboratorio attraversa il packaging per poi sfociare - toccando il food - appunto nell’industria chimica, offre una proposta ed una chiave di lettura unica e innovativa. Nell’augurarvi buona lettura, quindi, vogliamo chiedere ai lettori, agli operatori e a tutto il settore, di instaurare un rapporto osmotico di scambio, che renda questa rivista una viva agorà di comunicazione, sia sulla carta stampata che sul web, dove a breve sarà ‘navigabile’ chimicaambiente.it, sito innovativo di infor mazione multimediale, composto da videointerviste e contenuti interattivi. Percorriamo quindi una strada irta, ma comunque già spianata, dato che la chimica mondiale, ormai da una ventina d’anni, sta puntando con forza verso questa direzione, sperando di essere in Italia tra i narratori di questa evoluzione epocale.

Buona lettura! Marco Mastrosanti

CHIMICA AMBIENTE n.1 gennaio/febbraio 2013

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AMBIENTE

CHIMICA

editoriale


sommario

n.1 gennaio/febbraio 2013

chimica ambiente RIVISTA DELL’INDUSTRIA CHIMICA SOSTENIBILE N° 1 GENNAIO/FEBBRAIO 2013

Supplemento di TecnoPlast n.1/2013

Direttore responsabile: Marco Mastrosanti (marco.mastrosanti@tecnoedizioni.it) Coordinamento editoriale: Alessandro Bignami (a.bignami@tecnoedizioni.com)

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Hanno collaborato a questo numero: Giuseppina Bestetti, Lucia Butti, Sergio Cordoni, Andrea Franzetti, Isabella Gandolfi, Maria Serena Gironi, Andrea Lanzini, Renato Levi, Davide Papurello, Valentina Rivelli, Massimo Santarelli, Silvia Silvestri

tecnoEdizioni Via Modigliani, 27 - 20090 Segrate, MILANO - Italia Tel.: +39 02 928653.45 - Fax: +39 02 928653.40 Sito web: www.tecnoedizioni.com

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di Marco Mastrosanti

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Segreteria Ufficio Traffico (grafica2@tecnoedizioni.com) Ufficio marketing (marketing@tecnoedizioni.com) Coordinamento grafico Graziella Novelli (grafica@tecnoedizioni.com)

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Impaginazione Jennifer Verzeri (grafica2@tecnoedizioni.com)

Tariffe abbonamenti 2013 Italia: sped. ordinaria € 75,00; sped. contrassegno € 85,00 Estero: sped. ordinaria € 130,00; sped. prioritaria Europa € 150,00; sped. prioritaria Africa, America, Asia € 190,00; sped. prioritaria Oceania € 210,00; Fascicolo singolo: € 8,50 - Fascicolo arretrato € 17,00 L’IVA sugli abbonamenti, nonché sulla vendita di fascicoli separati, è assolta dall’editore ai sensi dell’art. 74 primo comma lettera C del DPR 26/10/72 n. 633 e successive modificazioni e integrazioni.

Tiratura del presente numero: 5622 copie

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ATTUALITÀ Un’industria sempre più responsabile di Renato Levi

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ABBIAMO INCONTRATO Marco Coldani, presidente di AssICC di Alessandro Bignami

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PROTAGONISTI Bea Technologies: questione di chiarezza di Alessandro Bignami

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L’EVENTO Ecomondo: green chemistry e bioraffinerie nell’Italia del rinascimento verde di Lucia Butti

Terminato di stampare il 14/02/2013 presso Prontostampa Via Praga, 1 - 24049 Verdellino (BG)

CHIMICA AMBIENTE n.1 gennaio/febbraio 2013

IN PRIMO PIANO La matrice (verde) della chimica italiana di Alessandro Bignami

Tecnoedizioni Srl è iscritta nel Registro Operatori Comunicazione dell’AGCom con il numero ROC19558

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IL PUNTO Se la rivoluzione verde parte dalla chimica di Alessandro Bignami

Pubblicità Margherita Fogliazza (m.fogliazza@tecnoedizioni.com) ©Copyright Tecnoedizioni Srl, Milano (Italia) Le rubriche e le notizie sono a cura della redazione. È vietata la riproduzione, anche parziale di: articoli, fotografie e disegni senza preventiva autorizzazione scritta.

EDITORIALE

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SPECIALE Cogenerazione e biocogenerazione a cura di Renato Levi

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Se la rivoluzione verde parte dalla chimica Stiamo vivendo un momento di transizione epocale. In un periodo di tempo drammaticamente breve la struttura economica e produttiva dell’Occidente, che ha dominato incontrastata per almeno due secoli, è entrata in crisi. Ma le crisi, molto spesso, rappresentano la via più rapida ed efficace per innescare dei cambiamenti radicali in un sistema che non funziona più. L’Europa, culla della rivoluzione industriale, è stata la prima a subire i danni più pesanti ad ambiente e salute, ‘effetti collaterali’ delle società del benessere. Ed è ora l’area più esposta alla recessione economica. Ma proprio in Europa, il modo di fare industria è stato per la prima volta messo in discussione. Il sistema produttivo ha dovuto cominciare a ripensarsi in chiave di efficienza energetica, riduzione delle emissioni, sicurezza per l’uomo e per l’ambiente. È ancora presto per vedere dei benefici, ma i semi della rivoluzione verde sono stati gettati. Non è possibile immaginare, tuttavia, un’effettiva virata verso un sistema produttivo sostenibile senza partire dall’industria chimica, che rappresenta la base di innumerevoli settori manifatturieri a valle e che è coinvolta nella realizzazione di quasi ogni bene di uso quotidiano che ci circonda, anche in questo momento. Solo dalla chimica può scaturire una concreta svolta verso l’ecosostenibilità, al di là dei proclami e delle mode che hanno inflazionato questo termine in ogni campo. In questo scenario, la rivista Chimica Ambiente apre una nuova strada nell’editoria tecnica nazionale, affiancando per la prima volta due temi solo apparentemente poco affini. Se nel sentire comune, infatti, industria chimica e sostenibilità ambientale appaiono ancora conflittuali tra loro, gli addetti ai lavori, invece, ne conoscono bene il legame profondo. Negli ultimi decenni l’industria chimica è stata quella che ha compiuto i maggiori passi avanti verso processi più eco-compatibili, efficienti e sicuri, a dimostrazione di una condotta virtuosa che ha portato a risultati persino superiori a quelli imposti dalle normative. I miglioramenti non sono avvenuti solo sul fronte del processo e della riduzione delle emissioni, ma anche nello sviluppo di prodotti e combustibili meno inquinanti e basati su materie prime di origine vegetale e rinnovabile, resi competitivi dall’evoluzione della chimica verde e delle bioraffinerie. Ma l’interazione fra chimica e ambiente non finisce qui: basti pensare al ruolo dei chemical nei trattamenti ambientali dell’aria, dell’acqua e del suolo. La rivista Chimica Ambiente nasce per raccontare questa trasformazione in atto, colmando gli spazi vuoti lasciati dalla comunicazione del settore, che forse non ha ancora saputo diffondere adeguatamente il valore dei propri successi in chiave di sicurezza e tutela ambientale, consentiti soprattutto dagli investimenti nella ricerca e nell’innovazione tecnologica. È un momento difficile per tutti, sia per l’industria, sia, di conseguenza, per il settore dei servizi. Proporre una nuova iniziativa editoriale su temi così cruciali per il futuro non è però solo frutto di un’ingenua incoscienza. È invece un contributo alla ricerca di un nuovo modo di produrre, di lavorare e di vivere. Per guardare oltre la crisi occorre il coraggio di sperare anche in ciò che oggi sembra impossibile. Lo diceva anche Eraclito:

Chi non spera l’insperabile non lo scoprirà, poiché è chiuso alla ricerca. Alessandro Bignami

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il punto


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IN PRIMO PIANO Intervista a Daniele Ferrari, amministratore delegato di Versalis, Eni

Eni punta sulla chimica con investimenti importanti e una nuova strategia. Si riparte da Versalis e dalla chimica verde di MatrĂŹca, joint venture con Novamont che prevede la riconversione in bioraffineria del polo petrolchimico di Porto Torres. Dove si sta aprendo una via rivoluzionaria per il settore

di Alessandro Bignami

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LA MATRICE (VERDE) DELLA

CHIMICA ITALIANA CHIMICA AMBIENTE n.1 gennaio/febbraio 2013

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econdo le previsioni la domanda dei prodotti di base biologica, e di conseguenza delle bioplastiche, triplicherà da qui al 2020. Noi vogliamo essere protagonisti di questa crescita”. Daniele Ferrari, amministratore delegato di Versalis, la nuova chimica di Eni, lo dice così. Senza tanti giri di parole. Nel futuro della società c’è la chimica verde. O meglio, anche la chimica verde, in stretta relazione con quella tradizionale da prodotti petroliferi. Al cuore della nuova strategia è la riconversione del polo petrolchimico di Porto Torres che prevede la costruzione di una bioraffineria di terza generazione integrata nel territorio sardo. Si tratta del progetto di Matrìca, joint venture fra Versalis e Novamont, che pone le basi dello sviluppo dell’industria chimica verde italiana. Ecco perché la rivista Chimica Ambiente ha scelto di iniziare la sua avventura editoriale incontrando Daniele Ferrari negli uffici di San Donato, Milano.

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DANIELE FERRARI 51 anni, è Ceo di Versalis Spa e presidente di Matrìca Spa, joint venture tra Versalis e Novamont per la chimica verde. Ha iniziato la sua attività in Idreco, specializzata nel campo della protezione ambientale, e in seguito nel gruppo Agip Petroli. Nel 1986 è iniziata la sua esperienza nella Imperial Chemical Industries (ICI), dove ha ricoperto differenti ruoli in varie aree di business e marketing. Nel 1996 si è trasferito a Bruxelles in qualità di direttore della business unit globale per l’industria degli intermedi poliuretani. Altra svolta importante della sua carriera seguì all’acquisizione, nel 1999, della maggior parte dell’attività di ICI da parte della Huntsman Corporation, all’interno della quale Ferrari divenne amministratore delegato della Huntsman Surface Science Italia e successivamente Presidente della Huntsman Performance Products a Houston, Texas. È presidente dell’associazione PlasticsEurope Italia, che fa parte di Federchimica, membro del consiglio direttivo PlasticsEurope, vice-presidente di Federchimica e consigliere del Cefic, l’associazione dell’industria chimica europea.

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IN PRIMO PIANO

La sede di Versalis a San Donato Milanese

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Dottor Ferrari, con il nuovo piaL’avventura verde inizia a Porto no di investimenti quadriennale Torres, dunque. Eni torna a puntare sulla chimiMatrìca sarà il modello, Esattamente. Sul cammino abbiamo inca: qualcosa è cambiato. contrato Novamont, specialista di bioplaAgli inizi degli anni Novanta per l’inla ‘madre’, della chimica verde stiche e bioraffinerie, con cui, partendo tero compartimento della chimica ha da una tecnologia sperimentale, abbiamo avuto inizio una fase di rallentamenitaliana. Un esempio che deciso di concludere la sperimentazione to, nella quale Eni, pur continuando e di investire nell’ingegnerizzazione e nel a guardare con interesse al settore, intendiamo replicare progetto finale. Così è nata Matrìca, una ha cominciato a concentrarsi su altre joint venture paritaria, il cui significato in attività di business. L’azienda, cosardo è ‘madre’. Questo polo, infatti, sarà munque, non ha smesso di dedicare il modello, la madre, della chimica verde attenzione al settore e ha continuato a puntare sui temi della italiana. Porto Torres è il classico esempio di come si può riconversicurezza, della tutela ambientale, dell’ingegneria, investendo tire uno stabilimento con tecnologie obsolete e non più competitive soprattutto in ricerca. Recentemente Eni ha intuito che era in un sito virtuoso e sostenibile, utilizzando materia prima che naarrivato il momento di segnare una svolta nella chimica, ansce nella regione. che facendo leva su una storia prestigiosa, per riconquistare i primati del passato. Alcuni competitor in questi anni sono Qual è la novità essenziale del progetto? riusciti a fare grandi passi in avanti, pertanto Eni ha deciso di La piena integrazione della bioraffineria nel territorio. Per costruire ripartire, sviluppando un percorso nuovo e sostenibile, basato un impianto di terza generazione non basta, infatti, la produziosul nostro know-how, su operazioni di merging&acquisitions e partnership. Con questa consapevolezza è stata messa a punto la nuova strategia che è stata presentata al Consiglio di amministrazione. Quale è stato il punto di partenza per questa nuova strategia? Il Piano che abbiamo presentato come Versalis nasce da un’attenta valutazione delle nostre competenze. Prima di tutto sono state individuate le attività più solide, su cui poter fare leva e quelle che invece non davano risultati commisurati agli sforzi. Era già in corso un’idea di conversione dello stabilimento di Porto Torres, che abbiamo sviluppato e trasformato in un piano di azione: è subito diventata la prima azione concreta della nuova strategia Versalis. Il nostro impegno per la chimica verde è partito da Porto Torres. Non si è trattato, infatti, di un progetto isolato: Versalis ha deciso di puntare sull’integrazione tra chimica tradizionale e chimica da fonti rinnovabili per creare un modello di sviluppo incentrato sull’innovazione.

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Lo stabilimento di Porto Torres

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Per Eni è il momento di segnare una svolta nel settore della chimica, anche

facendo leva su una storia prestigiosa, per riconquistare i primati del passato ne di polimeri bio, che potrebbe anche trasformare una materia prima vegetale proveniente dall’estero e quindi a impatto tutt’altro che zero. La vera riconversione virtuosa è quando ci si allinea alla filiera agricola locale. La bioraffineria di terza generazione punta alla piena fusione con il territorio, aumentando così la competitività sul mercato. La Sardegna si candida come luogo ideale per questo tipo di sperimentazione, grazie soprattutto agli estesi terreni agricoli non utilizzati e al cardo. L’elemento distintivo di questo tipo di raffineria è la materia prima e l’integrazione con il territorio. Come mai avete scelto di usare il cardo per la produzione bio? Abbiamo individuato un particolare genotipo di cardo che già cresce nella zona. Sono già stati seminati circa duecento ettari che ci consentiranno non solo di portare avanti colture sperimentali, ma di creare vere e proprie filiere semindustriali. In questa direzione stiamo stipulando accordi di coltura con gli agricoltori locali e organizzando giornate informative sul cardo. Stiamo spiegando in modo trasparente cosa stiamo facendo e perché. Quanti ricercatori sono già operativi a Matrìca? Entro metà del 2013 saranno 25. Ma non ci fermeremo lì. Oggi Matrìca rappresenta una struttura unica nel suo genere. Se diventerà una sorta di incubatrice di altri progetti simili allora lo staff aumenterà rapidamente. Oggi il centro è concentrato soprattutto sull’integrazione con la filiera agricola sarda, ma sta sperimentando anche altre tecnologie. A tutto questo si aggiunge la ricerca di Versalis che – soprattutto nell’ambito delle biomasse destinate alla produzione energetica, chimica e dei carburanti – lavora in stretta sinergia con la ricerca pura di Eni, condotta nello storico Istituto Donegani di Novara.

A che punto è il cantiere? Abbiamo inaugurato a febbraio dello scorso anno il centro ricerche. L’edilizia del complesso industriale è pressoché conclusa, ora inizierà la realizzazione degli impianti. Sarà un’opera ambiziosa e imponente: sette unità per 350 mila tonnellate di prodotti all’anno. La realizzazione e l’avvio degli impianti avverrà in fasi successive entro il 2016. I primi prodotti sono previsti a inizio 2015. Sarà uno dei complessi industriali più grandi al mondo per la produzione di bio-monomeri e bio-polimeri, per un investimento di 500 milioni di euro. Seguiranno altre operazioni come quella di Matrìca? Sì, Matrìca è un esempio che intendiamo replicare. Per questo continuiamo a guardare con interesse ad altre società innovative con cui collaborare. Con la statunitense Genomatica, specializzata nello sviluppo di biotecnologie applicate alla produzione di intermedi chimici da fonti rinnovabili, e sempre con Novamont, abbiamo stretto un’altra joint venture – che ci vede maggioritari – per la produzione di biobutadiene. Oltre a sviluppare il business della chimica verde, il nostro obiettivo è quello di riconvertire stabilimenti obsoleti sul virtuoso modello di Matrìca. Esso funziona dove esistono insediamenti di questo tipo, che si trovano soprattutto in Italia, sebbene non escludiamo interventi all’estero. Alla base di questa strategia è la consapevolezza che oggi la chimica verde può dare prodotti competitivi con quelli della filiera petrolchimica. Ci può dire qualcosa di più sulla nuova produzione di bio-butadiene? Sarà il frutto del recente accordo con Genomatica. La ricerca che stiamo conducendo insieme è dedicata in particolare alla produzione di biobutandiolo, che poi viene trasformato in biobutadie-

Rendering del progetto Matrica a Porto Torres

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IN PRIMO PIANO

Daniele Ferrari alla presentazione di Versalis in occasione di Plast 2012 a Milano

zionali. Per esempio, a Porto Torres produrremo degli oli estensori verdi destinati alla realizzazione di elastomeri negli impianti di Ferrara e Ravenna. Nello stesso polo sardo resteranno, accanto alle tecnologie di chimica verde, due impianti petrolchimici tradizionali sempre per la realizzazione di elastomeri SBR. Faremo inoltre delle basi sintetiche per biolubrificanti, che amplieranno ulteriormente la gamma di lubrificanti di Eni. La biodegradabilità è d’altronde sempre più richiesta per gli oli destinati ad aree marine o a rischio di contaminazione. I prodotti di Matrìca, dunque, possono essere destinati allo sviluppo delle bioplastiche così come ai processi della chimica tradizionale.

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ne, ‘ingrediente’ basilare per i nostri elastomeri. Questo ci consente di avere a disposizione butadiene senza bisogno di costruire un impianto per il cracking, che ha grandi dimensioni e produce, oltre al butadiene, una serie di altri prodotti chimici che in molti casi è difficile collocare sul mercato. Insomma, la chimica verde permette di lavorare con impianti più piccoli e per produzioni mirate: un altro vantaggio da non sottovalutare. Saremo probabilmente i primi al mondo a portare su scala industriale la tecnologia per la produzione di biobutadiene, già testata in laboratorio. È un accordo molto importante per noi perché siamo stati selezionati come partner preferenziali grazie alla nostra tecnologia di realizzazione di impianti e alla nostra esperienza nell’applicazione, soprattutto nel campo degli elastomeri in cui abbiamo delle competenze molto forti riconosciute a livello mondiale. Questo ci caratterizza come una società non solo di commodity chemicals ma in grado di produrre prodotti più differenziati che possono essere con il tempo sempre più orientati alle specialties. Chimica ecologica e tradizionale convivranno? Non solo. Confluiranno in molti casi nella medesima filiera. I prodotti bio possono infatti contribuire ai processi chimici tradi-

Da chi è partita l’idea del cluster italiano della chimica verde? Si tratta di un’iniziativa congiunta. A promuoverlo è ancora Versalis, con forti competenze tecnologiche su scala industriale, Novamont, riferimento nel settore delle bioplastiche, e il gruppo Mossi&Ghisolfi, all’avanguardia internazionale negli impianti di bioetanolo. Oltre a queste aziende, che rappresentano un’ampia fetta dell’industria chimica nazionale, al cluster aderisce un’ottantina fra università, istituti e centri di ricerca. Sarà un modello per un settore in crescita. Altre joint venture internazionali? A causa del peggioramento della situazione in Europa ci siamo affrettati a riposizionarci in Oriente. Come primo passo, Versalis è entrata di recente in Cina, con Eni Chemicals Trading Shanghai, per la distribuzione diretta di prodotti sul mercato cinese e con Versalis Pacific Trading, con sede sempre a Shanghai, per operare in tutto il mercato asiatico. E poi le joint venture. In particolare, la partnership con Petronas, in Malesia, ci aprirà la strada verso il Sudest asiatico, mentre quella con la coreana Honam Petro-

IL CARDO: UNA SCELTA NATURALE Le materie prime che soddisferanno il fabbisogno industriale della bioraffineria di Porto Torres saranno ottenute da colture di cardo su terreni marginali. Si tratta di una coltura non convenzionale della quale si utilizza sia il seme, che fornisce un olio compatibile con quello del girasole, sia la biomassa da cui si ricava cellulosa ed emicellulosa. A favorire la scelta del cardo hanno contribuito diversi motivi. Esso non sottrae terreni destinati alla filiera alimentare e valorizza terreni altrimenti inutilizzati e di recuperare molti ettari persi dall’agricoltura. Inoltre quella del cardo è un’aridocoltura, adatta al clima mediterraneo e senza grandi esigenze di acqua. Non comporta l’utilizzo di diserbanti, né di concimi e pesticidi.

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VERSO LA PRIMA INDUSTRIA DI BIO-BUTADIENE

L’inaugurazione del centro ricerche di Matrica. Al centro Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont

chemical Corporation ci riassegna un ruolo attivo nel Nordest del continente. Non si tratta solo di operazioni commerciali, ma di importanti investimenti produttivi. In Malesia, nell’ambito di un grande progetto green field di Petronas del valore complessivo di circa 20 miliardi di dollari, e a cui partecipano diverse multinazionali della chimica, Versalis realizzerà un impianto per la produzione di elastomeri, pari a un investimento di alcune centinaia di milioni di dollari. Diversa l’operazione con Honam Petrochemical Corporation: presso un complesso (un cracking) già esistente in Corea costruiremo i nostri impianti per la produzione di elastomeri che, entrando in funzione nel 2015, valorizzeranno uno stream di butadiene che la società partner attualmente non utilizza. L’investimento totale è pari a circa 400 milioni di dollari, sempre al 50% con Honam. Quindi dalla prima metà del 2015 Honam e Versalis produrranno elastomeri per fornire la Cina direttamente e non più dall’Europa. In entrambi questi investimenti il valore è in buona parte rappresentato dalle nostre licenze tecnologiche. E questo dà un’idea di quanto sia importante valorizzare le competenze di Versalis. Tornando in Europa? In Europa il piano degli investimenti del gruppo fino al 2016 prevede in parallelo interventi finalizzati ad aumentare capacità, raddoppiare linee e guadagnare in flessibilità negli stabilimenti di Grangemouth, in Scozia, di Ferrara e Ravenna. A questi si aggiungerà la nuova linea di estrazione di butadiene ai Dunkerque, in Francia, funzionale alla fornitura di materia prima ai siti di produzione di elastomeri, in particolare in Gran Bretagna.

Il butadiene è la materia prima utilizzata per produrre gomma (pneumatici per auto, settore elettrodomestici, settore calzaturiero, modificanti per materie plastiche e bitumi, additivi per oli lubrificanti, tubi, componenti per l’edilizia, lattice). Con Genomatica e Novamont, Versalis ha firmato un importante protocollo di intesa per la produzione di butadiene da fonti rinnovabili. La partnership strategica pone le basi per la costituzione di una joint venture, con Versalis capofila grazie alla titolarità della quota maggioritaria, che avrà come missione lo sviluppo dell’intera filiera produttiva – dal feedstock da biomassa all’intermedio chimico, fino all’elastomero –, per la produzione di bio-butadiene polymer-grade. Grazie all’accordo appena firmato, Versalis utilizzerà la tecnologia di processo di Genomatica, che consente di produrre butadiene in maniera sostenibile, con notevoli vantaggi competitivi e un minore impatto ambientale. Versalis si pone l’obiettivo di essere la prima società chimica a produrre su scala industriale butadiene da fonti rinnovabili. Il butadiene è un intermedio fondamentale per il business degli elastomeri di Versalis, ma la materia prima necessaria per produrre butadiene, estratto da una miscela a 4 atomi di carbonio, denominata miscela C4 prodotta dagli impianti di cracking, è sempre più soggetta a problemi di disponibilità. Lo scenario mondiale, infatti, presenta un calo rilevante nella produzione del taglio C4, che sta provocando una significativa pressione a lungo termine sui prezzi e sulla volatilità del butadiene, con ricadute sui prezzi al consumatore nel mercato dei prodotti che usano il butadiene come materia prima, tra cui gli pneumatici. I timori legati alla insufficiente disponibilità di butadiene sul mercato sono aggravati dalle previsioni di crescita e di sviluppo dei paesi Bric, dove si prevede un incremento della domanda nell’industria automotive, e quindi di pneumatici. La sigla dell’accordo con Genomatica

Il polo verde di Porto Torres

sarà un’opera ambiziosa e imponente: sette unità per 350 mila tonnellate di prodotti all’anno

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notizie I risultati di ABB nel 2012

Nel segno della stabilità

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È stato un anno nel segno della stabilità, in un contesto economico internazionale molto difficile, per ABB. Sia a livello di gruppo, sia di filiale italiana, la società protagonista globale nel settore dell’energia e dell’automazione, ha dato prova di compattezza, sopportando gli strali della crisi. Nel corso della conferenza stampa di febbraio, convocata a Sesto San Giovanni (Milano) nella principale sede di ABB Italia, si è svolto il tradizionale collegamento con la contemporanea conferenza negli headquarter di Zurigo, dove il Ceo Joe Hogan ha ricordato alcuni punti essenziali per la sostanziale tenuta sui mercati globali. Tra questi “l’espansione del settore robotica ha detto - e l’incremento di ordini e ricavi in diversi paesi, fra cui la Cina, che dopo un inizio negativo, nel quarto trimestre ha segnato un +10% circa”. Nel quarto trimestre 2012 gli ordini sono saliti complessivamente del 4%. Determinante inoltre, il buon esito delle acquisizioni, con l’integrazione ormai compiuta di Baldor e quella più recente di Thomas and Betts che rappresenta, secondo Hogan, “l’esempio tipico della nostra politica di acquisizioni, basata sulla fusione e la valorizzazione reciproca delle due società”. Risultati positivi e stabilità sono stati confermati da Barbara Frei, presidente e amministratore delegato di ABB Italia. “Tutti i mercati ci hanno dato buone ris-

poste - ha spiegato -, con ampie Barbara Frei, presidente e ad di di ABB Italia prospettive verso le nuove strade dei data center e delle smart city. Abbiamo continuato a investire nelle persone”. In Italia ABB è molto presente (anche come produzione), con 28 sedi e circa 6 mila dipendenti. Nel 2012 la società ha registrato ordini per 2.278 milioni di euro, valore allineato al livello di ordinato del 2011 e ricavi per 2.286 milioni di euro, in flessione del 12% rispetto all’anno precedente. Stabile e positiva la redditività. In netta crescita la percentuale sui ricavi da attribuire alle esportazioni, che si assesta intorno al 61%, orientata soprattutto agli Stati Uniti e ai Paesi del Middle East e del Nord Africa. I dipendenti totali in Italia al 31 dicembre 2012 sono 5.928, di cui 5.703 permanenti. Il calo del fatturato, ha dichiarato Frei, “è dovuto in buona parte alle commesse nell’Oil&Gas, che hanno tempi di realizzazione molto lunghi”. Ottima la performance della divisione Process AutoR&D”. “I settori che hanno trainato il mation (+38%), che proprio in Italia si nostro 2012 - ha proseguito - sono stati esprime ad altissimi livelli tecnologici. Il quelli dell’industria di processo, prima tra Country Manager ha tenuto a dire che tutte l’Oil&Gas, il ferroviario, il navale, “il 2% del fatturato viene investito in l’energetico e l’automazione”.

