Azione 20 del 13 maggio 2024

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edizione 20

MONDO MIGROS

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SOCIETÀ Pagina 3

Che cos’è il tatuaggio? Una mostra al Mudec di Milano ne ripercorre la storia fin dall’antichità

Matteo Conconi racconta come si è avvicinato alla mountain bike pur avendo un braccio meccanico

TEMPO LIBERO Pagina 19

La pace è possibile con questi leader?

Come finirà l’atroce guerra di Gaza? L’impressione è che il conflitto cominciato il 7 ottobre scorso possa anche –e finalmente – finire, grazie a un’intesa basata su un sofferto equilibrio tra il dare e l’avere dei contendenti. Si potrà forse intervenire efficacemente sugli effetti della discordia attraverso uno scambio di ostaggi e prigionieri e la promessa di interrompere le devastazioni belliche da una parte (anche perché resta poco da distruggere) e le azioni terroristiche dall’altra. E fare in modo che, almeno all’inizio, ci sia una forza internazionale che vegli sul rispetto della tregua a Gaza. Ma le cause di questa feroce inimicizia non sembrano in alcun modo sanabili. Questa non è una battaglia tra due popoli, gli israeliani e i palestinesi, che cercano un modo intelligente di convivere negli stessi territori, magari attraverso la famosa e mai veramente voluta soluzione dei due Stati. Questa è una sfida tra due opposti estremismi che sognano, peggio: reclamano l’estinzione fisica del nemico come unica soluzione accettabile della contesa. Mors tua vita mea. Ce lo dice la storia. Hamas è un gretto movimento radicale islamico nato ai tempi della prima Intifada (1988) con l’intento esplicito di distruggere Israele, non di conviverci. Un obiettivo che da allora non è mai stato ripensato. Lo si è visto nello scempio di civili ebrei durante l’attacco che ha dato la stura all’ultimo capitolo della pluridecennale contesa tra le parti. Sul fronte opposto c’è un Governo dominato dagli ultraortodossi, gli stessi che nel 1948 non avrebbero voluto la nascita dello Stato democratico di Israele, ma la creazione di una nuova landa teocratica retta da precetti rigidamente

INVITO AI SOCI

religiosi. All’epoca Ben Gurion li aveva esentati dal servizio militare grazie a un accordo che in ebraico si chiama «Torato Umanuto», che significa «lo studio della Torah è il suo lavoro». «Ma allora gli ultraortodossi erano il 10% della popolazione», mi ha spiegato un intellettuale ebreo nei giorni scorsi.

«Oggi sono il 30%, comandano e vogliono l’eliminazione degli abitanti di Gaza, considerati tutti terroristi, futuri terroristi o loro complici». Come si può trovare un accordo di pace credibile tra due protagonisti convinti della necessità dello sterminio della controparte? Questo, all’interno di uno scenario kafkiano in cui tutti sono ostaggi di tutti. I civili israeliani catturati sono ostaggi di Hamas. Netanyahu, che già è un falco, è ostaggio degli ultraortodossi (senza il loro appoggio cadrebbe la protezione dai provvedimenti giudiziari contro di lui) promotori di una reazione spropositata agli attacchi subiti.

Anche i civili di Gaza sono ostaggi di Hamas, che ha posizionato le proprie basi sotterranee e no, tra donne anziani e bambini, trasformati in scudi umani dagli attacchi degli israeliani, i quali a loro volta sostengono che se i civili non se ne vanno (sì, ma dove?) sono «costretti» a colpirli per colpire Hamas. Al di là dei torti e delle ragioni delle due parti, è una storia che, se resta in mano a questi attori, non può far altro che avvitarsi su sé stessa. Le pressioni esterne e le vie misteriose della geopolitica potranno portare a una cessazione delle ostilità.

Ma se a Gaza e in Israele non cambiano le teste di chi comanda, una soluzione duratura non è possibile. Potranno anche smettere di farsi la guerra, ma non vorranno mai fare la pace.

della Cooperativa Migros Ticino, con l’invito a rispondere alla seguente domanda: «Approva i conti dell’esercizio 2023, dà scarico al Consiglio di amministrazione e accetta la proposta per l’impiego del risultato di bilancio?» Il materiale di

più tardi dieci giorni prima della scadenza della votazione. Eventuali reclami concernenti schede di voto non ricevute o inesatte sono da indirizzare

ATTUALITÀ Pagina 33

La forza del dollaro ha risvolti benefici ma anche degli svantaggi per il resto del mondo

Stranieri ovunque, una Biennale d’Arte dedicata al Sud del Mondo che rompe con la tradizione

CULTURA Pagina 45

Quando anche gli ospedali sono «too big to fail»

Porta – Pagina 29

all’Ufficio elettorale di Migros Ticino, 6592 Sant’Antonino, al più presto sei giorni lavorativi e al più tardi tre giorni lavorativi prima dello scrutinio. Su questo numero di Azione sono pubblicati i conti 2023, la relazione dell’Ufficio di revisione e la proposta del Consiglio di amministrazione per l’utilizzo dell’utile di bilancio, così come la relazione annuale della Cooperativa. La votazione si svolge secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento per votazioni, elezioni e iniziative. Questi documenti possono essere consultati presso i punti vendita, presentando la quota di partecipazione o la tessera di socio. Sono disponibili anche su www.migrosticino.ch unitamente a numerose altre informazioni sulla Cooperativa e sulle sue attività nel 2023. Secondo l’articolo 30 dello statuto, il Consiglio di amministrazione ha nominato un Ufficio elettorale che sorveglia lo svolgimento della votazione e che si compone delle seguenti persone: Avv. Filippo Gianoni (presidente), Myrto Fedeli (vicepresidente), Edy Barri, Roberto Bozzini, Pasquale Branca (membri). Voglia compilare al più presto la scheda di voto e depositarla

nelle apposite urne esposte nei nostri punti vendita. Così facendo ci aiuta a risparmiare spese postali permettendoci di offrirle una tavoletta di cioccolato. Le urne sono a disposizione durante il normale periodo di apertura delle nostre sedi. Ultimo termine per la spedizione o consegna della scheda (giorno di voto): SABATO 1° GIUGNO 2024. Il Consiglio di cooperativa raccomanda di approvare i temi in votazione. Gottlieb Duttweiler, fondatore della Migros, ha creato una struttura democratica nella forma di cooperativa. Socie e soci possono così partecipare alle decisioni importanti che riguardano l’azienda. Questa forma di partecipazione è unica in Svizzera. Con la partecipazione al voto le socie e i soci non solo fanno uso del proprio diritto, ma esprimono anche l’apprezzamento per l’impegno di tutti i collaboratori di Migros Ticino, per il quale ringraziamo.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024
Ticino
Cooperativa Migros
◆ ● G.A.A. 6592 San t’Antonino
LA
socia e caro socio della Cooperativa Migros Ticino, riceve in questi giorni il materiale per la VOTAZIONE GENERALE 2024
all’esercizio 2023
sarà
tutti gli aventi
voto, in base al registro dei soci,
PER
VOTAZIONE 2024 Cara
relativa
voto
inviato per posta a
diritto di
al
Sant’Antonino, 13 maggio 2024 Cooperativa Migros Ticino Il Consiglio di amministrazione Keystone Roberto

Al servizio di società e cultura

Impegno Migros ◆ Mira Song subentra a Hedy Graber nel ruolo di responsabile della Direzione Società e cultura

Da gennaio 2023, Mira Song (1973) dà forma all’impegno culturale del Gruppo Migros in qualità di responsabile Cultura presso la Direzione Società e cultura. Sotto la sua guida, la divisione è stata ulteriormente sviluppata e ha compiuto notevoli progressi sia dal punto di vista strategico sia organizzativo. Dal 1° settembre 2024 sarà responsabile dell’impegno sociale e culturale del Gruppo Migros a livello nazionale. Prima di entrare a far parte della Federazione delle cooperative Migros, Mira Song ha ricoperto diverse posizioni dirigenziali presso Credit Suisse. Più recentemente, in qualità di «Head International Sponsorship», è stata responsabile di partnership di sponsorizzazione a livello globale, lavorando tra gli altri con la National Gallery di Londra e la Roger Federer Foundation.

«Sono lieta che siamo riusciti a reclutare Mira Song, una figura dirigenziale competente, per questo importante ruolo. Non solo porta con sé una vasta esperienza nel settore della cultura, ma anche una comprovata esperienza nello sviluppo strategico e nella gestione di progetti», afferma Andrea Krapf, responsabile HRM e impegno del Gruppo Migros e membro della Direzione generale. «È un grande onore per me diventare responsabile della Direzione Società e cultura», afferma Mira Song. «Non

vedo l’ora di promuovere e sviluppare iniziative culturali e sociali, restando sempre al passo coi tempi. Con un team forte e il sostegno dei nostri partner, continueremo a portare avanti progetti innovativi e a dare un contributo positivo alla società».

