Espresso.01.06.2012

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Po s t e I t a l i a n e s . p . a . s p e d . i n A . P. - D. L . 3 5 3 / 0 3 ( c o nv. i n l e g ge 2 7 / 0 2 / 0 4 n . 4 6 ) a r t . 1 c o m m a 1 - D C B R o m a - A u s t r i a - B e l g i o - F r a n c i a - G e r m a n i a - G r e c i a - L u s s e m b u r go - O l a n d a - Po r t o g a l l o - P r i n c i p a t o d i M o n a c o - S l o v e n i a - S p a g n a € 5 , 1 0 - C . T. S f r. 6 , 2 0 - S v i z z e r a S f r. 6 , 5 0 - I n g h i l t e r r a £ 3, 8 0

Settimanale di politica cultura economia - www.espressonline.it

N.23 anno LVIII 7 giugno 2012

CRA CRA CRAC

CORVI. VELENI. DOSSIER. LO SCONTRO PER IL CONTROLLO DELLO IOR. E I CONTI IN ROSSO DELLA SANITÀ. PROTAGONISTI E RETROSCENA DI UNA CLAMOROSA GUERRA CHE HA COME OBIETTIVO BENEDETTO XVI FOOTBALL CL AN PARTITE TRUCCATE: LE MANI DELLE COSCHE SUL PALLONE p.50

JANE FONDA L’ATTRICE RACCONTA I SUOI MERAVIGLIOSI 74 ANNI p.82

ENTI INUTILI COSTANO MILIONI DI EURO MA NESSUNO LI TAGLIA p.144




Altan

il sommario di questo numero è a pagina 30 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 7


Roberto Saviano L’antitaliano

Non mi candido ma faccio politica i capita spesso di leggere articoli che danno per certa la mia candidatura in politica. Non è importante in che ruolo e in quale partito, la cosa certa è che, dicono, sto «per candidarmi». Ovviamente è falso. Prima ancora di prenderla sul piano personale mi interessa fare una serie di considerazioni sui media, sui politici di professione e su chi, in questo Paese, sente di poter davvero intraprendere la carriera politica. È dal 2006 che, mentendo, annunciano la mia candidatura, quindi sono anni che rifletto su cosa significhi fare politica in Italia. In genere quando si sente il mio nome accanto a “politica”, le reazioni sono tre. C’è chi prova disprezzo ritenendo che la politica sporchi. C’è una minoranza, quella più speranzosa che quando vede la possibilità dell’intervento di una persona che considera affidabile, che stima, si entusiasma perché sente che quelle qualità possano essere utili al Paese. E ci sono i politici di professione che temono che un outsider possa, ribaltando le regole del gioco, sottrargli spazio e autorità. UNA PRIMA CONSIDERAZIONE. Pare che chi abbia visibilità e consenso sia immediatamente considerato candidabile. È un pensiero perverso perché la visibilità che viene dalla capacità di riflessione e di parlare a molti, dovrebbe far parte della costruzione politica di un Paese, senza che questa significhi ritenersi in grado di poter gestire un ruolo in Parlamento, come ministro o come sindaco. Chi fa disinformazione, quando terminò “Vieniviaconme”, dava per certa la mia candidatura. E ora che è finito “Quello che (non) ho”, spuntano notizie dello stesso tenore. Il punto è che per queste persone, chiunque non venga percepito come schierato, fa paura e quindi va delegittimato. Il messaggio implicito è: “Questo qui fa di tutto per ottenere consensi, perché il suo scopo è fare politica”. E qui c’è una perversione. Per delegittimare una persona dicono: intende candidarsi. Ergo fare politica significa automaticamente fare schifo e l’attacco persona-

M È dal 2006 che si parla della mia candidatura. Che non esiste. Ma posso e voglio contribuire lo stesso, con i miei strumenti, a ridare dignità a una parola che è diventata sinonimo di disonestà

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le si materializza con la certezza dell’ingresso in politica. Incredibile. I politici di professione sono tra i pochi a credere davvero che prima o poi mi candiderò e temono (non tutti ovviamente) questa eventualità non per i miei meriti o demeriti, ma perché spaventati da tutto ciò che è estraneo alle loro dinamiche. Tutto ciò che non è politica non è ricattabile e gli uomini di partito spesso si misurano sui ricatti. Non avviene solo in Italia. In Egitto, dopo l’attentato di Capodanno alla chiesa di Alessandria, la polizia prese un ragazzo che non c’entrava nulla e, può sembrare assurdo, lo arrestò proprio perché era incensurato. Essere incensurati in Egitto, ma anche in moltissime altre nazioni, è un elemento di sospetto e fragilità. Il punto è che se sei un pregiudicato hai già un protettore. A seconda del reato commesso, ci sarà la mafia, un partito o una cricca a garantire per te. Invece se sei incensurato non hai tutela, puoi essere aggredito da tutti senza che nessuno ne abbia danno. Allo stesso modo in Italia entrare in politica da outsider è rischiosissimo: si diventa immediatamente bersaglio. I media, soprattutto la stampa, spesso si trasformano in strumento di pressione sui politici. E non c’è la volontà, fondamentale per una democrazia, di capire che esiste una profonda differenza tra errore e crimine. Il politico che sbaglia, che non realizza il progetto su cui ha fondato la sua campagna elettorale, è cosa diversa dal corrotto. Eppure si vuol far passare l’idea che siano tutti uguali. IL MIO MESTIERE è quello di scrivere, ma non rinuncio alla possibilità di costruire un nuovo percorso in questo Paese. E sono convinto che non lo si possa costruire lasciando che la politica sia considerata sinonimo di disonestà. Assessore piuttosto che consigliere comunale oggi significano speculazione, denaro sottratto alla comunità, tangenti, raccomandazioni. Tutto questo è l’inizio della fine. Ridare dignità alle parole della politica è invece la premessa alla rinascita. Ripartire dalle parole significa costruire prassi diverse. Perché le parole sono azione. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 9


Michele Serra Satira preventiva

La sacra pantofola in vendita su ebay inchiesta che sconvolge il Vaticano suscita nell’opinione pubblica soprattutto una domanda: come è possibile che in uno Stato grande come un campo di calcio ci sia posto per un tribunale e una prigione? Cerchiamo di dare una risposta a questi e altri interrogativi cruciali. I corvi Sarebbero più di uno. Oltre al maggiordomo del papa, anche la cuoca, il guardarobiere e il barbiere, più una guardia svizzera che ha perduto la fede perché è stanco di essere deriso per la ridicola uniforme. In pratica, Ratzinger è circondato da personale che trafuga lettere, documenti e oggetti personali, arrivando a strapparglieli di mano e lanciarli dalla finestra dove è appostato un complice su un camion a rimorchio, sfuggito alla stretta sorveglianza dei servizi segreti vaticani. «Sono anni che non riesco a leggere neanche una cartolina», avrebbe confidato il papa, molto amareggiato, a un collaboratore di sua massima fiducia che ci ha rivenduto questa confidenza per poche decine di euro. I fedelissimi Sarebbe rimasto fedele al papa solo il ragazzo dell’ascensore, il “Magister Liftorum” considerato depositario di informazioni decisive ma incomplete, perché il Vaticano ha solo quattro piani e il Magister Liftorum, in anni di lavoro, non è mai riuscito a origliare una frase per intero. Il movente L’interpretazione dei vaticanisti non è univoca. Secondo alcuni ci sarebbe una sorda lotta per scalzare il cardinale Filotti dalla carica, ambitissima, di Primus Patrificator Excelsi Ambulacri, così antica che nessuno ne conosce esattamente il significato né lo scopo. Pare che decine di cardinali, nei secoli, siano stati avvelenati per impedire loro di diventare Patrificator, e questo attira sulla carica un grande prestigio. Secondo un’altra interpretazione, le lettere sono state trafugate per smascherare il piano del segretario di Stato Tarcisio Bertone, che scriveva ogni giorno al papa per costringerlo a iscriversi al-

L’

Foto: P. Bossi / AGF

Il mercato nero degli oggetti personali di Ratzinger. La corrispondenza smerciata anche dalla cuoca e dal barbiere. Il papa può contare su un solo fedelissimo: il ragazzo dell’ascensore

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l’Udc. Ma l’ipotesi più accreditata è che nessuno, nei palazzi vaticani, sappia esattamente perché trama, ruba lettere, origlia dietro le tende, versa gocce di veleno in ogni bicchiere incustodito, sfuggendo alla stretta sorveglianza dei servizi segreti vaticani: lo si fa solo per rispettare usanze antichissime, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Un papa tradizionalista come Ratzinger non può non cogliere l’omaggio alla tradizione, e apprezzarlo. Le correnti Il segretario di Stato Bertone, che avrebbe ormai accumulato un potere politico enorme (si dice che controlli l’Udc di quasi tutto il Lazio), è il capo della fazione più influente. Contro di lui i cardinali Ramazzoni, Percoco e Strabuzzi, cui fa capo la potente Confraternita dei Farnobiti, che ha il compito di formare i pentasillogi, riformulare ogni anno la Charta Ortesimale ed eleggere i tre Calpurnii che aprono e chiudono il Santo Battògio. Una terza forza sarebbe rappresentata da monsignor Galbusera, decano della Excelsa Triumphans e dunque arbitro indiscusso della Fondatio Curtensis, che come è noto controlla anche le Sorelle Martoriate di Santa Magda, custodi dal 1300 del Sacellum Sigillorum. Appena un metro fuori dal Vaticano, tutto questo appare come un insieme di ridicole e pompose consorterie senza alcun potere. Ma dentro il Vaticano, appare invece come un insieme di ridicole e pompose consorterie con molto potere. Mercato nero Tutti gli oggetti personali del papa compresa la Papamobile, sfuggendo alla stretta sorveglianza dei servizi segreti vaticani, sono stati messi in vendita su ebay. Le pantofole pontificie, risalenti al Seicento e passate di papa in papa con qualche adattamento, valgono parecchie centinaia di euro. Destano simpatia tra i collezionisti anche gli originali cappellini che Ratzinger amava tanto e sono attualmente in possesso di un cronista del “Messaggero” che ha pernottato per un mese negli appartamenti del papa, sfuggendo alla stretta sorveglianza dei servizi segreti vaticani. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 11


Massimo Cacciari Parole nel vuoto

O capisci il Nord o perdi le elezioni a “questione settentrionale” riemerge prepotentemente dal voto. E per forza, visto che è solo l’altra faccia della “questione meridionale”. È il problema ormai secolare, irrisolto e, anzi, per certi versi aggravatosi, della grande faglia che spezza il Paese. Che cosa era successo dopo la catastrofe dei primi anni ’90 nella sud-Mitteleuropa del Lombardo-Veneto? Molto semplicemente si era definito un contratto tra la stragrande maggioranza degli interessi economici e delle categorie professionali di quest’area del Paese, che viveva da anni un suo proprio miracolo ed era universalmente additata a “modello”, e i nuovi partiti, Forza Italia e Lega. Miti celtici, dèi padan-pagani, identità culturalreligiose c’entrano come il due di spade quando briscola è bastoni. Di contratto si trattava, scritto o orale, non importa. Tutto “laico”, in tutto degno della nostra attuale visione del mondo, che vede l’intero corpo sociale ridotto a rete di contraenti. Il contratto riguardava i seguenti punti: modifica radicale dei flussi di trasferimento dello Stato a Regioni ed Enti Locali, obiettivamente penalizzanti per il Nord; modernizzazione della Pubblica amministrazione e di tutte le reti, conditio sine qua non per continuare nel “miracolo”; riduzione dell’imposizione fiscale su imprese, occupazione, investimenti. Il fallimento è stato totale. Malgrado un ventennio di promesse, populismo e ideologie da strapaese. Malgrado una rappresentanza “nordista” in Parlamento e al governo quale mai in passato. Pdl e Lega pagano questa bancarotta: quelle che ho chiamato le catastrofi eticoestetiche del berlusconismo-bossismo non sono che la ciliegina. IL DRAMMA È che il centro-sinistra non eredita un solo voto da una simile disfatta dell’avversario. E, anche in questo caso, per forza: in una generazione le sue leadership sono passate dalla totale incomprensione della “questione settentrionale” alla completa afasia intorno al problema - afasia progettuale, program-

L Il contratto tra Pdl-Lega e gli interessi delle regioni settentrionali si è dissolto. Ma il Pd non sa intercettare lo scontento diffuso. E così la faglia che divide in due il Paese rischia di ampliarsi

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matica e organizzativa. Vincendo, raramente, quando gli altri erano divisi o ormai giunti al digestivo, come a Milano. Tutto confermato nell’ultimo voto: il centro-sinistra vince dove l’avversario si è pressoché liquefatto e riesce a perdere con una “potenza” quale Grillo, non solo a Parma, ma in roccaforti periferiche come, nel veneziano, a Mira. Ovvero: la sua capacità di “convinzione” nei confronti dell’immensa platea di interessi, che costituiva la base dei successi di Pdl e Lega, è pari allo zero. Pure in cifra assoluta il centro-sinistra, o almeno la sua unica forza potenzialmente di governo, il Pd, perde consensi. Come sia possibile cantar vittoria in tali condizioni è un mistero della fede. ORA, QUESTE REGIONI decisive per lo sviluppo del Paese, questi territori dai quali soltanto è possibile sperare di avviare processi di crescita, si trovano sostanzialmente privi di rappresentanza politica. Risentimenti e conflitti col Sud potrebbero acutizzarsi, rendendo ancor più quella faglia storica tra Nord e Sud un fatto culturale e, quasi, antropologico. Ed è inutile dire quanto possa incidere sulle nostre possibilità di uscire dalla crisi il venir meno di ogni referente politico per industriali, artigiani, commercianti, professionisti. Ma anche i tradizionali referenti sindacali versano in un’analoga crisi di rappresentatività: sempre più carrozzoni burocratici allenati a stringer “contratti” con apparati ministeriali, del tutto simili per mentalità e cultura. Tuttavia, di positivo resta il fatto che il ventennio delle promesse e delle chiacchiere è per tutti finito: i partiti saranno costretti, per sopravvivere se non per governare, a misurarsi con le domande inevase che il Nord da decenni avanza. E i soggetti fondamentali dello sviluppo economico di queste Regioni dovranno sforzarsi di diventare adulti anche culturalmente e politicamente, se intendono davvero difendere i propri interessi materiali. Spes contra spem? Da qui alle prossime elezioni politiche lo scopriremo comunque. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 13


a cura di Gianluca Di Feo / Primo Di Nicola

Riservato

CESPE A MILLE | VALZER DI POLTRONE | CESARO ASSUME | BUONANNO PIRLA | STING IN COMUNE | FORCONI ALLE URNE

Governo

CINQUE PER MILLE

Dimissioni in discarica

BERSANI RISUSCITA PERSINO I DS

Foto: M. Chianura - Agf

Poco è mancato che la questione della discarica di Corcolle, a poche centinaia di metri da Villa Adriana, a Tivoli, provocasse una crisi istituzionale. Tutto è successo nei pochi giorni che hanno preceduto, venerdì 24 maggio, il no definitivo del governo. Una settimana prima del decisivo Consiglio dei ministri, mentre infuriavano le polemiche, il prefetto di Roma e commissario delegato per l’emergenza rifiuiti, Giuseppe Pecoraro, aveva rassegnato le dimissioni con una lettera alla presidenza del Consiglio proprio per scongiurare altri conflitti. Ma tre giorni dopo il sottosegretario Antonio Catricalà firmava una lettera nella quale, in nome e per conto del premier Monti, respingeva le dimissioni di Pecoraro, gli confermava la fiducia e lo invitava a portare a termine il mandato. Solo poche ore dopo, però, sotto la pressione dell’opinione pubblica (soprattutto l’appello della Cultura promosso da Marisa Ranieri Panetta), i ministri Clini (Ambiente) e Ornaghi

La Camera non fa nemmeno in tempo a dimezzare i finanziamenti ai partiti che gli ex Ds già corrono ai ripari. Proprio così, giovedì 24 maggio, mentre l’aula di Montecitorio ascoltava gli interventi finali prima del voto sul taglio ai rimborsi, i deputati più vicini al segretario del Pd Pier Luigi Bersani (ma qualcuno giura di aver visto anche lui) distribuivano ad amici e compagni un foglio dal messaggio inequivoco: «Destina il tuo 5 per mille alla fondazione Cespe», il prestigioso Centro studi di politica economica che ha sede presso la direzione nazionale dei Ds (sì, esistono ancora anche loro) in via Nazionale 75. Sperando che non se la prenda Massimo D’Alema, che invece il 5 per mille lo chiede per la fondazione ItalianiEuropei. M. U. IL SOTTOSEGRETARIO ANTONIO CATRICALÀ

(Beni culturali) consigliavano a Monti di abbandonare l’ipotesi Corcolle. Che fare? E come ovviare al dietrofront del governo? Catricalà, che aveva firmato la fiducia al prefetto, ha subito messo

sul tavolo le sue dimissioni ma la decisione avrebbe sollevato nuove polemiche. Così è stato Pecoraro a rinunciare all’incarico. Anche stavolta per scongiurare ulteriori conflitti. T.M.

Via al gioco dei Monopoli

Fiamme sui banchi

Cambio della guardia in vista ai vertici dei Monopoli di Stato. Raffaele Ferrara, che fu nominato da Giulio Tremonti e che guida l’organismo dal 2008 assicurando allo Stato una decina di miliardi grazie ai giochi, sta per passare la mano. Per lui, che ha incarichi anche in Fintecna, Consip e Sogei, sarebbe pronta una poltrona in una società controllata dal ministero dell’Economia o nella neonata Authority per i trasporti. Nutrita la schiera di aspiranti alla successione. Tra i favoriti, Luigi Fiorentino, capo di gabinetto del ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, e il segretario generale di Palazzo Chigi, Manlio Strano. Tuttavia si fa largo anche la candidatura di Luigi Magistro, capo accertamento dell’Agenzia delle entrate. Magistro, uomo di punta nella lotta all’evasione fiscale, starebbe vivendo una fase difficile con il numero uno Attilio Befera per le tensioni sociali innescate dalla caccia alle tasse non pagate. M.D.B.

Umberto Rapetto è un colonnello della Finanza, uno che ha molti nemici e tanti amici. Da 10 anni a capo del Gat, il nucleo speciale per le frodi telematiche che ha di fatto inventato, ha seguito con successo decine di inchieste, in primis quella sulle irregolarità delle slot machine, dove scoprì un danno erariale record da 2,5 miliardi di euro. Insomma, uno degli ufficiali più in vista. Qualche settimana fa, dopo che gli è stato tolto il Gat, è stato spedito dal Comando generale a seguire le lezioni ai banchi del Centro Alti Studi Difesa. Dovrà fare l’allievo in un corso dove, paradossalmente, ha tenuto docenze. In Parlamento qualcuno se ne è accorto, e ha presentato interrogazioni. A sua difesa si sono schierati decine di parlamentari dell’Idv, del Pd e dell’Udc. Nulla da fare. Rapetto verrà trasferito, la “normale rotazione” del personale, spiega il Comando, non può fare eccezioni. Lui però a scuola non vuol tornare: si congederà. E.F. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 15


Riservato Sprechi 1

PARLAMENTARI, PRESENTI!

GIGGINO ’A POLIZIA

DEPUTATI

LUIGI CESARO. SOTTO, LIVIA TURCO, DEPUTATA DEL PD

Quanto costa la statua di luce in epoca pre-olimpica, è costata 395 mila euro. Destinazione del trasloco: la rotatoria di corso Mortara, a Torino. Viaggio in elicottero, per evitare di danneggiare la scultura. In questi anni l’opera, a dispetto del nome, è stata illuminata raramente, perché i consumi di energia (mille euro al mese) avrebbero gravato troppo sul budget del piccolo Comune montano. F. L.

Giustizia fuori concorso L’ennesima patata bollente per il governo tecnico, anzi per il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, causa un brutto pasticcio nei concorsi. Nel 2006, 39 psicologi vincono un concorso al Dap, ma per il ministero la loro assunzione è a carico del dicastero della Salute. Le Asl però rimandano i 39 alla Giustizia. Partono i ricorsi con la sentenza di primo grado che riconosce agli psicologi il diritto all’assunzione e ai compensi non percepiti. Il ministero si appella. La decisione doveva arrivare il 21 maggio, ma l’udienza è stata rinviata. Il rischio di dover pagare per lo Stato è alto. L’Avvocatura lavora per evitarlo. C. O.

Guido Quaranta Banana Republic

Modernariato nell’urna È naturale che non lo ammettano, ma molti personaggi non sembrano più presentabili alle elezioni in programma nella primavera del 2013: la loro immagine politica si è appannata. Prendetene uno a caso: Ignazio La Russa, un deputato che ha fatto il ministro di Berlusconi sino a qualche mese fa ed è un sessantacinquenne ancora vigoroso. Ma sapete quando ha cominciato a fare politica? Nei lontani anni Settanta, con i 16 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

maneschi ragazzotti del Fronte della gioventù, nel Movimento sociale italiano. Poi, nel 1992, è entrato alla Camera dei deputati, presieduta allora da Giorgio Napolitano, e non ne è più uscito: ci ha trascorso sei legislature, vent’anni. Ora pare un residuato bellico. Prendete, sempre a caso, un altro personaggio: l’onorevole Livia Turco che ha appena 57 anni, portati peraltro piuttosto bene. Ma il suo ingresso a Montecitorio

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PRESENZE

Remigio CERONI (Pdl) Giorgio LAINATI (Pdl) Roberto CASSINELLI (Pdl) Simone BALDELLI (Pdl) Paolo VELLA (Pdl) Giovanni MOTTOLA (Pt) Fulvio FOLLEGOT (Lega) Massimiliano FEDRIGA (Lega) Giancarlo LEHNER (Pt) Fabio GARAGNANI (Pdl) SENATORI

Sprechi 2 Non solo gli impianti sportivi inutilizzati. Anche l’eredità artistica delle Olimpiadi invernali di Torino 2006 continua a gravare sulle casse pubbliche. La Provincia di Torino ha stanziato 155 mila euro per smontaggio, trasporto e riposizionamento della “Scultura/struttura di luce”, opera dell’architetto Leonardo Mosso, collocata in un prato del Comune di Fenestrelle. Voluta

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99,86% 99,82% 99,79% 99,75% 99,73% 99,66% 99,59% 99,40% 99,28% 99,21%

PRESENZE

Cristiano DE ECCHER (Pdl) Achille TOTARO (Pdl) Mario PITTONI (Lega) Salvatore MAZZARACCHIO (Pdl) Cinzia FONTANA (Pd) Carlo PEGORER (Pd) Armando VALLI (Lega) Paolo SCARPA BONAZZA (Pdl) Roberto MURA (Lega) Andrea PASTORE (Pdl)

99,93% 99,73% 99,65% 99,54% 99,45% 99,45% 99,33% 99,24% 99,10% 99,06%

PARLAMENTO IN CIFRE sono le regioni italiane che hanno approvato una legge in materia di open data: Piemonte e Lazio. In questo modo la P. A. è vincolata a pubblicare i dati di cui è titolare e a consentirne il riuso. Norme simili sono in discussione in Basilicata, Umbria, Lombardia, Sicilia, Puglia, Campania e nella provincia di Trento. Per le altre si rischia di dovere aspettare molto per vedere attuati i principi di pubblicità e trasparenza. a cura dell’associazione Openpolis

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risale addirittura al 1987, quando era una dirigente comunista: da allora sono trascorsi 25 anni, il partito ha cambiato nome quattro volte e lei ha conservato il suo seggio: ora rischia di essere un oggetto di modernariato. Terzo caso: Lamberto Dini, un senatore di 81 anni. È stato ministro sei volte, è stato persino presidente del Consiglio, dal 1996 siede a Palazzo Madama: una reliquia istituzionale. Non sarebbe ora della quiescenza? Certo. Ma, vedrete: nessuno, la prossima primavera, sarà disposto ad andarci.

Foto: Mistrulli - Imagoeconomica, C. Morandi - Agf

In attesa di scomparire, non ancora condannata dal decreto Salva Italia di Mario Monti, la Provincia di Napoli assume. E l’ente guidato da Luigi Cesaro, “Giggino ’a Purpetta” chiamato in causa da pentiti di camorra e indagato per raccomandazioni sui fidi bancari, vuole potenziare la sua polizia provinciale: le preselezioni per i diplomati e per i laureati sono appena cominciate. Venti i posti in palio, metà dei quali riservati al personale che lavora già nell’ente locale. Il bando fu pubblicato a giugno 2011 e la predisposizione dei quiz è stata affidata alla Selexi. Per partecipare al concorso, ognuno dei 4 mila candidati ha pagato 15 euro di tassa di esame. Un obolo per trovare un posto fisso, prima che Provincia e altre istituzioni sprecone vengano spazzate via. F. Ge.

I dati si riferiscono alle votazioni elettroniche valide svolte in Aula dall’inizio della Legislatura. Ultimo aggiornamento 28/5/12


Riservato Marco Damilano

Il leghista Gianluca Buonanno pretende rispetto. Soprattutto quando parla in Aula a Montecitorio. E così, intervenendo sul decreto sulle commissioni bancarie, ha chiesto al rappresentante del governo di trattarlo «meno da pirla», invitandolo ad ascoltare. Rassicurato dal presidente di turno Maurizio Lupi sull’attenzione con cui i sottosegretari D’Andrea e De Vincenti lo seguivano, ha ripreso a parlare. Buonanno, deputato maroniano e sindaco di Varallo (Vercelli), è un politico piuttosto brioso e un amministratore fantasioso. Nel suo comune, ad esempio, ha sistemato sagome di politici per farli prendere a pomodorate dai cittadini (in cambio di un’idea da presentare in Parlamento, però, perché alle proposte ci tiene), ha installato cartelli per GINALUCA BUONANNO vietare il burqa e le attività di “vu cumprà” (scritto proprio così) e mendicanti. L’idea di un omosessuale dichiarato come Vendola a palazzo Chigi lo fa star male ed è sicuro che «i maschi che vivono al Nord sono più virili di quelli che vivono al Centro-Sud». E non ci sta a fare la figura del pirla. A. Ro.

Giustizia 1

Berselli conquista Baires

Roma-Buenos Aires sola andata: sarà lungo, ma avrà come destinazione finale proprio la capitale argentina il viaggio del format “Salone della Giustizia”, kermesse inventata (e brevettata) dal presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, per «far incontrare tutti gli attori del mondo giudiziario e i cittadini, specie i giovani, per diffondere il senso della legalità». Alcuni giorni fa una delegazione d’oltre Atlantico è arrivata a palazzo Madama per documentarsi sulla manifestazione e voilà, accordo preso e partnership firmata. Entusiasta il capo della missione argentina, Juan Sebastian De Stefano, rappresentante del Consiglio superiore della magistratura di Baires. G.C.

Giustizia 2

DIONIGI BOCCIA BOLOGNA

La Babele dei dialetti calabresi sta creando qualche problema più del previsto al processo Minotauro, nato dall’inchiesta sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Piemonte. Le udienze stanno entrando nel vivo in questi giorni nell’aula bunker di Torino, ma mancano ancora alcune traduzioni delle numerose (più di mille) intercettazioni telefoniche e ambientali che formano la base dell’accusa. La maggior parte delle quali in dialetto calabrese “stretto”. «A rendere difficile il lavoro dei periti nominati dal Tribunale», spiega un legale della difesa, «è il fatto che non si tratta di un dialetto solo, ma di più varietà. A seconda della città di origine delle persone intercettate». Ci vorranno ancora settimane, se non mesi, ma qualcuno ipotizza addirittura un anno, prima che l’operazione sia terminata. Sia la Procura, sia gli avvocati ritengono che, nonostante le proroghe già causate dalle traduzioni, «tutto filerà liscio» e il processo si chiuderà prima della decorrenza dei termini che rischia di far tornare in libertà molti degli imputati. F. L.

Un’indagine della Ue l’ha appena annoverata tra le cinque migliori università d’Europa, in Italia è in cima alla lista delle preferenze degli studenti stranieri di Erasmus. Ma per il rettore dell’Alma Mater, Ivano Dionigi, «Bologna ha ancora molta strada da fare, a partire dalle infrastrutture e dai servizi sui quali non c’è inadempienza ma certo insufficienza». Insomma, un riconoscimento da attribuire solo alla qualità accademica dell’ateneo, non certo alla città. Un chiodo fisso per il rettore, che ha presentato al Comune molte proposte sul rilancio di una città «il cui futuro si giocherà sulle infrastrutture». N. R.

Babele calabrese

18 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

TOP e FLOP

TOP GIULIA BONGIORNO La legislatura è finita il 30 luglio 2010, quando la presidente della c ommissione Giustizia parlò per la prima volta alla Camera a nome di Fli, dopo la rottura tra Fini e il Pdl. Da allora Berlusconi è crollato, Fini è sparito, solo Giulia resiste, difende la legge anti-corruzione, si prepara al futuro: sindaco di Roma, la vede qualcuno, o una carica istituzionale. FLOP JULIÁN CARRÓN Per il prete che guida Comunione e Liberazione i Memores Domini erano l’élite del movimento, la guardia scelta. Oggi rimbalzano tra scandali lombardi e corvi vaticani: memores sono le donne che accudiscono il papa, memores sono Formigoni e i suoi amici che condividono barche, ville e vacanze. E non ricordano chi le ha pagate. Smemores. TOP FABRIZIO CICCHITTO Berlusconi? Non si tocca. Alfano? Meglio di Mourinho. La Gelmini? Applaudita... I rottamatori del Pdl vogliono azzerare i capi ma giunti al loro cospetto si prostrano come Benigni e Troisi in “Non ci resta che piangere” con Savonarola: «Ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi». Chi resta da rottamare? Cicchitto: tutta colpa sua, è vecchio e pure antipatico. Bel coraggio! FLOP MICHELE SANTORO Anni spesi a scatenare società civile e star system contro i partiti e ora che la rivoluzione arriva, Grillo, ingrato, lo accusa di essere un megafono del potere. Per Beppe, Silvio e Michele pari sono, B. e l’anti-B., teleBiscione e teleSogno. E Santoro usa il linguaggio del nuovo nemico: «C...o, c...o! Vaff!». Per conservare l’egemonia. Per non perdere la scena.

Foto: P. Cerroni - Imagoeconomica, M. Chianura - Agf (3), C. Minichiello - Agf, S. Carofei - Agf

Leghisti Buonanno: non sono pirla!


Riservato MOVIMENTI GIOVANILI

FONDETEVI CON STING Qualcuno ha proposto la rockstar Sting, che da anni abita in una villa della campagna figlinese e altri, più seriamente, il renziano David Ermini, presidente del consiglio provinciale di Firenze, come primo sindaco del comune che sorgerà dalla fusione tra Figline Valdarno (paese nativo dell’umanista Marsilio Ficino) e Incisa Valdarno (dove ha sede la casa del Petrarca). Due comuni , rispettivamente di 15 mila e 5 mila abitanti, ad un tiro di schioppo dal capoluogo toscano e dal STING IN CONCERTO Chianti. Gli attuali sindaci Riccardo Nocentini (anche lui fan del sindaco di Firenze Matteo Renzi) e Fabrizio Giovannoni hanno chiesto al presidente della Regione Enrico Rossi di indire il referendum previsto dalla legge per i

comuni che intendono unirsi e che si terrà nella primavera del 2013. Se i cittadini dei due comuni daranno l’ok, sarà la prima fusione in Italia per numero di abitanti con circa 25 mila residenti. M. La.

Sindaci calabresi

L’antimafia si spacca Si spacca il fronte dei sindaci anti-‘ndrangheta della Locride. Dopo le pesanti minacce a Maria Carmela Lanzetta, primo cittadino di Monasterace, quarantadue colleghi l’avevano convinta a non dimettersi. Ma ora proprio Lanzetta prende le distanze da alcuni di loro. Galeotta fu la manifestazione del 25 aprile scorso, quando un fronte di fasce tricolori guidate da Ilario Ammendolia (Caulonia) si è scagliato contro i «professionisti dell’anti-’ndrangheta», criticando lo scioglimento dei Comuni per mafia «senza che i sindaci possano difendersi». Lanzetta si dice «non convinta dai toni di quella manifestazione», e non vi aderisce. Più netto Claudio La Camera, coordinatore del museo della ‘ndrangheta: «Alcuni sindaci calabresi», accusa, «si muovono in una zona grigia e ambigua: prima danno solidarietà ai colleghi minacciati, poi attaccano procura antimafia, Stato e associazioni». M.V.

Seggi in bilico

Tidei non molla Mentre sui social network si consuma la querelle fra Pietro Tidei, parlamentare del Partito democratico nonché neoeletto sindaco di Civitavecchia (Rm), e Mario Adinolfi, giornalista e primo dei

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non eletti nello stesso collegio elettorale di Tidei e pertanto destinato a subentrargli non appena l’onorevole secondo legge - rinuncerà al suo seggio, accade anche questo: lo strano caso dei sostenitori a loro insaputa. Tidei, che è restio ad abbandonare Montecitorio in tempi brevi, può vantare un gruppo Facebook che lo invita a non lasciare il suo seggio ad Adinolfi. Del gruppo ha

IL TERZO POLO PARTE DA ZERO Dopo i rottamatori del Pd ed i formattatori del Pdl, arriva l’onda giovane del Terzo Polo. Zero Positivo, questo il nome del movimento degli innovatori della destra laica italiana, che esordirà il 9 giugno, presso la Domus Talenti di Roma. «Siamo all’anno zero della politica, è necessario riaffermare una proposta riformatrice, che offra un futuro di maggiore libertà e responsabilità individuale», si legge nel Manifesto di Zero+. All’evento prenderanno parte rappresentanti di esperienze politiche di centrodestra: dall’organizzatore Lucio Scudiero di Generazione Futuro (ossia i giovani di Futuro e Libertà) a Sara Giudice, pidiellina lombarda passata a Fli, nota per aver protestato contro la presenza di Nicole Minetti in Consiglio regionale; da Michele Gerace dei Giovani Udc a Luca De Vecchi, esponente delle nuove leve di Italia Futura. C. CU.

La Sicilia tocca Ferro Il movimento dei Forconi punta a Palazzo d’Orleans. L’aggregazione guidata da Mariano Ferro che nei mesi scorsi ha bloccato la Sicilia fermando i tir per protestare contro il carico fiscale, sta pensando di partecipare alle elezioni dopo che il governatore Lombardo ha annunciato il ritorno alle urne. «Chiediamo ai siciliani: dobbiamo rimanere solo un movimento di lotta o possiamo tentare anche di entrare nel Palazzo con nostri deputati e con nostri rappresentanti per dire quello che stiamo facendo fuori?», spiega Ferro, che pensa di fare nell’isola buona concorrenza ai grillini: «È una domanda, per ora; anche se ritengo che l’operazione si farà». B.C. fatto parte, per poche ore, anche l’onorevole Pd Roberto Giachetti, il quale ha tenuto a precisare di essere stato iscritto a sua insaputa. Chissà, invece, se sanno di farne parte gli onorevoli piddini Maria Coscia, Michele Meta e Roberto Morassut, l’europarlamentare Guido Milana, il segretario ed il tesoriere del Pd Roma, Marco Miccoli e Carlo Cotticelli. C. CU.

Foto: B. Patterson - Corbis

Comuni del Chianti


Riservato IL VOLTO UMBRO

DI HOLLANDE

La presidente dell’Umbria, Catiuscia Marini, cuore a sinistra, l’ha già invitata a visitare la città d’origine della sua famiglia. Nel governo di François Hollande, infatti, Aurélie Filippetti, la bella 38enne nominata ministro della Cultura, ha una storia interessante: il papà Angelo Filippetti, minatore diventato sindaco (comunista) di Audun-le-Tiche in Lorena, era figlio di un emigrante di Gualdo Tadino, Tommaso Filippetti, avventuratosi in Francia per lavorare nelle miniere vicino a Metz, schieratosi con la Résistance e morto in un campo nazista durante la guerra. Aurélie ha esordito nei Verdi e nel 2006 è passata ai socialisti, di cui è stata capogruppo all’Assemblea nazionale. Ha studiato all’Ecole Normale, e al nonno Tommaso nel 2003 ha dedicato un romanzo, “Gli ultimi giorni della classe operaia”. E. A.

L’ARMA FOTOGRAFA I REATI DA CRISI Il polso della crisi visto dall’osservatorio istituzionale più ramificato: le 4.620 stazioni dei carabinieri, diffuse in tutta la Penisola. Presidi della legalità, che intervengono per contrastare una microcriminalità sempre più diffusa. Nello scorso anno le sole stazioni hanno perseguito due milioni di reati, segnalando ai magistrati 305 mila persone e arrestandone 48 mila. In parallelo, cresce l’attività per garantire la sicurezza delle manifestazioni di piazza - ben 10.461 - e sportive, con l’impegno di mezzo milione di militari nel corso dell’anno. Il bilancio operativo è stato reso noto in occasione delle celebrazioni per il 198mo anniversario della fondazione dell’Arma, che verrà festeggiato il 5 giugno alla presenza del capo dello Stato Giorgio Napolitano e del premier Mario Monti. 22 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

Denise Pardo Pantheon

Se son Nanni fioriranno FELICE E CONTENTO. C’è uno decorazione di Commandeur de l’ordre di sinistra che ce l’ha fatta, che des Arts et Lettres, il massimo grado ci invidiano all’estero e che è felice. della prestigiosa chincaglieria. E come Strano. Non esiste questo fenomeno in se non bastasse, il nostro si è natura. Invece esiste: è Nanni Moretti, dimostrato anche un profeta: il suo l’immaginazione sul serio salita “Habemus papam” si è rivelato il al potere - presidente della giuria preludio visionario del terremoto che del festival di Cannes - l’unico della sta scuotendo il Vaticano. Caro diario, sua generazione che ha smesso di farsi che maggio francese! del male, l’esemplare di una sinistra CHIARA MON AMOUR. E così è felice, realizzata che può anche ridere e di un più simpatico pare, quindi innamorato. rapporto con il potere non masochista e Lei è Chiara Palmieri, un virgulto rispetto nemmeno pudibondo. E intanto mentre a lui, bella, lunghi capelli biondi, storica Pier Luigi Bersani o Massimo D’Alema dell’arte piuttosto chic che non inseguono la Francia di François inciampa nell’abito lungo. La parabola Hollande, sono i francesi ad adorare del regista del “Caimano” è la Moretti e lui si permette di non premiarli dimostrazione che si può trovare la via? alla Croisette. Habemus leader. Può essere l’incarnazione di una sinistra ECCE CAMICIA. L’ex Nutella boy - la senza elefanti, buoni giusto per gianduia era il suo rimedio esistenziale l’imprimé di una camicia? L’uomo (ma non ne ha più bisogno a quanto dell’urlo di piazza Navona, l’attore pare) - ha avuto una settimana perfetta. che chiede «D’Alema di’ una cosa di Presidente della giuria, si diceva, nel sinistra», indimenticato tormentone, tormento - come suo solito - ma anche il girotondino che ci aveva creduto ha nel godimento. In una foto su Twitter segnato il passo, lasciato il posto, è apparso dilaniato (versione Moretti voltato pagina. Sarà pure il frutto della classico) nella scelta dei vincitori del delusione, perfino un segno di anti festival. Ma la camicia indossata per politica ma in ogni caso è una svolta l’occasione, Dumbo rosa, verdi, blu su che le teste d’uovo politiche della sua sfondo celeste (proboscide in su come generazione che ne hanno azzeccate vuole la buona sorte), era invece il poche e sono aggrappate alle poltrone, segno inequivocabile di euforia. Ha (flessibilità sul lavoro, sì ma non per giocato, poi, anche a loro) non pensano proprio pétanque nella piazza di NANNI MORETTI. A FIANCO: di seguire. AURÉLIE FILIPPETTI Cannes, camicia più A PASSO DI DANZA. pomodoro che bandiera L’autocoscienza (filo rossa (l’era della camicia conduttore del film d’esordio a scacchi è lontana). Tra e di successo “Ecce olalà e c’est très bon, Bombo”) deve aver “Nice-matin” ha riportato funzionato bene alla fine questo commento: se l’anno scorso, sempre “Nanni Morettì? Il nous a a Cannes ma solo per plié”. Almeno a bocce, presentare il suo film, Moretti viva l’Italia! è scoppiato a piangere nei CARA AURÉLIE. Negli dieci minuti di applausi per stessi giorni il ministro “Habemus papam”. Dopo della Cultura francese la proiezione e i singhiozzi è Aurélie Filippetti (qui andato in discoteca a ballare accanto le sue origini) scatenato come Carmen appena nominata e Russo e a cantare a quindi con parecchi grilli squarciagola “Il triangolo francesi per la testa, gli no!”. Chissà: si riferiva ha testé appuntato la al futuro Terzo Polo?

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Foto: C. Liewig - Corbis, Team Cannes 2012 - Olycom, S. Caleo

LA MINISTRA FILIPPETTI


Marco Travaglio Carta canta

ette mesi fa, quando Berlusconi salì al Quirinale per dimettersi tra due ali di folla festante, i suoi adepti (dichiarati o mascherati da “terzisti”) si divertivano un sacco: «E ora, di che camperanno gli antiberlusconiani?». Plotoni di politici, portaborse, portavoce, giornalisti da riporto e intellettuali da diporto, tutta gente che campa da vent’anni grazie alle paghette di Rai-Mediaset, Fininvest, Mondadori, “Giornale”, “Panorama”, “Foglio” e Medusa, si affannavano a dimostrare che il Cavaliere lasciava orfani e vedovi inconsolabili non i suoi impiegati e trombettieri, bensì i suoi più intransigenti avversari. Era un patetico espediente per tentare di mettere sullo stesso piano il berlusconismo che aveva trascinato l’Italia nel baratro e l’antiberlusconismo che aveva fatto di tutto per salvare l’Italia dal baratro. Sabina Guzzanti mise subito alla berlina quella pochade: «È come se il 25 aprile 1945 qualche fascista si fosse avvicinato ai partigiani e agli angloamericani che avevano appena liberato l’Italia dal fascismo dicendo loro: “Vi manca il Duce, eh?”». Ora gli antiberlusconiani godono ottima salute anche senza Berlusconi (anzi, proprio per questo), mentre non si può dire altrettanto dei berlusconiani. Alfano, da quando Papi lo manda solo, lo invoca notte e giorno arrivando a chiamarlo «il presidente della Repubblica». GIULIANO FERRARA, con articoli e financo con un rap, lo esorta a «riscendere in campo», manco la politica fosse una seduta spiritica. Sennò chi glielo finanzia “il Foglio” e chi glielo dà un programma su RaiUno? I famigli e i complici lo incitano al “colpo di scena”, d’ala, di reni, anzi di teatro, vaneggiando di “grandi svolte” (tipo cambiar nome al Pdl) e “nuovi predellini” (stavolta il mezzo di locomozione non sarebbe la Mercedes, ma l’ambulanza). Sennò chi li riporta in Parlamento, evitando loro di andare a lavorare? Minzolini, su “Panorama”, aizza dall’angolo del ring il pugile suonato a «tornare alle origini» e «inventare un nuovo soggetto politico in cui manterrebbe il ruolo di padre nobile affiancato da Montezemolo» o addirittura «Guido

S Quando il Cavaliere si è dimesso, i suoi adepti si sono divertiti: di che camperanno gli antiberlusconiani? Ma vista la crisi del centrodestra sono proprio i berluscones a rischiare la disoccupazione

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Barilla» (a sua insaputa). Sennò il poveretto un altro tg se lo scorda. Vespa, sempre su “Panorama”, sogna che l’amato «dimostri di esser ancora il grande commissario tecnico che ha trasformato il Milan in campione mondiale e ha restituito l’anima ai moderati: crei le condizioni perché Casini torni a casa» e «metta intorno a un tavolo Passera, Montezemolo e chiunque non voglia Vendola al governo». Ma soprattutto chiunque voglia ancora “Porta a Porta” una sera sì e l’altra pure. SALLUSTI,SUL “GIORNALE”, fa quasi pena: non passa giorno senza un suo consiglio al padrone che inopinatamente gli ha affidato il “Giornale” che fu di Montanelli. Titoli trionfalistici che fanno impallidire i dispacci di Alì il Chimico, il ministro di Saddam che ne magnificava le vittorie mentre le truppe americane gli occupavano anche la toilette: “Ecco il piano di Berlusconi”, “Dai Silvio, molla Monti”, “Pdl, ore decisive”, “Il Cav pensa alla svolta: appoggio esterno”, “Alfano annuncia la rivoluzione: qualcosa dal Cav ha imparato”, “Asse Cavaliere-Napolitano”, “Silvio torna in campo: ecco il nuovo partito”, “Berlusconi torna allo spirito del ’94”, “Silvio mette sul tavolo la Terza Repubblica”, “Berlusconi e il Pdl tengano duro, stanino codardi e ipocriti, dimostrino di avere le palle”. Belpietro, su “Libero”, dopo i titoloni profetici “Monti salterà: ecco il piano” e “Si può vincere” (alla vigilia delle comunali), attacca tutti i dirigenti Pdl tranne Berlusconi: “Dimettetevi tutti”, “Andate a lavorare”, “Non sanno neppure dimettersi”. Perfino i leghisti, elaborato il lutto, riescono a immaginare un futuro senza Bossi & the Family. Ma i berluscones un centrodestra senza Berlusconi non se lo figurano proprio: a parte lui, che se ne infischia come sempre della politica, avendo cose ben più serie a cui pensare: i processi, Mediaset e dunque la Rai. Così, senza il caro estinto, rischiano la disoccupazione non gli antiberlusconiani, ma proprio i berlusconiani che sette mesi orsono facevano tanto gli spiritosi. Presto riapriranno i battenti i comitati “Silvio ci manchi”, sulle note del nuovo inno: “Meno male che Silvio c’era”.

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Foto: Maki Galimberti

Quelli che Silvio ci manchi


Ignazio Marino Questioni di vita

ai più visite in studio per i medici dei nostri ospedali. Adesso con la libera professione si fa sul serio. Non ci saranno altre proroghe». Sono le parole del ministro della Salute, Renato Balduzzi, che lo scorso febbraio ha chiarito la volontà di mettere ordine in un settore in cui regna l’anarchia. L’annuncio ha messo in fibrillazione il mondo della sanità che da tredici anni attende, di proroga in proroga, una riorganizzazione. Ma niente paura, nella proposta del ministro c’è l’immancabile proroga: nulla cambierà fino a novembre, in attesa di un passaggio graduale verso nuove regole. A dire il vero una norma che riorganizza l’attività libero-professionale dei camici bianchi esiste già (legge 120 del 2007), ma non è mai entrata in vigore, vittima anch’essa del regime delle proroghe. Perché non applicarla subito? Perché ricominciare a negoziare con i medici, i sindacati, le Regioni, il Parlamento, con la certezza di non arrivare a nulla prima delle elezioni del 2013? Facciamo un passo indietro. Nel 1999 venne data la possibilità ai medici di svolgere l’attività privata all’interno degli ospedali, sperando di porre fine al dirottamento dei pazienti nelle case di cura. Dopo più di dieci anni da quella riforma il risultato è modesto: tante aziende sanitarie non hanno adeguato gli spazi da destinare agli studi dei medici, molti dei quali hanno continuato a visitare e a operare nelle cliniche, nonostante abbiano accettato il rapporto di esclusività con il Servizio sanitario nazionale e il relativo aumento di stipendio. UNA SOLUZIONE SAREBBE a portata di mano: basterebbe applicare la legge del 2007 che prevede la libera professione all’interno dell’ospedale, ma al di fuori dell’orario di lavoro, e obbliga ad assicurare un numero di prestazioni nel pubblico non inferiore a quelle del privato. Ciò significa che se un medico esegue cento visite al mese a pagamento, ne deve eseguire almeno cento anche nel pub-

M Il ministro Balduzzi lo aveva promesso: per i medici che lavorano in ospedale la libera professione sarà riorganizzata. Ma sta per arrivare la consueta proroga. E il dirottamento dei pazienti verso le cliniche continua

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blico. Una proporzione che garantisce guadagni elevati ai professionisti, riduce le liste d’attesa e tiene conto delle esigenze degli ammalati, senza discriminare i meno abbienti. Inoltre, se il medico lavora solo all’interno del suo ospedale, un paziente che viene operato di mattina e ha una complicazione il pomeriggio, sarà più tranquillo perché il suo chirurgo è lì, non è corso in clinica e si prenderà cura di lui. L’organizzazione caotica di questi anni ha creato anche terreno fertile per alcune situazioni di illegalità inaccettabile. Su 704 posizioni di medici valutate in un’indagine dei Nas nel 2011, ben 356, ovvero la metà, hanno dato origine a una denuncia. È ORA DI DIRE BASTA: si premino i medici diligenti e onesti e si puniscano i furbi, coloro che non rilasciano le fatture ed evadono le tasse, che privilegiano le visite allo studio privato trascurando il lavoro in ospedale, e quelli che in ospedale non ci vanno proprio ma si fanno timbrare il cartellino da colleghi compiacenti. I disonesti sono una piccola minoranza ma danneggiano la stragrande maggioranza di quegli operatori sanitari che, responsabilmente, ogni giorno si dedicano ai pazienti, spesso in condizioni difficili e con strumenti limitati. E soprattutto basta proroghe. Se si vuole cambiare, si faccia sul serio e si ponga fine una volta per sempre a quell’anomalia tutta italiana che garantisce a un medico il posto fisso a vita permettendogli allo stesso tempo di svolgere la libera professione, quasi sempre senza controlli. Si scelga invece di separare i percorsi, da una parte il privato puro, dall’altra il pubblico introducendo incentivi salariali e di carriera significativi, con premi economici per chi lavora meglio e con valutazioni periodiche dei risultati. Insomma, si punti a fidelizzare una classe medica finalmente motivata e gratificata, che voglia crescere nel pubblico e che sia orgogliosa di contribuire con idee, tempo e impegno a rafforzare e rendere sempre migliore un’istituzione fondamentale per la vita di tutti noi.

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Foto: E. Paoni- Massimo Sestini Agency

Due camici e un dottore


7 giugno 2012

L’altra copertina CORVI, DOSSIER, VELENI, FAIDE INTERNE, LO SCONTRO SULLO IOR. AL VATICANO SOTTO ASSEDIO È DEDICATA LA COPERTINA DI QUESTA SETTIMANA (SERVIZIO A PAG. 34). L’INCHIESTA RACCONTA PROTAGONISTI E RETROSCENA DI UNA CLAMOROSA GUERRA CHE HA COME OBIETTIVO IL PAPA. DI TUTT’ALTRO GENERE L’ALTRA COPERTINA. ABBIAMO INTERVISTATO INFATTI L’ATTRICE JANE FONDA CHE CON I SUOI SPLENDIDI 74 ANNI A HOLLYWOOD È ANCORA UN MITO (SERVIZIO A PAG. 82). IL SUO È UN INNO ALLA GIOIA DI VIVERE E ALLA FELICITÀ

Settimanale di politica cultura economia - www.espressonline.it

N. 23 anno LVIII 7 giugno 2012

WONDER JANE Foto: Paola Kudacki-Trunk Archive/Contrasto

A HOLLYWOOD È ANCORA UN MITO. DOPO UNA CARRIERA ESALTANTE. QUI JANE FONDA CI RACCONTA I SUOI MERAVIGLIOSI 74 ANNI

VATICANO CHOC PROTAGONISTI E RETROSCENA DELL’ATTACCO AL PONTEFICE p.38

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FOOTBALL CLAN PARTITE TRUCCATE: LE MANI DELLE COSCHE SUL CALCIO p.50

ENTI INUTILI COSTANO MILIONI. MA NESSUNO LI TAGLIA p.144

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n. 23 - 7 giugno 2012

Sommario 38

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Speciale Green 130 / VERDE FUTURO A Rio si apre la conferenza dell’Onu. Per scrivere le regole dell’economia ecologica di Luca Carra 132 / CON L’ORTO IN CASA Coltivarsi le verdure. Bere l’acqua del rubinetto. Andare in bici. Per spendere poco. E salvare il pianeta di Stefano Vergine 136 / ELETTRICA A IMPATTO ZERO Mancano i punti di ricarica. E i costi sono alti. Così i governi prepara gli incentivi di Marco Scafati

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Questa settimana su www.espressonline.it 34

Questa settimana 33 / A CIASCUNO IL SUO ALTARINO di Bruno Manfellotto

Primo Piano

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42 / NESSUNO TOCCHI LO IOR I segreti dalla banca vaticana. Le richieste dell’Europa di maggiore trasparenza. I retroscena della cacciata di Gotti Tedeschi di Orazio Carabini

34 / EMILIA NOSTRA Il terremoto ha spezzato vite e colpito duramente l’economia. Ma questa mia terra di gente sicura e costante saprà ancora una volta risorgere di Marco Belpoliti

46 / SUA SANITÀ È IN ROSSO Prima il San Raffaele. Ora il buco da un miliardo del Gemelli. E ancora l’Idi al verde. Ecco i bilanci del flop vaticano di Emiliano Fittipaldi

38 / GUERRA SANTA Carte trafugate. Veleni. Arresti. Nella Santa Sede è in atto un violento scontro. Con al centro il potente cardinale Tarcisio Bertone. Mentre il papa è sotto assedio di Sandro Magister

50 / FOOTBALL CLAN Ci sono boss italiani e stranieri dietro lo scandalo che travolge il calcio. E spuntano anche uomini della Magliana di Lirio Abbate

Rubriche 7 / Per esempio di Altan 9 / L’antitaliano di Roberto Saviano 11 / Satira preventiva di Michele Serra 13 / Parole nel vuoto di Massimo Cacciari 15 / Riservato a cura di G. Di Feo e P. Di Nicola 18 / Top e flop di Marco Damilano 22 / Pantheon di Denise Pardo 24 / Carta canta di Marco Travaglio 26 / Questioni di vita di Ignazio Marino 81 / Si può fare di Innocenzo Cipolletta 151 / Avviso ai naviganti di Massimo Riva 198 / Il vetro soffiato di Eugenio Scalfari

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Attualità

56 / IL PARTITO DEI CARINI Una rete sul territorio. Mille volti nuovi. Montezemolo inaugura il grillismo chic di Marco Damilano 61 / ELIFORMIGONI Non solo yacht e jet. Il governatore ama anche gli elicotteri. E sogna di scavalcare il traffico lombardo con i velivoli Agusta di Michele Sasso 64 / GAY PRIDE MODELLO POLIZIA Rivoluzione nelle questure. Sì agli omosessuali in divisa e corsi contro le discriminazioni. Parla il prefetto Cirillo di Tommaso Cerno 66 / NAPOLITANEIDE In mostra al Museo della satira di Forte dei Marmi strisce e vignette che vedono protagonista il presidente. Dal Pci al Colle di Pasquale Chessa

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Mondo

Scienze

Passioni

74 / FARÒ RIPARTIRE L’AMERICA Obama ha fallito. Perché non capisce nulla di economia. Ora tocca a me. Parla il candidato repubblicano alla Casa Bianca colloquio con Mitt Romney di Mark Halperin

112 / UN’ESTATE DA EINSTEIN Il transito di Venere. I dinosauri. Poi storie di donne e guerrieri. E Palafittiadi. Decine di eventi per una vacanza da scienziati di Elisa Manacorda 119 / SALUTE

173 / Cinema 174 / Spettacoli 175 / Musica 177 / Arte 178 / Libri 181 / Moda 184 / Beauty 186 / La tavola 187 / Viaggi 188 / Motori 192 / Per posta, per email

Album 82 / WONDER JANE A 74 anni è bellissima. E più felice che mai. Grazie a tutto quello che oggi sa sulla vita di Valeria Palermi

Cultura 92 / TRAGEDIE A LIETO FINE I libri che raccontano il lutto sono in testa alle classifiche. E piacciono pure alla critica. Le ragioni di un successo di Angiola Codacci-Pisanelli 97 / CHE TEATRO L’ANARCHIA La fondatrice del Living spiega come e perché cambiare il mondo colloquio con Judith Malina di Alessandro Agostinelli 99 / CANTA IL VIOLINO Maxim Vengerov e il mito della scuola russa di Riccardo Lenzi 102 / UN GARRONE NON FA PRIMAVERA Nonostante l’affermazione di “Reality” a Cannes il cinema italiano è in crisi di Alessandra Mammì 107 / CINQUANTA VOLTE FRESU Cioè 50 concerti per i 50 anni del trombettista. Con “l’Espresso” cinque Cd e un Dvd del musicista di Alberto Dentice

Tecnologia 122 / E TU VOTERESTI VIA INTERNET? Niente seggi, niente schede, basta un clic. È la democrazia elettronica. I rischi sono molti, ma le sperimentazioni continuano di Fabio Chiusi

Economia

COPERTINA: foto di Getty Images (1), Corbis (1), FotoA3 (1)

144 / TAGLIARE QUI NON COSTA NULLA Ogni italiano sborsa 13 mila euro l’anno per tenere in piedi enti di ogni tipo. Ecco un catalogo. Utile per individuare gli sprechi di Orazio Carabini 153 / LIQUIDATE QUELLA BANCA Capolinea in vista per l’avventura Sopaf-De Agostini di Luca Piana

Società 160 / BEATLES RELOADED Chi li rimpiange. Chi da quegli anni non si è mai svegliato. Chi ne rinnova il mito. Mezzo secolo ed è ancora passione per i Fab Four di Alberto Dentice 166 / LASAGNE IN ORBITA Lo chef Davide Scabin prepara i piatti per gli astronauti. Il cibo made in Italy va in orbita di Emanuele Coen

Crescono ancora i nostri blog: Guido Scorza e Giulio Finotti Continua ad arricchirsi la sezione blog del sito de “l’Espresso”. I nuovi arrivi sono Guido Scorza, giurista specializzato sui diritti della Rete, con il suo sito “Avvocato del Diavolo”; e Giulio Finotti, giornalista e autore del nuovo blog “Dai diamanti non nasce niente”.

Guerra in Vaticano: Sandro Magister Nella sezione “Chiesa” e nel blog “Settimo Cielo”, il nostro vaticanista Sandro Magister pubblica aggiornamenti, documenti, retroscena e opinioni sulla vicenda che sta scuotendo il papato.

Quale ricetta per la fine del mondo? Quale piatto mangereste se fosse l’ultimo della vita? La lasagna di Moreno Cedroni, la pasta e patate di Franco Aliberti o il polpettone di Valerio Centofanti? Sono alcuni piatti da fine del mondo che si vedranno alla festa degli chef di Vico Equense ironicamente dedicata alla profezia dei Maya. Nella sezione Food&Wine del nostro sito.

