Alias de il manifesto 14 gennaio 2012

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ALIAS 14 GENNAIO 2012 LUIGI ENRICO E LA REVOLUCIÒN CULTURAL Kansas City 1927 nasce su Facebook una mattina di 5 mesi fa, il 19 agosto. E’l’alba della rivoluzione ispano-americana. Il primo post, intitolato «Verso la revoluciòn», comincia così. «Dice: ma come fai un blog sulla squadra tua e lo chiami così? Non ce metti in mezzo manco un onore, una tradizione, un antichi sapori? Ma ancora prima dice: ma come, fai un blog sulla squadra tua, un blog depallone? Nel 2011? Eh, quando er gioco se fa perplesso, i perplessi cominciano a giocà. E poi, come te lo spiego, parlà de Roma non è parla depallone, non solo quantomeno. Parlà de Roma è parlà de gente bellissima e terrificante, de maniche de pippe e de campioni assoluti, de un popolo in cammino verso una soddisfazione che ormai, a forza de mannà giù merda, è diventata qualcosa de più e de troppo, na specie de riscatto sociale in pay per view. Na soddisfazione che manco se ricordamo ndo sta de casa,

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ma che chi c’ha la memoria bona ogni tanto je ricorda all’altri che ne vale la pena. E allora camminiamo, popolo in cammino, portamo sta croce e sta delizia». Il post è delle 12.41. La Roma è appena uscita sconfitta da Bratislava in Europa League. L’esordio di Kansas si conclude così. «E a nulla è valso il rasposo e volenteroso e aggressivo e feroce rush finale, a nulla è valso il tourbillon di cambi orchestrato dal tecnico asturiano (che pure ste Asturie ndo cazzo stanno è tutta da capì) con l'improvviso inserimento dell'emergente Totti Francesco e dell'emerso e sommerso Borriello Marco, a nulla è valso tornare negli spogliatoi, mettersi improvvisamente a ridere e dare il five a Tom Di Benedetto come niente fosse accaduto. Amo perso, e pure Tom alla fine l'ha capito, anche perché gli americani so veloci, rapidi, gente de business, e 80 minuti pe capì le regole del gioco jerano bastati. "Henry Louis, what a fuck are you laughing?" pare abbia detto al suo Mister il novello Closer. "Hasta siempre comandante", avrebbe replicato l'asturiano. "No sarà la Slovachia a stopar la revolucion cultural"».

FEBBRE A 90’ ■ VENTI ANNI FA USCIVA IL LIBRO CULTO CHE CAMBIÒ TUTTO La locandina di «Un americano a Roma» (1954), il film più celebre di Alberto Sordi. Nella foto grande (Reuters), un murales di Francesco Totti alla Garbatella, quartiere popolare della capitale. Sotto, la figurina del portiere olandese Maarten Stekelenburg, ribattezzato Franco

Il calcio di noialtri, magnifica ossessione inventata da Hornby di A. PI.

●●●«Mi innamorai del calcio come mi innamorai delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente, senza pensare al dolore e allo sconvolgimento che avrebbe portato con sè». I fell in love with football... Difficile dimenticare l'incipit della prima partita registrata da Nick Hornby nel diario autobiografico che vent'anni fa esatti cambiò per sempre lo scrivere di calcio: Arsenal-Stoke 1-0, maggio 1968 (!), gol su un rigore respinto dal portiere avversario. Quel diario, Fever Pitch, vendette 1 milione di copie con una facilità sorprendente e finì al primo posto di ogni classifica dei migliori libri sul calcio di tutti i tempi. Fu tradotto un po’ ovunque: da noi arrivò come Febbre a 90’, un po' colpevolmente solo nel 1997, e dopo il buon interesse suscitato da Alta fedeltà, l'altro diario delle ossessioni musicali di Hornby. Ma la doppietta fu micidiale: in piena era di Brit-pop, oltretutto, Londra tornava a essere la nostra città del cuore. L'importanza di Fever Pitch per il calcio e la cultura inglese derivò in parte dal fatto che dopo le tragedie dell'Heysel e di Hillsborough, dopo l'esclusione delle squadre dalle coppe europee, l'orgogliosa insularità e il marchio di classe che da sempre animavano la passione per il gioco, si stavano trasformando nella sua tomba. Lo ha ricordato lo stesso Hornby: «All'epoca il Times poteva tranquillamente scrivere che il calcio era un gioco di merda per gente di merda». E da trentenne, sceneggiatore senza lavoro, raccontò letteralmente la storia della sua vita attraverso il ricordo delle partite dell’Arsenal (noioso Arsenal...) viste allo stadio. A cominciare dal puro caso che lo portò la prima volta, dopo la separazione dei suoi genitori, a passare i sabati nello stadio dei Gunners con suo padre perchè i due non sapevano dove andare a passare del tempo assieme. Il calcio per Nick Hornby è come se la tribuna nord di Highbury fosse l’ermo colle di Leopardi, con tutta la nostalgia del caso, con tutta la serietà che si deve alle cose importanti: «Ciò che mi colpì fu proprio quanto la maggior parte degli uomini attorno a me odiasse, letteralmente odiasse