Depositato brevetto italiano

Determinare il valore delle proprietà molecolari

Da sinistra, i ricercatori del CRS4 Pieroni, Valentini e Hofmann

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Tre ricercatori del CRS4 (M. Valentini, D.W.M. Hofmann e E. Pieroni), hanno depositato – con brevetto italiano MI2012A001457 dal titolo ‘Metodo per determinare valori di proprietà molecolari’ - l’invenzione che consente di combinare la massima efficacia e la minima tossicità nella realizzazione di un farmaco. L’idea innovativa è quella di produrre farmaci (ma non solo), interrogando direttamente la natura sui possibili effetti, setacciando tramite calcolatori molto potenti le immense banche dati biologiche e chimiche realizzate dalla comunità scientifica ed industriale negli ultimi venti anni.

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notizie Partnership tecnologica

Accordo fra Foster Wheeler e Shell Foster Wheeler AG ha annunciato che l’Engineering and Construction Group ha firmato con Shell Global Solutions International B.V. un contratto quadro globale. Shell potrà così richiedere supporto a Foster Wheeler nella preparazione della progettazione di base per le seguenti tecnologie Shell: distillazione, idrogenazione catalitica ad alta pressione (hydrocracking), idrotrattamento (hydrotreating), conversione termica, ossido di etilene, gas di pirolisi, cracking catalitico a letto fluido (FCC) e lavaggio fumi con tecnologia CANSOLV. L’accordo ha la durata di cinque anni, con la possibilità di estenderlo per altri cinque. Foster Wheeler ha firmato lo scorso anno con Shell un contratto quinquennale simile, l’Asian Enterprise Framework Agreement, in virtù del quale fornirà servizi di progettazione e project management per i progetti Shell downstream e midstream, in Asia e nel resto del mondo. “Nell’ambito dell’Asian Enterprise Framework Agreement stiamo già lavorando con Shell in una serie di investimenti programmati sia in Asia che altrove e siamo quindi soddisfatti per la firma di un secondo contratto quadro, con il quale forniremo a Shell un ulteriore contributo globale, questa volta in ambito tecnologico”, ha dichiarato Umberto della Sala, president and chief operating Officer, Foster Wheeler AG. “Obiettivo primario è per noi lo sviluppo di relazioni a lungo termine con i propri clienti, i quali possono far leva sulla nostra capacità tecnica, sulla nostra presenza a livello mondiale e al contempo sulla esecuzione puntuale di progetti, a supporto dei loro piani strategici di investimento”.

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Campagna online sui fertilizzanti

Le radici per la crescita ‘Roots for Growth’ è una campagna online per scoprire l’importanza dei fertilizzanti in agricoltura. Questa la nuova iniziativa lanciata in Italia da Assofertilizzanti e promossa in Europa da Fertilizers Europe, l’industria europea dei fertilizzanti, per ribadire il ruolo chiave dei fertilizzanti per un’alimentazione responsabile, efficiente, sostenibile e sicura. La campagna include una serie di materiali online innovativi, consultabili sul sito rootsforgrowth.com, che hanno l’obiettivo di fornire le conoscenze utili al dibattito politico e incoraggiare il dialogo e la discussione sui temi legati alla sicurezza alimentare e alle diverse soluzioni per far fronte all’aumento della popolazione mondiale e del fabbisogno alimentare. “I fertilizzanti – dichiara il presidente di Assofertilizzanti, Francesco Caterini – sono essenziali per aumentare la produttività delle colture, per mantenere la fertilità del suolo, migliorare le condizioni di vita rurali, proteggere gli habitat naturali e ridurre l’impatto ambientale in agricoltura”.

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notizie

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Il rapporto di Dupont

Green Italy 2012

“La sostenibilità è diventata una priorità dettata dal mercato”

Chimico-Farmaceutico, primo settore nell’innovazione verde

“Restiamo concentrati sulla crescita sostenibile”, ha detto Linda J. Fisher, vice president e chief sustainability officer di DuPont, in occasione della presentazione del Rapporto progressivo sulla sostenibilità 2012. “In principio, il nostro obiettivo includeva la sicurezza umana e la tutela ambientale. Più di recente, la sostenibilità è diventata una priorità dettata dal mercato”. Siamo impegnati nelle sfide fondamentali del settore alimentare, energetico e della protezione di una popolazione mondiale in crescita”. DuPont ha destinato 10 miliardi di dollari entro il 2020 per la ricerca e sviluppo nei propri segmenti dell’alimentazione e dell’agricoltura e pianificato il lancio di 4.000 prodotti entro la fine del 2020 per produrre più cibo, migliorare la nutrizione e intensificare la sostenibilità dell’agricoltura a livello globale. Per i programmi di sostenibilità avviati in Italia, Luigi Coffano, amministratore delegato e country leader di DuPont Italiana ha aggiunto: “Un esempio concreto di sostenibilità legato al territorio, lo troviamo nelle attività del nostro business DuPont Crop Protection. Nel 2010 il business ha sviluppato uno strumento che consente agli agricoltori di utilizzare pesticidi e insetticidi solo quando necessario. Le aziende agricole possono quindi applicare gli agrofarmaci solo quando il parassita è effettivamente presente. Gli agricoltori riescono quindi a ridurre in media di 1,5/2 volte per stagione le applicazioni di prodotto, Linda J. Fisher, riducendo così i costi, proteggendo l’amchief sustainability officer di DuPont biente e limitando gli sprechi”.

Quasi una impresa su quattro, il 23,6%, punta sulla green economy per superare la crisi. E il 38,2% delle assunzioni sono in settori verdi dell’economia. Sono alcuni dati contenuti nel rapporto ‘Green Italy 2012’ di Unioncamere e fondazione Symbola, realizzato con il patrocinio dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico presentato recentemente a Roma. Lo studio scatta una fotografia dello stato dell’arte delle eco-imprese italiane, una peculiarità della nostra industria legata alla riconversione in chiave ecosostenibile dei comparti tradizionali, dalla chimica alla farmaceutica, fino all’hi-tech, passando per l’agroalimentare e l’industria tessile ed edilizia, fino ai servizi, senza dimenticare rinnovabili e rifiuti. Per Symbola e Unioncamere si tratta di una rivoluzione verde che attraversa il paese da nord a sud, Alta la propensione allo sviluppo: il 37,9% di queste imprese ha introdotto innovazioni di prodotto o di servizio nel 2011, contro il 18,3% delle sorelle meno verdi. E lo stesso vale per l’export: il 37,4% vanta presenze sui mercati esteri, contro il 22,2% di chi non investe nell’ambiente. I settori più ‘verdi’ sono la manifattura (oltre il 27%) e il terziario (al 21,7%). Spiccano la filiera della gomma e della plastica, la carta, la meccanica e l’elettronica, ma il picco lo tocca il comparto chimico-farmaceutico con il 41%.

Siemens Italia nel 2012

Cala il fatturato, ma crescono le tecnologie green

L’ad Federico Golla

L’esercizio fiscale 2011/12 di Siemens Italia si è chiuso con un fatturato di 2.126 milioni di Euro, in diminuzione del 5,5% e con un ordinato di 2.008 milioni di euro (-12,5%). “Considerando la crisi perdurante e il contesto economico in cui operiamo, la performance dell’anno fiscale 2012 è abbastanza soddisfacente. Nonostante l’andamento al ribasso del fotovoltaico abbia impattato sul settore Energy, e in parte sugli altri settori, archiviamo infatti un anno difficile, ma complessivamente non del tutto negativo, caratterizzato dalla buona tenuta di Industry e dall’ottimo risultato della divisione reti intelligenti”, ha spiegato Federico Golla, amministratore delegato di Siemens Italia, durante la conferenza stampa dello scorso dicembre presso la sede di Milano. Decisamente più roseo, nell’anno fiscale 2012, l’andamento del fatturato derivante dal portfolio ambientale di Siemens è cresciuto del 10% attestandosi a 33 miliardi di euro. I prodotti e le soluzioni ecofriendly del gruppo stanno registrando una crescita più veloce rispetto a quelli relativi agli altri business. Le tecnologie verdi, che sono il principale driver di crescita di Siemens dal 2008, contano ora per il 42% dei ricavi complessivi del Gruppo. Nell’esercizio fiscale 2012, i prodotti e le soluzioni del portfolio ambientale di Siemens hanno permesso ai clienti di ridurre le proprie emissioni di CO2 di 332 milioni di tonnellate, una cifra pari al 40% delle emissioni di gas serra annue della Germania.

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notizie Grazie alla tecnologia Ecofining di UOP ed Eni

La raffineria di Venezia produrrà diesel rinnovabile UOP LLC, una società del gruppo Honeywell ha annunciato che Eni Spa produrrà diesel rinnovabile utilizzando il procedimento Ecofining™ di UOP/Eni presso i propri stabilimenti di Venezia. In un contesto difficile per l’industria petrolifera europea, Eni ha deciso di investire in un progetto innovativo rivolto ai combustibili rinnovabili presso la raffineria di Venezia. Il gruppo ammodernerà gli impianti esistenti della raffineria, dove al momento viene prodotto il diesel derivato dal petrolio, per produrre diesel rinnovabile. “Il progetto dimostra la flessibilità del processo Ecofining™. Oltre ad offrire un sostituto immediato del carburante, consente alle raffinerie di gestire il processo modificando semplicemente gli impianti esistenti che altrimenti potrebbero restare inutilizzati”, ha dichiarato Jim Rekoske, vicepresidente e manager generale della divisione per le energie rinnovabili e i prodotti chimici UOP di Honeywell. Eni progetta, alla fine, di convertire l’intera raffineria di Venezia in una struttura per la produzione di diesel rinnovabile. La tecnologia Ecofining™ sviluppata da UOP ed Eni è un sostituto immediato del diesel tradizionale. A differenza del biodiesel è chimicamente identico al diesel derivato dal petrolio e può essere utilizzato in qualsiasi proporzione nelle cisterne per il combustibile, senza modifiche delle macchine o delle infrastrutture. Questo diesel rinnovabile, che Honeywell ha ribattezzato Green Diesel™ Honeywell, assicura, nel corso del ciclo di vita, addirittura l’80% di riduzione delle emissioni di gas serra rispetto al diesel derivato dal petrolio. Offre anche un’elevata densità energetica e un eccellente rendimento alle basse e alte temperature. Il carburante può essere utilizzato come componente di miscele di alta qualità per gli operatori del settore della raffineria che cercano di migliorare o espandere la loro offerta di diesel. Eni produrrà ogni anno più di 378 milioni di litri di diesel rinnovabile presso gli stabilimenti di Venezia, a cominciare dal 2014.

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attualità

Un’industria sempre più RESPONSABILE

Foto Bayer

di Renato Levi

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L’ industria chimica continua a fare passi da gigante verso un sistema di produzione più rispettoso della sicurezza, della salute e dell’ambiente. Lo dicono i numeri contenuti nel diciottesimo rapporto annuale sul programma Responsible Care, presentato da Federchimica

“L’

industria chimica, oggi, è un insostituibile motore di innovazione per lo sviluppo sostenibile: fornisce, ad esempio, un contributo essenziale agli alimenti lungo tutta la filiera produttiva, alla potabilizzazione delle acque, alla razionalizzazione delle risorse, alle tecnologie ambientali, allo sviluppo di nuove fonti rinnovabili, alla mobilità e all’edilizia sostenibile”. Così scrive il presidente di Federchimica Cesare Puccioni nella presentazione al diciottesimo rapporto annuale sul Responsible Care, l'impegno volontario dell'industria chimica mondiale verso la sicurezza, la salute e l'ambiente. In realtà, secondo Puccioni, lo sviluppo sostenibile non rappresenta solo un obbligo etico nei confronti delle future generazioni, ma anche un modo di ottenere un successo economico duraturo e non in contrasto con la salute dell'uomo e dell'ambiente che lo circonda. Sempre nel rapporto si legge che “la chimica, come scienza e come industria (...) può lavorare ad un continuo miglioramento dell’efficienza e delle performance dei propri prodotti e processi ed allo stesso tempo può costituire la chiave di volta per incrementare la sostenibilità di altri settori e dei consumatori. I prodotti della chimica costituiscono, infatti, le materie prime di innumerevoli settori a valle e possono dunque proporsi come soluzione per le imprese manifatturiere che intendono migliorare la propria efficienza (soprattutto nell’uso di materie prime energetiche e non energetiche, nella produzione di rifiuti

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ed emissioni ecc.) in un’ottica di sostenibilità”. L'impegno dell'industria chimica è ben sintetizzato dalla piattaforma europea Suschem: “La chimica sostenibile riguarda il fare di più con meno: riducendo l'impatto ambientale dei processi e dei prodotti, ottimizzando l'uso delle risorse non rinnovabili e minimizzando gli scarti”. A testimoniare la posizione di avanguardia dell'industria chimica sui temi di sicurezza e ambiente è la data di nascita del programma Responsible Care, avviato dalla CCPA, l'associazione canadese dei produttori chimici, nel 1984, prima ancora, cioè, della stessa 'invenzione' dell'espressione 'sviluppo sostenibile', elaborata per la prima volta da Gro Harlem Brundtland nel suo rapporto 'Our common future', che gli aveva commissionato l'Onu nel 1987. In Italia le aziende chimiche aderenti al Responsible Care sono 167, un campione in realtà significativo dell'ampio universo del settore a livello nazionale, generandone il 57,1% del fatturato. Per poter aderire al programma RC, le aziende devono essere iscritte a Federchimica, di cui rappresentano il 64,5% del fatturato e il 49,4% dei dipendenti delle imprese associate.

Lo sviluppo sostenibile non rappresenta solo un obbligo etico nei confronti delle future generazioni, ma anche un modo di ottenere un successo economico duraturo Cesare Puccioni

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I NUMERI DELLA CHIMICA SOSTENIBILE

TRA I SETTORI CON MENO INFORTUNI L’industria chimica è uno dei settori con i luoghi di lavoro più sicuri. Negli anni 2009, 2010 e 2011 per tutti i settori manifatturieri solo l’industria del petrolio, con un indice di frequenza di 7,2 infortuni per milione di ore lavorate, ha registrato una performance migliore dell’industria chimica, che ha un indice di 11,6, un dato per altro in diminuzione. Ancora meglio sono andate le aziende aderenti a Responsible Care, con un indice di 9,4, contro un valore medio dell'industria manifatturiera che si attesta a 24,9. Inoltre l'incidenza degli infortuni provocati da agenti chimici risulta limitata (6,6%) rispetto alle altre cause. Anche l'indice di gravità degli infortuni della chimica (0,25) è più alto solo di quello del petrolio (0,21), rispetto allo 0,44 di media dell'industria manifatturiera. L'industria chimica si pone ai vertici anche nell'impegno in attività di formazione dei dipendenti. Nel 2010 il 49,7% delle imprese chimiche ha tenuto corsi di formazione, rispetto a una media del 33,2% delle industrie in genere. Solo le public utilities hanno fatto di più. DIMINUITE LE EMISSIONI, MIGLIORATA L'EFFICIENZA L’industria chimica e le imprese aderenti a Responsible Care hanno ottenuto importanti risultati in termini di riduzione dell'impatto ambientale, attraverso una sempre più forte ottimizzazione dei processi e il ricorso alle migliori tecnologie disponibili. “Sebbene ulteriori miglioramenti siano sempre più difficili da raggiungere - si legge ancora nel rapporto - , l’industria chimica raccoglie la sfida continuando ad investire sempre più in processi e prodotti che riducano l’impatto ambientale attraverso lo studio e l’utilizzo di metodologie come la Life Cycle Analysis. D'altronde gli obiettivi contenuti nei principi guida del programma parlano chiaro: ottimizzare l'utilizzo delle risorse, minimizzare la produzione di rifiuti e garantirne il corretto smaltimento, migliorare l’impatto delle proprie emissioni nell’ambiente interno ed esterno all’impresa. Quella energetica è una delle sfide chiave dell'industria chimica che, nel 2010, ha ridotto i consumi del 33% rispetto al 1990, solo in parte dovuto al calo di produzione e consumi. Sempre rispetto al '90 il settore ha migliorato la propria efficienza energetica del 15%, in anticipo sull'obiettivo del 20% per il 2020 imposto dal programma 20-20-20. Secondo i dati Ispra, anche a causa della crisi economica degli ultimi anni, le emissioni di gas serra sono state in Italia 501,3 MtCO2 eq. (milioni di tonnellate di CO2 equivalente) nel 2010 a fronte delle 519,3 del 1990 e delle 574,7 del 2005, anno in cui

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attualità

si registrò la massima emissione. Considerando sia le emissioni derivanti dalla produzione di energia, sia quelle di processo, l’industria manifatturiera è responsabile del 18,6% del totale delle emissioni. Nel 1990 ne emetteva il 24,2% del totale per una riduzione pari a circa 32,4 MtCO2 eq. In questo contesto le emissioni di gas serra dell’industria chimica sono solo il 2,2% del totale mentre nel 1990 erano il 5,9%. La riduzione complessiva è quindi pari a 19,2 MtCO2 eq. L’andamento delle emissioni dirette di gas serra dell’industria chimica, che erano 30,5 MtCO2 eq. nel 1990, nel 2010 sono state 11,3 MtCO2 eq. Ciò significa, in termini assoluti, una riduzione di gas serra di 19,2 MtCO2 eq. pari ad una diminuzione percentuale del 62,9%, ben oltre non solo l'obiettivo del Protocollo di Kyoto per il 2012, ma anche già abbondantemente in linea con quello indicato dall’Unione Europea per il 2020.

Cesare Puccioni, presidente di Federchimica

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I NUMERI DELLA CHIMICA SOSTENIBILE

Nel 2011 le emissioni complessive di gas serra delle imprese aderenti a Responsible Care hanno ridotto le emissioni rispetto al 1990 del 70,9% e quindi anch’esse hanno ottenuto risultati di gran lunga superiori a quanto richiesto dal Protocollo di Kyoto. La riduzione delle emissioni di gas serra da parte dell’industria chimica e delle imprese aderenti a Responsible Care riguarda fondamentalmente due gas: la CO2 derivante da processi di combustione e l’N2O (Protossido di azoto). La CO2 si è ridotta grazie all’incremento dell’efficienza dei processi di combustione ed al miglioramento del mix di combustibili negli usi energetici (sostituzione dell’olio combustibile con il gas naturale). Le emissioni di N2O sono diminuite in maniera significativa a partire dal 2005 (circa 7,4 MtCO2 eq.) grazie ai miglioramenti tecnologici introdotti da due imprese aderenti a Responsible Care. Per quanto riguarda la produzione di rifiuti totali (pericolosi

e non pericolosi), nelle imprese aderenti a Responsible Care nel 2011, la quantità si è assestata a 5.104 kt, in aumento rispetto al 2010 (4.735 kt) e al 2009 (4.079 kt). La produzione di rifiuti degli ultimi anni è stata fortemente condizionata dalle ingenti quantità (3.897 kt nel 2011 pari al 76,4% del

L’industria chimica e le imprese aderenti a Responsible Care hanno ottenuto importanti risultati in termini di riduzione dell’impatto ambientale, attraverso una sempre più forte ottimizzazione dei processi e il ricorso alle migliori tecnologie disponibili

Cosimo Franco, presidente della commissione Responsible Care

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totale) generate da operazioni di bonifica di siti inquinati. Queste attività portano, infatti, alla produzione di grosse quantità di rifiuti, in gran parte non pericolosi (80,4%). L’andamento della produzione di rifiuti al netto delle operazioni di bonifica, ossia quella direttamente legata allo svolgimento dell’attività produttiva svolta nell’anno, è stato invece sostanzialmente stabile nell’ultimo triennio, con un leggero incremento nel 2011, 1.207 kt rispetto alle 1.193 del 2010. Cosimo Franco, presidente della commissione direttiva Responsible Care di Federchimica conclude così: “Le sfide che tutte le imprese devono affrontare oggi si possono vincere solo tenendo in giusta considerazione la dimensione etica dello sviluppo. Responsible Care dimostra che la chimica è sulla strada giusta. Vogliamo proseguire il dialogo trasparente e costruttivo con tutti i nostri principali interlocutori, anche per ribadire il contributo fondamentale dell’industria chimica a una crescita economica ispirata ai principi etici di sostenibilità sociale ed ambientale”.

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Utilizzare la tecnologia wireless qui o lì è una cosa. Ma come è possibile estenderla a tutte le esigenze di processo? Non c’è ancora una tecnologia di cui mi posso fidare.

E’ IMPOSSIBILE

Vedere di più, fare di più ed essere più efficiente con Emerson – il partner più affidabile nelle applicazioni wireless. Emerson è il partner ideale per quanto riguarda la tecnologia Smart Wireless, grazie all’elevato numero di applicazioni e di ore di lavoro, maggiore di chiunque altro nell’industria di processo. La soluzione Smart Wireless include il più ampio range di tecnologie in grado di estenderne l’utilizzo negli impianti. Grazie alla rete a mesh auto-organizzante, Smart Wireless garantisce la massima affidabilità. Per capire come la tecnologia Smart Wireless può aumentare le potenzialità degli impianti, è possibile visitare il sito www.EmersonProcess.com/it/SmartWireless T: +39 0362 2285.1

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I vertici di AssICC con i vincitori dell’ultima edizione del premio Augusta Baggi, dedicati a studenti di istituti tecnici che si sono distinti nello studio della chimica

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Marco Coldani con il predecessore Giorgio Bonetti

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abbiamo incontrato Marco Coldani, presidente di

MARCO COLDANI è da gennaio 2013 il nuovo presidente di AssICC, l’associazione italiana del commercio chimico – Confcommercio, che con le sue imprese associate rappresenta oltre l’80%, per fatturato e numero di addetti, della distribuzione e del commercio chimico nazionale. Succede a Giorgio Bonetti. Nato nel 1958, perito chimico industriale presso l’Istituto Tecnico Ettore Molinari e con due lauree ottenute all’Università degli Studi di Milano, Coldani ha conseguito nel 2011 anche la qualifica di mediatore professionale commerciale civile D.l. 28 4/3/2010. Ha costruito la sua carriera in aziende multinazionali associate ad AssICC. Dal 2009 è in SIMP Spa, società di distribuzione e servizi nel settore petrolchimico.