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* Il costo massimo della telefonata da rete fissa è di € 0,1426 al minuto + 6,19 cent di euro alla risposta (IVA inclusa) 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 31


Bruno Manfellotto Questa settimana

A ciascuno il suo altarino voler scegliere un simbolo della stagione che ci tocca vivere, viene in mente la cabina armatoriale dell’Oyala - un Ferretti 27 metri che con il Chinghingaia e l’Ad Maiora costituiva l’arrogante flotta Daccò - dentro la quale mani premurose avevano fatto sistemare un grande rosario e un piccolo altare. Per le pause di meditazione di Roberto Formigoni tra un tuffo e l’altro nel mare blu della Costa Smeralda. Fede e regalìe, soldi e penitenza, affari e vacanze, politica e privilegi. Testimoni raccontano anche che ogni settimana, da giugno a settembre, un aereo era a disposizione a Linate per accompagnare il governatore celeste in Sardegna dove lo aspettava, appunto, lo yacht personalizzato. A spese di Daccò, of course. Sempre che il nostro non preferisse saltare su uno degli amati elicotteri (pag. 61). Episodi che ricordano l’epopea un po’ rosa un po’ nera di don Verzè: jet privati, fazende brasiliane, intrallazzi edilizi. Mancano solo i festini con le belle ragazze a bordo piscina. Qui e là, pur mettendo da parte etica, rigore e moralità, trionfa l’assoluta mancanza di stile e di eleganza. MA NON È SOLO QUESTO. Non è certo un caso che quasi tutto il malaffare lombardo degli anni Duemila ruoti intorno all’industria della sanità: ospedali pubblici, farmaci e cliniche convenzionate rappresentano infatti voce cospicua della spesa pubblica, il capitolo più importante del bilancio di ogni regione. E infatti, pur se in forme di volta in volta diverse, lo schema si ripete. Dovunque la forza di partiti e leaderini locali sembra correre di pari passo con un affaire capace di determinare governi regionali, decidere ascese e cadute imprenditoriali, garantire delicati equilibri di potere. Capita dunque spesso, troppo spesso, che anche all’ombra dell’eccellenza medica vivano e prosperino ruberìe, sprechi, tangenti. E che girino troppi soldi, per di più fuori di ogni controllo. In Campania, una delle capitali della spesa

A

Foto: Massimo Sestini

I conti in rosso della sanità che da Milano arrivano fino in Vaticano. I misteri dello Ior. I corvi. Forse simbolo di questa stagione è lo yacht con angolo preghiera per i dorati week end di Formigoni. Mentre un’altra Italia lotta contro il terremoto

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sanitaria a go-go, il governatore Caldoro ha aggredito la questione scegliendo come amministratore della più disastrata delle Asl napoletane non un manager ma un ex carabiniere. Che raggiunto il nuovo ufficio ha scoperto, stipate in bell’ordine in un armadio, fatture inevase per centinaia di migliaia di euro. Più che la contabilità, soccorre il codice penale. A MILANO IL SAN RAFFAELE portato al crac da don Verzè e percorso da scandali, abusi e perfino da un oscuro suicidio, fallita la missione di soccorso di Bertone & C. (pag 48), è stato salvato grazie al generoso intervento di un imprenditore della Sanità, il professor Giuseppe Rotelli, che pochi mesi dopo è diventato anche primo azionista privato del “Corriere della Sera”; a Roma il Policlinico Gemelli, polo di eccellenza della sanità nel Lazio famoso per aver soccorso e curato papa Wojtyla, nasconde un buco finanziario di quasi un miliardo di euro (pag. 46), più o meno il doppio di quanto - secondo il “Sole 24 Ore” - ha perso l’anno scorso il calcio italiano scosso da Scommessopoli. E a proposito di Gemelli. Mentre oltre Tevere volano corvi e stracci e la corrispondenza privata del papa diviene arma di combattimento in una Curia percorsa da guerre (sante?), si scopre che al centro di tutto c’è sempre lo Ior con i suoi segreti (pag. 42), e che lo scontro riguarda anche il ruolo della banca, protagonista del caso Calvi e della maxitangente Enimont, nel finanziamento e nel salvataggio delle grandi strutture ospedaliere legate al Vaticano - ancora la sanità! oberate da debiti e a rischio vendita. Si ha l’impressione che grazie ai corvi sia emersa solo una parte della verità e che anche il welfare, conquista dell’Occidente civilizzato, sia diventato un nuovo campo di battaglia, ma a colpi di finanza e non più di cannoni, crociate e scomuniche. E ciò indigna ancora di più al pensiero di cittadini, sindaci e volontari che in queste ore, con dignità e in silenzio, lottano contro polvere e macerie nell’Italia terremotata. L’altra Italia. Quella che ci piace. Twitter@bmanfellotto 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 33


Reportage

EMILIA NOSTRA Uno scrittore

racconta la sua terra, dove il terremoto spezza vite ed economia. E dice: saprà risorgere ancora una volta DI MARCO BELPOLITI ora che campanili e capannoni sono crollati, che i segni d’identità antica e di modernità imprenditoriale sono venuti meno, che ne sarà della mia terra e dei suoi abitanti? E come sarà il futuro dopo che sono morti, quasi insieme, imprenditori, figli di generazioni di emiliani, e gli immigrati arrivati qui in cerca di una vita migliore, accettati grazie alla antica abitudine all’ospitalità, ma anche alla sana razionalità? Insomma quale sarà il carattere dell’Emilia dopo lo choc e il trauma che ha visto paesi e simboli devastati. Per rispondere a queste domande, forse dovrei cominciare dall’inizio, dal fatto che la terra, il clima e la storia plasmano il carattere degli abitanti. A dare la forma all’Emilia, regione che prende il nome dalla strada consolare tracciata da Marco Emilio Lepido per collegare Piacenza a Rimini, intorno al 179 a. C., è la centuriazione romana del IV secolo a. C.: affidare ai coloni la terra appena conquistata e metterla a frutto con un sistema produttivo razionale. Si tratta del reticolo di lotti rettangoli, in cui è divisa la pianura padana, e che oggi si legge dall’alto; una trama continua e costante che ha dato l’imprinting agli abitanti della regione pianeggiante. Il primo carattere degli emiliani trae origine da questa fitta rete di campi e canali, che bonificarono le terre sotto il Po, rendendo agevole lo spostamento degli uomini e dei mezzi di trasporto. Regolarità e costanza sono una delle caratteristiche

NELLA FOTO: MACERIE NEL PAESE DI CAVEZZO

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CAMPANILI E CAPANNONI SONO CADUTI. MA L’IDENTITÀ È FATTA DI LUOGHI E STORIA. E QUESTA È GENTE SICURA E COSTANTE, ABITUATA AL LAVORO

Foto: S. De Grandis - Prospekt

E

degli emiliani che vivono da secoli dentro un clima umido, il quale rende fertili le campagne. Se si vuole capire la radice ultima della mia gente, si deve attraversare la pianura nei mesi in cui la terra viene rivoltata dagli aratri, un tempo tirati dai buoi, oggi da ultramoderni trattori con l’aria condizionata: il paesaggio è composto a perdita d’occhio da zolle, una terra scura, pastosa e insieme dura, umida e compatta. Il carattere ci deri-

va anche dalla nebbia costante in autunno e inverno, dal ristagno dell’aria che sperde i confini e confonde la visione producendo una forma di concentrazione dubbiosa su se stessi. Sicuri e costanti, come lo sono solo coloro che lavorano la terra, gli emiliani sono problematici, perciò amano la discussione e la polemica, discutono sino a spaccare il capello in quattro, ma sanno ascoltare anche lo straniero - ecco perché ne hanno

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Reportage

accettati tanti, che senza clamore né polemiche sono diventati pure loro emiliani - abituati a sedere a tavola con chiunque attraversi le loro terre nel corso dell’anno. L’identità emiliana si è formata nel corso dei secoli nei paesi, nelle piccole città, intorno ai campanili delle chiese e ai municipi, alle rocche e ai palazzi, un’identità fatta di ritualità religiose e civili dove, come nella leggenda novecentesca di Giovanni Guareschi, i due poteri, il parroco e il sindaco, confliggono e insieme si bilanciano, in una sorta di lotta con se stessi, con l’altra metà, opposta e simmetrica, che non si può non riconoscere. La laboriosità della mia regione deriva da un’istituzione che altrove - il Sud del latifondo o il Nord delle grandi cascine signorili - non è mai nata, o non si è mai sviluppata: la mezzadria. Vivere in piccoli nuclei, sparsi sul territorio, in case coloniche, e fare a metà con il proprietario delle terre - signore, feudatario, ecclesiastico o nobile che sia - spinge il contadino a produrre di più, a inventarsi sempre nuovi sistemi di sfruttamento della terra, tecniche agricole migliori. Dalla mezzadria settecentesca e ottocentesca deriva la piccola imprenditorialità diffusa degli emiliani, i distretti delle macchine agricole, delle ceramiche, delle tecniche biomedicali, della produzione tessile. Si è imprenditori perché prima si è stati mezzadri, e poi operai, come a Modena e Reggio Emilia, dove le dure lotte sindacali degli anni Cinquanta alle Reggiane, o alla Fiat trattori, produssero tante piccole aziende meccaniche nate dall’iniziativa degli ex

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operai licenziati. Socialisti prima, fascisti poi, e ancora comunisti dopo la Liberazione, gli emiliani, diffidenti, ma generosi, sono stati fedeli alla linea del Partito traducendo nel linguaggio del XX secolo le tradizioni civili del Medioevo e degli Antichi Stati. Fu proprio a Reggio Emilia, con un celebre discorso, che Palmiro Togliatti, traghettò il partito resistenziale, dalla lotta di classe del proletariato contadino e urbano, verso l’identità progressiva dei ceti medi. E torno alle mie prime domande. Oggi di fronte a un evento inarrestabile come il terremoto, dinanzi a cui si è quasi impotenti, come si comporteranno gli emiliani? Cosa faranno dopo che le prime scosse hanno messo in ginocchio la ricca agricoltura imprenditoriale, mentre le seconde hanno colpito i capannoni industriali, fucine di una imprenditorialità tra le più frenetiche del Paese? Cosa resterà dell’identità dopo il crollo delle torri e dei campanili, dopo che gli orologi, simbolo del Tempus Fugit, ma anche della scansione lavorativa giornaliera, sono caduti a terra, spezzati in mezzo alla macerie dei rossi mattoni? Sarà dura, ma l’Emilia risorgerà: le torri e le pievi là dove erano com’erano, perché l’identità è fatta dai luoghi e dalla storia. “Aspetto un’emozione/ sempre più indefinibile/ sempre più indefinibile”, così si chiudeva “Emilia Paranoica” cantata nel 1985 dai Cccp, gruppo punk filosovietico emiliano. Questa emozione è arrivata: ripartire. ■

DALLA MEZZADRIA DEI SECOLI LONTANI È ARRIVATA LA SPINTA ALLA IMPRENDITORIA DIFFUSA. CHE ADESSO SARÀ IL MOTORE PER RIPARTIRE

Foto:E. Cremaschi, S. De Grandis - Prospekt (2)

DA SINISTRA: SFOLLATI A CREVALCORE; MILITARI DELLA FOLGORE MONTANO UNA TENDOPOLI NEL CAMPO SPORTIVO DEL PAESE; UNA ROULOTTE A CAVEZZO; RICERCA DELLE VITTIME A MEDOLLA

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Primo Piano CORVI E DEMONI / LA CURIA

Il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. A sinistra: Papa Benedetto XVI

SANTA

Carte trafugate. Veleni. Arresti. Nella Santa Sede è in atto un violento scontro con al centro il potente cardinale Bertone. Mentre il papa è sotto assedio e gravato dagli scandali

DI SANDRO MAGISTER 38 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

è del metodo in questa follia. Da quando il maggiordomo di Sua Santità è finito in prigione, lo spettacolo è improvvisamente cambiato. Al centro della scena non c’è più la disputa sul contenuto delle carte trafugate. Ci sono i ladri. Intenti a tramare all’ombra di un vegliardo vestito di bianco. «Eliminata la giusti-

C’

Foto: B. Baiocchi - Prospekt, S. Dal Pozzolo - Contrasto

GUERRA

zia, che cosa sono i regni se non una grande banda di ladri?». La frase è di sant’Agostino, ma è stato Benedetto XVI a citarla nella sua prima enciclica, la “Deus caritas est” del 2005. Non sapeva che sette anni dopo sarebbe diventata questa l’immagine pubblica del Vaticano. Una cittadella devastata dalle ruberie, senza più un angolo inviolato, nemmeno quel “sancta sanctorum” che dovrebbe essere lo scrittoio privato del papa.

I trafugatori veri o presunti di carte vaticane dichiarano in coro ai giornali, sotto anonimato, che hanno agito così proprio per amore del papa, per aiutarlo a far pulizia. Ed è vero che nessuna delle malefatte messe a nudo nei documenti coinvolge la sua persona. Ma è ancor più vero che tutto ricade addosso a lui, inesorabilmente. Il papa teologo, delle grandi omelie, del libro su Gesù, è lo stesso che regna su una curia alla deriva, sentina di «egoismo, violenza, inimicizia, discordia, gelosia», di tutti i vizi da lui stigmatizzati nell’omelia della scorsa domenica di Pentecoste e in tante altre sue precedenti prediche inutili. È lo stesso papa che volle come segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone e continua a tenerlo al suo posto nonostante ne verifichi l’inadeguatezza ogni giorno di più. In Vaticano, oggi, il confine tra gli atti illeciti e quelli di puro malgoverno si è fatto molto sottile, quasi nullo. La prova clamorosa è di questi giorni. Il maggiordomo pontificio Paolo Gabriele era appena stato messo agli arresti per furto di documenti nell’appartamento papale, quando dentro e attorno all’Istituto per le Opere di Religione, la banca vaticana, si è consumato uno scontro di inaudita violenza, registrato con altrettanta brutalità prima in un comunicato ufficiale della stessa Santa Sede e poi in un documento interno deliberatamente fatto filtrare alla stampa, affinché il mondo sapesse che il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, era stato sfiduciato da tutti gli altri membri del consiglio di sovrintendenza

della banca. Ed era stato sfiduciato, si è letto, per manifesta incapacità a svolgere il suo ruolo, per frequente abbandono del posto di lavoro, per ignoranza colpevole dei suoi doveri, per comportamento personale «sempre più bizzarro», naturalmente anche per sospetta diffusione di documenti riservati, insomma, per un totale di nove capi di accusa sul filo dell’insulto, messi ai voti e approvati uno per uno dal board di rinomati consiglieri: il tedesco Ronaldo Hermann Schmitz della Deutsche Bank; l’americano Carl Albert Anderson dei Cavalieri di Colombo; lo spagnolo Manuel Soto Serrano del Banco di Santander e l’italiano Antonio Maria Marocco, notaio a Torino e ultimo cooptato. I primi tre, nel 2009, avevano dato un convinto sostegno alla nomina di Gotti Tedeschi a presidente dello Ior. E il sostegno l’avevano mantenuto fino a poco tempo fa, quando erano già aspri i contrasti fra Gotti Tedeschi e il direttore generale della banca, Paolo Cipriani, uomo forte della vecchia guardia. Da sei mesi i due non si parlano più. Il comunicato con l’annuncio della sfiducia a Gotti Tedeschi terminava dicendo che il giorno dopo, venerdì 25 maggio, si sarebbe riunita la commissione cardinalizia di vigilanza sullo Ior, la sola che può rendere esecutiva la mozione dei consiglieri. La riunione in effetti c’è stata, ma senza alcun comunicato finale. Formalmente Gotti Tedeschi non è stato ancora destituito, e sta affilando le armi per dire le sue ragioni. Ma intanto il conflitto si è spostato dove più conta, dentro la commissione dei cardinali. Dove c’è Bertone che ne è il presidente, ma c’è Attilio Nicora che non è quasi mai andato d’accordo con lui, e c’è Jean-Louis Tauran che da ex ministro degli Esteri della Santa Sede non ha mai digerito l’affidamento della segreteria di Stato a un non esperto in diplomazia come appunto Bertone. Gli altri due cardinali della commissione vivono l’uno in India, Telesphore Placidus Toppo, e l’altro in Brasile, Odilo Pedro Scherer. Assenti giustificati. Tra Bertone e Nicora l’ultimo terreno di scontro è stata la normativa introdotta nella Città del Vaticano per l’ammissione alla “white list” inter7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 39


Primo Piano

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segnamenti in plateale contrasto con la dottrina cattolica, e non possono certo essere sostituiti in blocco medici, scienziati e professori. Alla fine Bertone si è arreso e il San Raffaele è stato acquistato da un imprenditore italiano di prima grandezza nel settore della sanità, Giuseppe Rotelli. Ma per l’esuberante segretario di Stato, il sogno di creare un polo ospedaliero cattolico sotto il controllo e la guida del Vaticano è duro a morire. Come prova l’altra sua impresa fallita: la conquista del Gemelli, il policlinico romano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore divenuto famoso nel mondo per aver ospitato e curato Giovanni Paolo II. Per la conquista del Gemelli c’era un

difese. Peggio, il direttore del giornale edito dalla segreteria di Stato vaticana, “L’Osservatore Romano”, Giovanni Maria Vian, investì di critiche Boffo, in una spietata intervista al “Corriere della Sera”, proprio nel momento cruciale dell’attacco contro di lui. Non ci sarebbe stato bisogno, oggi, di leggere le accorate lettere scritte da Boffo in quel frangente, comparse tra le carte trafugate al papa. La dinamica sostanziale dei fatti era già allora sotto gli occhi di tutti. L’operazione San Raffaele, l’attacco a Boffo, la tentata conquista del Gemelli, la pretesa di Bertone di scavalcare la Cei nel ruolo di guida della Chiesa in Italia. Tutto si tiene. Nel 2010 l’incontenibile segretario di Stato, vantando un presunto mandato di Benedetto XVI, addirittura intimò per iscritto al cardinale Dionigi Tettamanzi di lasciare la presidenza del Toniolo. L’arcivescovo di Milano si inalberò. E Benedetto XVI diede ragione al secondo, dopo aver chiamato davanti a lui entrambi i contendenti. Anche questo carteggio è stato trafugato e reso pubblico. Ma anche qui la storia era già nota. Oggi la presidenza del Toniolo è pacificamente passata al successore di Tettamanzi sulla cattedra di Milano, il cardinale Scola. In una lettera pubblica ai vescovi di tutto il mondo, nel 2009, Benedetto XVI ammonì: «Se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi gli uni gli altri». Aveva ripreso queste parole da san Paolo. Perché anche nella cristianità delle origini c’erano contrasti feroci. E anche con Gesù, tra gli apostoli, c’era chi si azzuffava per posti di potere e c’era chi protestava contro lo sperpero dell’unguento prezioso versato sui piedi del Maestro, invece che «venderlo e dare il ricavato ai poveri». Benedetto XVI ha la finezza e l’umiltà di non identificare mai se stesso con Gesù. Ma di associarsi a lui sì. Lo scorso 21 maggio, al brindisi di un pranzo con i cardinali, ha concluso fiducioso: «Siamo nella squadra del Signore, quindi nella squadra vittoriosa». Ma che fatica, quando tut-

DENTRO LA CURIA 1

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IN ALTO: DINO BOFFO

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1.TARCISIO BERTONE

2.DOMENICO CALCAGNO

Segretario di Stato

Patrimonio Santa Sede

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1.ANGELO AMATO

2.WILLIAM J. LEVADA

Prefetto Cause dei santi

Prefetto Dottrina della fede

3.RAYMOND L. BURKE

4.ANTONIO CAÑIZARES LLOVERA

Prefetto Segnatura apostolica

Prefetto Culto divino

5.MARC OUELLET

6.KURT KOCH

Prefetto per i vescovi

Pontificio Cons. Unità cristiani

5

3.GIUSEPPE BERTELLO

4.GIUSEPPE VERSALDI

5.GIANFRANCO RAVASI

Governatore Vaticano

Affari economici

Pontificio Cons. della Cultura

Focolarini

IL MONITO DEL PAPA AI VESCOVI: “SE VI MORDETE E DIVORATE A VICENDA, VEDETE ALMENO DI NON DISTRUGGERVI” passaggio obbligato: il controllo dell’istituto fondatore e promotore dell’Università Cattolica, il Toniolo, a sua volta controllato dalla Conferenza episcopale italiana e tradizionalmente presieduto dall’arcivescovo di Milano. Il Toniolo era da anni l’obiettivo di un arrembaggio, che mirava ad estromettere con ogni mezzo i suoi esponenti più legati al cardinale che fu presidente della Cei fino al 2007, Camillo Ruini. L’attacco che nel 2009 colpì Dino Boffo, membro del Toniolo e direttore del quotidiano della Cei “Avvenire”, con accuse di omosessualità poi riconosciute false dallo stesso giornale che le aveva pubblicate, fu il momento più feroce di questa lotta. Bertone non lo

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Bertoniani

Partito romano

1

2

3

4

1

2

3

4

1.GIOVANNI ANGELO BECCIU

2.LUCIANO SURIANI

1.MAURO PIACENZA

2.LEONARDO SANDRI

Sostituto per gli Affari generali

Capo del personale

Congregazione per il clero

Prefetto Chiese orientali

3.JOÃO BRAZ DE AVIZ

4.ENNIO ANTONELLI

3.ZENON GROCHOLEWSKI

4.STANISLAW RYLKO

Congregazione per i religiosi

Pontificio Cons. per la Famiglia

Prefetto Educazione cattolica

Prefetto Consiglio per i laici

Ambrosiani

Diplomatici 1

Elaborazione infografica di Giacomo De Panfilis. Foto: P. Cerroni - Imagoeconomica

nazionale degli Stati con i più alti standard di contrasto al riciclaggio di denari sporchi (vedere articolo a pag. 42). La legge, la 127 nella numerazione vaticana, entrò in vigore il 1° aprile 2011, e contestualmente Benedetto XVI, con un motu proprio, dotò il Vaticano di un’Autorità di Informazione Finanziaria, presieduta da Nicora, con poteri di controllo assoluti su ogni movimento di denari compiuto da qualsiasi ufficio interno o collegato con la Santa Sede, Ior e segreteria di Stato compresi. Ma appena questa normativa fu varata, subito partì la controffensiva. Il management dello Ior, la segreteria di Stato e il governatorato obiettarono che con essa il Vaticano perdeva la sua sovranità e diventava una “enclave” di poteri esterni bancari, politici e giudiziari. Affidarono a un avvocato americano di loro fiducia, Jeffrey Lena, la riscrittura della legge, e l’inverno scorso, per decreto, ne fecero entrare in vigore una seconda stesura, che limitava i poteri ispettivi dell’Autorità di Informazione Finanziaria. Nicora e Gotti Tedeschi giudicano la nuova legge 127 «un passo indietro» che costerà alla Santa Sede la non ammissione alla “white list”. Un primo responso delle autorità internazionali sulla normativa antiriciclaggio in vigore in Vaticano è atteso per luglio. E si vedrà a chi darà ragione. Intanto però in Vaticano è guerra. Al cardinale Bertone si rinfaccia anche la campagna da lui condotta nel 2011 per l’acquisto, con i denari dello Ior, del San Raffaele, l’ospedale d’avanguardia creato a Milano da un discusso sacerdote, don Luigi Verzé, precipitato in una voragine di debiti. All’inizio Gotti Tedeschi appoggiò l’offerta d’acquisto, ma molto presto passò tra gli oppositori, tra i quali c’erano i cardinali Nicora e Angelo Scola, neoarcivescovo di Milano, e lo stesso Benedetto XVI, contrarissimi all’acquisto non solo per il coinvolgimento diretto della Santa Sede in un affare mondano troppo lontano dai suoi fini spirituali ma anche perché nel San Raffaele e nell’annessa università si praticano attività e si impartiscono in-

Ratzingeriani DOC

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1.ATTILIO NICORA

2.FRANCESCO COCCOPALMERIO

Presidente Aif

Pontificio Cons. Testi legislativi

to gli gioca contro, anche «mascherato col bene». Subito prima, ai cardinali aveva citato sant’Agostino: «Tutta la storia è una lotta tra due amori: amore di se stesso fino al disprezzo di Dio; amore di Dio fino al disprezzo di sé». E

1.DOMINIQUE MAMBERTI

2.JEAN-LOUIS TAURAN

3.ETTORE BALESTRERO

Ministro degli esteri

Dialogo interreligioso

4.FERNANDO FILONI

5.ANTONIO M. VEGLIÒ

Sottosegretario per i rapporti con gli Stati

Prefetto della “Propaganda Fide”

Pontificio Consiglio per i Migranti

aveva aggiunto: «Siamo in questa lotta e in essa è molto importante avere degli amici. Per quanto mi riguarda, io sono circondato dagli amici del collegio cardinalizio, mi sento sicuro nella loro compagnia». Anche padre Federico

Lombardi ha garantito, il 29 maggio: «Non c’è nessun cardinale tra gli indagati o i sospettati». Ma senza scomodare i gendarmi, non tutti i cardinali “amici” giocano in squadra come il papa si aspetta. ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 41


Primo Piano CORVI E DEMONI / LE FINANZE

NESSUNO TOCCHI LO

IOR

I segreti della banca vaticana. Le richieste dell’Europa di maggiore trasparenza. La riforma e il decreto correttivo. I retroscena della cacciata del presidente Gotti Tedeschi la Segreteria di Stato è competente. E la Segreteria di Stato autorizza. E la Segreteria di Stato disciplina. E la Segreteria di Stato concede il nullaosta. E la Segreteria di Stato identifica. Non c’è voluto molto, il 25 gennaio scorso, per capire che il decreto 159 firmato dal cardinale Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, era qualcosa di più di un aggiustamento in corso d’opera della legge 127 del 30 dicembre 2010, approvata per adeguare la normativa del Vaticano agli standard inter-

E

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nazionali di prevenzione e di contrasto del riciclaggio. La novità era evidente. Troppa autonomia, e quindi troppo potere, era stata concessa dalla legge entrata in vigore il 1 aprile 2011 all’Aif, l’Autorità di informazione finanziaria. La cui missione fondamentale è quella di vigilare sulle operazioni dello Ior, l’Istituto per le opere di religione. Nell’urgenza di venire incontro alle richieste dell’Unione europea (con cui nel dicembre 2009 è stata firmata una convenzione per l’adozione dell’euro) e di guadagnare al Vaticano l’accesso alla “white list” dei

Paesi virtuosi nella lotta al riciclaggio, nel nuovo organismo erano state concentrate tutte le competenze introdotte dalla legge. Troppe. Meglio ricondurre quelle più delicate alla Segreteria di Stato. ll cardinale Tarcisio Bertone, che guida la più potente tra le strutture di governo dello Stato pontificio, non vuole farsi sottrarre il controllo della banca vaticana. Così approfitta della visita degli ispettori di Moneyval, che verificano per conto del Consiglio d’Europa la rispondenza delle procedure agli standard concordati per la prevenzione del

Foto: A. Dadi - Agf

DI ORAZIO CARABINI riciclaggio: bisogna tener conto delle loro osservazioni e modificare la legge, è la linea. In realtà Bertone vuole evitare di avere in casa un’autorità che non controlla. E allora l’Aif, per esempio, se vuole fare delle ispezioni, lo deve chiedere prima a lui, alla Segreteria di Stato. Che si fa garante della scrupolosa custodia dei segreti. La mossa di Bertone nasce dalla diffidenza verso i vertici dell’Aif, dove il presidente è il cardinale Attilio Nicora, che è anche presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica. E dove esiste un presidio

ETTORE GOTTI TEDESCHI, PRESIDENTE “SFIDUCIATO” DELLO IOR

“tecnico”, di matrice Banca d’Italia. Lo compongono due persone: Marcello Condemi, membro del consiglio e sostituto del presidente, e il direttore Francesco De Pasquale, che ha lavorato al Gafi (il Gruppo di azione finanziaria del Consiglio d’Europa) e all’Uif (l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia), che lasciò per trasferirsi alla nuova authority vaticana. Condemi, docente di diritto bancario e avvocato cassazionista legato a via

Nazionale, è stato componente della delegazione italiana al Gafi e fino all’anno scorso presidente del Credito del Lazio, una piccola banca con sede ad Alvito, in provincia di Frosinone, dove è nato e spesso soggiorna l’ex governatore Antonio Fazio. Il Credito del Lazio è stato incorporato nel 2010 dal Credito artigiano del gruppo Credito valtellinese. Ed è proprio dai rapporti tra Credito artigiano e Ior che nasce, nel gennaio del 2010, il caso destinato a innescare la riforma della vigilanza bancaria vaticana: il rifiuto dello Ior di comunicare i titolari del conto 49557 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 43


Primo Piano

presso il Credito artigiano, su cui si sarebbero dovuti movimentare (verso Jp Morgan e la Banca del Fucino) 23 milioni, porta l’Ufficio di informazione finanziaria della Banca d’Italia a trasmettere una segnalazione alla procura di Roma per una possibile violazione delle norme antiriciclaggio. I magistrati sequestrano la somma depositata sul conto dello Ior presso il Credito artigiano e aprono un’indagine sul presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi e sul direttore generale Paolo Cipriani. L’eco internazionale della vicenda è enorme. E così parte l’operazione-trasparenza che porta alla riforma del dicembre 2010. Una curiosità: Giuseppe De Censi, cattolicissimo padre-padrone del Credito valtellinese, una delle più

grandi banche popolari italiane, ha lasciato il consiglio di sorveglianza dello Ior alla fine del 2011 ed è stato sostituito dal notaio torinese Antonio Maria Marocco. L’operazione-trasparenza riesce, almeno sotto il profilo mediatico: la nuova organizzazione si presenta coerente con i dettami internazionali. Anche se manca il sigillo di Moneyval, che tarda tuttora ad arrivare. E anche se la verifica vera dell’efficacia delle nuove procedure va fatta sul campo, cioè sulla collaborazione con le autorità italiane quando si tratta di rivelare chi si nasconde dietro le operazioni dello Ior. Una banca che di fatto ha funzionato da fiduciaria. Ovvero come uno schermo necessario per mascherare la vera identità dei protagonisti di scorribande finanziarie di ogni tipo. Non a caso l’Isti-

Qui ci vuole un americano La lotta per la successione di Ettore Gotti Tedeschi è cominciata il giorno stesso del suo licenziamento. Secondo i bene informati in pole position per guidare la Banca Vaticana ci sono tre, quattro persone. Gli italiani in gara sono il notaio Antonio Marocco - considerato molto vicino a Bertone - e Giuseppe Mussari dell’Abi, ma per ora le chance se le giocano due stranieri: il tedesco Hans Tietmeyer, ex capo della Bundesbank e membro della Pontificia accademia delle Scienze Sociali, con eccellenti rapporti con il connazionale Joseph Ratzinger, e Carl A. Anderson, chiamato dai funzionari dello Ior che lo conoscono bene “l’Americano”. Anderson è un uomo riservato che, finora, non era mai finito nelle cronache 44 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

tuto ha avuto un ruolo importante nella storia di Michele Sindona, nel crac del Banco ambrosiano di Roberto Calvi e nello scandalo della tangente Enimont. E si è sempre rifiutato di collaborare con i magistrati, non rispondendo alle rogatorie o mandando documenti che sono poi risultati falsi come nel caso Enimont. L’operazione-trasparenza non convince però Bertone. Perché all’Aif ci sono Nicora e Condemi che non rispondono a lui. E allo Ior comanda Gotti Tedeschi, che parla direttamente con papa Benedetto XVI ed è legatissimo a Giulio Tremonti. Il presidente dello Ior, cacciato il 24 maggio dal consiglio di sovrintendenza con l’accusa di non aver esercitato le sue funzioni e soprattutto di aver fatto uscire carte riservate, ha una storia singolare. La sua fortuna cominciò all’ombra di Gianmario Roveraro, il banchiere assassinato da malviventi nel 2006, nella Sige del gruppo Imi, sotto la comune matrice dell’Opus Dei. A partire dal 1992 ha guidato le attività italiane del Banco Santander di Emilio Botin, affiancando il lavoro di merchant banker a quello di commentatore, fortemente ispirato dalla sua fede cattolica ma anche sostenitore di posizioni liberiste. Sempre presente nelle partite della “finanza bianca”, è appro-

Tutti i numeri della banca di Dio

IL CARDINALE ATTILIO NICORA. A DESTRA: MARCELLO CONDEMI. NELLA PAGINA A FIANCO: LA SEDE DELLO IOR E CARL ANDERSON Foto: D. Scuderi - Imagoeconomica, P. Scavuzzo - Agf, M. Siragusa - Contrasto, L. Mistrulli - Imagoeconomica

IL VATICANO PUNTA A USCIRE DALLA LISTA NERA DELL’ANTI RICICLAGGIO. MA BERTONE VUOLE MANTENERE IL CONTROLLO DELLA VIGILANZA

dato alla corte di Tremonti al ministero dell’Economia, collaborando al tentativo dell’ex ministro di accreditarsi come uomo di fiducia della Chiesa nel Pdl. Ed è diventato presidente dello Ior, su indicazione proprio di Bertone, nel settembre del 2009 con l’incarico di completare la lunga pulizia seguita alla fine dell’era di Paul Marcinkus. Cesare Geronzi, l’ex banchiere più volte condannato, lo ha definito così in un’intervista sul

DI EMILIANO FITTIPALDI

dei giornali. Buon amico del segretario di Stato, è stato lui a mettere la faccia e la firma sulla durissima lettera con cui il board ha motivato il licenziamento “per giusta causa” di Ettore Gotti Tedeschi, accusato da Anderson di “bizzarrie” e di aver mancato agli «impegni basilari» nei confronti dell’Istituto. Ma chi è l’uomo che vorrebbe prendere il posto che fu del discusso Paul Marcinkus? Anderson è innanzitutto l’attuale Cavaliere Supremo dell’Ordine dei Cavalieri di Colombo. L’ordine equestre dei “Knight” è la più grande associazione cattolica del mondo, e una delle più potenti: nata come una compagnia di assicurazioni, conta su circa 1,8 milioni di associati. Le polizze vita gestite dalla società hanno trasformato i

Cavalieri (fondati nel 1882 da Michael J. McGivney, ora in odore di santità) nell’ente no profit più ricco del mondo. Il loro patrimonio si aggira sui 12,8 miliardi di dollari, mentre i ricavi (dati 2010) superano gli 1,8 miliardi di dollari l’anno. La rilevanza non è solo economica: il 98 per cento dei vescovi e il 100 per cento dei cardinali statunitensi - spiegano in Vaticano - sono iscritti ai “Knight”. La scalata ai vertici dell’Ordine di Anderson parte da lontano. Nato nel 1951, sposato e padre di cinque figli, da giovane si laurea in Filosofia e in Giurisprudenza. Repubblicano di ferro, negli anni Ottanta diventa uno dei collaboratori più stretti di Ronald Reagan, poi si avvicina all’ordine e al cattolicesimo grazie all’amicizia stretta con il vecchio leader Virgil Dechant, Cavaliere Supremo fino al 2000 (Dechant, va ricordato, fu chiamato da Giovanni Paolo II proprio alla vicepresidenza dello Ior). Per 10 anni

assistente del leader, Anderson gli succede e diventa 13esimo Cavaliere Supremo. Poche parole in pubblico, stimato anche dai nemici di Bertone, Anderson comincia presto la sua carriera parallela in Vaticano. Wojtyla lo nomina nel 2002 membro del Pontificio Consiglio per i laici, è revisore dei conti del Sinodo dei vescovi nel 2001 e nel 2008, infine, Ratzinger e Bertone lo vogliono nel board dell’Istituto per le Opere di religione. È il 2009. Oggi Anderson è un uomo rispettato, ma la sua corsa potrebbe bloccarsi a causa del comunicato da lui firmato: i nemici di Bertone sostengono che il Cavaliere di Colombo si sia troppo esposto e che premiarlo significherebbe avallare la cacciata di Gotti Tedeschi. Anderson, intanto, pare stia pensando di scrivere un nuovo libro: i suoi saggi su “Cosa può fare un cattolico per migliorare il mondo” e sulla teologia di Wojtyla sono bestseller. Almeno negli Stati Uniti.

“Corriere della Sera” il 9 dicembre 2011: «È un personaggio ritenuto preparato, che si è particolarmente esercitato nella demografia». Un suo chiodo fisso, in effetti: fare più figli è la ricetta per risolvere qualsiasi problema. Quello di Geronzi, molto vicino a Bertone, era l’avviso che il tempo era scaduto. Il segretario di Stato, stretto tra Nicora e Condemi da una parte, Gotti Tedeschi dall’altra, ribalta il tavolo e fa passare la controriforma della legge antiriciclaggio. Non si fida. E ha un obiettivo preciso: non correre rischi. Ovvero essere sicuro di poter evitare, in qualsiasi momento, di dover fornire alle autorità degli altri paesi, ma soprattutto a quelle italiane, informazioni sul passato. Le nuove norme devono valere da oggi, indietro non si guarda. D’altra parte, se il Vaticano non ha mai risposto alle rogatorie, un motivo ci sarà. Lo Ior agiva al di fuori delle normative internazionali. E molti se ne servivano proprio per questo: segretezza garantita più che in Svizzera. Perché allora andare a rovistare nel passato? E così è arrivata la controriforma che ha innescato lo scontro finale in Vaticano. ■

27 GIUGNO 1942 È la data di fondazione dello Ior, l’Istituto per le opere di religione, voluto da papa Pio XII che sostituì la Commissione per la Causa Pia fondata nel 1887 da papa Leone XIII per gestire le finanze della Santa Sede. 5 MILIARDI È il patrimonio stimato dello Ior, considerando sia i depositi sui conti correnti delle persone fisiche sia il patrimonio degli ordini religiosi e delle cause di beatificazione nel mondo. Di queste circa 1.500 provengono dall’Africa e 1.200 dall’America del Sud. 34 MILA Sono i conti correnti dello Ior. Per accedervi il cliente deve essere sacerdote, vescovo, cardinale, diplomatico, nunzio o “famigliare” del Pontefice, vale a dire gentiluomo di Sua Santità. Hanno diritto anche dipendenti (o pensionati) della Città del Vaticano. La maggioranza è riferibile a Italia, Polonia, Francia, Spagna, Germania e Croazia. 1660 Sono i vescovi che hanno un conto allo Ior. Oltre a loro, ci sono 2.700 fra congregazioni o ordini sparsi nel mondo, 216 cardinali, 1.600 nunzi, 2 mila diplomatici, 1.610 suore e 5 mila dipendenti. Papa Benedetto XVI non ha un conto personale. 1988 È la data da cui partono gli archivi dell’Aif, l’autorità per il controllo finanziario dello Ior guidata dal cardinale Attilio Nicora. Per le verifiche su operazioni precedenti è il tribunale della Santa Sede a ordinare i controlli. È uno dei motivi di scontro con Bankitalia. 260 Sono le pagine del dossier trasmesso alla commissione Moneyval sullo Ior, che che deve stabilire se lo Stato Vaticano può essere inserito nella cosiddetta “white list” e trattato come un Paese della Ue o essere soggetto ai maggiori controlli riservati ai paradisi fiscale.

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Primo Piano CORVI E DEMONI / BUSINESS SALUTE IL 17 MAGGIO PROFITI SCRIVE A BERTONE: IL POLICLINICO ROMANO CONTROLLATO DALLA CATTOLICA RISCHIA IL FALLIMENTO

IL POLICLINICO GEMELLI A ROMA. A DESTRA: FRANCO DECAMINADA E, SOTTO, GIUSEPPE PROFITI

SUA SANITÀ

Prima il San Raffaele. Ora il buco da un miliardo del Gemelli. E ancora l’Idi in bolletta. Dietro lo scontro fra cardinali ci sono anche le cliniche della Santa Sede. Ecco i bilanci del flop vaticano DI EMILIANO FITTIPALDI

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ualche giorno fa il segretario di Stato Tarcisio Bertone ha ricevuto una relazione dal contenuto devastante: l’area sanitaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’ateneo cattolico che controlla l’ospedale Gemelli, ha un debito complessivo che sfiora il miliardo (750 milioni verso le banche e 170 verso i fornitori), e il rischio di un crac è vicinissimo. “L’Espresso” ha letto la nota riservata datata 17

Q

Foto: F. Mazzarella - Ag. Sintesi, D. Scudieri - Imagoeconomica(2),

È IN ROSSO

maggio 2012, in cui Giuseppe Profiti, fedelissimo di Bertone e consigliere della Cattolica, spiega senza fronzoli la gravità della situazione. Causata da cattiva gestione e dal fatto che i crediti iscritti a bilancio che il management dell’ospedale sostiene di avere nei confronti della Regione Lazio (circa 820 milioni che in teoria pareggerebbero i debiti, soldi che comprendono i 257 milioni di un lodo arbitrale ancora in corso) sono, in gran parte, inesigibili.

La prospettiva, per il Gemelli, è da incubo. Taglio degli stipendi, licenziamenti, scissione tra università e nosocomio e vendita dell’ospedale. A dicembre la regione Lazio guidata da Renata Polverini ha detto di voler concedere al Gemelli non più di 79 milioni, mentre Profiti è più ottimista e spera che il tavolo appena aperto dal governo porti in cassa il 50 per cento della somma richiesta. Ma anche se così fosse il debiti residui non sarebbero «inferiori a 400 milioni di euro». Se la cifra fosse iscritta nel bilancio complessivo della Cattolica le conseguenze potrebbero essere disastrose. «Impossibilità di accesso al finanziamento bancario strutturato e l’esposizioni a possibili istanze di fallimento presso il tribunale di Milano da parte dei creditori ovvero, qualora la situazione dell’Università venisse a conoscenza del giudice, l’apertura della procedura fallimentare ex officio. Pare il caso di segnalare», chiosa il “promemoria”, «che il tribunale di Milano ha sviluppato un atteggiamento molto aggressivo». Come dimostra il caso del San Raffaele di Milano. Sogno infranto. In Vaticano “mala tempora currunt”. Tra corvi, fughe di documenti riservati e guerre tra fazioni opposte la Santa Sede è sconvolta da scandali inauditi. Ma presto verranno al pettine altri nodi cruciali, magagne che finora sono rimaste ben nascoste sotto il tappeto e fanno tremare la Curia, perché la nuova crisi travolgerà la Chiesa in uno dei settori a cui tiene di più: quello degli

ospedali controllati dai religiosi. Eppure fino a poco tempo fa le speranze erano ben altre. Bertone aveva deciso, d’accordo con l’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi (che insieme ad alcuni politici aveva inizialmente lanciato l’idea, come si legge nel documento esclusivo a pag. 48) e lo stesso Profiti (il presidente laico del Bambin Gesù, fedelissimo dell’ex arcivescovo di Genova), di comprare il San Raffaele. Il salvataggio avrebbe dovuto essere il primo tassello di un’operazione più ardita, che comprendeva la creazione di un polo sanitario vaticano comprendente, oltre all’istituto fondato da Don Verzè, anche il Gemelli, l’Idi-San Carlo, il Bambin Gesù e la Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Un colosso. Ma con il passare dei mesi il puzzle immaginato da Bertone e Profiti è andato a farsi benedire. Il San Raffaele è finito nelle mani di Giuseppe Rotelli, Gotti Tedeschi è stato cacciato con disonore, il controllo dell’Istituto Toniolo (la fondazione che controlla la Cattolica) è finito nelle mani di un nemico giurato come Angelo Scola. Mentre ad esclusione del Bambin Gesù gli ospedali cattolici presentano conti sempre più negativi, e qualcuno rischia seriamente il crac finanziario. Oltre al dissesto del Gemelli, all’Idi-San Carlo i medici e gli infermieri vengono pagati a singhiozzo (l’ultimo stipendio ricevuto è quello di marzo), mentre l’ospedale fondato da Padre Pio, con un rosso da 90 milioni in pancia, combatte una guerra impossibile per ottenere crediti che vanta dalla Regione Puglia. Due inchieste giudiziarie della procura di Roma (una sull’Idi e l’altra sul Gemelli, dove a fine 2010 sono “spariti” 800 mila euro destinati ai ricoveri) hanno cominciato a indagare sui possibili responsabili dello sfascio. Gemelli crac. Partiamo dal Gemelli. I sindacati ricordano che i problemi sono cominciati nel 2006, quando - nonostante nuovi accordi prevedessero che la Regione ripianasse solo le prestazioni sanitarie prodotte - l’ospedale ha in7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 47


Primo Piano

vece continuato a spendere e a spandere, iscrivendo a bilancio (che non è pubblico ed è “compreso” in quello della Cattolica) crediti che «rappresentano piuttosto», si legge nella relazione, «pretese di ripiano a pie’ di lista dei costi annuali del Policlinico». Anche nel 2011 la perdita non sarà inferiore a 60 milioni. Com’è possibile che il “Vaticano II”, come viene soprannominato l’ospedale dove viene ricoverato il papa, si sia avvitato verso la catastrofe? In questo caso la Santa Sede c’entra solo marginalmente: il controllo diretto della segreteria di Stato c’è solo per il Bambin Gesù e l’ospedale di Padre Pio, che sono di certo messi meglio dei loro cugini. Il Gemelli è invece proprietà della Cattolica, il cui cda è stato nell’ultimo decennio guidato dal rettore dimissionario Lorenzo Ornaghi, diventato ministro della Cultura a novembre. Il rettore è stato chiamato dai vertici dell’Istituto Toniolo, il potentissimo ente che possiede il gruppo Cattolica e che ha di fatto avallato le scelte di Ornaghi e dell’ex direttore amministrativo Antonio Cicchetti, gentiluomo del papa che ha regnato sul

Gemelli fino al 2010. Nel “comitato permanente” che tutto comanda, Bertone è in netta minoranza: la presidenza del Toniolo - che il braccio destro del papa voleva assegnare manu militari all’amico Giovanni Maria Flick, ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Corte costituzionale - è invece passata per volontà di Ratzinger dalle mani di Dionigi Tettamanzi a quelle di Angelo Scola. Che ora, con l’aiuto di ruiniani di ferro come Dino Boffo, dovrà gestire la patata bollente. La spaccatura nel Toniolo e nel cda della Cattolica sulle soluzioni anti crac è totale. Le proposte di Bertone e Profiti (negoziazione a oltranza con la Regione Lazio, passo indietro dell’Università per da-

BANCHE ESPOSTE E DIPENDENTI A RISCHIO FRA SPRECHI, MANAGER SOTTO INCHIESTA E CREDITI NON INCASSATI

re maggiori poteri al nuovo direttore del Policlinico «affinché inizi l’operazione di razionalizzazione dei costi e di innalzamento della produttività») sono rispedite al mittente dalla maggioranza vicino a Tettamanzi e Scola, e considerate letteralmente un «tentativo di disegno egemonico sull’Università e il Policlinico» da parte della Santa Sede. Il prossimo cda che dovrà approvare il bilancio consolidato è previsto per il prossimo 20 giugno, e sarà infuocato. Mentre la Chiesa si divide (la relazione arriva a sostenere «l’assoluta carenza di visione e comprensione dei sistemi di negoziazione a livello istituzionale con conseguente inefficacia, pressoché totale, sugli esiti dei negoziati con regione e ministero») oltre 5 mila famiglie sono con il fiato sospeso. «I medici, però, non protesteranno contro la Polverini», spiega uno dei leader della categoria: «La Regione Lazio stavolta non c’entra. Speriamo che il sostituto di Cicchetti, Marco Elefanti, riesca a salvarci. Ma abbiamo molta paura». E l’Idi non paga. Dopo la mancata acquisizione del San Raffaele e la crisi del Gemelli anche la speranza del Vaticano

Il tentativo di acquistare il San Raffaele da parte della Santa Sede non sarebbe partito solo dalle ambizioni del segretario di Stato Tarcisio Bertone, ma pure dalle «sollecitazioni» politiche arrivate all’ex presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi. “L’Espresso” ha letto una e-mail mandata da Gotti Tedeschi al segretario particolare di Bertone, don Lech Piechota. L’oggetto della mail, spedita il 4 ottobre scorso, recita così: “Memo per 48 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

Sua Eccellenza Reverendissima da parte di Ettore Gotti Tedeschi”. La missiva traccia la genesi del rapporto tra lo Ior e il San Raffaele. Il banchiere amico di Giulio Tremonti, già inviso agli occhi di Bertone per aver accennato ai magistrati italiani di conti cifrati della banca vaticana, scrive parlando di sé in terza persona. «Nel periodo fine maggio, inizio giugno di quest’anno Ettore Gotti Tedeschi viene sollecitato da più parti a verificare l’interesse della Santa Sede al “salvataggio” del San Raffaele». Da dove e da chi vengono le sollecitazioni per aiutare la banca di Don Verzè schiacciata da oltre un

miliardo e mezzo di debiti? Gotti Tedeschi fa nomi e cognomi: «Dal dottor Carlo Salvatori, ex amministratore delegato di Cariplo e ex presidente di Unicredit, al momento consigliere di amministratore del San Raffaele; dal professor Giuseppe Guzzetti, presidente Fondazione Cariplo; successivamente Corrado Passera, ad di Banca Intesa; dal presidente della Regione Lombardia, Formigoni». Non manca nella lista il nome di Gianni Letta, che si sarebbe avvicinato al capo dello Ior «informalmente». Per la cronaca, ricordiamo che le banche più esposte nei confronti del crac sono Intesa e Unicredit. Il mittente continua: «Gotti tedeschi riferisce a Sua Eccellenza Reverendissima segretario di

Stato, che autorizza l’inizio di analisi con il presidente del Bambin Gesù, professor Giuseppe Profiti». È il capo dello Ior, nelle settimane successive, a organizzare a Milano gli incontri con pezzi da novanta come Guzzetti, Passera e lo stesso Don Verzè. Alla fine del giro delle sette chiese, il Vaticano decide di andare avanti. «Terminati i quali (gli incontri, ndr) si procede nel progetto che si sviluppa nelle settimane successive con una procedura concordata con il tribunale di Milano e indicando i quattro membri del consiglio». Sappiamo com’è andata a finire: l’offerta dello Ior (250 milioni) verrà superata da quella di Giuseppe Rotelli. Un’operazione nata male e finita peggio. In cui Gotti sembra aver avuto un ruolo attivo di assoluto rilievo.

Foto: De Benedictis - Today, Tam Tam Fotografie, P. Cerroni - Imagoeconomica

San Raffaele, l’e-mail segreta di Gotti a Bertone DI EMILIANO FITTIPALDI

di rilanciare l’Idi sembra svanita. «Non ci danno gli stipendi da tre mesi. I nuovi dirigenti? Peggiori dei vecchi, presto faremo ingiunzioni di pagamento», urlano i medici del più grande ospedale dermatologico d’Italia, piegato da un declino che sembra inarrestabile. Lo scorso novembre un’inchiesta de “l’Espresso” raccontò lo stato di salute del nosocomio di proprietà dei Figli dell’Immacolata Concezione, con 1.500 dipendenti e un buco record di circa 300 milioni di euro. A dicembre i pm di Roma hanno aperto un fascicolo, cercando di capire come può rischiare il default un istituto che fattura circa 80 mila euro al giorno. È la gestione del management che desta critiche: sprechi, investimenti sballati, strani finanziamenti. Negli ultimi lustri in plancia di comando hanno tenuto il timone padre Franco Decaminada, leader indiscusso della congregazione che nel 2008 si è comprato una villa milionaria a Magliano in Toscana con 18 stanze e 23 mila metri quadri di terreno intorno; Domenico Temperini, ex direttore generale che organizzava per i preti convegni con politici di primo piano; l’imprenditore campano Giovanni Rusciano - che aveva il compito di gestire, secondo molti testimoni, i flussi di cassa dell’ospedale - e, come ha scritto “Il Fatto”, il consulente Antonio Nicolella, ex agente di una struttura coperta dei servizi segreti. Dopo gli articoli dei giornali il gruppo dirigente è stato (apparentemente) sostituito con nomi nuo-

LA CASA SOLLIEVO DELLA SOFFERENZA DI SAN GIOVANNI ROTONDO. IN BASSO: LORENZO ORNAGHI; L’OSPEDALE SAN RAFFAELE A MILANO

vi: Bertone ha spedito un visitatore apostolico, ma pare non sia stato lui a nominare, lo scorso 5 aprile, il nuovo direttore Giuseppe Incarnato. La scelta è singolare: il manager napoletano, classe 1971, è stato licenziato in tronco da Unicredit il 29 ottobre 2010, come si evince dalle missive ottenute da “l’Espresso”. Lettere in cui la direzione generale del colosso bancario contesta a Incarnato comportamenti che avrebbero «esposto la Banca a rilevantissimi rischi, anche reputazionali, tuttora in fase di definizione». Nel marzo del 2008, secondo la banca, Incarnato avrebbe prima raccomandato all’istituto un suo amico avvocato «eliminando» poi una segnalazione di sofferenza che gravava su di lui, e a dicembre dello stesso anno avrebbe ef-

fettuato delicate operazioni contabili in modo arbitrario. I guai non finiscono qui: il manager, denunciato penalmente da Unicredit, nel 2010 è stato rinviato a giudizio per concorso in truffa. La scelta dei frati - pare ancora eterodiretti da Decaminada - è perfino più sorprendente visto che il maggior creditore dell’Idi, quello con cui bisogna trattare per non fare partire ingiunzioni, è proprio Unicredit, che ha prestato all’ospedale cento milioni tondi tondi. Miracolo a Foggia. L’ultimo tassello del progetto infranto di Bertone è in Puglia. A San Giovanni Rotondo sorge la Casa Sollievo della Sofferenza, fondata da Padre Pio nel 1956. Uno dei più grandi ospedali del Sud (57 mila ricoveri l’anno, di cui il 17 per cento extraregionali), un centro d’eccellenza controllato - questo sì - direttamente dalla Santa Sede. Nel 2008 Bertone ha spedito qui il suo amico Domenico Crupi, natali calabresi e carriera nella sanità pubblica della Liguria. Il manager - nonostante i maligni che a Roma gli fanno guerra da mesi - secondo i sindacati ha fatto un buon lavoro. «Ha ottenuto 14 milioni per ricerche sulle staminali adulte per combattere la Sla, riusciamo a ospitare gratis le famiglie dei bimbi malati di tumore, la curva dei costi è in discesa», spiegano dalla Uil. I 2.500 dipendenti sono però ugualmente preoccupati, e temono che anche qui esistano rischi di tagli. La Regione Puglia a fine dicembre 2011 ha annunciato che pagherà 8 milioni in meno di quanto previsto (l’ospedale riceverà circa 230 milioni) e sull’anno la perdita toccherà i 13 milioni. «Abbiamo impugnato al Tar le tariffe che ci rimborsa la Regione, molto più basse di quelle che avremmo se applicassero le leggi nazionali. In un secondo ricorso pendono altri 148 milioni. Ma difficilmente vinceremo», spiega con onestà un manager. «Peccato, con quei soldi potremmo fare investimenti». Alla fine, il debito nei confronti dei fornitori è di “appena” 90 milioni di euro. Un rosso coperto dal patrimonio dell’ospedale. Di questi tempi, numeri così sembrano un vero miracolo. ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 49


Attualità SCOMMESSOPOLI

FOOTBALL CLAN Dietro lo scandalo del calcio boss italiani e stranieri. Mentre spunta pure la banda della Magliana DI LIRIO ABBATE

DEJAN STANKOVIC E GIUSEPPE SCULLI DURANTE INTER-GENOA. A DESTRA: CONTROLLI A COVERCIANO

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è persino l’uomo nero. Nel baratro di corruzione, scommesse e partite pilotate che sta inghiottendo il calcio spunta anche un fantasma delle trame. Un neofascista degli anni di piombo, che metteva a segno affari e delitti con la Banda della Magliana e già allora aveva in mano i giri di puntate malavitose. Massimo Carminati, il volto segnato dall’occhio perso in una sparatoria con i carabinieri, adesso si materializza anche negli atti dell’inchiesta di Cremona sui campionati combinati: è lui che ha ispirato “Il nero” di “Romanzo Criminale” e il suo nome potrebbe aprire la prossima pista in un sistemone di scandali così profondi da avere spinto il premier Mario Monti a ipotizzare di fermare la palla per almeno un paio di anni. Lo choc per il raid della polizia nel santuario azzurro di Coverciano, l’arresto del capitano della Lazio e l’indagine su altre 43 persone - inclusi presidenti, l’allenatore della Juventus e due nazionali - rischia di far passare in secondo piano l’incredibile pressing di gang e mafie d’ogni regione e d’ogni nazionalità che si sono infilate negli spogliatoi. È un risiko che vede lanciarsi in campo gruppi slavi, magiari, “zingari”, singaporiani, cinesi, ungheresi, pronti a fondere i loro interessi con ultras veronesi, bolognesi, romani e genovesi spesso infiltrati da cosche e estremisti di destra. Ma il mucchio selvaggio protagonista della maxi-inchiesta di Cremona ha un confine insuperabile: l’asse Roma-Bari. Sotto questa linea i padroni sono altri: boss di camorra, ’ndrangheta e persino Cosa Nostra, oggetto delle istruttorie antimafia che proseguono nei capoluoghi del Sud. Ma già lo scenario disegnato dagli inquirenti lombardi incarna «il concentrato

C’

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Attualità

di fattori deprecabili» che ha indignato il premier e i milioni di italiani che vogliono credere nel gioco più popolare. L’asso della Locride. In questa ragnatela di partite truccate chi collega la punta dello stivale alle Alpi è un calciatore calabrese della locride: Giuseppe Sculli, attaccante del Genova, con un passato nelle file della Lazio, cresciuto in una famiglia di ’ndranghetisti a cominciare dal nonno, Giuseppe Morabito, “U Tiradritto”, padrino delle cosche reggine. Il nipote del mafioso adesso è accusato di associazione per delinquere dai magistrati di Cremona. E c’è un filo che collega Sculli a Carminati. Il neofascista dalla pistola facile è stato al servizio dei Nar e della Magliana: i pentiti lo hanno indicato come il killer di Mino Pecorelli, ma è stato assolto da questa e da molte altre imputazioni. Oggi è libero e frequenta le stesse persone che Sculli riceve in hotel alla vigilia di incontri importanti. Un intreccio di contatti che per gli investigatori è più di un indizio. Il 19 marzo scorso l’attaccante del Genoa viene pedinato a Roma dagli agenti del Servizio centrale operativo. Il calciatore, nonostante la squalifica, segue la sua squadra per il posticipo serale contro la Roma. E nell’albergo ai Parioli convoca un paio di amici: il primo fa parte dello staff di fisioterapisti della Lazio mentre il secondo è un uomo con i capelli rasati, un campione di kick boxing di Milano. È l’atleta del ring a essere legato a Carminati, con contatti intensi e cadenzati anche sul ritmo dei colloqui con Sculli. La polizia ha analizzato questa triangolazione di rapporti e telefonate,

STEFANO MAURI. A SINISTRA: MASSIMO CARMINATI. SOTTO: MASSIMO MEZZAROMA

che adesso è al vaglio degli inquirenti. Grifoni e mafiosi. Sculli in ogni città che va incontra o stringe relazioni con persone poco raccomandabili. A Genova compatta i mafiosi siciliani tifosi del “grifone” con altri pregiudicati e trafficanti di droga. Secondo i magistrati, è lui che spinge i compagni di squadra a combinare i risultati delle partite in modo da favorire gli “amici” scommettitori. Che puntano somme pesanti su tutto: sul risultato finale e persino sul punteggio parziale del primo tempo. Sono incredibili le conversazioni registrate tra Sculli e un paio di capi ultras - fra cui Massimo Leopizzi, con diversi precedenti penali e legami nella destra estrema - il giorno dopo la partita Genoa-Siena. Quel 22 aprile i giocatori vengono obbligati dai tifosi a interrompere il match e togliere le maglie. Fu graziato solo Sculli, a cui dalla curva dedicarono il coro “Sei uno di noi”. E lui parlando con Leopizzi ringrazia per avergli «risparmiato questo affronto».

