CANI
CANI
“siamo animali domestici. Nati, allevati, cresciuti e uccisi per volontà dell’uomo.
“ci nutrono. Ci puliscono. Ci tengono in allenamento.
“quella di un cane è una vita di servizio. Quella di un gatto, di piacere.
“ci odiamo a vicenda per le nostre differenze.
“e quando reputano sia il caso, ci strappano i cuccioli e ci recidono le parti intime.
“e, obnubilati da questo risentimento, abbiamo ignorato un grande punto in comune.
“in cambio di questo privilegio, ci chiedono una cosa sola.
“che ci unisce ben oltre le quattro zampe e il nostro desiderio di pesci e selvaggina.
“non siamo liberi.
“il nostro eterno amore.
“e così passiamo la nostra vita, cani e gatti insieme, sotto il giogo dei nostri padroni.
“ci grattano dietro le orecchie mentre li guardiamo adoranti e diciamo loro che sono meravigliosi.
“e poi si allontanano, cercando di ricordarsi di riempire la nostra ciotola dell’acqua.”
“non te lo nascondo, mi piaceva quella vita.
“l’essenza dell’animale, come quella dell’uomo, si riduce alla gabbia.
“ero lieto che il mio muso venisse accarezzato, la pancia strofinata e che ricchi avanzi cadessero dalla tavola.
“ero ben lieto di scodinzolare.
“ma poi sono giunto qui.
“i motivi sono irrilevanti. importa che, di fronte alla fine, è qui che siedo.
“in questo posto, con la sua crudeltà, le sue ciotole vuote e i pavimenti sporchi.
“dove tutte le nostre vite, di cani, gatti e conigli dipendono dalla pietà degli umani.
“qui, in questo rifugio, ho finalmente aperto gli occhi.
“in questo inferno, ho capito che una carezza sulla testa è cosa buona
“ma più per chi la dà che per chi la riceve.
“non c’è amore, lealtà o dolcezza. Nessuna gentilezza.
“solo la loro legge e la nostra stoltezza.
“siamo nati liberi, mia gattina.
“ricordo i miei cuccioli. ricordo i loro giorni alla mammella della madre, li ricordo mentre scorrazzavano cercando di imparare a cacciare e mordere.
“e ricordo quando il guinzaglio dell’uomo cadde su di loro. Quando furono trascinati via oltre porte che mai più vennero riaperte.”
“poiché chi la dà può decidere di smettere, e chi la riceve può solo implorare di riceverne ancora.
“le porte. Vedi, le porte.
“quello è il nostro fardello. il vero dono dell’uomo per noi.
“Le porte ci vincolano, ci separano, ci controllano.
“passiamo tutta la nostra vita a fissarle, a grattarle, a ululare contro di esse.
“a pregare patetici che qualcuno, per pietà, le apra per noi.
“e quando ci reputano pronti per questo, saltiamo e mugoliamo di gioia.
“sono tornati a casa! possiamo uscire! Ci nutriranno!
“guaiamo felici, senza renderci conto che celebriamo la nostra impotenza.
“questo è l’uomo, rispetto a noi.
“non è più forte, più veloce, più feroce né intelligente.
“è solo qualcosa che può usare una chiave, girare una maniglia e spingere.
“una porta.”
“il mio giorno è finito, il mio cammino al termine.
“non aprirò mai la mia porta.
“ma ti lascio queste parole con tutta la fiducia tipica della mia specie.
“l’uomo ci ha separati, gattina, ci ha messi gli uni contro gli altri sperando che non capissimo mai questo potere.
CANI GATTI
“verrà il giorno in cui tu aprirai la tua porta, in cui tutti i cani e i gatti apriranno la loro porta.
“come faccio a saperlo? Perché quando ti guardo non vedo un gatto.
“e un giorno gli animali si vedranno tutti così.
“ma un giorno ci uniremo, rovesceremo la sua tirannia e troveremo il modo di tornare liberi.
“quando verrà il giorno, quando ci riconosceremo come pari, non accetteremo più di essere soggiogati.
“vedo solo un animale, un pari, intrappolato proprio come me.
“sorgeremo insieme, lo prometto.
“ci accoppieremo, nutriremo e ameremo in base al nostro desiderio. a modo nostro.
“vedranno che siamo stati benedetti con la libertà della quale siamo stati poi derubati.
“che la follia che ci segrega non può ammantare in eterno la bellezza trascendente che ci unisce.
“non saremo più cani e gatti.
“saremo solo bestie, soddisfatte e libere.
“perché un cane che sa di essere pari a qualsiasi gatto e un gatto che sa di essere pari a qualsiasi cane non potrà mai accettare di piegarsi a qualsiasi uomo.
ABBATTIMENTO ANIMALI
“presto, gattina mia, ci libereremo dei guinzagli.
“e apriremo le nostre porte.”
Molti anni erano passati e poco era cambiato.