Il senso ETICO della chimica di Alessandro Bignami

Il nuovo presidente del commercio chimico italiano riflette sui temi del momento: dalla dura selezione imposta dalla crisi ai passi avanti del settore lungo la via dello sviluppo sostenibile. E presenta il Codice Etico, summa dei comportamenti virtuosi che i soci di AssICC devono osservare per rispettare l’uomo e l’ambiente www.tecnoedizioni.com

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abbiamo incontrato Marco Coldani

M

ette l’accento sul senso etico dell’impresa, il nuovo presidente di AssICC Marco Coldani. Non a caso, inizia il suo incarico di presidente dell’associazione italiana del commercio chimico presentando il Codice Etico, un documento che riassume i comportamenti virtuosi che le aziende devono osservare per stare sul mercato in modo competitivo, ma anche e soprattutto per rispettare l’uomo e l’ambiente. Lo incontriamo in una giornata di fine novembre a Milano, negli uffici di Confcommercio, di cui AssICC fa parte. Coldani misura le parole, riflette. Sa che il momento non è facile per nessuno, che il mercato sta dando lezioni impietose a chi non è pronto, a chi non innova, a chi non si differenzia in uno scenario troppo affollato. Al contempo è convinto che la chimica italiana abbia ancora molto da dire e che può tornare a essere protagonista. Iniziamo la conversazione sollecitando le sue considerazioni sul concetto che sta alla base del nostro progetto editoriale: le connessioni fra chimica e sostenibilità ambientale.

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Presidente Coldani, che rapporto corre fra la chimica e l’ambiente? Sulle questioni ambientali gli imprenditori del settore hanno sempre mostrato senso di responsabilità. L’impresa chimica è prevalentemente di dimensioni medio-grandi, quindi con un approccio globale al business, che comprende la capacità di programmare e investire nel futuro. Trattando prodotti pericolosi o ritenuti tali, le aziende hanno adottato precauzioni per attenuare il proprio impatto sull’ambiente. La maggior parte degli imprenditori si è sempre mossa correttamente, non solo per rispettare la legge, ma anche per il senso etico con cui vive il proprio lavoro. Poi a partire dagli anni Settanta, a imporre a tutti il rispetto di certi parametri ci ha pensato una legislazione più severa, soprattutto a livello europeo. Perché l’opinione pubblica è così critica allora? La chimica è chiamata costantemente a riscattare la cattiva fama di industria inquinante e pericolosa. Ma è un’etichetta del tutto gratuita, un retaggio culturale che non ha motivazioni concrete, salvo qualche rara eccezione avvenuta nel passato. Tuttavia, restando in Europa, non si sono mai verificati incidenti gravi. Anzi, da tempo le

statistiche testimoniano che la chimica è fra i settori meno funestati da infortuni sul lavoro. L’impatto sull’ambiente e sull’uomo è molto inferiore a quanto generalmente si pensa. È un problema di comunicazione? La verità è che ancora oggi la chimica non è capita da tutti. C’è chi ne conserva ancora oggi un’immagine ambigua, che sconfina con l’alchimia. La conoscenza scientifica è scarsamente diffusa, talvolta persino tra gli stessi addetti ai lavori. Tutti dovrebbero sapere che la chimica è al servizio dell’uomo, che migliora la qualità della vita, che contribuisce alla sicurezza, alla salute, alla salvaguardia dei cibi e dell’ambiente. Nessun rischio elevato, dunque? Esistono i rischi che si trovano in tutti i processi industriali. Talvolta all’ecosistema può nuocere di più un inconveniente all’interno di un’industria alimentare o tessile, che non in un impianto chimico. Qual è stato il contributo della normativa? Nel tempo le leggi sono diventate sempre più stringenti. Al contempo le imprese del settore sono arrivate ad adottare ulteriori protocolli e regolamentazioni, in alcuni casi su base volontaria, per garantire la tutela anche da quei tipi di rischi che il quadro normativo, per quanto completo, non aveva incluso. Una scelta che ha richiesto ulteriori investimenti? In realtà l’industria chimica ha sempre investito nella sicurezza dei propri processi. Aderire a questi protocolli è un modo per certificare e valorizzare questi risultati. Anche il Codice Etico che avete pubblicato nel 2012 appartiene a tale logica? Sì, con questo protocollo ufficiale abbiamo deciso di codificare comportamenti che, in realtà, sono già rispettati dalle aziende. Aderirvi sarà comunque una condizione necessaria per far parte di AssICC, dato che il Codice Etico diventa un regolamento del nostro statuto. Il Codice è frutto di due anni di lavoro, che ha coinvolto comitati della nostra associazione, tecnici e legali di Confcommercio e la Camera di Commercio che ha condotto l’ultima revisione, garantendo alla fine il proprio patrocinio e il supporto alla divulgazione. Qual è il cuore di questo documento? I concetti chiave alla base della stesura sono stati ancora una volta la

CODICE ETICO: AL CENTRO SALUTE, SICUREZZA E AMBIENTE Riportiamo integralmente la parte seconda del Codice Etico realizzato da AssICC in coordinamento con la Camera di Commercio di Milano. È la sezione dedicata ai temi chiave della sicurezza, della tutela dell’ambiente e della qualità dei prodotti. SICUREZZA NELLA PRODUZIONE E TUTELA DELLA SALUTE E DELL’AMBIENTE. Le Imprese Associate porranno in essere e promuoveranno tutte le azioni necessarie o utili per perseguire obiettivi di massima sicurezza, salubrità e tutela dell’ambiente, impegnandosi a: migliorare le pratiche aziendali sotto il profilo del rispetto della salute, della sicurezza e dell’ambiente; cooperare con i propri fornitori e clienti per evitare danni

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alla salute umana ed all’ambiente, e garantire la sicurezza; accrescere la conoscenza dei propri dipendenti in materia di salute, sicurezza e ambiente; svolgere un ruolo propositivo e fornire una collaborazione attiva alle autorità e a tutte le organizzazioni competenti per lo sviluppo di una legislazione tesa alla protezione della salute umana, alla sicurezza e al rispetto dell’ambiente. Le imprese associate sono vivamente invitate ad aderire ai Principi Guida delineati nel Programma Responsible Care promosso e coordinato in Italia da AssICC, per il settore della distribuzione, con l’obiettivo di diffondere pratiche aziendali rispettose della salute, della sicurezza e dell’ambiente nel settore della Distribuzione Chimica Italiana. SVILUPPO SOSTENIBILE. Le Imprese Associate, al fine di perseguire e promuovere uno sviluppo sostenibile, nello svolgimento delle loro attività sono, inoltre, tenute a: garantire che i prodotti immessi sul mercato/distribuiti non abbiano effetti nocivi per la salute umana e/o animale e/o per l’ambiente, vietati ai sensi delle disposizioni di legge applicabili; fornire alle competenti Autorità nazionali, nel modo

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La maggior parte degli imprenditori chimici si è sempre

sicurezza, la tutela della salute e dell’amCome vede il futuro della chimica biente. Si parla insomma di sviluppo somossa correttamente, non solo in Italia? stenibile e di rispetto dell’uomo, che sia La chimica di base ha davanti a sé lavoratore o cittadino. per rispettare la legge, ma anche un futuro difficile, come lo è quello In che modo state promuovendo il dell’intero quadro economico. Il setResponsible Care, il programma per il senso etico con cui vive il tore è coinvolto in pieno dal calo dei mondiale dell’industria chimica su consumi iniziato nel 2007 e dalla consicurezza e ambiente? proprio lavoro seguente riduzione della produzione Ne siamo grandi sostenitori fin dall’inizio. industriale. È necessario rimettersi Abbiamo sempre cercato di informare e in gioco e offrire proposte nuove al stimolare i nostri associati, almeno quelli che hanno le caratteristiche mercato. Quando la crisi è globale è difficile trovare valvole di per farne parte. Circa il 60% di questi ha già aderito al programma. sfogo. Compensare con l’export o altre strategie non basta più. Cosa pensa invece del Reach? La chimica ha però molti strumenti a sua disposizione, come la Il regolamento europeo per la valutazione e la registrazione delle socapacità di reinventarsi continuamente e di rappresentare un setstanze chimiche ha effetti pesanti sul settore, anche per via della diffitore ormai indispensabile al mercato globale. cilissima congiuntura attuale. Sta richiedendo alle aziende un grande Su cosa deve puntare oggi il settore? sforzo in termini di risorse umane ed economiche. C’è un passo del nostro codice etico che lo spiega bene, citando la riServirà all’industria chimica europea? cerca, la sperimentazione e l’aggiornamento professionale. Concetti Sotto il profilo della sicurezza sarà senz’altro un ulteriore passo avanstranoti, certo, ma non banali. Tanto che in Italia, dove sono sempre ti. Ma questo non basterebbe a giustificare un impianto legislativo stati seguiti poco, salvo rare eccezioni, la chimica è regredita. Chi così complesso e oneroso. L’orizzonte del Reach è in realtà globale, sperimenta emerge, a volte fino a diventare il punto di riferimento non si limita alla sicurezza. Dunque è necessario capire dove ci pordella propria specialità. Chi invece si fa trainare finisce per arrendersi terà l’onda lunga avviata da questo regolamento. Siamo all’inizio. o venire assorbito. Per ora quali conseguenze ha notato? La scuola può giocare un ruolo importante? Si è già verificato un parziale riordino dei prodotti presenti sul merEssenziale, direi. Nonostante l’inasprirsi della crisi e l’aumento della cato. Ci sono meno ridondanze a tutti i livelli: prodotti, molecole, disoccupazione, in Italia si fa ancora fatica a trovare giovani chimipersino aziende ormai non possono più rappresentare dei ‘doppioci. La chimica è una materia complessa, che difficilmente attrae i ni’. Non c’è più lo spazio per tutti, soprattutto per chi non ha un ragazzi. Diventa prioritario comunicare loro l’importanza di questo ruolo precipuo. Sta avvenendo una selezione molto dura, quasi una percorso formativo e le opportunità professionali che offre. Qualcoepurazione della specie. Se si tratta di un processo positivo o meno, sa sta già cambiando, però. Anche le famiglie, prima dubbiose sugli lo vedremo solo nei prossimi anni. sbocchi di questa scienza, si sono accorte della velocità con cui molti Sono molte le aziende italiane che hanno sofferto per adegiovani riescono a inserirsi nel mondo del lavoro dopo il diploma o guarsi al Reach? la laurea in chimica. Sì, certo. C’è chi ha preferito addirittura chiudere, giudicando La chimica tornerà ad avere un ruolo di prestigio in Italia? troppo oneroso il procedimento per registrare alcune sostanze. Lo ha avuto e dovrà tornare ad averlo. Può essere la protagonista del Ancora una volta il nostro paese ha dovuto fare i conti con un riscatto della nostra economia. In qualsiasi settore, la chimica può sistema industriale troppo polverizzato. creare la soluzione innovativa.

più completo e chiaro possibile, tutte le informazioni necessarie per ottenere le autorizzazioni per la produzione e/o immissione in commercio e/o vendita dei prodotti chimici. RICERCA, SPERIMENTAZIONE ED AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE. Le Imprese Associate si impegnano a rispettare e a collaborare con i propri fornitori affinché vengano rispettate tutte le disposizioni di legge vigenti in materia di ricerca, sperimentazione e sviluppo e si impegnano a garantire che le modalità d’uso dei prodotti commercializzati, le informazioni e la documentazione fornita riflettano i risultati delle prove e delle valutazioni effettuate. Infine, le Imprese Associate si impegnano a: garantire e promuovere un’adeguata formazione ed un aggiornamento costante dei propri dipendenti e collaboratori; promuovere e sostenere i progetti di formazione organizzati da AssICC o da altre associazioni e/o Enti per favorire un corretto utilizzo dei prodotti chimici e sensibilizzare a tale riguardo gli utilizzatori. GARANZIE DI QUALITÀ – ETICHETTATURA, CLASSIFICAZIONE, IMBALLAGGIO, TRASPORTO E STOCCAGGIO. Al

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fine dell’immissione in commercio e della vendita/distribuzione di prodotti chimici, le Imprese Associate si impegnano al puntuale rispetto di tutte le disposizioni normative vigenti in materia di classificazione, etichettatura, imballaggio, trasporto e stoccaggio dei prodotti chimici. Le Imprese Associate si impegnano, altresì, a promuovere, anche attraverso un’adeguata attività d’informazione dei propri trasportatori, l’adozione di misure di sicurezza destinate ad assicurare che i trasporti di prodotti chimici avvengano utilizzando personale qualificato e veicoli idonei al trasporto di tali prodotti e in regola con la normativa vigente. DISTRIBUZIONE E VENDITA. Le Associate, fermi restando gli obblighi di legge in materia di autorizzazione alla commercializzazione dei prodotti chimici, ivi inclusi in particolare gli obblighi in tema di autorizzazione al commercio ed alla vendita, si impegnano a: porre in essere metodi di commercializzazione e distribuzione sicuri; fornire il massimo supporto alle Autorità competenti al fine di evitare o contenere fenomeni di importazione illegale, ricettazione o contraffazione di prodotti chimici.

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Questione di chiarezza 24

di Alessandro Bignami di Alessandro Bignami

Chiacchierata con Roberto Bea sul ruolo della filtrazione nel trattenimento dei contaminanti dal prodotto finale e sul contributo dei sistemi filtranti alla sostenibilità dell’industria chimica, dove favoriscono il riutilizzo di acqua e solventi impiegati nel processo

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BEA Technologies

protagonisti

Cartucce filtranti

“D

La camera bianca nello stabilimento di Pero (Milano)

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a quasi 20 anni in Italia manca una seria programmazione industriale”. È questo, secondo l’ingegner Roberto Bea, uno dei problemi fondamentali per l’economia del nostro paese, che sta affrontando la crisi peggiore degli ultimi decenni. “Dall’inizio della seconda repubblica lo sviluppo dell’industria ha destato poco l’interesse dei governi che si sono succeduti, i quali non hanno saputo prendere decisioni utili a ottenere risultati a lungo termine. Oggi ne subiamo le drammatiche conseguenze”. Un’opinione significativa, espressa dal dirigente di una delle numerose PMI italiane che hanno contribuito al successo della meccanica italiana a partire dagli anni Sessanta. Bea Technologies spa, fondata nel 1961 con il nome di Bea Filtri, progetta e costruisce filtri e sistemi per il trattenimento sia di particelle che di microorganismi separandoli da liquidi, aria e gas. “All’estero si sono mossi diversamente - continua l’ingegnere, che è il presidente del Consiglio di amministrazione -. Diversi paesi, per esempio, hanno scelto di puntare sulla ricerca in diversi settori, fra cui quelli delle tecnologie dei materiali e dell’industria farmaceutica. Una strategia che ha preso corpo grazie alla creazione di parchi tecnologici che sono in grado di offrire condizioni vantaggiose per le aziende che fanno R&D. Al contrario, in Italia i fondi destinati alla ricerca diminuiscono. Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, per citare qualche esempio, sfruttano la ricerca al fine di creare opportunità produttive e di lavoro. L’Italia, pur vantando una pregevole tradizione nella ricerca universitaria, accusa la mancanza di un anello di congiunzione con quella applicata, quella cioè destinata a fare la differenza in termini di innovazione. Dalle sperimentazioni in laboratorio devono poi concretizzarsi soluzioni per le esigenze di tutti i giorni. Il percorso ideale passa da queste tappe: ricerca pura, ricerca applicata, produzione industriale. L’Italia, insomma, deve decidere su quali settori strategici puntare”. Oltre a un’emergenza industriale, il nostro paese sta vivendo una grave crisi ambientale. “Non è serio - sostiene Bea - affrontare il problema della gestione e dello smaltimento dei rifiuti semplicemente attraverso le licenze per l’ampliamento delle discariche attuali, mentre viene bloccata la costruzione di nuovi centri di riciclaggio e di termovalorizzatori. Così non ci resterà che inviare i nostri rifiuti in Nord Europa, dove vengono bruciati e trasformati sapientemente in energia. Sembra che il nostro paese agisca solo di fronte all’emergenza. Bisognerebbe cominciare, come altrove in Europa, a imporre il confezionamento dei prodotti con materiali riciclabili e bruciabili senza ricadute sull’ambiente. O, ancora, sfruttare le potenzialità delle nostre regioni meridionali nella produzione di energia di origine eolica o solare”. Ancora una volta, insomma, è una questione di programmazione. Queste le parole di chi vive tutti i giorni le difficoltà del sistema industriale italiano, offrendo al contempo un esempio virtuoso basato su proposte tecnologiche innovative, ma anche su una visione etica del lavoro. “L’etica in azienda è soprattutto una questione di rapporti fra le persone, che devono essere imperniati sul rispetto e sull’onestà intellettuale”, dichiara Bea.

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protagonisti

Bea Technologies

Il nostro obiettivo è ottenere dal filtro la massima prestazione nel trattenimento del contaminante da 26

separare e garantire così il livello di purezza richiesto Roberto Bea, presidente del Cda di BEA Technologies

SPECIALISTI DELLA FILTRAZIONE “Compito primario della filtrazione è quella di trattenere tutti i contaminanti, le particelle indesiderate e l’eventuale presenza di residui, in modo da ottenere prodotti che rispettino i parametri di torbidità e chiarezza necessari per lo stoccaggio e la vendita - dice l’ingegner Bea, riflettendo sull’idea fondamentale alla base della filtrazione -. Le particelle che non vengono trattenute finiscono per precipitare sul fondo del serbatoio o della confezione, rovinando Sterile Air Line

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l’immagine del prodotto, sia che si tratti di vino o di un detergente”. La filtrazione ha un ruolo essenziale nell’industria chimica, per esempio nella lavorazione dei polimeri, in particolare nella fase liquida. “Essa consente di separare i vari agglomerati che si formano durante la lavorazione _ descrive Bea - . Parametro chiave è la torbidità, causata dalle particelle di dimensione comprese tra 1 e 10 micron, che danno luogo alla rifrazione della luce, causando opacità e perdita di trasparenza nel prodotto, in modo simile a quanto accade con il pm10 nell’aria”. Nel tempo Bea Technologies, che inizialmente si occupava di filtrazione di aria e gas, ha esteso il suo raggio d’azione alla filtrazione per liquidi. Dal 1981 si è rivolta anche all’industria alimentare e farmaceutica, con la costruzione di una camera bianca in occasione del trasferimento nell’attuale sede di Pero, nell’hinterland di Milano. Nel 1984 ha cominciato a produrre filtri sterilizzanti a membrana. L’azienda, inoltre, progetta e realizza sistemi di filtrazione per le acque di processo, fornendo filtri a controlavaggio per impianti chimici e petroliferi, o per le torri di raffreddamento, dove l’acqua viene continuamente rimessa in circolo e riutilizzata. Il 2004 è stato un anno di svolta. Cambiarono il nome e l’approccio al mercato internazionale, che acquisì maggiore importanza. “La parola ‘filtri’, nella vecchia ragione sociale, diceva poco ai nostri interlocutori stranieri. Inoltre, la temporanea partecipazione al gruppo statunitense Esco Technologies ci convinse a ribattezzarci con il nome di Bea Technologies. Da allora abbiamo dedicato più attenzione ai mercati extraeuropei, allacciando relazioni importanti soprattutto in Europa, Asia, Sudamerica e Medio Oriente. Oggi circa il 50% del fatturato viene generato dalle esportazioni”. Anche quello russo è un mercato di grande interesse. Lo scorso agosto, Bea Technologies ha consegnato una serie di filtri per una società russa che, su licenza di Versalis (Eni), ha avviato un impianto dedicato alla produzione di stirene. “Le industrie petrolchimiche e le raffinerie russe, visto che ambiscono a essere protagonisti dello scenario internazionale, stanno facendo grandi sforzi per adeguarsi alle normative del mercato europeo, con cui devono per forza confrontarsi”, commenta Bea. La società è organizzata in tre divisioni: una si occupa di Oil&Gas e filtrazione chimico-industriale, una di filtrazione di aria e gas Solinox

Poral Inox

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compressi e una di microfiltrazione per i settori alimentare e farmaceutico. La produzione dei filtri avviene in camera bianca certificata. Per rispettare i requisiti di GMP (Good Manufacturing Practice), la produzione è in ambiente ad atmosfera controllata e monitorata in continuo da sistemi informatizzati. Nello stabilimento di Pero, articolato in tre edifici su un’area complessiva di 12.000 m2, si trovano due camere bianche per la produzione di sistemi filtranti a membrana per uso farmaceutico e alimentare. Nella progettazione di un elemento filtrante non è soltanto la tecnologia in sé a richiedere la grande considerazione, ma anche il contesto in cui esso viene applicato. L’elemento filtrante vero

27 Impianto di Filtrazione gas

La filtrazione contribuisce al recupero delle soluzioni madri e dei solventi, riducendo così le sostanze da smaltire nell’ambiente e proprio viene montato, infatti, in un contenitore a pressione, che serve a contenere il fluido da filtrare. “Il filtro deve essere inserito in un impianto, rispettandone le caratteristiche specifiche - spiega l’ingegner Bea -, a partire dal rispetto delle normative fino al controllo dei materiali e del processo di costruzione dei contenitori. L’obiettivo è ottenere dal filtro la massima prestazione nel trattenimento del contaminante da separare e garantire così il livello di purezza richiesto per il gas o il liquido che deve essere filtrato. La filtrazione diventa sempre più fine ed esigente avanzando lungo le diverse fasi del processo, fino al prodotto finale da confezionare”. La filtrazione gioca un ruolo importante anche in funzione della sostenibilità ambientale dell’industria chimica. Consente infatti di incrementare il più possibile il volume di acqua riutilizzabile nel processo, ma anche e soprattutto di recuperare soluzioni madri e solventi, riducendo così le sostanze da smaltire nell’ambiente. Ad avvantaggiarsi del riciclo di acqua e di solventi non è solo l’ecosistema ma anche la stessa azienda chimica che risparmia sulle risorse impiegate nel processo. FILTRI AD ALTE PRESTAZIONI Mantenendo un approccio sensibile alla riduzione dei materiali

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filtranti esausti da smaltire, BEA Technologies sta realizzando una serie di filtri autopulenti automatici, i Filtromatic HP, in grado di rigenerarsi automaticamente, e di particelle di contaminante fino alla dimensione di 15-20 micron. Questi filtri sono dotati di un quadro elettrico che permette di gestire le funzioni del filtro e di attivare la partenza del ciclo di rigenerazione quando la prestazione del filtro diminuisce a causa dell’accumulo di contaminante sulla sua superficie. Inoltre è disponibile una serie di elementi filtranti a grande superficie che permettono di separare ed accumulare il contaminante trattenuto per un lungo periodo prima di rendere necessaria la sostituzione delle cartucce. Si tratta degli elementi filtranti Magnex e Granfiter, che hanno una superficie filtrante fino a 10 m2, pieghettata all’interno dello stesso elemento filtrante con una capacità di accumulo di 10 kg di particelle solide. Per gli impianti chimici la BEA Technologies propone gli elementi filtranti Polixster, che sono realizzati completamente in poliestere per il contatto con gli olii ed i fluidi che provocano il rigonfiamento o il danneggiamento delle più comuni cartucce in polipropilene. ”Questi elementi sono molto robusti e hanno dato ottimi risultati nella filtrazione di alcuni intermedi chimici particolarmente impegnativi”, spiega Roberto Bea.

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protagonisti

Bea Technologies

Filtromatic per la filtrazione dell’acqua di mare

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Filtromatic SM

BEA Technologies produce inoltre una serie completa di elementi filtranti metallici, costruiti in acciaio inossidabile, per la filtrazione di prodotti viscosi o di soluzioni aggressive o di fluidi e gas caldi dove il materiale polimerico non è consentito. Alcune cartucce come Solinox e Steelpore sono poi facilmente pulibili e rigenerabili per immersione in soluzioni di acidi e solventi per cui possono essere riutilizzate per molti cicli di filtrazione. In particolare, questi elementi filtranti sono utilizzati nei

Sistema filtrante Duomatic

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processi di produzione di molte materie plastiche per trattenere gli agglomerati che si formano e che interferiscono con le specifiche di qualità ed accettabilità del prodotto. Per l’industria chimico-farmaceutica l’azienda realizza anche elementi filtranti con membrana di Nylon e Polietersulfone, che consentono una filtrazione fino alla soglia di 0,1 micron, trattenendo anche i batteri di dimensioni più piccole fino alla sterilità dei liquidi che poi sono impiegati nel processo farmaceutico. In questi ultimi 15 anni BEA Technologies ha continuato ad aumentare la sua presenza presso le industrie farmaceutiche, fino a fornire linee complete di filtrazione per impianti di fermentazione di società multinazionali. Tuttora sta estendendo i suoi contatti nel mondo. ”Questi traguardi - afferma l’ingegnere - hanno richiesto investimenti nella ricerca di prodotti, materiali e soluzioni innovative, attraverso una continua attenzione al miglioramento del prodotto”. Il virtuoso percorso è stato consentito anche dall’evoluzione delle attrezzature di laboratorio e di ricerca che includono contatori a raggio laser, sistemi per la produzione di aerosol calibrati, impianti per eseguire la ‘challenge batterica’ sugli elementi filtranti a membrana. I risultati di queste ricerche sono stati utilizzati per completare le “Validation Guide”, che illustrano tutti i dati necessari a caratterizzare l’elemento filtrante per l’utilizzo nell’industria farmaceutica o nelle applicazioni critiche dove il livello di rilascio da parte dei materiali costituenti il filtro devono essere al minimo dei valori richiesti dalle normative attuali. Oltre al semplice rilascio di fibre deve essere controllata la quantità degli estraibili chimici e la tossicità dei materiali per garantire a chi dovesse utilizzare il filtro la massima neutralità dello stesso nei confronti della soluzione da filtrare. BEA Technologies ha come obiettivi la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie di filtrazione in modo da offrire il massimo delle prestazioni con il minimo impatto ambientale e la riduzione dei livelli di contaminazione e di inquinamento nei processi chimici e farmaceutici. “Inoltre la costante attenzione alle esigenze del cliente è il fattore che viene maggiormente apprezzato da chi deve gestire la filtrazione giornalmente e che trova in noi un partner affidabile e disponibile”, conclude Bea.