L’impegno sociale del Gruppo Migros

L’impegno nei confronti della società del Gruppo Migros (in breve Impegno Migros) si articola nei tre pilastri Percento culturale Migros, Fon-

do pionieristico Migros e Fondo di sviluppo Migros. Il Percento culturale Migros è dedicato alle iniziative socioculturali e si rivolge agli artisti, alle persone impegnate nel sociale e al pubblico in generale. Al Percento culturale Migros fanno capo anche la Scuola Club Migros, l’Istituto Gottlieb Duttweiler (GDI), il Migros Museum für Gegenwartskunst, i quattro parchi Prato Verde e la ferrovia del Monte Generoso. Complessivamente il Percento culturale Migros investe ogni anno oltre 140 milioni di franchi. Dal 2012 il Fondo pionieristico Migros sostiene inoltre idee coraggiose e trasforma progetti audaci in soluzioni concrete. Il Fondo pionieristico Migros è finanziato dalle imprese del Gruppo Migros con circa 15 milioni di franchi all’anno. Il Fondo di sviluppo Migros, attivo dal 1979, promuove progetti sociali ed ecologici in Svizzera e all’estero. La Federazione delle cooperative Migros mette a disposizione un milione di franchi svizzeri all’anno per questo scopo, denaro che ogni anno sostiene circa 20 progetti di organizzazioni riconosciute operanti nel campo della cooperazione internazionale allo sviluppo e di organizzazioni non profit attive in Svizzera. La Direzione Società e cultura è responsabile dell’orientamento nazionale del Percento culturale Migros e del Fondo pionieristico Migros.

Il nuovo camion elettrico sta svolgendo bene il suo compito

Info Migros ◆ È finalmente operativo il nuovo veicolo total electric

È stato a lungo fortemente voluto da Migros Ticino, l’anno scorso è stato ordinato, e oggi, dopo una serie di approfonditi test su strada, l’imponente camion Volvo FM Electric da 660 CV, con sovrastruttura Ackermann Willisau, dotato di una batteria da 540 kWh che gli garantisce un’autonomia di 300 km, è finalmente operativo.

Grazie al nuovo mezzo di trasporto è stato stimato un risparmio di carburante Diesel tra i 15 e i 20’000 litri all’anno

In attesa di ricevere altri veicoli di questo tipo, il camion total electric di ultima generazione saprà garantire alla Cooperativa il massimo profitto nel rapporto autonomia/prezzo; sono stati ben calcolati e delineati una serie di percorsi che il camion percorrerà giornalmente su più giri per il totale massimo dei chilometri permesso dalla carica. Obiettivo dichiarato, in un’ottica di sostenibili-

tà perfettamente al passo con i tempi, è quello di ottimizzarne la resa.

La Centrale trasporti di S. Antonino prevede di rifornire una decina di supermercati al giorno, sparsi

Premio al Camping

Info Migros ◆ Il Camping Monte Generoso è il «Campeggio con miglior ristorante in Svizzera»

La Ferrovia Monte Generoso SA è lieta di annunciare che il proprio campeggio, il Camping Monte Generoso a Melano, ha ricevuto il premio ACSI 2024 come «Campeggio con il miglior ristorante» in Svizzera.

Tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, campeggiatori di tutta Europa hanno espresso le loro preferenze votando in otto categorie definite dalla storica società olandese «Auto Camper Service International» (ACSI).

Fondata nel 1965, l’ACSI si è af-

Di

da Nord a Sud, su tutto il territorio cantonale.

È stato stimato un risparmio complessivo di carburante Diesel tra i 15 e i 20mila litri annui.

fermata come leader europeo nel settore, diventando un vero e proprio punto di riferimento per gli appassionati di campeggio. La vittoria di quest’anno segue il successo del 2022, quando lo stesso campeggio ottenne il premio ACSI come «Miglior Campeggio per Cani» in Svizzera. Questi riconoscimenti sottolineano l’impegno continuo dello staff e del team nell’offrire un’esperienza di campeggio di primo livello ai propri ospiti. Gli sforzi hanno portato al ristorante del Camping questa distinzione, anche grazie all’uso di prodotti locali e a un menù che celebra la ricchezza della cucina regionale. Ricordiamo che il Ristorante del Camping Monte Generoso è sempre aperto a tutti, e rappresenta un luogo ideale per staccare la spina, immersi nella natura.

Informazioni montegeneroso.ch

donne per donne, ma non solo

Forum elle ◆ Un’occasione per incontrare le opere dell’artista ticinese Sylva Galli alla Pinacoteca Züst

Forum elle è una piattaforma di scambio femminile apartitica, aconfessionale e indipendente. Attraverso un’offerta di eventi regionali e interregionali si rivolge in prima linea a donne che sono convinte dei valori, delle attività e del knowhow di Migros. E questo sin dal 1957.

Ora Forum elle invita a un appuntamento con l’arte che saprà spalancare finestre su mondi lontani, eppure intimamente vicino a noi: il ritrovo è alla Pinacoteca Züst di Rancate, dove è in corso la suggestiva mostra Sylva Galli (1919-1943) e le artiste del suo tempo. Ecco gli appuntamenti legati alla mostra in corso fino all’8 settembre alla Pinacoteca Züst: Mercoledì, 22.5.2024 – ore 18.30 (ritrovo alle 18.15)

Visita alla mostra di Sylva Galli e poi, in occasione della giornata della lettura ad alta voce, letture sulla condizione femminile del passato; si conclude con una cena in compagnia  Giovedì, 23.5.2024 – ore 10.00 (ritrovo ore 9.45)

Visita guidata alla mostra Sylva Galli e le artiste del suo tempo Giovedì, 23.5.2024 – ore 14.00 (ritrovo ore 13.45)

Visita guidata alla mostra Sylva Galli e le artiste del suo tempo

Se volete diventare socie di Forum elle vi invitiamo a visitare il sito www. forum-elle.ch sezione Ticino: oltre al formulario di iscrizione, troverete l’elenco completo degli appuntamenti passati e futuri.

Per iscrizioni e informazioni www.forum-elle.ch; e-mail: simona.guenzani@forum-elle.ch Tel. 091 923.82.02

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 2 azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Abbonamenti e cambio indirizzi tel +41 91 850 82 31 lu–ve 9.00 –11.00 / 14.00 –16.00 registro.soci@migrosticino.ch Redazione Carlo Silini (redattore responsabile) Simona Sala Barbara Manzoni Manuela Mazzi Romina Borla Natascha Fioretti Ivan Leoni Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Telefono tel + 41 91 922 77 40 fax + 41 91 923 18 89 Indirizzo postale Redazione Azione CP 1055 CH-6901 Lugano Posta elettronica info@azione.ch societa@azione.ch tempolibero@azione.ch attualita@azione.ch cultura@azione.ch Pubblicità Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino tel +41 91 850 82 91 fax +41 91 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch
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Mira Song entrerà in funzione a partire dal 1. settembre 2024. Il camion Volvo FM Electric da 660 CV con sovrastruttura Ackermann Willisau. (Comunicazione Migros Ticino) Uno scorcio del Camping Monte Generoso a Melano. (RedStudio) Sylva Galli, Genitori alla finestra, olio su tavola. (Eredi Sylva Galli)

SOCIETÀ

La sessualità in un dizionario

Il libro A nudo! della sessuologa canadese Myriam Daguzan Bernier si rivolge ai teenager over 14

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Rive poco pubbliche

Molte sponde di laghi svizzeri sono private, una situazione che fa discutere in diversi cantoni

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20 anni di Orizzonti Filosofici

Il professor Marcello Ostinelli ripercorre la storia dell’associazione creata da Silvio Leoni

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Tatuaggi, disegni nati con l’uomo

Un rifugio sicuro

Intervista a Piero Mazzoleni, presidente della Protezione svizzera degli animali

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Antropologia ◆ Al Museo delle culture di Milano è in corso una mostra dedicata a questa particolare forma espressiva

Nella grande mappa geografica, raffigurata sulla parete proprio all’inizio dell’esposizione, spicca per la mancanza di dati la sagoma vuota della Svizzera. All’interno dei confini di ognuna delle nazioni europee circostanti invece è riportata una cifra, che indica la percentuale della popolazione (adulta) che ha deciso di farsi tatuare la pelle. La palma d’oro in questo curioso concorso spetta al Lussemburgo, che vanta un solido 62%, mentre, ad esempio, l’Italia registra un altrettanto consistente 48% (non troppo lontano dal 47% della Svezia e dal 46% degli USA). Una delle nazioni più ostili a questa pratica pare, chissà perché, la Francia, con una percentuale di poco superiore al 10%. Da una breve ricerca su Internet apprendiamo che presumibilmente in Svizzera una persona su cinque ne ha uno, ma tra i giovani la percentuale sale al 50% (fonte: tagblatt.ch).

Nella storia della sua evoluzione il tatuaggio si lega a forme religiose e rituali, per poi diventare un simbolo di appartenenza oppure una semplice pratica estetica

Il tatuaggio, come tutti abbiamo notato, sta prendendo piede nella nostra società, grazie anche agli esempi proposti da personaggi popolari come calciatori, rapper e da altre stelle dello spettacolo. Una moda relativamente recente, tutto sommato, ma che pare sollevare ancora varie perplessità. La mostra proposta al Museo delle culture di Milano, ha quindi il merito di occuparsi con un occhio antropologico, storico e sociale, del fenomeno, presentandoci il suo sviluppo storico nell’area del Mediterraneo e nel mondo, aiutandoci così a prendere coscienza perlomeno del fatto che non si tratta assolutamente di una novità.

Nella storia della cultura e società umana, scopriamo con sorpresa, le stesse raffigurazioni preistoriche di animali e di simboli presenti nelle grotte di Lascaux e di Mas D’Azil, in Francia, possono essere ritenute modelli, se non addirittura copie, di tatuaggi, visto che gli strumenti usati per praticarli sono stati rinvenuti dagli archeologi negli stessi luoghi. Il tatuaggio insomma nasce senza dubbio «insieme» all’espressione grafica umana.