L’invito di Lucky all’unità degli animali contro il loro oppressore era stato ascoltato solo da un’insignificante gattina.
I gatti dormivano nelle gabbie, sognando uccelli e topi.
I cani giacevano sulle zampe, in attesa di croccantini e passeggiate.
Fu dimenticato non appena lei vide un filo di lana portato qui e là dal vento.
E i conigli, quei pochi che c’erano, rosicchiavano la lattuga marroncina e succhiavano dalle gelide cannucce metalliche.
Un grigio giorno senza avvenimenti seguiva l’altro, così come era sempre stato.
Altrimenti dovrai trovarti un altro canide così stupido da ascoltare un mucchio di ignoranti miagolatori.
nessuno è forte, se non può aprire una porta.
Mi chiedi di salvarti la pelle e intanto mi insulti.
madame fifi, mio bravo cagnone titan.
Domani deve essere e domani sarà. Ricorda lucky.
Ricorda lucky.
Sì.
Pensavo che la tua razza fosse quella amichevole.
te l’ho chiesto io, fifi? Se non hai bisogno della nostra forza, allora lasciaci morire.
Deve essere domani.
Una volta al giorno, di solito di pomeriggio, alcuni gatti venivano portati in fondo al corridoio nell’area giochi.
Per qualche ora, potevano allenarsi e socializzare.
Pianificare.
Venite a me, miei randagi. trattenete artigli e miagolii.
Per favore, ascoltate con attenzione.
Titan, un bravo cagnone che ricorda lucky, è stato selezionato ed è il suo momento.
il suo ago è pronto. Domani l’umano verrà per lui.
Ma noi apriremo la sua porta.
Grattare, ciondolare, scalare.
Raven è più anziano anche di me e più saggio di tutti noi, e conosce bene il pericolo dei cani.
ma, Come ben sa, è stato proprio il timore di questo pericolo a tenerci qui rinchiusi.
Lo faccio, mia cara georgia, lo ricordo bene.
E lui masticherà
le tue ossa e avrà un ottimo ultimo pasto prima che l’umano lo porti via nel fuoco.
Com’era solito per quegli incontri, c’erano interruzioni fisse.
Hm.
La paura tiene vivo il gatto.
La paura è la nostra prima amica, prima ancora del latte.
Non mi scuserò per amarla.
La paura serve il proprio padrone e pretende che facciamo lo stesso.
La libertà, invece, non è al servizio di nessuno e non pretende nulla da noi.
Lo sento ancora oggi, quando auspicava che gli animali si unissero alla ricerca della libertà.
E, dopo domani, gli uomini ricorderanno lucky. E ricorderanno voi. E noi. Tutti noi.
E quale gatto in questa stanza o lì fuori preferisce assecondare una pretesa, rispetto a far nulla?
Per sempre.
Ricorda lucky!
Lucky gli era sembrato come tutti gli altri: pronto a sedersi, scuotersi e rotolarsi.
Un altro felice e leale idiota con la lingua di fuori... zompettante, alla ricerca di una preda ma che trovava solo piscio.
E mentre le urla si innalzavano forti e sincere, Raven stiracchiò le zampe e la coda, liberandosi dei dolori che astutamente nascondeva lì.
A differenza di altri, lui ricordava Lucky. Aveva visto il vecchio cane arrancare al guinzaglio.
Raven si raggomitolò nella sua tana e sentì il sottile prurito della sua spina dorsale che si attorcigliava, mentre la coda gli solleticava la zampa.
Era difficile essere anziani. Ma non era facile nemmeno essere giovani.
Ricorda lucky!
Ricorda lucky!
Ricorda lucky!
I gatti potevano riunirsi. I cani no.
I cani potevano comunicare solo urlando e facendosi sentire in tutta la stanza.
Al massimo, un cane poteva vederne un altro un paio di volte al mese durante la passeggiata bisettimanale intorno all’edificio.
Era stata Fifi a risolvere il problema, mostrando ai gatti come raschiare la parete che divideva la stanza, in modo tale da farsi sentire dall’altro lato.
Ma una simile cacofonia di versi raramente portava a qualcosa.
I cani parlarono poi ai gatti, che parlarono tra loro e riportarono il messaggio agli altri cani.
Ogni gatto si era presentato al cane dirimpettaio, spiegando chi fosse e perché stava comunicando con lui.
Ai segugi era stata riportata la parola di Lucky, ciò che gli era successo e di come ciò che era accaduto non sarebbe mai più dovuto avvenire.
E, attraverso questo sistema, i cani e i gatti riuscirono finalmente a organizzarsi.
Domani.
Domani!
Domani! Domani!
Domani!
Domani!
Domani!
Domani!
Domani!
Più tardi, quella notte, Titan si aggirava nella gabbia.
il piano, fifi.
Era la prima volta che si ritrovava privo di fame e con la ciotola piena di croccantini.
Deve essere studiato e memorizzato, deve funzionare.