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L’evento

Green chemistry e bioraffinerie nell’Italia del RINASCIMENTO VERDE di Lucia Butti

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Rimini si conferma il principale polo espositivo per le tecnologie green. Grande attenzione al tema delle bioraffinerie: un’opportunità per riportare la chimica italiana ai vertici europei

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U

n mondo più ‘eco’ è possibile. Non solo. È probabilmente il trend che consentirà il rilancio dell’economia italiana. È questo lo scenario emerso all’ultima edizione di Ecomondo, lo scorso novembre. Una strategia destinata a cambiare radicalmente la fisionomia della produzione industriale italiana. Fra i perni di questa nuova era, che qualcuno ha chiamato il rinascimento verde, ci saranno la green chemistry e le bioraffinerie. Nonostante il difficilissimo periodo, la fiera ha dato buoni risultati in termini di partecipazione. Sono stati 84.351 i visitatori professionali, con un aumento dell’11% rispetto al 2011. È il riconoscimento ad un polo espositivo al servizio della crescita economica del sistema industriale italiano, certificato dallo svolgimento, proprio nelle giornate riminesi, degli Stati Generali della Green Economy, fortemente voluti dal ministero dell’Ambiente e coordinati dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile. Ecomondo, Key Energy e Cooperambiente hanno aggiunto la rappresentazione di un sistema industriale solido, con oltre 1.200 imprese che nei 16 padiglioni hanno proposto un campionario di soluzioni tecnologiche a dimostrazione di vitalità e competitività su scala internazionale. Sale ancora il profilo internazionale, con l’incremento del

sentazione di casi studio e di modelli di gestione ambientale, esaltando la nuova cultura ecologica che si sta affermando. Il rifiuto è ormai considerato una risorsa per l’estrazione di una nuova materia prima. Pensiamo innanzitutto alla ricchezza contenuta nei rifiuti elettronici. Bisogna cercare di moltiplicare i modelli virtuosi, ma è un processo ormai inarrestabile”.

IL CLUSTER DELLA CHIMICA VERDE Introducendo la conferenza Andrea Bianchi del ministero dello Sviluppo eco‘Raffinerie chimiche verso nomico Bioraffinerie: una strategia possibile per il rilancio delopportunità di lavoro qualificato, “ma è la chimica in Italia?’, Andrea Bianchi del necessario recuperare il terreno perso in ministero dello Sviluppo economico ha Europa negli ultimi 10 anni”. Intanto l’indefinito la chimica verde strategica “perché può restituire alla nostra chimica, che dustria chimica, ha aggiunto “il merito di per decenni è stata punto di riferimento in aver abbassato molto i consumi energetici Europa, un ruolo da protagonista a livello a parità di volumi produttivi e di essere in internazionale: siamo di fronte a un ‘rinatesta alla classifica per il minor numero di scimento’ della chimica italiana”. Raffaeincidenti sul lavoro: anche questo significa le Liberali, del ministero dell’Università e fare chimica sostenibile”. Ferrari inoltre della Ricerca, ha ricordato la nascita del ha spiegato l’importanza di velocizzare le cluster della chimica verde, “non a caso procedure per l’apertura di nuovi impianti il primo dei bandi istituiti dal Miur per lo e ha ribadito la centralità del cluster della sviluppo e il potenziamento di chimica verde che certifica finalmente “un cluster tecnologici nazionali”. approccio nazionale e non più individuaSta accadendo qualcosa di L’obiettivo dell’iniziativa è la le al settore”. È seguito poi l’intervento di promozione delle bioindustrie Catia Bastioli, amministratore delegato di importante, che va verso l’integrazione europee a basse emissioni di Novamont: “Sta accadendo qualcosa di carbonio, efficienti sotto il importante, che va verso l’integrazione di di chimica, agricoltura e ambiente profilo delle risorse, sostenichimica, agricoltura e ambiente. Si tratta bili e competitive, lo sviluppo di una sfida culturale e sociale, oltre che indi bioraffinerie che utilizzano dustriale, che può far ripartire l’economia Catia Batioli, amministratore delegato di Novamont italiana, un’opportunità che non tutti i paesi biomassa, rifiuti biologici e hanno. Su questo l’Italia è più avanti degli biotecnologici sottoprodotti altri”. Bastioli ha fatto notare che sul suolo derivati dalla produzione prinazionale sono 24 milioni le tonnellate di maria e l’apertura di nuovi biomasse potenzialmente utilizzabili. mercati. I soggetti promotori Guido Ghisolfi ha sottolineato i forti investisono Federchimica, Chemtex menti che il gruppo Mossi e Ghisolfi, di cui Italia (Gruppo Mossi e Ghisolè vicepresidente, sta dedicando al settore, in fi), Novamont e Versalis (Eni). particolare attraverso la società Beta ReneChistian Patterman, consuwables che ha sviluppato gli impianti per lente del governo tedesco, ha la produzione di biocarburanti di seconda sottolineato le “grandi opporgenerazione. “Si tratta di creare produzioni tunità offerte dallo sviluppo non alternative ma aggiuntive alla chimica delle scienze biologiche e delle tradizionale. Il Paese creda più in se stesso: nanotecnologie e dalla crescita siamo noi italiani che abbiamo posto le basi della bioeconomia”. “Si attendella chimica europea, non dimentichiamo de un incremento poderoso che siamo gli eredi di Rubbia, Fermi e Nat- ha continuato - dei prodotta. Abbiamo grandi risorse, a partire dalla ti chimici bio-based. Oggi il 10,4% del numero dei visitatori stranieri. qualità e dalla quantità dei nostri ricercatoprocesso è ancora costoso: la riduzione dei Molto intenso il programma dei seminari ri”. Alla prossima edizione dei saloni di Ricosti dovrà avvenire soprattutto su materie e alto il livello contenuti scientifici proposti mini Fiera, che si svolgerà dal 6 al 9 novemprime e agenti catalizzatori. In Europa ci dai circa 1.000 relatori coinvolti. “Gli oltre bre 2013, in virtù dell’accordo siglato con sono già un’ottantina di bioraffinerie attive. 150 convegni – ha commentato il professor Anfia-Sezione Veicoli per Servizi Ecologici, È una rivoluzione che va raccontata alla Luciano Morselli, coordinatore scientifico di gente”. Daniele Ferrari, amministratore tornerà SAL.VE Salone dei veicoli ecologiEcomondo 2012 – hanno seguito lo schema delegato di Versalis (Eni) e vicepresidenci. Aprirà anche la sezione Key Wind, decollaudato, con sezioni tematiche che hanno te di Federchimica, ha ricordato che uno dicata all’energia eolica, grazie all’accordo contribuito all’aggiornamento della ricerca dei punti di forza della chimica è quello di fra Rimini Fiera e Anev (Associazione naindustriale e all’innovazione, grazie alla precollegare la scienza all’industria e di dare zionale energia del vento). www.tecnoedizioni.com

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dai convegni di

BIOGAS: una risposta contro l’effetto serra La produzione elettrica e termica per mezzo dell’utilizzo di biogas derivante dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani permette la riduzione delle emissioni inquinanti in atmosfera e di migliorare la gestione dei rifiuti. Particolarmente innovativa è la tecnologia a celle a combustibile ad ossidi solidi, tra le più efficienti per la conversione di miscele combustibili in energia Davide Papurelloa,b (davide.papurello@ polito.it), Andrea Lanzini1, Massimo Santarellia, Silvia Silvestrib Politecnico di Torino, DENERG dipartimento di energia Torino b Fondazione Edmund Mach, Unità biomasse ed energia rinnovabile San Michele a/A (Trento) a

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Al fine di ridurre le emissioni di gas ad effetto serra in atmosfera, tra le varie soluzioni proposte una strada di crescente interesse è centrata sui seguenti elementi: utilizzo di combustibili secondari da fonte rinnovabile, produzione locale di energia in impianti di cogenerazione elettrica e termica di piccola taglia (5-100 kWe) distribuiti sul territorio. Questo percorso energetico si pone in accordo con gli obiettivi stabiliti dal protocollo europeo clima ed energia EU 20-2020, il quale prevede di ridurre l’utilizzo di combustibili fossili non rinnovabili e la dipendenza energetica dai paesi produttori di petrolio, e di incrementare la valorizzazione delle risorse presenti sul territorio [1][2]. Il processo di digestione anaerobica a secco della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), rappresenta una valida opportunità per la produzione di un combustibile rinnovabile da impiegare in sistemi di produzione distribuiti sfruttando la rete nazionale del gas naturale. In molti paesi europei tra cui Svizzera, Svezia e Germania l’iniezione in rete del (bio)metano, ovvero biogas a cui viene sottrata la quota di CO2, è una realtà oramai assodata. La composizione tipica del biogas ottenuto dal processo di conversione microbico in condizioni anaerobiche è di 50-60% vol. CH4, 30-50% vol. CO2 e numerosi composti organici volatili (COV) in traccia, principalmente composti dello zolfo e del cloro funzione della biomassa di partenza caricata nel di-

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gestore [3]. In alternativa all’immissione in rete, il biogas può essere utilizzato tal quale per produrre energia elettrica e/o termica. Questa opzione è valida soprattutto in caso di una limitata disponibilità di gas, per cui l’autoproduzione di energia da biogas risulta attraente per il produttore stesso di biogas. Lo stato dell’arte per la generazione di potenza elettrica da biogas è basato su macchine termiche che sfruttano la reazione di combustione (motori a combustione interna, turbine a gas, microturbine, motori Stirling). Dispositivi alternativi che evitano la reazione diretta di ossidazione del metano e si basano su reazioni elettrochimiche redox sono sistemi a celle a combustibile ad alta temperatura [2]. In particolare, la tecnologia delle celle a combustibili ad ossidi solidi (solid oxides fuel cell, SOFC) è tra le più efficienti per la conversione di miscele combustibili non solo di H2, ma anche di CO e CH4. Specialmente per sistemi di generazione di piccola taglia alimentati a biogas (5-100 kWel), la conversione in energia elettrica è relativamente bassa per i sistemi tradizionali; infatti possiamo rilevare dalla tabella sia le turbine a gas che i motori alternativi si attestano intorno ad efficienze elettriche del 25-35%. La maggiore efficienza di conversione elettrica e termica delle celle a combustibile permette di raggiungere efficienze cogenerative elevate che si attestano su valori pari all’85-90%, ma il dato significativo è quello per cui più della metà dell’energia prodotta è da imputare alla quota elettrica. I generatori a celle a combustibile ad ossidi solidi sono costituiti da singole celle connesse tra loro in serie in modo da formare uno stack di potenza variabile a seconda del numero di elementi collegati tra loro. Impianti di celle a combustibile con potenze elettriche fino a 100 kW sono attualmente disponibili. Una sin-

gola cella a combustibile ad ossidi solidi è composta essenzialmente da tre strati attivi: un elettrodo anodico poroso lato fuel (materiale Ni-YSZ) con funzione elettrocatalitica per la reazione anodica (semi-reazione anodica; H2 2H+ + 2e-); uno strato di elettrolita denso con funzione di separazione elettrica e chimica tra anodo e catodo e per il trasferimento degli ioni O2- da catodo ad anodo, ed infine un elettrodo catodico poroso all’agente ossidante (in genere aria atmosferica), in cui lo ione ossigeno è prodotto e condotto verso l’anodo (semi-reazione catodica: O2 + 2eO2--), mentre gli elettroni derivanti dalla ossidazione delle molecole di combustibile anodico fluiscono esternamente producendo una corrente elettrica sfruttabile dal carico esterno. Gli ossidi solidi operanti a temperature elevate (600-800°C) permettono la conduzione ionica e non molecolare dei gas, garantendo un’elevata prestazione grazie alla conversione diretta dell’energia chimica contenuta nel combustibile in energia elettrica. Oltre a possedere i rendimenti elettrici più elevati, la tecnologia che sfrutta le celle a combustibile consente l’utilizzo di combustibili gassosi con elevato contenuto di CO2 (ovvero con scarso o comunque ridot-

Tabella 1- SISTEMI DI PRODUZIONE DI ENERGIA - EFFICIENZA ELETTRICA SISTEMA MOTORE ALTERNATIVO TURBINA A GAS TURBINA A GAS MICROTURBINA GAS MOTORE STIRLING TURBINA ORC1 SISTEMA SOFC

EFFICIENZA DI CONVERSIONE ELETTRICA % 0.34 0.36 0.16 0.28 0.06 0.12 0.50

[4] (2-70kW) [5] (40MWe) [6] (1-12MW) [7] (30-200kWe) [8] (1-100kWe) [7] (300kWth) [9] (0.5-70kWe)

1

Organic Rankine Cycle

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to poter calorifico) altrimenti mal tollerati da altri sistemi come ad esempio motori a combustione interna (la cui efficienza risente fortemente della diluizione del metano). Test di laboratorio hanno evidenziato alte rese elettriche di conversione inviando in cella miscele gassose 30/20-70/80% CH4CO2. Già a taglie di potenza ridotta (1-20 kWel), l’efficienza elettrica presenta valori ragguardevoli (>del 50%), i quali possono essere incrementati considerando l’efficienza globale del sistema ovvero sfruttando la produzione di calore derivante dalle reazioni irreversibili che si sviluppano nel generatore elettrochimico. Alcuni studi hanno dimostrato come tra l’altro l’alimentazione diretta del biogas in cella, attraverso un reforming interno del combustibile, sia fattibile purché la quantità dell’agente ossidante (sia esso vapor d’acqua, ossigeno/aria o anidride carbonica) sia tale da evitare il deposito di carbonio [10][11]. In ambito SOFC, l’aspetto del processamento del biogas (ai fini dell’ottenimento di una miscela stabile rispetto al deposito di C in cella) e del filtraggio dello stesso (separazione per adsorbimento di contaminanti in traccia che possono danneggiare l’anodo SOFC) è di elevata importanza. Ovviamente, il processamento ed il cleaning del biogas di partenza sono strettamente legati alla composizione chimica iniziale dello stesso (in termini di composizione macroscopica e di specie in tracce) e quindi ad una efficace analisi della composizione stessa. In questo lavoro, si presentano i risultati ottenuti dalla caratterizzazione del biogas prodotto da un digestore pilota attraverso una tecnica rapida e affidabile quale la Proton

Transfer Reaction Mass Spectrometry. In conclusione, sono riportati alcuni risultati sperimentali effettuati su singola cella SOFC alimentata direttamente da biogas. 1.MATERIALI E METODI 1.1. Digestore anaerobico - Impianto pilota La frazione organica dei rifiuti solidi urbani (4.4 t) raccolti porta a porta dalla municipalità locale (San Michele A/a -TN), viene miscelata con 1.84 t di scarti legnosi provenienti dalla potatura urbana, al fine di raggiungere l’adeguata porosità in grado di innescare il processo anaerobico. La produzione di metano e di anidride carbonica viene monitorata in continuo attraverso un analizzatore ad infrarossi (EC 322, Eco Control, Milano). La biomassa di partenza viene caricata nel digestore dopo un periodo di pre-ossidazione in ambiente esterno, normalmente 4 giorni, in modo tale da incrementare le temperature interne ed innescare in modo rapido l’attività microbica per produrre metano e ridurre il tempo di ritenzione idraulica (HRT) necessario. La biomassa caricata viene termicamente controllata attraverso scambiatori a parete e a pavimento in modo da garantire una temperatura di processo mesofila (circa 38°C). La digestione prosegue per circa 30 giorni con cicli di aspersione del digestato per mezzo di una pompa ad immersione collocata nel basamento del digestore. Terminato il processo di digestione anaerobica la biomassa viene scaricata e lasciata per circa 20 giorni in ambiente esterno affinché sia possibile procedere allo smaltimento come fertilizzante controllando alcuni parametri ambientali.

Tabella 2 – VALORI DI PARTENZA DEL CICLO DI DIGESTIONE

INOCULO OFSMW + WOOD MIX

VOLUME (m3)

MASSA (t)

CONTENUTO ACQUA (%)

SOLIDI VOLATILI (% DRY MATTER)

pH (IN)

pH (OUT)

6.86 [±0.32] 10.76 [±0.35] 15.85 [±0.43]

6.24 [±0.49] 6.24 [±0.51] 12.48 [±0.49]

59.8 [±0.98] 60.6 [±1.01] 58.3 [±1.15]

58.5 [±2.2] 78.8 [±4.2] 61.9 [±5.4]

8.6 [±0.1] 4.7 [±0.2] 7.2 [±0.1]

8.1 [±0.1]

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1.2. Protron Transfer Reaction – Mass Spectrometer Il campione di biogas viene prelevato per mezzo di un sacchetto in Nalophan (0.5 l) sigillato con Teflon stoppers. L’analisi effettuata con lo spettrometro di massa viene effettuata previa diluizione in azoto 1:10 e controllo della temperatura con bagno termostatato a 35°C per circa 30 min (Techne Ltd, Cambridge, UK). La caratterizzazione dei COV prodotti e contenuti nel biogas, viene condotta con l’ausilio di un PTRToF-MS 8000 in configurazione V-mode (Ionicon Analytik GmbH, Austria)[12][3]. La sacca contenente il campione da analizzare viene inserita direttamente all’interno del drift tube dello strumento attraverso una linea in PEEK riscaldata a 110°C. Il tempo di campionamento è all’incirca di 0.1 ns corrispondente a circa 350.000 canali per il controllo dello spettro da m/z 21 a m/z 400 in condizioni controllate del drift tube (600 V, 2.25 mbar e 110°C à E/N = 155 Td). In queste condizioni sono evitate le problematiche relative al clustering dell’acqua e all’elevata frammentazione dei composti in esame. Per ogni campione analizzato approssimativamente 30 spettri vengono acquisiti in un tempo di misura pari a circa 30 sec. L’analisi viene condotta attraverso la procedura sviluppata da Cappellin et al. (2011) [13]. 1.3. Generatore di energia SOFC L’apparato sperimentale impiegato per testare le celle SOFC consiste nel simulare miscele di biogas (CH4/CO2=1.5) da inviare alla cella SOFC ai fini di realizzare la conversione diretta di CH4, CO2 ed ossigeno (Partial Oxidation – POx in aria) in molecole di H2 e CO. Idrogeno e monossido di carbonio saranno poi soggetti all’ossidazione elettrochimica diretta sul catalizzatore anodico, reazione base per la generazione di energia elettrica e calore. Il gas di alimentazione contiene anche dei contaminanti in traccia, così da simulare la perdita di efficienza da parte dei filtri per la rimozione

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dai convegni di

Figura 1 – Evoluzione temporale della concentrazione di metano (CH4), anidride carbonica (CO2) e ossigeno (O2) (% vol.) durante la digestione anaerobica 90

CH4

80

CO2

O2

CONCENTRATION (% v/v)

70 60 50 40 30 20 10 0 0

5

10

15

20

25

30

DAY

34

di COV – in particolare H2S – (contenuto di zolfo inferiore a 2-5 ppmv, composti in cloro inferiori a 3-10 ppmv e silossani inferiori a 10 ppbv)[14]. Un aspetto positivo del biogas considerato è che il contenuto di silossani è pressoché nullo e quello dei composti in cloro è pure assai limitato. Il flusso ossidante (aria) al lato catodico è fissato durante la fase di start-up e di spegnimento a 0.5 Nlmin-1, mentre per l’intera durata degli esperimenti è di 1.5 Nlmin-1. Le varie miscele di combustibile testate sono fornite da bombole certificate (Siad Spa, Italia); l’alimentazione del combustibile e dell’agente ossidante avviene per mezzo di misuratori elettronici di portata (Bronkhorst, Olanda). Un flusso addizionale di aria viene inviato al comparto anodico della cella per garantire il reforming diretto in condizioni di ossidazione parziale, POx (con un rapporto molare O2/biogas di 0.3). La caratterizzazione elettrochimica viene eseguita per mezzo di un carico elettronico (Kikusui Electronics Corp., Giappone). L’analisi elettrochimica di impedenza (EIS) è effettuata utilizzando il modulo Gamry FC 350 (Gamry Instruments, USA) in un intervallo di frequenza compreso tra i 7 mHz e 20 kHz. La temperatura del forno in cui è inserita la cella SOFC è impostata a 800°C. La cella impiegata nei test è del tipo circolare ad anodo-supportante (ASC), non sigillata al bordo, con un diametro anodico pari a 80 mm e catodico di 78 mm (HC. Starck, Germania).

2. RISULTATI E DISCUSSIONE Svariati sistemi di generazione elettrica sono stati considerati dalla letteratura, come riportato in tabella 1. Prendendo in considerazione le efficienze elettriche riportate da letteratura, si evidenzia come la conversione elettrica del sistema SOFC permetta una riduzione della domanda annua di biogas (fuel) rispetto ai cicli ORC,

Tabella 3 – MIN. E MAX. CONCENTRAZIONE DEI COV RILEVATI NEL BIOGAS – PTR-TOF-MS – (ppbv = part per billion volumic) COMPOSTI ORGANICI VOLATILI Formaldeide Metanolo Acido solfidrico Aceto nitrile Acetaldeide Etanolo Metantiolo Propanale Acetone Dimetilsolfuro Isoprene Crotonaldeide 2-Butanone Solfuro di carbonio Propantiolo o-xylene Clorobenzene A-pinene Monoterpene

PROCESSO DI DIGESTIONE ANAEROBICA (27 GIORNI) min (PPBV) max (PPBV) 10 336.3 2098.6 60.2 150.5 115.6 22.9 45.7 249.7 5.6 1070 75 2878 93.8 2484.3 130.4 57.8 9106.7 15098.9

6243.7 16289.9 212681.5 677.5 4068.8 59412.7 47510.4 286.1 6367.3 32318.5 14993.7 422 78341.5 11543.4 2425887.3 892.4 142 213864.7 436909.7

turbine e micro turbine a gas. Certamente devono anche essere effettuate valutazioni economiche e sul ciclo di vita dei vari sistemi che attualmente sfavoriscono l’ingresso nel mercato di generatori SOFC. 2.1. Digestione anaerobica – produzione di Biogas e caratterizzazione dei COV La digestione anaerobica a secco della frazione organica dei rifiuti solidi municipali ha consentito la produzione di 349 Nm3 di biogas in modalità batch, mentre la produzione di metano si è attestata intorno a 172 Nm3. In accordo con i risultati ottenuti sono stati necessari 4 giorni di digestione anaerobica affinché terminasse la transizione da digestione, con contenuto in ossigeno presente all’inizio della prova pari a ~13% vol. di ossigeno, a digestione completamente in anaerobiosi. La concentrazione di metano durante la fase anaerobica varia da 50 a 68% vol., mentre la concentrazione dei COV rilevati nel biogas, usando la tecnica relativa alla spettrometria di massa ad iniezione diretta (PTR-ToF-MS) è riportata in tabella 3. Principalmente sono stati rilevati composti dello zolfo, composti aromatici e carbonilici a cui si aggiunge la presenza di terpeni. Dettagli sui possibili fenomeni microbiologici evidenziati si trovano in un precedente lavoro[3]. La concentrazione di metantiolo (MT) e dimetilsolfuro (DMS) mostrano elevate concentrazioni ad inizio prova mentre dopo circa un paio di giorni si ha la forte diminuzione a favore della produzione di altri composti solforati come l’acido solfidrico. La trasformazione di altri COV, per esempio MT e DMS in propantiolo e butantiolo risulta essere meno probabile rispetto alle reazioni che avvengono tra l’H2S con altri composti organici, come acidi carbossilici, alcheni terpenoidi e chetoni rilasciati durante la fase metanogenica[3]. 2.2. Generazione di energia SOFC – un caso studio di laboratorio L’ossidazione parziale (POx) del biogas con aria direttamente in cella è stata studiata tramite prove sperimentali in laboratorio (DENERG, Politecnico di Torino). È stata valutata la condizione utile per non generare stress termici sulla superficie interna:

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Figura 2 – Rappresentazione schematica cella SOFC Fuel inlet

