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SUPERGODS

GRANT MORRISON



SUPERGODS COSA VIGILANTI MASCHERATI, MUTANTI PRODIGIOSI E UN DIO DEL SOLE DI SMALLVILLE CI POSSONO INSEGNARE SULL’ESSERE UMANI.

GRANT MORRISON


Illustrazioni a corredo del testo: Copertina di “Action Comics” #1 di Joe Shuster. Copertina di “Detective Comics” #27 di Bob Kane. Copertina di “Superman’s Girl Friend Lois Lane” #73 di Kurt Schaffenberger. Copertina di “Flash” #163 di Carmine Infantino e Joe Giella. Copertina di “New Gods” #1 di Jack Kirby e Don Heck. Disegni di “OMAC” #1, pagina 1 di Jack Kirby e Mike Royer. Copertina di “Green Lantern” #84 di Neil Adams. Disegni di “Watchmen” #1, pagina 1 di Dave Gibbons. Copertina di “Batman: The Dark Knight” #1 di Frank Miller. Copertina di “Batman: Arkham Asylum” di Dave McKean. Copertina di “Kingdom Come” di Alex Ross. Copertina di “All Star Superman” #10 di Frank Quitely e Jamie Grant. Copertina di “Final Crisis” di J.G. Jones. Disegno di “Identity Crisis” di Rags Morales e Michael Bair. Illustrazioni in IV di copertina (da sinistra a destra, dall’alto verso il basso): Spider-Man (disegno di Steve Ditko), Wonder Woman (disegno di Brian Bolland), WE3 (disegno di Frank Quitely), Green Lantern (disegno di Carlos Pacheco e Jesus Merino), Wolverine (disegno di Frank Miller), Flash (disegno di Francis Manapul), Grant Morrison (disegno di Cameron Stewart, grazie alla rivista Arthur), Captain America (disegno di Steranko), Superman (disegno di Frank Quitely). SUPERMAN, GREEN LANTERN, WONDER WOMAN, THE FLASH are TM & © DC Comics. All rights reserved. Used with permission. CAPTAIN AMERICA, SPIDER-MAN, WOLVERINE are © & TM Marvel Entertainment, LLC. All rights reserved and used with permission.

Editing: Erica D’Oria per Panda Books. Impaginazione: Cosimo Torsoli Supervisione: Michele Foschini. Design della copertina originale: Will Staehle. Disegno di copertina di Frank Quitely, ©DC Comics

BAO Publishing, Via Leopardi 8 – 20123 Milano chiedi@baopublishing.it – www.baopublishing.it Il logo di Bao Publishing è stato creato da Cliff Chiang. Titolo originale dell’opera: Supergods © 2011, 2013 Supergods Ltd. All rights reserved. All DC Comics characters and images are ™ & © DC Comics. All Rights Reserved. Used with Permission.All DC Comics characters and images are ™ & © DC Comics. All Rights Reserved. Used with permission. Per l’edizione italiana: © 2013 BAO Publishing. Tutti i diritti riservati. ISBN: 978-88-6543-016-3.


Per Kristan, supergoddess

Ecco, io v’insegno il superuomo: egli è questo fulmine, egli è questa follia! - Friedrich Nietzsche,Così parlò Zarathustra



INTRODUZIONE

A sette chilometri dalla mia residenza in Scozia, oltre una placida distesa d’acqua, si trova il Regio deposito di armamenti navali (RNAD) di Coulport, sede della forza sottomarina nucleare dotata-di-missiliTrident del Regno Unito. Nei suoi bunker sotterranei, mi è stato detto, si trova stoccata una potenza di fuoco tale da poter annientare l’intera popolazione del nostro pianeta ben cinquanta volte. Un giorno, quando la Terra sarà attaccata nell’Iperspazio da cinquanta Malvagie repliche della Terra, questa capacità megadistruttiva potrebbe, ironicamente, salvarci tutti... ma fino ad allora, sembra quantomeno stravagante ed emblematico dell’ipersimulazione digitale accelerata che ci troviamo a vivere. Di notte, il riflesso capovolto dei cantieri navali ha l’aspetto di un rosso pugno d’acciaio che increspa una bandiera fatta di onde. Dopo una strada tortuosa, a un paio di miglia di distanza, si trova il luogo dove papà fu arrestato durante le marce di protesta per il nucleare degli anni sessanta. Era un veterano della Seconda guerra mondiale appartenente al proletariato che aveva ceduto la baionetta in cambio di un distintivo per la Campagna per il disarmo nucleare ed era divenuto una “spia per la pace” nel Comitato dei cento. Nel mondo della mia infanzia proliferavano già gli acronimi e i nomi in codice della guerra fredda. E la Bomba, sempre la Bomba, cupa e incombente, impermeabile inquilina pronta a esplodere in qualsiasi momento, distruggendo tutto e tutti. I suoi bastardi cantori erano deprimenti esistenzialisti che uggiolavano nenie con occhiali di corno come Hard Rain e All on That Day mentre io tremavo in un angolo, attendendo l’ossuto giudizio 7


SUPERGODS della Morte e l’estinzione della vita sulla Terra. Le illustrazioni erano fornite dalle radicali riviste samizat contro la guerra che papà portava a casa dalle librerie politiche di High Street. Di solito gli appassionati manifesti pacifisti erano decorati a mano con raccapriccianti disegni di come il mondo sarebbe potuto apparire dopo un vivace scambio di missili termonucleari. I creatori di queste entusiastiche rappresentazioni di paesaggi in putrefazione non trascuravano mai l’opportunità di ritrarre scheletri distrutti e in pezzi, contorti contro fiammeggianti orizzonti di nera e radioattiva devastazione urbana. Se poi l’artista trovava spazio nella sua composizione per un macabro Tristo Mietitore di 250 metri a cavallo di un orribile destriero scorticato che seminava missili come grano sul profilo fuso e irregolare di una città, tanto meglio! Come visioni di Paradiso e Inferno in un trittico medievale, le devastazioni postatomiche delle riviste di papà si accompagnavano agli esotici panorami illuminati da tre soli che adornavano le copertine degli amati romanzi di fantascienza della mamma. Come finestre in formato tascabile su futuri splendenti, offrivano amazzoni androidi in monokini cromati all’inseguimento di astronauti abbandonati sotto i cieli perlacei di impossibili mondi alieni. Robot con il peso dell’anima barcollavano in giungle fluorescenti o inforcavano mobili viali d’acciaio di città progettate da Le Corbusier, Frank Lloyd Wright e LSD. I titoli evocavano poesie surrealiste: Il giorno in cui piovve per sempre, L’uomo che cadde sulla Terra, The Silver Locusts, Fiori per Algernon, Una rosa per l’Ecclesiaste, Barefoot in the Head. In televisione, le immagini degli astronauti pionieri rivaleggiavano con le lugubri scene di Hiroshima e del Vietnam: era una scelta mutuamente esclusiva tra la Bomba atomica e l’Astronave. Io mi ero già schierato, ma la tensione da guerra fredda tra Apocalisse e Utopia si stava facendo quasi insostenibile. E fu allora che i supereroi si riversarono da oltre Atlantico, nell’abbagliante luce multicolore delle tute araldiche, portando con loro nuovi modi di vedere, ascoltare e pensare qualsiasi cosa. La prima fumetteria del Regno Unito – il The Yankee Book Store – aprì a Paisley, patria dell’omonima fantasia, alle porte di Glasgow negli anni del dopoguerra. Con uno spiccato senso di ironica simmetria, i fumetti arrivarono come zavorra del personale di servizio americano i cui missili minacciavano la mia esistenza. Mentre i primi dischi di 8