Ma le frequentazioni tra il leader degli spalti e l’attaccante calabrese sono antiche. Nel 2006 il capo ultrà venne fermato con due pistole mentre andava ad ammazzare la moglie. Quando uscì dai domiciliari, ci fu una grande festa alla quale parteciparono anche due titolari rossoblu: Milanetto e Sculli. Tanta confidenza lo spinge a sfogarsi nella telefonata del 23 aprile. Il bersaglio è il presidente Preziosi, che aveva chiesto l’arresto dei tifosi violenti. «Ma come gli viene in mente di dire queste cose?», dice Leopizzi a Sculli: «Per lui in passato ho fatto anche falsa testimonianza quando sono stato sentito per la partita con il Venezia». Il discorso riguarda un’altra indagine sempre per accordi sottobanco (vedi box a pag. 54). È possibile che Leopizzi millanti, ma Sculli non lo contesta. Adesso le conversazioni sono state acquisite dai pm di Genova. E mostrano come la curva genoana fosse pronta persino a concordare con Scul-

Foto pagine 50-51: Olycom, Lapresse. Foto pagina 53: Ap, Olycom

E Mezzaroma scommetteva contro se stesso Sono quattro le partite incriminate del Siena, allenato lo scorso anno da Antonio Conte in un trionfale campionato di serie B. I pm di Cremona indagano su una serie di illeciti evidenziati dagli investigatori della polizia di Stato che coinvolgono calciatori, dirigenti sportivi, e il presidente Massimo Mezzaroma. Gli incontri sotto inchiesta si sono svolti a fine campionato, e il risultato sarebbe stato condizionato da «precedenti accordi tra dirigenti e tecnici, delle società». Dall’analisi degli investigatori emerge che il Siena, in più occasioni, avrebbe

alterato il risultato «non solo per l’infedeltà di tesserati corrotti», ma anche «da vere e proprie direttive, espresse da organi dirigenziali o tecnici della compagine calcistica». Il

proseguono. Carobbio rivela al pm «gravi elementi di responsabilità» a carico del calciatore Filippo Carobbio ha presidente Mezzaroma e fa rivelato ai pm che l’incontro riferimento all’incontro con Siena-Torino (2-2) era stato pilotato. Questa partita garantiva il Varese. «Le dichiarazioni di Carobbio aprono uno scenario la matematica promozione in serie A della formazione toscana. singolare che vedrebbe Per Carobbio vi sarebbe stato un direttamente coinvolto il presidente toscano nel tentativo illecito accordo di “non di combine della gara (poi belligeranza” tra gli stessi giocatori, al punto che su di essa, non concretizzatosi), peraltro, finalizzato ad un’ingente come aveva detto Gervasoni, un altro calciatore che collabora con scommessa sulla sconfitta interna della propria squadra». i pm, non sarebbero confluite Queste dichiarazioni, scommesse da parte degli “zingari”, i quali avevano giudicato sostengono i pm, «coinvolgono l’intera struttura societaria il pareggio prevedibile e le quote del Siena». L. A. troppo basse. Le accuse 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 53


Attualità

DOMENICO CRISCITO. A DESTRA: ENRICO PREZIOSI

li la sconfitta dei propri colori, pur di fare soldi scommettendo. A Roma pensa la Banda. L’ex calciatore Alessandro Zamperini, con un passato anche nella Roma, era il costante strumento di mediazione tra il gruppo degli “zingari” ed i calciatori, corrotti o corruttibili, della serie A. Zamperini operava in particolare nella Capitale ed avrebbe ingaggiato il capitano della Lazio Stefano Mauri. L’inchiesta ha fatto emergere due snodi. Il primo è la saldatura fra i gruppi di scommettitori genovesi e romani, realizzata grazie al solito Sculli. Il secondo è ancora più inquietante: accanto alle combine architettate da Zamperini c’era la criminalità organizzata romana. Le vecchie attività della banda della Magliana per le corse dei cavalli e partite dell’Olimpico, si sono modernizzate: ora puntano on line sul calcio, investendo sui risultati sicuri dei match pilotati di Lazio, Genoa e Lecce. E sulla piazza romana arrivano anche gi uomini di Angelo Senese, del clan camorrista dei Moccia. Ma a credere nelle virtù di Internet erano pure Federico e Michele Cossato, ex del Chievo che avrebbero messo in campo uno schieramento autonomo di veronesi: con forti capitali e giocate sui siti online austriaci. La rotta dei Balcani. Qui in Italia tutti li chiamano “gli zingari”, sono gangster balcanici che però si muovevano in parallelo con un faccendiere di Singapore. L’uomo, 54 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

Si apre la caccia al terzo livello. Al primo ci sono i calciatori corrotti. Al secondo, faccendieri e ultras che hanno fatto soldi con le partite truccate. Al terzo, i veri intoccabili, i padroni del calcio, dirigenti e proprietari dei club di serie A, quelli che si sono trovati nella tempesta a loro insaputa, che non avrebbero mai immaginato, che sanno anche in quale discoteca trascorrono la serata i loro dipendenti e, se necessario, li fanno pedinare e intercettare, ma non immaginavano che aggiustassero le partite per scommetterci. Quelli che continuano a recitare il ruolo di parte lesa. «Non voglio che i miei dipendenti e i giocatori abbiano contatto con questa gente», ha dichiarato Enrico Preziosi, proprietario del Genoa Cricket and football club, la squadra più antica d’Italia. La “gente” in questione sono i capitifosi del Grifone come Fabrizio Fileni e Massimo Leopizzi, fotografati assieme ai calciatori Mimmo Criscito e Giuseppe Sculli e agli emissari degli scommettitori stranieri. Preziosi ha la memoria corta. Leopizzi, uno dei capi della curva Nord di Marassi, condannato per avere tentato di uccidere la moglie e i suoceri, ha avuto un ruolo importante già nello scandalo del giugno 2005, quando il proprietario del Genoa comprò la partita contro il Venezia per assicurarsi la promozione in serie A con 250 mila euro in contanti. Lo ricorda uno dei pubblici ministeri del processo penale per frode sportiva concluso dall’indulto. «Tra Preziosi e i capi ultras c’erano rapporti per lo meno strani», dice il magistrato Alberto Lari. «Nei loro incontri in un ristorante genovese, il presidente era invitato a staccare il telefonino per non essere intercettato e, a sua volta, veniva registrato dai tifosi che, poi, nei colloqui telefonici fra loro dicevano di avere avuto dritte sulle partite aggiustate. Abbiamo passato tutte queste informazioni

alla giustizia sportiva che, però, non ha ritenuto di dare seguito». Insomma, chiacchiere tra tifosi. Così almeno hanno deciso alla Procura della Federcalcio, anche se quei tifosi avevano rapporti diretti con la proprietà e mostravano una particolare fortuna nelle scommesse. Gli inquisitori della Figc, al tempo, hanno preferito concentrarsi sull’illecito di GenoaVenezia. Il processo per l’illecito si è concluso con la retrocessione in serie C1 dei rossoblù. I guai di Preziosi includono anche gli arresti nel settembre 2005 per la bancarotta del Como e una condanna penale a 23 mesi in primo grado prima che subentrasse l’indulto. Sotto il profilo della giustizia sportiva, il curriculum del “Prez” contempla due condanne al massimo della pena. Una a cinque anni di inibizione con proposta di radiazione per il crac del Como e l’altra a cinque anni con proposta di radiazione per Genoa-Venezia. Un’altra inibizione gli è arrivata per la cessione di Thiago Motta e Diego Milito all’Inter di Massimo Moratti, che lui non avrebbe potuto trattare perché già inibito. Eppure, dopo un lungo iter di ricorsi, Preziosi è bene in sella grazie ai suoi rapporti con i potenti della Lega calcio. Gli ultras, a loro volta, sono ancora saldi al timone della curva e Sculli ha fatto in tempo a diventare un eroe quando, durante Genoa-Siena dello scorso aprile, ha fatto da mediatore con i tifosi infuriati per lo 0-4. Tra loro, l’amico Fileni. Alla fine, su ordine degli ultras avallato da Preziosi, i suoi compagni si sono tolti la maglia. Sculli, il nipote del boss Peppe “Tiradritto” Morabito, la maglia l’ha tenuta. «Nel calcio c'è più omertà che nella mafia», conclude un investigatore dello Sco della polizia. E, occupandosi abitualmente di crimine organizzato, sa di che parla.

attualmente latitante, sul finire del campionato faceva arrivare direttamente da Singapore un corriere con la borsa piena di banconote per pagare i calciatori. Il boss investiva ogni settimana 600 mila euro per corrompere e guadagnava almeno due milioni scommettendo sui risultati già decisi. Era questo fiume di soldi ad aprire le porte degli spogliatoi, dove gli “zingari” distribuivano ricche mazzette ai giocatori. Consigliati da un pool di ex calciatori, miravano alle squadre in crisi finanziaria che ritardavano nel versare gli stipendi. Loro si presen-

tavano con pacchi di contanti, reclutando nuove pedine per la loro compagine criminale. Quando nello scorso novembre la prima retata ha fatto terra bruciata intorno agli “zingari”, al loro posto sono entrati gli ungheresi che si sono limitati ad agire nella stessa maniera: varcavano la frontiera con borse zeppe di cash, assoldavano chi gli garantiva il risultato sul campo e moltiplicavano l’investimento on line. Tutti felici e contenti. Tranne i veri tifosi, costretti a vedere umiliare la passione per il calcio da questa orda di malavitosi senza frontiere. ■

Foto: S. Oliverio - Imagoeconomica, Olycom

Caccia al terzo livello DI GIANFRANCESCO TURANO


Attualità VERSO IL VOTO

Elettori in libera uscita

sondaggio L’indagine è stata realizzata dall’Istituto Nazionale di Ricerche Demopolis per “l’Espresso” dal 24 al 27 maggio, su un campione di 1.000 intervistati rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne. Nota metodologica completa e approfondimenti su: www.demopolis.it

Il crollo del Pdl

Dal 2008 al 2012, valori in % 40 37,4

35,2

35

28,0

30

24,0

25

21,0

20

17,0

15 10 5 0 Politiche Europee 2008 2009

Una rete sul territorio. Mille facce nuove. Montezemolo inaugura il grillismo chic. E si prepara alla sfida elettorale. Pensando a una donna candidato premier. E tenendo per sé il ruolo di regista

Dicembre 2010

12 Nov 2011

Su 100 elettori Pdl+Lega che non confermano il voto del 2008:

13,0

12 9

oggi si asterrebbero

10,2 8,3

7,9

7,0 4,5

3

oggi voterebbero altri partiti

0 Politiche Europee Gennaio Novembre Gennaio Aprile 2011 2012 2008 2009

shopping ai Parioli. Le strade saranno deserte, sono tutti qui». A distanza di tre anni il think tank di Luca Cordero di Montezemolo non è più (solo) il circolo degli amici dei quartieri alti divisi tra il Natale a Cortina e l’estate a Sabaudia. Il Partito dei Carini, crudelmente sbeffeggiato da Maurizio Crozza, ha fatto proseliti. «Ci sono mille nomi. Selezionati in questi mesi con colloqui, incontri, individuati con un criterio: avere qualcosa a che fare con il cambiamento. Mille potenziali candidati pronti a rinunciare alle loro

attività, a cambiare la loro vita e a entrare in politica quando sarà il momento», si esaltano nel quartier generale del presidente della Ferrari, in un tranquillo e borghese appartamento della Roma sabauda, a due passi dal Cupolone. Per ora sono top secret e sembra uno schema già sentito, la berlusconiana discesa in campo. Ma gli uomini di mister Ferrari anticipano l’obiezione: «Non abbiamo Publitalia alle spalle. Non siamo il partito dei padroni: tra di noi la percentuale di imprenditori è inferiore ad altre categorie. E soprattutto non

Foto: G. Carotenuto - Luzphoto

i riunirono per la prima volta, tra gli stucchi e gli arazzi di palazzo Colonna, il 7 ottobre 2009, la data cruciale della legislatura: quel giorno la Consulta bocciò il lodo Alfano e il governo Berlusconi cominciò la lunga corsa verso l’autodissoluzione. Muniti di braccialetto rosso con la scritta “Italia Futura” si aggiravano sotto l’affresco della battaglia di Lepanto i Malagò, i D’Urso, gli Abete, i Vanzina più altri 800 invitati. E qualcuno si lasciò scappare una perfida battuta: «È il momento giusto per fare

oggi si dichiarano indecisi

9,5

6

LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO

Quasi 10 milioni, oggi, gli esuli del centrodestra Pdl+Lega Nord alle Politiche 2008; numero elettori: 16 milioni 700 mila

Dal 2008 al 2012, valori in % 15

IL PARTITO DEI CARINI 56 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

Oggi

Il collasso della Lega Nord

DI MARCO DAMILANO

S

Marzo 2012

c’è l’uomo solo al comando. Montezemolo non è Berlusconi: il suo pregio è saper fare squadra». E allora vanno visti da vicino questi Mille pronti all’impresa, ora che le elezioni si avvicinano e che la macchina messa su da Montezemolo si prepara finalmente ad accendere i motori dopo un’attesa sfiancante di anni. A partire dal cambio di strategia delle ultime settimane, reso obbligatorio dal crollo del Pdl ma anche della Lega al Nord e dall’irresistibile avanzata nei sondaggi del Movimento 5 Stelle.

Oggi

Beppe Grillo, chi l’avrebbe mai detto? I consiglieri di Montezemolo studiano le sue mosse, le tecniche di comunicazione e di reclutamento, non nascondono l’ammirazione e perfino la vicinanza su alcuni temi. Per esempio, il fascino per gli strumenti di democrazia diretta come i referendum confermativi quando si tratta di riforme istituzionali, leggi elettorali o leggi che riguardano la politica come il finanziamento pubblico, o la possibilità di revocare il mandato al parlamentare assenteista e voltagabbana, l’anglosassone istituto del recall.

oggi voterebbero Movimento 5 Stelle

Elettori che prendono in considerazione l’ipotesi di votare per una nuova forza politica moderata di Centro Bacino potenziale Potrei votarla*

S“

* se si trattasse di una forza politica con volti realmente nuovi e competenti

7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 57


Attualità

«Noi siamo liberali in economia, ma nelle istituzioni siamo estremisti democratici», spiega Carlo Calenda, un passato a fianco di Montezemolo come direttore dell’area Affari internazionali di Confindustria e come manager della Ferrari, oggi direttore generale di Interporto campano, presieduto da Gianni Punzo, uno dei più vicini all’ex presidente della Fiat. «Non abbiamo mai accusato Grillo di anti-politica. In una società aperta chi si candida ha ragione. E ha buoni motivi per farlo anche chi si astiene: alle regionali del 2010 siamo stati i primi a dichiarare che di fronte allo scadente cinepanettone della politica italiana i cittadini avevano il diritto di non andare a votare». Prima lezione di Grillo: fare rete. Con un ben dosato mix di territorio, gruppi locali motivati a organizzarsi per gli appuntamenti elettorali, a fare raccolta fondi, e di campagne on line. L’uomo incaricato di mettere su i circoli di Italia Futura è il quarantacinquenne Federico Vecchioni, già presidente di Confagricoltura, con una rete capillare di iscritti in tutta Italia. È lui a raccogliere le adesioni. Sono 3 mila i gruppi modello meet up e 50 mila gli aderenti. A coordinarli c’è un direttivo nazionale, con un altro manager ex Confindustria e ex Ferrari, Simone Perillo, e Giacomo D’Arrigo, rappresentante degli amministratori under 35 dell’Anci. Seconda lezione: largo alle facce nuove. Il Pdl berlusconiano vorrebbe mascherarsi da lista civica, il Pd è tentato dall’idea di affiancare al tradizionale simbolo di partito un rassemblement con esponenti della società civile. In Italia Futura si cercano i potenziali Pizzarotti, gli sconosciuti da pescare nelle realtà locali. «Portare nell’agone politico persone che ora non ci sono», traducono i montezemoliani. Personaggi come Diego Della Valle, attivo nel backstage ma ben attento a non farsi vedere sul palcoscenico. E guai a parlare di federazioni, alleanze, destra e sinistra, tutto antiquariato da mettere alle spalle. Tra i montezemoliani con pedigree politico abbondano i delusi della rivoluzione liberale berlusconiana e i nostalgici del Pd veltroniano, vagheg58 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

ECONOMISTI

Molti bocconiani (il responsabile giovanile di If Luca De Vecchi è stato per anni consigliere accademico dell’ateneo), qualche doppio cognome, i rampolli delle principali dynasty imprenditoriali del Paese (i Matarrese, i Merloni...). Ma anche giuristi, politologi, economisti, storici, critici d’arte, produttori cinematografici come Riccardo Tozzi, fondatore della Cattleya. Sono i primi reclutati nella squadra Montezemolo, con alcuni tratti in comune: mediamente giovani, carini, competenti, con scarsa esperienza politica. Si va a pescare nel bacino dei delusi del Pd di Veltroni, ben rappresentato, tra i transfughi del Pdl nelle regioni del Nord, tra i cattolici che non sono tentati dall’Udc di Casini e che vanno in cerca di casa politica tra un convegno di Todi e l’altro. Liberali e riformisti, «il fronte della crescita», come si autoproclamano. Ecco i primi nomi.

giato al Lingotto e subito abortito. «I riformisti», li chiama lo storico Andrea Romano, primo direttore di Italia Futura, un passato a sinistra nella fondazione ItaliaIDEOLOGI nieuropei di Massimo D’Alema. Come Calenda che ai Ds era iscritto nella sezione Mazzini, la stessa di Baffino. Terza e ultima lezione imparata dal boom di Grillo: dopo ANDREA ROMANO il disastro berluscoL’autore dei testi niano gli elettori non montezemoliani. ne vogliono più sapeStorico, ex re dell’uomo della Italianieuropei, Provvidenza. È più con una passione: facile far vincere una “Vita e destino” di squadra di nomi inteVasilij Grossman. ramente nuovi che TELEVISIVE portare a votare per l’ennesimo Salvatore della Patria. E dunque, sarebbe questa la novità più clamorosa, non è affatto scontato che sia Montezemolo il candidato premier di ItaIRENE TINAGLI lia Futura. Anzi: l’ex Lasciò il Pd di presidente della Fiat Veltroni accusando: sa bene di non poter «Non basta predicare l’innovapredicare, serve zione del sistema pocoraggio». Tecnica, litico e poi proporsi grinta e telegenia: come guida del goin pole position. verno a 65 anni compiuti e con un curriculum sterminato. Meglio fare il testimonial, come Grillo con i suoi ragazzi. E sponsorizzare una figura che dimostri la carica di novità necessaria per vincere, magari una giovane donna. Come Irene Tinagli, 38 anni, docente all’Università Carlos III di Madrid, economista esperta di sviluppo,

NICOLA ROSSI Senatore eletto nel Pd, consigliere economico di D’Alema prima e di Veltroni poi, assai deluso da entrambi ora consiglia Luca.

ORGANIZZATORI

CARLO CALENDA Manager a fianco di Montezemolo in Confindustria e Ferrari, ex tesserato Ds nella sezione di D’Alema, è lo stratega di If.

FEDERICO VECCHIONI Ex presidente di Confagricoltura («Votavo centrodestra»), gira l’Italia a raccogliere adesioni. E fondi.

FRANCESCO BONAMI Critico d’arte e curatore di fama, ha paragonato Luca a Fabio Massimo il Temporeggiatore. Lo Sgarbi di If.

CATTOLICI

GIULIA INNOCENZI Esordio alle primarie dei giovani del Pd, poi volto televisivo della banda Santoro. Montezemolina indignata.

MARCO SIMONI Docente alla London School of economics, cuore a sinistra tendenza Veltroni, ha militato nel gruppo di Mille, i rinnovatori del Pd.

MICHELE AINIS Giurista molto letto anche al Quirinale, con il gusto della provocazione su “l’Espresso” e sul “Corriere”.

GIAN CARLO BRUNO Capo Banking del World Economic Forum, ha annusato la politica con il Pd ed è subito scappato.

ALBERTO STANCANELLI Consigliere della presidenza del Consiglio, commis di lungo corso, guida le truppe di Luca nei meandri dello Stato.

MICHEL MARTONE Il vice-ministro del Lavoro del governo Monti, noto per le sue gaffe sui giovani sfigati, si prepara a restare in campo con If.

ENNIO CASCETTA Professore di Pianificazione dei trasporti a Napoli e al Mit di Cambridge negli Usa è stato il tecnico di prestigio dell’era Bassolino.

ROMANO PERISSINOTTO Ceo per il Sud Europa del fondo di investimento PR Capital Management LLP , è il motore di If in Lombardia.

GIUSEPPE CINZIA PECCHIO CORNETTO BOURLOT Manager

Imprenditore cattolico, presiede l’Asca, agenzia di stampa degli Abete, e siede nel cda di “Internazionale”.

dell’azienda agricola Fantolino, specializzata nella produzione di uova, è l’animatrice di If in Piemonte.

GIUSTINA DESTRO L’ex sindaco di Padova, deputata del Pdl, decisiva nel novembre 2011 per far mancare la maggioranza al governo Berlusconi.

FABIO GAVA Già assessore alla Sanità e all’Industria nelle giunte Galan, eletto nel Pdl, si vanta di essere il primo deputato montezemoliano.

GIANLUCA SUSTA Ex sindaco di Biella legato a Rutelli, europarlamentare, un anno fa ha lasciato il Pd: «Ormai è come il vecchio Pci».

IMPRENDITORI

SERGIO SCALPELLI Direttore della casa della Cultura a Milano traslocato dal Pci a Craxi a Berlusconi, via Giuliano Ferrara.

SALVATORE MATARRESE Figlio di Michele, nipote di Tonino, per molti è «l’unica testa pensante» della dynasty barese tutta calcio e mattone. VERSO NORD

PROFESSORI

ANDREA CAUSIN Veneto di Martellago, un passato da leader dei giovani delle Acli, consigliere regionale del Pd. Anima sociale.

innovazione e creatività, già testata di fronte al pubblico televisivo con le sue apparizioni a “Ballarò” e a “Servizio Pubblico”. Un grillismo chic, ben pettinato e molto educato. D’altra parte il Montezemolo anti-Casta del 2007, l’ultimo intervento da presidente a un’assemblea di Confindu-

TECNICI

INTELLETTUALI

Foto: Agf (5), Imagoeconomica (9), A3 (4), Ag. Fotogramma

PORTE APERTE AI TECNICI DI MONTI. MA RESTA LA FREDDEZZA VERSO PASSERA, CHE PRIMA ADERÌ E POI LASCIÒ LA FONDAZIONE

In squadra con Luca

VITTORIO EMANUELE PARSI Docente di relazioni istituzionali alla Cattolica, vicino al ministro-rettore Ornaghi. consigliere di politica estera.

stria, fece arrabbiare i partiti ben più del Grillo del Vaffa-day, che arrivò qualche mese dopo. «Ma la nostra è una lista costruttiva e inclusiva al posto di un populismo distruttivo», distinguono in Italia Futura. Aperta a intellettuali, imprenditori ma anche ai politici di professione. I mini-

DIEGO BOTTACIN Politico esperto, consigliere regionale veneto, fondatore con Cacciari del movimento del Nord Est. A caccia di voti leghisti.

stri del governo Monti? Tutti amici, per carità, compreso quel Corrado Passera che abbandonò il gruppo dei fondatori di Italia Futura dopo un richiamo di Giulio Tremonti, Montezemolo non l’ha dimenticato. Ma anche i tecnici appartengono già al passato. «C’è l’occasione di costruire una

forza riformista che in Italia non è mai esistita, sempre travolta dai populismi di destra e di sinistra», si proietta verso il 2013 Romano. «Abbiamo l’occasione di portare al governo le eccellenze del Paese». I Mille di Luca hanno poco tempo per aspettare. Tra poco si parte. Parioli addio. ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 59


POLITICA E AFFARI

Attualità

ROBERTO FORMIGONI IN ELICOTTERO

ELIFORMIGONI Non solo yacht e jet, il governatore ama anche gli elicotteri. E sogna di riempire la Lombardia di velivoli Agusta per scavalcare il traffico DI MICHELE SASSO

ì, Roberto Formigoni è veramente il celeste governatore. Celeste come il mare delle vacanze sullo yacht messo a disposizione gratuitamente per intere estati dal gran mediatore Piero Daccò. Celeste come il golfo sardo su cui si affaccia la villa venduta a prezzi contenuti dallo stesso Daccò a uno dei Memores Domini che convivono con il numero uno della Lombardia e che da lui è

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stato aiutato con un “prestito” di oltre un milione di euro. E celeste come il cielo che solcava sul jet privato, pagato dal solito Daccò, per gite ai Caraibi o sulle spiagge della Costa guarda caso Azzurra. Ma volare nel blu dipinto di blu è una passione a lui particolarmente cara, che lo ha visto protagonista di trasferte spettacolari a bordo di elicotteri. Lui scende sempre dall’alto, che si tratti di andare sulle sponde del lago di Como per i vertici di Cernobbio, a Rimini per presenziare da protagonista al meeting di Cl o in Valtellina per godersi una sciata sulla neve più immacolata. Un’abitudine fin troppo esibita, che ha provocato domande ironiche quando a ottobre è sbarcato dall’ennesimo elicottero a Cernobbio per un convegno sull’Expo: «Presidente arriva dal cielo come la manna?». Qui erano abituati a ben altre discese: il rito dell’atterraggio in cima alla scalinata di Villa d’Este un tempo era prerogativa di Gianni Agnelli, che però usava il suo velivolo e non aveva bisogno di intrufolarsi su elicotteri altrui. Tra le nuvole non ci sono code e si corre in fretta dovunque: per un top manager il tempo è denaro. Formigoni invece ottiene anche questi benefici senza costi. Il vettore dei suoi viaggi d’alta quota è quasi sempre la società Avionord: nata per il trasporto delle équipe mediche e degli organi da trapiantare, era controllata dalla Regione che l’ha ceduta a un’azienda di forniture ospedaliere. Il legame con l’ente pubblico però rimane forte: la giunta del Celeste ha affidato ad Avionord i voli sanitari, stanziando quasi due milioni fino al 2013. E un passaggio a chi ti garantisce il lavoro non si nega certo. Ma il governatore non vuole che questo privilegio sia riservato solo a lui: da anni sogna di riempire la Lombardia di rotori, creando una flotta di elicotteri che scavalchi gli ingorghi del traffico. Come in una perenne cavalcata alata, degna della celebre scena di “Apocalypse Now”, crede che i velivoli sostituiranno taxi e autobus nelle congestionate arterie padane: basta asfalto, tutti per aria. Nel 2008, quando già Malpensa cominciava a perdere le penne trasformandosi da hub internazionale a scalo di provincia, fa partire il primo progetto: un network di elicotteri per collegare la 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 61


Attualità metropoli e l’aeroporto. Il Pirellone trova un partner ideale nell’Agusta Westland, l’azienda del gruppo Finmeccanica basata proprio nel Varesotto. Ai comandi c’è Giuseppe Orsi, considerato vicinissimo al governatore. Un feeling così intenso che avrebbe visto Formigoni tra gli sponsor della nomina di Orsi al vertice dell’intera holding tecnologica. Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni esterne di Finmeccanica, ha parlato ai pm napoletani anche di finanziamenti milionari girati da Agusta a Comunione e liberazione. Ma l’amministratore delegato ha negato spintarelle e respinto come false le accuse di Borgogni. Di sicuro, Orsi non è stato il solo a condividere i disegni aeronautici del governatore. Per lo studio lombardo “Vertipass”, Agusta ha messo intorno a un tavolo un comitato di opinion leader di tutto rispetto: l’allora ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, il capo di Stato maggiore della Difesa Vincenzo Camporini, Fabrizio Di Amato, presidente di Maire Tecnimont (colosso delle infrastrutture), e persino l’attuale segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Per la Regione dà la sua benedizione Raffaele Cattaneo, potente assessore ai Trasporti e fedelissimo di Formigoni. La ricerca è pronta in pochi mesi e offre risultati strabilianti: si ipotizzano benefici economici compresi tra 3 e 9 miliardi di euro per il sistema-Paese. Il biglietto per i vip alati verrebbe a costare dai 150 euro in su: una beffa per le ondate di pendolari alle prese con treni regionali sempre più scarsi e affollati.

Lo studio ha un punto di vista suggestivo e surreale: come modello per il futuro della metropoli milanese si ispira all’area di Hong Kong. Ma la città cinese sorge su 236 isole dove vivono oltre 7 milioni di abitanti, 15 volte la densità per chilometro della Lombardia. Laggiù pulsa il cuore di un sistema commerciale e finanziario che non conosce crisi: in quell’arcipelago per i manager che cavalcano il boom dell’economia asiatica ci sono poche alternative all’elicottero. Salvo i periodi in cui - unico elemento comune con le valli padane - la nebbia paralizza le piste. Con Malpensa ormai ridotta a smaltire soprattutto charter e low cost, il progetto delle navette alate perde consistenza. Ma subito si prepara al decollo un’alternativa, ancora più grandiosa e sempre pilotata dal tandem Formigoni-Orsi: creare un taxi aereo per l’Expo 2015. E allo stesso tempo promuovere una rete di collegamenti in tutta la pianura: da Brescia, Bergamo, Lecco, Varese e Sondrio fino agli scali di Malpensa e Linate. Con GIUSEPPE ORSI. SOTTO: RENATA POLVERINI

300 euro si potrà arrivare dalle rive del lago di Garda al check in soli 30 minuti. Un miraggio per gli automobilisti paralizzati lungo la Milano-Venezia. C’è un solo difetto: nella capitale lombarda manca un eliporto. Detto-fatto: la Regione nella costruzione del nuovo Palazzo Lombardia include una piazzola di atterraggio con 26 metri di diametro, abilitata anche per accogliere bestioni da oltre sei tonnellate come l’Agusta Aw 139 da 15 posti. Il costo è misterioso, ma di sicuro non inferiore al milione di euro. Come inaugurazione, si sfrutta la finale dell’“Isola dei famosi”, con i concorrenti del reality che sbarcano in diretta tv sulla vetta del nuovissimo grattacielo formigoniano. Rimane un problema: la pista è in pieno centro, a meno di 30 metri dai condomini. L’opposizione è pronta ad aprire il tiro: «È demenziale costruire un eliporto così vicino alle case, con l’elicottero che atterra praticamente sui balconi. Cosa succederà se si dovesse arrivare a 40 voli alla settimana?», sottolinea Franco Mirabelli del Pd. L’assessore ai Trasporti Cattaneo minimizza: «Mi sembrano sensazioni: credo che non ci sia motivo di suscitare allarme», dice sciorinando i dati dell’impatto acustico. E Formigoni, sordo alle critiche come al rumore delle pale, nega che l’eliporto sia una delle sue manie di grandeur: «Non è il mio, ma è quello per il servizio di emergenze». Per ora - come raccontano i video presenti sul Web l’unico ad usare la pista per l’elicottero è il governatore con le ali. E anche in questo caso, la domanda è: chi paga? ■

A Ponza si volerà vip Non sarà più un problema per vip, politici e stilisti raggiungere Ponza in elicottero: potranno comodamente atterrare e decollare nella pista che, con la scusa di servire anche al soccorso del 118, sta per sorgere sull’isola laziale. La giunta regionale guidata da Renata Polverini ha dato il via libera con una delibera su misura e il Comune isolano ha concesso la licenza a una società privata. Sarà la Esperia Aviation Service a costruire e gestire l’eliporto, che permetterà ai gitanti romani di volare in soli 30 minuti dalla capitale alle spiagge più esclusive del Lazio. Sul sito della ditta ci sono già le quote per l’atterraggio: dai 120 ai 210 euro e 62 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

“pacchetti promozionali per chi torna frequentemente sull’isola”. L’opposizione sostiene che l’area scelta «è soggetta a una miriade di vincoli urbanistici insuperabili se non per ragioni di interesse

pubblico», come denuncia Esterino Montino del Pd. Insomma l’eliporto si sarebbe potuto fare, ma solo se riservato esclusivamente alle emergenze mediche. «Invece sia la giunta Polverini che il Comune di Ponza se ne sono dimenticati», continua Montino. «Le eliambulanze avranno la priorità», risponde il vice presidente della Regione, Luciano Ciocchetti: ma dovranno comunque avvertire il gestore dell’eliporto. La Esperia non si occupa di ambulanze volanti: ha in mano anche l’unica pista di Cortina d’Ampezzo e con i suoi splendidi Agusta Grand è leader nei collegamenti a cinque stelle. Gabriele Paglino


Attualità FORZE DELL’ORDINE / UNA SVOLTA IL GAY PRIDE DI MILANO. A SINISTRA: IL VICECAPO DELLA POLIZIA DI STATO, FRANCESCO CIRILLO

Gay Pride

MODELLO POLIZIA Scatta la rivoluzione nelle questure. Sì agli omosessuali in divisa e corsi anti discriminazioni. E un dipartimento per indagare sui delitti. Parla il prefetto Cirillo DI TOMMASO CERNO tavamo in questura per denunciare un’aggressione, ci avevano presi a schiaffi in mezzo alla strada, ma i poliziotti facevano i sorrisetti e si davano le spintarelle. Allusioni, frasi ambigue. Come gli sbirri dei film». Gliel’hanno spiattellato in faccia così, senza giri di parole, i militanti di GayLib, un’associazione di omosessuali di centrodestra che ha sede a Trento. Era il luglio 2010 e, dall’altra parte del tavolone di legno, in un salone di rappresentanza del Viminale, erano seduti il capo della Polizia Antonio Manganelli e il suo vice Francesco Cirillo. Gli sbirri con il grado più alto là dentro. E dev’essergli tornato in mente proprio la scena di qualche film col Munnezza, quelli con le battutacce sui froci e la “Madama” a sirene spiegate: «Ma oggi i tempi sono altri e così Manganelli ed io ci siamo chiesti cosa potessimo fare per queste persone: se dire due parole di circostanza sul rispetto dei gay, come a volte si fa, e tanti saluti. Oppure prendere in mano la situazione e fare qualcosa di concreto. Per gli omosessuali, certo, ma anche per portare le forze di polizia nel terzo millennio», racconta a “l’Espresso” il prefetto Cirillo: «È così che è nato l’Oscad». Una sigla in più nel Dipartimnto di Pubblica sicurezza, che non è rimasta stampa-

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64 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

va poco e forse ce ne siamo accorti in ritardo. Ma adesso le cose stanno cambiando rapidamente: qui non esiste il “don’t ask, don’t tell”, non c’è discriminazione nella carriera, né nei rapporto interpersonali», assicura il vice di Manganelli. Essere gay nella polizia di oggi è una cosa normale, così come è normale che i poliziotti gay facciano parte dell’associazione Polis Aperta che riunisce gli omosessuali delle forze dell’ordine». Potrebbe sembrare uno slogan, ma dati alla mano, negli uffici della Polizia di Stato e dei carabinieri da qualche mese le cose stanno cambiando. Sono partiti i corsi di formazione e sui banchi ci finiscono praticamente tutti, dai dirigenti in giù. «Si comincia dai capi, per arrivare fino ai più giovani perché l’esempio da noi conta molto», aggiunge il prefetto Cirillo. Tanto che i primi seminari sull’antidiscriminazione e l’omofobia si sono tenuti negli istituti dove la Polizia forma i futuri dirigenti: la scuola superiore di Poli-

zia, la scuola interforze di perfezionamento e la scuola ufficiale dei carabinieri. E così oggi gli omosessuali, anche nella polizia e nei carabinieri, vivono meglio di una volta. «Basta guardare i bambini nelle scuole, hanno uno spirito nuovo, che sta a significare che l’Italia di oggi è

così. Hanno legami stretti anche fra etnie diverse, ci mandano un messaggio chiaro. E che siamo noi che dobbiamo imparare da loro». Una rivoluzione interna, insomma, che serve poi allo scopo principale delle forze di polizia: combattere il crimine sulle

E d’estate è boom di omocidi Foto: L. Mistrulli - Imagoeconomica, E. Cremaschi - Luzphoto

ta su una porta. Significa “Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori”, ne fanno parte anche i carabinieri ed è guidato dal vice direttore generale della Pubblica sicurezza, che dirige un comparto interforze: dall’anticrimine alla polizia postale, al servizio centrale operativo fino alla polizia di frontiera. Una task force, che l’Europa già pensa di copiarci. Sembra di stare a New York quando si parla con poliziotti e carabinieri dell’Oscad. Non dicono gay, ma Lgbt, proprio l’acronimo che utilizza la comunità lesbica, gay, bisex e trans. In un anno e mezzo hanno avviato una vera e propria rivoluzione negli uffici delle forze di polizia. «Abbiamo due obiettivi, uno interno e uno esterno. Quello interno è cancellare l’immagine della polizia manganello e machismo, l’altro è prevenire e combattere ogni traccia di discriminazione, omofobica e non tra le nostre donne e i nostri uomini», spiega Cirillo: «Prima dell’Oscad di questi problemi si discute-

strade. E, nel caso dell’Oscad, combattere e battere ogni forma di discriminazione. Morti e feriti. Botte e coltelli. Un fenomeno in aumento e difficile da circoscrivere. La matrice può essere diversa. Razzismo, politica, bullismo. Ma una costante rende le vittime ancora più vittime: «Spesso i gay hanno paura di denunciare un’aggressione omofoba, magari in famiglia o sul lavoro nessuno conosce il loro orientamento. Questo rende difficile dare la caccia ai criminali. È qui che l’Oscad sta dando buoni risultati. Abbiamo una mail, un fax e una linea telefonica e siamo in contatto costante con chi svolge le indagini», spiega Cirillo: «Gay, lesbiche e trans devono sapere che a quel telefono risponderanno agenti preparati. E questo romperà il velo del silenzio». Da quando l’Oscad è in funzione sono arrivate 239 segnalazioni, una ogni due giorni. In oltre cento casi è stato rilevato un reato. E si è potuto precedere. «Il primo bilancio parla di 40 arresti per crimini contro persone che hanno subito diverse forme di discriminazione sia omofobica, sia razzista o religiosa. Arresti che molto probabilmente non ci sarebbero stati», continua il prefetto. E la statistica indica che l’allarme cresce. Dopo la matrice razziale, infatti, c’è quella omofobica. E nel 2012 supera il 23 per cento dei casi. A volte l’Oscad smaschera pure i falsi. Come nel caso di Varese, qualche settimana fa. Un gruppo di gay ha denunciato un’aggressione in discoteca e gli esperti del Viminale sono entrati in azione: «Abbiamo scoperto che l’orientamento sessuale non c’entrava. Erano stati i gay a provocare». Succede anche questo. ■

Aggressioni. Risse. Violenze. Omocidi, come vengono definiti gli omicidi contro i gay. L’omofobia è il movente silenzioso. Uno dei più difficili da combattere. Anche perché il reato contro gay, lesbiche e trans è escluso dalla legge Mancino, che prevede che si proceda d’ufficio per i crimini di matrice razziale. E così è la vittima a dover denunciare le violenze, con il rischio di una seconda discriminazione da parte di familiari, amici o colleghi di lavoro. E i crimini senza colpevole sono molti. Spesso i più colpiti sono i giovani. Soprattutto d’estate quando gli episodi aumentano. Marco, 22 anni, omosessuale, stava trascorrendo una serata in compagnia di alcune amiche in un pub. Tre giovani, di circa vent’anni, si avvicinano al tavolo e gli rivolgono pesanti insulti: «Frocio di merda», ripetono a voce alta. Il ragazzo non reagisce e, dopo un po’, se ne va. Ma la banda lo segue: «Prima lo insultano,

poi lo aggrediscono fisicamente. Infine, lo colpiscono con un bicchiere all’altezza dell’orecchio, provocandogli una grave ferita», spiegano all’Oscad. Il ragazzo perde sangue. Interviene la polizia. Ma gli esperti del Viminale contattano la Questura di Roma. E le indagini prendono una svolta: è omofobia. Scattano le ricerche e, già nelle prime ore della mattina, i colpevoli vengono individuati. Una banda senza precedenti penali. Sono tante le storie come quella di Marco. Giovanni, 26 anni, picchiato da due diciottenni rumeni a Roma. Oppure Luca, 24 anni, aggredito a Milano da tre ragazzi che sono fuggiti. O ancora Mirco, Francesco, Fabio. Tutti giovani gay che hanno segnalato all’Oscad, negli stessi giorni, aggressioni omofobiche da parte di extracomunitari. Immediato l’intervento degli agenti del commissariato Celio, che hanno arrestato un tunisino e un egiziano. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 65


Portfolio

NAPOLITANEIDE In mostra al Museo della satira di Forte dei Marmi strisce e vignette che vedono protagonista il presidente. Dal Pci al Quirinale DI PASQUALE CHESSA Dal primo giugno al primo luglio il Museo della satira di Forte dei Marmi espone le vignette con protagonista il capo dello Stato: “Napolitaneide. Storie satiriche di un settennato e anche di più”. Eccone alcune, accompagnate da uno stralcio della prefazione al catalogo firmata da Pasquale Chessa, ideatore della mostra

P

er Napolitano il blasone di bersaglio della satira di sinistra arriva tardi, nel 1981, con una vignetta di Giorgio Forattini su “la Repubblica” del 2 settembre, a sottolineare la svolta a sinistra del Pci che spinge Napolitano di nuovo a destra, all’opposizione dentro il partito. Nella pagina dei commenti, sopra un pezzo intitolato «I tre volti del Pci», ecco a sinistra un Berlinguer invasato con i capelli dritti, («Rivoluzionario»), al centro l’altro Berlinguer con i capelli lisci e la discriminatura da gran borghese, («Conservatore»), e a destra la faccia di Berlinguer completamente calvo trasformato nel sembiante del suo oppositore («Napolitano»)... C’era stato un precedente, però non molto ben riuscito nello stile, ma efficace per capire la percezione di Napolitano nell’opinione dell’estrema sinistra. Sul “Male” del 15 novembre 1978, era comparso un doppio ritratto chiomato e calvo, «prima del 1948 e dopo» chiariva la didascalia. Nell’intervista sottostante Napolitano rivela un inedito storiografico: «Insomma, per farla breve, fu un’idea di Togliatti». Dopo il 18 aprile del 1948 siccome Togliatti «era un po’ abbacchiato» per la sconfitta «vennero fuori quelli dell’Ufficio studi con la teoria dei “connotati fisici”»: troppe barbe e capelli: «I no66 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

stri candidati sembravano russi o al massimo polacchi». Togliatti allora spedì tutti dal barbiere. A Napolitano invece fu chiesto qualcosa di più: «Fu così che in linea con le direttive del partito mi LA REPUBBLICA, MAGGIO 2006 sottoposi a quel tipo di dolorosissima operazione che fu lo Pci, arrivato alle soglie del potere, furono scalpo. Fu il dottor Spallone a eseguirla e politicamente catastrofici. Per Napolitai risultati li potete giudicare voi stessi. Il no, pure. Se il Pci fosse andato al governo partito conobbe una straordinaria avan- la sua attitudine liberal sarebbe stata nazata fra i calvi e gli stempiati (circa 300 mi- turaliter premiata. Con la morte di Berlinla voti in più nelle elezioni del ’53) e io so- guer e la successione di Alessandro Natno felice di aver sacrificato la mia capiglia- ta, la segreteria del Pci appare per Napotura per un mondo più umano. Sì certo, litano un nuovo atto mancato. persi la fidanzata, ma questa è in fondo Invece per la satira sarà un decennio di un’altra storia». grazia. Soprattutto per la satira «comuniGli storici non sono per niente d’accor- sta» che, con la nascita di “Tango” di Serdo su come gli anni Ottanta debbano pas- gio Staino poi trasmutato in “Cuore” con sare alla storia: fu un periodo di transizio- Michele Serra, si appropria di un ruolo ne o un decennio cruciale, furono ruggen- politico destinato a influenzare non solo ti o scadenti, maramaldi o rampanti, fini- l’opinione pubblica vicina al Pci ma anche rono nel 1989 con la caduta del Muro di a condizionare l’intero dibattito nazionaBerlino o durarono ancora fino al 17 feb- le... Staino viene chiamato, nella primavebraio del 1992 quando con l’arresto di ra del 1985, all’“Unità” da Emanuele Mario Chiesa cominciarono gli anni di Macaluso che gli affida interi paginoni Tangentopoli e della Seconda Repubbli- per disegnare le sue storie comuniste. Un ca? E come cominciarono: con la fine di successo. Se non fosse che il quotidiano Moro o con il principio di Craxi? Per il fondato da Antonio Gramsci appare il

L’UNITÀ, FEBBRAIO 2012

THE NEW YORK TIMES SYNDACATE, OTTOBRE 2011

BUCCHI.BLOGAUTORE.REPUBBLICA.IT, 2011

luogo meno adatto per sfottere i dirigenti massimi e anche minimi. E infatti il primo incidente arriva presto, prima ancora della nascita di “Tango”, quando Staino immagina che il suo Bobo sogni di partecipare al Congresso di Livorno del 1921. A Livorno incontra Gramsci, e gli viene spontaneo chiedere al grande sardo cosa pensi di Craxi e dei so-

IL GIORNALE, FEBBRAIO 2007

cialisti. «Che razza di domande, appoggiatelo»: la risposta lascia Bobo di stucco, con Gramsci che insiste: «Non fate i nostri errori di infantilismo. È il primo governo socialista di questa nostra Italia. APPOGGIATELO». Al risveglio Bobo sente la necessità di raccontare tutto al suo amico Molotov, non solo perché stalinista ma soprattutto perché è sardo. La ri-

sposta di Molotov è fulminante: «Per me ti sei sognato Napolitano». Incalza Bobo seccato: «Macché… aveva un cesto di capelli così…». Il paginone era molto divertente. La vignetta innocua. Ma c’è qualcosa che lasciò perplessa la redazione dell’“Unità”. Ha raccontato proprio Staino a Michele Serra: «Sai, mi dissero, Macaluso e Napolitano hanno discusso 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 67


Portfolio NAPOLITANO HA SEMPRE EVITATO POLEMICHE RIGUARDO ALLA SATIRA animatamente proprio sui rapporti con i socialisti. Non vorremmo che Napolitano pensasse a un attacco ispirato dal giornale». A quel punto incomincia una strampalata trattativa: si suggerisce a Staino di mettere Lama, prima. Poi, superato il livello di guardia della polemica, lo stesso Macaluso si offre come ostaggio al posto di Napolitano. Ma purtroppo con entrambi cadrebbe la battuta sui capelli. Alla fine Staino la spunta. E Macaluso confessa al disegnatore: «È andata bene, Napolitano non ha detto niente». Napolitano non dice mai niente. Lo ha fatto per tutta la vita. Diciamo che se Macaluso fosse riuscito a indurre Staino a un ragionevole taglio, non se ne sarebbe dispiaciuto. Ma con altrettanta certezza si può pensare che non si sarebbe lasciato trascinare in una polemica suicida contro una striscia satirica. Un autocontrollo che gli ha consentito di uscire indenne, da presidente della Repubblica, da un’insidiosa polemica scaturita da una vignetta pubblicata in prima pagina su “Libero” nel luglio dell’anno scorso. Nel contesto di una battaglia davvero speciosa del giornale di Maurizio Belpietro contro la «Casta», Benny, il disegnatore di casa, aveva confezionato per un’unica vignetta quattro caricature di Bersani, Fini, Calderoli e anche Napolitano seduti intorno a un tavolo a divorare una pizza a forma di penisola, sotto il titolo volutamente insultante, in perfetto stile qualunquista, «Assedio ai Papponi di Stato». Con un’inappuntabile decisione giuridica, Edmondo Bruti Liberati, il capo della procura di Milano, ha aperto un’indagine per il reato di «offesa all’onore o al prestigio del Capo dello Stato». Fortuna che per procedere serviva il parere del Quirinale, che sicuramente non deve essere arrivato, visto che sia il direttore Belpietro come il disegnatore Benny hanno continuato a godere di tutte le libertà costituzionali. Anzi Benny si è meritato anche un premio a Forte dei Marmi per la «satira indecente». Come è successo con Francesco Cossiga, che nelle vignette di Giuliano è rappresentato come il «presidente silente», nei primi anni del suo settennato, anche Michele Serra chiudeva la sua «Satira preventiva» sull’“Espresso” con una fin troppo facile previsione, tanto giusta in apparenza da rivelarsi in sostanza fallace: 68 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

«Saputo della sua candidatura al Quirinale, Napolitano ha fatto sapere ai suoi sponsor che la dizione “corsa al colle” gli pareva eccessiva, e poco consona alla dignità istituzionale dei candidati. Ha proposto di sostituirla con “una lenta ma sicura camminata di avvicinamento al colle”. Secondo gli analisti una eventuale presidenza di Napolitano avrebbe un’unica possibile controindicazione: che egli stesso si addormenti mentre pronuncia il discorso di fine anno». Quel Napolitano forse non è mai esistito se si deve giudicare la immediatezza

IL MALE, NOVEMBRE 1978

con cui ha saputo dominare dal Quirinale la crisi più profonda dell’Italia dalla fine del dopoguerra. Un po’ sopravvive nel Presidente di «Italialand» di Maurizio Crozza alle prese con l’inflessibile «corazziere uno» e l’improbabile «corazziere due»: se presa per il verso giusto, visto che ancora si può apprezzare una qualche differenza fra le metafore di Bersani e le barzellette di Berlusconi, la satira di Crozza riesce non solo a migliorare ma anche a trasformare la percezione della vittima nell’opinione pubblica partigiana... Nonostante la sua impassibile normalità anche Napolitano, diventato presidente, perché anche da ministro degli Interni era riuscito a scansare la satira, quasi, era già tutto pronto per entrare fra le

maschere della commedia politica italiana. Non era ancora salito al Quirinale che già Forattini, anche lui nel tempo traslocato dalla sinistra di “Repubblica” alla destra del “Giornale”, con una sola vignetta era riuscito a sintetizzare la storia con il pettegolezzo e la denuncia politica: si vede Marx all’inferno che con in mano un quotidiano con la foto di Napolitano si preoccupa che gli italiani vogliano riportare un Savoia al Quirinale mentre un olimpico Stalin, che brucia nelle stesse fiamme lo tranquillizza dandogli dell’imbecille: quello è soltanto il compagno Napolitano. Napolitano comunista, come nel disegno di Benny che fa da copertina, piace anche nella satira di sinistra, da Vauro a Staino, ma per difetto e carenza di fedeltà ideologica. Senza sconti. Il percorso drammatico del settennato, ha dato linfa politica alla satira contribuendo a ridefinire non solo la figura politica del presidente ma anche il potere costituzionale del Quirinale. Non è una battuta, ma un problema storico: Napolitano ha completato con sobrietà il lavoro cominciato a colpi di piccone da Cossiga. Entrambi, pur non contando niente nei rispettivi partiti, prima, dal Quirinale poi sono riusciti a imporre la propria agenda politica al Paese. E infatti Vauro sul “Male” non ha esitato un attimo a travestire Napolitano e Monti da «colonnelli» alla moda della Grecia al tempo del colpo di Stato. In sintonia con le accuse, per il momento da destra, che le forzature costituzionali di Napolitano nella scelta di Monti, configurino un vero e proprio colpo di Stato, seppure senza carri armati. Si sa che la satira ha la memoria corta: onestamente non si può chiedere a Vauro o a Staino o ad Altan e nemmeno a Vincino di ricordarsi che pochi mesi prima se la prendevano con Napolitano per il carattere dolce e tiepido del contrasto a Berlusconi, metodo che ha portato però, complice la spread syndrome, a far uscire il medesimo da Palazzo Chigi. Quanti satirici lai invece, per la fretta con cui venivano firmate e quindi avallate dal Quirinale le peggiori leggi ad personam. Seguendo il paradosso che la satira politica è tale se non fa politica, anche con Napolitano la satira ha preservato e praticato il diritto all’indecenza. Che è tipico dell’innocenza. ■

SU DI LUI: DALLE STRISCE DELL’UNITÀ FINO AGLI ATTACCHI DEL GIORNALE

FEBBRAIO 2012

IL FATTO QUOTIDIANO, 2011

LA REPUBBLICA, SETTEMBRE 1981

2012

1982

7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 69



n. 23 - 7 giugno 2012

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Siria

Foto: Reuters - Contrasto

Guerra fredda Usa-Russia

Gli americani ne hanno abbastanza di Bashar Assad e l’hanno ribadito dopo l’ennesimo massacro a Hula (25 maggio, 108 morti di cui 48 bambini, nella foto sopra la sepoltura collettiva). Solo che non hanno la forza per impegnarsi in una nuova campagna militare e nell’anno dell’elezione per la Casa Bianca. Così sperano che a Damasco si possa applicare la cosiddetta “Yememskii Variant”, una soluzione alla yemenita col presidente che lascia il potere a una persona di cui si fida e parte magari per l’esilio. In Yemen la strategia fu studiata dai russi che sono però riottosi ad adattarla a Damasco, il partner più fidato nell’area e l’unico che garantisce loro un approdo sicuro alle navi militari nel Mediterraneo, al porto di Tartus. Putin ha anche un altro motivo, molto più prosaico, per difendere Assad: è la Russia che fornisce armi e munizioni pagate cash e che favoriscono l’industria bellica di Mosca. La nuova Guerra Fredda in salsa mediorientale paralizza di fatto le Nazioni Uni-

te, incapaci di andare oltre il piano di pace dell’inviato speciale Kofi Annan e che, al di là delle dichiarazioni di facciata, è ormai fallito. E non esiste un piano “B” condiviso dalla comunità internazionale. All’amministrazione Obama non resterà che fornire armi ai ribelli tramite gli alleati dell’area Turchia, Arabia Saudita e Qatar per stabilire, almeno, un equilibiro di forze sul terreno.

Cuba

Sono 57.337 i detenuti di Castro Sono 57.337 i detenuti nelle carceri cubane. È il dato che emerge dalle pagine di “Granma”, l’organo ufficiale del Partito comunista cubano. Per la prima volta dall’arrivo al potere nel 1959 il regime castrista ha deciso di fornire la cifra. Per decenni l’opposizione e le organizzazioni di diritti umani hanno ipotizzato che il numero dei reclusi fosse il doppio rispetto alle cifre ufficiali, condito da pesanti condizioni detentive. Il “Granma” traccia un quadro complessivo del sistema carcerario, evidenziando che tutti i detenuti beneficiano di un programma di reinserimento sociale: 27.095 ricevono istruzione scolastica e 24.531 imparano un mestiere. Sono 23.133, sul totale dei reclusi, quelli che lavorano, con regolare salario e accesso alla previdenza sociale. Questa operazione mediatica messa in atto dal Partito comunista segue a ruota l’indulto concesso a 2.900 persone alla fine dello scorso anno; negli ultimi sei mesi in 10.129 sono stati scarcerati. Il dato più interessante riguarda l’aumento ammesso delle carcerazioni per reati di corruzione, che crescono più di quelle per motivi politici; l’infedeltà di dirigenti e funzionari, ai diversi livelli, si sta rivelando il nemico più difficile da combattere per i fratelli Castro. Mario Magarò

Gigi Riva

Cadono le statue della “regina” indiana La “Regina dei dalit”, cioè degli intoccabili, Mayawati Kumari sta andando incontro nell’Uttar Pradesh (200 milioni di abitanti, il più popoloso Stato dell’India) al destino dei perdenti che si erano fatti costruire opere di pietra ritenute imperiture. Dopo la sua sconfitta elettorale di marzo, le sue statue già cominciano a traballare sui piedistalli. Il primo scossone è stato legale. Un tribunale indiano accerterà se i miliardi spesi per immortalare un primo ministro in carica e i suoi simboli erano stati sottratti ad altre emergenze. Mayawati ha già detto che si tratta di una “vendetta politica” dei successori. Il giovane premier Akhilesh Yadav ha già esposto le cifre di quello che ritiene un “furto di Stato”: 400 miliardi di rupie, 5 miliardi e 700 milioni di euro. Poi ha aggiunto: «Ora che la polizia indaga, sono sicuro che si aprirà il vaso di Pandora e i contribuenti sapranno quanti dei loro soldi sono stati sprecati per parchi e memoriali». Raimondo Bultrini lE ’ spresso | 73


Mondo CASA BIANCA / LO SFIDANTE

Sull’economia Obama ha fallito. Io ridurrò le tasse al ceto medio e farò calare i disoccupati. Parla il candidato repubblicano alla presidenza COLLOQUIO CON MITT ROMNEY DI MARK HALPERIN na si sarà insediato per ridare fiducia alla gente e rimettere in moto la locomotiva America. Mitt Romney, con lei presidente, quale sarebbe alla fine del 2013, cioè dopo un anno di mandato il panorama dell’occupazione, della disoccupazione e della crescita economica negli Stati Uniti?

L’AMERICA

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O

Foto: B. Baker - Redux / Contrasto

Farò ripartire

bama ha sbagliato tutto in politica economica e, per rimettere in moto l’America, c’è bisogno di qualcuno che capisca la materia: cioè lui. Parla Mitt Romney, 65 anni, imprenditore, mormone e candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti. In questa intervista accetta il gioco di immaginare di aver vinto la corsa del prossimo novembre alla Casa Bianca. E racconta cosa farà non appe-

«Si apprezzerebbe un drastico cambiamento delle prospettive per gli imprenditori, soprattutto delle aziende piccole e medie ma anche per alcune grandi multinazionali. La gente direbbe: “La sai una cosa? Gli Stati Uniti sembrano nuovamente un buon posto per investire, per rischiare, per assumere personale”… Il punto qui è creare nuovi posti di lavoro per gli americani appartenenti alla fascia di reddito medio, un compito nel quale il presidente Obama, francamente, ha fallito. I suoi sforzi per imporre una serie di proposte liberal, che lui riteneva di portata storica, gli hanno fatto perdere di vista il nodo cruciale dell’economia attorno cui tutto gira. Gli americani non sono stupidi. Vogliono qualcuno in grado di farla ripartire».

so Bain Capital (la società di cui lei è stato amministratore delegato) sarà un elemento centrale di questa campagna elettorale. Che cosa ha imparato alla Bain Capital che la aiuterà a creare nuovi posti di lavoro?

«È un po’ come chiedermi che cosa tra tutto ciò che ho imparato nella vita mi aiuterà a essere un leader. Ho imparato a diventare un leader lungo tutta la mia esistenza, dall’educazione ricevuta dai miei genitori, alla mia formazione, alle esperienze nel settore privato dove sono stato, per esempio, il capo dell’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2002 a Salt Lake City. Fino al contributo che ho dato alla guida dello Stato del Massachusetts tra il 2003 e il 2007. So, insomma, come si legge un bilancio. L’aver lavorato nel settore privato per venticinque anni mi dà un vantaggio rispetto a chi non ha mai trascorso un giorno nel settore privato, come il presidente Obama, il quale semplicemente non capisce l’argomento». Obama dice di voler concentrare buona parte della campagna e del dibattito elettorale sulla sua carriera alla Bain Capital.

«E a me sta benissimo. Anch’io voglio, naturalmente, focalizzare l’attenzione su questo aspetto. Che cosa ha fatto lui come presidente degli Stati Uniti negli ultimi quattro anni? Ha fatto qualcosa Quale sarebbe il tasso di disoccupazione al- per migliorare le cose per il popolo la fine del suo primo anno di mandato? americano? Gli americani stanno me«Non è possibile predirlo con precisio- glio oggi di quattro anni fa? È riuscito ne. Posso promettere però che nell’ar- a tenere la disoccupazione sotto l’8 per co di quattro anni, grazie cento? Sono passati alle nostre politiche, il MITT ROMNEY CON LA MOGLIE quanti? - trentanove meANN NELLA CASA DI VACANZE tasso di disoccupazione si? Le cose non sono anscenderebbe al 6 per cendate così bene. I prezzi Dalle pagine di to o forse addirittura legdella benzina: la gente ne germente al di sotto». è contenta? Il valore delSecondo il presidente Obale case: la gente è soddima, la sua esperienza pressfatta del livello dei 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 75


Mondo IL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI BARACK OBAMA RITRATTO NEL SUO UFFICIO ALLA CASA BIANCA

prezzi, del numero di case tornate in possesso delle banche per insolvenza dei mutuatari? O forse la gente crede che ci sia chi può fare meglio? Io penso che il popolo americano voglia qualcuno in grado di capire l’economia, con una visione su come rimettere al lavoro gli americani. Penso che la ragione per la quale in tutto il Paese la gente dice di voler provare qualcuno di nuovo sia la convinzione che questo presidente, pur essendo forse una persona piacevole, non sia all’altezza del compito di contribuire a guidare l’economia». Lei ha individuato qualche idea nuova per creare posti di lavoro?

«Il bello dell’economia è che non la può fare svoltare un singolo elemento. Molti fattori contribuiscono. Se si va a vedere quel che ha fatto il presidente, diventa chiaro che non capisce come funziona l’economia e che fa fatica. Guardi come si sta comportando adesso: non ha idea sulle iniziative da prendere per farla ripartire. Io sì». Lei ha detto di avere un piano per ridurre drasticamente, in un certo numero di anni, la spesa del settore pubblico. Perché non in tempi più brevi?

«Perché una riduzione del bilancio federale di mille miliardi di dollari nel primo anno, per esempio, implicherebbe una contrazione del Pil del 5 per cento. Questo è ciò che, per definizione, ci sta facendo entrare in recessione o in una depressione. Quindi non lo farò, naturalmente. Quello che si deve fare è procedere con aggiustamenti avvalendosi di misure che nel tempo portino al pa-

Foto: Camera Press - Contrasto

La sfida dei posti di lavoro

reggio di bilancio». Mi dica qualcosa sulla riforma fiscale. Lei è disposto, o sarà disposto prima del voto, ad affermare che alcune deduzioni devono essere abolite, come per esempio quella che riguarda la spesa per il mutuo per gli americani ad alto reddito?

«Non è mia intenzione abbassare il contributo fiscale degli americani a più alto reddito. Questo è un principio fon-

DI ANTONIO CARLUCCI

I messaggi sono diretti e privi di sfumature. Mitt Romney sostiene che la sua vita è stata dedicata a creare posti di lavoro e a far crescere aziende e, dunque, lui è il solo a capire come riportare l’America sulla giusta rotta. Barack Obama descrive Romney come un consulente d’azienda che è stato capace solo di ristrutturare imprese riducendo il personale e delocalizzando gli impianti fuori dagli Stati Uniti, in Cina come in Messico, e che intende ridurre le tasse ai più ricchi a scapito della middle class. Tra comizi, incontri elettorali, interviste e spot il presidente che cerca la rielezione e lo sfidante repubblicano in attesa di ricevere la nomination dal suo partito stanno combattendo la guerra della percezione. L’obiettivo è quello di evitare che negli elettori metta radici la convinzione che il messaggio dell’avversario rappresenta la realtà. Romney insiste ogni giorno che il presidente non ha mai creato un posto di lavoro nella sua vita prima dell’ingresso in politica; Obama dice dello sfidante che i posti di lavoro li ha distrutti o regalati ad altre nazioni, che è allergico alle regole utili per evitare un altro disastro come quello del 2008. Chi sta vincendo la guerra della percezione? Secondo un sondaggio ABC/Washington Post, Romney è leggermente davanti a Obama: 47 americani contro 46 ritengono Romney in grado di fare un lavoro migliore per l’economia per l’esperienza acquisita nel settore privato. Il messaggio dello sfidante repubblicano

dunque ha trovato terreno fertile in un elettorato che ha sotto gli occhi un’economia che marcia a velocità molto bassa. Tuttavia la guerra della percezione non ha ancora un vincitore. Anzi, una robusta maggioranza di americani ritiene che la visione generale di Obama in campo economico sia migliore di quella di Romney. Per questo, 66 su cento pensano che le regole che la Casa Bianca vuole siano giuste (28 per cento) o comunque non sbagliate (38 per cento) mentre solo 23 americani su cento ritengono che possano danneggiare l’economia. Così come 56 americani su cento credono che le ingiustizie in campo economico favoriscano i ricchi. Altri due elementi per comprendere il senso della sfida ObamaRomney e le mosse del futuro vengono dal fatto che gli americani ritengono (51 contro 42) che Obama abbia più a cuore dello sfidante le sorti della middle class, mentre Romney sconta una percezione negativa tra gli elettori quando questi pensano (65 su cento) che le sue proposte politiche favoriscano i più ricchi. Obama dovrà spingere gli elettori, soprattutto quelli degli Stati dove il voto è sempre in bilico, a guardare davvero dentro le proposte di Romney, mentre il repubblicano potrà solo far leva sulla sua esperienza nel settore privato. E se l’economia dovesse marciare più speditamente verso la ripresa Obama riuscirà più facilmente a contenere l’attacco dell’avversario. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 77


Mondo

Casa Bianca che incoraggerà attivamente la crescita. Il Paese ritroverà la fiducia e ci sarà una nuova volontà di assumersi dei rischi, di investire, di aumentare il numero degli impiegati. E credo che godrò di un periodo di grazia che ci permetterà di lavorare serenamente».