Un esempio eloquente lo offrono le spoglie del celebre Oetzi, vissuto oltre 5000 anni or sono e ritrovato nel ghiaccio delle Alpi nel 1991. La sua pelle mummificata riportava una trentina di tatuaggi, in forma di sottili righe parallele disegnate in va-

rie parti del corpo. I segni, sono stati minuziosamente catalogati dai ricercatori mentre indagavano sul suo corpo, miracolosamente conservato. Si trattava probabilmente di tatuaggi apotropaici, simili peraltro a disegni analoghi ritrovati in altre civiltà e altre culture, in altre parti del mondo.

La bella esposizione milanese, insomma, fondata sulle accurate ricerche di una delle maggiori esperte dell’argomento, Luisa Gnecchi Ruscone, offre al visitatore la possibilità di acquisire tutta una serie di sorprendenti informazioni, riassunte tra l’altro con l’ausilio di varie proiezioni animate di grandi dimensioni. Il percorso mostra come la presenza dei tatuaggi sia facilmente riscontrabile in molti reperti iconografici risalenti all’epoca greca e romana, e quindi non sia da considerare appannaggio solo delle culture più «primitive».

La sua storia e la sua evoluzione si lega strettamente a forme religiose e rituali, per diventare un simbolo di identificazione (magari in ambito di provvedimenti penali), oppure più semplicemente una pratica estetica.

È potuta diventare persino una forma di protesta, sul corpo di carcerati e delinquenti, oppure di esibizione per fenomeni da baraccone, per arrivare poi alle forme più artistiche, elaborate e tecnologiche che caratterizzano i nostri giorni, in cui il tatuaggio si è trasformato in un’opera di pregio. Del resto i profili e le opere dei principali tatuatori italiani odierni sono presentati proprio all’inizio del percorso.

Disegni e simboli sulla pelle di malviventi e carcerati sono una pratica antichissima, presente già in epoca classica

Ci sono sembrati più interessanti, forse perché più sorprendenti e inattesi, i tatuaggi a sfondo religioso, in particolare quelli legati alla tradizione cristiana. L’esposizione mostra infatti come fosse costume generale farsi eseguire dei disegni sulla pelle dopo pellegrinaggi in alcune delle principali principali mete della cristianità,

come Loreto o Gerusalemme. Una simile intenzione si ritrova in altre tradizioni religiose: nei Balcani ad esempio alcuni tatuaggi testimoniavano la fede cristiana delle ragazze, per tentare di impedirne il rapimento da parte degli Ottomani. Ancora oggi si segnala come nei campi profughi di Suruc, in Turchia, le berbere algerine, le donne copte e le rifugiate curde usino tatuaggi per attestare la propria appartenenza etnica.

Un altro fenomeno, forse più conosciuto ma di cui è difficile immaginare la portata prima di aver visitato la mostra, è l’uso del tatuaggio nel mondo dei malviventi e dei carcerati.

La pratica è antichissima, se si considera che già in epoca classica i rei giudicati colpevoli venivano costretti a portare la marca della propria punizione in forma di tatuaggi sulla pelle. A questa modalità di identificazione si è poi aggiunta, col passare del tempo, la stessa volontà dei reclusi e dei malviventi di portare sulla pelle il marchio della propria biografia negativa, quasi a sottolineare una salda fierezza di «figli di Caino». L’espo-

sizione presenta dunque vari disegni copiati dal vero dai corpi dei reclusi (e addirittura alcuni lembi di pelle espiantata), in una raccolta iconografica che fa parte della collezione radunata dal celebre medico e criminologo Cesare Lombroso. Ben oltre questa nostra succinta descrizione generale, grande merito dell’esposizione ci sembra quello di offrire un utile prospettiva storica nell’osservazione del fenomeno e fornirci quindi una chiave di comprensione più ampia, fuori dagli stereotipi. Mostrandoci l’antica e significativa presenza di questa tecnica in tutte le parti del mondo possiamo capire, in fondo, quanto l’attuale ritorno di moda risponda a un’attitudine di cui non possiamo ignorare il radicamento e l’importanza.

Dove e quando Tatuaggio. Storie dal Mediterraneo, Mudec, Milano (via Tortona 56). Orari: lu 14.30-19.30, ma-me-ve-do 9.30-19.30, gio-sa 9.30-22.30. Fino al 28 luglio. www.mudec.it

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 3
Pagina Detenuto tatuato, post 1914, stampa al carbone (Courtesy Museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso - Università di Torino) Alessandro Zanoli

Signor Bassetti, quando nasce la sua azienda e di cosa si occupa?

Ho iniziato la mia attività nel 2000 con lo scopo di rilanciare al meglio alcuni prodotti della nostra regione. Nella fattispecie, con la reintroduzione delle coltivazioni di mais di qualità per la produzione di farina per polenta, con la valorizzazione della castagna ticinese attraverso la raccolta centralizzata delle castagne e la vendita per caldarroste, fino all’essicazione per la produzione di farina di castagne, come pure per la produzione di vermicelles presso un’azienda ticinese.

Le chips di mais nostrane

Novità ◆ Un’innovativa proposta entra a far parte dei Nostrani del Ticino: le chips de carlún. Abbiamo incontrato il produttore, Paolo Bassetti di Pianezzo, il quale da oltre vent’anni è attivo nella valorizzazione dei prodotti del territorio derivanti dal mais e dalle castagne

Le settimane dei Nostrani del Ticino fino al 27 maggio

Quali sono i prodotti che fornisce attualmente a Migros Ticino?

Diverse farine per polenta (farina, integrale, integrale precotta, corvina e rossa), farina di castagne e, come novità lanciata recentemente, le chips di mais.

Cosa caratterizza i suoi prodotti?

Sono tutti a base di ingredienti 100% ticinesi. Il granoturco è coltivato sul Piano di Magadino e sul Piano del Vedeggio, mentre le castagne provengono dai nostri boschi.

Cosa l’ha ispirata a creare le nuove chips al mais?

Era da un po’ di tempo che ci pensavo e anche alcuni produttori di mais da polenta mi avevano segna-

lato questo prodotto come una potenziale innovazione per la gamma di prodotti ticinesi. Dopo vari tentativi infruttuosi sono riuscito finalmente a trovare la giusta combinazione in collaborazione con un’intraprendente azienda specializzata in questo campo, a cui io fornisco il mais ticinese mentre essa si occupa della produzione conciliando il tradizionale metodo suda-

La Valle del Sole in tavola

mericano con macchinari e tecnologie moderne.

Qualche consiglio di consumo?

Le chips di mais sono ottime gustate da sole, come aperitivo alternativo alle classiche patatine o come snack rompifame durante la giornata. Accompagnate da una gustosa salsina a base di pomodoro o dal guacamole, si possono trasformare

Attualità ◆ La formaggella della Valle di Blenio è sinonimo di genuinità, tradizione ed eccellenza. Un prodotto che non può mai mancare nel frigo di casa

Conosciuta in dialetto locale con il nome di «Ra Crénga dra Vâll da Brégn», la formaggella della Valle di Blenio è un prodotto di eccellenza del Caseificio del Sole di Aquila, azienda a conduzione famigliare fondata nel 1976 da Severino Rigozzi. L’intraprendente contadino di montagna possiede un centinaio di mucche che alleva nel rispetto della specie con amore e passione, il cui pregiato latte viene trasformato quotidianamente in genuine specialità casearie 100% ticinesi. Una di queste è la formaggella, un prodotto di successo che la clientela Migros apprezza da oltre dieci anni. Il gusto particolarmente delicato e aromatico della Crénga è dato dal latte vaccino locale utilizzato e da una lavorazione che segue ancora oggi una ricetta tramandatasi in famiglia da generazioni. Possiede una pasta bianca e

una consistenza relativamente morbida. È un formaggio prodotto tutto l’anno e commercializzato dopo una stagionatura di una trentina di giorni in apposite celle a temperatura e umidità controllate. Questa prelibatezza si gusta come aperitivo, a fine pasto, per accompagnare una croccante insalata e arricchisce meravigliosamente qualsiasi tagliere di formaggi misti, per portare in tavola tutto il sapore della tradizione ticinese.

Oltre alla formaggella, il Caseificio del Sole fornisce a Migros Ticino anche l’Alpe Camadra DOP, un formaggio d’alpeggio prodotto a 1800 metri di quota; il caseificio Blenio, aromatica specialità a pasta semidura stagionata per diversi mesi e l’Adula Stagionato, formaggio che matura nella rinomata cantina situata presso la ex Cima Norma.

in un gustoso piatto della tradizione sudamericana, ma dal carattere tutto ticinese.

Qual è l’aspetto che più l’appassiona della sua attività?