INTRODUZIONE R&B e rock ‘n’ roll approdavano a Liverpool ispirando la generazione musicale del Mersey-beat, i fumetti americani colpirono la Scozia occidentale, grazie al complesso militare-industriale, per infiammare l’immaginazione e cambiare la vita dei ragazzini come me. I supereroi ridevano della Bomba atomica. Superman avrebbe potuto camminare sulla superficie del Sole rischiando solo un accenno di abbronzatura. Le avventure di Hulk avevano inizio proprio nelle critiche ore successive a un test della Bomba Gamma andato storto al suo alter ego, Bruce Banner. Di fronte a distruttori cosmici come l’Uomo Antimateria o Galactus, l’onnipotente Bomba sembrava, in proporzione, minuscola. Avevo trovato la mia strada in un altro universo rinchiuso nel nostro, un luogo dove drammi che spaziavano per decadi e galassie si sviluppavano attraverso la seconda dimensione della carta stampata. Qui uomini, donne e nobili mostri vestivano bandiere e colpivano dall’ombra per rendere il mondo un posto migliore. Il mio mondo personale era già migliore. Stavo iniziando a capire qualcosa che mi avrebbe dato potere sulle mie paure. Prima di essere una Bomba, la Bomba era un’Idea. Superman, tuttavia, era un’Idea più veloce, più forte e migliore. Non avevo bisogno che Superman fosse “reale”, bastava che fosse più reale dell’Idea della Bomba che devastava i miei sogni. Non avrei dovuto preoccuparmi: Superman era un prodotto della fantasia umana talmente instancabile, un emblema perfettamente progettato delle nostre personalità più alte, più gentili, più sagge e più tenaci, che la mia Idea della Bomba non aveva alcuna speranza contro di lui. Con Superman e i suoi compagni supereroi, moderni esseri umani avevano concretizzato idee invulnerabili a qualsiasi danno, immuni alla decostruzione, costruite per superare in astuzia menti diaboliche, realizzate per affrontare il Male puro e, in qualche modo e contro ogni pronostico, vincere sempre. Sono entrato nel settore dei fumetti americani come scrittore professionista a metà degli anni Ottanta, in un momento di radicale innovazione e progresso tecnologico, quando furono pubblicate pietre miliari della narrativa superoistica come Il ritorno del Cavaliere Oscuro e Watchmen e le possibilità sembravano infinite, come pure le opportunità di libertà creativa. Mi sono unito a una generazione di scrittori e artisti, per lo più con radici nel proletariato inglese, che vide nei moribondi universi degli eroi il potenziale per creare opere 9


SUPERGODS espressive, adulte, impegnative che avrebbero potuto ricaricare il guscio rinsecchito del concetto di supereroe di nuova rilevanza e vitalità. Come risultato, le storie divennero più intelligenti, le illustrazioni più sofisticate e il supereroe iniziò una nuova vita in volumi che erano filosofici, postmoderni e sfrenatamente ambiziosi. Gli ultimi vent’anni hanno visto opere sorprendenti e innovative nascere da decine di diversi ed esuberanti talenti del settore. I costi di produzione ridotti (penna e inchiostro possono evocare scene che costerebbero milioni di dollari per essere ricreate sullo schermo con un computer) e la rapida frequenza di pubblicazione significano che nei fumetti quasi tutto è permesso. Nessuna idea è troppo bizzarra, nessuna svolta troppo fantasiosa, nessuna tecnica di narrazione troppo sperimentale. È da molto tempo che sono consapevole della portata dei fumetti e delle grandi idee ed emozioni che possono comunicare, ed è quindi con stupore e un pizzico d’orgoglio che ho assistito alla continua e incruenta resa della cultura mainstream all’implacabile colonizzazione del retroterra geek. Nomi che un tempo erano arcani codici per iniziati ora fronteggiano campagne marketing globali. Batman, Spider-Man, X-Men, Lanterna Verde, Iron Man. Perché i supereroi sono diventati tanto popolari? Perché ora? A un certo livello, è presto detto: qualcuno, da qualche parte, ha capito che, come gli scimpanzé, i supereroi rendono tutto più divertente. Una merenda noiosa? Aggiungete delle scimmie e diventerà un indimenticabile caos comico. Un banale omicidio? Aggiungete dei supereroi e darete vita a un nuovo genere sorprendente e provocatorio. Un thriller urbano? Già visto, almeno finché Batman non viene coinvolto. I supereroi danno sapore a qualsiasi piatto. Ma c’è molto altro sotto la superficie della nostra voracità per le stramberie di personaggi vestiti in modo assurdo che mai potranno deluderci. Distolto lo sguardo dalla pagina o dallo schermo, ci sarà perdonato d’aver creduto che abbiano raggiunto la coscienza di massa, dal momento che tendono ad arrivare ovunque, in risposta al disperato SOS di un mondo in crisi. Siamo giunti ad accettare che molti dei nostri politici possano venire smascherati, alla fine, rivelandosi dei bugiardi sessuomani o degli imbecilli, proprio come siamo giunti ad aspettarci che splendide top model siano delle disgraziate bulimiche e nevrotiche. Abbiamo guardato oltre le illusioni che un tempo reggevano le nostre fantasie 10