Ma non sarebbe giusto che gli americani conoscessero la sua posizione su un tema così importante?

«La mia posizione sulla tassazione è molto chiara. Abbassare i coefficienti, mantenere il livello del contributo fiscale pagato attualmente dalle persone con i redditi più alti, alleggerire quello delle persone con redditi medi e limitare le deduzioni e le esenzioni per gli americani che appartengono alla fascia più alta di reddito». C’è una fascia di reddito alla quale lei vorrebbe aumentare le tasse?

«È probabilmente impossibile procedere a una riforma del sistema fiscale senza un qualche aggiustamento per gli uni e per gli altri, ma anche così non modificheremo il peso della tassazione delle diverse fasce di reddito». Si sta avvicinando il cosiddetto “scoglio fiscale” fatto di tagli alla Difesa e anche di un aumento delle tasse tramite diversi canali, che potrebbero trasformarsi in una vera zavorra per l’economia. Lei sarebbe d’accordo se il presidente e il Congresso affrontassero questi temi durante la sessione congressuale in cui ci saranno ancora i membri uscenti?

«Naturalmente no. Preferirei che la questione si affrontasse successivamente, sotto la mia guida. La mia speranza è di riuscire ad assumere l’incarico potendo contare già, in entrambi gli schieramenti del Congresso, su persone consapevoli della natura critica della sfida fiscale e 78 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

LA CASA BIANCA

HO LAVORATO NEL PRIVATO PER 25 ANNI E SO LEGGERE UN BILANCIO. IL PRESIDENTE NON CAPISCE L’ARGOMENTO di quella occupazionale che il popolo americano ha davanti. Il fallimento dell’economia sta danneggiando tante persone e vorrei vedere i repubblicani e i democratici disponibili a individuare insieme le proposte per il sistema fiscale in grado di incoraggiare la crescita economica e il tipo di riforma delle normative che potrebbe incoraggiare la crescita». L’attuale amministrazione, tuttavia, vuole che le riforme sulla tassazione e la spesa entrino in vigore il primo gennaio prossimo. Lei, se fosse eletto, non assumerebbe l’incarico fino al 20 gennaio. Teme che ciò possa danneggiare l’economia in termini di fiducia o di percezione?

«Se avrò la fortuna di essere eletto, i consumatori e le piccole imprese si renderanno conto di avere un amico nella

C’è chi parla, tra questi anche il capogruppo repubblicano John Boehner, di un accordo complessivo e sostiene che l’unico modo di venire a capo della crisi sia affrontare contemporaneamente tutte le questioni: tasse, tagli al bilancio, riforma previdenziale e tetto del debito. Pensa che sia un’idea sensata?

«Le riforme possono essere realizzate con un solo accordo a tutto campo o pezzo per pezzo. Ma qualunque strada si scelga, è chiaro che noi repubblicani siamo in grado di fare riforme migliori dei democratici. Il presidente Obama non è stato all’altezza di ciò che il popolo americano si aspettava da lui. I cittadini hanno capito che le sue politiche non sono servite a creare i posti di lavoro di cui l’America ha bisogno. Riconosce questo governo come responsabile della lentezza della ripresa e di aver immesso l’America su una strada che non ci porta a un’economia più forte e più solida a lungo termine. Noi vogliamo prendere una rotta diversa. Non posso dire se ciò accadrà il decimo, il ventesimo o il cinquantesimo giorno, ma posso promettere che molte cose accadranno già il primo giorno, e che poi nelle settimane successive, lavorando insieme ai buoni democratici e ai buoni repubblicani, rimetteremo in moto il Paese». traduzione di Guiomar Parada TIME e il logo di TIME sono marchi registrati da Time, Inc. utilizzati su licenza. © 2012. Time, Inc. Tutti i diritti riservati. Tradotto da TIME Magazine e pubblicato con il permesso di Time, Inc. È proibita la riproduzione, anche parziale, in ogni forma o mezzo, senza espresso permesso scritto

Foto: J. Sohm - Corbis

damentale. Se mai volessi alleggerire il peso fiscale a un gruppo, e non è detto che sia così, favorirei gli americani con reddito medio, che sono stati quelli più colpiti con Obama. Ciò significa che la riduzione delle deduzioni o delle esenzioni sarà più consistente per la fascia a più alto reddito. Di quali deduzioni ed esenzioni si tratterà, lo elaboreremo più avanti al Congresso».


Mondo Innocenzo Cipolletta

Non si uccide così la Grecia e la citazione non fosse ormai abusata, oggi tutti noi dovremmo dire: «Io sono greco». L’Europa sta umiliando un Paese, la Grecia, e una popolazione che ha fatto enormi sacrifici e che si trova in una recessione spaventosa per le misure dettate dalla stessa Europa. Certo, la Grecia ha le sue responsabilità, avendo manipolato i conti per entrare nell’euro. Ma ora ha adottato misure severe per comprimere la spesa pubblica e aumentare le imposte. Avrebbe potuto fare di più, ma intanto, a causa di queste misure, la recessione ha assunto dimensioni drammatiche: il reddito in termini reali è caduto del 20 per cento dal 2008 al 2012 e quello pro capite in valori correnti è sceso del 14 per cento . La Grecia è sull’orlo della povertà e, malgrado questo, si esita a darle sostegno finanziario perché «non ha fatto abbastanza». Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario, dice che è più preoccupata per i bimbi del Niger (per cui il Fondo fa ben poco) che per quelli di Atene, i cui genitori devono pagare le tasse. Intanto però non osa sanzionare gli Usa che hanno uno squilibrio nei conti pubblici pazzesco, così come il suo predecessore non fece nulla per fermare l’assurda politica americana che ha provocato l’attuale crisi globale. Dovrebbe intervenire l’Europa, ma un’altra signora, Angela Merkel, insiste sui sacrifici e impedisce alla Banca centrale europea di fare il suo dovere. Non è questa l’Europa che abbiamo costruito negli ultimi cinquant’anni. Non è questa l’Europa per la quale abbiamo abbandonato molte prerogative nazionali. Non è questa l’Europa che vorremmo nel nostro futuro. Questa è l’Europa degli egoismi e delle meschinerie che affonda un grande progetto per paura di prendere decisioni non convenzionali, come fecero i padri costruttori. Qualcuno dice che l’Europa, per come l’abbiamo costruita, non può funzionare.

S

L’Europa cambia i governi, impone l’austerità ma poi non difende i Paesi sotto attacco E invece non è l’Europa che non funziona, ma gli attuali governanti: nulla vieta di prendere misure adeguate agli attuali bisogni, basta volerlo. Oggi ci troviamo di fronte ad attacchi della speculazione che, giustamente, sta puntando contro gli unici titoli di debito sovrano non protetti da una banca centrale. Nel mondo campeggiano gli enormi debiti degli Usa e del Giappone che ben poco hanno fatto sin qui per correggere i loro squilibri. Eppure la speculazione non attacca quei debiti sovrani, perché le banche centrali di quei Paesi assorbono i titoli per mantenere bassi i tassi di interesse. Forse sbagliano e un giorno pagheremo queste politiche con una maggiore inflazione. Ma intanto la loro politica lascia scoperti i titoli di debito europei che non hanno la protezione della Bce. È così che, malgrado i Paesi europei abbiano adottato misure severe per riequilibrare i propri conti, i titoli dei loro debiti fluttuano a seconda degli scambi sul mercato finanziario senza alcuna (o poca) protezione da parte della Bce e possono generare profitti per chi specula. IN QUESTE CONDIZIONI I PAESI EUROPEI

sono costretti a ridurre la spesa pubblica per pagare i maggiori interessi sui debiti e l’intero continente sprofonda in una pesante recessione. La politica europea guidata dalla Germania è oggi una politica suicida, adatta forse a un piccolo Paese che cerca di astrarsi dalle vicende mondiali, ma sicuramente sbagliata per una nazione continentale di mezzo miliardo di abitanti, con responsabilità nei confronti della propria po-

Se ne parla su www.espressonline.it

polazione e del mondo intero. Ma, si dice, la Bce non può intervenire perché non abbiamo una vera unione politica e neppure economica. Nulla di più falso. In quale Paese federale del mondo poteva avvenire che in ben tre dei suoi Stati (Grecia, Italia e Spagna) venissero dimissionati i governi perché non avevano mantenuto gli impegni europei? In due di questi Stati (Italia e Grecia) sono stati nominati governi tecnici con personalità scelte solo per la fiducia che riscuotevano in Europa. In tutti e tre i Paesi sono state adottate misure di riduzione del disavanzo pubblico a carattere eccezionale, tanto da generare processi recessivi drammatici che stanno producendo una rivolta sociale. LA GRANDE MAGGIORANZA DEI PAESI europei ha aderito al fiscal compact che imporrà bilanci in equilibrio strutturale. Già da quest’anno le politiche fiscali dei Paesi devono avere il placet europeo prima di essere votate dai rispettivi Parlamenti. Se tutto questo non è unione politica ed economica, c’è da chiedersi che cosa si pretenda. L’Europa non sarà mai una nazione come le altre. Non potrà esserlo, perché sarebbe sbagliato. Il mondo ha bisogno di aggregazioni sovranazionali capaci di riunire i popoli senza abolire alcuni elementi di sovranità nazionale. Si tratta di una possente innovazione istituzionale e l’Europa, che ha già fatto molti passi in questa direzione, è all’avanguardia. Se solo ne avesse la coscienza e agisse di conseguenza. Oggi si tratta di dare alla Bce il compito di sostenere i titoli del debito sovrano di quei Paesi che hanno adottato misure di riequilibrio, per evitare che i tassi di interesse salgano oltre un livello per cui diviene impossibile perseguire una reale riduzione degli squilibri e diviene necessario dichiarare la bancarotta. Non è difficile da fare e neppure così stravagante. C’è solo da meravigliarsi che questo non venga capito. icipoll@tin.it 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 81


1965

1960

Album

WONDER JANE

A 74 anni è bellissima. E più felice di quanto sia mai stata prima. Grazie all’amore di un uomo gentile, che la fa danzare. Grazie a tutto quello che oggi sa sulla vita. E sul suo terzo atto DI VALERIA PALERMI 1976

1968 GLI UOMINI DELLA SUA VITA 1960: Jane e Henry Fonda sul set dello show tv “The Deputy”. 1965: con il marito Roger Vadim a Roma. 1968: con la figlia Vanessa Vadim a Parigi. 1976: a Los Angeles con il padre e il marito Tom Hayden durante la sua campagna per il Senato

82 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012


H

1967

AMERICAN BEAUTY 1959: studentessa e attrice, a volte lavora anche come modella. 1965: durante un momento di relax. 1966: insieme a uno dei suoi tre mariti, Roger Vadim. 1967: nel backstage di “A piedi nudi nel parco”, con Robert Redford

1965

1966

a avuto così tante vite che diventare immortale dev’esserle sembrato più pratico. Come definire altrimenti una donna che a 74 anni riesce, eccome, a essere sexy? È sexy Jane Fonda, tanto da poter fare la testimonial di bellezza per un player globale del beauty come L’Oréal, e al Festival di Cannes sfidare sul tappeto rosso fanciulle che hanno un terzo dei suoi anni. Sexy com’era persino da “Hanoi Jane”, e infiammava l’America degli anni del Vietnam; maliziosa come quando si trasformò in Barbarella, alle prese con improbabili orgasmi meccanici; conturbante come Bree Daniels, la squillo che ossessionava l’ispettore Klute; in forma spettacolare come quando scoprì l’aerobica e convinse donne di tutto il mondo a mettersi gli scaldamuscoli e darci dentro finché non sentivano i muscoli bruciare. Se ha fatto un patto col diavolo, le condizioni migliori le ha chiaramente spuntate lei. Perché la donna che incontriamo a Cannes, courtesy of L’Oreal, non è soltanto una bella donna, ma una donna dall’aria felice. Non solo per l’ottimo momento professio1959 nale: è Nancy Reagan in “The Butler”, sarà nella black comedy “Better living through chemistry”, ha scritto due libri di educazione sessuale e sentimentale per teenager, appare nella serie tv “The Newsroom” in onda su Hbo dal 24 giugno. Jane Fonda irradia una felicità tranquilla. Sorniona, perfino: di chi ha già visto succedere di tutto, «been there, done that» come ripete lei, e sa che a tutto può sopravvivere. Tenacemente. Felicemente. Se permette parliamo di felicità.

«Splendido. Perché la gente non fa che

Album

chiedermi qual è il segreto della mia bellezza, e io credo sia proprio la felicità. L’amore, e non intendo solo l’amore di un uomo: parlo di una rete di affetti, di persone che mi vogliono bene. Per me le amiche sono importantissime. Certo che ho un uomo che amo, ma senza le mie amiche non so cosa farei. Sono la mia forza, mi danno coraggio, mi ispirano. Molte di loro sono più giovani di me, e più coraggiose: donne fantastiche. Per esempio Eve Ensler, l’autrice dei “Monologhi della vagina”; o Sally Field: un esempio continuo. Essere perfette dal punto di vista fisico non serve, se non c’è luce dentro di te». Nel suo ultimo libro, “Prime time”, sulla felicità degli anni del “terzo atto”, lei cita una bella frase di Winston Churchill: «Nessun uomo è mai così felice come da vecchio». Perché crede che la vecchiaia possa essere la stagione più felice?

«Quando ho compiuto 70 anni mi sono accorta di sentirmi più felice di quanto mi fosse mai successo prima. Mi sono chiesta: Com’è possibile? Io vengo da una lunga storia familiare di persone depresse: mia madre si è suicidata, mio padre ha sofferto di depressione. Come mai io, più invecchiavo, più mi scoprivo felice? Dovevo capire se succedeva solo a me. E ho scoperto che - lo dimostrano migliaia di casi, documentati dagli studi dello Stanford Center on Longevity - la maggior parte della gente, dopo i 50, è più in pace con se stessa». Perché?

«I motivi sono molti. A volte si tratta semplicemente di cause neurologiche: certe aree del cervello che presiedono ai meccanismi dell’ansia si ridimensionano, altre, connesse al sentirsi bene, sono potenziate. Ma la serenità nasce soprattutto dal fatto che - a un certo punto della vita - abbiamo un lungo passato alle spalle: possiamo guardarci indietro e dirci, beh, sono sopravvissuto. A crisi, a divorzi, a dolori che ci hanno spezza7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 85


Album

1949

to il cuore: siamo andati avanti. Abbiamo imparato. Siamo diventati migliori, più saggi».

1960

Foto pag. 80-81: Getty Images (2), CameraPress - Contrasto, Corbis, P.Kudacki / Trunk Images - Contrasto pag. 82-83 : Camerapress - Contrasto (2), Corbis (2)

È la saggezza la chiave della felicità?

«Con gli anni si capisce che tante cose non sono poi così importanti. Da vecchio puoi lasciar perdere qualcosa, invece quando sei giovane devi fare attenzione a tutto, perché non sai che cosa la vita ti riserverà. Continui a dire: Dovrei sapere questo, studiare quest’altro, conoscere quella persona... Invecchiando scopri che non ce n’è bisogno. Non sei più ansioso, ti dici: Ma 1958 sì, chi se ne frega. Niente è troppo importante: hai già fatto così tanto, visto così tanto, e scoperto che niente ti ha ucciso. A dicembre avrò 75 anni, ho cominciato a scrivere “Prime Time” a 70, e da allora mi sono sempre sentita più felice». Non c’entra l’amore?

«In questi anni mi sono innamorata di nuovo. Di un uomo molto diverso da me, e da qualunque altro uomo abbia avuto prima. Sono così felice che sia successo, lo desideravo, lo aspettavo. In passato sono stata con uomini straordinari, incredibilmente affascinanti, però questo è un uomo gentile. Un uomo che mi fa danzare. Richard è un produttore musicale, ed eccelle in due cose: la mu-

L’ORGOGLIO DEI FONDA 1949: un pic nic in famiglia. 1958: l’attrice in una camera d’albergo a Parigi. 1960: Jane Fonda in un posato dell’epoca, già icona di sofisticatezza

sica e l’amore. Ho avuto compagni favolosi, che però risucchiavano tutta l’aria, pretendevano tutto lo spazio, ogni mia attenzione, e non erano altrettanto bravi a creare intimità. Li ho amati molto e siamo rimasti amici, per esempio con il mio ex marito Ted Turner: ma la mia storia di oggi è molto diversa, e più bella. Richard è il mio amore, e il mio miglior amico». Invecchiare è più liberatorio per le donne o

per gli uomini?

«Per le donne, assolutamente. Noi invecchiamo più felicemente, e credo che dobbiamo provare empatia per gli uomini: per loro è molto più faticoso». Perché?

«La società oggi mette moltissima enfasi su bellezza e gioventù e sul dolore di perderle, invece secondo me a un certo punto te ne fai serenamente una ragione. Per noi è più facile, perché la vita 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 87


Album

2012

Felicità è guardare indietro e dirsi: Beh, ce l’ho fatta. Sono sopravvissuta. Ho visto e fatto tanto, e niente mi ha ucciso al guadagnare - diventa difficile. Noi donne siamo abituate a guadagnare meno, a ricevere meno benefit: svantaggio che diventa vantaggio in vecchiaia. Gli uomini no. Invecchiare bene per loro è difficile». «In realtà succedono cose molto interessanti, per uomini e donne, durante quello che io chiamo il “terzo atto”. Dipende dal gioco degli ormoni, estrogeni e testosterone, presenti in entrambi i sessi, in proporzioni ovviamente diverse. Il testosterone è l’ormone “guerriero”; gli estrogeni hanno a che fare con l’attaccamento, l’affettività. Con l’età, nelle donne cala il livello di estrogeni e si fa più evidente il ruolo del testosterone. Risultato, diventano più forti e assertive. Nei maschi cala invece il livello di testosterone e aumenta il gioco degli estrogeni: all’improvviso questi uomini, che magari da giovani erano stati padri mediocri, diventano nonni meravigliosi, che adorano i nipoti. Io l’ho visto succedere a mio padre: con i miei figli è stato tenerissimo. Mi sono ritrovata a pensare: Non mi ha mai presa in braccio, non ha mai giocato così con me, e guardalo ora. A Hollywood è abbastanza normale che uomini di 70 anni sposino donne più giovani di 30 anni, e quando hanno figli diventano padri meravigliosi». Ok, ma cosa c’entra con il sesso?

«Dico questo perché è importante che una donna sappia cosa succede all’uomo che ama quando lui invecchia. Tanto le soluzioni dobbiamo sempre trovarle noi. Bisogna essere comprensive, e capire che se gli stiamo vicine possono farcela. Possono diventare nostri amici più di quanto siano mai stati. In vecchiaia, la guerra tra i sessi può diventare una grandiosa pace». Non dei sensi, a giudicare dallo spazio che ha dedicato al sesso nel libro.

2012 88 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

1968

Anche perché il sesso diventa più problematico.

«Tanta gente si è sorpresa di questo. Però voglio essere chiara: molti a una certa età smettono di pensarci, e va benissimo. Nessuno dovrebbe sentirsi “in ob-

1970

2011 È la “generatività” di cui parlava lo psicanalista Erik Erikson.

1979 CAMALEONTICA JANE 1968: l’attrice nei panni di Barbarella. 1970: durante un discorso a Washington per il ritiro delle truppe americane dal Vietnam. 1979: lancia in tutto il mondo il culto dell’aerobica. 2011: un bacio al suo attuale compagno, Richard Perry. 2012: a Cannes come testimonial per L’Oréal

bligo” di fare sesso: se per una persona la questione è chiusa, se è soddisfatta di quello che ha avuto e non ne desidera più, perfetto. Ma se continui a desiderare anche l’aspetto sessuale dalla persona che ami, devi assolutamente sapere che cosa sta succedendo al tuo corpo. Perché i cambiamenti ci sono eccome, e hanno grande impatto sul corpo e sulle emozioni. Gli uomini per esempio dovrebbero capire come usare Viagra o Cialis, visto che hanno la fortuna di averli a disposizione: aiuti meravigliosi, a patto di sapere che non sono la soluzione a tutto e bisogna saperli gestire. Molti ingoiano una pillola e poi chiamano a gran voce la moglie: Ehi, tesoro, sono pronto!». Non è il massimo dell’erotismo.

«È catastrofico. Voglio dire, è bellissimo che ci sia una pillola che li metta in condizione di funzionare, ma non basta: bisogna che capiscano i desideri femminili, le nostre necessità affettive, il bisogno di delicatezza. A una certa età abbiamo tutti bisogno di più tempo, più fantasia,

Foto pag. 84-85: Getty Images, Corbis, Contrasto pag. 86-87: Getty Images (2), Corbis

femminile è fatta di continui cambiamenti: da quelli ormonali (il ciclo, la gravidanza, i figli, la menopausa), ai cambiamenti che affrontiamo adeguando le nostre vite a quelle dei nostri uomini. Poi i figli crescono e se ne vanno, e le donne non fanno che cambiare per adattarsi a nuove situazioni, più degli uomini. Invecchiando, questa plasticità diventa una forza: perché quasi tutto ci è già successo. Sappiamo che possiamo farcela. Invece gli uomini hanno una perdita di status e d’identità fortissime: finisce il lavoro, non sei più importante agli occhi degli altri, non sei più il Numero Uno. Per loro l’identità coincide con la posizione sociale, sono valutati sulla base dei successi professionali, di quanto guadagnano, la stessa virilità si fonda su questo. All’improvviso invecchiano, e a tutti i livelli - dal far l’amore

più stimoli, più gentilezza. Noi donne invece dovremmo capire che per gli uomini la stimolazione visiva è essenziale, per cui è ok guardare insieme dei porno. Ormai ce ne sono molti pensati per piacere anche alle donne, quindi perché no? Anzi, scegliamo noi quelli più eccitanti. Va bene tutto ciò che aiuta un uomo a riuscire a far l’amore, e tutto ciò che aiuta una donna a sentirsi accogliente. Anche perché, proprio per i cambiamenti ormonali, a questa età una donna ha meno reticenze. Riesce più facilmente ad esprimere i suoi desideri, conosce il suo corpo e non ha più paura di chiedere quello che vuole. E l’uomo che ha accanto è diventato più dolce e comprensivo di quanto fosse da giovane». Detta così, la vecchiaia sembra la nuova età dell’oro.

«Se si conosce il proprio corpo, il sesso

nella terza età può essere il migliore di tutta la vita. Comunque suggerisco di procurarsi quintali di candele: la loro luce fa miracoli sul corpo di una donna. Io le metto dappertutto, intorno alla vasca, al letto, di tutte le misure e colori e profumi. Ogni posto può essere giusto per il sesso». Lei è il manifesto vivente della felicità del “terzo atto”. Però non è così per tutte.

«Per molte con la menopausa comincia un periodo difficilissimo. Anche a me sembrava di impazzire, avevo perso il senso di me stessa. Succede a tutte, ma se ne esce. Restando tranquille, accanto a persone che ci facciano stare bene, leggendo libri che aiutino a capire. Pregando magari, o meditando. È una buona cosa coltivare la propria spiritualità, la quiete. Da questo periodo si rinasce, come fenici. Il nostro vecchio Io si consuma, e tra le sue ceneri nasce la nostra nuova vita. Dai terreni su cui è divampato un incendio spuntano fiori che non nascono da alcuna altra parte, bellissimi. Si invecchia e si diventa migliori. Imparando a prendersi più cura degli altri, passando saperi e valori ai più giovani».

«Che meravigliosa parola: contiene generosità e capacità di generare. Chi sa andare oltre se stesso, passare qualcosa alle giovani generazioni e farsi mentore, invecchia felicemente. Katharine Hepburn ne è stata esempio perfetto. Mi prese sotto la sua ala durante le riprese del film “Sul lago dorato”, cercò di insegnarmi delle cose. Non sopportava che io non curassi il mio aspetto. A me non importava nulla di come apparivo, e lei cercò di farmi capire quanto conta il modo in cui ci presentiamo al mondo». Secondo lei c’è intelligenza nella bellezza?

«L’intelligenza rende più belli. Le donne più belle cui io possa pensare sono Simone Signoret e Anna Magnani. Non erano belle nel senso tradizionale del termine, ma erano molto più che belle: avevano una luce negli occhi». La bellezza crea dei doveri?

«Bisognerebbe chiederlo a Brigitte Bardot o a Sophia Loren. Io non sono mai stata una bellezza. Certo per la mia età ho un bell’aspetto, ma non mi sono mai sentita una bellezza. Il privilegio che ho sempre sentito di avere, piuttosto, è quello di essere la figlia di Henry Fonda. Un uomo con grandi valori, anche se lui non me ne parlava mai: ha sempre voluto interpretare personaggi che credevano nella giustizia. Del resto il nome Fonda è un nome italiano e i miei avi nel 1500 hanno dovuto lasciare l’Italia, Genova, perché erano ribelli. Hanno dovuto rifugiarsi in Olanda per le loro idee, cosa di cui sono orgogliosissima. Questo è stato il mio privilegio, questo mi ha imposto doveri: essere una Fonda». ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 89


n. 23 - 7 giugno 2012

Cultura LUTTO A LIETO FINE

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JUDITH MALINA: LA MIA VITA PER IL TEATRO

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IL VIOLINO DI VENGEROV

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UN GARRONE NON FA PRIMAVERA Festival

Nel segno di Patti Smith

Fotografia

Com’è malinconica LA RIVOLUZIONE

Gli eroi non dovrebbero invecchiare mai, altrimenti smettono di essere eroi. Lo dice Adriano Sofri nella prefazione a “Cina e Cuba. Doppio Rosso”, un libro di fotografie scattate da Neige De Benedetti (Skira editore) nei due Paesi simbolo della generazione ribelle, ormai invecchiata appunto, di cui Sofri fa parte. Intanto, le immagini (saranno esibite a partire dal 14 giugno alla Feltrinelli di Milano - presentazione di Francesco Jodice, Gad Lerner e Giampaolo Visetti altro autore dei testi del libro - e poi in altre Feltrinelli in giro per l’Italia) hanno una particolarità: sono scattate da una ventitreenne. Un libro quindi che unisce la versione di coloro che di quelle rivoluzioni avevano subìto il fascino allo sguardo di una giovanissima donna che non ne ha memoria e che le osserva quando sono ormai invecchiate e non più eroiche. Ma, che cosa vede davvero la fotografa mentre gira per le città e i villaggi della Cina e di Cuba? Per rispondere a questa domanda occorre partire da un paradosso insito nel fotografare le rivoluzioni. Da un lato le foto ci fanno vedere solo e soltanto il passato (come insegna Susan Sontag), ma dall’altro, chi cerca testimonianze delle rivoluzioni vuol evidenziare le potenzialità del futuro. Neige De Benedetti quel paradosso lo risolve con realismo e malinconia (e con molta empatia verso gli oggetti fotografati). E basta guardare l’immagine in questa pagina. È stata scattata a Sancti Spiritus. Le tracce della rivoluzione che voleva recuperare la dignità di un popolo si notano: le donne sono belle, la povertà è serena. La visionarietà dell’avvenire appartiene invece al passato: sostituita da una quotidianità priva di illusioni. W. G.

Il Neapolis trasloca e stringe una partnership con il Giffoni Film Festival, la celebre kermesse dedicata al cinema per ragazzi. Dopo 15 anni il più importante festival rock del Meridione lascia Napoli per Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno. I due eventi culturali si terranno assieme il prossimo mese di luglio con una formula innovativa che metterà assieme musica e cinema: e uno sguardo puntato sulle giovani generazioni. C’è grande attesa per Patti Smith, la poetessa rock che il 19 luglio salirà sul palco con la sua storica band (Lenny Kaye alla chitarra, Jay Dee Daugherthy alla batteria, Tony Shanahan al basso) per presentare, accanto ai grandi classici degli anni Settanta, anche i brani del suo nuovo album “Banga”. Ma non solo: la sacerdotessa del punk si racconterà ai partecipanti del Giffoni Masterclass in un incontro in cui svelerà il suo spirito inquieto e curioso che l’ha portata a esplorare negli anni diverse forme di creatività: dalla musica alla fotografia alla scrittura. Roberto Calabrò

Monumenti

Bentornato San Giovanni San Giovanni Battista “rientra” nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli. La statua, realizzata da Giuseppe Ducrot, torna al suo posto, nella nicchia di San Bruno, a 116 anni dalla distruzione di quella originaria di Jean Antoine Houdon, per iniziativa di Fondaco Roma e Thun per l’arte, con l’obiettivo di incrementare le joint venture pubblicoprivato per conservare il patrimonio artistico. Realizzata sulla base della copia in possesso del Museo di Villa Borghese: il volto del Santo è di tre quarti verso l’osservatore, il corpo semicoperto dalla pelle di capra di ispirazione barocca, la chioma e la barba fluenti di un uomo che aveva poco a che vedere con le questioni terrene. B. C.

IN ALTO: SANCTI SPIRITUS lE ’ spresso | 91


Cultura In testa alle classifiche dei bestseller. Lodati dalla critica. Una valanga di libri raccontano vicende intime fino a poco tempo fa considerate “indicibili”. E hanno un travolgente successo. Ecco perché DI ANGIOLA CODACCI-PISANELLI

92 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

a lieto fine

Foto: Lea Crespi - LuzPhoto, J. Bauer - LuzPhoto, H. Assouline - Opale / LuzPhoto, L. Cendamo - Blackarchives

TRAGEDIE

D

a quasi tre mesi è in testa alle classifiche italiane dei bestseller: e sarà di certo uno dei libri più letti dell’estate “Fai bei sogni” di Massimo Gramellini (Longanesi), appena presentato al Teatro Franco Parenti di Milano e atteso a Roma il 21 giugno, nella serata di chiusura del festival Letterature. È facile prevedere che lo raggiungerà presto, seppur dalla classifica degli stranieri, “Niente si oppone alla notte” di Delphine de Vigan (Mondadori), uno dei libri più lodati dalle recensioni di questi giorni. Chissà se diventeranno longseller come “L’anno del pensiero magico” di Joan Didion (il Saggiatore): boom mondiale nel 2006 portato a teatro da Vanessa Redgrave in inglese e da Stefania Rocca in italiano, un successo che non

DA SINISTRA: PHILIPPE FOREST; JOAN DIDION; DELPHINE DE VIGAN; MASSIMO GRAMELLINI

accenna a diminuire, rinverdito di recente da una seconda parte intitolata “Blue Nights” (sempre edito dal Saggiatore). Tre libri, tre nazioni, tre autori molto diversi uniti da uno stesso tema: un lutto in famiglia, un dolore di quelli che un tempo si sarebbe detto “indicibile”. E che invece oggi si dice, eccome. Anzi, si scrive. E si legge volentieri. E quindi si vende bene. «Mia madre era blu, quando l’ho trovata in casa sua quel mattino di gennaio», esordisce la de Vigan. E poi precisa: «Di un blu pallido misto a cenere, con le mani stranamente più scure del viso, come se fossero macchiate d’inchiostro sulle falangi». E va avanti così per 300 pagi-

ne, con la padronanza di stile che ne ha fatto una delle autrici più amate di Francia, a cercare nelle pieghe della tragica vita di sua madre - tra la morte del fratellino più amato e un sospetto di incesto - le radici di un gesto tragico che però, almeno, le ha permesso «di morire come desiderava: “da viva”». Gramellini invece nel suo libro rivive la morte di sua madre due volte: nel bambino di otto anni che rimane orfano all’improvviso, e nel giornalista quarantenne che scopre nero su bianco, in un vecchio ritaglio del “suo” giornale (“La Stampa” di cui è vicedirettore), che a portargli via la madre non è stata una malattia, ma una decisione. Dopo trentadue anni di bugie pietose, la campana di vetro in cui la famiglia ha fatto vivere quell’eterno bambino si spezza. Deve aver trovato qualcosa di sua ma7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 93


Cultura

Nella filosofia AUTENTICI MA NON SEMPRE SINCERI

Nel cinema AMORE FINO ALLA VITTORIA

Vanno forte i romanzi che raccontano storie intimissime: libri sinceri e autentici, si direbbe. Ma che cos’è la sincerità? Secondo gli antichi filosofi sincero è colui che nell’agire e nel parlare esprime con assoluta aderenza ciò che sente nel proprio intimo, appunto. La sincerità, spiega il filosofo Andrea Tagliapietra, nell’omonimo saggio appena pubblicato da Cortina, non è però l’autenticità. Essere autentici significa essere fedeli a se stessi, anche a costo di diventare crudeli, violenti, passionali, e persino folli. Oggi, nelle relazioni interpersonali ciò che ci viene chiesto, e persino imposto, è la sincerità, mentre nel campo della socialità diffusa in cui viviamo, paga di più l’autenticità. Viviamo dentro questa dicotomia, a tratti schizofrenica; da un lato, l’etica del talk show, l’affermazione pubblica della propria irriducibile individualità; dall’altro, la società cerca di tenere a freno queste manifestazioni perché il conflitto delle individualità minaccia il Noi su cui si regge la società medesima. L’individuo è divenuto un campo di battaglia. Sembra che il segreto che ciascuno di noi occulta dentro di sé - nevrosi, desideri, angosce, perversioni - non chieda altro che di rivelarsi, funzionando così come una liberazione, e insieme

E anche il cinema affronta il tema più scabroso possibile: un figlio malato di cancro. Roméo (Jérémie Elkaïm) e Juliette (Valérie Donzelli): come in una favola d’amore, si chiamano così i protagonisti di “La guerra è dichiarata”. I due si incontrano per caso in un locale pubblico pieno di musica, si stupiscono a vicenda dei loro nomi suggestivi e con allegria ne accettano fino in fondo le conseguenze: si amano, si sposano, hanno un figlio cui mettono un altro nome suggestivo, Adam. Nomi a parte, Valérie e il suo ex compagno raccontano la loro storia. E anche quel che segue è in parte autobiografico. Quando il bambino ha 18 mesi, Roméo e Juliette scoprono che ha un cancro al cervello. Il film della giovane regista francese (la Donzelli, appunto), il suo quarto, potrebbe essere il racconto drammatico e tetro della malattia di Adam e del dolore dei suoi genitori. È invece una dichiarazione d’amore per la vita, e anzi d’un desiderio di vita coraggioso, ostinato. È questo desiderio paradossalmente gioioso che spinge Roméo e Juliette alla loro guerra, e che li porta alla vittoria. Il nemico è subdolo e ambiguo. Sta nascosto nel corpo del figlio, e in qualche modo è il figlio stesso. Lo è ancora prima che la malattia si manifesti, quando Juliette solo ne sospetta la presenza in più d’un comportamento di Adam, e quando la passione tra lei e Roméo comincia a essere disturbata da quel bambino che piange, che si muove in modo strano, che fatica a parlare. Da questo i due devono difendersi: non solo dal grumo di cellule che cresce nella testa di Adam, ma anche dal disamore che il figlio fa nascere in loro e dalla cupezza luttuosa che s’addensa sulle loro vite. A tutto ciò dichiarano guerra, appunto. Le armi di cui dispongono sono poche, incerte e precarie. Ora si tratta di una disperata capacità di sperare. Ora della scelta azzardata di spostarsi da Parigi a Lione, e poi da Lione a Parigi, rincorrendo l’ospedale migliore e il chirurgo più bravo. E però sempre l’arma efficace è la forza che traggono dal loro amore, consumandolo. Quando alla fine il nemico è vinto, Roméo e Juliette sono un uomo e una donna adulti, padroni di sé. Alla favola si è sostituita la realtà.

DI MARCO BELPOLITI

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mentre la loro unica figlia è in ospedale e comincia una sua lenta agonia. Certo i lettori sono una razza strana: chi li avrebbe immaginati, in questo scavallamento di millennio, così assetati di tragedie altrui? Non chiamiamo in causa il voyeurismo da talk-show: perché chi compra i cinque libri che Philippe Forest ha dedicato alla morte della figlioletta di quattro anni uccisa da un cancro non sono gli stessi che si abboffano di lacrime altrui davanti ai teleschermi. Probabilmente ha ragione Isabella Bossi Fedrigotti, quando scrive che il successo di un libro come “Fai bei sogni” si spiega con il suo essere, paradossalmente, un romanzo a lieto fine, «la storia di un lutto che, sia pure dopo molti anni, trova pace». Gli psicologi la chiamano “resilienza”, un termine preso in prestito dalla metallurgia per indicare la capacità di

ALIX KATES SHULMAN. SOTTO: ISABEL ALLENDE

resistere ai traumi e uscirne rafforzati. Forse non tutti gli editori conoscono questa parola, ma sanno che il fenomeno è vincente, almeno in libreria: lo scrittore che vive un lutto e lo racconta bene è una gallina dalle uova d’oro. Fin da Isabel Allende, che con il suo “Paula”, nel 1995, ha segnato un precedente inimitabile. “Paula” (Feltrinelli) era davvero una “storia a lieto fine” nel senso della Bossi Fedrigotti. Al racconto della malattia crudele e della morte della figlia ventinovennenne di quella che era già una romanziera famosissima, seguì un libro che raccoglieva commenti e sfoghi delle lettrici che in qualche modo si erano immedesimate nella vicenda. Da questa autocoscienza collettiva, autrice e lettrici uscirono rinfrancate, pronte a buttarsi nelle pagine di “Aphrodita”, tra una ricetta afrodisiaca e il sogno di un Antonio Banderas nudo su

Foto: M. Ettlinger - Outline / Corbis, A. Benedetti - Corbis

dre, Gramellini, in uno dei casi cinematografici del 2002, “Un’ora sola ti vorrei” di Alina Marazzi: quel bellissimo collage di filmini di famiglia che la giovane studentessa di cinema trova in un armadio che il nonno cineamatore non le aveva mai permesso di aprire, scoprendo un’immagine mai vista della sua mamma bellissima e infelice. Al centro di “Fai bei sogni”, però, come in “Domani in battaglia pensa a me” dello spagnolo Javier Marias, non c’è né chi muore né chi soffre, ma un personaggio inesistente: quello che il narratore sarebbe diventato se avesse saputo subito la verità. Difficile immaginare per Gramellini un’evasione nel “Pensiero magico” che ha salvato la Didion dal soccombere alle due tragedie familiari che l’hanno colpita in pochi mesi: il marito che muore d’infarto sotto i suoi occhi,

DI ROBERTO ESCOBAR

una riuscita. E tuttavia l’outing continuo, la confessione pubblica di sé, così evidente anche in tanti romanzi di successo, appunto, produce omologazione: la ricerca ostinata dell’autenticità e della sincerità ci rende stereotipati e prevedibili. I social network mettono a frutto questa propensione alla logorrea. Facebook utilizza in modo remunerativo la nostra vocazione a dire tutto ciò che pensiamo, «facciamo, ricordiamo e persino che abbiamo dimenticato, quello cui non pensiamo o che pensiamo di non pensare», come ebbe a scrivere in modo preveggente Michel Foucault. Come ci ricorda Tagliapietra, si tratta sempre di “presunte verità”, dal momento che le verità nascoste esibite non sono mai veri segreti, bensì ciò che la società dello spettacolo s’aspetta che ciascuno dica o faccia. Il vero nemico con cui gli individui che vogliono essere davvero autentici oggi devono fare i conti è quindi il conformismo. L’ultima parte del libro non a caso è dedicata proprio al teatro della verità, quel piccolo o grande palcoscenico su cui ciascuno di noi si trova quotidianamente a recitare. Ma allora cosa sarebbe la sincerità? Il difficile e arduo lavoro su se stessi, scrive Tagliapietra, alla ricerca del tesoro nascosto dell’esperienza personale. È il rifiuto di andarsene in silenzio, senza aver provato a lasciare una traccia di sé nella storia e nella vita degli altri.

una tortilla, condito con guacamole e salsa piccante. Il periodo però non era propizio alle imitazioni: l’autobiografia rimaneva un genere minore, inviso agli scrittori “veri” come ai lettori forti, e “Paula” restò l’eccezione che confermava la regola. Forest e Didion, Gramellini e De Vigan invece si innestano su un’onda che negli ultimi anni ha portato in libreria una quantità cinicamente esagerata di malati, moribondi e morti, romanzati ma ancor di più autobiografici. La novità è che oggi la parola è tornata ai sani. Se lo scultore Scott York cade da un soppalco e si rompe la testa, è sua moglie a raccontare la storia del lento e faticoso recupero della memoria e dell’amore coniugale. La fortuna è che lei, Alix Kates Shulman, è una brava scrittrice. Nel “Senso dell’amore” (Einaudi Stile Libero), il lieto fine è chiaro fin dall’inizio.

Non tanto quando la Shulman scrive: «Mio marito è caduto giù da un soppalco posto a più di due metri e mezzo d’altezza e non è morto», ma quando spiega: «Come chiunque abbia superato una certa età, avevo il presentimento che qualcosa di tremendo stesse per accadere, e la sensazione era ancora più inquietante perché non sapevo quale forma avrebbe assunto e se, quando si fosse verificato, mi sarei dimostrata all’altezza o sarei crollata». La cosa tremenda è successa, ma il libro è lì a dimostrare che l’autrice “è stata all’altezza”. Quindi anche per il lettore c’è speranza. È quello che sente lo spettatore di “La guerra è dichiarata” (vedi riquadro), allietato da un doppio lieto fine: non solo il bimbo guarisce, ma i genitori non perdono la speranza né l’energia. Angelo Morino invece no, non è stato all’altezza. Come il Manzoni dell’inno per

la morte della moglie interrotto dalle parole “Cecidère manus”, un’epigrafe alla mano che crolla di fronte a un dolore indicibile, così anche questo intellettuale e traduttore colto e raffinato non è riuscito a raccontarla, la morte di sua madre. “Il film della sua vita” (Sellerio) esce solo ora, incompiuto ma arricchito da una postfazione di Vittoria Martinetto, a cinque anni dalla morte dell’autore. Racconta un rapporto di amore sofferto e profondo che sembra chiarirsi solo quando alla madre viene diagnosticato un cancro. E si chiude su un appunto tragico: la muta preghiera della madre che spinge il figlio a cercare di nuovo i pusher noti dagli anni della sua tossicodipendenza, per procurarle una pietosa overdose. Non sapremo mai cosa è successo davvero. A Morino qui “cecidère manus”. E le mani del lettore chiudono il libro, con discrezione. ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 95


Cultura

Foto: C. Felver - Corbis, GettyImages

S

Che teatro

i chiama “Love & Politics” è sarà proiettato in anteprima europea al Biografilm Festival, in programma a Bologna dall’8 al 18 giugno. Il pregio di questo docu-film (che a fine aprile ha aperto il Tribeca Film Fest di New York) è l’incontro tra un regista esordiente e la più importante donna del teatro d’avanguardia del Novecento. Lui è Azad JafaCOLLOQUIO CON JUDITH MALINA DI ALESSANDRO AGOSTINELLI rian che ha desiderato raccontare questa storia e soprattutto ha scommesso su un’attrice di 86 anni (li lo sapere qualcosa in più dei suoi inizi, del- te umane. Io invece sono nata per conticompie il 4 giugno: auguri), anarchica, la sua vita prima dell’incontro con Julien nuare la carriera di attrice di mia madre anticonformista e intemperante verso ce- Beck. Rose e studiare con Erwin Piscator. Era lebrazioni e promozioni mediatiche. Ju- «Ho appena pubblicato negli States, un tedesco che creò il teatro moderno e dith Malina, insieme al marito Julien “The Piscator Notebook” per l’editore politico insieme a Bertolt Brecht. PiscaBeck, nel 1947 ha fondato il Living Thea- Routledge, dove si trovano tante infor- tor era convinto che il teatro fosse la cotre, la compagnia teatrale sperimentale mazioni su quegli anni. Mi piace raccon- sa più importante al mondo: uno struamericana che ha rivoluzionato il mondo tare la storia di mio padre, il rabbino mento politico, artistico e rivoluzionadello spettacolo: meeting nudisti con Max Malina. Max fondò la congrega- rio. E io faccio teatro da 65 anni». azioni sceniche in spazi all’aperto, trai- zione ebraica tedesca e lavorò con Albert Quanti giovani lavorano al Living a New ning quotidiano degli attori con diete ve- Einstein per sostenere la comunità di im- York? Trova in loro la stessa passione che getariane, sit-in pacifisti organizzati come migrati e parlare a nome degli ebrei mi- c’era tra i ragazzi negli anni Settanta? performance attoriali, fine della sperazio- nacciati dal regime nazista, molto prima «Sono quasi 30 giovani e trovo in loro ne tra vita e spettacoli, tra pubblico e in- di essere accettato e compreso in Ameri- sempre più forza e passione. Potrei dire terpreti sul palcoscenico. Nell’America ca. Il rabbino Malina unì in matrimonio che la nostra compagnia è un insieme gemaccartista e bigotta degli anni Cinquan- anziane vedove ebree americane a giova- nerazionale di attori e artisti fantasticata il Living, per primo, cominciò un’atti- ni uomini tedeschi in modo da poter as- mente diversi». vità definita “sovversiva”, perché tesa a sicurare loro il diritto d’ingresso negli Il suo stile di vita e quello di Julien Beck nel creare uno strumento politico per cam- States, e di fuggire - assieme ai loro pa- cibo, nella politica e nell’amore è stato un biare il mondo. Dopo la morte di Beck nel renti - da Hitler. Così ha salvato molte vi- metodo non solo per il Living. Cosa può fare 1985, Malina proseguì il lavoro oggi il teatro? MALINA IN UNA MANIFESTAZIONE NEGLI ANNI ’70. del Living insieme al compagno JUDITH «Può dare alle persone speranza e coragIN ALTO: UN RITRATTO DELLA REGISTA E ATTRICE Hanon Reznikov fino a quando gio. Può esplorare nuovi modi per migliomorì anche lui nel 2008. Ma Marare le nostre potenzialità in quanto esselina è rimasta attiva nel teatro delri umani. Ancora oggi il nostro lavoro è l’East Village di Manhattan. E noquello di usare il teatro per convincere la nostante qualche problema di sagente a lottare per un mondo diverso, e lute e i continui alti e bassi econoguidarla in una bellissima rivoluzione mici di questo centro di sperimenanarchica, che prima o poi verrà». tazione teatrale, prosegue il sogno Lei e Hanon Reznikov avete portato la filodella rivoluzione anarchica non sofia del Living in tutto il mondo. Dove ha troviolenta insieme a un piccolo grupvato più interesse? po di giovani attori. Abbiamo avu«In Italia e in Brasile. Ma poi sono torto la possibilità, nonostante le sue nata a New York dicendo che in Italia ci note riserve a parlare con i giornaconoscono bene, il teatro sperimentale li, di interloquire con Malina e l’initaliano ci ama e ci ha dato tanto, ma tervista, iniziata a monosillabi, si è New York oggi ha bisogno di noi. È in poi aperta in un affresco sul teatro questa capitale dell’impero che si deve e sul mondo attuale. lavorare». Conosciamo molto della storia del Living Theatre, mentre sarebbe bel-

L’ANARCHIA

La mitica fondatrice del Living spiega come e perché cambiare il mondo. E racconta i suoi sogni

Che cosa pensa del nostro teatro, chi sta facendo opere che le piacciono? 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 97


Cultura

«Motus, un’eccellente compagnia teatrale. Silvia Calderone, che fa parte di quella compagnia, è poi una delle attrici più brave che io abbia avuto il piacere di incontrare. Vederla recitare la storia del Living Theatre è un sogno (si riferisce allo spettacolo “La scena feroce - Nel segno del Living”, ndr.). Nella storia del teatro, nell’ultimo secolo, abbiamo conosciuto alcune grandi compagnie sperimentali: Living Theatre, Odin Teatret, Peter Brooke, Teatr Laboratorium di Grotowski, CSRT Pontedera. Lei ha collaborato con alcuni di loro. Quale altro progetto è nato dopo queste esperienze?

«Ci siamo fatti nuovi amici al Gusomhetens Teater (teatro delle crudeltà) a Oslo. Hanno lavorato con caparbietà su Antonin Artaud per vent’anni. E poi vorrei segnalare un personaggio eccezionale, Lars Oyno, che abbiamo appena ospitato nel nostro teatro al 21 di Clinton Street nell’East Side di Manhattan». Molti la ricordano con Al Pacino, nel 1975, in “Quel pomeriggio di un giorno da cani” e pochi anni fa in un cameo nella serie “ER” con George Clooney. Lei ha frequentato il cinema e i suoi divi. Cosa pensa delle star coinvolte in politica?

«Penso che tutti debbano essere coinvolti nella politica, che siano star del cinema, camerieri o disoccupati. Piscator ripeteva che se non si ha nulla da dire bisogna farsi da parte e lasciare spazio a qualcuno che ce l’ha. E non tornare finché non lo si trova». Cosa pensa degli Stati Uniti? Sono ancora il Paese all’avanguardia della cultura?

«Abbiamo bisogno di una rivoluzione. La gente deve capire che una cultura forte può rendere la comunità coesa. Sì, credo comunque che gli Stati Uniti siano ancora in grado di insegnare quanto sia importante la cultura per la società».

Foto: S. Grigory - Corbis

Ci racconta la sua vita quotidiana? Che cosa fa durante il giorno?

«Lavoro su nuovi spettacoli giorno e notte. Altrimenti cerco di fare al meglio il lavoro di reperimento di fondi per il Living. Non sto davanti al computer o al telefono. Piuttosto scrivo lettere. Scrivo il mio diario giornaliero che ho tenuto per tutta la vita e dirigo il teatro assieme con Tom Walker e Brad Burgess, i miei direttori artistici associati. Questo insieme al meraviglioso gruppo di attori e artisti che vanno e vengono al Living ogni settimana». ■

CANTA IL VIOLINO Maxim Vengerov e il mito della scuola russa al Tuscan Sun Festival DI RICCARDO LENZI

G

ià solo vedendo suonare Maxim Vengerov, trentottenne violinista siberiano, formidabile solista che l’11 giugno inaugurerà nel nome di Mozart il Tuscan Sun Festival a Firenze, si intuisce la tipicità della scuola russa: gli occhi chiusi, concentrati, come a delibare la musica eseguita, la raffinata tecnica della mano sinistra, il corpo nella posizione più comoda possibile, con le gambe leggermente divaricate in modo che i piedi si trovino in linea con le spalle, il violino tenuto in posizione alta, ossia con il fondo appoggiato sulla spalla sinistra e con la chiocciola (l’estremità del manico dello strumento) all’altezza del naso. Così Vengerov riesce a trovare una straordinaria tavolozza di suoni e di colpi d’archetto e fa “cantare” il suo violino anche nei passaggi più virtuosistici, mettendo la perfezione esecutiva al servizio dell’espressione musicale. Ammette con semplicità a “l’Espresso” il suo debito nei confronti dei grandi violinisti russi del passato. «Da quando avevo cinque anni ascolto e studio con i dischi e i filmati il grande David Oistrakh: è stato uno dei musicisti più naturali e dotati, un re del violino, con una poderosa presenza scenica. Possedeva una straordinaria capacità di dare gioia al suo pubblico di ogni parte del mondo con il calore del suono unito all’eccezionale abilità tecnica. Egli incarna il vertice supremo del rigore e del rispetto per la musica». Dunque esistono ancora le scuole violinistiche, c’è la speranza che i suoni non si omologhino. «Ho eseguito i miei primi concerti in Inghilterra, Francia, Polonia e Italia quando avevo tredici anni», chiarisce Vengerov: «Certo, con il passare degli anni ho notato che l’influenza della scuola russa si mescola con le altre culture, anche in considerazione del fatto che alcuni dei suoi insegnanti vivono e insegnano nel re-

MAXIM VENGEROV

sto del mondo. Ma ancora oggi una sua tradizione di stampo conservatore esiste, all’interno dei confini nazionali. Devo però anche confessare che non credo in assoluto a un’omologazione del suono. Ogni interprete possiede una voce propria e credo che non sia importante quanto si studi o che insegnante si abbia. Ognuno ha una voce diversa quando parla e rende grazia al Signore». Vengerov non è solo un grande violinista, apprezzato da direttori come Abbado, Barenboim, Mehta o Pappano. È un musicista a tutto tondo: strepitoso suonatore di viola, curioso direttore d’orchestra e conoscitore della musica contemporanea. «Ogni tre o quattro anni cerco di eseguire una nuova commissione. La mia ultima è stata quella di un compositore russo, Benjamin Yusupov, intitolata “Viola Tango Rock”. Ne ho eseguita una parte con un violino elettrico e ho dovuto danzare con una partner in una parte dell’opera. In Germania è stato un successo. Nuove commissioni sono importanti per la musica tutta. Il repertorio violoncellistico, per esempio, non sarebbe quello che è oggi senza Rostropovich, che ha ispirato Britten e Sciostakovich». Qual è la dote primaria che richiede a un direttore d’orchestra che l’accompagna? «Dipende da quello che viene eseguito. Per alcuni concerti, come quello di Ciaikovskij, il ruolo del solista deve essere più rilevante rispetto all’orchestra. In questa circostanza il direttore ha bisogno di una maggiore sensibilità per non sopraffare il solista. Nelle opere di Beethoven, Brahms e Sibelius il rapporto fra il solista e l’orchestra deve essere più bilanciato e il conduttore deve equilibrarlo». ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 99



Cultura A scuola dai francesi

COLLOQUIO CON RÉGINE HATCHONDO DI ALESSANDRA MAMMÌ

Sorride Régine Hatchondo, direttrice di Unifrance, nella foto e nella vita, perché anche se la Francia non ha trionfato a Cannes, è stata solo persa una battaglia ma non la guerra. Sul fronte cinema la guerra la Francia l’ha vinta da tempo, da quando nel dopoguerra è scesa in campo armandosi di strumenti intelligenti ed efficienti: il Cnc (Centre National du Cinema), che accentra, gestisce e ridistribuisce tutti i fondi dell’audiovisivo, e Unifrance, fondata nel 1949 che è l’agenzia di promozione del cinema francese in patria e nel mondo. Sono il braccio armato di una politica che si fonda, come dice Mme Hatchondo, su due pilastri: «Diffusion et production», quelli che hanno permesso alla Francia di diventare la prima cinematografia d’Europa e di avere un’espansione globale seconda solo a quella anglofona. Un tempo anche l’Italia aveva una produzione internazionale fatta di grandi autori e cinema di genere. Noi ci siamo perduti, voi siete cresciuti. Qual è il segreto? Vorremmo copiare. «La prima cosa è che in Francia il cinema è stato sempre difeso da qualunque governo, di qualunque

UN GARRONE NON FA PRIMAVERA H

abemus Nanni. E teniamocelo stretto. Non solo perché ha evidentemente lottato per premiare “Reality” di Matteo Garrone a Cannes. Ma perché senza di lui, senza il sostegno della Sacher, senza il suo indiscutibile prestigio internazionale, i fratelli Taviani con il loro meraviglioso e difficile “Cesare” forse non sarebbero arrivati al concorso di Berlino. «Dieci NanDI ALESSANDRA MAMMÌ ni Moretti ci vorrebbero per risolvere la crisi del cinema italiano», commenta sul-

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l’onda dell’entusiasmo il produttore Pietro Valsecchi. Ma sa anche lui che un Orso d’oro e una quasi Palma non bastano a rischiarare la preoccupazione, e i volti cupi che giravano sulla Croisette nei giorni del Festival. Dove c’è stato un film premiato, un altro (“Io e te” di Bertolucci) omaggiato da 12 minuti di applausi e standing ovation e poi... “tutto il resto è noia”. Non un documentario, un corto, un’opera prima, non una presenza strampalata in qualsiasi altra sezione del Festi-

Foto: Webphoto, X. Romeder

Produttori incapaci. Risorse scarse. Mancanza di organizzazione. Poca visibilità. Nonostante il premio a Cannes a “Reality” il nostro cinema è in crisi

REGINE HATCHONDO. NELLA FOTO GRANDE: MATTEO GARRONE SUL SET DI “REALITY”

val. Le nostre major (le solite due: RaiCinema e Medusa) si sono distinte per l’assenza al marché dove hanno comprato poco o niente. Le nostre pubblicazioni di settore mancavano dalle rastrelliere del Palais che grondavano di testate francesi, americane, inglesi ma anche ucraine, coreane, messicane più una trionfale versione di “Variety” in russo. E correvano allarmate notizie di film fermati da “Medusa” ai blocchi di partenza: la commedia stile “Full Monty” di Francesco Marti-

colore. Per noi è un bene comune, un patrimonio nazionale. Quindi è normale la presenza di una tassa di scopo che parte dalla tassazione dei biglietti su qualunque film di qualsiasi nazionalità siano. Ma che viene ridistribuita solo sul cinema francese. E analoghi prelievi vengono fatti sulla televisione e, da poco, anche sugli accessi Internet e su qualsiasi piattaforma sfrutti il cinema. Ma, per quanto fondamentale, un’azione puramente economica, non può bastare». Non a spiegare successi, dall’Oscar al blockbuster, come “The Artist” o “ Quasi Amici”. Su quali altri fronti agite? «Unifrance ha il compito di seguire il cinema francese nel mondo, organizzare rassegne ed eventi in Paesi emergenti, dal Brasile alla Corea, agevolare coproduzioni, accompagnare il mercato , lavorare sul Web dove ad esempio abbiamo promosso festival del cortometraggio digitale con un parallelo mercato digitale. Le televisioni poi devono mettere in palinsesto nelle prime serate film francesi, cosa che aiuta a creare uno star system nazionale. È necessario sostenere le sale, soprattutto quelle indipendenti che qui svolgono anche un lavoro culturale con proiezioni da cineteca. Perché sebbene s’imponga sempre di più il bisogno di trovare altri sbocchi e altre piattaforme, la sala resta centrale nel sistema cinema. Ma l’altro fronte importante è quello dell’educazione. Non solo il cinema è materia d’obbligo nelle scuole fin dalle elementari, ma abbiamo il dovere di preparare anche gli insegnanti con corsi e proiezioni presentate da critici, registi perché imparino a studiare e dunque insegnare come si guarda un film». Non siete un po’ protezionisti? «No. Sa che tra i film più studiati nelle scuole francesi c’è “Ladri di biciclette”? E da voi?».