POST

Socrates. «Basta Luis, famose na bira...» ●●●Tra i post più divertenti di Kansas c’è quello che il 5 dicembre, a mente fredda, saluta così il punto più basso della gestione di Luis Enrique, la sconfitta per 3-0 contro la Fiorentina che coincide con la morte del dottor Socrates. «Socrates, come quasi tutti nel mondo, è stato ad un passo dalla Roma, passo che lo avrebbe incastonato, tra Falcao e Cerezo, nel centrocampo con più cervello della storia del calcio, facendolo sentire più a casa di quanto non si sia mai sentito, non solo a Firenze, ma forse pure in Brasile. Socrates, come quasi tutti nel mondo, dei pochi gol fatti in Italia, uno lo ha fatto alla Roma. Socrates, come quasi tutti nel mondo, a fine partita avrebbe preso Luis Enrique da parte e gli avrebbe detto ’Luis, basta co sta bicicletta su per i monti, ste diete salutiste, sto fisico inutilmente asciutto, sta tecnologia arida, basta Luis. Famose na bira, magari tembriachi e te se mettono a posto le idee. Sennò poi s'embriacano i tifosi e a furia dembriacasse finisce che fanno la fine mia senza manco esse mai stati intellettuali’». Indimenticabile anche il post sul sorteggio degli Europei 2012. «Sorteggiato il girone con Spagna, Italia e Irlanda. Commento della Bce. Ma che davero? E chi lo paga er campo?”.

l'essere là (...) L'intrattenimento come dolore era un'idea che mi giungeva nuova».«Questo libro è per noialtri», scrisse quindi nella sua introduzione. E regalò a tutti le parole per dire qual che tutti cominciavano a intuire. Le buone poche regole per sopravvivere al calcio moderno: tifare per il bambino che ti è rimasto dentro, tifare per la tua squadra (non necessariamente sarà quella che vince), nutrire la propria ossessione. Nel 1992, anno cruciale per il mercato dei diritti televisivi, stavamo entrando nell'era delle partite 24 ore al giorno, la nostra era. Solo pochi anni prima del diario di Hornby era uscita in Inghilterra la prima fanzine «intelligente» di calcio, When Saturday Comes – e il sottotitolo era splendido: «la rivista di calcio quasi decente». Occuparsi «dal basso» della sopravvivenza del proprio oggetto d'amore si rivelò un gesto contagioso. Si è ripetuto spesso che un libro come Fever Pitch aprì la strada alla fine dell'egemonia della working class sul calcio, rendendolo uno spettacolo piccolo borghese, uno spettacolo e basta. E' vero, ma fino a un certo punto. Basta da solo il pezzetto nel quale Hornby rievoca la sua prima volta da solo allo stadio, inseguito, picchiato e derubato della sua sciarpa da due ragazzi che non abitavano nel suo stesso quartiere, per capire che la sociologia non spiega tutto. Fever Pitch è stato il libro del cuore per tanti giovani aspiranti

giornalisti sportivi. Le sue tracce portano fino a noi, stanno certamente dentro un curioso fenomeno di epoca facebook come Kansas City 1927, di cui ci occupiamo accanto. E’ un libro per ragazzi. Le ragazze, per forza di cose, stanno a guardare. A meno che non decidano di entrare allo stadio. «"A cosa stai pensando?", chiese lei. A questo punto mento. Non stavo affatto pensando a Martin Amis, Gerard Depardieu o al Partito Laburista. D'altronde gli ossessionati non hanno scelta; in occasioni come questa devono sempre mentire. Se dicessimo sempre la verità (...) verremmo lasciati a marcire coi nostri programmi dell'Arsenal». Il calcio sarà raccontato ora e sempre dai titoloni sempre uguali dei quotidiani sportivi, nel bla bla della tv e della radio. Ce ne faremo una ragione. Ma un'ossessione è un'ossessione. Il calcio di noialtri non è metafora della vita, tutto il contrario. Hornby mostrò come il primo disco dei Buzzcocks, gli esami all'università, la fine di una storia d'amore, avessero sempre una misteriosa risonanza negli eventi accaduti allo stadio: una finale perduta, una doppietta inaspettata della propria squadra, cose così. Invitò tutti quelli che amavano il calcio e non avevano paura di soffrire, a vedere le cose dalla stessa angolazione. Se abbiamo ancora voglia di accendere la tv, guardare la partita e scherzarci su, molto dobbiamo a lui. E grazie.