INTRODUZIONE e sappiamo per amara esperienza che, presto o tardi, gli amati comici si riveleranno dei pervertiti alcolizzati o dei depressi suicidi. Diciamo ai nostri bambini che sono intrappolati come topi su un pianeta condannato, in bancarotta, infestato di criminali, con risorse in calo, senza aspettative se non l’innalzamento del livello dei mari e le imminenti estinzioni di massa, poi alziamo un sopracciglio di disapprovazione quando, in tutta risposta, loro vestono di nero, si tagliano con le lamette, si lasciano morire di fame, si ingozzano di cibo o si uccidono l’un l’altro. Traumatizzati dai filmati di guerra e dalle registrazioni di disastri, spiati da onnipresenti telecamere di sorveglianza, minacciati da esotici criminali che tramano in caverne e nascondigli sotterranei, tormentati da oscuri e monumentali Dei della Paura, siamo inesorabilmente risucchiati nella Realtà dei Fumetti, con solo pochi istanti, come al solito, per salvare il mondo. Torreggianti e cadaverici Angeli della Morte, come quelli sulle copertine delle riviste antinucleari di papà, sembrano far passare in secondo piano le scintillanti vette del nostro immaginario collettivo. Che una cultura affamata di visioni ottimistiche del proprio futuro si sia rivolta alla fonte primaria in cerca di utopistici ruoli modello? Che il supereroe, in mantello e tuta aderente, sia la migliore rappresentazione attuale di ciò che potremmo diventare, se solo ci permettessimo di sentirci degni di un domani in cui le nostre migliori qualità saranno sufficientemente forti da superare gli impulsi distruttivi che mirano allo smantellamento del progetto umano? Viviamo nelle storie che ci raccontiamo. In una cultura secolare razionale e scientifica priva di una convincente guida spirituale, le storie dei supereroi parlano a voce alta e con coraggio alle nostre più grandi paure, ai desideri più profondi e alle più alte aspirazioni. Non hanno paura di avere speranze, non si imbarazzano a essere ottimiste e sono assolutamente senza paura nell’oscurità. Sono quanto di più lontano ci sia dal realismo sociale, ma le migliori storie di supereroi toccano direttamente gli elementi mitici dell’esperienza umana che ci riguardano da vicino, in modo fantasioso, profondo, divertente e provocatorio.

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LA GOLDEN AGE

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CAPITOLO 1

IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO

A TUTTI I GIOVANI E VIGOROSI AMERICANI! Si certifica che (nome e indirizzo) è stato regolarmente nominato MEMBRO di questa organizzazione in base alla promessa di impegnarsi al massimo delle possibilità per diventare più FORTE e più CORAGGIOSO, aiutare la causa della GIUSTIZIA, mantenere il SEGRETO assoluto sul CODICE DI SUPERMAN e rispettare tutti i principi di buona cittadinanza. Potranno non essere i dieci comandamenti, ma come direttive morali per bambini laici nell’età della ragione, il credo dei Supermen of America era un buon inizio. Questa è la storia della fondazione di un nuovo culto e della sua conquista del mondo: con l’esplosione di un fulmine, la scintilla della divina ispirazione accese le pagine di un giornale e i supereroi nacquero in un tripudio di colore e azione. Fin dall’inizio, il dio primigenio e il suo oscuro gemello rappresentarono il mondo attraverso una cornice da cui impersonare i nostri migliori e peggiori impulsi, in un’epica lotta condotta da un lato all’altro di una tela bidimensionale più reale del reale su cui il nostro mondo esteriore e interiore, il nostro presente e futuro, potevano essere tracciati ed esplorati. Erano arrivati per salvarci dall’abisso esistenziale, ma prima dovevano trovare il modo di entrare nell’immaginario collettivo. Il primo a giungere di questi nuovi esseri fu Superman, evocato dalla stampa nel 1938, nove anni dopo il crollo di Wall Street e all’inizio di una catastrofica crisi mondiale. In America le banche andavano a 15


SUPERGODS gambe all’aria, la gente perdeva lavoro e dimora e, in casi estremi, traslocava in baraccopoli improvvisate. Le cose non andavano bene neppure in Europa, dove l’ambizioso cancelliere Adolf Hitler si era proclamato dittatore della Germania dopo aver trionfato alle elezioni cinque anni prima. La nascita del primo vero supercriminale globale preparò il terreno per una risposta creativa del Mondo libero. Quando questa reazione arrivò, fu grazie a dei falliti; due giovani appassionati di fantascienza di Cleveland, timidi, occhialuti e pieni di fantasia, che facevano scorrere il rullo della macchina da scrivere e risme di carta per liberare un’energia superiore a quella delle bombe, dando forma a un ideale che sarebbe sopravvissuto senza sforzo a Hitler e al suo sogno di un Reich millenario. Jerry Siegel e Joseph Shuster trascorsero sette anni a rifinire la loro idea di Superman prima di ritenerla pronta ad affrontare il mondo. Il loro primo tentativo di striscia a fumetti diede origine a una storia di fantascienza distopica basata sulla presenza di un malvagio autocrate psichico. La loro seconda prova vedeva invece un bravo ragazzo, grosso e forte ma pur sempre umano, che raddrizzava i torti nelle strade malfamate della città. Nessuno dei due progetti possedeva però la scintilla di originalità che gli editori stavano cercando. Quattro anni più tardi, dopo molti infruttuosi tentativi di vendere ai quotidiani la striscia di Superman, Siegel e Shuster capirono finalmente come adattare ritmo e struttura delle loro storie per sfruttare al meglio le possibilità offerte dai nuovi albi a fumetti e, improvvisamente, il neonato formato trovò il contenuto in grado di definirlo. Il Superman che debuttò sulla copertina di Action Comics n. 1 era un semplice semidio, non ancora la divinità pop che sarebbe diventato in seguito. Il modello del 1938 aveva il potere di “SALTARE 200 METRI, SCAVALCARE UN EDIFICIO DI VENTI PIANI... SOLLEVARE PESI INCREDIBILI... CORRERE PIÙ VELOCE DI UN TRENO... NEPPURE I PROIETTILI POTEVANO SCALFIRE LA SUA PELLE!”. Nonostante fosse “UN GENIO PER L’INTELLIGENZA. UN ERCOLE PER LA FORZA. UNA NEMESI PER I MALFATTORI”, questo Superman non era in grado di volare, ma ricorreva invece a enormi balzi. Non poteva neppure ruotare attorno alla Terra alla velocità della luce o fermare il flusso del tempo. Quello sarebbe successo in un secondo momento. Alla nascita era quasi credibile. Siegel e Shuster si preoccuparono di 16