Il fatto di poter valorizzare nel miglior modo possibile le materie prime del nostro territorio, contribuendo così a sostenere l’economia locale e i prodotti genuini a km zero.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 4
Chips di mais nostrani 150 g Fr. 5.90 Flavia Leuenberger Paolo Bassetti Formaggella della Valle di Blenio ca. 450 g, a libero servizio, per 100 g Fr. 2.55

La buona acqua del Monte Tamaro

Attualità ◆ Per mantenersi in salute, è importante assumere almeno 1,5 litri di acqua al giorno. Scegliendo l’Aquaciara San Clemente dei Nostrani del Ticino, vi garantite un prodotto d’eccellenza proveniente dalle nostre bellissime montagne

Ottenibile nelle varianti naturale e frizzante, l’Aquaciara è un’acqua oligominerale proveniente da una sorgente del massiccio del Monte Tamaro. A imbottigliarla per Migros Ticino, è la Tamaro Drinks SA di Sigirino, azienda con alle spalle oltre 35 anni di esperienza nel settore delle acque minerali e bevande. Si racconta che un tempo, un giovane di Sigirino, appassionato di escursioni sulle nostre montagne, durante una gita alle pendici del Monte Tamaro scorse una zona nel terreno con un’insolita umidità, che perdurava

anche durante i periodi più siccitosi. Esaminando meglio l’area, scoprì una sorgente, la cui acqua, dopo diverse analisi, risultò essere non solo buona da bere, ma anche pura dal punto di vista microbiologico. Ulteriori controlli confermarono la straordinaria qualità dell’acqua e nel 1986 iniziò questa avventura con la produzione della prima bottiglia d’acqua San Clemente. L’acqua di sorgente San Clemente del Massiccio del Monte Tamaro è un’acqua che offre diversi benefici per il nostro organismo. È un’acqua leggerissima, a basso grado di mineralizzazione, povera di sodio. Ha un bassissimo contenuto di metalli pesanti e si caratterizza per l’assenza di inquinanti come pesticidi e composti farmacologici. È adatta alla preparazione di qualsiasi bevanda, è indicata per l’alimentazione dei neonati e si abbina perfettamente alle pietanze della cucina di tutti i giorni.

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Alla scoperta della sessualità con un dizionario

Adolescenti ◆ È stato appena pubblicato in italiano il libro della sessuologa canadese Myriam Daguzan Bernier, per i teenager over 14 e per gli adulti che hanno bisogno di strumenti per l’educazione sessuale

La scoperta della sessualità non è mai un percorso semplice. Qualcuno sostiene se ne debbano occupare le ragazze e i ragazzi da soli, altri pensano sia compito dei genitori, altri ancora ritengono vada inserita tra le tematiche da affrontare a scuola. Per mettere ordine in «quest’avventura della conoscenza» che riguarda il corpo, ma non solo, è arrivato un nuovo testo, rivolto alle lettrici e ai lettori dai quattordici anni in su e agli adulti che hanno bisogno di strumenti per l’educazione sessuale, appena tradotto in italiano. Si intitola A nudo! Dizionario amorevole della sessualità (Settenove) e l’ha scritto Myriam Daguzan Bernier, sessuologa e giornalista canadese. Nel dizionario l’autrice esamina domande e parole legate non solo alla scoperta del proprio fisico, ma anche alle questioni relative all’identità, alle relazioni, alle emozioni e all’immagine di sé. Centocinquanta voci, per ciascuna delle quali si indicano origine, definizione, esempi concreti collegati all’attualità e suggerimenti di approfondimento attraverso film, serie tv e libri.

Come spiega Bernier ad «Azione», «parlare di sessualità è importante. Tendiamo ad associare la sessualità all’erotismo, ma non è solo quello: si tratta di un ambito fondamentale nella vita quotidiana. C’entra con le mestruazioni, il buon funzionamento dei genitali, l’autostima, l’immagine corporea e molto altro. La sessualità è anche tutto ciò che concerne le emozioni corporee, ciò che ci definisce come persone. Penso che tendiamo a dimenticarlo e, in particolare, abbiamo paura di cadere nell’erotismo e nella pornografia, quando in realtà si tratta di sapere come essere e agire, e di accumulare conoscenza su chi siamo come esseri umani».

Oggi, con l’accesso incontrollato sempre più precoce dei teenager (e a volte anche dei bambini) all’enorme quantità pornografia presente in rete (v. pagina 13, La stanza del dialogo

Viale dei ciliegi

Sara B. Elfgren, illustrazioni di Emil Maxén Il banchetto del secolo Edizioni Lupoguido (Da 8 anni)

«Molto tempo fa» sono le prime parole del libro, e il genere è quello di un fantasy, perché un ruolo importante lo giocano le creature fantastiche che abitano la foresta, come il basilisco, la manticora, i blemmi, presenti già nella mitologia e nei bestiari antichi. L’autrice svedese Sara Elfgren riesce a fare di questa storia, ambientata in un tempo lontano e abitata da creature antiche, un romanzo fresco, attuale, umoristico e profondo, che conquisterà, con la sua immediatezza, i cuori dei ragazzini. Due ragazzi sono anche i personaggi principali: Ottilia, una duchessina ribelle, e Amund, un orfano coraggioso. Ottilia non è ribelle solo perché preferisce i libri alle danze e al lusso, ma soprattutto, e questo sì che è originale nei libri per ragazzi, perché si rifiuta di mangiare «qualsiasi cosa grufolasse, beccasse, pascolasse, volasse, nuotasse o corresse». È meravigliosa questa duchessi-

di Silvia Vegetti Finzi), è necessario superare il tabù ancora vivo e trattare la sessualità «con apertura, senza paura, imbarazzo e vergogna. Con la convinzione che la questione sia necessaria e che abbia il suo posto nella società. Dobbiamo poterne discutere con libertà e consapevolezza, per una migliore comprensione di noi stessi».

Più facile a dirsi che a farsi, ma un approccio laico può rendere tutto più semplice. In fondo, con intelligenza, sensibilità, consapevolezza, tatto e nei contesti e tempi giusti, si può affrontare qualsiasi argomento. Ovviamente, sottolinea Bernier, ci sono priorità a seconda della fascia di età, ma alcune parole devono diventare patrimonio del nostro vocabolario comune. Tra queste ci sono, ad esempio, il termine «consenso», cioè essere sempre d’accordo con l’altra persona rispetto a una certa azione o situazione e il potersi tirare indietro in qualunque momento. Altri concetti cardine sono il rispetto dei limiti, la comunicazione, l’intelligenza emotiva, le relazioni sane, la contraccezione.

In famiglia, secondo la sessuologa, è necessario ragionare delle questioni legate alla sessualità il prima possibile. «Non è solo una conversazione da tirare fuori durante l’adolescenza per “avvertire” i giovani sui pericoli delle malattie sessualmente trasmissibili e sulle gravidanze indesiderate. In primo luogo, perché i discorsi fondati sulla paura non funzionano. E, in seconda battuta, perché è un dialogo che deve continuare dalla prima infanzia fino all’età adulta. La sessualità, infatti, cambia nel tempo e le esperienze variano nelle diverse fasi della vita».

A nudo! Dizionario amorevole della sessualità è un manuale che non incute timore né suscita pensieri scabrosi. I testi sono accompagnati da illustrazioni e non da fotografie. Una scelta sicuramente rassicurante. I disegni di Cécile Gariépy sono vivaci, gioiosi e inclusivi. Inoltre, i personaggi sono

di genere neutro e hanno colori della pelle che non rappresentano la realtà (blu, azzurro e arancione) il che aiuta a dimostrare che chiunque può sentirsi rappresentato in questo libro. Un altro punto forte è l’umori-

smo: ironia e leggerezza non significano superficialità, come ci hanno insegnato bene alcuni scrittori del passato. «Ascoltare i giovani, lasciarli esprimere, invitarli a dare un nome alla loro realtà, serve a fargli capire

che è un argomento divertente, ricco e che se ne può parlare con facilità, attenti a fare bene le cose. È importante fornire uno spazio sicuro e privo di giudizi», sostiene Bernier che ha una predilezione proprio per la parola «umorismo», dato che aiuta a mettere a proprio agio e a sgomberare il campo da sentenze e battute tranchant. Spesso espressioni pronunciate in buona fede, ma col tono sbagliato oppure in un momento inopportuno, possono creare imbarazzo e barriere insormontabili.

Nel dizionario, ad esempio, la parola «orgasmo» (dal greco orgasmos, derivato da organ, «essere in preda al desiderio») viene gestita con il rigore che le spetta: è la risposta fisiologica del corpo al momento in cui l’eccitazione sessuale è al suo massimo ed è, in un certo senso, uno degli scopi del rapporto sessuale. «In poche parole vogliamo godere perché fa bene ed è piacevole. Anche se non sempre durante un rapporto sessuale si ha un orgasmo. E, a meno che non sia una costante, non c’è da preoccuparsi». «Godere» (dal verbo latino gaudere, «rallegrarsi») è un’altra parola chiave, l’apice dell’eccitazione che provoca una forte tensione. Godere, scrive Bernier, permette di rilassarsi, provare piacere, dormire meglio e alleviare i dolori mestruali. «Quando proviamo piacere il cervello rilascia nel corpo diversi ormoni, tra cui la dopamina e la serotonina, ed è come se ci iniettassero una grossa dose di felicità tutta insieme».

Forse non è un caso che un libro così venga dal Canada, dove, come in parte del mondo anglosassone, certe tematiche stanno venendo affrontate in maniera più esplicita, utilizzando anche gli strumenti offerti dalla pedagogia. Rispetto a questo Bernier ha un’opinione precisa: «Penso che, in base al Paese in cui ci si trovi, nello sviluppo dei contenuti dell’educazione sessuale si debba comunque tenere conto delle componenti politiche, religiose, culturali e sociali».

na vegetariana, ma tutt’altro che vegetariano è l’esagerato banchetto che suo padre, il duca Ludbert, per pura smania di ostentazione, organizza per i suoi nobili amici. Peccato che tra i commensali ci sia anche un misterioso personaggio che insinua il dubbio che questo banchetto non sia poi granché, visto che manca la pietanza più lussuosa in assoluto, ossia l’aspic à la babilonia. L’aspic à la babilonia richiede però ingredienti che andrebbero sottratti alle pericolose creature fantastiche che abitano la foresta.