NON SI FA SISTEMA. SI LITIGA SULLE DATE DEI FESTIVAL. E I FILM PRODOTTI DALLA RAI NON VANNO IN TV notti “3 uomini in buca 9” stoppata a 20 giorni dal ciak e il nuovo film di Paolo Virzì scivolato a data di destinarsi. Tutti a casa. Aiuto, Medusa sta chiudendo, la sede è già stata spostata a Milano, non compra e non produce. L’allarme scuote il mondo del cinema, più del default della Grecia. Medusa società del gruppo Mediaset è il più forte pilastro del nostro sistema. Produzione, distribuzione, home video, sale, una macchina che da anni domina il box office. Ma la crisi non

perdona. «Medusa non chiude. E non si sposta da Roma»: con voce rassicurante Giampaolo Letta, l’amministratore delegato, accusa l’accelerazione della crisi, il calo della pubblicità in Mediaset per poi ammettere che «è vero, si son dovuti rivedere i listini e il numero di film, sospendere gli acquisti esteri, ridurre i costi e i compensi più alti. Perché c’è una forbice troppo ampia fra il guadagno di alcuni attori e registi e i compensi delle maestranze. Ma soprattutto dobbiamo diminuire i 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 103


Cultura ALBERTO BARBERA.

tagli e accompagnarlo su tutte le A FIANCO: GIAMPAOLO piattaforme. Quel che manca non LETTA. NELLA FOTO sono i film, né i talenti. In Italia, GRANDE: BERNARDO BERTOLUCCI SUL SET mancano i veri produttori». DI “IO E TE” Tra privato e pubblico. E manca una forte presenza centrale. Il Cnc in Francia immette nel settore 750 milioni di euro che raggiungono tutte le ramificazioni del sistema cinema. Da noi, invece, è un sovrapporsi di competenze e finanziamenti tra regioni, ministeri, film commission. Poteri locali e settoriali si incontrano e scontrano con scarso coordinamento, e dispersione di risorse economiche e umane. «Non si fa siste- trale di coordinamento, né sulle risorse ma. Si litiga persino sulle date dei festi- né sulla pianificazione culturale. Quinval, vedi Roma-Torino», spiega Alberto di ognuno fa per sé, cerca i fondi dove Barbera, parte in causa in quanto tori- può, le produzioni si affidano alla fortunese e per la seconda volta direttore del- na e non alla strategia, una pianificaziola Mostra di Venezia. «Da quando è sta- ne didattica non esiste, mentre altri Paeto abolito il ministero dello Spettacolo si come l’Argentina o il Brasile investonon si è istituito nessun organismo cen- no moltissimo sulla formazione, noi

Foto: Webphoto, D. Scudieri - Imagoeconomica, Cerroni - Imagoeconomica

film». Sette - otto, non di più se ne potrà permettere nel 2012 il primo produttore d’Italia. E molti temono che a farne le spese sarà il cinema d’autore, mentre Medusa farà cassa con commedie sull’onda dei successi di “Soliti Idioti” o Checco Zalone coprodotti con la Taodue di Valsecchi il quale con sua solita energia ribatte: «Stupidaggini. Se si fanno solo commedie si inflaziona il mercato e si perdono soldi. Il pubblico non è stupido, vuole commedie e noir, film d’autore e di genere. Vuole cinema. Anzi: buon cinema». Tra Zalone e Garrone. E poi continua Valsecchi: «Sette, otto film l’anno vi sembrano pochi? Sono circa 2.400 cartelle di sceneggiatura da leggere, correggere, perfezionare. Tre settimane di distribuzione a film. Cinque milioni per titolo minimi, più 15 solo per copie e lancio. Se vogliamo ricominciare bisogna ripartire dal mestiere. Quello di un buon produttore significa saper far di conto, avere l’umiltà dell’artigiano, curare il prodotto nei minimi det-

non riusciamo a finanziare più neanche il Centro Sperimentale». In compenso trasformiamo lo storico Istituto Luce che con la gestione di Luciano Sovena ha prodotto film di tutto rispetto (da Saverio Costanzo a Alice Rohrwacher o “Le quattro volte” di Michelangelo Frammartino) in una non meglio identi-

ficata Italia in Luce, agenzia di promozione non più produzione, che con enfatico nome da ventennio è sostenuta da ben tre ministeri più Istituto Commercio Estero. Mission: esportare attraverso il cinema altri prodotti del made in Italy come moda-cibo-tecnologia. Ed ecco che tanta creatura viene presentata a Cannes con ministro (Ornaghi) e ambasciatori, tra il forzato ottimismo dei relatori e la perplessità degli astanti che vedevano sfumare ogni speranza per film con capre alla Frammartino e migranti di “Terraferma” che piacciono a Crialese. Ci vorrebbe uno Stato. E una tassa ad hoc. “Di scopo”, come si dice in gergo. Un prelievo dal biglietto che rientri al

cinema. O una lotta all’evasione del canone Rai dedicata a finanziare i film (e son tra i 600 e i 700 milioni, mica scherzi). E allora il pubblico produttore ovvero RaiCinema, secondo il suo amministratore delegato Paolo del Brocco, dormirebbe sonni tranquilli, potrebbe confermare la produzione che ancora con fatica mantiene per il 2012 e che tra corti e lunghi, operone e operine raggiunge i 40 titoli e fa girare un’immensa mole di lavoro. Ma non chiedetegli perché allora tanta fatica non venga imposta nei pubblici palinsesti in orari accessibili. Non chiedetegli perché la nostra tv non è tenuta a promuovere il cinema che pure produce. Non chiedeteglielo perché può solo rispondere che non dipende da loro. Ma dal giudizio insindacabile e autonomo dei direttori di rete. Proprio vero ci vorrebbe uno Stato, un ministero e anche un po’ di buon senso. ■


Cultura

CINQUANTA VOLTE

Fresu

Cioè cinquanta concerti per i cinquant’anni del trombettista. Ora in cinque Cd e un Dvd con “l’Espresso”

Foto: Luciano Viti

R

DI ALBERTO DENTICE

aggomitolato sullo sgabello, le mani strette attorno alla cornetta con una torsione delle braccia e del busto che ricorda la forza centrifuga di una pianta di vite, Paolo Fresu somiglia a una di quelle creature mitologiche di cui parla Ovidio nelle “Metamorfosi”. La sua Sardegna, del resto, è ancora un’isola in cui la dimensione ancestrale convive alla luce del giorno con la modernità: e basta pensare ai mamuthones, metà uomini metà animali. Ma per ritrovare una simbiosi così profonda tra l’uomo e la tromba è a Miles Davis che si deve guardare, un passato che il futuro non ha ancora raggiunto, ma che ha indicato la strada a chiunque sia stato folgorato da quel suono. Ovviamente anche a Fresu. Che a 11 anni entra nella banda musicale di Berchidda, suo paese natale. Seguono: il Conservatorio di Cagliari e la scoperta del jazz. Nel 1985 nasce il Paolo Fresu quintet. È solo la prima d’infinite compagini e innumerevoli incontri cui il trombettista ha dato vita o ha partecipato: più di 300 i dischi con formazioni e solisti di ogni cultura, surfando tra generi, stili e sonorità. Poi alla soglia dei 50 anni l’idea di festeggiare il compleanno riunendo insieme i fili di quella esperienza. Non con un unico concerto, come sarebbe stato normale. Anche se “normale” non è un aggettivo che gli si addice. Quindi perché non esagerare e organizzare ben 50 concerti, ognuno diverso dall’altro e ciascuno in un

luogo diverso della Sardegna? E perché al posto dei soliti teatri non eseguire i concerti, gratuiti, nei boschi, nelle basiliche, nei siti archeologici? E approfittare dell’occasione per portare la gente a scoprire luoghi nuovi avviando una riflessione sui temi caldi della Sardegna di oggi? «Sembrava un’idea folle», ammette Fresu, «ma ce l’abbiamo fatta». Una bella sfida. Non solo per il trombettista e i 250 musicisti provenienti da tutto il mondo. Anche per il pubblico e gli organizzatori. «La risposta è stata sorprendente: con punte di 5 mila spettatori, in tutto 100 mila, più altri 40 mila che hanno seguito in streaming», dice Fresu. Fra i momenti salienti gli piace ricordare il concerto

in trio con Richard Galliano, il concerto con la Vanoni, il duo con Paola Turci, le collaborazioni con il teatro di Ascanio Celestini e Lella Costa, il duo con Stefano Bollani, quello con Ludovico Einaudi, l’Italian Trumpet Summit, la Kochani Orchestra. Il viaggio inizia da Berchidda con “Pablito”, un medley suonato con la banda Bernardo De Muro e finisce al Teatro Lirico di Cagliari dove Fresu chiude il cerchio presentando il medley di due sue composizioni: “Domus De Janas” e “Passavamo sulla terra leggeri”. ■

In tournée

La raccolta “Paolo Fresu - 50 anni suonati” (da venerdì 8 giugno a 8,90 euro in più con “l’Espresso” + “Repubblica”) contiene cinquanta brani, in cinque Cd, ognuno selezionato da un concerto diverso fra quelli realizzati nel tour dell’anniversario, tra il 12 giugno e il 31 luglio 2011. Più un Dvd e un libretto.

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Scienze CARTELLONE: MOSTRE ED EVENTI PER L’ESTATE

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TUMORE DELLA PROSTATA

n. 23 - 7 giugno 2012

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DEPRESSIONE

Leggere

Chi ha paura della sanità pubblica DI DANIELA MINERVA

Fecondazione assistita

Quanto rischia il mio bambino Che le tecniche comportino un maggior rischio è cosa nota. Ora però uno studio condotto dall’Università di Adelaide, in Australia, e pubblicato sul “New England Journal of Medicine”, ha per la prima volta stabilito le percentuali di rischio di difetti alla nascita che comportano le diverse tecniche di procreazione medicalmente assistita, tra cui la fertilizzazione in vitro (Fivet), cioè l’incontro dei gameti maschili e femminili in provetta, e l’Icsi, cioè la microiniezione di un singolo spermatozoo nel citoplasma dell’ovocita. E i risultati mostrano che proprio in quest’ultimo caso, la percentuale di rischio è significativamente più alta. L’indagine è stata con-

dotta da Michael Davis, del Robinson Institute dell’ateneo australiano. Davis ha esaminato i dati relativi a 6.100 nascite avvenute in Australia meridionale grazie alle tecniche di procreazione assistita, e 300 mila nascite avvenute per concepimento naturale, per un totale di 18 mila malformazioni. Dallo studio, appare chiaro come la percentuale di rischio di difetti alla nascita sia più elevata con le tecniche di procreazione assistita (8,3 per cento) rispetto alle gravidanze ottenute naturalmente (5,8 per cento), e soprattutto come la Icsi presenti una percentuale di rischio (9,9 per cento) maggiore della Fivet (7,2 per cento). Elisa Manacorda

Epatite B

Foto: Corbis (2)

TEST IN PIAZZA È in piazza la campagna “Usa la testa, fai il test”, che fino al 15 giugno toccherà 15 capoluoghi di provincia. Da Bergamo a Messina, da Padova a Foggia, i cittadini potranno eseguire gratuitamente il test sull’epatite presso uno dei laboratori che aderiscono all’iniziativa, prenotandosi al numero verde 800 027325 o collegandosi al sito www.epatiteb2012.it. In Italia sono oltre 700 mila le persone affette da epatite B cronica; e di queste, almeno la metà non sa di aver contratto l’infezione. Sandro Iannaccone

Cosa dobbiamo pensare quando leggiamo il dato Censis che ci informa di come, in sette anni, sia addirittura triplicato il numero di pazienti che ha pagato di tasca propria un accertamento diagnostico importante e costoso come una Tac, una risonanza o, peggio ancora, una Pet? Nel 2011 lo ha fatto oltre il 18 per cento di questi pazienti. Per una ragione molto semplice: nelle strutture pubbliche servono in media 58 giorni per accedere a questi accertamenti, contro i 38 giorni necessari nelle strutture convenzionate e i 15 giorni in quelle private. E chi fosse tentato di pensare che non sempre un accertamento è urgente, prenda nota di un altro dato Censis: più di due milioni di persone nel 2011 hanno scoperto di essere gravemente malate e hanno potuto curarsi in tempo proprio grazie a una ecografia, una Tac, una Rmn, una mammografia. Di fronte a questi dati, ci viene in mente un’unica considerazione: il Ssn non è più in grado di garantire l’assistenza salvavita agli italiani, che, quando possono, se la pagano di tasca propria. Le difficoltà nelle quali si dibatte il Ssn unite alla assoluta consapevolezza che, per tutelare la salute di tutti, non c’è alternativa a un servizio pubblico e universale ci obbligano a ragionare seriamente sul perché si sia arrivati a questo punto. E su come si possa organizzare una sanità equa e efficiente. Per questo è molto utile sapere come si è formato il nostro prezioso Ssn. Ed è molto utile un libro appena uscito col Pensiero Scientifico editore: “Politiche sanitarie in Italia” di Francesco Taroni. Che racconta per la prima volta una storia importante. Ci permette di capire. E, forse, di immaginare un futuro sostenibile per il Ssn.

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Scienze

APPUNTAMENTI 2012

meteorologi giˆ lo sanno: sarˆ un’estate calda, quella del 2012, anche se con qualche pioggia di troppo sull’arco alpino. E se stare a rosolarvi su una spiaggia vi annoia o se siete quelli delle vacanze mordi e fuggi con giorni in cittˆ e brevi puntate in giro per l’Italia, un’idea • quella di darvi alla scienza. E di programmare attivitˆ all’aria aperta, in montagna o al mare. Magari anche in notturna, per godere della frescura ammirando le stelle cadenti, nella notte di San Lorenzo, o esplorando il mondo delle creature del buio, dai pipistrelli alle lucciole. Se poi dovessero arrivare i nubifragi, ci sono musei, mostre e convegni pronti ad accogliere turisti scientifici in cerca di un riparo.

I

SECONDA STELLA A DESTRA

Occhi puntati al cielo il 6 giugno. é necessaria una levataccia, ma dalle 5,39 alle 6,34 del mattino (orari validi per la latitudine di Roma) sarˆ possibile assistere all’evento astronomico pi• importante dell’anno, il transito di Venere davanti al Sole. Evento raro, visto che il prossimo avverrˆ tra 105 anni. In Italia sarˆ osservabile solo la parte finale, proprio all’alba: pi• avvantaggiate le regioni ad est, dunque la parte adriatica della Penisola, dove l’orizzonte • libero da ostacoA SINISTRA: OPERA DI ROSA GISLADOTTIR, IN MOSTRA AI MERCATI DI TRAIANO A ROMA. SOTTO: IL RADIOTELESCOPIO DI MEDICINA, UNA DELLE SEDI DI “COL FAVORE DEL BUIO”

Il transito di Venere. Dinosauri in carne e ossa. Storie antiche di donne e guerrieri. Palafittiadi con archi e asce. Poi lupi e balene. Per una vacanza da scienziati DI ELISA MANACORDA

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Foto: D. Fracchia

UN’ESTATE DA EINSTEIN

li e sarˆ possibile seguire tutte le fasi del sorgere del sole. E con un simile evento introduttivo, • ovvio che saranno astri, pianeti e galassie i veri protagonisti della stagione calda. Se non avete mai ÒosservatoÓ, ai neofiti delle stelle • dedicato il corso Il cielo dal balcone, organizzato dal Planetario di Roma fino al 23 giugno. Si parla di mappe celesti e costellazioni, delle stelle e dei loro colori, dei pianeti e dei loro spostamenti, del Sole e della Luna, per poi individuare i pi• affascinanti corpi celesti del profondo cielo: nebulose, ammassi stellari e galassie. E il 30 giugno, si pu˜ andare in escursione a vedere Le stelle sul Parco di Veio, evento organizzato dall’Associazione Romana Astrofili. Appuntamento a Formello (Roma) alle 20,45, muniti di torcia, per partire all’osservazione degli astri e di alcuni fenomeni astronomici. Bootes con Ofiuco, e poi Vega, Antares, Cassiopea, pianeti e satelliti, fino alle catastrofiche previsioni dei Maya, sono invece protagonisti delle osservazioni astronomiche organizzate dalla Provincia di Firenze nel parco di Villa Demidoff (Pratolino, dal 7 giugno al 20 dicembre). Mentre a Bologna la rassegna Col favore del buio, organizzata dalla Provincia in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico, offre visite ai telescopi, radiotelescopi e musei di astronomia dell’area bolognese. E per chi non vuole rinunciare alla buona cucina, il 23 giugno va in tavola la Cena del Solstizio d’Estate, a base di costine, salsicce e polli alla brace (Osservatorio Astronomico Val Pellice, Luserna San Giovanni, Torino). Non vi interessano gli astri nŽ le salsicce, ma siete in cerca di un contatto ravvicinato del terzo tipo? Appuntamento all’Osservatorio astronomico Lazzaro Spallanzani a Scandiano (Re) il 7 luglio con la conferenza di Andrea Salsi su Ufo: Storia, scienza e… fantascienza, un vademecum per orientarsi tra i misteri e Òle bufaleÓ. Infine, ecco le Perseidi: il 10 agosto, la cosiddetta notte di San Lorenzo. Da gustare nel buio assoluto di una riserva naturale. Si pu˜ scegliere tra Il parco delle stelle, evento organizzato dalla Lipu alla Riserva del Chiarone a Massaciuccoli (Lu), e La notte delle stelle, presso l’Oasi Lipu Bianello a Quattro Castella (Re), 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 113


Scienze

Satelliti, squali e manoscritti Tutti gli eventi capitale per capitale

PARIGI I francesi, si sa, pensano in grande. È dunque ambizioso il titolo della mostra che fino al 16 settembre intratterrà i visitatori della Cité des Sciences et de l’Industrie alla Villette: “La science change le monde”, prodotta in collaborazione con altri tre science center in Finlandia, Olanda e Portogallo. L’esposizione affronta le scoperte che negli ultimi cento anni hanno rivoluzionato quattro ambiti dell’esistenza: la vita e lo spirito, la nostra salute, il nostro pianeta e l’universo. Alle grandi masse d’acqua che ricoprono il pianeta è invece dedicata la mostra “L’océan, le climat et nous, un équilibre fragile?” (sempre alla Villette, fino alla fine di giugno), prodotta in collaborazione con l’istituto marino Ifremer, che esplora le conseguenze del cambiamento climatico e dello sfruttamento delle risorse sul comportamento degli oceani. Al Jardin des Plantes, fino al 2 luglio, va in scena il ragno e la sua tela (“Au fil des araignées”), tentativo scientifico di riabilitare un animale fondamentale nella catena alimentare. La visita del Palais de la découverte è invece riservata agli

amanti del genere Csi. Qui “Préhistoire(s), l’enquête” (fino al 17 giugno), mostra gli strumenti investigativi che consentono di ricostruire il profilo di una vittima, la sua storia in vita, la sua morte. Ma questa volta il cold case risale alla preistoria: la sepoltura di Téviec, del Mesolitico.

LONDRA Viaggio alla ricerca della pietra filosofale: è l’idea alla base di “Signs, Symbols, Secrets: an illustrated guide to alchemy, exibit” in scena allo Science Museum fino al 27 aprile 2013. In mostra, oltre a 22 straordinari documenti del XVI secolo provenienti dagli archivi del Museo, anche il Ripley Scroll, manoscritto di recente scoperta, grazie al quale penetrare nel mondo segreto degli antichi alchimisti. Solletica l’orgoglio britannico, invece, l’esposizione di Ariel-1, il primo satellite internazionale lanciato il 26 aprile 1962 e destinato a portare in orbita le

segrete: muscoli, organi, vasi sanguigni. Animali in carne e ossa, ma al chiaro di luna, in “Zoo Lates” (tutti i venerdì, a giugno e luglio): il bioparco di Londra apre dalle 6 alle 10 di sera, per osservare la vita notturna dei suoi ospiti.

sperimentazioni delle università inglesi. Per celebrare l’avvenimento, fino al 28 ottobre un modello in scala si può ammirare al piano terra dello Science Museum. Prima, però, bisogna necessariamente passare qualche ora alla mostra “Cosmos & Culture: how astronomy has shaped our world” (fino al 30 giugno), per capire come e quanto l’astronomia abbia cambiato il modo in cui esploriamo l’Universo (e noi stessi). Assai più triste anniversario è quello celebrato invece dalla mostra “Titanic remembered” (fino al 30 settembre al National Maritime Museum), che si dipana attraverso le storie personali delle vittime del gigantesco incidente. I patiti della plastinazione, protagonista della mostra superstar “Body Worlds”, potranno completare l’opera con “Animal inside out” (al National History Museum fino al 12 settembre), 90 animali messi a nudo, per così dire, nelle loro parti più

BERLINO Merkel permettendo, chi sceglierà l’estate berlinese avrà di che divertirsi. Al Museum für Naturkunde sono arrivati (e ci resteranno fino al 31 agosto) i pachidermi di “Elefantenreich - Eine Fossilwelt in Europa”, mostra speciale sugli animali (elefanti, ma anche leoni e rinoceronti) che abitavano la Geiseltal, in alta Sassonia, 200 mila anni fa. Ricco anche il calendario dello Zeiss-Großplanetarium: tutte le domeniche del mese di giugno, c’è “La musica delle sfere”, sinfonia ispirata dall’Harmonia Mundi di Keplero: uno spettacolo dove colori, forme e musica si fondono in un’esperienza

straordinaria, con immagini generate al computer, video proiezioni ed effetti laser.

BARCELLONA Si comincia da L’Aquàrium, dove tutti i mercoledì, sabato e domeniche di giugno i sub maggiorenni potranno farsi il bagno in mezzo agli squali. Chi non ha fegato a sufficienza, può accontentarsi di passare una notte tra le vasche, per osservare il comportamento notturno, la riproduzione e il risveglio degli oltre 8 mila diversi pesci: il primo venerdì e il terzo sabato di ogni mese. Dal mondo animale a quello vegetale. Un giardino di immagini nella mostra fotografica “Racons de llum. La mirada d’un jardiner“, di Ángel Hernansáez (Al Giardino botanico, fino al 31 luglio), dove fiori e alberi non fanno parte del paesaggio ma si trasformano in soggetti vivi dell’inquadratura. Le piante diventano nemiche con “Aliens, la invasió de les espècies exòtiques”, al Museu Blau fino

isola di buio e silenzio immersa nella natura e lontana dall’inquinamento luminoso. In Piemonte non è ancora spenta l’eco dell’anniversario dell’Unità d’Italia. Dunque, fino al 6 luglio, vale la pena organizzare una visita al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino e curiosare nelle installazioni di Bulloni e Farfalle - 150 anni di Ambiente, che ripercorre, attraverso fotografie, pannelli illustrativi e documentari, l’evoluzione della natura e il parallelo evolversi delle tecnologie. Fino al 10 giugno, al Castello Consortile di Buronzo (Vc), è allestita la mostra Alberi nella terra di mezzo - Voci di legno, di foglie e di carta tra pianura e montagne. Ancora le-

gno in pericolo al Museo delle Scienze di Trento, con un percorso didattico sulla deforestazione: La legna e i falò (fino al 10 giugno) espone 15 tele realizzate con tecnica tingatinga, una pittura popolare nata in Tanzania alla fine degli anni Sessanta come strumento per sensibilizzare le co114 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

DA SINISTRA: UNA STENELLA AL SANTUARIO PELAGOS, LO SPINOSAURUS DELLA MOSTRA "DINOSAURI IN CARNE ED OSSA", PIPISTRELLI ALLA BAT-NIGHT

munità rurali sulla conservazione delle foreste. Se poi proprio il Paese africano è al centro del vostro interesse, ecco la Tanzania Summer School 2012 (scadenza iscrizioni 30 giugno), due settimane dal 26 agosto all’8 settembre, in collaborazione con l’Università degli Studi di Trento, per studiare l’ecosistema dei Monti Udzun-

gwa, come uno degli hotspot di biodiversità del pianeta. Ecologia e arte si incontrano invece nelle sculture di Rosa Gisladottir (Mercati di Traiano, Roma, dal 22 giugno al 23 settembre). Obiettivo delle creazioni realizzate in plastica, plexiglass, alluminio, acqua, inchiostro, è suscitare una riflessione sul contrasto tra i fasti del passato e il consumismo del presente. SCIENZA IN TAVOLA

Chi l’ha detto che gli scienziati, o aspiranti tali, non sanno godersi la vita?

Foto: H. Minakuchi - Minden Pictures / Ngs, K. Dodds - Panos / Luzphoto

AMBIENTIAMOCI

L’estate 2012 è ricca di eventi in grado di conciliare il gusto della scoperta con le esigenze del palato. A Capannori (Lu) il 10-11-12 agosto arriva Calici di stelle, un itinerario lungo le aziende vitivinicole delle colline lucchesi, che comprende anche una sosta nel giardino di Villa Lazzareschi, per ammirare la volta celeste grazie agli strumenti e agli esperti dell’Osservatorio astronomico di Capannori. Scienza e alcol anche nella mostra Distilla instilla, fino al 19 agosto al Museo delle Scienze di Trento, una mostra

che racconta la pratica della distillazione attraverso suggestioni sonore, visive, olfattive e tattili. PASSEGGIATE NEL PASSATO

Dinosauri superstar: dal Piemonte alla Toscana, è tutto un fiorire di iniziative dedicate ai giganti del passato. Ecco per esempio a Torino Esposizioni Days of the Dinosaur (fino al 1 luglio), dove la “macchina del tempo” porta i visitatori indietro di qualche milione di anni. Il percorso si snoda attraverso un labirinto popolato da 41 esseri preistorici a dimensio-

al 31 gennaio 2013. Per entrare nel mondo dei vulcani c’è, invece, “Hierro, l’erupció amagada” (al Museu Blau, fino al 1 luglio), mostra che si sviluppa intorno all’eruzione sottomarina di El Hierro nel 2011. Si può chiudere il soggiorno con “Epidèmia!”. Ovvero come le malattie hanno modellato la storia dell’umanità (CosmoCaixa Barcellona, fino al 31 dicembre): viaggio non solo biologico negli agenti patogeni che provocano le diverse malattie, con riferimenti artistici, letterari, musicali e cinematografici che accompagnano la storia delle pandemie.

STOCCOLMA È pur sempre la città del Nobel. Ecco allora, per tutta l’estate, “100 Innovations” al Museo nazionale di Scienza e Tecnologia: la mostra raccoglie le invenzioni più significative dell’ultimo secolo secondo gli svedesi. Per gli astrofili, visita obbligatoria al Museo dell’Osservatorio (Observatoriemuseet), non solo per ammirare la volta celeste, ma anche per visitare la mostra che rende omaggio al chimico Jacob Berzelius.

ne naturale, distribuiti in 12 scenari diversi, che si muovono come se fossero vivi fra effetti di luce, paesaggi e piante. Al museo di Storia naturale di Firenze c’è invece Dinosauri in carne e ossa (fino al 2 settembre), un’esposizione con modelli iperrealistici degli animali estinti ricostruiti in grandezza naturale. Se volete invece passeggiare davvero all’aria aperta nel passato, ecco le ArcheoGite organizzate dalla provincia di Bologna. Si può scegliere, per esempio, il percorso dedicato alle Case di donne e guerrieri: trecce, intrecci e graticci (il 17 giugno al Museo Civico Archeologico L. Fantini di Monterenzio) o quello su ambiente, lavoro e vita quotidiana dei più antichi Etruschi della regione (alla Capanna Villanoviana dei Giardini Margherita a Bologna, il 2 giugno). Per gli etruscomani c’è anche la visita guidata, il 10 giugno, del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, per ammirare i tesori di Vulci, Cerveteri e Tarquinia e le sale dedicate a Veio recentemente 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 115


Scienze

LUCCIOLE O CINGHIALI?

Si comincia, il 9 giugno, con la Batnight, serata-omaggio ai pipistrelli organizzata dall’Oasi Lipu Celestina (Reggio Emilia). Poi, tra le tante iniziative dedicate alla scoperta degli habitat animali, ecco In un battito d’ali (17 giugno, Riserva Lago di Santa Luce, Pi), dove la Lipu offre l’osservazione dei rapaci diurni, mentre il 23 e il 24 saranno di scena lo svasso maggiore, la rondine, l’airone rosso e la civetta. Fino al 26 giugno, al Centro Museale di Villadossola (Vb), c’è una Vita da lupi. Che racconta la storia di M40, il lupo della Valle Gesso, deceduto durante un combattimento per il predominio sul branco, i cui figli hanno dato origine al branco della Valle Casotto e del Gran Paradiso. Una passeggiata serale alle Valli del Sorbo in compagnia degli esperti del Parco di Veio (La notte dei cinghiali) consentirà invece di soddisfare ogni curiosità su questo suino, e di capire come ha fatto a diventare uno tra gli animali più

Piccoli Indiana Jones crescono Quando la scuola finisce i più piccoli rimettono mano alla zaino, ma niente libri. Solo sacco a pelo, bussola, borraccia, cappello, costume e scarpe da trekking: la bella stagione si passa nei campi estivi. Si prenotano on line (una settimana può costare dai 200 agli 800 euro circa) e la maggior parte propone partenze organizzate dalle principali città. La destinazione? Fatela scegliere ai bambini. C’è il Veneto, adatto a piccoli Indiana Jones, che al seguito degli animatori di Campi Avventura potranno vivere una settimana da veri paleontologi nel Regno dei fossili, nei luoghi della Pesciara di Bolca, armati di martello e scalpello per riportare alla luce denti di squali vissuti milioni di anni fa. L’avventura continua in Toscana, all’Oasi Lipu di Massaciuccoli (Lucca), che offre una settimana da esploratori tra foreste, fiumi e paludi, alla ricerca degli uccelli che popolano i canneti, come il falco di palude o l’airone rosso. E ancora passeggiate nel Parco Naturale delle Alpi Apuane, gite in canoa sul lago, e una misteriosa giornata preistorica nei sentieri dell’oasi, per capire come vivevano i nostri antenati. Estate è mare. Ecco allora che il Wwf propone una settimana a spasso nel Golfo di Trieste, a bordo di Testuggine, l’eco-barca per conoscere le specie protette della Riserva Marina di Miramare. Ma c’è anche spazio per approdi sicuri lungo le rive, per esplorare a piedi le rocce del Carso e la vegetazione che caratterizza la regione. Per astronomi in erba invece l’appuntamento del Wwf è in cima al Monte Rufeno, nel Lazio, dove di notte i bambini potranno osservare stelle, pianeti e la Luna direttamente dagli occhi del telescopio di un vero Osservatorio astronomico. Il divertimento continua anche per chi rimane in città: a Napoli, la Città della Scienza, che per la bella stagione organizza escursioni sotterranee nell’acquedotto grecoromano, orienteering e archeologia nell’area flegrea, o una visita in fattoria per imparare a mettere le mani in pasta con un laboratorio didattico sul pane. Anna Lisa Bonfranceschi

odiati da nostri contadini. Appuntamento a Formello (Rm) il 7 luglio. IL MARE SOTTO

Non solo spiagge e ombrelloni. Ma anche avventura scientifica. Guardare per credere, a partire da Com’è profondo il mare (al Museo Civico di Storia Naturale di Genova fino al 24 giugno), curata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e

UNA FOTO IN ESPOSIZIONE ALLA MOSTRA “BULLONI E FARFALLE - 150 ANNI DI AMBIENTE”

Vulcanologia: terremoti, eruzioni vulcaniche e maremoti. Sempre dal capoluogo ligure partono le escursioni in compagnia dei biologi marini dell’Acquario per l’avvistamento di balenotteri, capodogli e stenelle del Santuario Pelagos. Partenza dalla banchina Acquario del porto di Genova, il martedì e il sabato, fino al 6 ottobre. A Roma, il Museo civico di Zoologia racconta le emozioni dei mari del mondo grazie alle 80 immagini catturate dall’obiettivo di Alberto Muro Pelliconi (fino al 31 luglio), nella mostra Dai più piccoli ai più grandi. Voglia di antichità sottomarine? Dal 3 al 17 giugno, a Praia a Mare - San Nicola Arcella (Cs) parte Archeologia subacquea nel mare della Magna Grecia, il primo corso internazionale di introduzione all’archeologia subacquea aperto a studenti e volontari. Arte e scienza anche nella mostra dell’artista francese Etienne de France, Tales of a Sea Cow: un’installazione multimediale, con mappe tattili e oggetti da manipolare, che trasporta i visitatori in Groenlandia, alla scoperta di una specie estinta di mammifero marino: la Rhytine de Steller. Al Pav Centro sperimentale d’arte contemporanea di Torino, fino al 24 giugno. ha collaborato Anna Lisa Bonfranceschi

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Foto: Archivio storico FIAT

aperte al pubblico. Passeggiate archeologiche anche sull’antica consolare con Appiappiedi. Partenza da Villa dei Quintili, nei giorni 16, 23, 30 settembre. La Valle di Ledro, sito preistorico in Trentino, propone invece vacanze preistoriche (dal 9 giugno all’8 settembre). Con le Palafittiadi, per sfidarsi in specialità antidiluviane (accensione del fuoco, tiro con l’arco, taglio con l’ascia di bronzo, lavorazione di vasi d’argilla).


Salute Scienze A SINISTRA: GRAPHIC DI CELLULE TUMORALI. SOTTO: COMPUTER ART WORK DI CERVELLO

Cellulite

FERRO MALEDETTO

Tumore della prostata

Prevenzione in punta di bisturi Prima contro l’Hiv, ora contro il cancro alla prostata: l’efficacia della circoncisione come strategia di prevenzione contro alcune malattie si conferma nello studio condotto da Jonathan Wright del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, pubblicato su “Cancer”. Secondo la ricerca, l’asportazione del prepuzio sembra ridurre il rischio generale di tumore della prostata del 15 per cento, e del 18 per cento delle forme più aggressive. Ma i benefici sembrano venir meno se la circoncisione avviene dopo l’inizio dell’attività sessuale. Per giungere a questa conclusione, Wright ha intervistato circa

3000 uomini, la metà dei quali colpiti da cancro alla prostata, ha considerato quanti di loro erano stati circoncisi e ha annotato l’età del primo rapporto sessuale. Combinando i dati ha scoperto che l’antica pratica ha un effetto protettivo. Un effetto che, secondo il ricercatore, sarebbe dovuto alla rimozione della mucosa prepuziale, ambiente ideale per la crescita di patogeni trasmessi per via sessuale. Asportando questo tessuto sembra dunque possibile contrastare l’infiammazione della ghiandola prostatica, ritenuta una delle cause dello sviluppo del tumore. Caterina Visco

Una patologia del microcircolo, di natura infiammatoria. È questa l’ipotesi più accreditata sulla natura della cellulite. Ma un’idea nuova si fa strada tra gli esperti, e chiama in causa una sostanza, l’emosiderina, una proteina di deposito del ferro che trasporta l’ossigeno dai polmoni ai tessuti periferici. «Il rallentamento del flusso sanguigno e l’aumento della permeabilità dei capillari, entrambi causati dal progesterone durante l’ovulazione, creano un passaggio di emosiderina nelle aree irrorate del tessuto adiposo. Il ferro, una volta dislocato nei tessuti, diventa tossico, creando una sofferenza nella membrana delle cellule. I conseguenti processi riparativi determinano delle formazioni fibrose che, in superficie, creano il tipico effetto ondulato della pelle», spiega Pasquale Motolese, docente di Medicina estetica presso la facoltà di Farmacia dell’Università di Ferrara. Che ha pubblicato il suo studio sullo “European Journal of Aesthetic Medicine and Dermatology”. Raimonda Boriani

Depressione

QUANDO IL NEURONE DÀ FORFAIT

Foto: Corbis (2)

DI MICHELE TANSELLA Uno studio importante pubblicato su “Pnas” e condotto da Jennifer S. Perrin, della University of Aberdeen, nel Regno Unito, accende una nuova luce sul meccanismo d’azione dell’elettroshock, del quale ancora non sappiamo nulla. Perrin ha studiato 9 pazienti depressi gravi che erano migliorati dopo un ciclo di elettroshock: ha eseguito una risonanza magnetica funzionale prima e una dopo il trattamento e scoperto che la terapia sembra aver prodotto una riduzione della connettività funzionale tra due regioni del cervello, quella limbica e quella prefrontale. Questo potrebbe autorizzare

a pensare che la depressione è dovuta a una diminuzione dell’attività neuronale e della connettività tra alcune aree, cui il cervello reagisce rendendo iperattive altre connessioni. E questo potrebbe indurre delle disfunzioni e produrre la sintomatologia depressiva. Sul piano clinico, va detto, però, che l’elettroshock si usa sempre meno: vi si ricorre solamente in alcune forme gravi quando la depressione crea un blocco psicomotorio e quando è necessario un effetto rapido. E restano molti dubbi sulla sua efficacia. È poi un trattamento invasivo, che è stato spesso oggetto

di abusi, e diversi studi hanno dimostrato che lascia disturbi permanenti sulla memoria in almeno un terzo dei pazienti. Non ci sono prove sui suoi benefici a lungo termine. Il suo uso può essere preso in considerazione in depressi molto gravi, resistenti ad altre terapie, dopo aver ben valutato rischi e possibili benefici. professore di Psichiatria, direttore del Centro Oms di Ricerca sulla salute mentale, Università di Verona

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Tecnologia SPAM E VIRUS

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APPLICAZIONI

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AUTHORITY

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DEMOCRAZIA ELETTRONICA

Non solo cyber

Internet

LA LIBERTÀ DEL WEB E IL RUOLO DI AGCOM

Mezza rete non è umana “Quello che Google non mostra”: è l'ultimo rapporto della società di sicurezza per i siti Web, Incapsula, che lancia un’allarme sul traffico on line. Il 51 per cento della navigazione in Internet non è umana. Viene cioè generata da strumenti automatici che non hanno nulla a che fare con la visita di pagine da parte di utenti consapevoli. L’analisi, condotta su mille siti iscritti al servizio, rivela che si tratta di software automatizzati, che risultano nel 31 per cento dei casi dannosi (software spia, tentativi di hackeraggio e spam di vario genere). Un altro report giunge da Kaspersky Lab, azienda specializzata in soluzioni antivirus: 950 milioni sono stati gli attacchi Web sventati dalla società nel 2011, dimostrando così una crescita

DI MAURIZIO DÈCINA

del 63 per cento sui livelli di cybercrime rispetto al passato. Spam e link nocivi poi, sembrano insediarsi soprattutto attraverso i social network, ormai divenuti secondo le statistiche più pericolosi dei siti per adulti. E YouTube non è da meno: la piattaforma di social video è infatti il sito che ospita la più alta concentrazione di link malintenzionati. Ludovica Amoroso

Facebook

Foto: iLexx - GettyImages

CARO AMICO TI FILTRO Qualche tempo fa ha fatto notizia l’uscita sul mercato americano di Sex Offender Tracker, un’app per smartphone in grado di localizzare, con la precisione di un radar, gli individui rei di crimini sessuali. Negli Usa infatti i loro nomi e gli indirizzi devono essere di pubblico dominio per legge. Ora anche Facebook ci prova con un’app che verifica se chi ci chiede l’amicizia è iscritto al medesimo registro americano dei sex offender. Si chiama Friend verifier e promette di arginare l’odioso fe-

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nomeno delle molestie sessuali via Web. L’app è uno spin-off di Verifyanybody .com, un sito texano che dietro pagamento permette di scoprire in pochi clic anche «se l’idraulico è un ex galeotto». Sulla pagina degli sviluppatori si legge che fino ad oggi ha passato al vaglio più di 500 mila persone. Ma più di un utilizzatore ne mette in dubbio l’efficacia: Friend verifier si limita a incrociare nomi e città di residenza, senza badare ai casi di omonimia. Eugenio Spagnuolo

Sta per insediarsi il nuovo consiglio di Agcom (l’Autorità garante delle comunicazioni) e presto risulterà evidente che il decreto Romani sull’audiovisivo sta continuando a proiettare un’ombra oscura sui diritti degli utenti e le libertà di Internet. Quel decreto infatti ha esteso alla Rete le vecchie regole televisive e su questa base ha poi demandato all’Agcom il compito - non ancora assolto, per fortuna - di creare nuove norme per la tutela del copyright su Internet. Di certo la questione sarà subito sul tavolo dei componenti della nuova Agcom. Ma non dovrebbe essere Agcom a occuparsene, bensì il Parlamento: con una legge che stabilisca un approccio innovativo al diritto d’autore nel mondo digitale. Solo così è possibile, infatti, coniugare i duplici interessi in gioco: quello di una Rete libera e aperta e quello della protezione della proprietà intellettuale. Né sarebbe giusto limitarsi a divieti, ordini di rimozione e sanzioni, che sono risultati inefficaci in tutto il mondo. Forme più moderne di tutela del copyright includono invece le licenze collettive, i “creative commons”: tutti quegli strumenti che facilitano la condivisione lecita dei contenuti. Agcom potrebbe avere, al limite, un ruolo sussidiario alla giustizia ordinaria: ad esempio formulando istruttorie preparatorie ai casi di violazione del diritto d’autore. Oltre questo, c’è davvero il rischio di danneggiare le libertà di Internet a favore della tutela di interessi di parte. docente di Telecomunicazioni al Politecnico di Milano lE ’ spresso | 121


Tecnologia ELEZIONI ON LINE / PREGI E DIFETTI

E TU VOTERESTI Niente seggi, niente schede, basta un clic. È la democrazia elettronica. I rischi non mancano. Ma in tutto il mondo la stanno sperimentando DI FABIO CHIUSI

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S Foto: Elaborazione fotografica di Daniele Zendroni, Corbis (4), Agf

via Internet?

econdo alcuni (Beppe Grillo in testa) è il futuro della democrazia: elettori collegati tutti via Internet che votano e prendono decisioni on line. Secondo altri, è un doppio ed enorme rischio: perché le elezioni elettroniche sono più “hackerabili” di quelle cartacee e perché un clic dal computer rischia di rendere troppo frettoloso e superficiale l’esercizio dei diritti democratici. Certo è comunque che da più di un decennio gli esperimenti in questo campo si susseguono. Ad esempio lo scorso novembre, in Oregon, gli elettori disabili di cinque contee per la prima volta hanno potuto esprimere la propria preferenza per sostituire il democratico David Wu, travolto da uno scandalo sessuale, grazie ad altrettanti iPad donati da Apple e a un software sviluppato dal governo locale. L’11 marzo scorso circa

116 mila elettori in 12 cantoni svizzeri (poco più del 2 per cento del totale degli aventi diritto) hanno preso parte alla prova di una votazione popolare federale grazie alla Rete: test superato con successo. Ma è l’Estonia ad avere abbracciato più di ogni altro Paese il voto on line: «Un processo graduale, che nell’arco di cinque tornate elettorali ha visto un incremento dei partecipanti al voto on line dai 9 mila del 2005 agli oltre 140 mila del 2011», spiega a “l’Espresso” il consulente del comitato elettorale estone, Priit Vinkel. In percentuale, significa che attualmente un cittadino su quattro vota via Internet. Il sistema, sviluppato da Cybernetica Ltd., è chiamato I-voting: fino a quattro giorni prima dell’apertura delle urne, e per una settimana, basta inserire l’apposito pin e apporre sulla preferenza una firma elettronica, e il gioco - do-

po la cifratura che mette al sicuro la segretezza della propria scelta - è fatto. Se poi si cambiasse idea, ci si può recare al seggio, e il voto on line viene cancellato. «In Estonia», afferma Vinkel, «concepiamo il voto via Internet come un supplemento. Non deve rimpiazzare il voto tradizionale, ma potenziarlo». Tra gli esperti di sicurezza informatica, come si diceva, è tuttavia diffusa la preoccupazione che qualcuno “hackeri” le elezioni. Brogli digitali, insomma, perfino più insidiosi di quelli cartacei perché invisibili, e difficilmente individuabili perfino dagli addetti ai lavori. Il problema si presenta per il malfunzionamento di apparecchi elettronici per facilitare il voto o lo spoglio. Una questione già di per sé sufficiente a mettere fine a ogni sperimentazione in Italia, che ha da tempo abbandonato la strada intrapresa fin dal 1997 nel comune umbro di Amelia in Umbria, e poi in città come Vigevano e Cremona. Colpa del pasticciaccio delle politiche del 2006, quando nell’arco di una notte la coalizione di Romano Prodi vide assottigliarsi stranamente il vantaggio sul centrodestra. I dubbi imposero al ministro dell’Interno, Giuliano Amato, di decretare lo stop al voto elettronico: «Sarà il trionfo degli antenati, ma per uno della mia generazione non è nemmeno sgradevole», disse allora Amato. A dividere, tuttavia, è soprattutto il voto a distanza, via Web. E non è solo teoria. Lo ha dimostrato Alex Halderman, insieme con i suoi allievi dell’Università del Michigan. Halderman, esperto di sicurezza informatica applicata alle scelte di politica pubblica, ha potuto mettere alla prova le difese di un sistema pilota del distretto di Columbia che mirava a introdurre il voto on line per i militari e i residenti all’estero. Trentasei ore dopo il via libera delle autorità, gli hacker hanno potuto violare la segretezza dei voti già espressi, aggiungere tra i candidati HAL 9000 e Bender (rispettivamente la subdola intelligenza artificiale di “Odissea nello Spazio” e il robot della serie tv “Futurama”). Hanno infilato addirittura, nella pagina che ringrazia chi abbia votato correttamente, il motivetto che contraddistingue l’istituto. Solo grazie a questo macroscopico aiuto sonoro, 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 123


Tecnologia

Foto: S. Tesler - Nyt / Contrasto, D. Monteleone - Contrasto

e dopo due interi giorni lavorativi, gli amministratori del sistema si sono resi conto di aver perso completamente il controllo sul processo e l’esito del voto. Per far fallire il progetto, come ha spiegato il docente al sito di notizie tecnologiche Slashdot, è bastato individuare una linea di codice in cui i programmatori hanno utilizzato le doppie virgolette invece di quelle singole. «Il problema», conclude Halderman, «è che piccoli errori possono avere conseguenze enormi». Per questo «ci vorranno decenni, se mai accadrà, prima di votare su Internet in modo sicuro». Anche David Jefferson, scienziato informatico al laboratorio nazionale Lawrence Livermore e presidente della organizzazione no profit Verified Voting, è tra gli scettici. Interpellato da “l’Espresso”, elenca i modi con cui falsare una tornata elettorale in Rete: virus per modificare i voti; malware per indurre gli elettori a votare in un certo modo o rubare le loro credenziali di accesso; attacchi Denial of Service, che impediscono - seppur temporaneamente - di accedere al sito attraverso cui votare. Una tecnica vista all’opera il 24 marzo, durante l’elezione on line del leader dei Nuovi Democratici in Canada: 10 mila i computer coinvolti. «Gli attacchi sono semplici, economici, a basso rischio e possono essere sferrati da chiunque. Inoltre», aggiunge, «della gran parte non ci si accorge nemmeno. Non c’è cifratura o firewall abbastanza potente

per difendersi efficacemente con la tecnologia attuale». Senza contare che la corruzione di un tecnico addetto alla struttura o di un votante è sufficiente. Eppure finora svariati test sono andati a buon fine. Replica Jefferson: «È solo perché non c’è mai stato un bersaglio abbastanza importante da motivare chi attacca. Nessuno deruberebbe una banca che ha solo dieci dollari in cassa». Ma gli allarmi non convincono tutti. E c’è chi aggiunge puntuali contro-argomentazioni. La principale, condivisa tra gli ottimisti, è che “hackerare” un sistema non significa che tutti i sistemi siano hackerabili: semplicemente, vuol dire che ci sono dei punti deboli da rimuovere. E poi, aggiunge Ernesto Belisario, presidente dell’associazione italiana per

l’Open Government, «votare al seggio non è un vincolo di natura, ma era l’unico modo di votare quando non esistevano le tecnologie di cui disponiamo oggi». Inoltre, a fronte di problemi di sicurezza ancora in gran parte ipotetici, i vantaggi sono tanti, e realissimi. Non solo per disabili e residenti all’estero. «Meno costi, più flessibilità, risparmi energetici e trasparenza», spiega Manuel Kripp, direttore del Competence Center for Electronic Voting and Participation. La conclusione è evidente: «Dobbiamo andare on line». Tanto più che, afferma, «non abbiamo altra scelta, se vogliamo aumentare l’affluenza». I fatti sembrano dargli ragione: dalla Norvegia alla già menzionata Estonia i tassi di partecipazione aumentano. E uno studio condotto da Delvinia sull’esperienza di voto elettronico a Se l'Estonia è stato il primo Paese a condurre Markham, Ontario, nel 2003, elezioni legalmente vincolanti su Internet nel 2006 e 2010 rivela che a trar2005, gli esperimenti sono iniziati già negli anni ne beneficio sono soprattutto ’90. La prima prova significativa si è tenuta per le primarie dei Democratici in Arizona nel 2000. i giovani tra i 18 e i 24 anni. Un successo: nessun attacco hacker, e Più di un terzo di loro dichiapartecipazione più 622 per cento. Nello stesso ra che non avrebbe votato, se anno, l’Europa ha lanciato il progetto CyberVote non avesse potuto farlo tramiper elezioni on line sicure. E, in Italia, i radicali te mouse e tastiera. Dati che hanno utilizzato per primi la Rete per eleggere fanno concludere all’azienda 25 membri del Comitato di Coordinamento. Anche di strategie digitali che gli il voto elettronico al seggio è stato sperimentato strumenti di voto on line in tutto il mondo, dal Canada al Brasile, dove fin «possono costituire un imdal 2002 circa 400 mila macchine per il voto portante fattore di motivazioconsentono di ottenere il risultato elettorale ne per i giovani elettori» mepochi minuti dopo la chiusura delle urne. no inclini a recarsi alle urne. Preferenze tramite touch screen in Il dibattito è accesissimo, in Francia, per le primarie 2007 dell'Ump, e particolare ora che le elezioni in Germania per il rinnovo del Bundestag americane sono alle porte e alnel 2005. In Italia tutto fermo dal 2006, cuni vi vedono l’occasione per compresa una proposta di legge a firma mettere fine agli esperimenti e Razzi, Barbareschi e altri del 2010 per passare, su larga scala, ai fatti. reintrodurre il voto elettronico per gli I big del settore si sfregano le italiani all'estero. mani. Uno è Everyone Counts, l’azienda che ha realizzato il software per esprimere le preferenze via iPad in Oregon, e che, di recente, si è aggiudicata la creazione del sistema di voto via Web per l’edizione 2013 degli Oscar. Chissà che il futuro della democrazia non passi anche per PROVE DI VOTO ELETTRONICO IN CALIFORNIA E il successo sul più celebre dei (A DESTRA) LA SALA DEL GOVERNO IN ESTONIA red carpet. ■

Primarie touch screen

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Speciale Green

Foto: P. Bellaart - Trunk Archive / Contrasto

A RIO I GRANDI DELLA TERRA SCRIVONO LE REGOLE PER SALVARE IL PIANETA. CON UNA GRANDE RIVOLUZIONE DEGLI STILI DI VITA. PERCHÉ VIVERE VERDE È PIÙ DIVERTENTE, PIÙ SANO E PIÙ ECONOMICO

ECO È BELLO A CURA DI DANIELA MINERVA


Speciale Green Verso Rio+20

VERDE futuro

Le Nazioni Unite attorno a un tavolo per mettere d’accordo politici, imprese e cittadini. E convincere tutti che l’economia ecologica conviene. Ed è l’unica alternativa DI LUCA CARRA dal vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile di Rio de Janeiro (20-22 giugno) che dovrebbe uscire la visione del “futuro che vogliamo”. Così si chiama con qualche prosopopea la bozza del trattato delle Nazioni Unite che i capi di Stato firmeranno all’ombra del Corcovado. Gli sherpa sono al lavoro per trovare un punto di incontro fra cancellerie scettiche ed entusiaste. Obama, Merkel e Cameron pare non andranno. Gli ecologisti brontolano per le misure troppo soft. Ma il futuro è lì, implacabilmente davanti a noi, volenti o nolenti. E il suo colore è il verde. Le Nazioni Unite ci hanno già provato vent’anni fa, sempre a Rio de Janeiro, con una convenzione che ha avuto il merito di porre il problema della crisi del pianeta e abbozzare qualche rimedio, con qualche esperimento di sostenibilità ambientale, soprattutto nel Nord Europa. Sempre da Rio è partito il processo culminato nel 1997 nel protocollo di Kyoto per riportare sotto controllo il riscaldamento globale. Ma, fatti tutti i conti, la missione non pare compiuta. E la bozza del nuovo trattato lo ammette. In vent’anni le emissioni di CO2 sono cresciute del 45 per cento. E aumenteranno ancora, visto che nel mondo una persona su cinque non ha l’energia elettrica, e la reclamerà. Da qui a metà secolo si stima che la produzione agricola necessaria per sfamare il mondo dovrà crescere del 70 per cento. Entro il 2030 il 60 per cento delle persone vivrà in megalopoli malsane. Ed è soprattuto qui che abitano i 2,6 miliardi di persone che non hanno accesso ai servizi igienici di base. Sull’accesso all’acqua potabile qualche progresso c’è stato: dal 1990 a oggi più di un miliardo e mezzo di persone ha infatti conquistato almeno un rubinetto di villaggio. Ma 884 milioni mancano ancora all’appello. La loro vita si consuma in interminabili viaggi con un secchio sulla testa alla ricerca di un pozzo. Non solo: a

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differenza del 1992 la situazione economica e finanziaria globale è pessima. E oggi gli addetti ai lavori si chiedono se la crisi può trasformarsi in opportunità. È questa la scommessa di Rio+20. Il miracolo da compiere consiste nel mettere d’accordo i tre vertici del “triangolo del cambiamento”: la popolazione, la politica e le imprese. E “green economy” è la parola chiave di Rio+20. Per questo negli incontri preparatori del summit si cerca di dare sostanza a una vera economia verde. Da un lato con incentivi che diano alle imprese nuova linfa per fare davvero il salto nell’efficienza e nell’ecoinnovazione. Dall’altro con tasse sullo spreco di risorse naturali e sulle emissioni. Molte imprese si stanno già preparando a questo cambio di marcia. Marco Frey, che insegna al Sant’Anna di Pisa e dirige il Global Compact Network Italia racconta che sono già 10 mila le imprese che nel mondo hanno sottoscritto il patto per un’economia più sostenibile lanciato da Kofi Annan: «Non subito, ma alla lunga puntare sulla sostenibilità dà all’azienda un vantaggio competitivo, ne accre-

Foto: R. Talaie - Corbis, S. Dal Pozzolo - Contrasto

KOFI ANNAN. A LATO: FATTORIA A EMISSIONI ZERO

sce il valore». Il trucco, insomma, è convincere anche il mondo dell’economia che il rispetto del “capitale naturale” conviene, come dimostrano i 2,3 milioni di posti generati negli ultimi tre anni dalle rinnovabili. Solo in Italia, la detrazione fiscale delle spese per il risparmio energetico ha prodotto 17 miliardi di investimenti e 200 mila posti di lavoro. Rio punta anche sull’agricoltura e la sicurezza alimentare. Un miliardo di persone è affamata, e l’80 per cento del cibo che viene consumato dai Paesi sviluppati dipende da 500 mila piccole aziende agricole a conduzione familiare, sempre in bilico fra miseria e autosostentamento. Ma sono loro i presidi della biodiversità agricola. Quando facciamo l’orto o parliamo di chilometro zero in realtà ci ispiriamo a loro. Bisognerà trovare modi sempre più ingegnosi per riciclare l’acqua da usi igienici in agricoli, coltivare dentro e non al posto delle foreste, e forse anche sdogana-

re le biotecnologie verdi. Anche su questo Rio dirà la sua. Infine i consumatori. Se non cambiano loro, l’economia non cambia. Prima di tutto a tavola perché, come mostra uno studio sull’impronta ecologica dei consumi elaborato dall’Agenzia europea dell’ambiente, un terzo delle risorse del pianeta se ne va in cibo. E fa la differenza se nel piatto c’è un chilo di bistecca di manzo (11 mila litri d’acqua virtuale per produrla) o un piatto di pasta e verdura (500 litri). La differenza la si fa anche in casa, visto che l’edilizia è responsabile del 35 per cento delle emissioni di gas serra. E poi i trasporti: le città del futuro (così come quelle del passato, peraltro) non sono a misura di auto ma di bicicletta e mezzi pubblici. Speriamo che il “futuro che vogliamo” sia più o meno come se lo immaginano a Rio: una globalizzazione ben temperata. ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 131


Speciale Green Ecologia

Con l’orto in casa

finale serve parecchio carburante, se è vero che in media l’acqua percorre circa mille chilometri prima di essere bevuta. Insomma, secondo i calcoli di Azzero CO2, una società specializzata in risparmio energetico, le bottiglie made in Italy emettono 5 milioni di tonnellate di biossido di carbonio all’anno. È la stessa quantità prodotta da una centrale a carbone di medie dimensioni. Che fare? Le soluzioni sono due. Una, facilissima, è bere acqua del rubinetto. Le ricerche dicono che quella italiana è mediamente sicura, a volta anche più salutare di quella in bottiglia. Ma, è vero, non lo è ovunque: l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) nel 2009 riscontrò che nel 36,6 per cento dei campioni raccolti l’acqua era contaminata da pesticidi in quantità superiori ai limiti di legge. Chi non si fida del rubinetto ha un’altra via: le case dell’acqua, evoluzioIL MAGAZZINO DI UN’AZIENDA DI ACQUE ne delle antiche fontanelle dove un temMINERALI A SINISTRA: po si andavano a riempire i secchi. Oggi ERMETE REALACCI. ci si mette in fila con le bottiglie, quasi NELL’ALTRA PAGINA: UN sempre in vetro, garantendosi un triplo ORTO URBANO A MILANO vantaggio: inquinare meno, bere sano, risparmiare soldi. Le casette sono dotate di un sistema di filtraggio che mantiene invariate le proprietà organolettiche dell’acqua, offerta sia con che senza le bollicine. Il tutto senza dover spendere un euro. Solo in alcuni casi la gassata si paga: cinque centesimi a bottiglia, almeno quattro volte meno rispetto al supermercato. Risultato? A gennaio di quest’anno, secondo Federutility, disseminate per lo Stivale c’erano 355 casette, un centinaio in più rispetto al semestre precedente. E ogni mese ne sorgono di nuove. Insomma, se le moderne fontanelle diventeranno una presenza fissa in ogni comune italiano, è probabile che le piazze torneranno ad essere più frequentate dei centri commerciali.