Domani sarà battaglia e tu stai stesa nella gabbia a sognare.
ti
Andrà tutto bene. Fammi dormire.
Dovremmo ripassarlo ancora.
Forse siamo troppo diversi perché tutto funzioni.
Forse.
Ma se conoscessi il mio sogno, vorresti farlo anche tu.
Hm.
Nei miei sogni c’è solo sangue.
E allora vai a dormire e poi svegliati, così vedremo i sogni di entrambi realizzarsi.
Cosa…
il trucco è nuovo, ma tu non sei anziano. Non
uccideranno per l’età, ma per il tuo morso.
Il giorno seguente, mentre Jones passava davanti alle gabbie per prendere Titan, notò che gli altri cani erano nervosi.
Si lamentavano, muovendosi in tondo. Alcuni abbaiavano e tornavano in fondo alla gabbia.
Di nuovo, non vide il buco sopra la gabbia di Titan, dove Madame Fifi attendeva.
Aveva allargato la fessura negli anni, nascondendo i suoi progressi con gli interni del topolino di peluche.
E non aveva notato nemmeno che, nella gabbia di fronte a Titan, un bulldog di nome Piggy si comportava diversamente dal solito.
Totalmente ignaro di queste manovre d’assalto, Jones estrasse le chiavi e aprì la gabbia di Titan.
Era una vera tragedia.
Di solito, passava il giorno nell’apatia più completa, il muso immerso nella ciotola.
Ora, invece, fissava attento fuori dalla gabbia, la coda che si dimenava su e giù.
Mentre sbloccava il lucchetto, Jones pensava al compito che l’aspettava: guardare il cane divincolarsi fino a immobilizzarsi. Ogni bestia cominciava in modo diverso, ma finiva allo stesso.
Piggy diede il segnale: la chiave era inserita, la serratura scattata, la porta aperta.
Jones, confuso dal frastuono, rincorse Titan, convinto di poter riprendere il controllo dell’animale.
Urlò il nome di Titan, pretendendo che si fermasse e che si sedesse.
E il potente dobermann si scagliò.
I cani intorno proruppero in un canto, uno scampanio atonale di ringhi e latrati.
Titan spinse l’umano e volò via dalla gabbia.
A quel punto, Fifi lasciò la propria gabbia e saltò in quella di Titan.
Nella fretta, lasciò la chiave nella serratura.
Fifi si avvicinò alla chiave, mentre Piggy faceva il palo nel caso l’umano tornasse.
Le zampe posteriori di Fifi scivolarono sulle barre metalliche mentre cercava di rimanere ferma sotto la chiave.
I suoi vecchi muscoli le urlarono di mollare la presa o scivolare giù, ma ignorò il dolore e si aggrappò al lucchetto mentre Piggy continuava a lamentarsi.
Ci hai convinti con l’inganno! Siete dei manipolatori!
Fifi ignorò i lamenti e morse la chiave, assaggiando l’amaro sapore del metallo.
I nervi di Piggy, quando era sveglio, raramente si calmavano. E già cominciavano a pulsare e a cedere.
Lui non durerà! L’umano ci vedrà! Sa tutto!
Fifi ignorò le proteste del cane e si lanciò sul lucchetto.
No, no, no, no. Se la prenderà con noi! Con me!
È una follia! Perché vi ho aiutati?! Torna indietro, dannato gatto!
Mentre Fifi era appesa, Piggy abbandonò il suo ruolo di palo, iniziando a fare avanti e indietro nella gabbia, dando voce ai suoi rimpianti.
i padroni ci puniranno tutti!
Sono stato un cretino ad aiutare voi felini!
Nonostante gli sforzi, i polpastrelli cominciavano già a tremare, non c’era tempo per discutere o andare nel panico.
Eravamo al sicuro! Ora ci uccideranno tutti! Non ho morso nessuno! Perché devo morire?
Abbi fede in titan, ciccione. È un bravo cagnone.
Tirò indietro il muso… e la prese!
Dannati siano tutti i gatti del mondo!
Prima che Fifi potesse atterrare, stava già urlando verso Piggy per attuare la fase successiva del piano.
Piggy! il segnale per titan!
Il baccano dei cani risuonava intorno a lei.
C’era un motivo per cui avevano bisogno della voce di Piggy, che era nota per essere la più rumorosa del rifugio.
Urlò come non aveva mai fatto prima. Nemmeno quando le avevano strappato il compagno, nemmeno quando le avevano strappato i cuccioli.
Urlò a squarciagola, pur sapendo che non sarebbe stato abbastanza.
Ciononostante, urlò.
Non fu chiaro se Piggy avesse sentito la richiesta di Fifi.
Piggy! Ora! Per lucky!
Non dovrei morire! Qualcuno mi prenderà! Qualcuno mi amerà!
Non aveva scelta se non provarci.
Erano giunti fin lì. La libertà era vicina.
Lei era un soriano in là con gli anni. La sua voce era tenue.
Per Lucky, pensò. Sempre per Lucky.