A questo punto entra in scena l’eroe maschile di questa storia, l’orfano Amund, l’ultimo degli sguatteri del duca. Da qui l’avventura prende un ritmo trascinante, che ci porta dentro boschi, scintillanti saloni e oscure prigioni del castello, con elementi fiabeschi – come il viaggio dell’eroe, le tre prove, i talismani, la lotta contro il male – veicolati da un linguaggio contemporaneo di grande immediatezza, ben tradotto dalla più esperta traduttrice italiana dallo svedese, ossia Laura Cangemi. Un romanzo per il puro piacere della lettura, che tuttavia fa anche trapelare (senza esplicitarlo con grevità, e questo è un valore aggiunto) un profondo invito al coraggio, alla gentilezza e all’amore.

Klara Persson-Charlotte Ramel Tuttomio!

Beisler Editore (Da 4 anni)

Svedesi sono anche le autrici di questo delizioso albo, che coglie con folgorante vividezza un tratto tipico della prima infanzia: quel momento della vita in cui ogni bambino, chi più chi

meno, si trova a dire «no! è mio!», e si rifiuta caparbiamente di cedere in prestito per un attimo, o anche solo di far toccare, un giocattolo suo, a cui si aggrappa con ostinazione disperata. La piccola Sally, protagonista di Tuttomio!, radicalizza tutto ciò rendendo questa storia un esilarante esempio di iperbole: da una situazione di partenza realistica, in cui la mamma annuncia a Sally che Nico verrà a giocare da lei, Sally risponde che però Nico non potrà toccare lo scoiattolo, «perché quello è mio e basta», e quindi

la mamma per prevenire scenate accondiscende a mettere lo scoiattolo nell’armadio, si passa a un crescendo di cose nascoste nell’armadio in autonomia da Sally. Il risultato è un climax surreale e divertentissimo: Sally ficcherà nell’armadio non solo gli altri giochi, ma anche il letto, perché è suo, e poi pure gli oggetti che stanno fuori dalla stanza, il frigo, la vasca da bagno, il water, il divano, tutto, e infine anche la mamma, perché la mamma è sua più di ogni cosa. Poi finalmente arriva Nico, ma in fondo anche Nico «è suo», perché se per caso arrivasse Eva e volesse giocare con lui? Ovvio, pure Nico finisce nell’armadio! Adesso però Sally è un po’ troppo sola, e la casa un po’ troppo vuota. Non resta che procedere a una liberatoria, chiassosa, caotica riapertura dell’armadio, che apre a un’altra ventata di allegria, e a un ulteriore sorriso suscitato dalle nuove sorprese che ci attendono nelle pagine finali. Un ottimo esempio di come parlare di «condivisione» senza nominarla pedantemente. Un libro che i piccoli lettori e le piccole lettrici adoreranno sentirsi rileggere.

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di Letizia Bolzani Nel manuale i testi sono accompagnati da disegni vivaci, gioiosi e inclusivi in cui i personaggi sono di genere neutro e coloratissimi

Rive poco pubbliche, in Svizzera si discute

Territorio ◆ Molte sponde dei laghi sono private, le autorità federali e cantonali cercano di restituirle al pubblico senza espropri, nel frattempo nascono iniziative popolari per chiedere interventi più incisivi

Ci sono due proverbi, indici di saggezza popolare, che ben inquadrano il tema delle rive dei laghi svizzeri. «Chiudere la stalla quando i buoi sono scappati» e «chi va piano va sano e va lontano». Il primo indica un dato di fatto: le rive dei laghi sono state privatizzate, più o meno a seconda delle situazioni, e riportarle di pubblica utilità è ormai impresa ardua. Il secondo esprime il pensiero e la strategia politica dei Cantoni che stanno lavorando per ricuperare alcune rive, cercando soluzioni condivise con pazienza.

La storia ha la sua importanza e situazioni createsi decine di anni fa sono difficili da correggere. Chi ha comperato un terreno a lago cento o cinquanta anni fa, quando non c’erano restrizioni, pretende di poter esercitare il suo diritto di proprietario. La proprietà privata è ancorata nella Costituzione e nel nostro Paese ha una notevole importanza.

È un problema che riguarda l’intera Svizzera, ma la privatizzazione delle rive si declina in modo diverso a seconda dei laghi. Quello di Neuchâtel ha solo il 16,1% di rive private, il Verbano 28,6, Costanza 33,2, Zugo 36,5, Lemano 43, Zurigo 46 e Lugano 48,5%. Sono dati pubblicati recentemente dalla rivista «Hochparterre».

L’associazione Rives Publiques

Da anni si discute sulla necessità di garantire la fruizione pubblica delle rive. Nel 2003 è stata costituita l’associazione nazionale Rives Publiques che ha lo scopo di mettere a disposizione del pubblico gli spazi lungo le rive dei laghi e dei corsi d’acqua della Svizzera, per permettere l’esercizio di attività ricreative e sportive nel rispetto dell’ambiente naturale lacustre. Per cercare di raggiungere i suoi scopi, Rives Publiques fa di tutto per sensibilizzare la popolazione e le autorità. Uno dei punti cruciali è la discussione sulle basi legali che dovrebbero garantire l’uso pubblico delle rive. L’Associazione parte dal presupposto che la legislazione federale accordi alla popolazione il diritto di accesso indiscriminato alle rive dei laghi e dei fiumi. Ma Berna non condivide: «Su richiesta dell’Associazione – scrive il Consiglio federale – la Confederazione ha valutato la questione sotto il profilo giuridico, giungendo alla conclusione che la legislazione federale non prevede un simile diritto immediatamente applicabile. L’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) sottolinea tuttavia che i Cantoni dovrebbero accordare elevata priorità all’accesso pubblico alle rive dei laghi e dei fiumi».

Insomma, a proposito di rive pubbliche, ci sono molte normative: codice civile svizzero, legge federale sulla pianificazione del territorio, diritto federale sulla protezione delle acque, piani direttori cantonali, legge sul demanio pubblico, regolamenti. In Ticino, per esempio, la legge chiarisce che appartengono al demanio pubblico «le acque pubbliche, ossia i laghi, i fiumi e gli altri corsi d’acqua» e «le acque pubbliche comprendono l’alveo e le rive dei laghi e dei corsi d’acqua». Luciana Mastrillo, capo ufficio del Piano direttore, spiega: «Non c’è una base legale esplicita. Se esistesse una base legale federale che dice esplici-

tamente che le rive appartengono al pubblico e che sono liberamente fruibili, a quest’ora avremmo risolto il problema. La base legale più chiara è il rispetto della proprietà privata. Piuttosto esistono diverse leggi e strumenti pianificatori federali e cantonali che mirano a rendere le rive pubblicamente fruibili e sulla base dei quali mettere in opera strategie e misure concrete per raggiungere questo obiettivo».

La situazione in Ticino

In Ticino la rivendicazione di rendere di pubblica utilità le rive dei laghi risale alla fine degli anni novanta e si deve al deputato socialista Bill Arigoni, scomparso nel 2010. Con una mozione, Arigoni chiese un piano di intervento per il recupero delle rive. Da questo atto parlamentare, approvato nel 2002 dal Gran Consiglio, presero le mosse una serie di studi avviati dal Dipartimento del territorio. Fra questi lo Studio generale relativo al recupero delle rive dei laghi commissionato nel 2006 alla Dionea di Locarno che ben inquadrava la storia: «Sotto la pressione di interessi privati contrapposti, le fasce a lago, che nei progetti urbanistici ottocenteschi erano state inizialmente pensate quali spazi urbani pubblici, vengono frazionate e tramutate in parcelle edificabili». È un concetto che viene ripreso nel Piano direttore cantonale che, tra l’altro, spiega che con l’introduzione della Legge federale sulla pianificazione del territorio «i compiti principali di pianificazione territoriale vengono conferiti ai singoli comuni. Ciò si traduce anche nella rinuncia a un Piano cantonale dei laghi e delle rive lacustri, alla cui elaborazione il Cantone stava pensando. Gli obiettivi posti per l’elaborazione di nuovi strumenti pianificatori e giuridici – atti a garantire una migliore salvaguardia dei valori paesaggistici e

naturalistici delle rive e dei laghi e a promuovere la loro accessibilità e godibilità pubblica – vengono meno». «In Svizzera – ci dice Luciana Mastrillo – vige il principio della delega e la gestione del territorio è soprattutto competenza dell’autonomia comunale, con i piani regolatori che definiscono in maniera dettagliata l’uso del suolo e le soluzioni più idonee in base alla caratteristica del territorio. Così ha voluto la legislazione federale per cui ci dobbiamo adeguare. Vi sono Cantoni in cui l’autonomia comunale è più forte, altri meno. I Grigioni, per esempio, lasciano estrema autonomia ai comuni nella pianificazione del territorio. In Ticino l’approccio è simile poiché si riconosce ai Comuni la consapevolezza delle condizioni quadro, geografiche, giuridiche, sociali, economiche che caratterizzano il loro territorio, quindi la competenza nel prendere le decisioni pianificatorie più ponderate. Non dimentichiamo che, oltre a Cantone e Comuni, c’è un terzo attore molto importante che sono i privati, i proprietari dei terreni, che in Svizzera hanno diritti molto forti. La proprietà privata è protetta a livello costituzionale. Per evitare situazioni di scontro con i proprietari dei terreni che portano alle lungaggini procedurali che ritardano i progetti, si cerca di trovare delle soluzioni progettuali che coniughino l’interesse pubblico e l’interesse privato». Tre anni fa, rispondendo a un’iniziativa parlamentare di Lea Ferrari e Massimiliano Ay, che chiedeva strumenti legali specifici e più precisi per assicurare il recupero delle rive a lago, il Consiglio di Stato sottolineava che intendeva rafforzare l’impegno e l’attenzione degli enti pubblici in tema e indicava che negli ultimi quindici anni erano stati destinati quasi 4 milioni di franchi per l’acquisto e la sistemazione di fondi a lago. I tempi sono lunghi, perché le procedure so-

no complesse e – afferma il Consiglio di Stato – «non si può prescindere da questi iter a tutela dello stato di diritto». Tradotto, significa che il rispetto della proprietà privata non permette di velocizzare la fruizione pubblica delle rive.