Coltivarsi l’insalata. Bere l’acqua del rubinetto. Usare detersivi senza confezione. Per salvare il pianeta. E spendere poco DI STEFANO VERGINE

eviamo un bicchiere d’acqua appena svegli. Già, ma che acqua? Facciamo la doccia in un bagno ben pulito. Con quale detersivo? Poi la colazione, il tragitto casa-lavoro, quello che indossiamo. Ogni volta, ogni nostro gesto, ogni nostro consumo ha una impronta ecologica. Lascia un segno sul pianeta. E i super esperti che detteranno da Rio de Janeiro la nuova road map per salvare la Terra partiranno proprio da qui. Perché la rivoluzione verde inizia nel frigorifero di casa, nel sacco della spazzatura, nella lavatrice. E la buona notizia è che è una rivoluzione con un vantaggio non indifferente: ci fa risparmiare da subito qualche quattrino. Il risultato non sarà l’utopia ecologista, ma scommet-

B

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tiamo che vivere eco fa bene a noi, non solo alla Terra. QUI CI VUOLE UNA FONTANELLA

Partiamo dall’acqua. Agli italiani quella del rubinetto non piace. Siamo primi in Europa per consumo di bottiglie di plastica, addirittura terzi al mondo dopo Arabia Saudita e Messico. «Una famiglia di tre persone che beve solo acqua in bottiglia spende in un anno almeno 280 euro», ha scritto Andrea Poggio nella sua guida “Con stile, cambio vita a Milano”. Ma il conto più salato riguarda l’ambiente. Ogni anno imbottigliamo 12 miliardi di litri di acqua. Il problema è che la plastica è un derivato del petrolio, dunque inquina. E per trasportare le bottiglie dall’azienda produttrice al supermercato

Foto: A. Imbriaco - Contrasto, T. Wegner - Laif / Contrasto, A. Dadi - Agf

CONTADINO SULLO SCAFFALE

I dati di Confagricoltura dicono che nel 2011, mentre la spesa alimentare degli italiani calava, una nicchia andava in controtendenza: quella della cosiddetta spesa alternativa. Il numero di persone che ha scelto di acquistare direttamente dai produttori, recandosi alla fonte o al mercato agricolo, è cresciuto del 53 per cento, raggiungendo quota 9 milioni di utenti. Ma il vero boom è quello dei gruppi d’acquisto solidale (gas) che in tre anni sono addirittura triplicati, arrivando a quota 800 su tutta la Penisola. Il sistema organizzativo dei gas è semplice. Invece di fare la spesa singolarmente, un gruppo di famiglie si unisce per ottenere prezzi migliori. Ci si mette d’accordo con i vicini di casa, i parenti, i colleghi di lavoro. E si fa la spesa insieme. Insomma, direbbero i tecnici, si sfrutta il principio delle economie di scala. A differenza di Groupon o società del genere, alla questione finanziaria i gas aggiungono esigenze morali: non inquinare, mangiare sano, rispettare i lavoratori, sostenere le produzioni locali. L’obiettivo è scavalcare la grande

L’Italia che cambia La strada per battere la crisi? Una proposta la fa Ermete Realacci, parlamentare e presidente di Symbola la Fondazione per le Qualità italiane. E la racconta, proprio partendo da una ricerca di Symbola nel suo “Green Italy” (Chiarelettere, pp. 336, euro 15). Storie di un’alleanza tra imprese e comunità, tra ambiente e nuovi modi di vivere. Il filo rosso è la qualità, la ricerca e la conoscenza per creare nei prossimi anni oltre 1 milione di posti di lavoro. Ecco il caso emblematico del settore enologico: produciamo oggi il 40 per cento in meno del vino rispetto a 30 anni fa, ma il valore dell’export è quintuplicato. Un successo che in Sicilia ha, per esempio, il nome dell’azienda vitivinicola Donnafugata che produce l’energia necessaria dal sole e sfrutta la vendemmia notturna per conservare intatto il sapore delle uve e ridurre del 70 per cento i costi. L’unione fa la forza in Toscana dove le imprese conciarie della provincia di Firenze e Pisa hanno dato vita al Consorzio vera pelle italiana conciata al vegetale, con lo scopo di realizzare prodotti non inquinanti. E ancora nella vicina Modena, dove Polis Manifatture Ceramiche riutilizza materiali di scarto come il vetro per creare la piastrella ecologica. Imprese private ma anche Comuni all’avanguardia come Torraca: 1.200 anime in provincia di Salerno diventati i primi al mondo ad aver convertito tutta la pubblica illuminazione a Led, dispositivi di illuminazione che hanno consentito di realizzare risparmio energetico e riduzione dell’inquinamento luminoso del 90 per cento. E sempre in tema luce&ambiente ci sono i fari che illuminano Buenos Aires, Barcellona, Venezia: un’idea tutta italiana targata Umpi per la gestione dell’illuminazione in tempo reale con tagli significativi della manutenzione e della bolletta elettrica. lungomare, un emiciclo di cemento da 90 mila metri cubi (senza) vista mare. Michele Sasso 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 133


Speciale Green

ROBOT PER TAGLIARE IL PRATO. A LATO: SERRA CON L’INSALATA COLTIVATA DA UN GAS A LUSIA, ROVIGO. NELL’ALTRA PAGINA: LUNGOMARE DI BARCELLONA

distribuzione. Così facendo si eliminano intermediari economici, si conosce la fonte del cibo, si abbatte l’inquinamento degli imballaggi e del trasporto della merce, si conoscono persone. In teoria, se da fenomeno minoritario i gas prendessero il posto dei supermercati, le città del futuro avrebbero bisogno di meno spazio per i camion e più per campi da coltivare e allevare. Anche perché, in parallelo, c’è un altro fenomeno in netta espansione. È quello degli orti in città. Che piacciono molto agli italiani. Lo ha fotografato il secondo rapporto sull’hobby farming redatto da Nomisma. Secondo la società di ricerca, nella Penisola ci sono 2,7 milioni di abitanti che si dedicano a questa attività, oltre il 5 per cento della popolazione maggiorenne. Sono per lo più pensionati che coltivano l’orticello di casa, ma da qualche tempo stanno aumentano i casi di terreni demaniali inutilizzati e riconvertiti all’agricoltura dal Comune cittadino. È il caso di tanti paesini di provincia ma anche di grandi città come Torino, dove in alcuni vecchi quartieri dormitorio sono stati creati spazi per coltivare, oppure Napoli, do-

ve in qualche caso oltre a insalata, cavoli e finocchi si coltiva anche la vite e gli alberi da frutta. Perché tornare alla terra? Per consumare prodotti più sani e genuini, dice la ricerca di Nomisma. Per soddisfare il desiderio di una vita più verde senza perdere le comodità moderne, anche le grandi aziende si stanno adattando. Il gruppo Husqvarna, maggiore produttore mondiale di articoli motorizzati per le attività all’aperto, sta lanciando per esempio sul mercato italiano il primo robot per tagliare il prato. La macchina sminuzza l’erba e la deposita sul fondo utilizzandola come fertilizzante naturale. SPESA ALLA SPINA

Pure i commercianti di professione stanno correndo ai ripari per soddisfare le nuove richieste del mercato. I prodotti biologici so-

Quel caffè è intelligente Ma non si può parlare di ecoliving senza parlare di edilizia. E non è un caso che uno dei temi portanti di Saie 2012, la fiera delle costruzioni (a Bologna dal 18 al 21 ottobre), sarà dedicato proprio al “Green habitat”, il risparmio energetico e la riqualificazione degli edifici. Un obiettivo concreto raggiunto già da diverse realtà in Italia. Eccone alcune. IL DOTTORE È GREEN. L’Azienda Sanitaria di Rimini, cinque ospedali per 1.200 posti letto, ha installato caldaie a condensazione, pannelli fotovoltaici, impianti di cogenerazione, cassette dei wc a doppio pulsante, motori elettrici. Tecnologie note agli addetti al settore, 134 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

a cui però l’azienda pubblica ha voluto aggiungere qualcosa di più: insegnare ai 4 mila dipendenti come usare l’energia in modo più efficiente. Il piano integrato, costato 7 milioni di euro, in due anni ha permesso di risparmiare 18 mila metri cubi d’acqua, un milione di metri cubi di gas, 4.800 megawatt ora di energia. A SCUOLA COL SENSORE. Alla scuola primaria Rigotti di Malo, nel vicentino, con 10 mila euro di investimento, sono stati piazzati 30 sensori che misurano temperatura, luminosità, umidità e CO2. Quando il termometro in classe sale più del previsto, su un tablet a disposizione degli alunni appare una faccina triste.

Così si punta a ridurre di un terzo le spese per il consumo di energia. TAZZINE E NUVOLE. A Torino sono iniziati i lavori per il nuovo centro direzionale della Lavazza, dove si concentreranno gli uffici ora sparpagliati in varie zone della città. Chiamato “la Nuvola” per via della sua forma, l’edificio sarà uno dei cinque in Italia dotato della certificazione Leed, il più prestigioso riconoscimento internazionale per edifici green. Schermature delle facciate per stare al fresco, sfruttamento della luce naturale per risparmiare elettricità, recupero dell’acqua piovana, pannelli fotovoltaici, pompe di calore per il condizionamento invernale ed estivo.

Foto: S. G. Pavesi - Contrasto, Axion Photographic - Design Pics / Corbis

Come si vive ecocompatibile

no ormai una realtà consolidata: la nuova tendenza si chiama spesa alla spina. Consiste nel vendere prodotti senza confezione. Seguendo l’esempio di alcuni negozi, grandi catene commerciali come Auchan, Coop, Crai, Smau e Carrefour hanno installato distributori automatici da cui l’utente attinge per riempire il recipiente portato da casa. I primi esperimenti sono iniziati con i detersivi, seguiti da latte, vino, pasta e riso. Potenzialmente si potrebbe fare per centinaia di prodotti, e infatti cercando bene si trovano negozi sparpagliati per la Penisola che vendono alla spina legumi, frutta secca, caramelle, caffè, spezie varie, cioccolata, persino il cibo per gatti e cani. Anche in questo caso il vantaggio vale per l’ambiente e il portafoglio. Per rendersi conto del primo aspetto basta pensare a quanti imballaggi, spesso di materiali diversi tra loro e quindi più complicati da riciclare, avvolgono i nostri prodotti. Un normale detersivo si trova all’interno di una bottiglia di plastica impreziosita da un’etichetta di carta che, per essere smaltita al meglio, dovrebbe essere staccata, magari usando il vapore per non lasciare tracce sulla bottiglia, e gettata separatamente dal resto della confezione. Di esempi del genere in ogni casa ce ne sono parecchi. Il latte, ad esempio, inscatolato nel tetrapak e chiuso da un tappo in plastica. Il riso messo sottovuoto nella busta di plastica, a sua volta infilata in una scatola di cartone. Peggio ancora, i salumi o la verdura confezionata in vaschette: perché quello che ci appare come una semplice confezione di plastica, in realtà spesso è un insieme di strati di diverso tipo, ognuno pensato per una diversa funzione, ma al contempo molto difficili da riciclare. Spiega Gianluca Bertazzoli di Corepla, il Consorzio nazionale per la raccolta, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggi in plastica: «Se escludiamo i Paesi scandinavi e la Germania, in Europa non possiamo lamentarci. Nel 2011 abbiamo aumentato del 7 per cento la raccolta e del 9 per cento il riciclo di plastica. Certo, ci sono ancora parecchi imballaggi non pensati per essere riciclati, ma il consumatore ormai è attento a questi aspetti e le aziende stanno capendo che è importante investire in un imballaggio sostenibile». Secondo l’Ispra ogni anno produciamo 12 mila tonnellate di imballaggi da spesa, equivalenti a un cassonetto da 210 chilogrammi per ogni italiano. E solo la metà di tutto questo viene effettivamente riciclato. Si dirà che in tempi di crisi economica l’ambiente può passare in secondo piano rispetto al portafoglio. Ma secondo una ricerca pubblicata un anno fa da Federconsumatori, comprando alla spina si risparmiano pure dei soldi: 840 euro all’anno, per la precisione. Il detersivo per fare il bucato, per esempio, costa mediamente 1,35 euro al litro, contro i 2,06 dello stesso prodotto confezionato. Significa spendere circa il 30 per cento in meno. Va così anche per pasta, riso e ammorbidenti. Per il latte, il prodotto preferito tra quelli alla spina, il risparmio arriva fino al 50 per cento. ■

Una bici non si nega a nessuno Barcellona è in fuga, ma il gruppone delle italiane è sempre più numeroso. Nella corsa al bike sharing, il servizio di biciclette pubbliche, il capoluogo catalano sembra inarrivabile con i suoi 6 mila mezzi, un terzo in più rispetto a quelli che si contano nella nostra Penisola. L’abitudine di affidarsi alle due ruote comunali sta però prendendo piede anche da noi. Da un’indagine pubblicata a fine febbraio da Eco-Logica, società pugliese di ingegneria e consulenza ambientale, emerge infatti che sono sempre di più le città italiane dove si possono trovare i parcheggi delle bici pubbliche. E non solo nel Nord: la prossima new entry sarà Palermo, dove entro l’estate dovrebbero arrivare duecento biciclette. Resta da capire se lo sviluppo continuerà nonostante la crisi economica. Il bike sharing permette di non inquinare, ma non è certo gratuito per i Comuni, già alle prese con pesanti tagli al bilancio. Ecco perché tra gli addetti ai lavori si discute di quale sia la tecnologia migliore. Meccanica o elettronica? Nel primo caso l’utilizzatore compra una chiave che inserita nel posteggio libera la bici e lo identifica. Il secondo si basa invece su una scheda magnetica che, avvicinata al display del parcheggio, mette a disposizione una bici. Il sistema meccanico ha il vantaggio di essere più economico per l’utente, di avere costi di installazione e manutenzione minori per il Comune e di non richiedere energia. Di contro è più scomodo, visto che grazie alla scheda è ad esempio possibile riconsegnare il mezzo in qualsiasi posteggio della città; inoltre, essendo spesso gratuito per i cittadini, non garantisce alcun ritorno economico diretto per il Comune. In Italia, dove il maggior numero di biciclette è controllato elettronicamente, si spartiscono il mercato due aziende: la ravennate C’entro in bici, che propone il sistema meccanico, e la piemontese Bicincittà, specializzata nella tecnologia elettronica. Solo il Comune di Milano ha deciso di affidarsi a un altro nome, quello dell’americana Clear Channel, lo stesso scelto da Barcellona. S. V.

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Speciale Green Auto Se il diesel diventa un ibrido

Elettrica a impatto zero Mancano i punti per ricaricare le vetture. E i costi sono alti. Ma l’electric drive piace. E le major hanno modelli su strada. Così il governo prepara gli incentivi DI MARCO SCAFATI e il prezzo dei carburanti vi sembra troppo alto adesso, rassegnatevi: continuerà a crescere. Secondo le previsioni dell’Unione Petrolifera, da qui al 2025 il prezzo del petrolio non si fermerà, anzi avrà un’impennata. E un barile potrebbe arrivare a costare anche 130 dollari. E chi deve cambiare auto comincia davvero a chiedersi se c’è un’alternativa. Non c’è dubbio che chi ha il cuore verde sta alla finestra ad aspettare l’elettrica: uno studio dell’Union of Concerned Scientists (Ucs) americana svela come la scelta di un veicolo elettrico, rispetto a uno tradizionale o ibrido (cioè con due motori, uno a combustione e uno elettrico), aiuti a contenere il riscaldamento globale e sia più conveniente nel lungo periodo proprio per il previsto aumento dei prezzi dei carburanti tradizionali. Ma i tempi di una vera e propria rivoluzione elettrica su strada sono ancora lunghi, considerati i prezzi elevati e la mancanza di infrastrutture, soprattutto nel nostro Paese. Qualcosa, tuttavia, si muove. Inghilterra, Germania e Francia fanno da apripista: nelle principali città tedesche, infatti, si sperimentano infrastrutture e sistemi di ricarica di ultima gene-

S

Rivoluzione di gomma Lo sapevate che ogni anno in Italia vanno al macero oltre 35 milioni di pneumatici? Potenzialmente 380 mila tonnellate di gomme usate da ritirare tra gommisti, autofficine, sedi di flotte aziendali, non sono poca cosa da gestire. Se ne occupa la società Ecopneus, che rappresenta l’80 per cento dei produttori sul mercato, ma che soprattutto ha il compito di dare una seconda e a volte anche una terza vita alle coperture usate. Che in gergo si chiamano Pfu (pneumatici fuori uso). In che modo? Frantumandoli, riducendoli in granuli o polvere, e usandoli come fonte di energia o materiale di costruzione.

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razione, mentre in Francia anche grazie a un sistema di bonus statali che va dai 2 mila ai 5 mila euro si prevede che nel 2020 un’auto su cinque sarà elettrica, ibrida o addirittura a celle di combustibile. Dal canto suo, l’associazione dei costruttori britannici, la Society of motor manufacturers and traders (Smmt), nel 2011 ha registrato un calo del 4,2 per cento delle sostanze inquinanti immesse nell’aria, tutto merito dei mezzi elettrici, mentre il prezzo delle batterie è sceso del 14 per cento. Infrastrutture, incentivi, costi. Termini che diventano decisivi per la diffusione della mobilità a impatto zero. In Italia lo sappiamo bene, visto che rispetto agli altri siamo indietro. Eppure una ricerca Gfk-Eurisko dimostra che gli automobilisti sono in gran parte favorevoli all’auto elettrica, con una maggiore propensione degli adulti (79 per cento), seguiti dai giovani (73 per cento). Inoltre, quasi otto aziende su dieci sono disposte a inserirle nel proprio parco veicoli, un grimaldello da non sottovalutare per la diffusione su vasta scala. In Italia, tuttavia, circolano ancora poche migliaia di mezzi a batteria (tra auto, veicoli commerciali, quadricicli e soprattutto due ruote), siamo anPare, infatti, che il combustibile derivato dai Pfu abbia lo stesso potere calorifico del carbone, dunque sia molto ricercato per le caldaie industriali delle cartiere e dei cementifici. La gomma e le polveri invece sono particolarmente adatte, se mescolate con resine o bitume, a realizzare materiali per l’isolamento, superfici sportive, pavimenti o manufatti. E naturalmente asfalti modificati, più durevoli, aderenti, drenanti e “silenziosi”, anche se un po’ più costosi. Un esempio? Se la gomma delle 160 mila tonnellate di Pfu recuperate da settembre 2011 ad aprile 2012 venisse utilizzata per la produzione di asfalti modificati, sarebbe possibile pavimentare 8 mila chilometri di strade.

È il gasolio la vera novità, oggi in cima alle preferenze degli automobilisti italiani ed europei. Con una novità importante, l’ibrido. Al tradizionale accoppiamento del motore elettrico con quello a benzina, teorizzato e realizzato dagli apripista giapponesi, si sta affiancando proprio quello col propulsore diesel. Un sistema più complesso, forse più delicato in termini di affidabilità, anche se chi lo ha sposato è pronto a giurare che garantisce vantaggi non da poco, a partire dal contenimento di consumi ed emissioni. I francesi di PSA, pionieri della nuova tecnologia, hanno lanciato le due “gemelle” Peugeot 3008 e Citroën DS5 Hybrid 4, l’auto con cui il neo presidente francese François Hollande si è presentato alla cerimonia d’insediamento all’Eliseo. Entrambe contano su un’architettura che prevede la sistemazione del motore diesel all’anteriore, e di quello a batteria sul retrotreno. Il che permette di poter contare su una trazione sia a due sia a quattro ruote, ma soprattutto di viaggiare a emissioni zero, anche se per brevi tratti e a bassa velocità. Sul solco dell’esperienza francese, altri due marchi europei hanno puntato sull’ibrido diesel: Mercedes e Volvo. I tedeschi con la Classe E BlueTech Hybrid, la prima auto della Stella dotata di una tecnologia del genere, in grado di garantire livelli di emissioni impensabili per una berlina vicina ai 5 metri di lunghezza: 109 grammi di CO2 al chilometro. Mentre gli svedesi si spingono oltre: la V60 dispone di un doppio motore del plug-in, ossia della possibilità di ricaricarla anche da una normale presa di corrente. I prezzi? Dai circa 37 mila euro delle francesi ai 57 mila della Volvo, una forbice che lascia spazio a future new entry.

cora agli albori della diffusione di massa. Quella che gli analisti prevedono possa cominciare tra cinque anni, quando i punti di ricarica presenti in tutto il mondo saranno circa 7,7 milioni. Oggi hanno prezzi ancora superiori alla media i principali modelli che offre il mercato: dalla Mitsubishi I-Miev alle “cugine” Citroën C-Zero e Peugeot I-On, dalla pattuglia Renault Twizy, Fluence e Kangoo alla Smart a batteria. E ancora, dalla Nissan Leaf fino alle proposte General Motors ad autonomia estesa, Opel Ampera e Chevrolet Volt. La responsabilità, almeno in parte, è da attribuire alla mancanza di incentivi all’acquisto. La politica,però, sembra aver compreso la necessità di cambiare passo: un disegno di legge d’iniziativa del governo dal titolo “Norme per lo sviluppo di spazi verdi urbani”, recentemente approvato dal Senato, prevede disposizioni in favore del risparmio e dell’efficienza energetica con investimenti in punti di ricarica per veicoli elettrici, sia in aree pubbliche che private. Un po’ quello che sta facendo l’Enel, attrezzando colonnine in diverse città d’Italia. È poi lo stesso ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ad aver affermato che «sono in fase di discussione incentivi per l’acquisto di auto elettriCITROËN C ZERO. SOTTO: RENAULT TWIZY. IN ALTO: che». Riferendosi alle proposta di PEUGEOT I-ON. NELL’ALTRA legge bipartisan sulle auto a basse PAGINA: SMART FORTWO emissioni che prevede: dal 2013 chi ELETTRICA acquisterà un’auto a basse emissioni, consegnando un veicolo da rottamare, avrà un bonus che varia da 1.200 ai 5.000 euro a seconda del tipo di auto; nel 2014e nel 2015 gli incentivi dovrebbero. «Il governo ci ha dato assicurazioni sulla copertura finanziaria per il triennio 2013-2015, sia sugli incentivi che sulla realizzazione delle infrastrutture», affermano i relatori della proposta. Se così sarà, il prossimo potrebbe veramente diventare l’anno zero dell’auto elettrica in Italia. ■ 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 137


Speciale Green Rifiuti

Facciamo come inSvezia Aria compressa per risucchiare la spazzatura differenziata dai cassonetti. E spedirla in tubi sotterranei fino ai centri di raccolta. Ora la tecnologia scandinava arriva in Italia DI STEFANO VERGINE uando le piccole azioni quotidiane vengono ottimizzate da un grande progetto, il risultato diventa strabiliante. Pensiamo ai rifiuti. In Italia ci sono parecchi Comuni in cui i livelli di raccolta differenziata sono altissimi. Roba da fare invidia a Stoccolma. Solo che nella capitale svedese, oltre alla divisione meticolosa dei vari scarti domestici, hanno fatto qualcosa di più. Si tratta di una tecnologia brevettata dalla locale Envac per la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani. Il sistema si basa sull’utilizzo dell’aria compressa. È quella che serve a risucchiare la spazzatura dai cassonetti, convogliarla in serpentoni metallici e portarla, alla velocità di 70 chilometri orari, fino ai centri di raccolta. Si riducono così due problemi: i cattivi odori e i camion per strada, che in Svezia, dove il sistema fu inaugurato 50 anni fa, sono diminuiti del 90 per cento. Certo, per creare aria compressa serve comunque energia, ma sempre meno inquinante rispetto a quella necessaria per muovere i camion. Il metodo svedese è stato ripreso da altre grandi città come Londra, New York , Barcellona e Parigi, dove l’impianto è stato installato in tre banlieue. Anche l’Italia ha scelto la raccolta dei rifiuti sotterranea. In questi giorni, nel quartiere milanese Varesine-Porta Nuova, dove sorgeranno tre torri per 400 famiglie, gli operai sono al lavoro per installare il sistema svedese. L’impianto entrerà in funzione ad aprile del 2013. «Siamo in trattativa per portare questa tecnologia anche a Roma, Venezia e Torino», spiega il direttore generale di Envac Italia, Massimiliano Mutti. I costi della rivoluzione? «In media, per il nostro impianto il proprietario di un appartamento spende 1.200 euro, ma sulla gestione della raccolta il nostro sistema permette al Comune di risparmiare il 30-40 per cento rispetto alle società tradizionali che si affidano ai camion».

Foto: Envac (2)

Q

Una vita per il legno, anzi due Riciclare il legno è ovvio per l’Italia, affamata di materia prima e maggior esportatrice mondiale di mobili. A partire dagli anni Novanta si è puntato sul riciclo di imballaggi usati, mobili rotti, rifiuti provenienti dall’edilizia, scarti della lavorazione, non più portati in discarica ma raccolti nelle piattaforme comunali e destinati a nuova vita. Nelle industrie del riciclo il “nuovo” legno viene preparato per essere utilizzato. Diventa pannello truciolare per l’industria del mobile, pasta cellulosa per le cartiere, oppure ancora compost. Un ciclo virtuoso che protegge anche l’atmosfera: il legno che va in discarica emette metano e rilascia anidride carbonica, due gas tra i principali responsabili dell’effetto serra. Grazie al recupero, ogni anno in Italia si raccolgono oltre 3,5 milioni di tonnellate di legno usato. A puntare per primo sul recupero e la trasformazione del legname di scarto dei pioppi in materia prima preziosa per l’industria dei mobili è il gruppo Mauro Saviola a Viadana, in provincia di Mantova. Leader nella produzione del pannello truciolare in Italia, punta esclusivamente sul legno usato per produrre pannelli ecologici: oltre 10 mila alberi “salvati” ogni giorno, oltre 600 milioni di euro di fatturato. Con un paradosso: visto che la crisi ha prodotto un calo generalizzato dei consumi (e di conseguenza di rifiuti e imballaggi), chi puntava sulla raccolta 100 per cento made in Italy si è trovato a gareggiare con le centrali a biomasse, che invece bruciano il legno per creare calore. Come spiega Alessandro Saviola, presidente del gruppo che conta 1.700 dipendenti: «Visto che il legno viene bruciato nelle centrali a biomasse, siamo rimasti senza materia prima. Per la prima volta abbiamo dovuto fermare la produzione. Chiediamo il rispetto della gerarchia dei rifiuti: prima il riciclo e poi tutto il resto». Michele Sasso

IN ALTO, DA SINISTRA: CENTRO DI RACCOLTA ENVAC; TUBI AD ARIA COMPRESSA

allo speciale ha collaborato Emanuele Coen

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n. 23 - 7 giugno 2012

Economia SPESA PUBBLICA: TAGLIARE QUI NON COSTA NULLA

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CONTO ALLA ROVESCIA PER TROVARE 4 MILIARDI

Enel - Endesa

Conti convince Rajoy

Ha sfoderato il suo spagnolo migliore Fulvio Conti, con il premier Mariano Rajoy nei ripetuti viaggi fatti negli ultimi mesi per rimediare alle conseguenze del blocco delle tariffe elettriche in Spagna. La questione vede coinvolta direttamente la controllata spagnola dell’Enel, Endesa. La differenza tra tariffe controllate e costo di produzione (più alto) ha fatto accumulare un “debito elettrico” di 23 miliardi di euro, per 11 miliardi nei confronti di Endesa. Dal 2011 il governo ha cominciato a rimborsarlo attra- FULVIO CONTI, AMMINISTRATORE DELEGATO DI ENEL verso l’emissione di titoli pubblici con un veicolo apposito, il Fade. L’impennata del 7 per cento, ma ha tagliato i ricavi ai didello spread spagnolo, però, potrebbe far stributori. Insomma, l’impatto sui conti cambiare i piani e spostare il rimborso, pro- Enel ci sarà (120 milioni di ebitda in meno messo entro il 2012, nei prossimi 5-6 anni, nel 2012, ha detto Conti) ma verrà riassore a carico di futuri aumenti tariffari. L’Enel bito durante l’anno. Anche qui, tutto diafferma che in bilancio il suo debito è già al pende dal premier spagnolo. Il quale ha netto di quanto dovuto dal Fade e che i 4,1 promesso nuovi rincari in bolletta per gli miliardi che Endesa deve ancora incassare spagnoli, ma anche un taglio dei sussidi a non creano crisi di liquidità, visto che in chi produce energia rinnovabile. Endesa cassa ci sono 27 miliardi più che sufficien- non ne soffrirà, perché non ne fa: ha trasfeti ad affrontare tutte le scadenze. Resta rito tutto a Enel Green Power. Sarà queaperto però in Spagna il problema di non st’ultima a soffrire? Neanche, perché nel continuare ad aumentare il debito. Come? mirino è il solare fotovoltaico, che Egp non Rajoy ha concesso un aumento tariffario possiede. Diabolico Conti. P. P.

Rottamazioni

Foto: A. Scattolon - FotoA3

Sulle emissioni è battaglia tra le lobby È battaglia in Parlamento sugli incentivi per l’auto pulita. Il testo del disegno di legge sulle “Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni” in discussione alla Camera (dovrà andare in Senato e tornare a Montecitorio) ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai produttori delle macchine a metano e Gpl, inizialmente esclusi da una norma tutta pro-elettrico. Case come la Fiat, che l’auto a emissioni zero non

ce l’ha ma dispone di una bella gamma di auto a gas. Ora la questione si concentra sul limite di emissioni di anidride carbonica per concedere l’incentivo all’acquisto (5 mila euro per l’auto elettrica nel primo anno, poi man mano si riduce), con rottamazione di una vettura inquinante. Se il limite resta a 95 grammi per km come nel testo adottato dalle commissioni, dicono i rappresentanti dell’industria, c’è il rischio che dei 60 milioni

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BANCA NETWORK

Volkswagen

Cogestione made in Italy

Dipendenti e manager insieme per decidere orari di lavoro, a chi assegnare il nuovo premio di produttività, quali strategie scegliere per il futuro dell’impresa. È la cogestione modello tedesco, e da venerdì 18 maggio è la regola anche a Verona, nella sede italiana della Volkswagen. Il Vw Group Italia (un fatturato di 5,1 miliardi nel 2011 con una quota di mercato cresciuta al 13,1 per cento) ha sottoscritto il nuovo contratto integrativo che introduce la cogestione iniziando dai 990 dipendenti veronesi, ma poi verrà esteso alle altre controllate come la Lamborghini di Sant’Arcangelo di Romagna e la Italdesign Giugiaro di Torino. A firmarlo, i vertici della consociata Italiana del gruppo tedesco e le segreterie veronesi di Cgil e Cisl, dopo che dalla sede centrale di Wolfsburg è stato deciso di estendere a tutte le fabbriche nel mondo il loro modello di lavoro. «Quest’accordo dà il via a una nuova era per le relazioni di lavoro all’interno di Volkswagen Group Italia», sottolinea il presidente dell’azienda veronese, Giuseppe Tartaglione. L’intesa si farà sentire anche in busta paga, visto che il salario è variabile ed è legato al raggiungimento di alcuni obiettivi. Massimo Rossignati

di euro di stanziamenti previsti per il 2013 se ne spenda meno della metà: sono troppo poche le auto a metano e Gpl che emettono meno di 95 grammi di CO2 al km (e che comunque beneficerebbero di 1.200 euro di aiutino). Il testo verrà quindi modificato. Come? Alzando il limite a 120 grammi, e in tal caso, i 60 milioni sarebbero sufficienti per 5 o 6 mesi. Un’altra possibile variante è quella di ammettere all’incentivo solo le auto acquistate dalle aziende o dalle persone giuridiche: in questo modo i fondi sarebbero sufficienti per un anno. Prima che si arrivi alla legge non mancheranno colpi di scena. M.M. lE ’ spresso | 143


Economia SPESA PUBBLICA

Tagliare qui non

Ogni italiano paga 13.300 euro l’anno per sostenere la burocrazia. Ecco un catalogo di come si spendono i soldi. Da cui partire per ridurre sprechi ed enti inutili

COSTA NULLA I

DI ORAZIO CARABINI l documento, lungo nove pagine, si trova sul sito Internet dellÕIstat. Uno dopo lÕaltro vi sono elencati tutti gli enti e le societˆ che fanno parte del settore pubblico. Non solo lo Stato centrale con i suoi ministeri, quindi, ma anche le Aziende sanitarie locali, gli istituti di previdenza, gli enti territoriali (regioni, comuni, province), le autoritˆ di sorveglianza (dalla Consob allÕAntitrust), le Agenzie fiscali e una serie infinita di organismi nati con i pi• disparati mandati. Che, tutti insieme, compongono la Pubblica amministrazione, quel corpaccione di strutture burocratiche attraverso il quale ogni anno lo Stato e le sue propaggini spendono 800 miliardi di euro: 13.300 per ciascun italiano, dai neonati agli ultracentenari. Dentro cÕ• di tutto: sicurezza, difesa, giustizia, istruzione, sanitˆ, previdenza, interessi sul debito pubblico. Ma quella somma • cresciuta continuamente a partire dagli anni Õ70 fino a raggiungere il 50 per cento del Prodotto interno lordo. Trascinandosi dietro sempre pi• tasse da pagare. Giˆ, perchŽ man mano che la

A DESTRA: LA PRIMA PAGINA DEL DOCUMENTO ISTAT SULLA COMPOSIZIONE DEL SETTORE PUBBLICO. LA VERSIONE INTEGRALE SUL SITO DE L’ESPRESSO: ESPRESSONLINE.IT

spesa cresce anche le entrate dello Stato devono aumentare se non si vuole (o non si pu˜, come di questi tempi) chiedere altri soldi al mercato finanziario collocando titoli del debito pubblico. Il governo Monti si • dato come primo obiettivo il pareggio di bilancio, un risultato importante per la stabilitˆ finanziaria dellÕItalia che dovrebbe essere raggiunto nel 2013. Per centrarlo ha costretto il paese a pagare un prezzo altissimo sotto forma di nuove tasse o di inasprimento di quelle esistenti: dallÕImu alle addizionali Irpef, dalle ÒpatrimonialineÓ mirate allÕIva (forse, da settembre). Anche grazie alla pressione dellÕopinione pubblica si • per˜ reso conto di aver spinto troppo su quel pedale e ora sta provando a correre ai ripari. PoichŽ la riforma delle pensioni solo tra parecchi anni darˆ frutti in termini di contenimento della spesa, il ministro Piero Giarda si • messo al lavoro per la cosiddetta Òspending reviewÓ, la revisione dei meccanismi di spesa che dovrebbe consentire di risparmiare 4,2 miliardi nel 2012 intervenendo su voci che valgono 100 miliardi nel complesso. Con qualche conflitto allÕinterno

del governo tra lo stesso Giarda e il superconsulente Enrico Bondi che ha stabilito il suo quartier generale al Tesoro dove lavora a stretto contatto con il capo di gabinetto Vincenzo Fortunato e il Ragioniere generale Mario Canzio. Gli obiettivi di riduzione della spesa sono ambiziosi. Nel Documento di economia e finanza (vedere grafico di pag. 146) le uscite correnti, esclusi quindi gli investimenti, al netto degli interessi, scendono di due punti entro il 2015 in rapporto al Pil: dal 42,5 al 40,5 per cento. Dopo che per anni erano costantemente aumentate. Ma raggiungere questi risultati non sarˆ facile. Soprattutto se lÕeconomia non tornerˆ a crescere. Che gli sprechi ci siano • peraltro abbastanza evidente. E lÕelenco degli organismi che fanno parte del settore pubblico (chi volesse consultarlo lo trova sul sito de ÒlÕEspressoÓ) ne • la conferma. Pi• complicato • eliminarli perchŽ cÕ• sempre un buon motivo per non toccare la spesa: si devono licenziare le persone che lÕamministrano, si devono chiudere aziende che forniscono servizi non indispensabili o che ricevono sussidi, si deve rinunciare a obiettivi culturali, sociali, religiosi che solo lo Stato, secondo le consuetudini di questi anni, pu˜ perseguire. E allora si indigna il sindaco, se la prende il governatore, si mobilitano deputati e senatori, si firmano appelli. Alla fine la spesa non si tocca. Come insegna lÕesperienza degli enti inutili che, soppressi da leggi a ripetizione, sono ancora vivi e vegeti. E soprattutto costosi. A ridurne il numero ci hanno provato in tanti: pi• volte i governi Berlusconi, quello di Prodi. Il parlamento ha regolarmente approvato. Ma per un motivo o per lÕaltro di effetti concreti quei provvedimenti non ne hanno avuti. Solo un poÕ di pubblicitˆ per ministri in cerca di gloria. Come Roberto Calderoli che ne aveva fatto un suo cavallo di battaglia. Alcune vicende sono grottesche. Quella dellÕIce, per esempio. Soppresso dallÕultimo governo Berlusconi, lÕIstituto per il commercio estero, che si occupa della 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 145


Economia

Fec

VIMINALE: AUTO A SECCO, IL CULTO NO ochi lo sanno. E, con ogni probabilità, lei stessa prima di accettare l’incarico non lo sospettava neanche. Ma Anna Maria Cancellieri (foto) possiede 750 chiese. E tre foreste. Il ministero dell’Interno è però uno stranissimo proprietario. Perché paga puntualmente le spese di straordinaria amministrazione di questi edifici, che poi non usa (e d’altronde sarebbe difficile anche solo immaginare come potrebbe). Così, le concede in uso gratuito alle autorità ecclesiastiche. La Chiesa risparmia,

P

ringrazia e li usa per celebrare le funzioni religiose, al termine delle quali raccoglie pure le offerte dei credenti. È la storia strana, e tutta italiana, del Fec, il Fondo per gli edifici di culto, nato nel 1985 con la revisione del Concordato e scelto come contenitore per una serie di beni appartenuti agli ordini religiosi sciolti nella seconda metà dell’Ottocento e dopo di allora finiti nella disponibilità di diversi soggetti. Oggi al Fec fanno capo, per esempio, e solo per citare alcune tra le più note, le chiese di San Domenico a Bologna, di Santa Maria Novella a Firenze, di Santa Maria del Popolo a Roma, di Santa Chiara a Napoli, della Martorana a Palermo. Il Fec costa. Inquadrato come direzione centrale del ministero, ha un direttore (il prefetto Lucia Di Maro), che coordina sei uffici, ai quali fanno capo 50 dipendenti circa. E un consiglio di amministrazione, composto di nove membri (tre dei quali designati dalla Conferenza episcopale italiana, cioè dai vescovi), che dura in carica quattro anni. Il fondo ha un budget di circa 6 milioni, costituito per poco meno di 2 milioni da contributi statali e per il resto dalle rendite assicurate dall’affitto a privati di 300 edifici ex ecclesiastici di cui è diventato proprietario. I quattrini in ballo, in questo caso, non sono tanti. Rappresentano davvero una goccia nell’oceano della spesa pubblica. Ma viene da chiedersi se il ministero, invece di regalarli alla Chiesa, già abbondantemente sovvenzionata attraverso la legge sull’otto per mille, non potrebbe utilizzarli altrimenti. Per esempio per evitare che le volanti restino con il serbatoio a secco. Come ormai si legge sui giornali un giorno sì e l’altro pure. S.L.

Amministro, dunque consumo Composizione spesa delle amministrazioni pubbliche dal 1951 al 2010 Consumi pubblici

41,4%

Pensioni

Ordine pubblico e sicurezza 8,7%

30,2%

Previdenza, assistenza, 8,8% trasferimenti famiglie Contributi produzione 1,9% Altre spese correnti Spese correnti netto interessi Interessi passivi

Difesa 6,9% Servizi generali 13,8%

2,0% 84,4% 8,8%

Totale spese correnti Spese conto capitale

Consumi pubblici (composizione percentuale della spesa per consumi collettivi, per funzione dal 1980 al 2009)

93,2% 6,8%

146 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

Protezione dell'ambiente 1,4% Affari economici 6,7% Abitazioni e assetto del territorio 2,2%

Sanità 33,8% Protezione sociale 4,3% Istruzione 20%

Attività ricreative, culturali e di culto 2,2%

ricordava che, con le tasse che lui paga, l'indennità per la guida dell’Ente si riduce (solo) a 4 mila euro nette al mese, che peraltro il presidente sta pensando di affidare a un fondo di garanzia per favorire il microcredito. L’annuncio ufficiale della devolution è atteso con ansia. Corrado Giustiniani

Microcredito

L’ENTE C’È, MA IL CREDITO DOV’È? nato per organizzare il soccorso agli imprenditori più poveri e marginali, quelli a cui le banche non scuciono un centesimo; per promuovere “la via italiana al microcredito”, seguendo l’esempio del banchiere ed economista bengalese Muhammad Yunus, già premio Nobel per la pace. «Ma cosa ha fatto concretamente finora? Quanto è lontano l’obiettivo», si chiede Roberto Di Giovan Paolo, senatore del Pd, «se è italiano solo l’1 per cento dei beneficiari raggiunti dai programmi di microfinanza europei?». Domanda opportuna perché L'Ente nazionale per il Microcredito, cucito su misura del presidente, il deputato pidiellino ex Udc Mario Baccini (foto), che lo guida dal primo piano del magnifico Palazzo Blumensthil, accanto a ponte Cavour, è l'ultimo risultato di un processo avviato nel settembre del 2004, quando nacque il comitato per il Microcredito, che nel 2006 divenne permanente, e con la Finanziaria 2008 ente di diritto pubblico presso Palazzo Chigi, per conquistare infine, nel 2011, l'autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e finanziaria. C’era tempo per trasformare la via italiana in autostrada. Qual è dunque il bilancio sociale di un ente che costa allo Stato circa 2 milioni di euro l’anno? Molti convegni, protocolli d'intesa con Anci, Unione delle province e Unioncamere, accordi con Luiss, Sapienza e Università di Bologna, progetti europei che impiegano un’ottantina di persone. E i benefici concreti sugli utilizzatori finali del microcredito? Arriveranno nei prossimi 15 mesi, garantisce l’Ente, quando 2 mila piccole attività economiche potranno essere messe in piedi con altrettanti prestiti da 25 mila euro l’uno. Baccini non siede su quella nobile poltrona gratis. Prende infatti 120 mila euro lordi l’anno (e 147 mila vanno al segretario generale Riccardo Graziano) che si aggiungono alla sua già lauta retribuzione da parlamentare. Per un uomo che ha dichiarato: «La mia grande missione è battere sul tempo la povertà», sarebbe proprio incoerente un beau geste, in questo frangente di disperazione e di suicidi? “L’Espresso” glielo ha chiesto. «Se n’è già ampiamente parlato», è stata la secca risposta, mentre il suo ufficio stampa

È

Ang

GIOVANI D’EUROPA, BALLATE LA TARANTA re dirigenti, dieci funzionari, diciannove istruttori e un misterioso “addetto”. È l’organico dell’Agenzia nazionale per i giovani, guidata dall’ex assessore allo Sport del comune di Catania, in quota An, Paolo Di Caro, nella foto, qualificato su Internet Head of the Agency (a dispetto della sede nella romanissima via Sabotino, quartiere Prati), gagliardamente supportato dall’assistente Silvia Strada (Directorate General-General Affairs). L’Ang, nata nel 2007 su decisione del Parlamento europeo per l’attuazione del programma “Gioventù in azione”, ha incassato lo scorso anno oltre 20 milioni di euro: 8.555.422 di contributi Ue e 11.814.763 di fondi statali italiani (i soli stipendi hanno assorbito 1.265.568 euro). Per fare cosa lo spiega (si fa per dire) l’articolo 2 dello statuto, che recita: «L’Agenzia promuove la cittadinanza attiva dei giovani e, in particolare, la loro cittadinanza europea; sviluppa la solidarietà e promuove la tolleranza tra i giovani per rafforzare la coesione sociale, favorisce la conoscenza, la comprensione e l’integrazione culturale tra i giovani di Paesi diversi...». Una ragione sociale sufficientemente generica («L’espressione dimensione europea rappresenta un concetto ampio», quasi mettono le mani avanti i curatori del sito dell’Ang) da aver consentito al vertice dell’organismo, nominato a suo tempo da Giorgia Meloni e da poco confermato dal governo Monti, di accogliere e finanziare in cinque anni 1.790 progetti, con il coinvolgimento di circa 30 mila giovani e per una spesa di 30.638.965 euro e 57 centesimi. L’Agenzia che, come si legge all’indirizzo web, «Lavora

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Foto Pagine 144/145: Corbis Pagine 146/147: P. Scavuzzo - Agf, G. Carotenuto - Imagoeconomica, P. Cerroni - Imagoeconomica

promozione dei prodotti made in Italy sui mercati internazionali, è stato riportato in vita da Mario Monti. Nelle pagine che seguono “l’Espresso” ha scelto dieci esempi di questi rami della Pubblica amministrazione. Non sono certo i più costosi. Ma sembra difficile dimostrare la collettività non ne possa fare a meno. Come potrebbe fare a meno delle province, delle comunità montane, di gran parte degli oltre 8 mila comuni, di chissà quanti consorzi, agenzie, fondazioni, istituti. Senza che la qualità della vita ne risenta. Anzi, con meno tasse da pagare e meno obblighi burocratici cui adempiere il benessere potrebbe solo aumentare.

per essere un interlocutore aperto, serio e credibile» e vanta al suo attivo manifestazioni del calibro del “Festival della Taranta”, ha approvato, per esempio, un’iniziativa proposta da Syraka, Associazione musicale e culturale di Siracusa, e intitolata: “Il bello della musica contro l’emarginazione sociale e per una concreta crescita inclusiva”. «La musica», si legge nello schema riassuntivo del progetto, «ha la capacità di educare i ragazzi al bello, seguendo soprattutto delle regole che non vengono imposte dall’alto ma che sono necessarie per raggiungere uno scopo». Boh. S.L.

di Vienna” coi soldi pubblici italiani: obiettivo, “garantire un’informazione pubblica pluralistica e una collaborazione transfrontaliera”. Ma la Provincia di Bolzano fa di più: con la scusa di favorire la diffusione delle agenzie di stampa di lingua tedesca, finanzia persino le radio private, malgrado Roma non lo faccia più dal 2009. L’obiettivo finale è una Rai “made in Südtirol”. Gestita, ovviamente, tramite la Ras. Paolo Cagnan

Ras

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UNA MINI-RAI SUDTIROLESE n Alto Adige, la Ras è il cavallo di troia con cui la Provincia di Bolzano tenta da anni di mettere le mani sul sistema pubblico radiotelevisivo, sganciandosi da Roma per gestire tutto in loco dopo aver ottenuto, in tempi recenti, la competenza su altri servizi strategici come Poste e Trenitalia. Nata nel 1975, la Ras è un’azienda interamente pubblica il cui scopo primario “ufficiale” è la diffusione in Alto Adige dei programmi radiofonici e televisivi dell’area germanofona. Obiettivo: ritrasmettere, sino all’ultimo paesino sperso in alta montagna, i programmi delle tivù tedesca, austriaca e svizzera, a beneficio della popolazione sudtirolese. Un servizio costosissimo, in un territorio come quello altoatesino: solo i ripetitori tivù sono 396. A parte un Cda di nomina politica alla cui presidenza c'è Rudi Gamper, ex fidato responsabile del Sender Bozen (la struttura in lingua tedesca della sede Rai di Bolzano) i dipendenti sono 26: 17 tecnici e 9 amministrativi. Per inciso, antennisti e contabili saranno sottoposti quest’anno a un’indagine sui “fattori di stress psicosociali nell’azienda”, ovviamente tramite una consulenza esterna. Ogni anno, la Ras riceve ricchi finanziamenti: ai 15 milioni dell’ultimo bilancio ufficiale si sommano quelli per iniziative specifiche, come “la copertura delle aree rurali con banda larga”. Ovvero: alpeggi a duemila metri, ma con il wi-fi. Tramite la Ras, la Provincia di Bolzano spende ogni anno un milione 332 mila euro per la realizzazione di un telegiornale quotidiano in lingua tedesca, “Südtirol Heute”. E chi riceve quei soldi, dal lontano 2000? Örf, ovvero la televisione di Stato austriaca. Un tiggì realizzato dalla “Rai

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Unms

COSTA PIÙ DI QUANTO SPENDE er ogni euro di assistenza che fornisco, ne spendo 2 e mezzo per pagare il personale. L’Oscar al rovescio per la quadratura dei conti va all’Unione nazionale mutilati per servizio, in sigla Unms, presidente il Grande ufficiale Alessandro Bucci (foto). Un carrozzone, o piuttosto una carrozzella per le sue dimensioni, che dovrebbe andare in soccorso di militari delle Forze Armate, carabinieri, agenti di polizia e custodia, della Guardia di Finanza, magistrati e dipendenti civili della pubblica amministrazione che hanno avuto una disavventura fisica sul lavoro. Ente morale dal 1947, di diritto privato dal 1978, l’Unione eroga contributi in caso di grave necessità, tutela gratuitamente gli iscritti nelle controversie di lavoro e li assiste nelle pratiche burocratiche. Di fatto quasi la metà di tutta questa assistenza morale e materiale (150 mila euro su 380 mila nel 2010) se ne va nelle spese della rivista bimestrale, spedita in cambio di una tessera che costa 41 euro l’anno e costituisce l’unica entrata certa, assieme al contributo statale. Ma i tesserati calano: erano 35.281 nel 2008, si sono ridotti di 2 mila 500 unità nel 2010. Non calano, ma al contrario salgono, le spese per il personale e per i dirigenti, circostanza che ha provocato l’ira della Corte dei Conti. “Malgrado le ripetute raccomandazioni - si legge nell’infuocata relazione del 16 marzo scorso - è continuata l’erogazione agli organi di rimborsi forfettari, il cui importo, negli esercizi 2009 e 2010, è aumentato del 20 per cento”. Se lo statuto recita che “tutte le cariche elettive dell’Unione non sono retribuite”, i fatti dicono invece che c’è un compenso 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 147


Economia

Stu Parma

TUTTI I TRUCCHI DELL’EX SINDACO

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ieci milioni di soldi pubblici andati in fumo per un metrò che non si farà mai più. Due programmi di riqualificazione urbana franati insieme al crollo del mercato immobiliare. Le Stu, le Società di trasformazione urbana che avrebbero dovuto cambiare il volto di Parma, e che oggi sono sotto la lente di ingrandimento della Corte dei Conti, affondano nei debiti. Controllate dal Comune che le ha costituite nel 2007, annaspano tra richieste di rinvio della presentazione del bilancio, svalutazione del patrimonio e domande di ristrutturazione del debito. La Stu che avrebbe dovuto rifare la stazione ferroviaria autofinanziandosi con un piano edificatorio da 250 milioni, è esposta con le banche per 54 milioni. Gli immobili sono rimasti invenduti, i cantieri sono bloccati, la società si è prima aggrappata alla richiesta del concordato fallimentare poi all’esito della negoziazione con gli istituti di credito, che porterà a un incremento degli interessi passivi. Stessa cosa per la Stu Pasubio, che ha accumulato un debito di 74 milioni: la riqualificazione urbana che avrebbe dovuto portare a termine è ferma come i negozi e gli appartamenti che avrebbero dovuto sostenerla finanziariamente con le plusvalenze, grazie al successivo collocamento sul mercato. Quanto al metrò, opera da oltre 230 milioni definitivamente depennata, sono rimaste solo le spese già sostenute per la

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progettazione e il funzionamento della Spa incaricata di realizzarla. «Con le partecipate», dice Massimo Iotti, ex capogruppo consigliare del Pd, «il Comune ha tentato di generare entrate fittizie per aggirare il patto di stabilità”. Un trucchetto dell’ex giunta di Pietro Vignali (foto) sul quale indaga la magistratura contabile, e con cui dovrà fare i conti il nuovo sindaco Federico Pizzarotti. In tutto, le 48 partecipate dall’amministrazione hanno accumulato un debito di 500 milioni. Sette fanno parte della holding Stt, società di trasformazione territoriale. Natascia Ronchetti

Aipo

TEMPI BIBLICI ALL’AGENZIA DEL PO

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uattro anni fa Giuseppe Vezzani, sindaco di Brescello, poco più di 5mila abitanti sul versante destro del Po, in provincia di Reggio Emilia, la definì “una struttura borbonica che non funziona”. Oggi le cose sono forse un po’ migliorate, dice, ma “l’Aipo resta un pasticcio, un ente con un funzionamento vecchio che con estrema difficoltà riesce a rispondere alle richieste delle amministrazioni locali”. L’Aipo è l’agenzia interregionale per il fiume Po. Nata nel 2003, sede a Parma, ha ereditato le funzioni del vecchio Magistrato del Po: opere idrauliche per la sicurezza del bacino del più grande fiume italiano. Un bilancio di quasi 450 milioni, praticamente tutte risorse pubbliche trasferite dallo Stato alle quattro Regioni interessate (Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Lombardia), solo l’1 per cento arriva dai canoni di navigazione. Ha 369

dipendenti, un parco macchine di 100 auto, 12 uffici territoriali. E tempi biblici nella realizzazione delle opere confermati da un avanzo di amministrazione di oltre 235 milioni che si trascina da anni. «Non possono continuare a raccontarci la favola della mancanza di risorse», dice Stefano Vaccari, assessore alla Protezione civile della Provincia di Modena. «I soldi ci sono, ma vanno spesi. La verità è che l’Aipo non è un organismo elettivo. E non dovendo rispondere agli elettori si permette di ignorare le nostre continue sollecitazioni. Ancora non abbiamo visto traccia delle opere per la messa in sicurezza degli argini dei nostri affluenti, il Panaro e il Secchia. E sarebbero dovuti partire nell’autunno scorso». Quest’anno l’Aipo ha previsto investimenti per oltre 360 milioni. In realtà ogni anno mediamente vanno in porto interventi per circa 50-60 milioni. «Non che non ci siano lentezze ed errori», si difende il direttore Luigi Fortunato, «le lamentele sono strumentali. Un’opera pubblica richiede due o tre anni per essere appaltata. Altrettanti per essere eseguita. Le procedure sono lunghe, soprattutto in presenza di espropri: e non sono certo io a scriverle, ma i parlamentari». Natascia Ronchetti

Veneto Agricoltura

QUI C’È LO ZAMPINO DELLA LEGA

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l taglio era annunciato da 14 mesi eppure i vertici di Veneto Agricoltura (169 dipendenti, 17 sedi, 14 milioni di costo all’anno) si sono fatti trovare del tutto impreparati. L’ente che dal 1997 si occupa di ricerca e sperimentazione agroalimentare viene finalmente sottoposto Spesa corrente al netto interessi a una drastica cura In % del Pil 700.615 dimagrante: martedì 5 (*) previsioni giugno la giunta Zaia 687.709 approverà in via definitiva un 676.842 677.725 disegno di legge che riduce 670.381 672.627 il costo annuale da 14 a 7 660.639 milioni di euro, parifica il trattamento dei dipendenti ai livelli regionali (stipendi 43,5 43,2 più bassi), prevede 42,6 42,6 alienazione di immobili 41,7 e dismissioni societarie, 41,1 vincola la sperimentazione 40,6 all’effettivo beneficio delle imprese. L’autonomia dell’ente viene azzerata con 2010 2011 2012* 2013* 2014* 2015* 2009

Scommessa rischiosa

Foto: L. Daloiso - Giacominofoto / Fotogramma

per il presidente nazionale, salito dai 21.174 euro del 2008 a 25 mila euro del 2010, mentre rimborsi vanno anche a vice presidente, comitato esecutivo e sindaci, e c’è un gettone di presenza per il Consiglio nazionale salito negli stessi anni da 77 a 95 euro. Le spese per il funzionamento (505 mila euro nel 2010 per il personale e 270 mila per organi e consulenze) surclassano quelle delle attività istituzionali (380 mila euro, come detto), il personale viene assunto senza pianta organica, le scritture contabili sono carenti e non si capisce nemmeno quale sia la misura del contributo statale, tuona la Corte. Dovrebbero a dir poco fischiare le orecchie al presidente e alle 28 “unità di personale” della sua truppa Unms. Corrado Giustiniani

l’eliminazione del "dualismo insostenibile", come viene definito, tra l’amministratore unico Paolo Pizzolato (foto) e il direttore generale Giorgio Bonet. Due stipendi da manager per un ruolo che si sovrappone. Eppure con il tempo i due avevano trovato il modo per andare d’accordo. Entrambi sono in quota Lega, entrambi si considerano indispensabili. Quando Bonet è andato in pensione per aver superato i 45 anni lavorativi, è stato riassunto come consulente: perché non aveva ancora raggiunto i 65 di età, o perché sua moglie è Francesca Zaccariotto presidente leghista della Provincia di Venezia? Il triennio di Pizzolato è in scadenza ma nella relazione che ha predisposto scrive di aver fatto economie per 1.350.000 euro nel 2011 e gli pareva che bastasse. Il predecessore di Pistolato era Corrado Callegari, deputato della Lega e segretario del partito di Venezia, che mantenne il doppio stipendio sfidando il consiglio regionale, costretto ad approvare una legge per impedirlo. Callegari aveva validi collaboratori. Tra questi Giovanni Furlanetto, nominato consulente a 60 mila euro l'anno, più rimborsi spese e telefono, incarico che ha dovuto lasciare quando è stato eletto consigliere regionale per la Lega. E Antonello Contiero, ex autista di autobus, segretario della Lega di Rovigo, messo ad amministrare Intermizoo, società partecipata da Veneto Agricoltura, dove ha lasciato un buco di 800 mila euro, che Giorgio Bonet si vanta di aver ripianato in un solo anno. Coldiretti, Confagricoltura e Cia appoggiano il ridimensionamento dell’ente: in dieci anni gli agricoltori veneti hanno perso un terzo delle aziende, hanno i campi fagocitati da cemento e asfalto, sono impegnati sulla qualità e cercano un rapporto diretto con i consumatori, ma non sono aiutati negli investimenti dalle ricerche di Veneto Agricoltura. Il loro voto all’ente? Uno scarsissimo 4. Renzo Mazzaro

Ville venete

FONDI E MAZZETTE COPPIE PERFETTE

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uello che fu il glorioso Ente per le ville venete, voluto da Bepi Mazzotti e Giovanni Comisso, varato con legge

dello Stato nel 1958 e trasferito vent’anni dopo alla Regione Veneto come istituto autonomo, sta cercando di uscire dal pantano in cui l’ha fatto precipitare un’inchiesta su mazzette per i restauri. Il 14 marzo la Guardia di Finanza ha arrestato l’architetto Marco Brancaleoni, uno dei due funzionari dell’ufficio istruttorie che avvia l’iter per finanziare i restauri. Brancaleoni poteva gonfiare fino al 30 per cento i contributi manovrando sulle perizie e integrandoli con finanziamenti a fondo perduto pari al 20 per cento della somma erogata. A “prezzi” modesti: 5.000 euro a pratica, cosa che ha fatto pensare ad un “metodo Brancaleoni”. La discrezionalità era tale che il sostituto procuratore di Venezia Carlo Mastelloni parla di «inattività del potere di controllo e di ispezione interni». Il grigio anonimato in cui l’istituto versava da anni era senz’altro preferibile alla pubblicità ottenuta con l’inchiesta per la neo-presidente Giuliana Fonanella (foto), la quale aveva già intuito qualcosa, se appena arrivata aveva spedito al direttore Carlo Canato una lettera con l’istruzione di erogare il saldo del finanziamento solo a conclusione accertata di tutti i lavori. Canato è stato assunto nel 2007 dopo che il suo predecessore, Costantino Toniolo, imposto da Giancarlo Galan e dall'eurodeputata Lia Sartori, era stato fatto saltare in soli sei mesi. Toniolo era una soluzione politica per gestire il “capitale” costruito durante la gestione di Maurizio Gasparin, direttore dal 2000 al 2006, vero trasformatore dell’istituto. È Gasparin che promuovendo l’Associazione Ville d’Italia conferisce rilievo nazionale al patrimonio veneto: le ville veneziane sono oltre quattromila e surclassano come valore storico e culturale i castelli della Loira. I 12 milioni di euro che Gasparin porta a casa nel 2006 funzionano come fondo di rotazione. Nel 2010 per 34 pratiche sono stati concessi 6,5 milioni di euro di contributo, di cui 1,2 a fondo perduto; nel 2011 per 16 domande 4 milioni di euro, di cui 520 mila a fondo perduto. Ma in una pratica da 200-300 mila euro il fondo perduto può arrivare a 50 mila euro. Nel Cda dell’istituto siedono

anche i proprietari di ville, cosa che in passato originò polemiche per il sospetto che manovrassero i fondi a loro discrezione. Per tacere che fino a marzo dal fondo attingeva anche il “metodo Brancaleoni”. Giuliana Fontanella ha deciso di dare un taglio al passato: il nuovo bando per i finanziamenti ha, come primo criterio, lo stop al fondo perduto. Renzo Mazzaro

Resais

MISSIONE: ARRIVARE ALLA PENSIONE

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i chiama “Risanamento e sviluppo delle attività imprenditoriali siciliane”, ma tutti la conoscono come Resais. È interamente partecipata dalla Regione siciliana. Ogni anno brucia quasi 28 milioni di euro, somma quasi equamente divisa tra gli stipendi per le 342 persone in servizio e i 243 prepensionati. Le risorse necessarie per far camminare la Resais sono interamente a carico del bilancio regionale. La guida un solo dirigente, Nicola Vernuccio, fedelissimo del governatore siciliano Raffaele Lombardo: il poco più che quarantenne manager ha già ricoperto numerosi incarichi pubblici e politici, passando con nonchalance dalla poltrona di assessore provinciale di Palermo a quella della direzione generale dell’assessorato regionale all’Industria (chiamato come “esterno” proprio da Lombardo). Vernuccio è stato anche commissario provinciale del Movimento per l’Autonomia, il partito fondato da Lombardo. Per dirigere la Resais, al manager targato MpA viene corrisposto un gettone annuo di centomila euro. A cosa serve la Risanamento e sviluppo? Di sicuro non produce né beni, né servizi, ma soltanto costi. E quali sono i compiti dei suoi dipendenti? Una buona metà riceve l’assegno a casa, con carico di lavoro pari a zero: in pratica, si tratta una sorta di prepensionamento che comporta come unico obbligo il non lavorare in forma privata. L’altra metà dei dipendenti Resais è assegnata agli enti locali e agli uffici dell’amministrazione in Sicilia, a far compagnia all’esercito di oltre ventiduemila regionali. L’età media dei dipendenti è di 52 anni, mentre la data di battesimo della società risale al 1981. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 149


Economia Doveva essere il sostegno al volto imprenditoriale della Regione siciliana e alla sua costellazione di imprese, i cui business andavano dal settore tessile alle miniere di salgemma, dai consorzi agrari ai dolcetti e al vino. Sappiamo come è andata a finire: la vocazione imprenditoriale in salsa regionale è stato un disastro che ha accumulato un disavanzo di quasi 2 miliardi e mezzo di euro. Proprio a causa di quei fallimenti a catena la Resais, senza una missione operativa specifica, senza creare il risanamento e lo sviluppo promesso nella sua denominazione, è finita per diventare un serbatoio, la casa comune di tutti quei lavoratori che avevano perso il posto per il fallimento o la vendita delle imprese di mamma Regione. Al suo interno, nei gloriosi tempi di sperpero della Prima Repubblica agonizzante, sono arrivati a transitare sino a 2.600 dipendenti, quasi sempre senza compiti e attività da svolgere. Insomma, Resais è il carrozzone per antonomasia. Nonostante le falle del bilancio regionale, certificate dalle impugnative del Commissario dello Stato, organo titolato a ratificare la correttezza costituzionale delle scritture contabili della Sicilia, regione dotata di Statuto autonomo, la Resais continua ancora oggi ad assumere. L’ultima imbarcata è arrivata alla fine di aprile, ed è ancora una volta collegata all’ennesimo fallimento della pubblica amministrazione che si vanta di fare business: sono i 40 dipendenti dell’Ente Fiera del Mediterraneo di Palermo. Ancora oggi, il pacchetto azionario della Resais è sotto il controllo dell’Espi, l’ente siciliano per la promozione industriale, in liquidazione da oltre dodici anni. Quanto è costata ai contribuenti la Resais? Senza più una prospettiva di rilancio, in attesa cioè che nel 2020 l’ultimo dei dipendenti sia accompagnato sino alla pensione, la Resais dal 1990 sino ad oggi è stata una vera e propria pompa idrovora che ha drenato oltre un miliardo e cento milioni di euro. Risorse che sono state un costo a perdere per le casse regionali, senza creare alcuna prospettiva di sviluppo, alcun valore aggiunto. Certificando di fatto l’unico reale compito della società regionale: accompagnare i suoi lavoratori sino alla soglia della pensione. M.G.