© DC comics

IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO

ambientare le sue avventure in una città contemporanea, molto simile a New York, in un mondo di finzione tormentato dalle fin troppo familiari ingiustizie di quello reale. L’immagine di copertina che presentava al mondo questo notevole personaggio godeva di un particolare e irripetibile merito: mostrava qualcosa che nessuno aveva mai visto prima. Sembrava come una pittura rupestre in attesa di essere scoperta su un muro della metropolitana diecimila anni dopo, una immagine potente, al contempo futuristica e primitiva, di un cacciatore che uccideva un’auto impazzita. Lo sfondo giallo intenso con un’irregolare corona rossa, i colori di Superman, suggeriva una potente esplosione in grado di illuminare il cielo. Oltre allo sfrecciante grassetto del logo Action Comics in carattere Deco, la data (giugno 1938), il numero (n. 1) e il prezzo (10 centesimi), non apparivano altri testi o una singola menzione del nome Superman. Ulteriori parole sarebbero state inutili. Il messaggio era conciso: ciò che contava era l’azione. Quello che faceva l’eroe era più importante di quello che diceva e, fin dall’inizio, Superman era in continuo movimento. 17


SUPERGODS Torniamo alla copertina: osservate l’uomo dai capelli neri con indosso un costume aderente blu e rosso che si trascina un mantello alle spalle, spostandosi da sinistra a destra lungo la linea dell’orizzonte del disegno. Lo stemma chiaro a forma di scudo sul suo petto conteneva una S (rossa in campo oro, come si dice nelle società araldiche). L’uomo è ritratto in movimento, in equilibrio sulla punta del piede sinistro, quasi stia per prendere il volo mentre solleva senza sforzo un’auto verde oliva sopra la testa. Usando entrambe le mani, fa a pezzi il veicolo sbattendolo contro uno spuntone di roccia convenientemente piazzato in quello che sembra essere un paesaggio desertico. Nell’angolo in basso a sinistra, un uomo in giacca blu corre fuori dall’immagine, tenendosi la testa come ne L’urlo di Edvard Munch, il volto trasfigurato in un disegno di delirante terrore esistenziale, come qualcuno portato al limite della follia da ciò di cui è appena stato testimone. Sopra la sua testa, si può notare un altro individuo, con indosso un classico completo marrone, che corre in direzione nord rispetto all’ovest del primo uomo. Un terzo personaggio, ugualmente terrorizzato, si accovaccia su mani e ginocchia, in maniche di camicia, restando a bocca aperta ai piedi del vandalo superumano. La sua abietta postura rappresenta una lamentosa sottomissione al maschio alfa definitivo. Non c’è un quarto uomo: al suo posto, nell’angolo in basso a destra, c è uno pneumatico a fascia bianca che rimbalza strappato dall’asse. Come i criminali dagli occhi sbarrati, anche lui cerca un modo per fuggire al muscoloso distruttore. Non ci fosse stato Superman, la fuoriserie verde di quella copertina inaugurale avrebbe orgogliosamente rappresentato la superiorità della tecnologia americana e le meraviglie della produzione di massa. Immaginate lo slogan pubblicitario: «le lussuose finiture degli pneumatici a fascia bianca vi faranno viaggiare su una strada di panna montata» con un’incredibile processione di auto da cinegiornale in bianco e nero che escono dalle catene di montaggio della Ford. Questo, però, accadeva nell’agosto del 1938. In tutto il mondo civilizzato, le linee di produzione stavano trasformando gli operai in esuberi, mentre Tempi moderni, il pungente capolavoro cinematografico di Charlie Chaplin, esprimeva in forma di pantomima il pianto silenzioso dell’uomo comune, l’uomo autentico, affinché non passasse inosservato nell’implacabile frastuono della fabbrica. Superman aveva reso chiara la sua posizione: era un eroe del 18


IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO popolo. Il Superman delle origini era un’audace risposta umanista alla paura, nata con la Depressione, del galoppante progresso scientifico e dell’industrialismo senz’anima. Vedremo questa sua prima incarnazione affrontare treni giganti fino a fermarli, ribaltare carri armati o schiacciare gru da costruzione. Superman riscriveva la futile e coraggiosa battaglia dell’eroe popolare John Henry contro il maglio pneumatico per darle un lieto fine. Rendeva esplicite le fantasie su poteri e organizzazioni che costringevano l’uomo comune a faticare per vedere un altro giorno. Era il vagabondo di Chaplin, con lo stesso odio cocente per le ingiustizie e le prepotenze, ma, invece di fare affidamento sul fascino e l’astuzia, Superman aveva la forza di cinquanta uomini e nulla poteva ferirlo. Se le visioni distopiche da incubo dell’epoca prevedevano un mondo meccanizzato e disumanizzato, Superman offriva un’altra possibilità: l’immagine di un domani orgogliosamente umano che potesse offrire lo spettacolo di un trionfante individualismo in grado di esercitare il proprio dominio sulle implacabili forze dell’oppressione industriale. Non stupisce il suo enorme successo tra gli oppressi. Era dichiaratamente privo di cultura e a favore dei poveri, come un qualsiasi salvatore nato in una mangiatoia. Tornando nuovamente alla copertina, osservate come la composizione si basi su una forma a x appena mascherata che rende il disegno solido per struttura e attraente a livello grafico. La x subliminale suggerisce un intrigante mistero e, alla pubblicazione di Action Comics n. 1, Superman non era che questo: un enigma in mantello nell’occhio del ciclone della Pop Art. Era al centro della bussola, padrone dei quattro elementi e dei punti cardinali. Nel Voodoo haitiano, gli incroci rappresentano il portale d’accesso dello loa (o spirito) Legba, manifestazione della “divinità” nota anche come Mercurio, Thot, Ganesha, Odino o Ogma. Come gli altri, Legba è un guardiano e vigila sul luogo in cui i mondi umano e divino entrano in contatto. Ha perfettamente senso che Superman rappresenti la stessa relazione. Come struttura compositiva, la disposizione a x permise a Shuster di posizionare diversi elementi in un moto circolatorio che mettesse in risalto la figura centrale. Ci sono persone in movimento con volti espressivi, parti di auto e colori molto brillanti, ma, stratificati sul fermo sostegno della x, formano una seconda distribuzione a spirale che trascina l’occhio in una ruota panoramica percettiva, in grado di suscitare domande frenetiche mentre spinge le nostre menti a 19