465 μm 5 μm 40 μm

5 cm Air inlet

tale condizione è ottenibile, nel caso del biogas, tramite un rateo di ossigeno anodico pari a 0.3 molO2/mol biogas (Factsage 6.2 Gtt). La tipica miscela di biogas (CH4/ CO2=1.5:1) è stata quindi inviata in cella assieme all’agente ossidante al fine di ottenere la condizione termoneutra, testata quindi per oltre 100 h ad una densità di corrente pari a 0.5 Acm-2. Nella figura 2 possiamo osservare lo schema della singola cella testata: la sezione anodica in cui è inviato il fuel (biogas + O2), la sezione intermedia in cui è posizionato l’elettrolita denso, e la parte inferiore in cui viene inviata aria (ossidante al catodo). In figura 3 possiamo osservare che, dai punti a bassa frequenza (0.1-1 Hz), prevalgono effetti di trasporto di massa (fuel all’anodo e ossigeno al catodo) verso la Three Phase Buondary. Nei punti a media frequenza (1-10 Hz) prevalgono fenomeni di

trasferimento di carica sugli elettrodi. Nei punti ad elevata frequenza (>100 Hz, all’intercetta con l’asse reale) si ha il valore della resistenza puramente ohmica della cella. L’analisi ha permesso di evidenziare come sono variate le prestazioni di cella dopo 320 h di test in cui si è analizzato il comportamento della cella alimentata con biogas e agente inquinante ~1 ppmv di acido solfidrico. L’addizione dell’agente contaminante diminuisce in modo concreto le prestazioni: infatti si instaura un fenomeno di adsorbimento fisico sui siti catalitici attivi, riducendo la superficie utile sia per le reazioni chimiche di reforming del combustibile (punti a bassa frequenza: aumento delle sovratensioni legate a fenomeni di trasporto di massa), sia le reazioni elettrochimiche di trasferimento di carica (punti a media frequenza). La rimozione dell’acido solfidrico dal flusso di biogas

Figura 3 – Electrochemical Impedance Spectroscopy curve 0,40 0,1 Hz

0,35 1 Hz

0,30 Z IMAG (ohm* cm2)

H2 (500Nml/min) - Oh CH4/CO POX (0,3mol O2/molbiogas) - 2Oh CH4/CO2 POX (0,3mol O2/molbiogas) - 126h CH4/CO2 POX + H2S (after 22h) - 142h CH4/CO2 POX (after H2S) - 185h H2 (740Nml/min) - 320h

10 Hz

0,25 100 Hz 0,20 0,15 0,10 0,05 0,00 0,00

0,10

0,20

0,30

0,40

0,50

0,60

Z REAL (ohm* cm2)

0,70

0,80

0,90

1,00

permette il ripristino delle condizioni di partenza come mostrato dalla curva EIS effettuata prima dell’avvelenamento da zolfo (concentrazione reversibile). 3. CONCLUSIONI La produzione di biogas da digestione anaerobica a secco è un processo valido per la riduzione dei gas climalteranti immessi in atmosfera, con la produzione di combustibili alternativi ai combustibili fossili. Per impianti di piccola taglia (<100 kWe), la soluzione ottimale, da un punto di vista energetico, è rappresentata dall’impiego del biogas prodotto da scarti domestici in un generatore SOFC. Le celle a combustibile sono in grado in primis di garantire elevate efficienze di conversione, soprattutto in caso di piccola taglia dei generatori, di interesse quindi per l’accoppiamento con impianti di digestione distribuiti sul territorio. Il controllo dei composti organici volatili presenti nel biogas risulta essere un punto cruciale per l’impiego distribuito del biogas da digestione attraverso la caratterizzazione del gas prodotto. L’alimentazione diretta di biogas in SOFC con una concentrazione di circa 1 ppmv di H2S (che simulano la condizione di perdita di efficienza di rimozione della sezione di cleaning, situazione che avviene poco prima della sostituzione del materiale filtrante) dimostra come le prestazioni di cella siano reversibili a tali concentrazioni. Il lavoro futuro di ricerca verrà concentrato sulla sezione di cleaning e su test sperimentali su singole celle e stack in modo da valutare il limite di tollerabilità di diversi inquinanti, nonché il loro effetto incrociato sulle prestazioni del generatore.

[7]. Pourmovahed et al.2011, Whisper Tech Ltd, NZ. [9]. Eurostat 2010, Preda 2007. [10]. Lanzini, A., Leone, P., 2010. Experimental investigation of direct internal reforming of biogas in solid oxide fuel cells. Int. J. Hydrogen Energy. 35, 2463 – 2476. [11]. Kendall, K., Staniforth, J., 1998 - 2000. J. Power Sources 71, 275. – 86, 401–403. [12]. Lindinger, W,. Hansel, A., Jordan, A. 1998. On-line monitoring of volatile organic compound at pptv levels by means of Proton-Transfer-Reaction Mass Spectrometry (PTR-MS); Medical applications, food control, and environmental research. Int. J. Mass Spectrom. 173, 191 – 241. [13]. Cappellin, L., Biasioli, F., Granitto, P.M., Schuhfried, E., Soukoulis, C., Costa, F., Märk, T. D., Gasperi, F., 2011. On data analysis in PTR-Tof-MS: From raw spectra to data mining. Sensor. Actuat. B - Chem., Vol. 155, Issue 1, 183-190. [14]. Arnold, M., 2009. Reduction and monitoring of biogas trace compounds. VTT TIEDOTTEITA – RESEARCH NOTES 2496.

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dai convegni di

Trattamento ACQUE REFLUE: necessario ottimizzare Le normative sempre più restrittive, la tendenza a lasciare gli impianti medio-piccoli e il bisogno di contenere i costi stanno guidando le scelte del settore. Ecco come, grazie all’impiego di strumenti di analisi e sistemi di regolazione, si può rendere più efficiente la gestione dell’impianto di trattamento

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Ing. Maria Serena Gironi, Product Manager Process Division, HACH LANGE SRL L’adozione di limiti legislativi sempre più restrittivi sulla qualità dell’effluente degli impianti di depurazione (insieme con la definizione e la ri-classificazione delle aree sensibili), la necessità di avere una gestione più razionale delle varie fasi del processo di trattamento, la tendenza a lasciare gli impianti medio-piccoli scarsamente presidiati sono le linee guida che stanno assumendo una crescente importanza. Tutto ciò determina la necessità di avere un processo di trattamento delle acque reflue sempre più efficiente e di elevata qualità a costi contenuti, che deriva da una migliore comprensione dei meccanismi del processo e dall’impiego di sistemi di verifica, controllo e regolazione delle diverse unità di trattamento sempre più accurati. Le fasi più critiche di un processo di trattamento acque reflue, in termini di costi e qualità del trattamento, sono la nitrificazione, la denitrificazione e la rimozione chimica del fosforo. Analizzatori in continuo di azoto ammoniacale NH4-N, di ortofosfato PO4-P e di azoto nitrico e nitroso si configurano come lo strumento ideale per controllare e quindi ottimizzare il funzionamento degli impianti con potenzialità medio-grande (>30.000 PE). Strumenti di misura in continuo dei nutrienti per il controllo del processo vengono raramente utilizzati negli impianti con poten-

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zialità tra 5.000-20.000 PE: in impianti di questo tipo, di norma, gli unici strumenti usati sono i sensori di ossigeno, che servono a regolare la potenza delle soffianti e le sonde per la misura della torbidità dell’effluente, quale parametro chiave per la valutazione dell’efficienza del trattamento. Tuttavia gli impianti di depurazione medio-piccoli si trovano spesso a gestire grosse fluttuazioni nei carichi entranti (variazioni improvvise nella concentrazione dei parametri nell’influente, temporali ecc.) e con una tendenza a lasciare impianti di questo tipo non presidiati: in casi come questi, gli analizzatori da processo possono contribuire, insieme con le avanzate tecnologie di trasferimento dei dati e i dispositivi di automazione, ad assicurare un funzionamento dell’impianto affidabile ed economicamente efficiente, in grado di gestire al meglio anche gli improvvisi cambiamenti di carico che si possono avere in ingresso. Il monitoraggio in continuo dei parametri sopra descritti può nella realtà portare ad una gestione ottimizzata delle varie fasi del processo di trattamento delle acque reflue, che si traduce immediatamente in un risparmio economico ed energetico che può giustificare l’investimento richiesto. IL PROCESSO DI RIMOZIONE DELL’AZOTO Il processo di rimozione dell’azoto in impianti con pre-denitro - Prendendo per esempio in considerazione la fase di areazione dell’impianto, da un punto di vista funzionale ma soprattutto

economico, andrebbe evitato il caso di concentrazioni di ossigeno elevate nelle vasche di areazione. L’energia richiesta per l’areazione dei fanghi attivi è data da una relazione del tipo: La richiesta di energia N per fornire ossigeno disciolto ai fanghi attivi presenti in vasca aumenta in modo direttamente proporzionale alla concentrazione di ossigeno Cx. Quindi una riduzione della concentrazione di ossigeno dai 2 mg/l solitamente misurati ad 1 mg/l durante i periodi di basso carico consentirebbe un risparmio pari al 15%. Numerosi studi hanno dimostrato che è possibile ottenere elevati risparmi energetici (fino al 20%) mediante un sistema di controllo che regola la fornitura di ossigeno in base al valore di azoto ammoniacale NH4-N presente in vasca: una strategia di controllo che regola il set point variabile dell’ossigeno disciolto consente di ottenere, non soltanto un elevato risparmio energetico (la concentrazione dell’O2 pari a 1-1,5 mg/l è stato dimostrato essere sufficiente alla degradazione della materia organica e ad un processo di nitrificazione stabile) ma anche un miglior funzionamento delle varie fasi del processo in condizioni di carichi entranti con picchi di concentrazione. N ~ Cs / (Cs-Cx)

dove

e

Cs è la concentrazione presunta dell’ossigeno a saturazione Cx è la concentrazione di ossigeno

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OXYFUZZY for Wastewater: la soluzione HACH LANGE per il risparmio energetico e l’improvement funzionale mediante ottimizzazione della fornitura di aria - Il brevetto OXYFUZZY for water di HACH LANGE risolve i problemi legati al controllo di tipo tradizionale perché monitora in modo continuo la resa istantanea del processo, associando alla misura dell’ossigeno disciolto quella on-line dell’azoto ammoniacale che va ad adattare continuamente il set-point dell’ossigeno disciolto alle condizioni variabili del carico, ottenendo in questo modo, grazie all’implementazione di una logica fuzzy, una maggiore stabilità di processo e controllo. Il principio operativo ed il concetto chiave sono quelli di fornire al reattore di nitrificazione il quantitativo strettamente necessario di aria (evitando quindi inutili sprechi) per raggiungere l’obiettivo prestabilito (ammoniaca sotto una certa soglia) attraverso una modifica in continuo del set-point dell’ossigeno disciolto. Come struttura, il valore di NH4-N viene misurato in continuo dall’analizzatore on situ (tipo mod. AMTAX SC), confrontato in tempo reale con il valore desiderato per questo parametro ed infine utilizzato per il calcolo del set point variabile dell’ossigeno disciolto; quest’ultimo, così determinato, viene comparato con il valore che dell’ossigeno disciolto è presente in quel momento in vasca di ossidazione (fornito da sonde a luminescenza, tipo mod. LDO sc con centralina digitale Sc1000) e va a determinare, grazie ad una regolazione con logica fuzzy, l’erogazione dell’aria. I vantaggi che, grazie a questo sistema, si possono ottenere sono di diversa natura: in termini di efficienza del processo biologico, perché si evita sia un’erogazione insufficiente di aria (che potrebbe portare ad una nitrificazione carente e ad un valore troppo elevato di ammoniaca

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La misura dell’azoto ammoniacale e quella dell’ossigeno disciolto ottimizzano la fornitura dell’aria nella fase di nitrificazione desired value O2

air current value

bio-P

denitrification

O2

NH4N

NH4N

nitrification

recirculation return sludge

nell’effluente), sia ad un’eccessiva fornitura di aria che potrebbe provocare una nitrificazione troppo spinta, ad un valore di ammoniaca in uscita inutilmente basso e soprattutto ad un inutile spreco energetico; in termini di stabilità del processo biologico, perché si ha un adattamento continuo alle condizioni variabili del carico in ingresso ed una stabilità sia nel lungo termine (fluttuazioni ridotte della concentrazione di ammoniaca) che nel breve termine (fluttuazioni ridotte della concentrazione di ossigeno disciolto attorno al set point); in termini di risparmio energetico, poiché evitando la fornitura di aria in eccesso ed ottenendo un miglior rendimento di trasferimento di ossigeno da parte dei diffusori, si ottiene un risparmio energetico che, per un impianto con potenzialità pari a circa

100.000 AE, può arrivare fino al 20%. Il processo di rimozione dell’azoto negli impianti a cicli alternati - Gli impianti a cicli alternati sono quelli in cui la fase di nitrificazione e rispettivamente di denitrificazione avvengono nel medesimo comparto. Il processo ad aerazione intermittente permette infatti, attraverso l’utilizzo di un ciclo di accensione e spegnimento dell’aria all’interno della vasca, la formazione di condizioni aerobiche ed anossiche adeguate per far avvenire sequenzialmente la nitro e denitro. In schemi di questo tipo, il fattore determinante per aumentare la resa complessiva di rimozione dell’azoto è quello di ottimizzare la durata delle due fasi. Tradizionalmente la logica di alternanza nitro/denitro è una logica di

Valore NH4

Valore NH4 Desiderato

Modulo fuzzy Calcolo set point O.D.

Valore O.D.

set point O.D.

Modulo fuzzy Regolazione O.D.

Modifica erogazione aria

n.1 gennaio/febbraio 2013 CHIMICA AMBIENTE

37


dai convegni di

Sistema WTOS

38

La rimozione chimica del fosforo può essere effettuata prima (pre-precipitazione a monte delle vasche di ossidazione), durante (precipitazione simultanea nelle vasche a fanghi attivi) o dopo il processo biologico (post-precipitazione, a valle dei reattori biologici) e, come visto, porta alla formazione di fanghi che devono essere necessariamente smaltiti nelle successive fasi di trattamento. Un controllo in continuo dell’ortofosfato, che dà un’informazione in tempo reale della concentrazione effettivamente presente nella fase di trattamento, può portare contemporaneamente ad un più razionale dosaggio dei reagenti chimici usati, ad un minor consumo di fanghi da smaltire e, infine, ma non per importanza, ad un effluente con concentrazioni di fosforo a valore quasi costante al di sotto del limite normativo. Nel processo di rimozione del fosforo, i costi legati agli agenti chimici usati per la precipitazione del fosforo FM [kg Fe] e quelli legati allo smaltimento dei fanghi prodotti dal dosaggio dei Sali TS [kg TS] mediante il dosaggio dei sali possono essere calcolati da relazioni del tipo: La quantità degli agenti chimici usati per la precipitazione del fosforo può essere ridotta di un 10-25% usando un sistema di controllo che prevede un controllo in continuo dell’ortofosfato. Parimenti è possibile ridurre i costi annui legati allo smaltimento dei fanghi prodotti.

tipo temporale: l’accensione dei meccanismi di aerazione per creare condizioni aerobiche e il loro spegnimento con l’attivazione contemporanea dei dispositivi di miscelazione avvengono in base a fasce orarie prestabilite. Un passo in avanti è rappresentato dalla strategia che invece consente di comandare i sistemi di aerazione basandosi sull’impiego di analizzatori on-line che, basandosi sull’informazione in tempo reale della concentrazione dei 2 parametri chiave del processo di eliminazione dell’azoto (NH4-H e Nox-N), permettono di avere una logica più flessibile, razionale e rapida nell’alternanza delle rispettive fasi e quindi, conseguentemente, di ottenere un notevole risparmio energetico. IL PROCESSO DI RIMOZIONE DEL FOSFORO La rimozione chimica del fosforo viene realizzata tramite l’aggiunta di agenti chimici che contengono ioni metallici (i più comuni: solfato di alluminio, solfato ferrico, cloruro ferrico). Il processo globale di rimozione del fosforo passa attraverso una serie di fasi: la precipitazione (lo ione metallico ed il fosfato reagiscono formando il fosfato di metallo), la coagulazione (le molecole di fosfato metallico si aggregano e portano alla formazione di molecole più grandi), la flocculazione (le particelle tendono a formare dei fiocchi) e la filtrazione (i fiocchi vengono separati dall’acqua tramite sedimentazione ed estratti sotto forma di fango).

Controllo dei Nitrati negli impianti di depurazione ad ereazione intermittente Setpoint Air

2

O2

NO3-N

Actual O2

NO3

Inlet

Outlet Nitrification/Denitrification Reutrn-sludge

Final-settling Excess sludge

CHIMICA AMBIENTE n.1 gennaio/febbraio 2013

Sviluppi futuri - È vero che i maggiori costi gestionali di un impianto sono legati all’ossidazione ed al processo di rimozione del fosforo ma è pur vero che la tendenza è sempre più quella di afFM = Ptot,0 • ß • (1-AhBio-P) • fste

dove: Ptot,0: Fosforo totale precipitato [kg P] ß : valore ß hBio-P: Efficienza della rimozione bio-P fste: Fattore stechiometrico

TS = FM • fTS TS = Ptot,0 • ß • (1-hBio-P) • fste • fTS dove: Ptot,0: Fosforo totale precipitato [kg P] ß : valore ß hBio-P: Efficienza della rimozione bio-P fTS: Fattore stechiometrico

frontare le problematiche gestionali di un impianto di depurazione nella loro globalità. Per questo motivo in HACH LANGE sono in fase di sviluppo e futura implementazione nuovi sistemi integrati e controllori/regolatori in tempo reale dei diversi meccanismi legati alla rimozione dei nutrienti e al trattamento fanghi: N-RTC e DN-RTC consentiranno la gestione ottimizzata delle fasi di nitrificazione e denitrificazione ed una riduzione della fonte di carbonio usata grazie ad un controllo in tempo reale dell’ammoniaca e dei nitrati; SD-RTC permetterà di ottenere una diminuizione del consumo di polimero utilizzato nella fase di Sludge Dewatering; SRTRTC consentirà di calcolare ed ottimizzare lo Sludge Retention Time. Tali moduli possono avvalersi infine dei continui progressi legati all’evoluzione della tecnologia di comunicazione digitale. Grazie alla piattaforma universale Sc1000, che riesce a gestire tutti gli strumenti da processo HACH LANGE e ad integrarli in un sistema modulare, personalizzabile sulle esigenze dei diversi impianti, si riescono a creare interi network di gestione e comunicazione negli impianti di depurazione industriali e civili.

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Il Gruppo AB al servizio dell’industria per ottimizzare la spesa energetica

COGENERAZIONE PER L’INDUSTRIA: Più efficienza, meno costi. Il più importante Gruppo italiano nel settore degli impianti di cogenerazione mette a disposizione soluzioni mirate per ogni settore industriale al fine di migliorare l’efficienza ed abbattere i costi. Ora più che mai un’opportunità strategica per la competitività delle aziende.

L

’efficienza energetica costituisce una voce fondamentale nelle politiche industriali, soprattutto oggi che è necessario confrontarsi con una situazione economica difficile e mercati sempre più competitivi. In molteplici settori industriali, quelli più energivori e che richiedono un uso intenso e coordinato di elettricità e calore, la cogenerazione è la scelta più efficace per ottenere una riduzione dei costi fino al 30%. Benefici oggettivi e misurabili. A ciò si affianca il significativo contenimento delle emissioni di CO2, che ha portato la Comunità Europea ad indicare questa tecnologia come una delle più affidabili per la realiz-

zazione dell’impegno ambientale di tutta l’Unione.

I

l Gruppo AB di Orzinuovi (Brescia), la più importante realtà italiana nel settore della cogenerazione e una delle maggiori in Europa, mette a disposizione dell’industria la soluzione Ecomax®. Un prodotto industriale per la cogenerazione, basato sui principi della versatilità, della modularità e della compattezza, capace di unire queste caratteristiche distintive ad elevate performance energetiche. Un’idea concepita e sviluppata interamente in AB, evoluta nella gamma e nelle possibilità applicative fino a diventare il principale riferimento tec-

nologico e di mercato della cogenerazione moderna. La linea Ecomax® assicura livelli di rendimento con vette del 98% di disponibilità di esercizio dell’impianto che permettono di rientrare dall’investimento in tempi certi.

C

on la consulenza degli specialisti AB si può individuare la taglia idonea dell’impianto in ragione delle proprie concrete esigenze energetiche, avvalendosi di una proposta “chiavi in mano”, dal supporto pratiche autorizzative fino all’assistenza di un service dedicato (AB Service).

La soluzione modulare Ecomax® NGS per la cogenerazione a gas metano.

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dai convegni di

La rimozione biologica del MERCURIO Il mercurio è largamente utilizzato in numerose applicazioni, per esempio nell’industria cloro-soda, nei colorifici, nelle raffinerie e nella preparazione della carta. Ecco una tecnologia biologica innovativa per la sua rimozione da matrici ambientali contaminate Valentina Rivellia (v.rivelli@gioecosrl.it), Sergio Cordonia, Isabella Gandolfib, Andrea Franzettib, Giuseppina Bestettib a b

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GioEco srl, Segrate (MI); Università di Milano - Bicocca, Milano

L’utilizzo dei microrganismi nei processi degradativi è una tecnologia biologica ormai matura e comprovata, ma i campi applicativi sono ancora in piena espansione. Negli ultimi anni, infatti, l’utilizzo dei microrganismi nel settore ambientale ha avuto un notevole incremento grazie alla ricerca e sviluppo di nuovi prodotti e sistemi. L’idea di trattare matrici contaminate con prodotti naturali e non aggressivi sta sempre più diffondendosi tra gli operatori del settore. GIO.ECO srl è oggi all’avanguardia sui più innovativi prodotti e processi biotecnologici utilizzando solo microrganismi naturali opportunamen-

PERCENTUALE DI Hg DEGRADATO 100 80 60 40 20 0 PROVA1 PROVA2 PROVA3 PROVA4 PROVA5 PROVA6 Figura 2 – Rimozione in percentuale del mercurio nelle diverse prove effettuate

CHIMICA AMBIENTE n.1 gennaio/febbraio 2013

te selezionati, non modificati geneticamente, conformi alla “classe 1” E.F.B. (European Federation of Biotechnology) e del tutto innocui per l’uomo, la flora e gli animali. Grazie anche a collaborazioni con primari istituti universitari, GIO.ECO lavora attivamente in attività di ricerca e sviluppo al fine di implementare tecnologie di decontaminazione che siano sempre più ecosostenibili e con l’obiettivo di soddisfare le esigenze della propria clientela volte alla tutela ambientale. Nel progetto qui presentato GIO.ECO, avvalendosi della collaborazione dell’Università di Milano Bicocca, ha effettuato lo scaleup di un processo brevettato di rimozione biologica del mercurio organico e inorganico da suoli e sedimenti, in un reattore da 400 litri, in fase liquida e in fase slurry. Le contaminazioni da mercurio sono molto frequenti in ambiente a causa del suo largo utilizzo in numerose applicazioni industriali come l’industria cloro-soda, i colorifici, le raffinerie e la preparazione della carta. La rimozione del mercurio da matrici ambientali contaminate avviene solitamente attraverso l’utilizzo di trattamenti chimico-fisici estremamente costosi a causa dell’elevata energia richiesta e degli elevati costi dei reagenti utilizzati. In alternativa sono stati sviluppati dei metodi di rimozione biologici. Il primo tra questi è stato la fitoremediation, dove i contaminanti rimossi dal terreno vengono accumulati dalle piante. Queste, però, oltre che presentare una bassa resistenza alla contaminazione, necessitano di tempi eccessivamente lunghi per il ripristino del sito. La resistenza batterica al mercurio è, invece, un fenotipo ben noto e ampiamente diffuso sia tra specie microbiche Gram-positive che Gram-negative. Il principale meccanismo di resistenza è la

Figura 1 Bioreattore da 400 l

reazione di riduzione dell’Hg2+ alla forma elementare Hg0, eseguita dall’enzima mercurio reduttasi. Il mercurio elementare viene poi rimosso dalla cellula tramite diffusione attraverso la parete cellulare e successiva volatilizzazione. Se tale processo avesse luogo all’interno di un sistema controllato, il mercurio ridotto alla forma elementare, quindi estremamente volatile, potrebbe essere strippato da un flusso d’aria e successivamente raccolto in apposite trappole, permettendo così la decontaminazione di matrici ambientali. L’elevato grado di adsorbimento degli ioni mercurio alle particelle del suolo ne riduce, però, la biodisponibilità; per questo motivo sono pochi i casi in cui microrganismi resistenti al mercurio sono stati utilizzati nella decontaminazione del suolo o di sedimenti; inoltre in letteratura sono scarse le informazioni riguardanti l’ottimizzazione delle condizioni sperimentali di tale processo. PROVE SPERIMENTALI Le prove sono state condotte in un reattore da 400 l (figura 1). Per le prove in slurry (rapporto suolo:acqua di 1:10 v/v) è stato utilizzato del suolo artificiale composto da 10% di torba, 20% di argilla e 70% di sabbia, precedentemente contaminato con HgCl2. La velocità di agitazione e il flusso d’aria in entrata sono stati mantenuti costanti per garantire l’omogeneità della fase slurry. Il flusso in uscita è stato fatto passare attraverso una trappola di carbone attivo al fine di raccogliere il mercurio strippato. Al termine delle prove è stata calcolata la percentuale di mercurio residuo nella fase solida, nella fase acquosa e nelle trappole di carbone attivo. Tutte le analisi sono state effettuate usando uno spettrometro ad assorbimento atomico (AMA 254, Altech Ltd). Sono state condotte diverse prove sia in liquido sia in slurry, in presenza e in assenza del microrganismo: il ceppo Bacillus RM1, isolato da un terreno altamente contaminato da mercurio e deputato alla riduzione del mercurio ionico (Hg2+) a mercurio elementare (Hg0). Gli esperimenti effettuati sono riassunti in tabella 1. Per le analisi microbiologiche i