Lo scorso novembre il governo ticinese ha stanziato 1,8 milioni di franchi a favore di progetti di recupero e rivitalizzazione dei litorali

Bellinzona ha recentemente rilanciato l’impegno a favore del recupero delle rive. È una politica dei piccoli passi che si fonda sulla ricerca di soluzioni condivise con gli enti locali. Alla fine dello scorso novembre il governo ha stanziato un credito di 1,8 milioni di franchi per progetti di recupero e rivitalizzazione dei litorali. La capo ufficio del Dipartimento esprime la sua fiducia in proposito: «Ho visto che nel corso degli anni ci sono sempre più comuni, grandi e piccoli, che sono sensibili al tema della fruizione delle rive dei laghi. Il Dipartimento del territorio sostiene tecnicamente e finanziariamente i comuni che decidono di fare dei passi in questo senso e questo aiuto rappresenta una leva importante per far capire i vantaggi dei progetti. Pian piano, andando a parlare con gli interessati, i tecnici, i municipi, i comuni capiscono sempre di più gli aspetti positivi e i vantaggi di avere delle rive da mettere a disposizione della popolazione».

Il Dipartimento del territorio preferisce proporre progetti concreti, cercando di far cambiare la mentalità piuttosto che forzare la mano ai proprietari privati con espropri e interventi che avrebbero pesanti strascichi giuridici. «Non metto in dubbio che le rive in Ticino siano molto

privatizzate, – spiega Mastrillo – ma preferisco mettere l’accento sui progetti per cercare di cambiare la situazione. Sul lago Ceresio su 64 chilometri di riva lacustre ne abbiamo 21 in cui il Dipartimento sta sostenendo progetti comunali e 30 di passeggiate, magari non direttamente a lago, ma nelle immediate vicinanze. Sul Verbano in 40 chilometri di rive in totale, 18 hanno progetti in corso e 23 sono di passeggiate, sulle rive o molto vicine». Secondo dati citati nel Piano direttore cantonale, «le rive private rappresentano circa il 31% sul lago Verbano e il 44% sul Ceresio. L’accesso pubblico è garantito per circa il 40% delle rive, anche se in alcuni casi la loro fruizione è vincolata a regolamenti particolari (ad esempio i lidi a pagamento)».

Negli altri cantoni

Se non si concorda con la strategia dei piccoli passi, bisogna far capo ai diritti popolari. A Zurigo lo scorso 3 marzo i cittadini hanno votato sulla proposta di ancorare nella Costituzione cantonale la fruizione delle rive dei laghi e dei fiumi. La proposta è stata bocciata, anche se ha ottenuto il sostegno del 36% dei votanti. Una misura simile è invece stata adottata recentemente dal Canton Neuchâtel che, nei prossimi anni, dovrebbe garantire l’accesso pubblico e la percorribilità di tutte le proprie rive a lago. Il dibattito è più aperto che mai, ma nei Cantoni di Vaud e Ginevra i parlamenti hanno bocciato le proposte di rendere pubbliche le rispettive rive dei laghi. Rives publiques non molla e conferma l’intenzione di lanciare un’iniziativa popolare federale che preveda di inserire nella Costituzione il diritto fondamentale all’accessibilità a tutti delle rive dei laghi e dei corsi d’acqua.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 7 SOCIETÀ
Il 46% delle rive del Lago di Zurigo è in mano a privati, lo scorso 3 marzo i cittadini zurighesi hanno però bocciato la proposta di ancorare nella Costituzione cantonale la fruizione pubblica delle rive di laghi e fiumi. (Wikimedia)

Un sapere che possa esserci utile

La danza degli «uccelli di carta»

Incontri ◆ Il professor Marcello Ostinelli ripercorre l’esperienza ventennale dell’Associazione Orizzonti Filosofici di Riazzino dove il pensiero si coniuga con la praticità dell’esistenza umana

Cultura del gioco ◆ Appassionante e impegnativa, l’arte di far volare gli aquiloni ha bisogno di un solo alleato, il vento, che non manca

Luigi

Mauro Giacometti

testo e foto

«Quando ci chiediamo dove vogliamo o dovremmo andare, siamo già in cammino». O ancora: «Felice è chi sa sopportare con dignità la propria infelicità». Questi sono due degli aforismi «esistenziali» scritti e pubblicati da Silvio Leoni, imprenditore illuminato, anzi potremmo dire «abbagliato» dalla Filosofia con la F maiuscola. Una passione – quella del fondatore del primo centro commerciale che a Riazzino porta il suo nome – che l’imprenditore riscoprì a 70 anni, in pensione, quando si iscrisse all’Università Cattolica di Milano laureandosi poi in filosofia, con una tesi su Sir John Eccles, nel 1998. Leoni, scomparso a 93 anni, nel 2022, oltre che per la sua attività imprenditoriale era conosciuto pure per la sua filantropia e appunto come autore di libri di aforismi. Una visione umanistica dell’esistenza che l’ha portato a fondare l’Associazione Orizzonti Filosofici e ad aprire, proprio nel suo centro commerciale di Riazzino, una sede e una sala conferenze da far invidia a molte associazioni culturali ben più rinomate. In quella sala al terzo piano del centro commerciale, in media una volta al mese, da vent’anni si parla e si discute di filosofia, cioè dell’essenza e dello sviluppo del pensiero umano, che è un’anomalia in tempi di realtà virtuale, era digitale e intelligenza artificiale. «Ho conosciuto Silvio Leoni molti anni fa: lui era segretario e io presidente della Società filosofica ticinese, sodalizio che ho guidato per circa un ventennio – spiega Marcello Ostinelli, docente di filosofia da qualche tempo in pensione e attuale presidente dell’Associazione Orizzonti Filosofici –. Per motivi professionali, mi allontanai dalla Società filosofica ticinese fino al 2016, quando andai in pensione. E pochi giorni dopo Silvio Leoni, sollecitato dall’avvocato Diego Scacchi, ex sindaco di Locarno, mi offrì la presidenza di Orizzonti Filosofici, associazione culturale che aveva fondato nel 2004 (allora come L’uomo e la scienza), dotandola anche di un certo capitale (costituendo la Fondazione Leoni) e di una de come quella di Riazzino che ci ha permesso e ci permette tuttora un’attività che molte associazioni culturali ci invidiano», racconta Ostinelli. L’intesa generale e culturale tra il docente e l’imprenditore è continuata fino alla scomparsa di quest’ultimo, due anni fa. «Uno degli elementi che ci ha trovati in sintonia – prosegue Ostinelli – e che cerco di continuare a perseguire è quello di rendere la fi-

losofia alla portata di tutti o quasi. È una materia complessa, molto articolata. Ma lo sforzo già avviato da Silvio Leoni e che mi pregio di portare avanti è proprio quello di dimostrare, tramite incontri e dibattiti tematici, con relatori di un certo spessore, che la filosofia non è una scienza astratta, una pratica sterile dell’analisi del pensiero umano, bensì, come evidenziava già Platone, è un sapere che torna a vantaggio di chiunque, portando chiavi di lettura e interpretazione molto attuali e persino proiettate nel futuro».

pratica, il valore umano della filosofia applicata e, più in generale, dell’intero sapere filosofico», spiega il professor Ostinelli. Magari con un occhio di riguardo alle nuove generazioni,

che stanno sostituendo libri e trattati con meme e post sui social network, chiediamo. «Quella di coinvolgere i giovani è la nostra nuova sfida – spiega Ostinelli –. Non le nascondo che

l’età media dei nostri soci o di chi frequenta gli incontri di Orizzonti Filosofici è piuttosto alta, ma da un paio d’anni abbiamo istituito un premio di maturità al Liceo di Locarno destinato alle allieve e agli allievi che si sono distinti in Filosofia. E negli ultimi tempi ho notato con piacere che ai nostri incontri partecipano sempre più giovani. Una partecipazione attiva, interessata, coinvolgente e stimolante anche per i relatori che si alternano nelle varie serate». Relatori di spessore, docenti e accademici o studiosi che dispensano il loro sapere filosofico davanti a un pubblico sempre attento e curioso. E per chi si fosse perso qualche conferenza, c’è l’attività editoriale di Orizzonti Filosofici che riporta il pensiero al centro dell’attenzione. «Accanto all’organizzazione del programma annuale d’incontri c’è la parte editoriale – conferma Ostinelli –. Dal 2018 a oggi abbiamo pubblicato quattro volumi, e un quinto è in fase di stampa, che raccolgono le relazioni e le discussioni nelle varie conferenze tematiche. Durante il periodo pandemico – e il conseguente rallentamento e confinamento della nostra attività – non tutti hanno potuto seguire direttamente le relazioni, così abbiamo pensato di raccogliere in volumi ciò che è stato presentato e discusso», conclude.