SUPERGODS mettersi in moto: perché l’uomo in fuga è così spaventato? Che ci fa lassù quella macchina? Perché viene sbattuta contro una roccia? Cosa sta guardando l’uomo in ginocchio? Con tutto ciò che sappiamo oggi di Superman, possiamo supporre che i fuggitivi in preda al terrore siano gangster o simili. I lettori del 1938, invece, non avevano idea di cosa stesse succedendo. Indubbiamente aveva a che fare con l’azione, ma il primo sguardo dato a Superman era deliberatamente ambiguo. Gli uomini che diamo per scontato essere gangster in fuga potevano facilmente essere comuni passanti sconvolti dalla rude potenza di un malvivente con indosso una specie di costume da ballerino russo. Non c’è alcun bottino traboccante dalle borse del malloppo, niente barbe lunghe, completi da quattro soldi o anche solo armi a identificare gli uomini in fuga come un qualcosa di diverso da spettatori innocenti. In base a questa prima apparizione, lo sgargiante culturista poteva essere sia amico sia nemico e il solo modo per trovare risposta al gran numero di domande era leggere. Ma c’è un’ulteriore innovazione da segnalare, un altro astuto trucco per attirarci tra le sue pagine. L’immagine di copertina rappresenta il culmine di una storia che non abbiamo ancora visto. Nel momento in cui il mondo si accorge di lui, Superman sta concludendo un’avventura che abbiamo già perso! Solo leggendo la storia all’interno sarà possibile collocare l’immagine nel suo contesto. Quella prima avventura senza titolo di Superman si apriva con l’esplosiva istantanea di un’azione frenetica. Siegel aveva scartato la convenzionale introduzione alla storia andando letteralmente al sodo in un’eccezionale prima tavola con cui riordinava in modo sorprendente il tradizionale ciclo delle storie d’azione. La didascalia recitava: “UNA FIGURA INSTANCABILE CORRE NELLA NOTTE. OGNI SECONDO È PREZIOSO... TARDARE SIGNIFICA PERDERE UNA VITA INNOCENTE” e accompagnava un’immagine di Joe Shuster in cui Superman balzava in cielo con in braccio una donna bionda legata e imbavagliata. L’immagine è tanto sicura, vigorosa e suggestivamente minacciosa quanto lo stesso Superman. Alla seconda vignetta, abbiamo raggiunto la “tenuta del governatore” e Superman sta già scattando oltre il prato, gridando alla bionda dietro di sé immobilizzata sullo sfondo, scaricata nei pressi di un albero: “METTITI COMODA! NON HO TEMPO PER PENSARCI.” Non sappiamo chi sia la ragazza, anche se le maniere rudi di Superman implicano possa trattarsi 20


IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO di una mela marcia... a meno che, come la copertina sembra voler suggerire che il criminale non sia il protagonista della striscia. La narrazione ci costringe già a seguire la velocità di Superman, facendoci concentrare solo sugli elementi più importanti e intensi di ciascuna scena come fossimo dotati di supersensi. Per riuscire, esausti, a stargli dietro, l’unica soluzione è perdersi nella scia ad alta velocità del suo fluttuante mantello rosso. Quando il maggiordomo in vestaglia del governatore si rifiuta di aprire la porta all’estraneo ben piazzato in tuta aderente, Superman la sfonda, sale di corsa le scale tenendo il maggiordomo urlante sopra la testa e sradica dai cardini una porta blindata per raggiungere il terrorizzato (e chiaramente attento alla sicurezza) funzionario. Il maggiordomo, nel frattempo, riprende sufficiente animo da estrarre una pistola. “METTI VIA QUEL GIOCATTOLO” avverte Superman avanzando a pugno chiuso. Il maggiordomo spara, solo per scoprire l’immunità ai proiettili del nerboruto eroe, che rimbalzano senza colpo ferire sul petto muscoloso e monogrammato. Questa introduzione virtuosistica e dinamica varrebbe da sola i dieci centesimi di tutti i lettori avidi di fantasia della Depressione. Ma Siegel e Shuster non avevano ancora finito. Avevano ancora un colpo da maestro da giocare. Nel momento in cui crediamo di aver compreso il concetto alla base di questo incredibile Superman, dopo esser stati testimoni della prodigiosa forza e determinazione dell’Uomo d’acciaio, ci viene presentato Clark Kent, l’uomo dietro la S, un uomo con un lavoro, un capo e problemi con le ragazze. Clark il nerd, la nullità, l’occhialuta e mite ombra del risoluto Uomo d’acciaio. I ragazzi avevano scoperto una miniera d’oro. Ercole era sempre Ercole. Agamennone e Perseo erano eroi dal momento in cui uscivano dal letto la mattina fino alla fine di una lunga giornata di feroci battaglie, ma Superman, in segreto, era qualcun altro. Clark era l’anima, l’elemento trascendente nell’equazione di Superman. Clark Kent è ciò che l’ha fatto durare. Con Clark, Siegel creò la figura di identificazione definitiva per il lettore: incompreso, bistrattato, privo di alcun rispetto nonostante l’innegabile talento come giornalista al Daily Planet di Metropolis. Come avevano imparato Siegel e Shuster sulla loro pelle, alcune ragazze preferivano eroici guerrieri saltellanti a uomini magrolini che scrivevano o disegnavano cose simpatiche. Clark Kent, però, era ben più di una fantasia nerd 21