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CONTA BATTERIA IN PIASTRA PROVA3

PROVA4

PROVA5

PROVA6

9 Figura 4 – Conta batterica in piastra dei microrganismi resistenti al mercurio nella prova 6: in presenza di citrato e con inoculo di Bacillus RM1. Effettuata su terreno selettivo (10 mg/l di Hg). A: piastra incubata a 16°C per 7 giorni; B: piastra incubata a 4°C per 7 giorni

LOG10 UFC

8

7

6 0

20

40

60

80

100 ORE

120

140

160

180

200

Figura 3 – Conta batterica in piastra dei microrganismi resistenti al mercurio, quindi in grado di operare la rimozione

RISULTATI Dall’analisi dei risultati ottenuti è evidente una netta differenza nell’efficienza di rimozione tra la prova in liquido (prova 1 con più del 90% di mercurio rimosso) e le prove in slurry (prove 2-5 con rimozione che varia dal 20 al 50%) (figura 2, tabella 2). Ciò è dovuto al fatto che in fase slurry il mercurio tende ad adsorbirsi alle particelle di suolo, riducendo così la sua biodisponibilità. Al fine di ovviare a questo problema sono state condotte delle prove in presenza di citrato (prova 6); in questo caso i tassi di rimozione del mercurio si sono spinti fino al 70% (figura 2, tabella 2). Al fine di

CONCLUSIONI Ad oggi, le applicazioni del biorisanamento alla rimozione del mercurio sono state

Tabella 1 – PROVE SPERIMENTALI EFFETTUATE NEL BIOREATTORE DA 400 l

Tabella 2 – RISULTATI DELLE PROVE DI DEGRADAZIONE

TRATTAMENTO

SLURRY

OD INOCULO

Hg (PPM)

DURATA PROVA

1 (prova in liquido)

NO

1 g/L CO(NH2) 3 g/L Na2HPO4 0.5 g/L Nutrient Broth

0.01

10

8 giorni

2 (prova con inoculo)

1:10

1 g/L CO(NH2) 3 g/L Na2HPO4 2,93 g/L K3PO4

0.002

50

8 giorni

3 (prova con inoculo)

1:10

1 g/L CO(NH2) 3 g/L Na2HPO4 2,93 g/L K3PO4

0.05

50

4 (prova controllo)

1:10

1 g/L CO(NH2) 3 g/L Na2HPO4 2,93 g/L K3PO4

-

50

1 g/L CO(NH2) 3 g/L Na2HPO4 2,93 g/L K3PO4

-

5 (prova controllo)

1:10

6 (prova con citrato)

1:10

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NUTRIENTI

1 g/L 3 g/L 2,93 g/L 0,01 M

CO(NH2) Na2HPO4 K3PO4 Citrato

sviluppate su scala pilota e non ancora su scala industriale. Il problema principale che costituisce un serio ostacolo all’incremento dell’efficienza di processo è rappresentato dall’adsorbimento del mercurio alle particelle di suolo, che ne limita fortemente la biodisponibilità. In questo lavoro GIO.ECO, unitamente con l’Università di Milano Bicocca, ha isolato dal suolo e successivamente caratterizzato dei batteri mercurio-resistenti. Ha quindi condotto diverse prove in un bioreattore da 400 l per lo scaling-up su scala industriale di un processo di rimozione basato sulla riduzione biologica del mercurio ionico Hg2+ a mercurio elementare Hg0 (estremamente volatile), successivamente strippato da un flusso d’aria e captato da trappole di carbone attivo. I risultati delle suddette prove hanno confermato le buone potenzialità di questa tecnica. I tassi di rimozione del mercurio sono variati dal 20 al 50% nelle prove in slurry. È stato verificato, inoltre, l’effetto positivo del citrato; gli acidi organici tendono, infatti, ad aumentare la mobilità dei metalli nel suolo, incrementando così la biodisponibilità del mercurio e permettendo di arrivare a tassi di rimozione del 70%.

monitorare nel tempo il ceppo inoculato e la popolazione di mercurio-riduttori sviluppatasi nel bioreattore, sono state effettuate delle conte in piastra. Queste hanno confermato che il ceppo di Bacillus inoculato costituiva il microrganismo maggiormente rappresentato nel bioreattore, ma hanno anche evidenziato la presenza di una variegata comunità di microrganismi resistenti al mercurio, quindi in grado di rimuoverlo. In tutte le prove effettuate il titolo dei microrganismi è rimasto costante nel tempo per l’intera durata della prova (figura 3). È quindi ipotizzabile che, a causa della pressione selettiva, ed in seguito ad eventi di trasferimento genico, si sia sviluppata all’interno del bioreattore una comunità microbica psicrofila resistente al mercurio e, quindi, attiva nella sua rimozione. Per verificare tale ipotesi i campioni prelevati nel corso della prova 6 sono stati piastrati su terreno selettivo ed incubati a 16°C e a 4°C: in entrambi i casi è stata osservata una massiccia crescita batterica (figura 4).

campioni prelevati (100 μl) sono stati piastrati su terreno LD agarizzato selettivo, perciò caratterizzato dalla presenza di 10 mg/l di Hg, al fine di verificare la presenza del ceppo di Bacillus RM1, ove inoculato, e di valutare la popolazione di microrganismi resistenti al mercurio sviluppatasi e, quindi, in grado di operare il processo di rimozione. Le piastre sono state incubate a 30°C. Nelle prove 5 e 6, effettuate nel periodo invernale, la conta batterica è stata effettuata, incubando le piastre anche a 16°C e a 4°C.

0.05

50

50

% Hg RESIDUO

TRATTAMENTO FASE SOLIDA

FASE LIQUIDA

TRAPPOLE DI CARBONE

1 (prova in liquido)

-

4,4

5,5

2 (prova con inoculo)

80,8

0,005

10,2

8 giorni

3 (prova con inoculo)

56,6

0,007

4,2

8 giorni

4 (prova controllo)

47,1

0,004

0,02

5 (prova controllo)

51,9

0,003

5,8

6 (prova con citrato)

30,9

0,013

3,4

8 giorni

25 giorni

n.1 gennaio/febbraio 2013 CHIMICA AMBIENTE

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SPECIALE

TUTTA L’ENERGIA DELLA COGENERAZIONE a cura di Renato Levi

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Anche l’industria chimica si affida in modo crescente a impianti che consentono di sfruttare l’energia termica oltre a quella elettrica, recuperando dispersioni, riducendo consumi ed emissioni in atmosfera. E la biocogenerazione, basata sull’utilizzo di combustibili ricavati da biomasse, spinge ulteriormente sul pedale dell’ecosostenibilità

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E

COGENERAZIONE E BIOCOGENERAZIONE

La cogenerazione è una delle risposte più importanti all’esigenza oggi imperante di ridurre i consumi energetici e le emissioni in atmosfera, oltre che di sfruttare al massimo il rendimento dei combustibili utilizzati, meglio ancora se di origine rinnovabile, e il calore residuo dei processi di traformazione. Essa consente di raggiungere così obiettivi non solo di convenienza economica, ma anche di ridimensionamento dell’impatto ambientale. Ecco perché l’industria ricorre sempre di più all’installazione degli impianti di cogenerazione, prevalentemente alimentati a gas naturale, e biocogenerazione, che utilizzano biogas. La cogenerazione si basa sul recupero del calore generato durante la produzione di energia elettrica, altrimenti disperso nell’ambiente, e per la produzione di energia termica, garantendo così efficienza e risparmio energetico. Vantaggi apprezzati soprattutto nell’ambito di quei processi industriali energivori, come il petrolchimico e il farmaceutico, dove è necessario fare affidamento su una disponibilità di energia stabile, ampia e affidabile.

Foto CPL Concordia

Foto 2G

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SPECIALE COGENERAZIONE E BIOCOGENERAZIONE

La cogenerazione protagonista del futuro

La centrale di cogenerazione realizzata da Cofely Italia ha consentito allo stabilimento di Michelin di risparmiare 13.600 TEP di energia all’anno e di diminuire di oltre il 18% le emissioni di CO 2

La centrale di cogenerazione presso lo stabilimento di Michelin a Cuneo

alti livelli di competitività sui costi di approvvigionamento energetico rispetto agli altri stabilimenti europei del gruppo. Il progetto di Michelin per il suo secondo stabilimento produttivo in Europa, al di fuori della Francia, è partito nel 2004. Cofely ha realizzato un impianto di cogenerazione dotato di un sistema di accumulo termico, a garanzia della continuità del vapore, premessa indispensabile per il processo di vulcanizzazione della gomma per la produzione di pneumatici. L’impianto raggiunge una potenza elettrica di 48 MWe e una potenza termica massima di 76 tonn/h, arrivando a produrre annualmente 240.000 MWh di energia termica e 330.000 MWh di energia elettrica, dei quali 132.000 MWh assorbiti dallo stabilimento, con la vendita delle eccedenze di energia elettrica in rete. L’installazione dell’impianto all’interno di un avvallamento preesistente di circa 5 m di profondità ha limitato l’impatto acustico e visivo. “Il caso Michelin è un esempio delle potenzialità della cogenerazione per quelle realtà che necessitano di un

Il caso Michelin è un esempio

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delle potenzialità della cogenerazione per le realtà che necessitano di un flusso costante e sicuro di energia Didier Lhuillier, Direttore Polo Energia di Cofely Italia

Un risparmio annuale di 13.600 TEP di energia, un taglio del 18,3% delle emissioni di CO 2, oltre che una riduzione dei consumi energetici pari al 15%. Con questi risultati di efficienza si presenta la centrale di cogenerazione progettata, realizzata e gestita da Cofely Italia, Gruppo GDF SUEZ leader nei servizi per l’efficienza energetica e ambientale per lo stabilimento Michelin a Cuneo, che mantiene, grazie a questo progetto, Turbogas e caldaia della centrale di cogenerazione

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flusso costante e sicuro di energia, al riparo da cali di tensione o blackout, come le produzioni a ciclo continuo – commenta Didier Lhuillier, direttore Polo Energia di Cofely Italia –. Il rafforzamento delle politiche europee in tema di cogenerazione sta incentivando le aziende per le quali investimenti di questo tipo, finora in parte sottostimati, assicurano parziale autonomia nell’approvvigionamento energetico, un risparmio sui costi e un contenimento delle emissioni di CO 2, sia durante i processi che all’interno delle sedi industriali”. Lo stabilimento Michelin di Cuneo ha vinto il III Premio Cofely per l’Efficienza Energetica e Ambientale nella categoria Industrie, conferito a dicembre 2012 al Teatro Capranica di Roma. Cofely Italia gestisce su tutto il territorio nazionale 41 centrali di cogenerazione, di cui 6 di cogenerazione industriale, per un totale di energia elettrica installata di 340 MW, in grado di produrre più di 1.8 TWh/a di elettricità e 1.2 TWh/a di vapore. Cofely Italia, società del Gruppo GDF SUEZ, progetta, realizza e gestisce soluzioni che permettono di utilizzare al meglio l’energia, riducendo l’impatto ambientale e contenendo i costi. Cofely Italia trasforma le esigenze energetiche in soluzioni integrate e innovative che vanno dalla progettazione e realizzazione di interventi strutturali di ammodernamento, razionalizzazione e ottimizzazione dell’intera infrastruttura energetica e tecnologica, alla realizzazione di centrali di cogenerazione e reti di riscaldamento, con l’utilizzo integrato di energie rinnovabili.

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Un’efficace assistenza Grazie alle competenze dell’Assistenza CGT, Chemtura ha potuto proseguire a fare efficienza energetica, ridurre i costi e le emissioni inquinanti

A Maia, l’allora società dealer di Caterpillar al Centro e Sud Italia, vengono commissionati nel 2005 tre motori a gas G3520C, per la costruzione di un impianto di cogenerazione presso Chemtura, società farmaceutica americana in provincia di Latina. Nel 2006 terminano i lavori e viene sottoscritto un contratto di assistenza con GTS, la società subentrata a Maia nella distribuzione di Caterpillar. Nel 2011 entra in gioco CGT. La società, nuovo dealer di Caterpillar per tutto il territorio nazionale, viene chiamata per risolvere i problemi sorti nel frattempo all’impianto di cogenerazione. Come primo passo il servizio di assistenza realizza, insieme all’ufficio progettazione, una survey sull’installazione. Una volta in mano la relazione con le modifiche da apportare all’impianto, l’assistenza incontra i vari referenti che l’azienda farmaceutica di Latina aveva coinvolto sul lavoro (l’azienda costruttrice dell’impianto e l’Esco incaricata della sua gestione) per condividere i risultati dell’indagine. L’Assistenza CGT quindi viene incaricata di procedere con gli interventi ai motori. A luglio 2011 l’impianto torna a funzionare a pieno regime con il risultato che Chemtura può proseguire nel suo progetto di fare efficienza energetica e le società coinvolte nella costruzione e gestione dell’impianto sono esentate dal pagamento di penali. L’Assistenza CGT è stata determinante nel risolvere un caso complesso per la quantità di interlocutori coinvolti e per le difficoltà emerse con nel tempo. La sua capacità di consulenza al cliente, di assunzione di responsabilità, di condivisione degli obiettivi con i vari committenti ha premiato CGT, che è stata incaricata di studiare un nuovo contratto di manutenzione all’impianto per i prossimi sei anni.

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Pieno recupero energetico CPL CONCORDIA ha curato la realizzazione della nuova centrale di cogenerazione a servizio dello stabilimento chimico Angelini di Ancona L’industria chimica è alla ricerca di tecnologie innovative per l’aumento dell’efficienza energetica delle proprie produzioni e per la riduzione di emissioni. Per questo Angelini si è affidata a CPL CONCORDIA, multiutility italiana con 30 anni di esperienza nei sistemi cogenerativi e 450 impianti attivi in Italia, per realizzare la centrale di cogenerazione nello stabilimento di Ancona. È stato condotto uno studio del sito industriale per verificare la tipologia dei sistemi di produzione presenti in loco e la tipologia di utilizzatori esistenti ed è stata effettuata un’analisi dei fabbisogni di energia elettrica, termica e frigorifera dello stabilimento. Ciò ha permesso di elaborare una proposta comprendente la taglia del cogeneratore economicamente più vantaggiosa, l’ubicazione più conveniente della centrale e le modalità per il recupero dell’energia fornita dal cogeneratore nello stabilimento in grado di offrire le maggiori garanzie per estendere il funzionamento al maggior numero di ore nell’arco dell’anno. Il quantitativo di energia termica occorrente per le lavorazioni e per il condizionamento ambientale e il consistente e costante fabbisogno di energia elettrica, oltre alla loro continuità di sfruttamento, hanno reso conveniente l’inserimento di un impianto di cogenerazione che può quindi lavorare a pieno carico per molte ore all’anno. Riguardo le emissioni in atmosfera dell’impianto realizzato, il raggiungimento del limite per i NOx è stato possibile tramite il controllo della carburazione di un motore già predisposto per raggiungere a pieno carico valori minimi di emissione. Il raggiungimento del valore limite per il CO è stato consentito dall’adozione di un sistema catalitico per applicazioni speciali.

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SPECIALE COGENERAZIONE E BIOCOGENERAZIONE

Un impianto all’avanguardia per la produzione di bio-energia che contribuirà allo sviluppo della cogenerazione a biogas nel paese europeo

Dal biogas energia ecosostenibile in Polonia

46 L’impianto Ecomax® BIO realizzato per Bioenergy Project a Konopnica, in Polonia

L’impianto Ecomax® BIO di AB Energy è stato recentemente inaugurato in località di Konopnica, in Polonia, su commissione della Bionergy Project. Realizzato da KWE, la società polacca del gruppo italiano specialista negli impianti di cogenerazione e biocogenerazione, ha una capacità di 1,99 MW. L’impianto rappresenta un’applicazione all’avanguardia e pilota sul mercato polacco nella produzione di energia tramite biogas. La sua importanza per lo scenario economico ed istituzionale polacco è stata sottolineata dalla partecipazione di autorità e imprenditori alla cerimonia di inaugurazione, avvenuta a ottobre 2012. Il governo polacco era rappresentato da Mieczyslaw Kasprzak, viceministro dell’Economia, che si è complimentato con Angelo Baronchelli e il suo staff di collaboratori per avere contribuito ad aprire una nuova stagione di sviluppo della cogenerazione a biogas in Polonia. Un fatto ricordato più volte dai partecipanti durante i discorsi ufficiali prima del ‘taglio del nastro’ e alla conferenza stampa,

L’inaugurazione con il presidente di AB Energy Angelo Baronchelli, secondo da sinistra

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eventi nei quali erano presenti fra gli altri Mieczyslaw Kasprzak, segretario di stato presso il ministero per l’Economia, e Tadeusz Nalewajk, segretario di stato presso il ministero dell’Agricoltura. L’attenzione dei media polacchi specializzati sottolinea il ruolo strategico che gli impianti a biogas avranno nello sviluppo energetico del paese e per lo sviluppo dell’economia nell’ottica di una maggiore ecosostenibilità. La biodigestione di questo impianto utilizza sia mais che scarti agricoli. L’energia elettrica prodotta dall’impianto di Konopnica sarà venduta alla rete e il calore sarà presto distribuito tramite reti di teleriscaldamento al popoloso e industrializzato quartiere di Rawa Mazowiecka. Il progetto di Bioenergy a Konopnica avrà effetti positivi sulla tutela dell’ambiente locale. Soltanto con la produzione di energia elettrica si potrà ridurre ogni anno di circa 17.500 tonnellate la CO2 immessa nell’atmosfera (equivalente a quanto sanno fare oltre due milioni di alberi di pino). Il gas naturale equivalente per produrre la stessa quantità di energia elettrica e termica è superiore a 5 milioni Nmc/anno. Il progetto prevede inoltre di promuovere positivamente l’economia locale, in quanto agirà da motore di sviluppo per le produzioni agricole. Gli agricoltori locali avranno la possibilità di entrare nella filiera destinata ad alimentare l’impianto. Queste sono solo alcune delle ragioni che sollecitano il governo polacco ad incoraggiare gli investimenti in impianti di biogas sul proprio territorio. È un esempio di come ampliare il concetto di generazione dell’energia distribuita. Non a caso lo sviluppo della cogenerazione è fra gli obiettivi del documento strategico di politica energetica polacca che guarda fino al 2030. Secondo le previsioni di mercato, la domanda nazionale di energia elettrica è destinata a crescere del 43% entro il 2030. Si prevede che entro quella data saranno resi operativi oltre 600 nuovi impianti alimentati a biogas, con una capacità totale di 631 MW ed una produzione di 3,4 Twh di energia. “Siamo orgogliosi di aver contribuito a questa vera e propria start up del biogas in Polonia - ha dichiarato Mario Pipitone, Global Sales Director del Gruppo AB e vicepresidente del Consiglio di KWE Technika Energetyczna - una realizzazione che può definirsi un’esperienza pilota e riferimento guida per il settore”.

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Rendimenti superiori La Divisione 2G Drives GmbH si occupa dello sviluppo e dell’ottimizzazione dei moduli di cogenerazione. Ha recentemente messo a punto una linea dalle prestazioni eccellenti Il gruppo 2G nasce nel 1995 dall’idea di Christian Grotholt e Ludger Gausling (le 2 G). Da oltre 15 anni realizza e gestisce centrali di cogenerazione a gas mediante motori a combustione interna. Dal 1999, con la liberalizzazione del mercato elettrico, il gruppo 2G si è sviluppato in maniera esponenziale, divenendo una delle aziende principali sul territorio tedesco. Nel 2007 acquisisce la maggioranza di AEM GmbH (cogenerazione residenziale) ed entra nella borsa di Francoforte. Da questo momento in poi aumenta le proprie esportazioni ed instaura filiali nei paesi europei di maggior interesse ed anche oltreoceano. In quest’ottica nascono 2G Spagna, 2G Francia, 2G Inghilterra, 2G Polonia, 2G Turchia, una serie di collaborazioni per i mercati russo e giapponese, Cenergy (di proprietà al 25%) per il mercato statunitense, fino alla più giovane 2G ITALIA Srl. Una menzione merita 2G Drives GmbH, ramo aziendale che si occupa dello sviluppo e dell’ottimizzazione dei moduli di cogenerazione. Il progetto 2G Drives nasce dalla collaborazione con il dottor Günther Herdin, già direttore della Divisione di Ricerca & Sviluppo in GE Jenbacher. La Divisione 2G Drives ha sviluppato la linea Agenitor che consente rendimenti superiori ai moduli cogenerativi di pari taglia. L’intenso lavoro di sviluppo congiuntamente alla consolidata esperienza nel settore della cogenerazione ha portato

2G ad installare circa 750 impianti nel solo anno 2011. Ad oggi 2G ha realizzato oltre 2.000 centrali di cogenerazione con circa 500 MW di potenza elettrica installata. Il gruppo conta circa 350 dipendenti con un fatturato 2011 di circa 150 milioni di euro. 2G ITALIA Srl è nata nel marzo 2011 e si occupa dello sviluppo, gestione e manutenzione degli impianti sul territorio italiano.

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Impianto ad olio vegetale Un sistema di cogenerazione alimentato da olio vegetale è stato installato presso un importante stabilimento che fornisce l’industria elettronica ed elettrotecnica

Socoges, di Colanto Group, ha installato un impianto di cogenerazione, entrato in funzione a giugno 2012, presso il sito di Ascoli Piceno di Elantas Italia, che fornisce prodotti per i principali processi dell’industria elettrica, elettronica, elettrotecnica e materiali per ingegneria. L’impianto, alimentato da olio vegetale, produce energia elettrica e termica. Il combustibile, prima di

entrare nel motore, subisce una serie di trattamenti importanti. Il primo è il preriscaldo dell’olio nel serbatoio. Per mantenerlo caldo nel tratto che collega quello di stoccaggio con il giornaliero, la condotta dell’olio è incamiciata con quella dell’acqua calda prodotta dal recupero. I due flussi sono in controcorrente, con l’acqua diretta verso lo stoccaggio e l’olio verso il suo giornaliero. In quest’ultimo sono inserite delle resistente elettriche che portano l’olio ad una temperatura di 70°C ed un moto agitatore che mescola il combustibile per renderlo omogeneo ed uniformare la temperatura. Il combustibile diretto verso il motore ha un ulteriore filtraggio più fitto e innalzamento della temperatura sino a 75°C tramite una resistenza elettrica interna alla condotta posta sullo skid carburante. Il consumo dell’olio lubrificante viene colmato da un rabbocco automatico da un serbatoio. Questo sistema ha il vantaggio di integrare il lubrificante senza spegnere il gruppo. Dopo il recupero del calore dall’acqua motore per l’utenza e per il riscaldamento del serbatoio dell’olio vegetale, segue un recupero termico dai fumi che attraversano tre stadi con diversi salti termici, prima di uscire dal camino. Così viene recuperata gran parte dell’energia contenuta dagli stessi fumi. Un primo recupero avviene nello scambiatore fumi/olio diatermico, cedendo 328 kW termici. Nello step successivo, i fumi attraversano la caldaia a vapore. L’ultimo recupero avviene nello scambiatore fumi/acqua. Si ottiene cosi un recupero termico solo dai fumi di 635 kW.