Tutti con il naso all’insù, ad ammirare incantevoli oggetti volanti, leggeri e dai colori accesi, trasportati dal vento e guidati da un filo, indispensabile per non farli volare via. Sono gli aquiloni, un giocattolo antichissimo, che ancora oggi affascina e fa divertire. All’inizio si potrebbe pensare che è un gioco solo per bambini, invece basta andare a Cervia, sul mare Adriatico in provincia di Ravenna, per scoprire che intorno alla passione degli aquiloni si radunano donne e uomini, bambini e anziani.

Dilettanti e professionisti si ritrovano, già dal 1981, una volta all’anno sulla spiaggia di Cervia, per Artevento, Festival dedicato all’Aquilone

Prossimo incontro il 9 giugno

Orizzonti Filosofici ha la sua sede nel Centro Leoni di Riazzino. Dal 2004 organizza mediamente nove incontri l’anno, da ottobre a giugno, secondo un programma consultabile sul sito www.orfil.ch.

Un divertimento trasversale, conosciuto in tutto il mondo. Un passatempo che diventa passione e impegno e che ha bisogno di un solo alleato, il vento. E sulla spiaggia di Cervia certamente non manca. Dilettanti e professionisti dell’aquilone si ritrovano qui, davanti al mare, una volta all’anno dall’ormai lontano 1981 per Artevento, il Festival Internazionale dell’Aquilone più longevo al mondo.

Sempre sul sito si trova il modulo d’iscrizione dell’Associazione Orizzonti Filosofici che permette di seguire gratuitamente i vari appuntamenti programmati, l’ultimo di questa stagione è previsto il 9 giugno con la professoressa Angela Taraborrelli che parlerà di migrazione e di modelli di integrazione. Ai non soci è richiesto un contributo di 10 franchi.

Dentro alle varie arene, partecipanti che arrivano da tutto il mondo: Vietnam, Cina, Australia, Finlandia, Nord e Sud America. Aspettano la folata giusta e poi, con un colpo secco tendono il filo e l’aquilone co-

me per magia, si alza dalla spiaggia e inizia a prendere quota. Alcuni hanno forme semplici, a rombo o cerchio. Mentre altri sono complessi, a forma di drago o ape, oppure figure stilizzate di uomini o ancora di oggetti con lunghe code. Il gioco dell’aquilone fa ritornare bambini, a quando li si costruiva con poche cose, due legnetti uniti a croce e un pezzo di plastica. Si legava tutto a un filo, e si correva lungo i prati o la strada cercando di farli volare. Ma guardandoli da vicino, quelli che sono qui a Cervia sono molto diversi da quelli della nostra infanzia. Perché richiedono inventiva, creatività, fantasia e soprattutto progettazione tecnica. Questi sono oggetti in grado

Un esempio in tal senso è una conferenza che abbiamo seguito dove Gianfranco Pellegrino, professore associato alla LUISS di Roma, è intervenuto sulle colpe dei padri e le responsabilità intergenerazionali sul cambiamento climatico. La relazione di Pellegrino, davanti a una platea di una cinquantina di persone, ha animato un certo dibattito tutt’altro che astratto, bensì ancorato alla realtà attuale e alla visione di un futuro che sembra sempre più oscuro: dall’estinzione di specie animali e vegetali alla desertificazione di molti territori, dall’allargamento del bacino di malattie infettive all’innalzamento del livello del mare, calamità ed eventi che colpiranno milioni di persone costringendole a migrare per non vivere in un ambiente peggiore di quello dei loro antenati. E anche le tesi di Pellegrino sui doveri di giustizia correttiva delle attuali generazioni nei confronti di figli e nipoti, che si aggiungono ai concetti e ai doveri di giustizia distributiva delle risorse, hanno alimentato il dibattito in sala.

«Negli ultimi anni e in particolare nel programma di incontri che abbiamo allestito nell’ultimo periodo abbiamo puntato molto sulla filosofia applicata, proprio per offrire ai nostri soci e al pubblico che segue le nostre conferenze un approccio moderno che risponda alla raccomandazione platonica di fare della filosofia “un sapere che possa esserci utile”. È un’occasione per offrire al pubblico che frequenta da tempo la nostra sala conferenze, come pure a coloro che vorrebbero avvicinarsi per la prima volta alla filosofia, un’opportunità per verificare l’utilità, la rilevanza

di rispondere al minimo sollecito del braccio che comanda il filo, capaci di voltare rapidamente, di compiere ma novre repentine sfruttando il vento. L’aquilone è nato in Cina, circa 2800 anni or sono. All’inizio veniva usato per misurare distanze o la for za del vento, oppure per mandare se gnali durante le operazioni militari. Ma con il tempo questi «uccelli di car ta» si sono trasformati e sono diventati il gioco che ha accompagnato l’infan zia di molti ragazzini, tra risate e alle gria. Può venir da chiedere se, forse, inconsciamente, nell’aquilone l’uomo proietti il suo desiderio di volare. O se più semplicemente gli adulti rincorra no lungo quel filo un ricordo del loro essere stati bambini. «Ma no – mi di

guarda verso il cielo, tiene il filo teso e muove con piccoli colpi il suo aquilo ne. «È una medicina che mi rende at tivo, perché per far volare un aquilone devi usare i sensi: la vista, l’udito, per sentire da dove arriva il vento, il tat to, per muovere con delicatezza e pre cisione le redini dell’aquilone, l’olfat to, per sentire ogni volta i diversi odori che porta l’aria che arriva dal mare o

Allegria e leggerezza, dunque, ma anche la sfida dell’uomo contro la forza di gravità, una lotta contro il vento. Almeno qui in Occidente. Ha invece un maggior carico di significati in altre culture. In diversi paesi del mondo, ad esempio, può farsi carico di alcuni poteri riservati alle divinità, e di cui può avvalersi la persona, come ad esempio in Thailandia dove agli aquiloni si chiede di spazzare via le nuvole dai campi con il vento del Nord-Est, oppure in Corea dove con il loro volo si celebra la nascita dei bambini e gli si augura un destino felice. E ancora in Polinesia, dove rappresentano il punto d’incontro tra uomini e dei. Forse a Cervia non ci si ritrova avvolti da tan-

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I cieli sopra la spiaggia di Cervia. In basso a destra, Henrik – un finlandese alto e magro, più vicino ai 90 anni che agli 80 – che si diverte da 40 anni con gli aquiloni. Il professor Marcello Ostinelli.
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Un viaggio nel passato e nel presente rurale

Valle Lavizzara ◆ Percorriamo un sentiero didattico a Brontallo per riscoprire il mulino, il torchio, la grà, la selva castanile, i muri a secco e i vigneti conservati e valorizzati grazie all’impegno dell’associazione Pro Brontallo

Il borgo di Brontallo, una frazione del comune di Lavizzara, rimane discosto, dato che la strada principale non vi transita. Per arrivarvi bisogna proprio volerlo: è necessario voltare verso il versante destro, salire gli ultimi tornanti e raggiungere il villaggio a circa 700 metri di altitudine. Siamo in Vallemaggia, all’imbocco della Valle Lavizzara. Una zona, come altre della Svizzera italiana, caratterizzata da un passato a stampo rurale, trasmesso negli anni con oggetti e tradizioni rimaste nella memoria della popolazione e nel territorio. Anche a Brontallo sono dunque numerose le informazioni o le tracce che rimandano all’agricoltura di sussistenza, alla selvicoltura, al castagno e alla vita paesana. Si tratta di piazze, case e stalle, mulini e grà, terrazzamenti ricavati su terreni impervi e molti altri elementi che oggi hanno ritrovato un loro splendore e un loro interesse grazie agli interventi di recupero e di ripristino svolti negli anni.

Progetti che hanno permesso dei veri e propri salvataggi, come nel caso del mulino di Brontallo (el mulígn), che a seguito dell’abbandono era stato ricoperto da una vegetazione fitta e quasi impenetrabile. Il manufatto si trova nella parte bassa del paese, lungo il Ri del Ronchetto e per raggiun-

gerlo bisogna affrontare un ripido ma suggestivo sentiero con caratteristici gradoni in pietra. Il mulino, con la macina al piano superiore e la turbina a quello infe-

riore, è l’undicesima e penultima tappa del Sentiero didattico realizzato nel 2011 dalla ProBrontallo. Come indicato nel pannello didattico posto in loco e descritto sul sito dell’asso-

va acceso, per giorni, nel processo di essiccazione.