CONFLITTO DI PARENTELA ●●●Per la serie «uomo morde cane» ecco il riassunto degli ultimi minuti di Longobarda-Cadorago, con gli ospiti in vantaggio per 2-0 e i padroni di casa falcidiati dalle espulsioni, ben tre. All’uscita dagli spogliatoi, ecco avvicinarsi il presidente della società ospitante che urla all’indirizzo dell’arbitro: «Complimenti, sei riuscito a rovinare la partita». Errore. L’arbitro, il signor Giuseppe Veltri da Saronno, gli ammolla due pugni al volto che lo stendono a terra. Lesione al timpano, 30 giorni di prognosi e una denuncia per ingiurie. L’arbitro è stato sospeso per sette mesi. Si dovrà ripetere Piccarello-Nuova Cos Latina (terza categoria), perché l’arbitro, Michael Siragusa, è risultato il figlio del dirigente della Nuova Cos, Antonio Siragusa. Il designatore si è difeso dicendo: era il miglior arbitro a disposizione. Il padre si è difeso dicendo: non mi occupavo della prima squadra ma solo delle giovanili. L’arbitro si è difeso dicendo: la parentela l’avevo segnalata ad inizio stagione. Tutti condannati e sospesi. Vena-Fortitudo Lamezia (seconda categoria calabrese) è stata sospesa più volte «per incendio di vari sterpi e lancio in campo di pezzi di legno». Terminata 0-0, il risultato non andava a genio al guardalinee di parte della squadra di casa, Francesco Fiumara, che con la bandierina colpiva più volte il capitano avversario, dando il via a una rissa gigantesca. A Rutigliano (Puglia) i tifosi hanno lanciato ripetutamente in campo un fresbee. Mille e duecento euro di multa all’Angizia Luco (Abruzzo) per lancio di petardi verso un assistente arbitrale «che causavano un fischio all’orecchio continuo e prolungato». A pochi minuti dal termine di Collepasso-Taurisano, Puglia, in uno scontro di gioco rimane a terra privo di sensi il portiere di riserva del Collepasso, Luigi Romano. Svenuto, la faccia una maschera di sangue, viene chiamato subito il 118 che per fortuna è tempestivo, addirittura due ambulanze, trasferimento all’ospedale di Gallipoli. A sirena ancora udibile, l’arbitro convoca i due capitani e invita a riprendere il gioco. Il capitano dei padroni di casa – a sorpresa - gli dice ok, mentre quello del Taurisano (in svantaggio) dice che no, nessuno di loro se la sente, sono in ansia per lo sfortunato avversario, meglio chiuderla qui. Partita persa al Taurisano. L’arbitro in casa del Centerba Toro Tocco (Abruzzo), a fine gara, ha ritrovato la gomma destra dell’automobile sgonfiata e senza i quattro tappini alle gomme. Due anni di squalifica al presidente del Città di Castello (Umbria), Ivano Massetti, che è anche conduttore di programmi di calcio sulle televisioni locali. Ha assalito un arbitro con insulti di ogni genere e poi gli ha schiacciato la mano contro la porta dello spogliatoio, «provocando forte dolore, arrossamento e gonfiore». Ha poi aggredito un guardalinee. La squalifica è una carezza, che si va ad accumulare su un curriculum giudiziario senza fine. Massetti non doveva nemmeno stare nel recinto dello stadio, avendo in corso già due squalifiche per analoghi motivi, due anni di inibizione per «istigazione alla violenza contro gli arbitri» pronunciata dagli schermi di Rete Sole. Chiudiamo con i due anni di squalifica per Marco Peluso, reo di aver insultato, aggredito e inseguito l’arbitro fino al rientro negli spogliatoi cercando di colpirlo con un cazzotto. L’aggravante è il nome della squadra, dalla mission indubitabile: Paolo VI. Ma forse era un lefevriano.


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