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Energia e calore dagli scarti Presso un impianto di compostaggio è stata installata una caldaia a biomasse che utilizza materiale di scarto per scaldare gli ambienti di lavoro e produrre elettricità L’azienda fratelli Boscaro di Vigliano Biellese (Biella) gestisce un impianto di compostaggio che alla prima vagliatura registra uno scarto di lavorazione che raggiunge l’85% dei materiali immessi nel processo produttivo. Tonnellate di materiale il cui smaltimento rappresentava un costo importante. Uniconfort ha installato una caldaia integrata da due generatori a ciclo Rankine ricombinato (ORC), che hanno permesso di utilizzare il materiale di scarto per riscaldare gli ambienti di lavoro e produrre non solo l’energia elettrica necessaria per il funzionamento dell’impianto, ma anche una quantità in eccesso che viene venduta al Gestore Servizi Energetici. La fonte termica dell’impianto è costituita da una caldaia con una potenza nominale di 2.093 kW/h con acqua surriscaldata a 150°C alla pressione di 12 bar. La caldaia è stata appositamente studiata per bruciare un combustibile difficile come gli scarti da compostaggio. La caldaia aziona due turbine da 125 Kw ciascuna che permettono di generare energia elettrica. Attraverso la rete di teleriscaldamento, realizzata con 650 metri di tubazioni, l’acqua calda in partenza dall’impianto raggiunge gli allacciamenti degli edifici dell’azienda. Per ottimizzare i processi, l’impianto è stato progettato in modo che l’acqua calda in uscita dai generatori nel suo ciclo di raffreddamento possa essere sfruttata per essiccare e preriscaldare il materiale utilizzato come combustibile, migliorandone la resa. L’investimento si ammortizza in due anni grazie ai risparmi annui sul conferimento del materiale in discarica, sul mancato costo del gasolio e

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La caldaia a biomassa

grazie al guadagno per l’energia elettrica venduta alla rete. La realizzazione dell’impianto di cogenerazione per la produzione di energia termica ed elettrica consente di non bruciare 140.000 litri di gasolio e, quindi, di non emettere 1.250 tonnellate di CO2.

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Sistema alimentato a gas naturale

Installazione di un impianto di cogenerazione a metano presso uno stabilimento chimico, a copertura dei consumi elettrici e frigoriferi di utenza

È in fase di installazione presso dall’assorbitore al Br/Li, sarà utilizzata nel processo, con una significativa uno stabilimento chimico un im- riduzione della potenza elettrica assorbita dai chiller e un miglioramento pianto di cogenerazione e alimen- dell’efficienza dei compressori elettrici e quindi un minor assorbimento tato a gas naturale, progettato e di energia elettrica per la fase di compressione. realizzato da Convert. L’energia Una sezione di generazione elettrica con recupero termico si trova sia sul elettrica prodotta sarà utilizzata lato fumi sia sul lato motore, composta da due motori a ciclo otto alimentati quasi totalmente autoconsumata a gas metano. La potenza elettrica totale installata in questa sezione è producendo un risparmio su quella pari a 2.330 kWe. Il calore recuperato dal cogeneratore ha un duplice acquistata dalla rete. L’energia ter- impiego: circa 1.000 kWt in forma di acqua surriscaldata sono utilizzati mica recuperata dal cogeneratore per alimentare una turbina ORC con ulteriore recupero di 125 kWe. sarà invece utilizzata per produrre Il risparmio netto annuo stimato generato dal nuovo sistema con trigenerazione freddo tramite l’utilizzo di un as- gas metano e turbina a ciclo organico è pari a circa 1.135.000 euro con un pay sorbitore al bromuro di Litio, ri- back time in full equity dell’investimento inferiore a 3 anni. ducendo i consumi frigoriferi di utenza. Il calore di cogenerazione in eccesso sarà utilizzato per alimentare una RICAVI COSTI RISPARMIO turbina a ciclo organico per la produzione di ulteriore energia elettrica. L’impianto industriale è attualmente Previsione di Ricavi da Risparmio Spesa totale quasi del tutto alimentato ad energia elettrica. I conspesa elettrica vendita in totale (CH +e.e+O&M) Tasse di rete 4 evitata rete generabile sumi principali sono dovuti all’utilizzo di chiller per la € 2.936.914 € 7.591 € 1.750.441 € 59.133,00 € 1.134.931 produzione di freddo. L’acqua fredda, che sarà prodotta

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Tecnologia di nuova (co)generazione

Ener-G progetta, produce e installa impianti di cogenerazione, proponendo forme di finanziamento diretto per la fornitura di impianti chiavi in mano

Ener-G è attiva in molteplici settori tra cui: impianti di cogenerazione e trigenerazione, impianti di microcogenerazione, impianti alimentati a biogas proveniente da sistemi di digestione anaerobica o discarica, consulenza energetica ecc, gruppi di cogenerazione a gas naturale e a biogas a partire già dai 30kW ai 10 MW. L’esperienza di Ener-G nel settore della cogenerazione risale al 1984, anno in cui l’azienda iniziò a progettare, produrre e installare impianti di cogenerazione e garantirne la relativa assistenza attraverso proposte concrete di finanziamento diretto per la fornitura di impianti chiavi in mano, ossia da Ener-G al cliente senza intermediari finanziari. Il servizio DEP (Discount Energy Purchase) prevede una tariffa concordata, che il cliente corrisponde ad Ener-G per la fornitura di energia elettrica prodotta dal cogeneratore. L’energia termica viene ceduta invece gratuitamente e comprende anche la manutenzione full-service. Il cliente dovrà solamente ritirare l’energia elettrica prodotta e fornire il combustibile necessario al CHP (metano o biogas). Un attento studio fornito nella fase preliminare riduce significativamente il costo di installazione e aumenta sostanzialmente i risparmi realizzati durante il ciclo di vita del progetto, determinando quindi anche il costo di produzione dell’energia, sia che si tratti di un impianto finanziato o di una semplice fornitura. Il dipartimento Cogenerazione è composto da ingegneri civili e da tecnici provenienti dal settore della generazione di energia. Il centro di produzione di Manchester, che si estende su una superficie di 12.000 m2, sviluppa la tecnologia Ener-G rispondente agli standard più

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Impianto di cogenerazione installato presso uno stabilimento chimico-farmaceutico nel parmense

elevati. Grazie ad un Test-Cell collaudato, l’azienda è in grado di esaminare con rigore le prestazioni di tutte le unità di cogenerazione prima della consegna nel sito, garantendo ai clienti di ricevere un sistema che è già stato pre-testato ed approvato e che sarà monitorato e gestito da remoto (dopo l’installazione) per tutta la durata della sua vita. Basta quindi, a quel punto, girare la chiave del motore ed iniziare a produrre energia. Per maggiori informazioni www.ener-g.it.

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Mini e micro-cogeneratori modulari

Una macchina di mini-cogenerazione elettronica brevettata multi-inverter, accoppiata ad una unità di generazione termoelettrica a velocità variabile

Grazie al know-how maturato nei settori dell’elettronica di potenza, dell’elettronica di controllo e delle macchine di generazione di energia, Energifera fornisce macchine e soluzioni elettroniche e meccaniche innovative per centrali fotovoltaiche, generatori eolici e per la mini-cogenerazione associata anche a fonti rinnovabili. Il prodotto di punta è TEMA® (Total Energy Manager), una macchina di mini-cogenerazione elettronica brevettata multi-inverter accoppiata ad una unità di generazione termoelettrica a velocità variabile. Quest’ultima è costituita da motore ciclo otto associato ad un generatore elettrico e da una serie di scambiatori di calore per recuperare tutta l’energia utile. Grazie alla parte elettronica di controllo e gestione che ne rende anche automatico il funzionamento, il rendimento nella generazione termoelettrica è prossimo al 90%. Ne esistono 5 modelli: TEMA 30, TEMA 40, TEMA 60, TEMA 100 e TEMA 120 con potenze elettriche nominali rispettivamente pari a 30 kW, 40 kW, 52 kW, 85 kW e 105 kW elettrici (cui corrispondono il doppio di kW termici sotto forma di acqua calda utile). La gamma di prodotti di Energifera viene ampliata con la gamma TEMA FIX, la nuova macchina di mini-cogenerazione standard, presente in 3 modelli: TEMA FIX 30, TEMA FIX 45, TEMA FIX 70, con potenze elettriche di taglia rispettivamente pari a 30 kVA, 44 kVA e 70 kVA. Pensata in una logica di basso costo e affidabilità in condizioni di lavoro

heavy-duty e di massimizzazione del ROI per gli operatori di settore, le ESCO, i gestori calore e gli utilizzatori continuativi, la macchina TEMA FIX si allinea ai tradizionali cogeneratori a giri fissi, pur conservando i molti vantaggi della flessibilità derivanti dal know-how elettronico contenuto in TEMA, la macchina ammiraglia di Energifera.

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Energia sostenibile e affidabile Il maggiore produttore russo di fertilizzanti ha commissionato a GE un sistema di cogenerazione basato su turbina a gas aeroderivativa, che aumenta la capacità produttiva e l’affidabilità energetica del sito L’attuale scenario energetico sta cambiando con l’ingresso di nuovi produttori indipendenti – aziende private, enti pubblici e comunità – che vanno ad affiancare le tradizionali grandi utility per produrre in maniera autonoma energia sostenibile e affidabile, da erogare dove e quando necessario. Una tendenza, quella della generazione distribuita, che consente alle aziende e comunità, di accedere a un’energia affidabile ed efficace, da qualsiasi luogo, a prescindere dal fatto di essere connessi o meno alla rete. Lo sviluppo di una rete elettrica decentralizzata, nella quale la corrente venga generata nel luogo in cui viene utilizzata o nelle sue vicinanze, contribuisce ad innalzare l’efficienza riducendo o eliminando la dispersione causata dalla trasmissione e dalla distribuzione, con conseguenti vantaggi economici e ambientali. Per le aziende che devono fare affidamento su una disponibilità di energia stabile e affidabile, come le aziende Sezione della turbina a gas aeroderivativa petrolchimiche e farmaceuLM2500

CHIMICA AMBIENTE

tiche, un blackout può avere conseguenze devastanti. Un esempio in ambito chimico è il progetto avviato per PhosAgro, la più grande azienda russa produttrice di fertilizzanti, da cui dipende il comparto agricolo russo che assicura le forniture alimentari nazionali. Per incrementare la produzione, PhosAgro aveva innanzitutto bisogno di aumentare l’efficienza energetica dei propri impianti. La società ha quindi ordinato a GE un sistema di cogenerazione basato su turbina a gas aeroderivativa LM2500+G4 da 32 megawatt. I generatori di GE, alimentati a gas naturale, aumentano la capacità produttiva e l’affidabilità energetica del sito, fornendo l’energia e il vapore supplementari di cui PhosAgro ha bisogno per aggiungere alla propria gamma una nuova linea di fertilizzanti azotati.

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Tecnologia a ciclo combinato Le soluzioni Combi Cycle puntano alla massima efficienza energetica e a garantire sistemi affidabili ed economici

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Ingeco e la consociata Progeco, impegnate nella ricerca di soluzioni tecnologiche affidabili ed efficienti nel campo della produzione di energia da biomasse e nel recupero energetico, hanno sviluppato i Combi Cycle Systems. Combi Cycle è un ciclo combinato vapore+ORC che sfrutta al meglio le proprietà termodinamiche del vapore alle alte temperature (150-220°C) e quelle del fluido organico più adatto alle basse temperature (<140°C). Il vapor d’acqua ha ottimali prestazioni termodinamiche da temperature superiori ai 150°C, 5 bar(a), poiché sale velocemente di pressione con modesti aumenti di temperatura. Lavorando in questi campi di pressione (>5 bar), l’espansore produce sensibili quantità di energia con volumi di vapore contenuti, risultando così compatto ed economico. L’utilizzo di vapor saturo a pressioni non superiori a 24 bar permette inoltre l’utilizzo di generatori di calore semplici ed economici rispetto a sistemi che lavorano a pressioni superiori. Al contrario, il Ciclo Rankine Organico, grazie alla bassa temperatura di evaporazione del fluido, è adatto per temperature inferiori a 140°C (<5 bar a). Il ciclo ORC ha poi il grande vantaggio che, grazie alle proprietà termodinamiche dei fluidi organici, non presenta rischio di condensazione in turbina, operando lontano dalla curva di saturazione. Questo rende possibile l’utilizzo di turbine di piccole dimensioni e ad alte velocità rotozionali come Clean Cycle 125 di General Electric. I sistemi Combi Cycle sono stati concepiti con potenze tra 200 e 500 kW elettrici, garantendo l’assetto cogenerativo in 2 stadi diversi di temperatura, 150°C e 35°C, per utenze tradizionali o radianti di ultima generazione.

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Impianto con motori endotermici Un impianto di cogenerazione realizzato per soddisfare l’esigenza di autoproduzione di energia elettrica, di recupero calore e recupero dei gas esausti prodotti dal motore Intergen, Divisione Energia di IML Impianti Srl, società del Gruppo IML, è un attore di riferimento nelle progettazione e realizzazione di impianti di cogenerazione per la produzione di energia con motori endotermici MWM. Nel 2012 Intergen ha

Impianto di cogenerazione da 1.6 MW

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realizzato per una primaria azienda italiana nella produzione di ceramiche di alta qualità un impianto di cogenerazione con motore alimentato a gas metano MWM tipo TCG 2032 V16 da 4.300 kWe. L‘impianto è stato realizzato per soddisfare l’esigenza di autoproduzione di energia elettrica, di recupero calore e recupero dei gas esausti prodotti dal motore. Con rete presente, il gruppo può essere avviato ed arrestato automaticamente. Il recupero di calore avviene nei circuiti di bassa temperatura del motore, tramite scambiatore di calore a piastre fra acqua di raffreddamento motore ed acqua impianto (70-85°C), consentendo all’utenza di avere a disposizione un salto termico di 15°C. Si recupera la potenza termica dei gas esausti, pari a 3.091 kWt. I gas di scarico miscelati con aria comburente vengono convogliati in un bruciatore e quindi indirizzati nell’atomizzatore, dove avviene il rilascio finale della potenza termica con l’essiccazione della barbettina, ottenendo la polvere finale pronta per la pressatura. L’intervento eseguito con l’installazione dell’impianto di cogenerazione è stato finalizzato all’ottimizzazione del ciclo produttivo del cliente. Tale ottimizzazione è avvenuta sul vettore metano, prima principalmente impiegato per esigenze di processo ed ora impiegato ad integrazione del nuovo processo. In tale nuova configurazione cogenerativa, oltre alla produzione autonoma di energia elettrica, il vettore calore generato dalla combustione è stato inserito nel processo produttivo consentendo una importante riduzione del consumo ‘tradizionale’ del metano per la produzione del calore.

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SPECIALE COGENERAZIONE E BIOCOGENERAZIONE

Migliorare il rendimento delle rinnovabili

Innovativi gruppi di cogenerazione ad elevata efficienza energetica, economica e ambientale, con particolare interesse verso sistemi a gas metano, biogas e biometano

Gli impianti di cogenerazione Challenger One realizzati dalla SEKO Spa, capaci di soddisfare le esigenze di cogenerazione da 100 fino a 2.000 kWe, rispondono concretamente alle più esigenti richieste di un’efficiente produzione di elettricità e calore grazie all’ampia gamma dei modelli prodotti, capaci di sfruttare al meglio le agroenergie impiegate con particolare interesse verso la cogenerazione di gas metano, biogas e biometano. Il rendimento elettrico varia dal 40 al 43% e in funzione alle potenze dei motori, mentre il rendimento termico è di circa il 50%. Questi impianti sono interamente progettati e costruiti presso gli stabilimenti della SEKO con elevati standard qualitativi, utilizzando i migliori motori endotermici ed i migliori componenti esistenti nel mercato per dare le massime prestazioni. Il gruppo è di altissima qualità e consente di avere degli intervalli di manutenzione

programmata molto lunghi rispetto agli standard di altri cogeneratori. I motori affidabili, robusti e compatti offrono i massimi coefficienti di rendimento e prestazioni grazie alla loro ottimale combustione e vantano valori particolarmente bassi nelle emissioni allo scarico. L’esclusivo container, dal design brevettato, è stato studiato per un alloggiamento perfetto e funzionale di tutti i componenti assicurando massima praticità di accesso per le operazioni di controllo e manutenzione. Per garantire l’affidabilità, vengono sottoposti a severi controlli e prove con impieghi gravosi per migliaia di ore prima di entrare nella fase di produzione di serie. Gli impianti di cogenerazione Challenger One rappresentano una scelta vincente, sono affidabili ed efficienti, capaci di migliorare significativamente il rendimento energetico di fonti rinnovabili.

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Servizi per l’energia Un’esperienza consolidata nella progettazione e realizzazione di sistemi di cogenerazione, micro-cogenerazione e biocogenerazione

RAM Srl è un azienda con esperienza pluriennale nel settore dei sistemi di cogenerazione, micro-cogenerazione e biocogenerazione. Con il termine cogenerazione si intende la produzione combinata di energia elettrica e termica. Il principio su cui si basa la cogenerazione è quello di recuperare il calore generato durante la produzione di energia elettrica, altrimenti disperso nell’ambiente, e riutilizzarlo per produrre energia termica, garantendo, così, efficienza e risparmio energetico. Nella cogenerazione come combustibili per produrre energia elettrica e termica vengono utilizzati comunemente gas metano o gpl, nella biocogenerazione il combustibile è un biocarburante derivante dall’utilizzo di fonti rinnovabili. La RAM propone le seguenti soluzioni: microcogenerazione a gas metano o GPL, con taglie di potenza elettrica da 10, 20, 30, 40 e 65 kWe; cogenerazione a gas metano o GPL, con taglie di potenza elettrica comprese tra 120 kWe e 3000 kWe; sistemi a biomassa legnosa da 45 kWe, composti da gassificatore a cippato di legno e cogeneratore a syngas. Ecco quali sono i vantaggi che si posso trarre dall’installazione di un impianto di cogenerazione e biocogenerazione: es-

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Sistema di cogenerazione a gas

enzione delle accise sul combustibile utilizzato (metano, GPL, gasolio); efficienza energetica grazie alla cogenerazione distribuita; premio incentivante per la CAR (Cogenerazione Alto Rendimento); scambio sul posto (fino a 200 Kw/e); tariffa onnicomprensiva riconosciuta per 20 anni agli impianti alimentati da fonti rinnovabili non fotovoltaiche (cippato); risparmio energetico e sostenibilità ambientale grazie all’utilizzo di fonti rinnovabili (cippato).

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Alimentazione a gas metano e biogas

Innovativi sistemi di produzione combinata di energia elettrica e termica per applicazioni industriali e agricole

Impianto da 1 MW

La necessità di produrre energia in modo alternativo a quello tradizionale da combustibili fossili è diventata una priorità. La Tessari Energia Spa, già dagli anni ‘60, ha fatto sua questa missione, affiancando alla tradizionale linea di gruppi elettrogeni innovativi sistemi di produzione combinata di energia elettrica e termica con motori di trasformazione Tessari alimentati

sia a gas metano che a biogas: inesauribile sorgente, quest’ultima, di energia rinnovabile proveniente prevalentemente dal trattamento di rifiuti organici, impianti di depurazione o da discarica di rifiuti urbani. Gli impianti di cogenerazione alimentati a gas metano e biogas trovano applicazioni sia in campo industriale che agricolo con sistemi di produzione combinata di energia elettrica e termica che, oltre ad un alto rendimento (mediamente 85% circa) garantiscono energia pulita e aiutano a ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera. I motori, attraverso il ciclo di combustione interna, trasformano il potere calorifico del gas/biogas in energia meccanica e quindi, grazie ad un alternatore, in energia elettrica, mentre il calore prodotto dai motori viene captato da appositi scambiatori sulla linea fumi e sul circuito acqua/olio e reso disponibile come energia termica da impiegare nel ciclo di utilizzo dell’utente. Si crea così un percorso ottimale nella gestione dell’energia con benefici economici derivanti dalle mancate spese che l’autoproduzione è in grado di garantire, naturalmente in presenza di un cogeneratore dimensionato a dovere, secondo parametri legati ad uno studio preventivo costi/ricavi. In particolare oggi la Tessari Energia Spa offre all’utenza una gamma di cogeneratori con potenze tra 30 kWe e 395 kWe per arrivare a 1 MW installato con un criterio modulare di più macchine in parallelo tra loro, con l’impiego di motori originali MAN e sistemi Motortech.

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Generazione di potenza da calore residuo Energia rinnovabile da biomasse, gas di scarico e calore residuo, senza l’uso di carburante e senza emissioni

La generazione di potenza da calore residuo è sostenibile poiché genera energia senza l’utilizzo di carburante e senza emissioni, convertendo risorse che andrebbero altrimenti disperse. Dal 2001 Triogen sviluppa e produce sistemi cogenerativi a Ciclo Rankine Organico (ORC) con una resa di 165kWe ottenuta convertendo il calore residuo o la biomassa in pregiata elettricità ed acqua calda, utilizzabili sia dai gestori di rete elettrica che dagli utenti finali. I generatori ORC Triogen sono caratterizzati da un’efficienza molto alta (circa il 20%) che permette di ottenere quasi il 50% della potenza in più rispetto a sistemi alternativi. Inoltre, grazie alle alte temperature del raffreddamento (55°C fino ad 90°C), il generatore Triogen è adatto a diversi schemi di cogenerazione e non risente di cali di prestazione nei mesi estivi. Due le versioni disponibili. La prima è il modello standard WB1 attual-

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mente funzionante in numerosi impianti in Europa. La seconda è la versione WB1-Vario, con la possibilità di utilizzare il calore di condensazione in cogenerazione, con temperature comprese tra 55°C e 80°C. La scelta tra produzione elettrica e resa termica è regolabile dall’utente in funzione dell’effettivo fabbisogno di calore. Il generatore ORC Triogen non interferisce con il processo produttivo centrale e può essere installato a valle di motori a biogas, gas da discarica o biodiesel, connesso ad un bruciatore a biomassa, utilizzato per convertire il calore residuo da processi industriali, vetrerie, acciaierie. In qualsiasi applicazione Triogen ottimizza il rendimento dell’intero processo. Il fluido di lavoro è riscaldato direttamente dalla fonte di calore. Non è quindi necessario un circuito intermedio ad olio diatermico o acqua.

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tecnologia Elettropompe

QUALITÀ D’ACCIAIO Sensibile ai temi della sicurezza e dell’ambiente, Bruno Wolhfarth sta dotando le sue elettropompe di motori ad alto rendimento. Le autoadescanti e reversibili per il travaso di prodotti liquidi e densi, anche aggressivi, rappresentano tutt’oggi il prodotto di punta

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Bruno Wolhfarth costruisce da quasi 50 anni elettropompe e filtri in acciaio inox per industrie e laboratori nei settori chimico, alimentare e farmaceutico. L’azienda ha sempre privilegiato la qualità di materiali ed esecuzione rispetto alla quantità della produzione e si è guadagnata l’apprezzamento di clienti di prestigio in Italia e all’estero. Le caratteristiche basilari delle elettropompe e dei filtri sono immutate, ma si è ampliata la gamma dei materiali impiegati e delle soluzioni costruttive per soddisfare le esigenze degli utilizzatori, nell’evoluzione dei prodotti da trattare e nel rispetto delle normative in campo igienico e della sicurezza. Questa scelta si è rivelata vincente soprattutto in tempi di crisi come l’attuale, permettendo non solo di mantenere la clientela acquisita, ma anche di ampliarla grazie ad una riconosciuta affidabilità. Sensibile alle direttive riguardanti la sicurezza e l’ambiente, Wolhfarth sta progressivamente dotando le sue elettropompe di motori ad alto rendimento per potenze superiori a 0,75 KW, nei tempi e nei modi previsti dal Regolamento CE 640/2009 in applicazione della direttiva 2005/32/CE in merito alle specifiche per la progettazione ecocompatibile dei motori elettrici. Nel 2009, inoltre, lo stabilimento è stato dota-

to di un impianto fotovoltaico che fornisce tutta l’energia necessaria alla produzione. Il prodotto ‘storico’ è rappresentato dalle Elettropompe serie Rapid, autoadescanti e reversibili, in acciaio inox AISI 316L, con girante flessibile, apprezzate soprattutto nel settore chimico, alimentare, farmaceutico e cosmetico, per le loro qualità di robustezza, funzionalità ed igiene. Nella versione carrellata sono molto pratiche e adattabili in vari ambiti di lavoro. Senza il carrello vengono installate fisse in impianti, anche con attacchi flangiati UNI EN1092 PN10, ultimamente molto richiesti. Il corpo pompa è in acciaio inox AISI 316L, ricavato da barra piena, senza fusioni né saldature, e quindi con superfici lisce e compatte, prive di porosità. Girante e guarnizioni sono in diversi tipi di elastomero, in base al prodotto da travasare: Neoprene, per tensioattivi, alcolici e alcuni acidi e olii; Dutral, per acidi corrosivi; Nitrile, per olii minerali ed essenze; Silicone bianco, certificato idoneo all’impiego a contatto di alimenti, secondo la regolamentazione FDA e in ottemperanza alla Direttiva CE 1935/2004. La facilità di smontaggio permette agevoli operazioni di pulizia e manutenzione. La riduzione di guarnizioni e componenti semplifica e velocizza le riparazioni. Con motore a basso numero di giri o con variatore di velocità,

Marco Wolhfarth, nipote del fondatore Bruno Wolhfarth, sul tetto dello stabilimento dotato di pannelli fotovoltaici

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Elettropompa Rapid carrellata

le Rapid sono adatte al trasferimento di prodotti delicati, come creme, emulsioni, microsfere, o molto densi, come paste o pomate, e viscosi, come miele o gel e sono impiegate per facilitare alcune lavorazioni, ad esempio il riempimento di fusti, in cui si richiede di ridurre la portata a fine operazione. Le Rapid possono essere fornite in esecuzione antideflagrante e certificate a norma ‘ATEX’. Per particolari esigenze in campo chimico viene prodotta la serie AC, con corpo pompa ricavato da barra di titanio, metallo resistente alla corrosione ed in particolare agli acidi come il cloridrico e il solforico. Bruno Wolhfarth è inoltre specializzata nella costruzione di filtri a piastre in acciaio inox senza guarnizioni per la filtrazione con cartoni filtranti in industrie e laboratori.