Massimo Riva Avviso ai naviganti

Conto alla rovescia per trovare 4 miliardi IL MINISTRO PIERO GIARDA HA DETTO di

aver individuato nella spesa pubblica una prima area di 100 miliardi (circa un settimo del totale) «potenzialmente aggredibile da subito» con tagli significativi. Poi ha soggiunto che, su tempi più lunghi, sarà possibile intervenire su uno stock di uscite di circa 300 miliardi complessivi. In molti hanno capito fischi per fiaschi, tanto che alcuni giornali hanno disinvoltamente fatto titoli del genere: “Via subito 100 miliardi di sprechi”. Ora può anche darsi che, nel gran calderone del bilancio pubblico, un euro su sette sia effettivamente sperperato, ma per fortuna il buon Giarda è abbastanza responsabile da non sognarsi neppure di realizzare una sforbiciata da 100 miliardi nei prossimi mesi. E ciò perché un taglio di simili proporzioni, ammesso e non concesso che sia fattibile così in fretta, avrebbe un tale impatto sul sistema economico da far cadere il paese dalla padella della recessione nelle braci della depressione più nera. Rimettiamo perciò i piedi per terra. Aldilà dell’esigenza indiscutibile di sottoporre l’intera spesa pubblica a una severa revisione in ogni suo singolo capitolo, oggi questa operazione va commisurata a un obiettivo urgente e prioritario: realizzare risparmi nell’ordine di 4,2 miliardi per poter così scongiurare la tagliola di un aumento dell’Iva dal 21 al 23 per cento che altrimenti scatterebbe nel prossimo ottobre al fine di mantenere gli impegni assunti in tema di rientro del deficit. È chiaro a tutti, infatti, che quei due punti percentuali in più di Iva avrebbero effetti comunque esiziali su una congiuntura economica già minacciosamente in avvitamento verso il basso. La conferma che sia questo l’obiet-

tivo immediato è venuta dallo stesso commissario straordinario alla “spending review”, Enrico Bondi, il quale ha cifrato proprio in 4,2 miliardi la somma dei risparmi che ritiene di ottenere operando dentro il perimetro dei 100 miliardi disegnato da Giarda. A prima vista, quella di eliminare 4 miliardi di uscite su un centinaio non sembra una missione impossibile. Siamo però quasi a metà dell’anno e se alla fine del medesimo si vogliono avere oltre 4 miliardi in più in cassa occorre che di qui al 31 dicembre se ne taglino almeno fra i sette e gli otto. Più tardi agisce la forbice e più il conto diventa salato. Altro non piccolo inciampo riguarda i soggetti da coinvolgere necessariamente nell’operazione. La spesa da tagliare è quella della pubblica amministrazione nel suo complesso: dunque, anche quella di Regioni, Province e Comuni. Fino a che punto gli enti locali sono disposti a collaborare? Ci sono, per esempio, Regioni che – pur continuando a foraggiare ambascerie e missioni inutilmente dispendiose a Roma, a Bruxelles e altrove – reagiscono a ogni blocco di risorse vuoi protestando per asserita lesione della loro autonomia vuoi minacciando per ritorsione di smantellare servizi ben più indispensabili per i cittadini. A parte gli specifici decreti di taglio, è pronto il governo a predisporre strumenti legislativi atti a troncare sul nascere il rischio di una guerra di principio sui confini giuridicoeconomici fra Stato ed enti locali? Il precedente dello scontro sulla abolizione delle Province non induce a sperare per il meglio. Nel frattempo, il conto alla rovescia per l’aumento dell’Iva non si ferma. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 151


CASO SOPAF-DE AGOSTINI

Perdite. Errori. Litigi. E ora i soci della Network gettano la spugna. Con molti rischi DI LUCA PIANA

iquidazione coatta. Rischia di chiudersi con queste parole la prima avventura nel mondo delle banche di due importanti famiglie della finanza italiana, i De Agostini e i Magnoni. Lo hanno annunciato i commissari inviati dalla Banca d’Italia agli attoniti sindacalisti di Banca Network, un istituto di Milano che raccoglie e amministra i risparmi di 40 mila famiglie, per un totale di 2 miliardi di euro. Per i dipendenti dell’istituto è stata una mazzata. Soltanto sei mesi fa, i commissari arrivati da Roma li avevano riuniti nel grande atrio della sede, a due passi dalla Stazione Centrale, spendendo la loro autorevolezza per rassicurarli. «Siamo qui per costringere i soci a tirar fuori i quattrini e sistemare le cose. Voi continuate a lavorare come avete sempre fatto», avevano detto i due, Raffaele Lener e Giuseppe Bonsignore, entrambi con un curriculum lungo così, stimato professore universitario e avvocato il primo, manager il secondo. Passati sei mesi, durante i quali circa 130 dei 450 promotori finanziari si sono trasferiti alla concorrenza e i possibili compratori si sono defilati l’uno dopo l’al-

Foto: A. Dadi - AGF, S. Capra - Imagoeconomica

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Economia

Questa banca deve

CHIUDERE tro, le promesse non sono state mantenute. Se non verrà trovato un accordo in extremis con l’unico acquirente ancora interessato, sarà liquidazione. Un finale che, fra l’altro, rischia di lasciare una scia di cause legali da parte di quei clienti che si ritengono danneggiati. E che certificherebbe la magra figura che tutti, gli azionisti, i dirigenti e la vigilanza, stanno facendo nella vicenda. Per ricostruire com’è stato possibile arrivare a questo punto, occorre tornare al 2006, quando la Banca Popolare Italiana che fu di Gianpiero Fiorani è costretta, per rimettersi in sesto, ad avviare un piano di dismissioni. Per rilevare la sua rete di promotori (all’epoca Bipielle Net) si fa avanti una cordata che raccoglie l’Aviva, colosso britannico delle assicurazioni, la storica finanziaria Sopaf dei fratelli Magnoni e la famiglia De Agostini, proprietaria della casa editrice novarese nonché di altre attività, frutto della diversificazione compiuta dal manager Lorenzo Pellicioli. I problemi però iniziano subito. Fonti qualificate raccontano a “l’Espresso” DA SINISTRA: GIORGIO MAGNONI, LORENZO PELLICIOLI

che la Banca d’Italia aveva difficoltà ad approvare l’acquisizione per il ruolo di primo piano di soci non strettamente finanziari come Sopaf e De Agostini, visto il divieto per le imprese industriali di comprare più del 15 per cento di una banca (abolito solo nel 2008). I dubbi sembrano confermati da due fatti. Primo: l’allora governatore Mario Draghi ci mette 14 mesi a dare il benestare. Secondo: fra il luglio 2006, quando la richiesta di autorizzazione viene presentata, e il settembre 2007, quando si firma il contratto, la cordata subisce un maquillage. Dall’azionariato della holding Petunia, creata appositamente per comprare la Network, sparisce la De Agostini, che acquista direttamente una quota di minoranza nell’istituto. In Petunia rimangono Sopaf e Aviva, che ha meno azioni (il 40,6 per cento) ma formalmente comanda, visto che lo statuto le garantisce il 51 per cento dei diritti di voto. Per finire, la Popolare Italiana (ora Banco Popolare dopo un’altra aggregazione) non vende tutta la Network ma ne conserva una quota (vedi figura nella pagina successiva). Perché questo cambio? La speranza della Banca d’Italia, forse, era assicu7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 153


Economia

rare spalle più forti alla Network, mantenendo un gruppo bancario tra gli azionisti e affidando il controllo a una superstar della finanza come Aviva. Fatto sta che il tentativo di aggirare i vincoli produce una frittata. Se l’obiettivo era ridurre il peso di Sopaf, il risultato è solo formale, visto che la società guidata da Giorgio Magnoni acquista anche una quota direttamente nella Network e resta di gran lunga il socio più esposto nel blitz. I diversi azionisti, poi, hanno obiettivi diversi, che li fanno litigare non appena nascono i primi guai. Il 13 dicembre 2007, appena un mese dopo il suo insediamento, il nuovo amministratore delegato Marco Sturmann scrive agli organi di vigilanza dicendo chiaramente che il gioiellino pagato 104 milioni fa acqua da tutte le parti. Fra i punti critici ci sono: «la palese inadeguatezza» del sistema dei controlli interni, che non consente «un’assunzione consapevole dei rischi»; le perdite non rilevate in bilancio; i prodotti finanziari venduti senza margini di guadagno. I controlli-colabrodo sui promotori sono il problema più grave, che avrebbe dovuto far scattare l’allarme già in precedenza. Negli anni dal 2001 al 2007 la banca aveva pizzicato soltanto tre promotori colpevoli di truffe ai danni della clientela; dal 2008 al 2011 il numero sa-

Soci coltelli

La lettera di Sturmann dà il via a un balletto infinito. La Banca d’Italia, che Struttura azionaria di Banca Network Investimenti non aveva fino ad allora rilevato le pesanti criticità, nel giugno 2008 reagisce Sopaf Aviva con una lunga ispezione. Ne segue una (Famiglia Magnoni) Italia dura analisi delle manchevolezze e l’obbligo di aumentare il cuscinetto di capi59,3%* 40,6% Petunia tale per far fronte ai rischi. Gli azionisti si adoperano alle prime ricapitalizzazio49,9% ni ma poi litigano, man mano che i problemi si fanno più pressanti. De Agosti19,9% 14,9% Banca Network ni accusa la Sopaf (ma perde in tribunaInvestimenti le) di non voler rispettare l’impegno che si era assunta a ricomprarle la sua quo15,0% ta. La società dei Magnoni viene travolBanco Dea Partecipazioni ta dai debiti. Banco Popolare e Aviva soPopolare (Gruppo De Agostini) no tormentati dalle ombre sulla passata gestione: nel 2006-2007, prima dell’ar*Il 20,3% è detenuto senza diritto di voto rivo della nuova proprietà, Aviva aveva venduto tramite i promotori Network le a 15. In pratica, quando le verifiche si polizze assicurative index linked per 100 fanno più serie, saltano fuori le magagne milioni, che hanno causato ai clienti olaccumulate nel tempo. Anche il nuovo tre 56 milioni di perdite. Mentre, in gemanagement non sembra esente da col- nerale, le cause intentate da clienti che si pe, visto che riporta in azienda un pro- sentono truffati raggiungono quota 300, motore finanziario uscito in preceden- con danni per 40 milioni. za, Michele Acquaviva, che viene poi riAlla fine, nel novembre 2011, arrivatenuto l’autore di uno dei buchi più cla- no i commissari, che tentano di costrinmorosi, scavato in anni di attività. A gere i soci a coprire i buchi e cercano un onor del vero, però, è la stessa Banca compratore. Si fanno avanti in parecchi. Network a denunciare Acquaviva alla Esemplare il caso della Popolare VicenProcura di Napoli, avviando un proce- za, che chiede a Sopaf & C. di risarcire i dimento che sfocia nell’arresto. clienti delle polizze Aviva e fornire i quattrini per fronteggiare il contenzioso: richieste che cadono nel vuoto. L’ultima a proporsi è la piccola Consult Invest di Modena, che domanda ai soci Lo sfortunato copione dell’acquisizione della milanese Banca Network si è ripetuto, con qualche variazione, in Abruzzo. Qui è stata la Cassa di Risparmio della Provincia l’impegno a non far fallire la banca. Indi Teramo (Tercas) a comprare la vicina Cassa di Pescara (Banca Caripe), messa in terpellato da “l’Espresso”, Lener dice di vendita ancora una volta dal Banco Popolare. Un’occasione unica, per la Tercas, che non poter entrare nei dettagli sullo staha così potuto raggiungere quote di mercato molto spinte nella propria regione (fino to di quest’ultima trattativa: «Certaal 44 per cento in provincia di Teramo). A colpire, in questo caso, sono soprattutto i mente la situazione molto difficile del tempi compressi con i quali dall’apogeo si è passati al tracollo: Tercas, ottenuto il via mercato e la presenza di un forte contenlibera della Banca d’Italia, si è accordata per comprare la Caripe nell’ottobre 2010, in zioso non facilitano un’acquisizione un periodo in cui il Banco Popolare era alle prese con un difficile aumento di capitale; che, in generale, potrebbe interessare a nel dicembre successivo ha versato al Banco la prima tranche semestrale di 70 molti», spiega. Anche in caso di liquidamilioni di euro, su un controvalore totale da sborsare di 228 milioni; nel settembre zione coatta, sentito il commissario, 2011 il numero uno operativo del gruppo bancario, il direttore generale Antonio non dovrebbero esserci problemi per i Di Matteo, è stato sostituito; il 3 maggio 2012, un anno e mezzo dopo il blitz sulla depositanti, in quanto coperti dal fondo Caripe, la Banca d’Italia ha commissariato la Tercas. L’istituto di vigilanza, che rischi interno, da polizze assicurative e, ha da poco concluso un’ispezione nel gruppo abruzzese rilevando «gravi irregolarità in ultimo, dal Fondo interbancario di tue violazioni normative», ha comunicato che, sulla decisione di commissariarlo, tela dei depositi. ha influito il coinvolgimento di Tercas in un procedimento penale relativo al fallimento Rimane il problema di chi potrebbe in di un gruppo immobiliare. Le cronache hanno subito puntato il dito sul crac da 500 futuro far causa, vincere in tribunale e poi milioni del gruppo DiMa Costruzioni, nei confronti del quale la banca era esposta restare senza risarcimento causa casse per 23 milioni. Guardando la cronologia dei fatti, tuttavia, resta il dubbio vuote. Oltre, per i soci, quello di rimetterche la Tercas non fosse pronta a digerire il boccone Caripe. L.P. ci un po’ della propria faccia. ■

Bankitalia autorizza. E Teramo fa flop

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n. 23 - 7 giugno 2012

Società IDEE

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STILI DI VITA

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PERSONAGGI

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MODE

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TALENTI

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TEMPO LIBERO

Ricerche

Piccoli felici,grandi ricchi Bambini e adolescenti che crescono allegri e contenti hanno maggiori possibilità di riuscire nella vita, conseguire successi lavorativi, trovare l’anima gemella e godere di una ricca socialità. A dirlo è una ricerca di Jan-Emmanuel De Neve dell’Università di Londra e di Andrew Oswald della Warwick University. I quali, esaminando i primi anni di vita di migliaia di persone, hanno scoperto che un’infanzia spensierata comporta popolarità, affermazione e guadagno da adulti. Analizzando il grado di felicità da piccoli si è in grado di prevedere il livello di soddisfazione da grandi. Reddito incluso. Secondo la ricerca, un traguardo di oggi è un incremento di guadagno domani: chi a 22 anni conquista una vittoria significativa (un amore, la laurea cum laude) guadagnerà 2 mila euro in più a 30. Con un po’ di fortuna va anche meglio, vedi Jeff Bezos, il multi-

miliardario fondatore di Amazon, che da sempre racconta di avere avuto una splendida infanzia. Presentato alla conferenza della Royal Economic Society dell’Università di Cambridge, lo studio, che può sembrare bizzarro, è in realtà basato sull’analisi di 90 mila persone. E lancia un importante messaggio ai genitori: il benessere dei bimbi è la chiave del loro successo futuro. Micol Passariello

Foto: Corbis, B. Pedersen - dpa / Corbis, P. Hemmatat

ARCIPELAGO CINEMA

MIZUKA UENA

Danzatrice manga A una prima occhiata sembra un’eroina manga. Bella, magra, le gambe lunghe e sottili, ma capace di movimenti da supereroe. Ha 34 anni Mizuka Uena, e un viso da adolescente. Ma di strada ne ha fatta tanta. Partita da Kobe, Giappone, inseguendo i suoi sogni è arrivata sui palchi più prestigiosi del mondo, dal Teatro alla Scala di Milano al Palais Garnier di Parigi. Ha iniziato a danzare a cinque anni, incoraggiata dalla madre. Ha subito rivelato un incredibile talento, coltivato nelle scuole più importanti, come l’Académie de Danse Classique Princesse Grace di Monaco, dove si è diplomata neanche diciottenne. Ballando silenziosa in punta di piedi è diventata la stella del Tokyo Ballet e una star internazionale. «Il balletto non appartiene alla tradizione del mio paese, ma il Giappone ha una grande passione per questa arte», spiega. Gira il mondo in tournée ma le emozioni più forti le prova quando balla a Tokyo. Dopo un’infinità di performance, dal “Lago dei Cigni” a “Notre-Dame de Paris”, da “Romeo e Giulietta” al “Don Giovanni”, “Bolero”, “Don Chisciotte” e la “Sylphide”, attualmente è in tour con la sua compagnia, proponendo “The Kabuki”, nella versione messa in scena da Maurice Béjart. M. P.

Lo scenario ricorda il cult-movie “The Beach”. Anzitutto per la spettacolare baia in Thailandia, poi perché la curatrice è Tilda Swinton. Produttrice e ambientalista, l’attrice, col filmmaker Apichatpong Weerasethakul, vincitore della Palma d’Oro 2010, ha ideato, insieme a Nat Sarasas e Chomwan Weeraworawit, fondatori della Film on the Rocks Foundation, un festival dall’atmosfera surreale, il Film on the Rocks Yao Noi (filmonthe rocksyaonoi.com). Per quattro giorni e quattro notti, artisti, cineasti, appassionati, ecologisti, si isoleranno dal mondo civile per immergersi nella natura selvaggia, tra rocce e calette. Le proiezioni avvengono in mezzo al mare, su una strepitosa piattaforma chiamata Archipelago Cinema, dell’architetto - allievo di Rem Koolhaas - Ole Scheeren. Come un atollo, si raggiunge solo in barca. Tra performance, proiezioni, balli al chiaro LA BALLERINA MIZUKA UENO. A SINISTRA: di luna e cene con le prelibatezze della L’ARCIPELAGO DEL CINEMA, IN THAILANDIA. coppia di chef di Bo.lan, a Bangkok, SOPRA: UNA BAMBINA l’appuntamento è per marzo 2013. M. P.

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Società Anniversari

Chi li rimpiange. Chi da quegli anni non si è mai svegliato. Chi ne rinnova il mito. Mezzo secolo dopo è ancora passione per i Fab Four

BEATLES RELOADED

I

l prossimo 5 ottobre si celebreranno i 50 anni dall’uscita di “Love Me Do”, il primo 45 giri pubblicato dai Beatles. Un evento che segna uno spartiacque, non solo per la storia della musica. Come sappiamo il “secolo breve” da quel momento sarà scosso da una rivoluzione epocale. E niente poi sarebbe stato più come prima. A cominciare dal modo in cui il mondo avrebbe cominciato a considerare i suoi idoli pop dopo il fenomeno della beatlemania; pensiamo allo yoga e alle filosofie orientali diventati di moda in Occidente dopo il viaggio in India dei Beatles; al fascino dell’Lsd sdoganata a livello di massa dal viaggio psichedelico di “Sgt. Pepper’s”; ai famosi BedIn di John e Yoko, prime conferenze stampa - happening; al Concert for Bangladesh di George Harrison, antesignano di tutti i Live Aid. Per non dire del logo Apple, la famosa mela Granny Smith che campeggia sui loro dischi e che Steve Jobs con un semplice morso ha trasformato nel più potente simbolo della comunicazione ai tempi di Internet. Per questo la risposta al quesito di fondo, cioè quale sia oggi l’influenza dei Beatles è un’altra domanda: perché non 160 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

possiamo non dirci beatlesiani. Nessuno naturalmente immaginava che John, Paul, George e Ringo, quattro ragazzi di Liverpool che avrebbero presto chiamato i Fab Four, avessero il potere di scatenare quel finimondo. Neppure George Martin, il responsabile artistico della Emi/Parlophone, che riuscì a tradurre in forma musicale compiuta le loro idee geniali. Lo stesso Martin in “The Summer of Love”, il suo diario di quella memorabile stagione, racconta che la prima volta pensò che la loro musica non fosse un granché. Ma al tempo stesso intuì che quei tipi erano diversi da ogni altra band avesse mai incontrato: avevano carisma, talento da vendere, erano sfrontati ma mai volgari e soprattutto possedevano l’ingrediente indispensabile per il successo, la qualità di piacere. Tutti sappiamo com’è andata a finire. In otto anni, tanto durò la loro folgorante parabola tra il botto iniziale di “Please Please Me” e la dissolvenza di “Let it Be”, con 12 album e oltre 200 canzoni, poi tutti a casa e ognuno per la sua strada, i Beatles stabilirono il canone mai superato per fantasia, complessità e leggerezza della musica giovane. Categoria che iniziava ad acquistare

consistenza e fisionomia proprio al principio dei “Fab Sixties”. Portando Lennon & McCartney a superare quanto a popolarità e numero di cover spaziando dalle versioni per ukulele alla bossanova al jazz (solo di “Yesterday” ne esistono 3 mila versioni) l’altra celebre coppia del tempo, Leiber & Stoller, autori fra l’altro di “Hound Dog”, “Jailhouse Rock” e altri storici successi di Elvis Presley. Ma soprattutto i Beatles erano una band, la prima della storia capace di conquistare popolarità planetaria. Prima di loro solo “The Pelvis”, e Frank Sinatra, avevano scatenato un delirio simile. Ma erano single star. Invece John, Paul, George e Ringo erano star tutti e quattro e suonavano canzoni composte da loro: “She Loves You”, “Help!”, “Ticket To Ride”. Roba travolgente, mai sentita prima, piena di lampi surreali proposti con una carica vitale e una simpatia contagiosa. L’altro fattore vincente è che non fossero tutti belli e

Foto: Hulton-Deutsch Collection - CORBIS, D. Magnus - Rex Features / Olycom

DI ALBERTO DENTICE

bravissimi. C’era anche il simpatico tenerone, Ringo, il batterista che odiava gli assoli. Uno palesemente inadeguato. Ma tutti assieme erano i Fab Four. Non un complesso di superfichi costruito a tavolino ma una band di amici, complici e solidali. Il loro motto, mutuato da “I tre Moschettieri” era “Tutti per uno, uno per tutti” che in inglese suonava “With A Little Help From My Friends”. E anche questa pareva una cosa fichissima. In più quei quattro sembravano divertirsi un casino: viaggiavano su un sottomarino giallo, facevano impazzire le ragazze e la loro musica avrebbe sconfitto i “Biechi Blu” portandosi via tutto il grigiore e la malinconia anni Cinquanta. Impossibile non innamorarsene. Mezzo secolo dopo quel sonoro Big Bang, c’è an-

cora gente, ex ragazzi con i capelli bianchi, che non riesce a svegliarsi da quel sogno. E milioni di altri, i loro figli e nipoti, che lo rimpiangono con nostalgia. Del resto come dargli torto? Si dice che la musica che ascoltiamo tra i 14 e i 16 anni lasci un imprinting indelebile. Un tatuaggio emotivo che ci si porta dentro per sempre. Per questo certe canzoni, come le “madelaine” proustiane, continuano a evocare gli spiriti dell’adolescenza. È lecito immaginare che nell’età della formazione svegliarsi ascoltando i Beatles piuttosto che i Nirvana o i Tokio Hotel non sia la stessa cosa. E questo sebbene Kurt Cobain e gli altri abbiano entrambi ammesso di essersi ispirati a piene mani ai Fab Four. Del resto potrebbe essere altrimenti? Certo che no! L’impressione

FAN DEI BEATLES DAVANTI A BUCKINGHAM PALACE, A LONDRA, NEL 1965. A SINISTRA: IL GRUPPO, NEL 1967

è che a cinquant’anni da “Love Me Do” l’influenza seminale dei Fab Four continui a espandersi nella moderna pop culture come una nuvola di latte nel tè. E non solo nella musica. Basti pensare alla moda, all’uso creativo della comunicazione e del marketing, a “All You Need is Love” (1967), la prima diretta tv in mondovisione. La stessa ossessione mostrata dai “Blues Brothers”, film cult di John Landis del 1980, cioè quella di volere a tutti i costi «riformare la band» che rimanda al rito fondante compiuto da quei quattro ragazzi di Liverpool che circa vent’anni prima avevano 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 161


Società Successo in cifre 250 circa le canzoni composte da Lennon & McCartney e George Harrison 600

oltre milioni gli album venduti in tutto il mondo

10 milioni le canzoni vendute su iTunes 1.8 milioni gli album venduti su iTunes più di 3.000 le cover di “Yesterday” oltre 200 le storie a fumetti con protagonisti i Fab Four 8.000 i libri dedicati ai Beatles 47.5 milioni i dollari pagati da Michael Jackson nel 1985 oltre

per i diritti del catalogo Beatles

Foto: Bettmann - CORBIS

I BEATLES IN UNA SCENA DEL FILM “A HARD DAY’S NIGHT”, NEL 1964

guidato la “british invasion” alla conquista degli Stati Uniti. Basta riascoltare certi gruppi americani dell’epoca, i Monkees (occhio ai coretti e ai capelli) o i Birds (stesse sonorità acide della Rickenbacker dodici corde adoperata da George Harrison) e gli impasti vocali di Crosby, Stills & Nash per constatare i risvolti di quella pacifica invasione. Nessuno in quegli anni di turbinosa sperimentazione poté resistere alla rivoluzione permanente operata dai futuri baronetti sul piano dell’invenzione, della ricerca sonora e del modo di concepire i loro capolavori in vinile. Pensiamo solo a “Rubber Soul”, a “Revolver” e a “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band”. Una tripletta perfetta. Album talmente diversi e pieni di canzoni meravigliose che si è portati a credere fosse stata necessaria una lunga metabolizzazione tra uno e l’altro. Invece tutto si è consumato in meno di tre anni. E sarà Jimi Hendrix nel giugno del 1967, a tre giorni dall’uscita di “Sgt. Pepper’s”, a omaggiare con una versione cruda e travolgente della canzone l’avvento della “Summer of Love” e della stagione psichedelica. Neppure l’Italia del Piper Club fu esente dal contagio. Tra citazioni, scimmiottature, omaggi e imitazioni i complessi del Beat che attinsero al Sacro Graal sono tantissimi. I Giganti, l’Equipe 84, i Corvi, i Camaleonti, i Rokes solo per citare i più noti e naturalmente i Pooh, la versione più nazional popolare del Gospel beatlesiano. Nell’ulti-

mo decennio il quadro non cambia molto. Di band che si rifanno ai Beatles, inclusa l’imbarazzante e presuntuosa pantomima fornita dagli Oasis, ce ne sono parecchie. Lo stesso Bono Vox ha parlato della fondamentale influenza che i quattro di Liverpool hanno avuto sugli U2. Concetto ribadito da Prince, probabilmente l’esempio più riuscito di fusion tra la psichedelia black di

80 milioni i dollari versati da Steve Jobs alla Apple per poter utilizzare il logo con la mela

Hendrix, il funk di George Clinton e i Fab Four. Senza dimenticare i Blur (ascoltate “Beetlebum”) i Pulp (“Something Changed”) gli Smashing Pumkins (molte delle loro ballad acustiche hanno un gusto beatlesiano), i Verve (“The Drugs Don’t Work”). Perfino i Radiohead, band apparentemente distante anni luce, a uno sguardo attento mostra diversi parallelismi

Anche il jazz si accorse di loro DI MASSIMO NUNZI

Le innovazioni armoniche e melodiche introdotte dai Beatles sono state comprese appieno e sfruttate dai jazzisti, solo molti anni dopo l'avvento dei Fab Four. Fu in particolare, la melodizzazione dei centri tonali distanti e non consonanti a creare problemi ai jazzisti degli anni Sessanta. Nel rock e nel pop dell’epoca la cosa importante da seguire era la melodia e gli accordi che la sostenevano potevano non avere una progressione logica, sterzando senza preparazioni acconce verso altri lidi tonali. Questo spiazzava i jazzisti, legati al blues e alla struttura della canzone americana di Kern, Gershwin o Berlin. Tecnicamente parlando, alcune progressioni armoniche dei Beatles, pur essendo molto affascinanti, erano poco pratiche per l’improvvisazione “standard” del jazzista di quegli anni, che non riusciva a “scorrere” sugli accordi di “Michelle” o trovava banali certe “vamp”, considerate troppo elementari. L’altro problema era “politico”. Nasceva il Free Jazz e il “Black Power” e i Beatles erano comunque un “prodotto di massa”. Le cover jazzistiche ci furono ma non sono memorabili. Tentò Count Basie, ci provò Lee Morgan, con una versione di “Yesterday”, arrangiata da Oliver Nelson senza troppa convinzione. Miles Davis li ignorò del tutto, idem Bill Evans. La riscossa avvenne negli anni Ottanta, quando Pat Metheny, Bill Frisell, Charlie Haden, Randy Bracker, che avevano avuto modo insieme di “crescere” con quel suono, e con quello di James Taylor, Joni Mitchell, Crosby, Stills, Nash e Young, sono riusciti a “legare” i collegamenti tonali, forti anche del fatto che da John Coltrane in poi, la “mission”, era quella di allargare i confini armonici utilizzati per l’improvvisazione. Solo da allora, i Beatles hanno potuto essere inseriti con successo nei repertori del Jazz. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 163


Società Nonno Paul

Le loro canzoni appartengono a un presente infinito che supera le differenze d’età 164 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

PAUL MCCARTNEY IN UN TAXI, A PARIGI NEL 1964

con il loro lato più sperimentale. Viene da chiedersi come mai i ragazzini che ascoltano i Coldplay, i Franz Ferdinand, i Gorillaz e altri epigoni emersi dalla variegata galassia post beatlesiana non si dedichino all’ascolto dell’opera omnia dei Beatles, quelli veri. Potrebbero scoprire che ascoltati (o letti) uno dopo l’altro costituiscono il corpus di uno straordinario romanzo di formazione. Come ha intuito Julie Taymor, la regista del film “Across the Universe” (2007), progressiva presa di coscienza, sentimentale e politica di un ragazzo tra gli anni ’60 e ’70 attraverso le canzoni dei Fab Four. A sorpresa, oggi molti lo fanno. Lo dimostra l’impennata di vendite su iTunes del catalogo beatlesiano (1 milione 800 mila lp e 10 milioni di canzoni), da quando, a novembre scorso, risolto il contenzioso con la Apple Corps per l’utilizzo del logo mela (costo 80 milioni di euro), la società di Steve Jobs, beatlesiano ante litteram, si è assicurata in esclusiva la versione rimasterizzata per il Web dei 12 album originali (più il cosiddetto Album 1 con i singoli finiti al primo posto in classifica) realizzati dal quartetto di Liverpool. Il nuovo record, sommato agli oltre 600 milioni di album venduti in tutto il mondo, dà la misura dell’abisso che li separa dalla concorrenza. I Rolling Stones, gli storici rivali, in pista anche loro dal 1962, pur avendo prodotto molti più dischi, 29 album fino ad oggi, sembra ne abbiano venduti circa 200 milioni, meno di un terzo. Sarà perché le canzoni dei Beatles, “oggetti soffici” come le definì molti anni fa Gianni Celati nel bel

saggio “I cuori solitari” di Roberto “Freak” Antoni, così melodiche, elusive e perciò aperte a molteplici cortocircuiti di senso, risultano ancora di una modernità sorprendente. O anche perché gli eroi, quelli veri, non invecchiano. I Fab Four sono stati celebrati a tutte le latitudini con una fitta produzione di comic-strip che arriva fino a oggi. Non a caso il loro film più amato dai bambini è “Yellow submarine”, un cartoon. A dimostrazione che l’ascesa al rango di “Supereroi” vale più di una statua nella Rock’n’Roll Hall of Fame. La seconda ci consegna alla storia, la prima a un presente senza tempo. Come giustificare altrimenti le carovane di adolescenti che ogni giorno si recano in pellegrinaggio agli studi di Abbey Road, si fanno fotografare sulle strisce pedonali come nella copertina dell’album omonimo, quella con Paul che attraversa la strada a piedi scalzi e nella loro stanzetta tengono appeso il poster di “Let it Be”, come i loro coetanei di 30 o 40 anni fa? Il che vorrà dire molte cose, ma ne dice una in particolare come aveva intuito Edmondo Berselli, il funambolico opinionista di questo giornale, scomparso nel 2010, in uno dei suoi frequenti colpi di genio. E cioè che quella colonna sonora diventata parte dell’esperienza quotidiana di tutti appartiene a un presente infinito ormai indifferente alle scansioni generazionali. “Strawberry Fields Forever”, insomma. Ma anche “Michelle”, “A Hard Day’s Night”, “Eleanor Rigby”, “Lucy in the Sky”. Perle di arte pop destinate a brillare. Anche se riprodotte in modalità “shuffle”, casuale, da un iPod. ■

Foto: Popperfoto - Getty Images

«Mi amerai ancora quando avrò 64 anni?». La domanda posta da Paul Mc Cartney in “When I’m Sixthy Four”, uno dei suoi pezzi più celebri, può considerarsi a questo punto felicemente scaduta. Il 18 giugno infatti Sir Paul di anni ne compirà 70. Nel Guinness dei primati figura ancora come uno dei più ricchi e famosi compositori della storia del pop. Inoltre l’affetto incondizionato di milioni di fan, la forma fisica invidiabile lasciano supporre che il Nostro abbia davanti ancora una lunga e felice carriera. Dopo la morte di John (1980) e la scomparsa di George Harrison, visto il modesto contributo artistico fornito da Ringo alla causa, tocca a lui evidentemente il peso e l’onore di rappresentare i Beatles nel mondo. Proprio come cantava in un’altra famosa canzone “Carry That Wait” (da “Abbey Road”), alla luce dei fatti un titolo premonitore. Come autore, grazie a un innato senso della melodia e alla incredibile facilità compositiva, è stato il più prolifico dei quattro. Come Beatle il più piacione, sentimentale e diplomatico. Come marito un recidivo, tre volte sposo: con Linda Eastman, l’adorata prima moglie; con la modella Heather Mills che lo ha spremuto con una causa di divorzio milionaria; e con Nancy Shevel, sposata nel 2011. Figli ne ha avuti tre da Linda: Mary, Stella, ormai una nota stilista e James, musicista. Dalla Mills, una sola figlia, la piccola Beatrice nata nel 2003. Nella sua carriera post-Beatles, cominciata nel 1970 con la band dei Wings, McCartney ha inciso più di 40 album tra cui anche composizioni non pop come “Liverpool oratorio” e la recente “Ocean’s Kindom” del 2011. Come intrattenitore resta il numero uno. I suoi concerti, basati in larga parte sul repertorio Beatles sono uno spettacolo da non perdere. Come dimostra del resto la serie ininterrotta di sold out riscossa nell’ultimo tour.


Società Space Food

I

DI EMANUELE COEN

l menù è pronto: lasagne, parmigiana, risotto al pesto, caponata di melanzane, tiramisù. Cinque portate, dall’antipasto al dolce, disidratate, termostabilizzate e sterilizzate. Si chiama Space food (cibo spaziale) la nuova sfida di Davide Scabin. Ad aprile scorso l’eclettico chef del Combal.Zero, il ristorante due stelle Michelin nel Castello di Rivoli, alle porte di Torino, ha sottoposto i suoi piatti al giudizio decisivo di un gruppo di cinque astronauti negli uffici dell’European Astronaut Centre, a Colonia. C’era anche Luca Parmitano, che nel 2013 volerà verso la Stazione Spaziale Internazionale (Iss). Da siciliano di Paternò, aveva caldeggiato l’inserimento nella carta di alcune pietanze, tra cui la caponata di melanzane. Superato l’esame, Scabin in queste settimane sta preparando le prime 300 porzioni da consegnare alla Nasa entro giugno. A novembre, poi, i manicaretti per gli astronauti andranno sulla Iss, a bordo della navetta cargo russa Progress, e i sapori dell’alta gastronomia italiana per la prima volta in orbita. «Il solo pensiero di toccare qualcosa che andrà nello spazio mi fa venire i brividi. È benzina per il mio motore. Nella vita non ci sono solo i soldi, ma anche l’esprit», filosofeggia Scabin, che un anno e mezzo fa ha accettato con entusiasmo la proposta di Argotec, l’azienda aerospaziale di Torino che collabora con l’Esa. Un invito a nozze per il cuoco italiano più innovativo della sua generazione, l’inventore di piatti futuribili come “Cyber-egg” (un tuorlo d’uovo crudo abbinato a caviale, cipollotto e vodka servito in una camera d’aria di nylon) ed evocativi come “Piola kit”, una scatola servita alla fine del pasto prima dei dessert, dov’è racchiusa una “piola” (osteria in piemontese) con sei portate in miniatu166 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

LASAGNE IN ORBITA ra. «Combal.Zero è un laboratorio di progettazione permanente, mi sono sempre dedicato al design del cibo. Per ogni piatto partiamo da uno schizzo su un foglio di carta: se resiste allo stress produttivo, nel ristorante a pieno carico, vuol dire che funziona», continua Scabin. Di solito i piatti del cuoco torinese hanno solide basi scientifiche, ma stavolta serve un ulteriore salto di qualità. Anzi-

tutto per risollevare il morale degli astronauti, che vivono isolati per sei mesi in un ambiente estremo. Con una scelta tra menù americano, russo e giapponese. Agli europei, invece, è riservato un “pacchetto bonus”, ma niente di più. In tutto un’ottantina di prodotti. E poi sotto il profilo tecnologico: normalmente, infatti, prima di salire a bordo gli alimenti vengono sottoposti a procedure severe per eliminare i batteri: prima di essere mangiati quelli termostabilizzati e confezionati in scatolette o bustine (pane, tortillas, spezzatino, budini) vengono scaldati in una specie di scaldavivande elettrico, quelli liofilizzati (pasta, riso, pollo, pesche, fragole) reidratati con acqua calda o fredda, quelli secchi (salame, cioccolata, biscotti) spacchetta-

Foto: T. Van Houtryve - The New York Times / Contrasto

Davide Scabin prepara i piatti per gli astronauti della Iss. Così per la prima volta il cibo made in Italy conquista lo spazio

DAVIDE SCABIN SUL ROOF DEL RISTORANTE COMBAL.ZERO, A RIVOLI. NELL’ALTRA PAGINA: ALCUNI CIBI CONFEZIONATI PER LA STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE

ti e consumati come sono. Processi che riducono all’osso sapori, odori e colori. «Quando si è in orbita il gusto si affievolisce, un po’ come avere sempre il raffreddore. Per ovviare a questo problema abbiamo messo a punto alcune tecniche: ad esempio, ora siamo in grado di reidratare i cibi a caldo, prima solo a freddo. E stiamo lavorando per accorciare i tempi di reidratazione delle pietanze, dai 40 mi-

nuti attuali a meno di 30», spiega Scabin. Negli spazi angusti della navicella anche l’occhio vuole la sua parte, i colori influiscono sullo stato d’animo dei viaggiatori del cosmo. L’esperienza del team di Argotec, che addestra gli astronauti a compiere le operazioni a bordo della Iss e conosce bene le loro esigenze, si è rivelata fondamentale. «La vista è il primo veicolo di informazioni, arriva direttamente al-

la pancia, anticipa il gusto. Spesso anche il tatto arriva prima: dal grado di resistenza di un semifreddo al cucchiaio se ne intuisce la temperatura. A differenza di certi piatti, che con la sterilizzazione perdono le clorofille, con lasagne e parmigiana siamo riusciti a mantenere il colore rosso vivo anche dopo la reidratazione, così come il colore verde smeraldo per il risotto al pesto. È stata una sorpresa meravi-

Dai tubetti di Gagarin ai celebrity chef In oltre mezzo secolo ne ha fatta di strada, la gastronomia spaziale. Dai tubetti in alluminio con il cibo in poltiglia ai manicaretti dei celebrity chef, fino alla nuova era dei viaggi cosmici privati. Ecco le tappe principali, raccontate in “The Astronaut’s cookbook Storie, ricette e altro” (edito da Springer) di Charles T. Bourland e Gregory L. Vogt.

1961

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Yuri Gagarin, cosmonauta e aviatore sovietico, è il primo uomo a viaggiare nello spazio. A bordo della navicella Vostok 1 il cibo viene conservato in tubetti in alluminio da 160 grammi, simili a quelli per il dentifricio. A pranzo due porzioni di purea di carne e una di crema di cioccolato.

Sulla scia di John Glenn, il primo astronauta americano in orbita intorno alla Terra (missione Mercury), negli Usa si impennano le vendite della bevanda in polvere Tang, al gusto di frutta.

Per la missione americana Gemini la Nasa mette a punto alimenti più elaborati. I tubetti vengono abbandonati e i prodotti liofilizzati sono confezionati in appositi contenitori di plastica. Il menù include cocktail di gamberetti, pollo, verdure, budino e succo di mela.

Il 21 luglio l’uomo sbarca sulla Luna. Durante la celebre passeggiata gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin mangiano panini con insalata e prosciutto, bevande reidratate e “strisce” alla frutta. Le novità della missione Apollo: l’acqua calda, che consente di reidratare gli alimenti più facilmente, e un marsupio per mangiare con il cucchiaio.

A bordo della stazione spaziale americana Skylab i membri dell’equipaggio possono conservare gli alimenti in frigo e in freezer. Usano forchette, coltelli, cucchiai e forbici convenzionali per aprire i prodotti confezionati. Il menù cresce fino a 72 piatti.

Con lo Space Shuttle comincia una nuova era. La scelta si amplia, molti alimenti destinati ai membri dell’equipaggio sono disponibili anche sulla Terra. Da allora i menù vengono studiati da un gruppo di esperti Nasa nel laboratorio Space Food Systems, allo Johnson Space Center di Houston. Tra i cibi liofilizzati non mancano crema di funghi, zuppa di pollo, uova strapazzate. Dal 1985 arrivano le tortillas di farina, il pane preferito dagli astronauti.


Società Parmigiano su Marte COLLOQUIO CON ANDREA BORSARI DI EMANUELE COEN

gliosa», annuncia orgoglioso Scabin. E poi c’è la componente della sperimentazione, trovare le soluzioni giuste, ciò che all’inizio ritenevi complicato si dimostra facile e viceversa. Tentativi che vanno a vuoto e accelerazioni improvvise. Dice lo chef: «Prendiamo le scaloppine alla pizzaiola con le verdure: una volta reidratate ho scoperto che sono tenerissime. Al contrario, la panna cotta diventa un blocco di marmo impossibile da mangiare. Sulla scorta dell’esperienza Space Food ora mi ritrovo in cucina ingredienti di forma e consistenza inedita, come i cubetti di schiuma rossa di pomodoro. I risultati delle ricerche torneranno utili nel lavoro di tutti i giorni». Non è la prima volta che i celebrity chef incrociano le rotte degli astronauti. Qualche anno fa Alain Ducasse, attraverso il suo laboratorio Adf (Alain Ducasse Formation), aveva messo a punto un menù da

2000-2012

Nell’era della Stazione Spaziale Internazionale (Iss) i menù si diversificano, rispecchiando le nazionalità dei membri degli equipaggi: dal sushi giapponese al kimchi, il miscuglio piccante di verdure fermentate, piatto nazionale coreano. Gli astronauti americani oggi possono scegliere tra 185 prodotti (cibi e bevande), il menù russo ne prevede altri 100.

2003

leccarsi i baffi per i membri dell’equipaggio Esa sulla Stazione spaziale internazionale, a base di petto d’anatra ai capperi, quaglie arrosto al vino Madiran, pudding di riso alla frutta candita. E Harald Wohlfahrt del ristorante (3 stelle Michelin) Schwarzwaldstube, nella Germania occidentale, aveva risposto con guance di vitello brasate con funghi di bosco, zuppa di patate alla sveva e composta di prugne. Nessuno dei due, però, aveva preparato porzioni disidratate. Alla vigilia della consegna alla Nasa è emozionato il patron di Combal.Zero, sa che il progetto potrebbe aprire una nuova stagione per la cucina italiana. «Mi sento un pioniere», conclude Scabin: «Per la prima volta il cibo made in Italy viaggia nello spazio. La tradizione ligure del pesto e la caponata siciliana, la lasagna e la parmigiana. Magari un giorno anche i turisti spaziali potranno gustare i miei piatti». ■

Yang Liwei è il primo astronauta cinese ad andare in orbita. Sulla navicella spaziale mangia pollo stufato, pesce al vapore e, come rivelerà sette anni più tardi nella sua autobiografia provocando le proteste degli animalisti, carne di cane proveniente dalla provincia di Huajiang, nel Guangdong.

2011

Per l’ultimo viaggio dello Shuttle, l’8 luglio, gli esperti della Nasa preparano un pasto “all american” per gli astronauti, compresi due superclassici: baked beans (fagioli cotti in salsa di pomodoro) e apple pie come dessert.

L’Ibmp di Mosca ha selezionato yogurt, latte fermentato e parmigiano reggiano. Perché? «Anzitutto rispettano alcune condizioni ineludibili. Valori nutrizionali, buona appetibilità e facilità di consumo, lunga conservazione, mantenimento delle caratteristiche organolettiche e nutrizionali, peso ridotto. Ad esempio, non è possibile proporre liquidi: a bordo, infatti, l’acqua è presente in quantità predeterminata, va usata e poi riciclata. Dunque niente latte, che per circa l’86 per cento è composto da acqua. Il parmigiano reggiano, invece, possiede un alto valore nutrizionale e può essere conservato per 3-5 anni». Perché è così importante questa attenzione al cibo per gli astronauti? «La dieta influisce sul morale: la maggior parte degli alimenti viene cotta, liofilizzata e sterilizzata, quindi perde sapore. Abbiamo scelto prodotti già in commercio, liofilizzati e confezionati ad hoc, in grado di spezzare la monotonia del menù, uno dei problemi più sentiti dai membri dell’equipaggio. Non il semplice latte in polvere, ma yogurt ai frutti rossi, alla fragola e alla banana. Senza additivi né conservanti». Una dieta equilibrata condiziona la salute? «Certo, soprattutto l’equilibrio intestinale. Diverse funzioni del corpo umano sono collegate all’intestino, da cui dipende anche il sistema immunitario. Prodotti come Yomo Rinforzo Plus alla frutta, con fermenti lattici, probiotico Lgg, fibre Fos solubili, contengono microorganismi in grado di aiutare l’organismo a mantenere le funzioni intestinali salvaguardando il sistema immunitario».

Foto: S. D'Amadio

UN LABORATORIO DI RICERCA SUL CIBO

Andrea Borsari, responsabile scientifico di Granarolo, ha messo a punto alcuni cibi destinati ai sei astronauti, tra cui l’italiano Diego Urbina, che per 17 mesi sono rimasti in un ambiente isolato, molto simile a una navicella spaziale diretta su Marte. Si è concluso a novembre scorso l’esperimento, che fa parte del progetto di ricerca internazionale Mars 500 coordinato dall’Istituto per i problemi biomedici (Ibmp) di Mosca e dall’Agenzia spaziale europea (Esa). Le prove generali della prima missione umana sul pianeta rosso. In queste settimane è in corso l’ultima fase dei test biomedici sui membri dell’equipaggio per valutare i risultati.


Passioni CINEMA

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TAVOLA

n. 23 - 7 giugno 2012

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VIAGGI

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MOTORI

Protagonisti

Quando il rocker si fa in quattro

Foto: L. Cendamo - Blackarchives

U

n nuovo disco, un romanzo in libreria, un film in lavorazione, un tour con la band: è un’estate davvero piena quella che aspetta Simone Lenzi. Livornese, 44 anni, tra una laurea in filosofia mancata per un soffio e lavori da scrittore on the road (guida turistica, libraio, portiere di notte), Lenzi si fa un nome come cantante, anzi, come cantautore: sono quasi tutti suoi i testi dei Virginiana Miller, una band considerata tra le più interessanti nel mondo delle etichette indipendenti italiane. In questi giorni la band rilancia il suo disco migliore, “Gelaterie sconsacrate”, con le parole con cui Sandro Veronesi, scrittore ma anche critico musicale, lo recensì all’epoca della sua prima uscita: «Per quanto mi riguarda è il disco italiano che stavo aspettando da vent’anni», grazie soprattutto alla capacità di raccontare «l’infinita languidezza delle gioventù costiere consumate a veder sfrecciare treni che non si fermano». La nuova edizione prevede nuove tracce e nuovi supporti: oltre al cd, il disco sarà in vendita in digitale e in un vinile a tiratura limitata. Tra poco parte il tour: i Virginiana suoneranno il il 19 giugno a Bologna, il 26 a Livorno poi in giro per l’Italia. Arriva nei cinema in autunno invece “Tutti i santi giorni”, il film che Paolo Virzì sta girando dal romanzo di Lenzi “La generazione” (Dalai), storia semiautobiografica di una lunga serie di tentativi di avere un figlio. A. C. P.

SIMONE LENZI, ROCKER E SCRITTORE lE ’ spresso | 171


Passioni Cinema DEDALO, ICARO, PROUST E JOYCE. E LA CRISI DEL CAPITALISMO. IN “COSMOPOLIS” CRONENBERG AFFASTELLA TROPPI TEMI

Il film di Roberto Escobar

INUTILE ULISSE

U

no spettro si aggira per il mondo... Questo si sente e si legge (su un muro, in una scritta luminosa) in “Cosmopolis” (Francia, Canada, Portogallo e Italia, 2012, 108’). L’ovvio riferimento è a Karl Marx, anche se non del comunismo ora si tratta, ma del capitalismo. Anzi, della sua fase senile, elegante e crudele come sa essere il dominio finanziario del pianeta. E non è questa la sola citazione colta nel film che David Cronenberg ha scritto e girato a partire da un romanzo di Don DeLillo. Oltre all’autore del “Manifesto”, sono chiamati in causa almeno Marcel Proust come la sua stanza, la limousine del ricchissimo Eric Packer (Robert Pattinson) è foderata di sughero - e il James Joyce dell’“Ulysses”. Al pari del giovane irlandese Stephen

Dedalus, il giovane finanziere newyorkese Eric attraversa la sua città nel corso di una giornata. Il viaggio inizia una mattina con la ricerca di un barbiere che gli aggiusti il “taglio”, e termina nel buio della notte davanti alla pistola puntata di Benno Levin (Paul Giamatti), il terrorista la cui attesa segna per intero “Cosmopolis”. Con il suo nemico mortale Eric s’è appena concesso una pausa filosofica - così la chiama - d’una ventina di minuti, durante la quale l’altro gli ha enumerato tutti i motivi per cui è necessario che lo uccida. Quanto a lui, gli ha opposto argomentazioni confuse, ma non tanto da nascondere il filo di nichilismo che l’ha accompagnato per tutto il film. SOPRA: “COSMOPOLIS”. SOTTO: “MARILYN”; “VIAGGIO IN PARADISO”

La questione cui Cronenberg si applica è complessa. Il suo novello Ulisse è un re in trono (sul sedile posteriore della limousine, naturalmente), intento a dominare l’umanità e a deciderne le sorti con l’ausilio d’ogni tipo di marchingegno informatico. Ma è anche un novello sposo pieno d’energia e affamato della moglie Elise (Sarah Gadon), bella e ricca ma inappetente. Per sua fortuna, le Circe e le Calypso non mancano, vuoi nelle ristrettezze lussuose dell’auto, vuoi in più comode suite d’albergo. Intanto, le strade della metropoli sono percorse da orde di manifestanti, che agitano topi più o meno morti, proponendoli come nuova unità monetaria. E a un certo punto la vicenda di questo doppio del “Dedalus” di Joyce è accostata alla caduta di Icaro, figlio mitico del mitico Dedalo. Insomma, che sia merito di DeLillo o colpa di Cronenberg, “Cosmopolis” è zeppo di allusioni, citazioni, pensieri variamente profondi, preoccupazioni per le sorti del mondo e ubbie personali. In più, vaga in ogni dove quel tale spettro. Un po’ troppo. ★★✩✩✩

ALTRI FILM

Marilyn, di Simon Curtis, Gran Bretagna e Usa, 2011, 99’ ★★★✩✩ Nel 1956 Colin Clark ha 23 anni, e la fortuna di essere terzo aiutoregista - ossia, poco più d’un fattorino - sul set di “Il principe e la ballerina”, di e con Lawrence Olivier, ma soprattutto con Marilyn Monroe. Con lei, appunto, Colin passa una settimana densa di emozioni molto, molto forti. Una commedia teneramente crudele sulla solitudine della diva tra le dive.

Viaggio in paradiso, di Adrian Grunberg,

Usa, 2012, 95’ ★★★✩✩ Lasciata (forse) per sempre la grinta truce di “La passione di Cristo” e “Apocalypto”, Mel Gibson s’ingegna di tornare alla sua miglior maschera d’attore: quella della canaglia manesca quanto basta per raddrizzar torti. E ci riesce anche. Chiuso in una prigione sui generis di Tijuana, un rapinatore gringo sconfigge il boss locale e poi se la spassa al caldo dei tropici. Una sceneggiatura rocambolesca e convincente al pari d’una spacconata ben raccontata.

7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 173


Passioni Spettacoli

Musica Passioni TeleReality di Riccardo Bocca

PETRA MAGONI. IN BASSO: CONCERTO A SANTA MARIA DI COLLEMAGGIO

PAESE PARANORMALE

Giù le mani da Goldoni DI RITA CIRIO

Le intenzioni erano buone: «Cupa e vagamente claustrofobica, “I Rusteghi”, parla ancora al nostro tempo, all’intolleranza travestita da moralismo, alla mancanza di comunicazione di un’epoca che proprio della comunicazione fa il proprio vessillo», si legge nel programma. Ma nella messinscena di Gabriele Vacis le intenzioni sono state talmente stravolte e caricate di segni supplementari da far pensare che l’avveduto Goldoni sia stato scambiato a sua insaputa per una sorta di maldestro precursore di Brecht. Certo ci sono momenti interessanti nello spettacolo, attori maschi anche per i ruoli femminili che dapprima appoggiano soltanto sui corpi gli abiti muliebri prima di immedesimarsi nella parte, che poi eseguono al meglio, come fa Juri Ferrini; e poi l’apparizione suggestiva di quel gran rinoceronte preso a prestito dal quadro di Longhi a Ca’ Rezzonico. Mercanti che sanno fare solo soldi senza il sospetto e la voglia di un po’ di cultura e quel loro rifiuto di andare a teatro, cosa che per Goldoni è supremo peccato sociale in quanto rifiuto dello specchio in cui osservare la propria identità, i rusteghi qui troppo spesso vengono interrotti a pretestuose uscite dal ruolo per commentare pedantemente quel che accade e riportarlo all’oggi, si capiva lo stesso anche senza queste gomitate, da cartelli e filmati di cortei femministi, come se Goldoni non fosse abbastanza dalla parte delle donne, ai suoi tempi poi. Molto divertenti, ironici o sarcastici, gli attori, da Ferrini che ha perso 30 chili ma non la sua bravura, a Eugenio Allegri, Mirko Artuso, Natalino Balasso, con il loro garbo goldoniano asciutto, privo di vezzi rendono sopportabili anche le trovate di regia. IN ALTO: “I RUSTEGHI”. A CENTRO PAGINA: “MISTERO”

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miseria e della disoccupazione. Peccato solo, si diceva all’inizio, che a volte basti un dettaglio, un semplice dialogo, per svelare l’indole complessiva di una trasmissione. Ed è ciò che è accaduto a “Mistero” quando, con aria darkeggiante, Jane Alexander ha chiesto alla collega Barale: «Ma tu hai mai avuto esperienze paranormali?». E lei, soavemente sarcastica: «Paranormali no, ma anormali sì...». Della serie: è vero che siamo pagati per giocare ai fantasmi, e che questo Paese è ormai propenso alla resa incondizionata, ma non esageriamo.

Cd rock di Alberto Dentice

Brasile a ritmo jazz Un progetto che nasce dall’amore per la musica brasiliana quello di InventaRio. Ci si dedicano da un paio d’anni Giovanni Ceccarelli (pianoforte e tastiere) Ferruccio Spinetti (contrabbasso di Musica Nuda), Francesco Petreni (batteria e percussioni) e Dadi Carvalho (chitarre). Finalità e spirito della compagine, ricorda Spinetti, furono subito chiari: «Evitare i consueti stereotipi del genere e aprire un dialogo musicale molto libero tra il Brasile e il Mediterraneo che mettesse in conto la passione comune per il jazz». Così, dopo un primo album pubblicato nel 2010 i quattro musicisti tornano ora con un nuovo progetto, “Inven-

www.gliantennati.it

TeleSpot

è tra i primi: il povero Giuseppe è vessato dalla mamma che pretende di Davide Guadagni che faccia presto a unire l’Italia perché lei ha Tuttocompreso sulle chiamate Una volta (quando c’era il monopolio) i telefoni salvavano la vita. Ora si affannano nazionali. Più divertente e pertinente a cercare stereotipi o testimonial sempre dei precedenti e dei successivi. Una curiosità: l’agenzia è argentina, più clamorosi in una battaglia senza un destino segnato per l’eroe esclusione di corpi. Tim, col bravo dei due mondi. Marcorè e l’ottimo Marzocca, ripercorre Credits cliente: Tim la storia patria e siamo arrivati a Prodotto: Tuttocompreso Garibaldi. Della serie infinita il migliore Agenzia: Santo Direzione creativa: Sebastian Wilhelm e Maximiliano Anselmo Copywriter: Tomas Quartino, Lucas Panizza e Fabio Andreini Art director: Micol Talso Regia: Harald Zwart Casa di produzione: Indiana Production Punctum: «Sta in un’età difficile, risponde».

taRio incontra Ivans Lins”, frutto dell’incontro tra il gruppo italo-brasiliano e il grande pianista e compositore carioca. «Un artista meno famoso di Chico Buarque e Caetano, almeno qui da noi, in realtà un “musicista totale”, che

Ramones formato XL «Questo disco è la sorpresa finale di un uomo che amava continuamente stupire tutti, in special modo se stesso», dice Little Steven dell’amico Joey Ramone e del suo disco postumo “...Ya Know?”, allegato a la “Repubblica XL” di giugno (11,90 euro + il prezzo del magazine). Il chitarrista di Springsteen rende omaggio al cantante dei Ramones con un cast straordinario: Bun E. Carlos (Cheap Trick), Joan Jett, Andy Shernoff, Handsome Dick Manitoba e J. P. Patterson (Dictators), Holly Beth Vincent, Richie Ramone. Il progetto è curato da Mickey Leigh, il fratello del cantante, e dal produttore Ed Stasium.

Lirica di Giovanni Carli Ballola

VOCI DALL’AQUILA

Foto: Webphoto, Agf

Teatro

Capita, a volte, che lo spirito di un programma sia tutto riassunto in una battuta, un lampo che all’improvviso lo attraversa cogliendone il senso effettivo. È il caso di “Mistero”, appuntamento del giovedì su Italia1 (alle 21,10) dove la missione è esaltare il versante enigmatico dell’esperienza umana, saltellando tra servizi sulle anime di defunti irrequieti e altri su alieni in visita non autorizzata al pianeta Terra. Un percorso affidato a sei conduttori (da Jane Alexander a Marco Berry, da Paola Barale a Daniele Bossari, da Nicole Pellizzari ad Andrea Pinchetti in arte Pincketts) che ogni settimana saziano con diligenza la fame d’occulto del pubblico italiano. A loro, per contratto, tocca oltrepassare le colonne d’Ercole del grottesco e puntare i riflettori su mummificazioni anomale di cadaveri, presunte basi extraterrestri e zingarate di ghostbuster con tanto di sensitivi annessi. Esperimenti tutti da certificare, sotto il profilo scientifico, ma sintomatici di una nazione che volentieri si telerifugia in un universo dove gli incubi sono comunque meno spaventosi della

ha composto alcune delle pagine più originali della canzone brasiliana». Non a caso al progetto si è unito uno straordinario parterre di ospiti italiani e stranieri. Chico Buarque nel brano “Come me” (“Sou eu”) , Samuele Bersani, Vinicius Cantuaria (sua la chitarra di “Madalena”), Fabrizio Bosso, Maria Pia De Vito, Petra Magoni, Fausto Mesolella. Nell’album anche un brano inedito di Lins, “Imprevedibile”, con il testo firmato dall’espertone Max De Tomassi che ha adattato in italiano diverse canzoni. Folk brasiliano, canzone napoletana, sonorità blues, funk, gospel le diverse voci dialogano con sorprendente armonia. Grazie anche alla cura artigianale che lo stesso Lins, presente in fase di registrazione, ha riversato nel progetto.