SUPERGODS definitiva: chiunque poteva identificarsi in lui. Ci siamo sentiti tutti goffi e incompresi una o più volte nella vita. Proprio come sospettiamo la presenza di un Superman interiore, una nostra versione perfetta e angelica che incarna solo gli stati d’animo e le azioni migliori, in tutti noi c’è anche parte di Clark. A pagina 3 viene introdotto Kent, reporter del Daily Star diretto al lavoro. Una soffiata telefonica lo mette sulle tracce di un presunto picchiatore di mogli, anche se è Superman ad arrivare sul posto e a cogliere il bruto mentre minaccia la propria vittima con una cintura avvolta sul pugno. Il superuomo lo sbatte contro il muro sgretolando l’intonaco e gridando “ADESSO NON COMBATTI PIÙ CON UNA DONNA!” Al che il prepotente sviene, permettendo a Superman di tornare all’identità di Kent giusto in tempo per l’arrivo della polizia. Per completare la fondazione di Superman mancava però ancora una pietra fondamentale. Siamo a pagina 5 e l’elemento chiave dell’avvincente ménage à trois che affascinerà i lettori per i decenni a seguire arriva in una vignetta introduttiva stranamente sottovalutata. Tornato in ufficio, Kent ci presenta la fredda e sprezzante Lois Lane, sua rivale sulla carta stampata, dicendo “C-CHE NE DIRESTI DI UN-EHM-APPUNTAMENTO STASERA, LOIS?” Le sue prime parole la definiranno per sempre: “CREDO CHE TI CONCEDERÒ UNA CHANCE... TANTO PER CAMBIARE”. All’appuntamento, Kent si cimenta in un ballo mezzo sbilenco, ma ben presto lui e Lois sono minacciati da Butch Matson, un gangster somigliante a un gorilla. Clark sussulta tremante, ma Lois, senza esitazione, assesta uno schiaffone al malfattore intimandogli di indietreggiare. Mentre il suo taxi si allontana, Lois volge uno sguardo sprezzante al mite e incolpevole Kent sul marciapiede: “ALL’INIZIO DELLA SERATA MI HAI CHIESTO PERCHÉ TI EVITO. TE LO DICO ORA: SEI UN INSOPPORTABILE CODARDO SENZA SPINA DORSALE.” Considerando che Clark era l’asso della cronaca nera di un rispettato quotidiano e che possedeva uno splendido appartamento in città, risultava difficile credere che Lois potesse tenerlo in così scarsa considerazione, ma le storie successive resero più facile capirne le ragioni, con Kent che fabbricava scuse sempre più elaborate al solo scopo di nascondere la sua vera identità. Clark si lamentava di avere la nausea o mal di testa ogni volta che le sue sensibili orecchie captavano un allarme della polizia ed era richiesto l’intervento di Superman. Per 22


IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO giustificare questo sotterfugio, erano continui gli oscuri riferimenti a nemici nella malavita che avrebbero potuto colpire Superman attraverso i suoi cari se avessero scoperto chi era. Aveva creato un travestimento completo, un personaggio talmente opposto alla sua vera identità di Superman che avrebbe potuto ingannare qualsiasi ficcanaso e permettergli così di assaporare una vita normale. Al sopraggiungere della conclusione della prima storia di Superman, tredici pagine dopo la spettacolare scena d’apertura, il nostro eroe aveva arrestato non meno di cinque malfattori e trovato il tempo di sradicare la corruzione dal Senato degli Stati Uniti d’America. Ogni nuova rivelazione rendeva sia la storia in sé sia il concetto generale sempre più entusiasmanti. Dava al mezzo un’innovazione dei personaggi che poteva essere considerata propria. Dava al mondo il primo supereroe. Tredici pagine... sfortunate per i nemici degli oppressi. Il concetto di supereroe attecchì immediatamente tra il pubblico. Il Superman Fan Club raggiunse ben presto centinaia di migliaia di iscritti, come una benevola Hitlerjugend o un fantascientifico movimento Scout. Nel 1941, Superman era la stella di Action Comics, un albo portava il suo nome, era in World’s Finest Comics e appariva saltuariamente in All Star Comics. Nello stesso momento, stava per compiere il gran salto verso altri media, che aiutarono a diffonderne la fama e fornirono le basi per ciò che sarebbe diventata la sua esistenza oltre le pagine dei fumetti. Superman si radicò nelle coscienze dell’intera nazione... dell’intero pianeta: era trasmesso alla radio, pubblicato sulle pagine dei giochi di tutti i principali quotidiani USA e faceva vendere francobolli, cartoline d’auguri, libri da colorare, gomme da masticare, giochi da tavolo e obbligazioni di guerra. I primi albi a fumetti utilizzavano un processo di stampa a quattro colori in cui gli alchemici e fondamentali rosso, giallo, blu e nero erano combinati per creare uno spettro elaborato. Superman, naturalmente, fu il primo personaggio a sfruttare appieno la nuova tecnologia, e questi fondamentali blocchi elementari dell’universo degli albi a fumetti diedero ai supereroi una radiosità luminosa e multicolore mai vista prima in un formato democratico e popolare. Ai lettori abituati alle immagini in bianco e nero del cinema, delle fotografie sui giornali e delle illustrazioni dei romanzi pulp, i fumetti saranno sembrati allucinanti, potenti come sogni. Il fatto che Siegel e i suoi compagni 23


SUPERGODS avessero preso in prestito l’ardente splendore del naturalismo da film e cinegiornali rendeva il candido surrealismo degli albi dei supereroi ancora più affascinante. Erano arte folcloristica per l’inquietudine del nuovo secolo, un realismo magico genuinamente americano quarant’anni prima che il termine infiammasse i circoli letterari. L’innovativo stile di montaggio rapido delle storie di Siegel e Shuster diede nuova velocità e vita al formato. La distanza esistente tra una tenuta di campagna e un quartiere cittadino poteva scomparire nello spazio bianco tra due vignette. Un viaggio di chilometri veniva dissolto nel nulla da un salto di Superman. Seguire l’eroe tra le tavole significava provare una dislocazione temporale che suggeriva sia percezione superumana sia impossibili velocità. Diversamente dalle strisce composte e formali dei quotidiani, uniche rivali degli albi a fumetti nel genere dell’intrattenimento di fantasia a colori, i primi fumetti dei supereroi godevano di un’ulteriore spinta propulsiva data dal lavoro dei giovani pionieri che ne stavano definendo il modello. Era come l’animazione, ma rallentata in una sequenza di istantanee che richiedevano al lettore di riempire i vuoti tra le immagini. I disegni di Shuster erano essenziali. I solidi tratti d’inchiostro del bianco e nero dei primi fumetti dovevano assicurare che nulla andasse perduto nel corso dell’immaturo processo di riproduzione. Ogni minimo dettaglio, ombreggiatura e sfumatura sarebbe semplicemente svanito nell’edizione finale stampata. I disegni furono inoltre semplificati e approssimati per rispettare le massacranti date di consegna. Nonostante questo, è ancora possibile trovare profondità nei disegni di Shuster. In queste fantasie realizzate a mano non posso fare a meno di vedere il toccante prodotto delle giovani menti che sognavano un futuro migliore. L’intensità delle riflessioni innescate, la concentrazione adottata per scrivere e disegnare anche il più semplice dei fumetti, risalta dalla battuta meno scontata. Le pagine sono il risultato di ore di lavoro umano, e la gloria e la confusione di ciò che significa essere presenti, con una sbornia da caffè e pillole alle quattro di mattina e una storia da consegnare all’ora di pranzo, risplendono tra le battute del più modesto degli eight-pager. Dopo lunghi anni di attesa, frustranti false partenze e infiniti rifiuti, Siegel e Shuster avevano trovato l’oro. Naturalmente, la cosa più ovvia da fare era vendere tutto alla National Comics (che in seguito 24


IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO diventerà DC) per la somma di 130 dollari. Sì. Fermiamoci per un momento e consideriamo quella somma alla luce dell’esorbitante fortuna che Superman ha fruttato da allora ai suoi padroni aziendali. Ascoltando le voci giuste, potreste sentire e credere ciò che ho sentito e creduto io crescendo in questa industria e non passerà molto prima che vi giunga all’orecchio una favola oscura e malvagia: la triste e istruttiva storia di due ragazzi diciassettenni sedotti dalle lingue biforcute di ricconi capitalisti e sanguisughe dal cappello a cilindro provenienti dal mondo dei cartoni animati. In questa tragedia hollywoodiana, Jerry Siegel e Joe Shuster sono solitamente dipinti come ingenui cerbiatti in un mondo di predatori dai denti a sciabola. La realtà, come sempre, è assai meno drammatica. L’affare fu condotto nel 1938, prima del boom di Superman. Siegel e Shuster avevano entrambi ventitré anni quando vendettero i diritti di Superman. Avevano lavorato entrambi per diversi anni nel mondo dei tagliagole dell’editoria periodica pulp e, come molti artisti, musicisti e intrattenitori, stavano creando un prodotto da poter vendere. Superman era un piede oltre la soglia, una potenziale irruzione che avrebbe potuto portarli a essere richiesti come fornitori di contenuti pop. Superman era un sacrificio agli dei del successo commerciale. Se la mia personale comprensione della mente creativa ha un qualche peso, direi che sia Siegel sia Shuster ritenevano di poter creare dei personaggi migliori. Nel 1946, però, compresero quanti soldi stava realizzando la loro creazione. Portarono in tribunale la National, senza successo, e cercarono di ripetere l’exploit di Superman con il poco accattivante e non molto longevo Funnyman (un clown che lottava contro il crimine). Siegel fu anche responsabile del terrificante e vendicativo superfantasma lo Spettro e dell’eroe cyborg Robotman. Avrebbe anche scritto la striscia della quintessenza del supereroe britannico, The Spider, ma la relativa oscurità di questi personaggi così ben concepiti ne racconta il destino. Jerry Siegel non riuscì più a creare qualcosa che avesse l’impatto primordiale di Superman, tuttavia lui e Joe Shuster avevano realizzato qualcosa di spettacolare: avevano stabilito le regole e le fondamenta da cui partire per la costruzione di nuovi universi. Nel 1975, di fronte alla crescente cattiva pubblicità, la Warner Bros. (società madre della DC) accordò a Siegel e Shuster un compenso di ventimila dollari annui ciascuno e una quota garantita 25


SUPERGODS su tutti i successivi fumetti, programmi TV, film o giochi di Superman. Sicuramente avranno fatto comodo, ma, per fare un esempio di come si è evoluta l’industria, ora un prolifico e popolare scrittore di fumetti può arrivare a guadagnare la stessa cifra in una settimana. Le battaglie legali tra gli eredi di Siegel e la DC sulla proprietà dei diritti di Superman continuano ancora oggi. Ovviamente, dopo averne venduto i diritti e dopo i successi ottenuti in altri media, Siegel e Shuster non erano più i soli arbitri del destino della loro creazione. Gli autori radiofonici avevano aggiunto nuovi elementi essenziali alla tradizione, come la kryptonite, il letale minerale spaziale. Per quanto riguarda i fumetti, una squadra di assistenti dello studio aiutò a mantenere viva la fiamma. Superman aveva bisogno del lavoro di dieci e più uomini per soddisfare la richiesta delle sue incredibile gesta. Libero dai suoi creatori, sarebbe cambiato radicalmente e costantemente nel corso dei successivi sette decenni, per adattarsi, in certi casi anticipandoli, ai grandi cambiamenti di moda, politica e demografia del pubblico. Superman possedeva una qualità elastica e metamorfica che gli avrebbe permesso di sopravvivere. Quarant’anni dopo, con un film di Superman ad alto budget in uscita nel 1978, Siegel poteva contare su un lavoro da impiegato e Shuster si ritrovava parzialmente cieco in una casa di cura della California. Per quanto riguarda Superman, lui non era invecchiato neppure di un giorno. Qualsiasi cosa avessero creato quei ragazzi era destinata a durare: più forte, più veloce, più muscoloso e coriaceo di qualsiasi essere umano. A dire il vero, è come se lui fosse più reale di noi. Gli scrittori vanno e vengono, generazioni di disegnatori lasciano le loro interpretazioni, eppure qualcosa permane, qualcosa che è sempre Superman. Dobbiamo adattarci alle sue regole se vogliamo entrare nel suo mondo. Non possiamo permetterci di cambiarlo troppo o rischiamo di perdere la sua essenza. Esiste un insieme di elementi persistenti che definiscono Superman attraverso decenni di voci creative e che rappresentano quell’essenziale e incrollabile caratteristica dell’essere Superman che il personaggio possiede in ogni sua incarnazione e che è divinità sotto ogni punto di vista. Probabilmente starete pensando che niente di tutto questo ha importanza, perché in realtà la domanda ricorrente quando si comincia a parlare di Superman è una sola: se è così maledettamente super, perché indossa le mutande sopra la calzamaglia? 26


IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO Crescendo con Superman, ho accettato il suo «costume d’azione» come parte del lotto. Per le razze superiori delle illustrazioni pulp era normale sfoggiare mantelli, calzamaglie e mutandoni esterni, come se la più importante tra le ovvie conseguenze di millenni di pace, progresso e governo unico mondiale, potesse essere la predilezione degli uomini per gli stivali al ginocchio. Per quanto mi riguarda, la reale consapevolezza del caratteristico aspetto di Superman arrivò molto più tardi, quando vidi alcune fotografie di uomini forzuti nei circhi degli anni Trenta. Là, tra le corde del tendone e i caravan dipinti della fiera itinerante, ritrovai la familiare e vagamente inquietante combinazione sovrapantalone-cintura, indossata da uomini con baffi a manubrio, pesi stretti nei pugni carnosi e sguardo di sfida rivolto alla macchina fotografica. Alla fine tutto aveva perfettamente senso. La soluzione dell’enigma del secolo era da sempre nel solito, noioso passato, dove nessuno si era degnato di guardare. Nel 1938, le mutande sulla calzamaglia erano sinonimo di forza e resistenza più che virili. Il mantello, gli stivali da imbonitore, la cintura e il costume aderente in spandex provenivano tutti dal mondo circense e aiutarono a dare enfasi all’aspetto esibizionistico, quasi da freak-show, delle avventure di Superman. Sollevare ponti, fermare treni a mani nude, lottare con elefanti: queste erano prodezze da super-forzuto che beneficiavano dell’inclinazione da fiera sottintesa dallo spandex aderente. Shuster aveva vestito il primo supereroe come l’esemplare più prominente dell’ideale erculeo della sua cultura, rendendolo inconsapevolmente bersaglio di migliaia di battute di spirito. Tolta di mezzo la sua caratteristica più evidente, il costume di Superman ha altro da rivelare sull’eroe e sul richiamo che esercita. Fin dalla sua creazione, Superman era riconoscibile come Topolino, Charlie Chaplin o Babbo Natale. Era immediatamente intrigante, immediatamente vendibile. Marchiare aggressivamente il protagonista con la sua iniziale non era mai stato fatto prima e fu un colpo da maestro da veri esperti di marketing. Superman indossava il proprio logo. Era la sua stessa t-shirt. Il suo emblema era la bandiera di una nazione personale e, come la Croce rossa, era ovunque il benvenuto. Il contrasto tra rosso e blu aggiunse al personaggio un tocco patriottico da Stelle e strisce all’americana e, in una serie dove le proporzioni delle attività di Superman tendevano a trarre profitto da panoramiche in campo lungo, i colori primari del suo aspetto in 27


SUPERGODS continuo movimento aiutavano a identificare l’eroe anche quando era poco più di un puntino sullo skyline di Metropolis. Il mantello aveva anche un compito pratico, dando illusione di movimento e velocità a immagini statiche... le precise e moderne tecniche di montaggio dello stile narrativo di Siegel e Shuster facevano il resto. Torniamo all’emblema sul petto. Superman, così sfacciatamente speciale, così assolutamente caratteristico da indossare la propria iniziale come distintivo, riaffermò la dignità umana guardando all’avvenire. Shuster e Siegel avevano immaginato un futuro in cui tutti avrebbero orgogliosamente indossato il simbolo della propria dichiarata e riconosciuta grandezza, in cui la tecnologia sarebbe stata un semplice strumento per aiutarci a esprimere la creatività e i pensieri originati dai nostri preziosi super-io. In Superman, alcune delle aspirazioni più alte della nostra specie precipitarono dai cieli splendenti dell’immaginazione per scontrarsi con la più bassa forma d’intrattenimento e dalla loro unione nacque qualcosa di potente e risonante, sia pure in mutande. Era coraggioso. Era astuto. Non si arrendeva mai e non deludeva mai nessuno. Prendeva le parti dei deboli e sapeva come scacciare prepotenti di ogni genere. Non poteva essere ferito o ucciso da malintenzionati, per quanto potessero provarci. Non si ammalava. Era sempre leale con gli amici e il mondo adottivo. Era Apollo, il dio del sole, l’impareggiabile essere supremo, la personale grandezza di cui tutti sappiamo essere capaci. Era l’autorità interiore virtuosa e amante della giustizia che divampava alle spalle del fronte delle camicie inamidate del conformismo gerarchico. In altre parole, Superman era la rinascita della nostra più antica idea: era un dio. Il suo trono svettava su un emergente Olimpo discount e, come Zeus, si sarebbe travestito da mortale per camminare tra la gente comune e venire a contatto con i loro drammi e le loro passioni. I paralleli continuavano: la sua S era un fulmine stilizzato, l’arma di Zeus, motivante dardo di severa autorità e giusto castigo. Come suggerito dalla didascalia d’apertura della storia del 1939 sulle “origini” di Superman (“QUANDO UN LONTANO PIANETA FU DISTRUTTO DALLA VECCHIAIA, UNO SCIENZIATO MISE IL PROPRIO FIGLIO IN FASCE IN UN’IMPROVVISATA ASTRONAVE PER ESSERE LANCIATO VERSO LA TERRA”) egli era un piccolo Mosè, o Karna per gli indù, fatto scivolare in una “cesta” nel fiume del destino. Poi c’era la divinità occidentale a cui somigliava maggiormente: 28


IL DIO DEL SOLE E IL CAVALIERE OSCURO Superman era Cristo, l’immortale campione inviato dal Padre celeste (Jor-El) per redimerci con l’esempio e insegnarci come risolvere i problemi senza ucciderci l’un l’altro. Nel suo spudorato e onirico costume in Technicolor, era anche una popstar, un messia per l’era delle macchine, un redentore fantascientifico. Sembrava studiato per toccare il maggior numero di corde possibili. Se vogliamo trovare un tema principale nella storia di Gesù, di sicuro è questo: quando un dio decide di scendere sulla Terra, deve compiere dei sacrifici. Affinché potesse nascere, a Superman fu chiesto di rinunciare ad alcuni suoi principi. Come prezzo per l’incarnazione, il figlio di Jor-El di Krypton fu costretto a stringere un terribile patto con complesse e contorte forze di questo mondo materiale. La S rappresentava anche un serpente e portava con sé la sua maledizione. Ironia volle che la “sostanza” cosmica con cui le nostre vite sembrano essere spesso segretamente intrecciate avesse già da tempo messo gli occhi sull’uomo perfetto. Accadde quindi così che il nostro eroe socialista, utopico e umanista fu pian piano trasformato in uno strumento di marketing, in un tirapiedi patriottico e, peggio ancora, nel traditore dei suoi stessi creatori. Abbandonando i propri padri sul lontano e sfortunato pianeta Povertà, Superman, spinto dal pressante bisogno di concretizzarsi, volò nelle mani di chiunque potesse permettersi di assumerlo. L’immagine e il nome di Superman, il suo significato, si diffusero a ondate sempre più ampie alla velocità della carta stampata, alla velocità della radio. Il superuomo era riuscito a piantare le insegne di Krypton nel suolo del Kansas e di Metropolis. Un alieno forte, elegante e bello giunto per stabilire un precedente e comunicare qualcosa al pubblico. Da dove sarebbe venuto il prossimo supereroe di successo? Come dare un seguito a Superman senza copiarlo, cosa tentata da molti, e innescare procedimenti legali? Ora sembra ovvio. La risposta era invertire la polarità. Superman era l’eroe del giorno, luminoso, sgargiante e fondamentalmente ottimista. Che ne direste invece di un eroe della notte? Ecco arrivare Batman.

_______________ Tutto iniziò in una notte buia e tempestosa del 1938, nel centro di New York, quando Vin Sullivan, editor di Detective Comics,

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