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tecnologia Green chemistry

CHIMICA A FLUSSO CONTINUO: UNA SCELTA VERDE Nei processi produttivi delle industrie chimiche e chimico/ farmaceutiche, la chimica a flusso continuo è considerata una tecnologia verde. ThalesNano, rappresentata in Italia da Stepbio Srl, propone strumenti e soluzioni per condurre reazioni in flusso continuo che comportano vantaggi ambientali Rispetto al tradizionale approccio a batch, la chimica a flusso continuo ha spesso mostrato che, con la stessa stechiometria di reazione, si possono ottenere maggiori quantità di prodotto grazie ad una maggiore selettività (conversioni più alte). Questo comporta una riduzione del consumo di solventi e reagenti. Anche nell’impiego dei catalizzatori l’impatto ambientale della flow chemistry è vantaggioso. Infatti, se i catalizzatori sono impaccati in cartucce, si evita ogni possibile dispersione e contaminazione dell’ambiente e degli operatori da parte di metalli pesanti. Data la capacità dei reattori a flusso di raggiungere un’immediata omogeneizzazione delle concentrazioni (elevata velocità di miscelazione per diffusione) per certi processi è possibile eliminare il solvente. È anche limitato o assente l’utilizzo di sostanze ausiliari che funzionano da gruppi protettivi per intermedi instabili in quanto si utilizzano bassi tempi di residenza. Per lo sfruttamento di reazioni che impiegano gas esplosivi, gli impianti a batch, sia per produzione che per ricerca, devono essere ospitati in veri e propri bunker (costoso ed

Figura 1

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anti-ecologico investimento), per l’eventualità che si possano verificare esplosioni. Questo è il caso delle reazioni di idrogenazione. Per queste reazioni, grazie all’adozione della chimica a flusso continuo, non si rende più necessario la costruzione del bunker. Infatti, come per i motori ad idrogeno per autotrazione, anche gli strumenti Thalesnano producono idrogeno dall’acqua, senza accumulo e solo in quantità coerenti ai ridottissimi volumi in cui la reazione ha luogo. Tra un batch ed un altro di produzione, gli impianti tradizionali richiedono il lavaggio di ogni superficie che va in contatto con la reazione. Questo comporta ingenti quantità di liquidi che devono essere smaltiti. Il controllo sull’efficacia di questo ricondizionamento, cleaning validation, richiede a sua volta la produzione di campioni di liquido di lavaggio e quindi ancora un impegno a smaltire. Tutto ciò viene ridotto, per gli impianti a flusso continuo, alla sola apertura e chiusura del ciclo di produzione ed il volume di liquido necessario viene così ridotto a quantità trascurabili ai fini dell’impatto ambientale per il suo smaltimento.

Una grande aspettativa green della flow chemistry è la possibilità di sostituire con acqua il mezzo di reazione, quando esso è un solvente di forte impatto ambientale. In un impianto di flow chemistry si possono realizzare in sicurezza alte pressioni ed alte temperature, condizioni queste adatte a trasformare l’acqua in un fluido supercritico che offra le stesse proprietà di solubilizzazione dei solventi organici che oggi vengono impiegati. Prerogativa della flow chemistry sono i bassi tempi di contatto dei reagenti, e questa condizione ha comportato, per certe reazioni, grazie alla migliore selettività, la possibilità di operare a temperature non criogeniche, ma ambiente o superiori. La chimica a flusso è già una realtà importante nel campo della produzione di biocarburanti. Riportiamo a titolo di esempio un’applicazione condotta sullo strumento HCube Pro™ riguardante la trasformazione, tramite idrogenazione in continuo, di D-Glucosio a D-Sorbitolo (figura 1), un intermedio chiave nella produzione di biocarburante. I risultati dell’applicazione su questo strumento sono riportati in tabella 1. H-Cube PRO a cui si riferiscono questi dati non è da considerarsi solo un idrogenatore in continuo: infatti esso può essere integrato con moduli per sviluppare sintesi in catalisi omogenea ed eterogenea (Phoenix) e anche in condizioni trifasiche (Gas Module). Tale soluzione, applicare moduli esterni in funzione della chimica specifica, rende lo strumento più flessibile e con un costo più conveniente.

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tecnologia Trattamento delle acque reflue

AZIONE COMBINATA DI OSSIDAZIONE E FILTRAZIONE I sistemi di trattamento delle acque impiegano spesso tecnologie di tipo biologico, che sfruttano l’attività dei microrganismi per ridurre gli inquinanti presenti nei reflui. Una delle più efficaci e convenienti è la tecnologia MBR

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Sezione laterale del serbatoio in 3D

La tecnologia MBR (Membrane Bio-Reactors) si avvale dell’azione combinata del trattamento biologico aerobico e del trattamento di filtrazione su membrane. Essendo basato sul processo aerobico di ossidazione, il trattamento MBR è applicabile a reflui contenenti inquinanti di tipo organico biodegradabile – quali composti azotati, fosforo e carbonio, sostanze nutrienti per i microrganismi – come le acque di processo dell’industria chimica, farmaceutica, alimentare e zootecnica e i colaticci di rifiuti solidi urbani. TECAM, società operante nel settore del trattamento delle acque reflue industriali, ha progettato vari impianti MBR, l’ultimo dei quali per il trattamento delle acque reflue di un processo di produzione di bevande analcoliche zuccherate (tra le altre installazioni di questa tecnologia realizzate dall’azienda figurano gli impianti di Manetti-Roberts Spa, Terni ENA Spa, SARIA). Il processo comincia in una vasca di accumulo, utilizzata per l’equalizzazione della portata del refluo e l’omogeneizzazione delle concentrazioni degli inquinanti in ingresso al sistema, le cui proporzioni, se necessario, vengono bilanciate tramite l’addizione di sostanze chimiche (metanolo, solfato di ammonio o acido fosforico). Il refluo viene dunque trasferito in una vasca di ossidazione contenente dei batteri aerobi, che previo insufflamento di ossigeno abbassano il carico inquinante in esso

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Serbatoi contenuto, producendo anidride carbonica, azoto e fango. Il refluo contenente il fango di supero viene quindi filtrato dall’impianto di ultrafiltrazione (le cui membrane possono essere collocate internamente o esternamente alla vasca di ossidazione, con il vantaggio, rispettivamente, di una riduzione dei costi dell’energia o di una maggiore semplicità di manutenzione). Il trattamento di ultrafiltrazione separa l’acqua dal fango, producendo un’acqua permeata quasi priva di solidi sospesi, che può essere scaricata in conformità ai limiti stabiliti dalla normativa in materia ambientale o riciclata nel processo di produzione, se necessario previa applicazione di trattamenti di finitura (quali trattamenti a osmosi inversa, a resine a scambio ionico, di deionizzazione, la cui opportunità viene valutata dagli studi di fattibilità in base alle esigenze del cliente). Una parte del fango trattenuto dalle membrane (retentato) viene

reintrodotta nel reattore biologico, in quanto permette di stabilizzare e dunque migliorare le condizioni di operatività dei batteri, velocizzando i processi aerobici. La restante parte viene convogliata in una vasca di sedimentazione e ispessimento: la frazione acquosa residua chiarificata viene reimmessa nell’impianto MBR, mentre il concentrato può essere conferito in discarica o utilizzato come ammendante se le caratteristiche qualitative lo consentono. La capacità del sistema MBR di operare con concentrazioni di fango molto più elevate (generalmente da tre a sei volte) rispetto agli impianti a fanghi attivi tradizionali determina la riduzione delle dimensioni dell’impianto, un fattore che permette di minimizzare l’ingombro ed abbassare i costi di investimento. I costi operativi, costituiti per la quasi totalità dal costo della pulizia e della sostituzione periodica delle membrane e dell’energia elettrica necessaria al funzionamento delle pompe per l’insufflamento di ossigeno e per il trasferimento del refluo, sono compensati dalla minore necessità di manutenzione dell’impianto, dall’abbassamento dei costi di smaltimento grazie alla minore quantità di fanghi prodotti, dall’impiego di una minore quantità di reagenti e dalla produzione di un’acqua trattata di qualità superiore rispetto agli altri sistemi di trattamento biologico.

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tecnologia Strumenti per il laboratorio

Monitoraggio della pressione

CONTROLLER MULTICANALE Le normative vigenti per l’accreditamento qualità relative ai laboratori, magazzini di merci deperibili, prevedono il controllo della temperatura quale parametro critico da tenere controllato. L’FT-200/MP, prodotto da Econorma, è un dispositivo compatto e trova applicazione nei settori dell’industria farmaceutica e alimentare: celle frigorifere, termotecnica, processi industriali, agricoltura, ambiente ecc. L’FT-200/MP ha la possibilità di registrare i dati e gestire gli allarmi con una uscita a relé per controlli esterni in funzione dei range di minima e di massima impostati, relativi alle varie sonde. Utilizzando una tecnologia con protocollo digitale, permette di posizionare le sonde a notevole distanza dallo strumento. È dotato di un display LCD retroilluminato sul quale sono visualizzate le letture in tempo reale ed eventuali allarmi. Ha un relè di allarme generale da 10 Amp. Scatta quando c’è un superamento di soglia o per sonde danneggiate. Le misure sono memorizzate in record con una frequenza impostata dall’utente in un intervallo da 1 a 240 minuti con passi di un minuto. Allo FT-200/MP si possono collegare fino a 12 ingressi per sonde digitali di temFT-200/MP peratura. Ha una uscita RS232 9 pin per lo scarico dati in formato per Excel. Con il tastierino frontale si possono inserire le soglie di allarme, l’offset di calibrazione ed i tempi di memorizzazione. Ogni sonda viene identificata con un codice di 6 caratteri e il relativo valore di temperatura viene aggiornato sul display LCD con l’opzione refresh.

Trasporto dell’acqua

MODULO ALLARME PER MISCELATORI DI GAS Con il nuovo modulo allarme NXT+ il costruttore di tecnologia per gas Witt propone una delle soluzioni più avanzate per il monitoraggio delle pressioni sugli impianti di miscelazione di gas. Il sistema controlla la pressione del gas sugli ingressi del miscelatore di gas e nel recipiente della miscela di gas per garantire una qualità di processo costante. Anche se in particolare i miscelatori di Witt lavorano con una elevata tolleranza di oscillazione di pressione e forniscono miscele di gas precise anche con pressioni di ingresso diverse, anch’essi sono impotenti in caso di irregolarità di maggiore entità nell’alimentazione di gas. In questo caso solo i moduli allarme come NXT+ proteggono da miscele di gas indesiderate e da produzioni errate conseguenti e costose. Il sistema acquisisce solo i segnali del monitoraggio di pressione di ingresso integrati nei miscelatori. Esso monitora anche la pressione nel serbatoio della miscela di gas in modo tale che l’intero processo dall’ingresso di gas al rilascio della miscela di gas all’utenza sia centralmente sotto controllo. Il modulo di allarme è disponibile anche per un’integrazione successiva. Un display digitale sulla parte frontale dell’apparecchio informa sui valori di misura. Inoltre, sei LED segnalano se il monitoraggio è attivo e se i valori sono compresi nei valori limite liberamente impostabili.

SISTEMA FLESSIBILE PER FLUIDI Tra le soluzioni adatte al trasporto di acqua a uso industriale e civile, Brugg Pipe Systems annovera la tubazione flessibile preisolata Calpex, ideale per la conduzione di liquidi con temperature fino a 95°C, in materiale plastico, leggero e resistente alla corrosione. La durata nel tempo è assicurata fin dal processo produttivo, grazie all’impiego di schiuma poliuretanica. È affidabile, rapido e facile da posare, grazie alla flessibilità ed alla lunghezza in tratti unici della tubazione che favorisce scavi stretti, invece che alloggiamenti larghi e profondi. Calpex è isolato tramite schiuma poliuretanica microporosa espansa con gas pentano. Questa tecnica produttiva permette di ottenere un valore lambda di 0,0216 W/mK, che garantisce doti importanti di isolamento anche a volume ridotto. Le basse perdite di calore permettono di risparmiare costi di riscaldamento e riducono i consumi energetici. Il compound dei ma-

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teriali rende la tubazione autocompensante, eliminando il problema dello stress meccanico dovuto alle dilatazioni termiche, in quanto il tubo interno e la schiuma isolante formano un singolo composto. Un sistema di tubazioni con il minor numero di raccordi è la soluzione ottimale nella progettazione e costruzione di un impianto. Infatti, il basso numero di raccordi consente di ridurre i tempi di posa e i costi a vantaggio della sicurezza dell’intero sistema. Brugg Pipe Systems fornisce Calpex in rotoli facili da posare, idonei a evitare gli ostacoli e senza dover realizzare dispendiosi raccordi speciali. Calpex può essere impiegato nelle reti di teleriscaldamento, linee per l’acqua potabile, per acque reflue e linee di refrigerazione, impianti industriali e per piscine. Il montaggio e la giunzione della soluzione viene agevolata da una vasta gamma di accessori.

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APPUNTAMENTI

Bioenergy Italy 28 febbraio-3 marzo Cremona Pittcon 17-21 marzo 2013 Philadelphia (USA)

SEP 2013 19-22 marzo Padova

Ecotecnologie per rilanciare l’Italia Il SEP ha l’ambizioso obiettivo di coniugare i concetti di crescita sostenibile, ambiente, felicità e ripresa economica

Hydrica 2013 19-22 marzo Padova Intersol 26-28 marzo 2013 Lione (Francia) PCH Meetings 27-28 marzo 2013 Lione (Francia)

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Pharmintech 17-19 aprile 2013 Bologna Interphex 23-25 aprile 2013 New York (USA) Powtech 23-25 aprile 2013 Norimberga (Germania) Partec 23-25 aprile 2013 Norimberga (Germania) TechnoPharm 23-25 aprile 2013 Norimberga (Germania) Solar Expo 8-10 maggio 2013 Milano Laser World Photonics 13-16 maggio 2013 Monaco di Baviera (Germania) Intersolar 19-21 giugno 2013 Monaco di Baviera (Germania)

SEP 2013 diventa SEP Green R-evolution, puntando sempre più su innovazione, green economy e green chemistry. L’obiettivo è ambizioso: rilanciare la ripresa dell’Italia attraverso i concetti di ambiente, crescita sostenibile e felicità. In questo contesto SEP 2013, il salone internazionale delle ecotecnologie che si terrà in Fiera a Padova dal 19 al 22 marzo 2013, vuole proporre formule per il rilancio diventando vettore culturale di un cambiamento che partendo dalle tecnologie per l’ambiente ha l’obiettivo di favorire un clima di sviluppo. PadovaFiere ritiene infatti che la competitività di impresa passi attraverso un’applicazione strategica dei principi dello sviluppo sostenibile. Infatti per uscire dalla crisi le imprese devono essere motivate e quindi ‘felici’ per perseguire modelli positivi. Supportare il miglioramento continuo delle performance d’impresa nel rispetto dell’ambiente, rafforzare la leadership, contribuire a valorizzare al meglio le risorse e generare motivazione nelle persone che lavorano: questi gli obiettivi del nuovo frame work che PadovaFiere e l’Università di Padova presenteranno a SEP 2013 e che porrà l’accento per la prima volta sul legame imprescindibile tra i concetti di felicità e sostenibilità.

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Novità proposta dall’edizione 2013 è la nascita di ‘Aquater, salva(e)guardiamo il territorio’, primo salone italiano dedicato alla gestione idrogeologica, un settore che, secondo stime del ministero dell’Ambiente, richiederà nei prossimi anni, interventi per oltre 40.000 milioni di euro. Infine riflettori puntati sull’acqua con Hydrica, che quest’anno si svolgerà in contemporanea al SEP. Hydrica è il salone biennale che presenta le innovazioni, le soluzioni tecnologiche e impiantistiche per la gestione del servizio idrico integrato, il trattamento e il riuso delle acque reflue industriali, il trattamento dei fanghi degli impianti di depurazione, e delle acque in agricoltura. L’iniziativa conta sul patrocinio di Anbi (associazione nazionale bonifiche e irrigazioni), Ital-Icid (comitato nazionale italiano commissione internazionale irrigazione e drenaggio), Associazione idrotecnica italiana: tre ‘firme’, che da anni segnalano la necessità di forti investimenti nella gestione delle acque a tutela del territorio ed in favore dell’ambiente. Sono temi, che i cambiamenti climatici, accentuando il ripetersi di eventi meteorologici estremi (forti piogge concentrate nel tempo e nello spazio con conseguenti alluvioni e frane), rendono di grande attualità.

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APPUNTAMENTI

Le nuove rotte dell’offshore Ravenna ospita OMC 2013, fiera di riferimento per il settore offshore nel Mediterraneo. Fra i temi clou la riduzione delle impatto ambientale delle tecnologie per l’estrazione di idrocarburi

Remtech Expo 18-20 Settembre 2013 Ferrara Oli&Fats 18-20 settembre 2013 Monaco di Baviera (Germania) Chem-Med 24-26 settembre 2013 Milano Ilmac 24-27 settembre 2013 Basilea (Svizzera)

OMC 2013 20-22 marzo Ravenna Daegu 2013 World Energy Congress 13-17 ottobre 2013 Daegu (Korea)

Oltre 500 aziende provenienti da 24 nazioni presenti all’esposizione con una crescita (per ora) del 15% rispetto al 2011, un aumento della superficie espositiva dell’11% e 26 sessioni tecniche. Sono alcuni dei dati che caratterizzano l’undicesima edizione di OMC, l’Offshore Mediterranean Conference in programma al Pala De Andrè di Ravenna dal 20 al 22 marzo 2013. “Si tratta di una edizione particolarmente significativa – commenta il presidente di OMC 2013, Innocenzo Titone – perché il settore petrolifero continua ad essere uno dei pochi comparti dove non mancano investimenti, pur in anni di crisi economica. Sottolineo la ricaduta che OMC avrà su Ravenna e non solo, alla luce dell’incremento degli espositori e delle delegazioni presenti. Per non parlare delle aziende locali che operano nell’offshore, che potranno avviare nuovi contatti grazie alla presenze di importanti delegazioni straniere”. Il tema di questa edizione, ‘Charting a course in changing sea’, ovvero tracciare una rotta nel mare che cambia, testimonia, tra l’altro, l’impegno delle compagnie che operano nel campo dell’estrazione degli idrocarburi a ricercare sempre nuove tecnologie meno impattanti e a contribuire fattivamente allo sviluppo dei territori dove operano. Alla cerimonia di apertura di OMC 2013 interverranno il sindaco Fabrizio Matteucci e il presidente della Camera di commercio Gianfranco Bessi.

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La sessione plenaria sarà presieduta dall’amministratore delegato di Eni Paolo Scaroni e vi parteciperanno il ministro dello Sviluppo economico del governo italiano, il ministro del Petrolio dell’Egitto Ossama Kamal, il Ceo della compagnia libica NOC, Nuri Burreuin, l’advisor del ministro dell’Energia dell’Algeria Hamed\Mecheraoui. Presenti, inoltre, importanti delegazioni provenienti da Algeria, Angola, Congo, Egitto Libia e Mozambico. Una sessione dei lavori sarà dedicata al tema della responsabilità sociale. “Gli eventi che accadono nel mondo, soprattutto in paesi dove le compagnie petrolifere sono molto presenti – spiega Titone – e la difficoltà di reperimento delle risorse energetiche comportano lo sviluppo di tecnologie e un nuovo approccio con i paesi dove si pratica l’attività estrattiva. Le compagnie sanno che non possono prescindere dalla responsabilità sociale verso questi paesi, devono farsi accettare, essere parte attiva dello sviluppo di quei territori. Un tema strategico - continua - al quale dedicheremo una sessione molto qualificata, dove diverse compagnie porteranno le loro esperienze. Penso all’Eni che destina parte dell’energia prodotta estraendo gas per le necessità dei paesi stranieri dove opera o a Total, impegnata in un progetto delle piccole e medie imprese in Basilicata, ad Assomineraria che ha costruito in Val d’Agri una scuola di formazione di tecnici del petrolio”.

K 16-23 ottobre 2013 Diisselforf (Germania) Ifib – Forum italiano sulle biotecologie industriali e la bioeconomia 22-23 ottobre 2013 Napoli SAVE 29-30 ottobre 2013 Verona ACQUARIA 29-30 ottobre 2013 Verona Ecomondo 6-9 novembre 2013 Rimini Pollutec 3-6 dicembre 2013 Parigi (Francia)

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IL LIBRO

Ingegneria e impiantistica, una grande storia italiana

di G.B.

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E’ sembrato fosse giunto il momento di tracciare un consuntivo dell’attività di un settore del tutto innovativo per il nostro paese, dedito per secoli all’agricoltura, alla pastorizia, al commercio e all’arte. Si tratta del settore dell’ingegneria delle infrastrutture e dell’impiantistica, e cioè degli impianti termici, elettrici, chimici, siderurgici, industriali in genere, attività in cui il nostro paese è entrato decisamente al termine della seconda guerra mondiale sulla spinta derivante dalla imprescindibile necessità di industrializzazione di un paese povero di risorse naturali. Si è pertanto deciso di realizzare un volume in cui sintetizzare i risultati di una ricerca

indirizzata in principio a tutte le società italiane di ingegneria e impiantistica, presenti e scomparse. L’idea della realizzazione di un libro sulla storia delle società di ingegneria nasce da un incontro tra Sergio Cavallone, Vittorio Cariati ed Emilio Maraini che, con vari ruoli, avevano vissuto i travagli e i successi di quasi tutti i settori dell’ingegneria industriale e impiantistica. Ben consci della complessità scientifica di raccontare una storia così importante, si pensò di chiedere il contributo della professoressa Vera Negri Zamagni, ordinaria di Storia dell’Economia all’Università di Bologna, che accettò di buon grado. Fu proprio grazie al contributo della signora Zamagni che si ottenne la disponibilità di un editore prestigioso come ‘Il Mulino’ a pubblicare il libro che doveva distinguersi da tante altre pubblicazioni più o meno apologetiche. La strategia prevedeva di affidare la realizzazione dei saggi a personaggi di prima grandezza, dotati di conoscenza specifica ma, possibilmente, senza più legami con le società da trattare. Il problema era ora quello di convincere detti personaggi a scrivere gli articoli: credo che in buona misura si sia riusciti nell’impresa. Il libro inizia con una ampia presentazione della professoressa Zamagni ‘Introduzione, ascesa e declino dell’ingegneria impiantistica italiana’, che riassume gli eventi e dà una spiegazione per i vari accadimenti di quasi un secolo di attività. A seguire si trova un capitolo elaborato dal professor Cavallone, ‘Il ruolo delle società di impiantistica’, sintetica descrizione delle particolarità di questo settore di attività. Quindi si procede con un capitolo contenente ‘28 Casi di impresa’, saggi storici della nascita, vita e, in alcuni casi, morte delle società di ingegneria e impiantistica italiane, realizzati da personaggi con un importante passato nella società descritta. Quindi segue un capitolo ad opera dell’ing. Cariati, ‘Cenni su altre società’, dedicato a società per le quali non è stato possibile, per vari motivi, ottenere a tempo debito un saggio di adeguato approfondimento: alcuni cenni sono stati forniti da personaggi comunque al corrente dei fatti salienti dell’azienda, mentre in altri casi ci si è avvalsi di informazioni dedotte da catalogo o da sito Internet. Quindi, data l’importanza dell’argomento, si conclude con un saggio sull’alta velocità, ‘Una riflessione sull’alta velocità italiana’ ad opera dell’ing. Emilio Maraini. E’ senz’altro possibile prevedere ristampe del volume che conterranno sia gli aggiornamenti che i saggi su ulteriori società. Per finire si è raccolto, a futura memoria, l’elenco dei personaggi, sicuramente dei protagonisti, comunque citati nei precedenti capitoli.

CHIMICA E PENSIERI “Vi è una tendenza abbastanza diffusa, particolarmente in Europa e specificatamente nel nostro Paese, a pensare che la chimica sia inutile e da abbandonare, anche basandosi sull’errata premessa che essa inquini per principio e che i siti chimici siano il massimo della pericolosità. Ma è come dire che si vuole rinunciare a vivere. Infatti la scienza chimica è stata ed è tuttora una scienza centrale che fornisce le

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conoscenze fondamentali per rispondere alla maggior parte delle necessità economiche e di innovazione anche sociale di chi vive in questa società”. Dall’articolo ‘La scienza e l’industria chimica: una opportunità per un futuro sostenibile o solo un problema ambientale’ di Renato Ugo, apparso in ‘La chimica: una risorsa per la qualità della vita’, Accademia dei Lincei

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