Idea forte e nuova, quella di ricorrere al Triduo pasquale come basamento per farvi scaturire una «drammaturgia per sette testimoni e cori misti» negli spazi transennati della basilica di S. Maria di Collemaggio. E idea sostanzialmente religiosa nella sua strutturazione di evidente laicità, se è vero che su siffatti paradossi si fonda l’autentico messaggio cristiano. Non le solite voci recitanti, ma quelle di sette cittadini qualunque chiamati a evocare i loro cari qualunque, vittime di una tragedia di cui tuttora grida la desolazione dell’Aquila. Che fare, allora, in memoria di Claudia, Daniela, Giovanna, Davide, Matteo, madri, mogli,

sorelle, amici, figli e altre piccole vite stroncate? Non la solita commemorazione ufficiale, si sarà detto Guido Barbieri, l’ideatore. E neppure la solenne cerimonia funebre per soli coro e orchestra, si sarà detta la compositrice Lucia Ronchetti; ma la lettura di pagine di diario domestico, cui faceva da sfondo uno spaurito turbinìo di voci e suoni, dove il canto si lacera nel grido e il grido nel fragore. Fra tanta materica desolazione si elevava un canto

purissimo di Palestrina, “Adoramus te, Christe”: a ricordarci il mistero di Dio nel male del mondo. “Naufragio di terra” era titolata questa rappresentazione ideata dalla Società aquilana dei concerti B. Barattelli.

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Arte Passioni ART BOX

di Alessandra Mammì

Arte di Germano Celant

BIG ITALY A NEW YORK Nel territorio dell’arte e della sua informazione in Italia è passato inosservato un evento eccezionale, a maggio: la presentazione nelle più potenti gallerie di New York, in simultanea e in occasione delle aste di Sotheby’s, Christie’s e Phillips, della fiera Frieze e della Biennale del Whitney, quando il mondo dei direttori di museo e dei collezionisti è a Manhattan, di artisti italiani. Ecco l’elenco: Michelangelo Pistoletto da Luhring Augustine, Giuseppe Penone da Marian Goodman, Francesco Clemente da Mary Boone, Pier Paolo Calzolari da Marianne Boesky e Pace, Lucio Fontana da Larry Gagosian, Agostino Bonalumi da Barbara Mathes, Afro-Burri-Fontana da Hauch & Venison, Domenico Gnoli da Luxembourg & Dyan; le giovani Elena Berriolo da BravinLee e Lara Favaretto al Moma PS1. Un riconoscimento tanto del valore linguistico quanto del potenziale mercantile della nostra ricerca visiva, che sarà confermato dalle mostre di Alighiero Boetti al MoMa, del Futurismo italiano e di Alberto Burri al Guggenheim. Un cambio di segno dell’intolleranza Usa verso le vicende artistiche italiane con la conseguente valorizzazione del loro contributo, la cui unicità ha avuto effetto sull’immaginario e sulla cultura mondiale. Tutto questo mentre in Italia le istituzioni d’arte contemporanea, dal Madre di Napoli al Maxxi di Roma, sopravvivono in un limbo operativo o sono commissariati: dall’onore alla vergogna.

Architettura

di Massimiliano Fuksas

Foto: S. De Grandis - Prospekt

VIAGGIO NELL’ORRORE All’ennesima microscossa ho capito perché il pendolo di Foucault si ferma con difficoltà. Sembra, l’energia sprigionata da un terremoto, un’invisibile forza che può spazzare via tutto. E il tutto, per un sisma di magnitudo 5.9 della scala Richter, come quello che ha colpito l’Emilia, può includere, come accade in Italia, le recenti costruzioni realizzate sgarbatamente e frettolosamente credendo impossibile che l’energia del terremoto si potesse scatenare proprio lì. Perché mai, doveva la sfortuna abbattersi su un territorio che aveva conosciuto simili distruzioni solo secoli orsono? Sono le torri leggendarie, i castelli, le basiliche, simboli

di lunghi periodi della storia, che pagano il prezzo maggiore. Le recenti, orribili costruzioni, frutto della speculazione edilizia che di anno in anno riduce la campagna e la natura del nostro Paese trasformandoli in un ammasso di oggetti sparsi nel territorio, oppure, gli orrendi capannoni nati negli ultimi decenni inseguendo il sogno di un’imprenditorialità diffusa, vengono talvolta spazzati via dalle alluvioni selvagge o da terremoti. Come abbiamo ripetuto per anni, che fine ha fatto il paesaggio del Veneto, della Brianza o anche del maestoso corso del Po? Una fine meschina. È stato sostituito da villoni simili a concessionarie di Suv,

GRAFFITI E PAROLE Jenny Holzer. Sophisticated Devices. 1 giugno-28 luglio. Sprüth Magers. Londra Una nuova Holzer, questa di scena a Londra che collaborando con giovani graffitisti newyorkesi aggiunge ai suoi celebri led un paesaggio metropolitano più narrativo e colorato. Tra vagoni di metro coperti di graffiti fantasmi di corpi che appaiono e scompaiono fantasmi e in sovrimpressione le celebri e criptiche sentenze di Jenny dedicate questa volta alla paranoia che serpeggia nel mondo occidentale. IL RAGGIO ROSSO Maurizio Mochetti. Orizzonte degli eventi. Studio Miscetti. Roma D’obbligo l’appuntamento (06 68805880) per seguire il percorso di un laser che bucando muri, parte dalla galleria, ci porta nel caos creativo dello studio dell’autore, poi nella pulizia formale della casa degli architetti Lazzarini Pickering, e via negli spazi vuoti di un immenso loft abbandonato per poi uscire in strada e piantarsi sul muro del carcere Regina Coeli. Un titolo (“orizzonte degli eventi”) rubato alla fisica per un’opera che si rivela profondamente esistenziale e lancia un raggio di luce rossa sulla verità di luoghi ed esistenze. SOPRA: MAURIZIO MOCHETTI, “ ORIZZONTE DEGLI EVENTI”, 2012. IN ALTO: DOMENICO GNOLI, “RITRATTO DI LUIS T”, 1967. A FIANCO: TERREMOTO IN EMILIA

supermercati o outlet. Quanti milioni di metri quadrati costruiti? E da chi? Architetti, geometri, ingegneri: chiunque e nessuno. E il patrimonio insostituibile della nostra architettura? I centri storici e le torri che puntellano come segni visibili il nostro territorio? I governanti quanta attenzione hanno rivolto alla storia e alla cultura di un Paese che ha almeno il 70 per cento del patrimonio artistico-culturale mondiale? Forse un vento consapevole spazzerà via tutto questo. E nuove generazioni attente e sensibili compariranno. Come nei romanzi, in cui alla fine il riscatto arriva, ci saranno giorni migliori. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 177


Libri Passioni UN MANAGER. NELL’ALTRA PAGINA: DAVID BEN GURION PROCLAMA LA NASCITA DELLO STATO D’ISRAELE NEL 1948

Il romanzo di Marco Belpoliti

Barbari in casa Arbasineggia nel suo ultimo romanzo, “Resistere non serve a niente”, (Rizzoli, pp. 319, € 17) Walter Siti: ascoltatore di voci intorno a lui, o dentro di lui. Un tempo si sarebbe detto “un magnetofono ben temperato”, oggi è invece uno scanner o Skype dell’intorno. Così rivela, ma lo si sapeva già, la natura frivola e cinica della sua narrativa: spietatamente disposta a farsi ricettacolo del peggio attorno a noi, cui eleva, da vero moralista seicentesco, una ambigua e sottile lode. Siti è un cinico con la patente, un narratore che si presenta come autore di un romanzo storico, in cui, al posto di don Rodrigo, c’è un ex ragazzo

obeso, Tommaso, amante dei computer, figlio di un malavitoso omicida, diventato finanziere d’assalto. Insomma, un barbaro dei nostri tempi. Walter, sua spalla e orecchio, trascrive tutto quello che Tommaso gli racconta, e anche le persone intorno a lui, prima tra tutte Gabriella, una olgettina (nuova categoria sociologica). Un romanzo sociale? In una certa misura sì, visto che vuole raccontare cosa è la finanza al servizio della criminalità dei colletti bianchi (il racconto su come lavora Morgan, figlio di delinquenti con lupara e mitragliatore, è esemplare). Questa la trama, che comprende poi almeno un paio di

La lettura di Wlodek Goldkorn

PIETÀ E MEMORIA

scene-madre: lo sputo delle adolescenti e il rapporto sessuale con la ragazzina ceduta dal padre a Tommaso in cambio di finanziamenti economici. Ma il succo del libro non è qui. La storia, per cui si usa nella quarta impropriamente la formula leviana della “zona grigia”, è solo l’ennesimo trappolone alla Siti, per cui non vale tanto, o solo, ciò che racconta (anche quello, naturalmente), ma come lo racconta: un linguaggio fluido e nel medesimo tempo annodato, spigliato e denso, la miglior lingua in circolazione nella narrativa italiana. Per questo gli si può perdonare tutto o quasi: il cinismo (che è poi un sentimentalismo rovesciato), l’esagerazione sessualizzante, la volgarità trasformata in glamour, la sottile perversione omosessuale che attraversa questo libro dichiaratamente etero (negazione freudiana), il meraviglioso e sottolineato modo di strafare senza strafare, che è poi la sua prerogativa migliore, sempre eccessiva. Siti sa scrivere, e anche raccontare, ma alla fine, anche in questo romanzo storico-sociale, anche raccontando di Tommaso criminale normale, quasi simpatico, parla di sé: del suo profondo risentimento, del tormento che lo occupa, e lo costringere a torcere le parole in modo così lieve e insieme forte da farle quasi urlare.

Era destinato a diventare un generale, forse un ministro di governo, sicuramente un deputato di lungo corso al Parlamento di Gerusalemme Yoram Kaniuk. Ha scelto invece la carriera di scrittore solitario, lontano dal rumore dei media e dalle promozioni dei bestseller l’autore di questo libro forte e ambivalente, “1948” (traduzione di Elena Loewenthal, Giuntina, pp. 180, € 15). La storia è questa: un ragazzo poco più che diciassettenne che fa parte della “meglio gioventù” ebraica in Palestina (frequenta il più prestigioso liceo di Tel Aviv, la famiglia appartiene all’élite della società) si arruola nel Palmakh, le truppe d’assalto, rigorosamente di sinistra, che combattono per la nascita dello Stato d’Israele. Il testo è un insieme di ricordi di quei tempi: c’è poco eroismo e molto sangue. Kaniuk racconta dei sopravvissuti della Shoah mandati in prima linea e caduti senza che si sapesse il loro nome (erano considerati gli scarti dell’umanità). Narra dell’esodo, forzato, degli arabi

Cartooning di Oscar Cosulich

STRISCIA LA MAGIA

Il saggio di Gianluca Di Feo

178 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

inesplorato: “Controstoria della Liberazione” (pp. 360, € 19) pubblicato da Rizzoli non è solo un catalogo de “Le stragi e i crimini dimenticati degli Alleati nell’Italia del Sud”, come evidenzia il sottotitolo. I bombardamenti a tappeto che annullarono le infrastrutture e le industrie dalla Sicilia alla Campania, gli stupri di massa delle truppe coloniali francesi, gli eccidi di prigionieri e civili vengono raccontati con documenti inediti. È il diario di una vera occupazione, che distrusse le risorse rimaste e annichilì la speranza. Ancora più sorprendente però è l’analisi degli squilibri economici, con una

doppia gara a far circolare risorse nelle regioni settentrionali. Prima la Repubblica sociale, che investe “più liquidità nei territori controllati dai nazifascisti che in quelli governati dagli angloamericani”. Poi il piano Marshall, con gli aiuti che prendono soprattutto la strada del Nord per contrastare il consenso al Partito comunista. In questo lavoro Di Fiore crea la prosecuzione con i suoi saggi sui danni dell’unificazione sabauda, creando un ponte tra il 1861 e il 1945: due Risorgimenti traditi, che pesano ancora sul presente.

Foto: T. Merton - Getty Images, R. Capa - Magnum / Contrasto

MEZZOGIORNO DI FUOCO Se il Sud è così lontano dall’Europa le responsabilità sono tante. Alcune antiche, altre recenti. Ma c’è un capitolo di queste colpe che nessuno ha mai aperto: quello dell’occupazione alleata durante il secondo conflitto mondiale. Il Nord ha avuto la Resistenza e una forma di guerra civile, con una presa di responsabilità che è stata la base della ricostruzione. Sotto la Linea Gotica invece c’è stato un biennio di brutalità e mal governo, che ha reso ancora più drammatiche differenze ataviche. Con intuito giornalistico e ottima narrazione, Gigi Di Fiore per primo si lancia in questo territorio

palestinesi e di come nelle loro case, con la roba lasciata intatta, entrano i profughi ebrei reduci dei campi nazisti. Con saggezza da vecchi, Kaniuk ricostruisce una memoria preziosa, perché priva di sentimentalismo e piena invece di compassione per tutte le vittime. E il lettore finisce per capire la verità ultima di quell’anno, il 1948, in cui sorse lo Stato d’Israele.

Un dodicenne occhialuto ha il potenziale per diventare il più grande mago del pianeta: se pensate a Harry Potter siete in ritardo di sette anni. Infatti le avventure di Timothy Hunter (questo il nome del bimbo), che ne narrano l’approccio alla magia risalgono al 1990, mentre il celebre maghetto nasce nel 1997. Timothy Hunter è figlio del geniale Neil Gaiman, creatore e sceneggiatore della saga a fumetti Sandman e autore dei romanzi “Coraline” e “American Gods”. Qui Gaiman è affiancato da quattro grandi cartoonist (John Bolton, Scott Hampton, Charles Vess e Paul Johnson), uno per ogni storia della nascita di Timothy. L’idea editoriale era di rilanciare i personaggi magici dell’universo DC Comics, grazie a Gaiman il risultato è andato ben oltre, creando nuovi mondi dove passato e presente si

fondono. Il tutto è arricchito di citazioni per appassionati, come quella di John Constantine sulla guerra magica, combattuta nella saga di “Swamp Thing” in avventure scritte dal collega Alan Moore. “The Books of Magic” (Lion Comics, pp. 192, € 18,95) raccoglie “Il Labirinto Invisibile”, con lo Straniero Fantasma a condurre Tim nel passato, agli albori della magia; “Il Mondo delle Ombre”, dove Constantine lo guida ai misteri del presente; in “La Terra del Crepuscolo d’Estate” è Dr. Occult a condurre il ragazzo nei mondi di fantasia (e Gaiman concede un cammeo al suo Sandman); mentre “La Strada verso il Nulla” è un viaggio alla fine dell’Universo con il folle Mister E. Il percorso iniziatico è ricco di suggestioni prima della sorpresa finale, in un volume che è già un classico.

Come dire

Lapsus divino DI STEFANO BARTEZZAGHI In una e-mail scritta con uno smartphone leggo: “Accudenti”. Mi chiedo chi siano le persone “che accudiscono”, queste badanti a cui forse mi si vorrebbe affidare. Poi mi accorgo che è un “accidenti” venuto male, cioè un “accidenti” e mi meraviglio una volta di più per la magica sovrapposizione di gioco e caso. Rispondo: Lapsus magistralis! Tastierini minuscoli, tastiere “touch” a video, presbiopia, distrazione: gli errori sono in aumento ovunque, anche e soprattutto nelle scritture private e veloci. Quando parliamo commettiamo moltissimi errori di pronuncia senza accorgercene: per iscritto sono molto più vistosi, perché carta canta e display plays (anche se non con la stessa evidenza e persistenza). Alberto Savinio ha proclamato più volte la sua intenzione di far psicanalizzare la sua macchina da scrivere. La riteneva infatti responsabile di certe invenzioni che lo incantavano. Lui scriveva, e poi rileggendo il dattiloscritto scopriva che dove pensava di aver scritto “conto” aveva scritto “canto”. Un altro si sarebbe corretto. Lui, essendo Savinio, invece si soffermava, apriva una parentesi e raccontava al lettore cosa era passato a fianco al testo. Notevolissimo il caso in cui, nel comporre la prefazione alla “Città del Sole” di Tommaso Campanella, al posto di edificio si trovò ad avere scritto deificio, praticamente uno stabilimento per la produzione di dèi. Non è un lapsus rivelatorio? Bisognerebbe fotografare e collezionare questi errori, che ci introducono in mondi alternativi non molto meno affascinanti di quelli descritti da utopisti come appunto Campanella. Poi bisognerebbe affiancare validi correttori ai nostri istinti, fatalmente corruttori: e quando incorriamo in un errore, avere pietà dell’autore del testo sgorbiato e augurargli di trovare in futuro qualcuno che abbia miglior cura del suo testo. Dirgli, insomma: «Che ti venga un accudente». Anagramma: Errore di battitura = è brutto, t’irradierà. 7 giugno 2011 | lE ’ spresso | 179


Moda Passioni

PICCOLI IN FESTA Vestito di raso in seta color ciclamino (150 euro), ballerine con cinturino di pelle blu (96 euro), giacca di cotone tinto filo (190 euro), pantalone di gabardine (91 euro), scarpe in jersey e canvas (101 euro). Tutto della collezione Armani Junior (tel. 02 723181, www.armani.com)

Mix di materiali Sneaker in nylon e suede, con inserti catarifrangenti sul tallone e sulla punta e suola con stampa newspaper della collezione White Premiata (tel. 0734 891197, premiatagroup.it). In vendita a 180 euro.

Allegria floreale Per lei, maglia con lavorazione crochet e applicazioni floreali (475 euro), shorts in cotone color champagne (170 euro) e scarpe décolleté con fiocco laterale (285 euro). Tutto della collezione Tory Burch (www.toryburch.com).)

Versatile jeans Per lui, denim stone wash (195 euro), t-shirt in jersey con scollo a V (75 euro), camicia di cotone stampa a quadretti (135 euro). Tutto della collezione Jeckerson (tel. 02 89092166, jeckerson.com).

Gipsy chic Orecchini pendenti con dischi e boule in corno naturale dipinto e piccole boule di metallo color oro della collezione Marni (tel. 02 70005479, www.marni.com). In vendita a 490 euro.

a cura di Antonia Matarrese

Polo slim fit È realizzata in micro piquet stretch ed ha tre bottoni personalizzati, fettuccia di raso jacquard e doppio polso la Metal Button Polo Shirt di Piero Guidi (tel. 0722 59086, www.pieroguidi.com). Prezzo su richiesta.

Classico informale Abito in seta e lino due bottoni (1.730 euro), camicia in cotone stropicciato bianco (250 euro), sciarpa in seta pura (195 euro), stringata derby in vitello grigio con suola di para naturale (395 euro). Ermenegildo Zegna (tel. 800 012022, www.zegna.com). 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 181


Moda Passioni

Sport e orologi

TEMPO DA RECORD

Partner di Oracle in ogni tappa per la difesa del titolo durante la 34ma America’s Cup che si concluderà nella baia di San Francisco a settembre, il marchio di cronografi sportivi TAG Heuer, che appartiene al gruppo francese LVMH, fa rotta sull’Italia dove sta per inaugurare il primo monomarca. Come ci racconta Jean-Christophe Babin, presidente e Ceo Tag Heuer. TAG Heuer e lo sport: un sodalizio collaudato. In quali gare o discipline investirete maggiormente nei prossimi anni? «Siamo l’unica azienda a fabbricare cronografi meccanici ad altissima precisione, per questo l’automobilismo è e resterà il punto focale dei nostri investimenti sportivi, dalla Formula 1, con la partnership con McLaren-Mercedes a Le Mans con Audi. Inoltre, siamo partner dell’Automobile Club de Monaco e dell’omonimo Gran Premio e abbiamo realizzato un cronografo Carrera meccanico dedicato proprio a questo circuito». A proposito di prodotto, quali sono le caratteristiche del nuovo Aquaracer 500M al polso dello skipper Jimmy Spithill? «Innanzitutto raggiunge i 500 metri di profondità con lo stesso spessore con cui un orologio classico arriva a 50 metri. Senza dimenticare la ghiera in ceramica che, oltre ad essere esteticamente vincente, lo rende inscalfibile. Un mix di tecnologia e design che si pone come valida alternativa al mitico Submariner. Ma con un prezzo più accessibile». In quali direzioni sta andando l’espansione retail TAG Heuer? «Stiamo per aprire la nostra prima boutique a Venezia e, parallelamente, stiamo valutando altre possibilità, inclusi shop in shop nei maggiori department store internazionali. Sul fronte dei concessionari, puntiamo all’ottimizzazione, cercando di sostenere i più fedeli ed impegnati per superare la crisi grazie a prodotti ad alto contenuto innovativo e con un buon rapporto qualità-prezzo». Antonia Matarrese

EDIZIONI LIMITATE

Diventato famoso per le suole delle scarpe curve e basculanti, il marchio MBT lancia una special edition in collaborazione con 10 Corso Como. Il modello di partenza è il Karibu, con chiusura a doppio strappo regolabile, nella variante nera, in cuoio pieno fiore, con logo personalizzato MBT 10 Corso Como. La stessa scarpa viene declinata in pelle bianca con inserti neri a contrasto. Anche il packaging è stato creato “ad hoc”, con disegni di spirali, cerchi e pois che sfumano dal nero al bianco optical. In vendita esclusivamente nel negozio 10 Corso Como di Milano, in tiratura limitata di 100 paia. A. Mat.

Londra 2012

DIVISE CON LA GRIFFE Forte di un know-how specifico nell’abbigliamento tecnico da regata, con una ricerca costante sui materiali, sulle tecniche di produzione e sulla vestibilità dei capi, la griffe Prada ha siglato un accordo di collaborazione con la Federazione Italiana Vela per sponsorizzare la squadra italiana ai Giochi Olimpici e Paralimpici di Londra 2012. Oltre alle divise degli atleti, il marchio Prada sarà presente sugli scafi e sulle vele delle imbarcazioni in gara oltre che sui mezzi di appoggio del team. «Le classi olimpiche sono un passaggio insostituibile per far sbocciare il talento di un velista. Troppo spesso, però, viene dimenticato o sottovalutato l’altissimo potenziale anche in termini di comunicazione della vela olimpica. Per un marchio come il nostro, profondamente legato a questo sport, è naturale incoraggiare e sostenere i velisti del futuro», sottolinea Patrizio Bertelli, amministratore delegato del gruppo Prada. A. Mat. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 183


Passioni Beauty

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MAI RINUNCIARE ALL’ABBRONZATURA. MA NEMMENO SCOTTARSI. ECCO COME GODERSI L’ESTATE. SENZA RISCHI

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50ml.) che contiene un nuovo attivo anti “colpo di calore” estratto da una micro alga marina oltre a burro di karité nutriente, olio di prugna ricco di acidi grassi essenziali, olio di andiroba, lenitivo e rigenerante. 2. Profumo di Polinesia. Associa le note dei fiori di tiaré polinesiani agli accordi esotici dei fiori di Kaupe delle isole Marchesi e al complesso Tan-Protect, la texture leggera di Crème Protectrice Sublimante SPF 50 della linea Dior Bronze (32,23 euro, 50ml.) studiata per la pelle del viso. 3. Per zone sensibili. Protezione doppia, anti Uvb e anti Uva, per lo Stick Solaire Spécial Zones Sensibles Uva-Uvb 30 di

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tazione durante l’esposizione solare. 7. Menta contro le macchie. Contrasta la comparsa di antiestetiche macchie sul viso e protegge la pelle dallo stress ossidativo causato da foto-esposizione e inquinamento, Brightening Uv Defense SPF 30 di SkinCeuticals (32,27 euro, 30 ml). Adatta a tutti i tipi di pelle, contiene estratto di menta piperita, ricca di oli essenziali e flavonoidi, e estratto di mais che protegge contro il cadmio, metallo pesante altamente nocivo. 8. Azione antiossidante. Emulsione olio in acqua di facile applicazione per Lichtena Sole Spray SPF 30 (23,20 euro, 125 ml.), water resistant e senza parabeni. Contiene Sun Adaptive, brevetto esclusivo Giuliani che aumenta sia la produzione di melanina sia le difese della pelle al sole. E sempre Giuliani propone un integratore per pelli irritabili che aiuta a proteggere la pelle e gli occhi dai danni del sole grazie alla formulazione con Tecnologia Retard che permette, con una sola

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somministrazione al giorno, un graduale rilascio degli ingredienti nel tempo, Carotenplus di Lichtena (25 euro, 30 compresse), integratore alimentare studiato per pelli sensibili e irritabili. 9. Idratazione totale. Protezione dalle radiazioni Uva-Uvb e trattamento antirughe in un unico prodotto della linea Lancaster Sun Age Control: Anti-Wrinkle Radiant Tan Optimal Hydration SPF 30 (45 euro, 50ml.) difende la pelle dai radicali liberi grazie all’esclusivo complesso antiossidante, all’estratto di soia che stimola la produzione di collagene e alla proteina di riso che preserva le fibre dermiche. Da usare su viso, collo e décolleté. 10. Per pelli grasse. Texture innovativa che lascia la pelle asciutta e opaca per Emulsione anti-lucidità Effetto asciutto SPF 50 della linea Capital Soleil di Vichy (19,16 euro, 50 ml. in tubo). Un concentrato in polveri garantisce l’azione assorbente del sebo in eccesso offrendo un’alta protezione. ■

Occhio al neo Foto: Corbis

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A CURA DI RAIMONDA BORIANI E ANTONIA MATARRESE orari sbagliati, dimentica le zone sensibili (nuca, dorso del piede), non rinnova l’applicazione soprattutto dopo i bagni. Allarmante è poi il fatto che il 60 per cento di chi si ustiona si trova a fare i conti con cheratosi attiniche, carcinomi basocellulari e spinocellulari. ma ciò che è peggio è che le scottature, soprattutto se ripetute negli anni, aumentano il rischio di melanoma. Gli esperti ribadiscono l’importanza di una buona protezione. Ecco qualche novità di stagione 1. Doposole anti-age. Ripara la pelle stressata dall’esposizione solare e previene i danni dell’invecchiamento cutaneo Sunleya Après Soleil di Sisley (158 euro,

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Clarins: formulato con uno schermo 100 per cento minerale, contiene estratto di centella asiatica che stimola la sintesi di fibre di collagene. 4. Resistente all’acqua. Contiene un estratto vegetale attivatore della melanina e si assorbe in pochi minuti, Protect&Bronze Spray Solare FP10 della linea Nivea Sun (13,50 euro, 200ml.) in pratica confezione ergonomica. 5. Effetto rimpolpante. Mette insieme l’attivo ialuronico che contrasta l’invecchiamento cutaneo e il Melanin-Control che previene le macchie, la formula di Solar Expertise Crema Viso 50+ de L’Oreal Paris (14 euro, 75ml.), adatta per viso, décolleté e mani. 6. Tan ultrarapido. È adatto per pelli scure il Superabbronzante Intensivo Viso Ultra-Rapido SPF 6 di Collistar (26,20 euro, 50ml.). Ricco di estratti di alga corallina e di anguria, associa un complesso intensificatore dell’abbronzatura all’Oleil tirosina, che previene la disidra-

ARRIVA IL SOLLEONE li italiani si proteggono, ma si scottano, perché lo fanno nel modo sbagliato. È quanto emerge da uno studio , realizzato con il supporto di Adoi (Associazione dermatologi ospedalieri italiani) e La Roche-Posay. L’86 per cento dei 1.284 intervistati usano la protezione solare. Il 42 per cento sceglie un fattore di protezione uguale o inferiore a 20, utilizzando poco o per nulla occhiali (57 per cento), cappello (80 per cento) e maglietta (90 per cento). La maggior parte degli intervistati, però, finisce con lo scottarsi perché utilizza una protezione non adeguata, si espone in

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Myskincheck, progetto di prevenzione scende per la quarta volta in piazza. L’obiettivo? Sensibilizzare, una volta di più, sull’importanza della prevenzione del melanoma, un tumore della pelle guaribile, purché asportato chirurgicamente nella sua fase iniziale, quando ancora confinato negli strati più superficiali della pelle. Per parlare dell’importanza dello screening periodico, come della corretta esposizione al sole, l’iniziativa si articola in tre modalità complementari. Il tour Myskincheck (www.myskincheck.it) nelle principali città italiane, dove effettuare il test gratuito dei dermatologi. Poi le farmacie italiane, in cui reperire materiale informativo su prevenzione e corretta esposizione solare. Infine il sito dell’iniziativa, che fornisce approfondimenti e strumenti in vista della visita dal dermatologo. 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 185


Viaggi Passioni La Tavola di Enzo Vizzari

Luoghi da scoprire di Giovanni Scipioni

Estrema Irlanda

SAPORI DI FAMIGLIA

UN MENU CLASSICO. UNA CONSOLIDATA TRADIZIONE DI CUCINA DI PESCE. UN RICAMBIO GENERAZIONALE. E I RISULTATI, AL SAN MARTINO, RESTANO ALTISSIMI

Altre tavole LE VITEL ETONNÉ Via S. Francesco da Paola, 4 - Torino Tel. 011 8124621 Chiuso: lunedì; domenica sera Suggestioni da bistrot in salsa piemontese, servizio informale, ambiente curato, buona offerta di etichette (da scegliersi scendendo in cantina), cucina intelligente che, senza fronzoli né rudezze, strizza l’occhio alla tradizione contadina e non tradisce la stagionalità. Sui 25 euro. LA FABBRICA DEI SAPORI Via Spinetta, 84/c - Battipaglia (Sa) Tel. 0828 630021. Chiuso: lunedì Pizze di tutti i tipi, con grande attenzione alla qualità dei prodotti, dal pomodoro alla mozzarella, ma anche qualche piatto della tradizione napoletana: genovese, parmigiana… La fabbrica, ristrutturata con due grandi sale più un bar nel cuore della Piana del Sele, è la pizzeria più grande della Campania, vini di territorio e qualche birra artigianale. Servizio rapido e professionale. Costo: sui 20 euro.

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ma tavola, da una ventina d’anni fra le migliori cucine di pesce del Nord Italia, tappa di rigore per milanesi e bergamaschi ben prima del malaugurato avvento dei “carpacci”, del “crudo” e dell’epidemia di sushi et similia. Paolo, il primogenito, riceve, conduce la sala e si occupa della cantina, alimentata con scelte originali di etichette poco conosciute e in qualche caso interessanti, anche d’Oltralpe. Marco e Vittorio si dividono la cucina, che continua la linea classica avviata da papà Beppe e l’arricchiscono senza azzardi: hanno imparato la lezione e proprio non si sognano di smettere dalla carta quella che resta la miglior bouillabaisse d’Italia (con rouille e crostini d’ordinanza), il sontuoso plateau royal, il nobile e démodé astice all’armoricaine, quello straordina-

Bianco di Brianza

Nella Brianza ormai “sconsacrata” all’enologia, ma già celebrata da Mario Soldati nel suo imprescindibile “Vino al vino”, la famiglia Crippa è riuscita con coraggio e determinazione a rivitalizzare le antiche tradizioni locali con un progetto a largo respiro nato nel 2002. Oggi La Costa può così contare su nove, spettacolari ettari terrazzati di vigneto disposti ad anfiteatro all’interno del parco di Montevecchia e della Valle del Curone. Su un agriturismo rustico e accogliente. Su un’osteria di raro fascino, ricavata negli spazi di una cascina rurale del Settecento, che propone succulenti piatti stagionali della tradizione brianzola. E su una cantina in grado di misurarsi con successo sul fronte dei vitigni internazionali: il Solesta, uvaggio di riesling renano e chardonnay, è un bianco che coniuga polpa e freschezza; il San Giobbe è un Pinot nero di bel portamento varietale e il Serìz (merlot, cabernet, syrah) un rosso di buona stoffa. Tutti i tre intorno ai 18 euro in enoteca. Per dettagli: www.la-costa.it.

rio scorfano farcito che cita senza sfigurare il primo Joël Robuchon e il fragrante fritto con verdure. Per chi vuol deviare, oltre a un bel menu vegetariano, milanese a regola d’arte e formaggi selezionati. Cucina e sala girano in sintonia, l’ambiente è elegante, domina un azzurro rasserenante, il servizio è accompagnato dal sorriso. Un piccolo neo, però vistoso, in un quadro tanto positivo? C’è. La qualità dei pani è modesta, sono anche troppo vari ma non all’altezza dei piatti. Lo standard dei prodotti che la cucina impiega comporta prezzi sensibili: almeno 100 euro. SAN MARTINO - Treviglio (Bg) Via Cesare Battisti, 3 - tel. 036 349075 Chiuso: domenica sera e lunedì www.sanmartinotreviglio.it guide@espressoedit.it

Massimo Zanichelli SOPRA: L’AZIENDA VINICOLA LA COSTA; IL BURREN, IN IRLANDA. SOTTO: AGRITURISMO GUARNERA. NELL’ALTRA PAGINA: IL SAN MARTINO; I NASI DI PINOCCHIO

NASI DA GUSTARE L’ultimo nato della fortunata serie di cioccolatini è nero, fondente. Ma ci sono altri dieci “nasi di Pinocchio”, nella vetrina di Montanucci, caffè-pasticceria e cioccolateria nel centro di Orvieto. Sono in versione al latte o fondente: con pistacchio e torrone, alla nocciola, con scorzetta d’arancia, alla cannella, al caffè, al peperoncino. Quindici grammi di Cibo degli Dei che prendono spunto dal burattino di Collodi, effigiato nella scultura in legno di Gualviero Michelangeli all’interno del locale. Montanucci, fondato nel 1914, è una istituzione a Orvieto, e il pasticcere Moreno Gambelli, che vi lavora dal 1968, ha continuato la tradizione della torta al semolino creata da Rosina Montanucci. Oltre agli artistici “nasi” (a 0,90 euro l’uno), tavolette con frutta secca, i “morbidoni”, i baci, e i cuneesi (www. barmontanucci.it). Gigi Padovani

Sicilia bio

Foto: Destinations - Corbis

L’abito è nuovo, il cuore antico, ma ben tonico. Il “nuovo” San Martino vive brillantemente il passaggio generazionale, fatale in tante realtà, tra il fondatore Beppe Colleoni e i tre figli Paolo, Marco e Vittorio, a conferma, una volta ancora, che la vera forza della ristorazione italiana sta nelle famiglie (Pescatore, Calandre, Vittorio, Peca…). Si è compiuto, il passaggio del timone, contestualmente a un ambizioso rilancio: al ristorante primigenio si sono affiancati l’enoteca-boutique e il bistrot per il pranzo di mezzogiorno (La Smartino, sui 30 euro) e dall’anno scorso una quindicina di camere e suite arredate e rifinite con gusto, conforto non soltanto per la clientela d’affari ma soprattutto per i gourmet costretti a rimettersi su una strada spesso nemica dopo aver sostato alla tavola della Colleoni family. Un’otti-

CANTINE

In Sicilia, l’Agriturismo Guarnera è una dimora rurale dell’Ottocento, immersa in un fitto agrumeto. Offre un’ospitalità semplice e genuina, a partire dalla produzione biologica di olio, frutta e ortaggi, che diventano gli ingredienti del menu del suo ristorante. Passeggiate alla scoperta del parco delle Madonie ma anche relax sulle spiagge di Cefalù che si raggiungono in quindici minuti di auto (doppia

In inverno ha un aspetto lunare e se ti ci trovi da solo puoi provare un leggero brivido alla schiena, ma nella stagione buona puoi assistere ad un singolare spettacolo della natura, dove le colline di calcare si perdono tra i campi e si lasciano accarezzare dal vento. Siamo nel sud-est del Burren, in Irlanda, dove è stato istituito un parco di oltre 1.500 ettari. In questo angolo del mondo le colline, calcaree, presentano una sorta di tagli, fessure lineari, chiamate grikes, che formano a loro volta piccole rocce isolate. Un insolito disegno lunare interrotto dalla “volontà” della vegetazione. Una zona misteriosa, quasi deserta dove è possibile non incontrare automobili e dove le case sono come gli uomini che ci vivono, pochissime. Verrebbe voglia di cantare un famoso brano degli U2, “No line on the horizon”, nessuna linea all’orizzonte. Le parole e le musiche di Bono Vox sembrano adattarsi perfettamente a questa terra che somiglia a un perenne set cinematografico per film di fantascienza, di quelli che giravano gli americani negli anni Cinquanta, ma anche un pianeta della costellazione terra, poco abitato, silenzioso e assai coinvolgente. Sono possibili incontri ravvicinati con numerosi animali, lepri, volpi, capre selvagge ma anche con una infinità di farfalle, rane e pesci lacustri. Ci sono inoltre 89 specie di uccelli. Va fatta una visita alla grotta carsica di Aillwee. Si è formata per effetto dello scioglimento delle acque glaciali. Le stanze e i cunicoli che la formano ospitano numerose stalattiti e stalagmiti e l’acqua, che continua ad entrare dalla superficie, crea delle piccole cascate. All’interno della grotta, dove sono stati ritrovati resti di orsi, continui a credere di essere in un altro pianeta. in b&b da 45 euro, tel. 0921 428431; www.gargidicenere.it). Filosofia bio anche per il Re Carrubo, azienda che produce miele, mandorle e olio, nella Sicilia sudorientale. È il punto di partenza per visitare le città barocche e l’Oasi di Vendicari, un paradiso naturalistico con pantani salmastri, mare pulitissimo e spiagge immerse nella macchia mediterranea (doppia in b&b da 70 euro, tel. 338 7938798, www.recarrubo.eu). Luisa Taliento 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 187


Motori Passioni Auto di Maurizio Maggi

I GIAPPONESI AMANO LE CURVE ssere leader al mondo nell’auto ibrida è una soddisfazione. Ma la sobria Prius ha mai fatto voltare un passante incuriosito? Fatto battere un cuore? Difficile. Riponendo per un attimo nel cassetto l’ecologicamente corretto, alla Toyota hanno deciso di divertirsi con la GT86, una sportiva compatta, con la trazione posteriore e un prezzo abbordabile. Il lancio in Italia è affidato alla serie speciale First edition, un’esclusiva per il mercato tricolore: la si può acquistare solo su Internet e costa 29 mila euro. Ce ne sono 86 a disposizione, dipinte di rosso con le bande nere che fanno tanto racing. Chi se la compra ha diritto pure al navigatore e, soprattutto, a un corso di guida. Pure le GT86 “normali” staranno sotto i 30 mila euro, promette la Toyota, prevedendo di venderne 600 da qui a fine anno. Meno ambiziosi gli obiettivi dell’altra giapponese, la Subaru, la cui disponibilità di Brz per l’italico mercato sarà decisamente inferiore. GT86 e Brz sono state sviluppate insieme dalle due case e sono tecnicamente la stessa macchina. Cambia la carrozzeria. Più aggressiva la GT86, specie nel muso (e nella cromatica mise “milanista” della First edition), un po’ più sobria la Brz. Made in Japan, monta il motore boxer quattro cilindri della Subaru incattivito dalla tecnologia sportiva Toyota. Forse la taratura delle sospensioni

E

sarà diversa, sulla Subaru, ma lo si scoprirà solo quando arriveranno i primi esemplari della Brz. La giapponese è in teoria una quattro posti ma dietro si sta strettini e d’altronde non è un’auto per famiglie. Incollata all’asfalto, bassa come si compete a una sportiva golosa di curve, ha un look rétro e il guidatore e chi si siede al suo fianco hanno l’impressione di viaggiare rasoterra. Può avere il cambio automatico ma è molto più gustoso il manuale, dalla leva corta e gli innesti precisi. Benvenute, gemelline edonistiche del Sol Levante, i tornanti d’Italia vi aspettano.

Toyota GT86 First Ed. Prezzo: 29 mila euro (solo on line) Cilindrata: 1.998 centimetri cubi Motore: 4 cilindri boxer Potenza massima: 200 cavalli Velocità massima: 226 km/ora Accelerazione da 0 a 100 km/ora: 7,6’’ Cambio: manuale a 6 marce Consumo medio: 12,8 km/litro Emissioni di CO2: 181 grammi/km Lunghezza: 4,24 metri Bollo annuale: da 439,89 a 532,43 euro

Hit parade del risparmio Marca e modello

Costo in euro per fare 100 chilometri Fiat Punto Natural Power 4,16 Fiat Qubo Natural Power 4,16 Volkswagen Passat Tsi EcoFuel 4,26 Opel Zafira Tourer Cng 4,65 Volkswagen Touran Tsi EcoFuel 4,65 Kia Rio 1.1 Crdi 4,86 Smart ForTwo Cdi Coupé 5,02 Volkswagen Polo Tdi Blue Motion 5,02 Ford Fiesta Econetic 5,02 Citroën C3 e-Hdi 5,17

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Sono due Fiat a metano le auto con cui costa meno percorrere 100 chilometri in Germania. Lo sostiene il Car, Center for automotive research, dell’università tedesca di Duisburg, che ha calcolato i consumi di tutte le auto con motore termico, ibride comprese, vendute sul mercato

tedesco. Le prime cinque signore del risparmio sono tutte vetture a metano proposte da marche europee, mentre la sesta in classifica è la Rio alimentata a gasolio della coreana Kia. L’unica francese nella top-ten, al decimo posto, è la C3 diesel; fuori dalla hit-parade le ibride. La prima auto di lusso in classifica (di listino supera i 51 mila euro) è la Mercedes 200 Ngt. La graduatoria è stata messa a punto sulla base dei prezzi medi dei carburanti rilevati il 4 aprile scorso a Essen, in Germania, con il metano quotato 0,99 al chilo e il gasolio 1,52 euro al litro.

Auto

Dilemma Facebook Per Facebook non è un gran momento. Il debutto a Wall Street è stato poco esaltante e un’altra grana potrebbe arrivare dall’industria dell’auto a stelle e strisce, sostenitrice della prima ora della réclame sui social network. Adesso, infatti, ai piani alti di Detroit ci si comincia a chiedere se sia conveniente continuare a investire pubblicitariamente sulla creatura di Mark Zuckerberg. A buttare la pietra nello stagno è stato il colosso General Motors, che ha deciso di non pianificare più l’advertising sul proprio profilo di Facebook, dando così avvio a una riflessione generale. Perché quando a tirarsi indietro sono i numeri uno, un motivo ci sarà. «Facebook continuerà ad essere comunque parte integrante della nostra strategia di comunicazione», dicono quelli della GM. E ci mancherebbe, visto che GM spende circa 30 milioni di dollari all’anno per i contenuti da “postare” su Facebook. Il problema, semmai, è il ritorno delle spese pubblicitarie. Secondo alcuni analisti americani, «i social network

Moto Supersportiva all’italiana È un magnifico esempio di supersportiva made in Italy, la sensuale MV Agusta F3, e ha ben poco da invidiare alle potentissime superbike da un litro di cilindrata, al di là delle prestazioni pure. L’ultima creatura concepita dal geniale Claudio Castiglioni, morto l’anno scorso, ha alzato l’asticella tra le supersportive di media cilindrata, diventandone il nuovo punto di riferimento, quantomeno a livello di pacchetto tecnologico. La più “piccola” MV mai nata nella factory di Schiranna ha uno stile mozzafiato, esaltato dal particolare scarico triplo. E non è stata certo concepita in chiave economica, a partire dal motore da 675 cc, il più stretto e compatto della categoria: un gioiellino a tre cilindri, come sulle

VERSIONI ESTIVE

Passione vento

sono perfetti per diffondere e potenziare l’immagine di un marchio, ma non fanno vendere macchine». Dataium, azienda che studia il comportamento dei compratori on line, fa sapere che dei 20 milioni di visitatori unici mensili dei siti di dealers automobilistici, solo la miseria di 120 vi arrivano cliccando un link da Facebook, e tra questi in pochi richiedono informazioni che poi portano a una vendita. Insomma, non bastano 500 milioni di “contatti” per fare affari. Marco Scafati

PICK UP GENERAL MOTORS. A DESTRA: WRANGLER CABRIO. SOTTO: MV AGUSTA F3. NELL’ALTRA PAGINA: TOYOTA GT86; FIAT PUNTO NATURAL POWER

leggendarie moto di Giacomo Agostini, con valvole in titanio e cambio estraibile, ma soprattutto con albero motore controrotante, chicca più unica che rara a beneficio di una guidabilità formidabile. Manco a dirlo, la sua elettronica è al top: fa capo al controllo integrato Mvcis con acceleratore senza cavo ride-by-wire, che gestisce le quattro mappature di erogazione e gli otto livelli d’intervento del controllo di trazione. Senza dimenticare le altre numerose diavolerie opzionali, dai sistemi contro le impennate involontarie ilaunch control e anti wheeling, passando per la cambiata assistita. Il tutto accompagnato dal rauco ringhio tipico di un tricilindrico che, per goderselo al massimo, va portato vicino ai 15 mila giri. La MV F3 è davvero una tentazione per gli smanettoni, che andranno in brodo di giuggiole per la ciclistica deliziosamente neutra, precisa, ineccepibile. Maurizio Tanca

La Jeep cabriolet per l’estate 2012 veste di bianco. La Wrangler Summer Edition, riservata al mercato italiano, è disponibile infatti nell’unica colorazione, chiamata “Bright White”. È una serie a tiratura limitata che monta ruote in lega da 17 pollici e ha in dotazione sia il tettuccio rigido (hard top) che quello in tela (sunrider soft top). La speciale livrea è disponibile sia nella versione a tre porte che in quella a cinque porte, con prezzi a partire da 32.500 euro (per la più piccola, in abbinata col cambio manuale). Tradizionalmente, in Italia in pochi si comprano il tettuccio “estivo” come optional. La Bright White potrebbe invertire la tendenza. Perché la Wrangler è la Jeep più Jeep che ci sia e quando fa caldo, spassarsela sullo sterrato col vento in faccia e il climatizzatore spento ti fa sentire sulla Sierra Nevada. Anche se, in lontananza, s’intravvede il Trasimeno e non il Lake Tahoe.

MV Agusta F3 Prezzo: 11.990 euro Cilindrata: 675 centimetri cubi Motore: 3 cilindri, 12 valvole Potenza massima: 128 cavalli Velocità massima: 270 km/ora Consumo medio: 14 km/litro Capacità serbatoio: 16 litri Peso col pieno: 184 chilogrammi Altezza sella da terra: 81 centimetri Bollo annuale: da 102,31 a 116,72 euro

7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 189



Lettere

PER POSTA | PER E-MAIL | LE OPINIONI DEI NOSTRI LETTORI | N. 23 - 7 GIUGNO 2012

Risponde Stefania Rossini stefania.rossini@espressoedit.it

L’Espresso Via C. Colombo, 90, 00147 Roma. E-mail: letterealdirettore@espressoedit.it precisoche@espressoedit.it

10. Reperimento delle risorse necessarie con taglio radicale degli sprechi, pubblici e privati, e liberazione dai parassiti che li provocano. EUGENIO QUAGLIA, Roma

Costituzione stracciata

Io, lui e la spensierata Cara Rossini, sto uscendo adesso dal tunnel della separazione. Forse sono finiti i conflitti, l’impatto del tradimento, le mie implorazioni, le sue bugie, le inutili rappacificazioni, ma non finiscono gli strascichi. Invidio quelli che chiudono una storia e non se ne parla più, che dopo qualche anno incontrano per caso il vecchio partner e lo vedono come un estraneo qualsiasi. Per me non sarà così perché a unirci per sempre c’è una figlia. Una meravigliosa bambina di otto anni che ora soffre la separazione, fa domande difficili del tipo «perché non mi volete più bene?» e, come mi dice la psicologa scolastica, si sente responsabile della nostra separazione. Pare che i bambini la pensino sempre così, ma in questo caso, mi creda, c’è un solo e unico responsabile: un uomo che si è stancato di noi. Dormo da pochi giorni da sola in un letto ancora caldo della presenza di un marito che l’ha occupato per 13 anni e che ora ha fatto la valigia per andare a vivere con la ragazza (15 anni meno di me, 25 meno di lui) che l’ha accolto nel suo appartamentino da nubile spensierata. Mica come me che lavoro come impiegata otto ore al giorno, faccio la madre e curo la casa, mentre guardo il mio viso di quarantenne che lentamente scolora. Ho divagato ma quello che vorrei da lei è un consiglio: come orientarmi perché la bambina resti in rapporti anche con il padre? L'avvocato mi parla di affidamento congiunto ma io non voglio che faccia il pacco postale e passi metà della sua infanzia a casa della spensierata. Non mi resta che pretendere l'affidamento esclusivo. Ne avrei diritto per via del tradimento. Ma è giusto? Giovanna P. Questo è un consiglio che un’estranea non le può dare. Lei sta vivendo una fase tra le più faticose della vita adulta: la fine di un lungo investimento affettivo. Ne uscirà (perché se ne esce sempre) rafforzata e disincantata, e proprio per questo capace di un rapporto nuovo e più maturo. Ma ora, per la serenità di sua figlia, sta a lei scegliere la soluzione migliore. Tra le varie forme di affidamento, ce n'è una su cui l’invito a fare un pensiero. Non più di tre mesi fa il Tribunale dei minori di Trieste ha stabilito che una bimba di quattro anni dovesse rimanere nella casa dove è cresciuta e che fossero i genitori a darsi il cambio per accudirla. Non sarebbe un’idea anche per lei? Periodici giorni di libertà, sciolti da ogni vincolo, inventati ogni volta, per ricominciare a occuparsi di sé, solo come donna. Forse sul suo viso tornerebbe il colore.

Decalogo per la ripresa Sono fin troppo pesanti gli effetti del rigore sulle classi medio-basse, mentre per i milionari non si riesce ad ottenere lo stesso livello di sacrifici, o forse non ci si prova nemmeno. Idem per le aree di privilegio. Non rimane che passare alla fase della ripresa. Spero che il governo abbia le idee chiare: io non le ho, ma vorrei provare ad elencare i fattori indispensabili alla crescita: 1. Istituzioni professionalmente e moralmente all’altezza del compito. 2. Un quadro normativo chiaro, equo, fatto di sanzioni e incentivi veri e che promuova e 192 | lE ’ spresso | 7 giugno 2012

difenda l’interesse generale e non quelli particolari. 3. Una struttura amministrativa pubblica e privata, nazionale e locale, efficiente (quanto lavoro da fare!). 4. Infrastrutture adeguate. 5. Un’imprenditoria preparata, sagace, illuminata, onesta. 6. Costi di lavoro ed energia competitivi, ottenuti con una drastica riduzione del cuneo fiscalecontributivo, i primi, e con l’atomo, i secondi. 7. Sicurezza del futuro, riconoscimento del merito (ahimè, quanto difficile!). 8. Recupero del potere di acquisto delle classi medio-basse. 9. Maggior equilibrio nelle retribuzioni.

I miei figli studenti con meno di 26 anni sono proprietari della casa in cui abitiamo. Non hanno diritto all’ulteriore detrazione di 50 euro perché questa spetta solo ai figli del proprietario. Pinco Pallino, miliardario e proprietario della casa dove abita con due figli under 26 anch’essi miliardari, avrà diritto a 100 euro di ulteriore detrazione. Costituzione Art. 53: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Carta straccia. DOMENICO MEDIATORE, email

Il mio ruolo in Acqua Marcia Faccio riferimento all’articolo di Gianfrancesco Turano “Debiti in Bellavista” (“l’Espresso” n. 22), nel quale si dà notizia che sarei amministratore delegato del Gruppo Acqua Marcia dal giorno 26 aprile. In realtà, al momento, non ricopro alcuna carica all’interno del Gruppo. Il mio ruolo è di consigliare e aiutare il management e il CdA a mettere a punto il piano di ristrutturazione e di rilancio del Gruppo. Un piano al quale un qualificato nucleo di professionisti sta lavorando da tempo, e questo per salvaguardare l’azienda, i dipendenti e i creditori. MARIO RESCA

C’è un vampiro in Confindustria Il neo eletto presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, deve avere una predilizione per i vampiri o per i film dell’orro-

L’espresso: Via C. Colombo, 90 - 00147 Roma. E-mail: letterealdirettore@espressoedit.it

re. Nel suo discorso di insediamento ha pronunciato più volte la parola “emorragia”. Alla sesta mi pareva di vedere fiumi di sangue e ho spento. ALDO PASSARELLA, Milano

Ma la donna non è una lavatrice Tristezza e rabbia, dopo aver letto l’articolo di Adriano Sofri, su “Repubblica” (24 maggio): “Quando tutti i medici sono obiettori di coscienza”. Sempre più difficile abortire, per le donne in Italia. Anch’io sono contro l’aborto. Ma nessuno può negare che esistono casi in cui portare avanti per forza una gravidanza, significa compromettere la salute e la libertà di una persona. Una donna non è una lavatrice che, una volta programmata, e carica d’acqua e sapone, deve portare a termine il suo ciclo. ELISA MERLO, email

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N. 23 - ANNO LVIII - 7 GIUGNO 2012 TIRATURA COPIE 372.100


In edicola la prossima settimana Venerdì 8 giugno 1° Cd a 8,90 euro in più con l’Espresso + Repubblica

I GRANDI MUSEI D’EUROPA - LONDRA

National Gallery La prossima settimana la collana i “Grandi musei d’Europa” ci porta nel cuore di Londra, a Trafalgar Square, dove si trova la National Gallery: la pinacoteca più famosa al mondo. Uno spazio espositivo unico, tanto nella struttura quanto nella filosofia. I capolavori che si trovano esposti sono il frutto di un’idea dell’arte come patrimonio di tutti. A fondare il museo londinese nel 1824 fu un gruppo di mecenati che pensarono di farne il luogo simbolo della bellezza. Un luogo in cui tutti potessero ammirare le meraviglie della pittura inglese e italiana, francese e del nord Europa, e che potesse essere fonte di arric-

chimento morale e spirituale. Quello spirito è rimasto intatto e lo si può cogliere visitando le accoglienti sale della galleria. Il Dvd e il libretto allegato ci offrono una panoramica della splendida pinacoteca londinese, permettendoci di scoprire la magia e il mistero di alcuni celebri dipinti in essa custoditi. Per gli italiani la National Gallery ha sempre avuto un fascino particolare, essendo il museo che ospita moltissimi capolavori dei nostri più grandi maestri: dalla “Vergine delle Rocce” di Leonardo alla “Adorazione dei Magi” di Botticelli, dalla “Deposizione nel sepolcro” di Michelangelo alla “Salomé con la testa di San Giovanni Battista” di Caravaggio. Il sontuoso tempio dell’arte realizzato dall’architetto William Wilkins racchiude moltissimi altri dipinti di inestimabile valore, tra cui opere di Van Eyck e Van Gogh, Cézanne e Rembrandt. Roberto Calabrò

Venerdì 8 giugno terzo Dvd più libretto a 7 euro in più con l’Espresso + Repubblica

Cinque Cd, un Dvd e un libretto inediti tratti dal tour per i cinquant’anni del grande jazzista sardo. Vedere articolo a pag. 107

Cinquant’anni suonati

PAOLO FRESU Venerdì 8 giugno 18° Cd a 2 euro in più con l’Espresso + Repubblica

La classica

RIMSKIJ-KORSAKOV Mercoledì 6 giugno 11° Dvd a 8,90 euro in più con l’Espresso o Repubblica

Paola Borboni, Gassman, Giuffrè

PIRANDELLO “Cecè”, “L’uomo dal fiore in bocca” e “Lumie di Sicilia”. Sono tre le commedie di Pirandello racchiuse nella sesta uscita dedicata alle opere teatrali del grande maestro di Agrigento: Andrea Camilleri, che di “Cecè” è anche regista, ci svela un segreto: il protagonista di questo atto unico è ispirato a una figura realmente esistita. Si tratta di Pepè Malato, ex sindaco di Porto Empedocle e grande amico di Pirandello, che soleva trascorrere più tempo a Roma piuttosto che in Sicilia. Nell’adattamento teatrale fatto da Camilleri nel 1978 è Carlo Giuffrè a indossare i panni del gaudente protagonista. Altro atto unico è “L’uomo dal fiore in bocca” (1974), regia di Maurizio Scaparro, con uno straordinario Vittorio Gassman. Sulla scena ci sono solo due personaggi: l’Avventore di un bar notturno e, appunto, l’Uomo dal fiore in bocca. Tra i due nasce una conversazione, che di fatto è un monologo del protagonista: una meditazione a tinte cupe sulla vita alla quale si aggrappa con forza, visto che il fiore in bocca altro non è che la malattia che la Morte gli ha lasciato in dono. Infine “Lumie di Sicilia”: una commedia divertente ma dal retrogusto amaro, la storia di un campagnolo siciliano che va a trovare al Nord l’amata, divenuta una cantante famosa, con la convinzione di poterla sposare. Messa in scena del 1957, regia di Silverio Blasi con una grandissima Paola Borboni. R. C. Venerdì 8 giugno sesto Dvd a 7,90 euro in più con l’Espresso + Repubblica

Augias racconta

SCHUBERT Giovedì 7 giugno 17° volume a 6,90 euro in più con l’Espresso o Repubblica

L’avamposto senza nome

ZAGOR A COLORI 7 giugno 2012 | lE ’ spresso | 197


Eugenio Scalfari Il vetro soffiato

Dissennati o demagoghi l grillismo avanza, i sondaggi lo stimano simpatico al 31 per cento degli italiani, i media della tv e della carta stampata gli danno il posto d’onore negli spazi dedicati alla politica. Ormai è una moda nazionale anche se si continua a non sapere quali siano i programmi concreti che quel movimento propone per il futuro del nostro Paese. Anzi, proprio per questo avanza: non importano i programmi, importa capire contro chi si muove il grillismo. E la risposta è chiara: si muove contro i partiti, contro le tasse e contro Monti. Bobo Maroni ha capito l’antifona; del resto per la Lega non è una novità, anzi ne è l’antesignana: non è il solo partito d’opposizione? Contro le tasse e contro Monti. Con il grillismo c’è però una differenza perché la Lega vuole uscire dall’Italia. Ma è veramente una differenza? Ce lo vedete Beppe Grillo con la fascia tricolore? POI CI SONO VENDOLA E DI PIETRO. Sono due politici di lungo corso, ma due storie profondamente diverse. Neanche a Vendola piace Monti e ovviamente non gli piacciono i moderati perché Vendola è di sinistra da sempre. Di Pietro invece non è affatto di sinistra anche se adesso fa finta di esserlo. Il suo partito ha scelto come segnale di riconoscimento la parola “valore”, l’Italia dei valori. Quali valori? Sicuramente la legalità, un valore della massima importanza. Ma non è quello l’elemento di richiamo. Anche Di Pietro è al 100 per cento contro Monti e contro le tasse (e un po’ anche contro Napolitano, come del resto lo è Grillo). Sia Di Pietro sia Vendola vogliono che Bersani apra con loro un confronto su un’eventuale alleanza tra il Pd e i loro due partiti. Vogliono la risposta subito. Se tarderà se ne andranno per conto loro. Infine c’è l’area degli indecisi e dell’astensione. Qui i giudizi sono più difficili perché quest’area è un mosaico con molti tasselli di diverso colore. In-

I Grillo che vuole uscire dall’euro. La Lega che predica la secessione del Nord. Vendola e Di Pietro che invocano una patrimoniale ingestibile. Oggi per attirare consensi si ricorre a proposte irresponsabili

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decisi e astenuti vengono infatti da esperienze diverse, da sinistra, dal centro, da destra. Allo stato attuale quest’area raggiunge l’enorme cifra del 50 per cento degli elettori. Per quanto riguarda il 20-25 per cento è fisiologica. Per il rimanente introduce invece nel quadro politico italiano una variante sconosciuta fino a qualche anno fa anche se ben nota in altre e più solide democrazie dell’Occidente. QUESTO È LO STATO DEI FATTI per quanto riguarda il rapporto tra gli italiani e la politica. La differenza rispetto al resto d’Europa non sta nell’odio contro le tasse e contro i sacrifici, che non piacciono a nessuno quale che sia la latitudine e la longitudine. La differenza sta nel fatto che negli altri Paesi europei questi sentimenti determinano un passaggio degli elettori dal partito che ha governato a quello o quelli che gli si sono opposti. Da noi non è così. Non passano, nel caso specifico, da destra a sinistra ma ingrossano l’area dell’astensione o si dirigono verso movimenti fluidi e massimalisti. Il grillismo, anzi Grillo Giuseppe, vorrebbe l’uscita dall’euro e dall’Unione europea; i leghisti puri e duri vogliono l’uscita dall’Italia. Vendola e Di Pietro vorrebbero sostituire alle tasse vigenti una patrimoniale. Non dicono su quale livello di patrimoni ma sanno bene che la parte più visibile è quella immobiliare. Dunque via tutte le altre tasse e al suo posto un’Ici che colpisca i ricchi. Da quale livello? Per sostituire tutte le altre tasse o perlomeno le principali ci vorrebbe un’Ici tra il 40 e il 50 per cento. È facile immaginarne le conseguenze: una fuga di capitali di enormi dimensioni, una presa d’assalto degli sportelli bancari da parte dei risparmiatori, tassi di interesse alle stelle e, ovviamente, l’uscita dall’euro. Chi fa propaganda di queste idee e attira consensi è fuori di senno o è un demagogo. Questo è il guaio che ci sovrasta e non è certo un piccolo guaio.

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