Al punto numero otto del tracciato, ben segnalato da un’apposita cartellonistica e percorribile in circa un’ora e mezza, s’incontrano i vigneti (i mund ). Nonostante l’altitudine considerevole di Brontallo, qui la vite cresce infatti vigorosa, grazie alla favorevole esposizione soliva del pendio e anche all’influsso dell’imponente parete di roccia, in grado di accumulare calore durante la giornata e rilasciarlo in serata (evitando così sbalzi di temperatura). Il vigneto è stato rinnovato e in buona parte ricostruito negli anni 2003-2005, quando si è provveduto a ripristinare interamente i muri a secco, a pulire il terreno (ormai abbandonato dagli anni ottanta) e a piantare oltre 700 nuove piante (barbatelle) che permettono oggi di produrre un vino locale, il «Sasc da la Cadéna».

ciazione, «solo poche persone erano a conoscenza dell’esistenza dei ruderi del mulino», che è stato recuperato e rimesso in funzione tra il 2006 e il 2008, nell’ambito del progetto pilota per la conservazione del paesaggio e lo sviluppo regionale. Si ipotizza che nel passato il mulino abbia avuto gravi problemi di funzionamento, forse dovuti alla scarsità d’acqua, come testimoniano le macine quasi intatte ritrovate sotto le macerie. Per questo motivo, al momento della ricostruzione è stato creato un bacino d’accumulazione qualche metro a monte dell’edificio, che garantisce un deflusso costante dell’acqua e ne assicura una caduta sufficiente per attivare le pale della ruota idraulica.

Oggi il mulino è di nuovo in vita e, oltre a essere una tappa del citato percorso didattico, il quale è pure abbinato a un’interessante e coinvolgente caccia al tesoro per i bambini, è tornato a macinare le castagne. Un frutto essenziale nel passato che ritroviamo abbondante nei boschi e anche nell’adiacente selva castanile, pure essa oggetto di un importante intervento di ripristino. L’area è impervia e caratterizzata da forti pendenze, le quali resero necessaria la costruzione di ingegnosi terrazzamenti con degli imponenti muri a secco, salvati anch’essi dall’incuria e dall’abbandono.

Una volta raccolte le castagne, leggiamo nella descrizione, le selve castanili (i crèst nel dialetto locale) venivano rastrellate per avere le foglie secche da utilizzare quale lettiera per il bestiame durante il periodo invernale. Le castagne, oggi come una volta, vengono raccolte, almeno in parte, e vengono in seguito messe nella grà (il metato) per l’essiccazione, prima di essere macinate nel mulino.

Anche due delle grà esistenti sono state oggetto di un importante intervento di ripristino nel 2004, mentre altre si scorgono abbandonate lungo il percorso (sul territorio di Brontallo ne sono state censite in totale una decina). A differenza di altri luoghi, questi edifici sono stati edificati lontano dall’abitato, si suppone per motivi di sicurezza, ossia per scongiurare il propagarsi di eventuali incendi dovuti al fuoco che rimane-

La parte del percorso che si sviluppa nel paese, va invece a toccare alcune peculiarità del suggestivo borgo, che è stato inserito nell’inventario svizzero dei circa 1200 insediamenti da proteggere (ISOS), permettendo di scoprire vie, piazze e viottoli, case e costruzioni, così come altri angoli discosti. Ci sono per esempio i palèzz (le case degli emigranti), ossia quattro case congiunte e disposte a schiera, edificate in un lasso di tempo di 37 anni, tra il 1868 e il 1905, in una zona privilegiata per abitarvi, con una bella vista, un orientamento verso sud e un piccolo orto per ogni abitazione.

C’è poi la gésgia , la chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio che trova le sue origini nel lontano 1496, e il forno situato al centro del paese, utilizzato fino a circa 75 anni fa per la cottura del pane di segale, della fiascia (con la farina di castagne) o anche di torte. Oggi, dopo il restauro avvenuto verso la metà degli anni ’90, viene rimesso in funzione almeno una volta all’anno per la cottura del pane di segale, generalmente durante la festa del paese, che quest’anno si terrà il 15 settembre.

A ricordare l’importanza della viticoltura c’è il torchio, un possente apparecchio di tipo piemontese, tuttora integro e usato fin verso la metà degli anni sessanta. Un’ulteriore testimonianza del passato rurale è la casa antica (la c’a du Magnan), risalente al 1578, mentre a unire il paese alla campagna ci sono le stalle (el caslètt), frutto di un’accurata lettura del territorio. Al contrario delle case, che erano tutte raggruppate attorno alla piazzetta (la gesgína), le stalle vennero, infatti, costruite sul pendio verso il riale, lungo il quale in passato cadevano spesso sassi e valanghe (l’ultima, nel 1951, ostruì la strada cantonale che porta in Lavizzara). Seppur edificate a diversi anni di distanza, tutte presentano la stessa caratteristica struttura con il pianterreno completamente in sasso e la porta sulla facciata rivolta verso valle. Il sentiero termina all’entrata del paese, dove ci s’imbatte nel pozz , il lavatoio, il cui nome deriva probabilmente da un primo pozzo scavato qui per raccogliere l’acqua di sorgente che sgorga tutt’oggi abbondante e a temperatura costante.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 9 SOCIETÀ
Informazioni https://www.brontallo. com/sentiero-didattico/
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Per proteggerli e ricollocarli

Mondoanimale ◆ Protezione svizzera degli animali: oltre un secolo di impegno, cura e tutela; ne parliamo con Piero Mazzoleni

«La Protezione svizzera degli animali (Psa) si impegna da oltre un secolo e mezzo per il benessere di tutti gli animali (e non solo quelli domestici, cani, gatti o criceti), con tutte le competenze su suolo nazionale. Ciò che perseguiamo con impegno e costanza è la loro tutela, e lo facciamo con ogni mezzo a nostra disposizione: in ambito tecnico e politico, e attraverso la sensibilizzazione costante di tutta la popolazione verso i temi concernenti la protezione e la cura di ogni animale».

A parlare è Piero Mazzoleni, che vanta dieci anni di presidenza in seno alla Società Protezione animali di Locarno, e cinque nel comitato della Protezione svizzera degli animali della quale, succedendo a Nicole Ruch, è presidente dal 2023. «La Psa vanta una settantina di sezioni in tutti i cantoni e le regioni di Svizzera e Liechtenstein che, con i loro rifugi e le loro case di accoglienza (nonché il prezioso lavoro dei volontari), svolgono un ruolo fondamentale nella tutela degli animali; attività resa possibile esclusivamente attraverso donazioni».

Si tratta di una società-mantello che ha sede a Basilea, racconta il nostro interlocutore. Da lì coordina tutte le sezioni che operano in Svizzera: «In Ticino, ve ne sono quattro associate: Locarno e Valli, Biasca, Lugano e Mendrisio. Senza però dimenticare la Società Protezione animali di Bellinzona che, pur non essendo associata alla Psa, svolge un lavoro encomiabile e determinante per il benessere dei nostri animali nel canton Ticino».

Mazzoleni spiega che per la maggior parte dei sodalizi (quindi pure per la Società protezione animali di Locarno di cui è altrettanto presidente), si tratta di rifugi nei quali si recuperano animali maltrattati, dispersi, rifiutati: «Si cerca di accoglierli e curarli, in collaborazione con gli uffici di veterinaria cantonali o della polizia per quanto attiene a quegli animali provenienti da sequestro o maltrattamenti, e poi si prova a trovare le persone adatte per un ricollocamento che donino una nuova possibilità di vita degna a questi animali; e questo rappresenta uno dei compiti primari».

Chi desidera dunque adottare un animale, sia esso un cane o un gatto («senza dimenticare gli altri animali domestici come criceti, coniglietti e via dicendo, che pure possono essere nostri ospiti da ricollocare»), può recarsi a una delle Società protezione animali e guardarsi attorno: «Chi adotta uno di questi animali gli dona una vita migliore; inoltre, siamo sempre disponibili per orientare sulla scelta secondo le esigenze della famiglia e dell’animale stesso, così da portare a un’adozione consapevole e responsabile, evitando all’animale il trauma del ritorno in rifugio: scoprire gli aspetti più importanti per una convivenza con il suo migliore amico (sia cane, gatto o altro) di cui è responsabile l’essere umano è essenziale, e noi cerchiamo di aiutare nella scelta migliore per tutti».

Mazzoleni sottolinea pure l’importanza di «seguire un corso base

per ogni adozione di cani, perché chi va educato in primis è il proprietario: solo così egli saprà insegnare le regole di convivenza in società al suo amico a quattrozampe, in modo che sia sempre adeguato alle situazioni in cui si troverà e possa sentirsi a proprio agio senza causare problemi di sorta a nessuno». In tal senso, ricorda che vige una Legge federale sulla protezione degli animali, alla quale ogni Cantone deve fare riferimento, pur potendo inoltre deliberare ordinanze specifiche regionali, «come ad esempio la legge sui cani soggetti a restrizioni vigente nel nostro Cantone». E a proposito di questi cani: «Bisogna essere consapevoli che si tratta di cani che necessitano particolare competenza da parte del proprietario, per non incappare in difficoltà e non saperlo poi più gestire».

Peanut Butter in a Cup and...

svizzera degli animali, Psa

Mazzoleni porta ad esempio un mastino napoletano abbandonato addirittura in una camera d’albergo dal suo proprietario: «L’animale è arrivato qui da noi, a Locarno: una storia che ha dell’incredibile, non fosse che ci è andato di mezzo questo pacifico cagnolone che, per mole e per razza, potrà essere adottato unicamente da qualcuno che abbia le competenze e il tempo da dedicargli, corsi compresi». È evidente che non basta avere la buona volontà o il desiderio di adottare un animale domestico, e un cane nella fattispecie, ma bisognerebbe responsabilmente porsi qualche domanda e qualche obiettivo, così riassunto dal nostro interlocutore: «Innanzitutto ribadisco l’importanza di informarsi sulla razza e sulle esigenze dell’animale, lo ripeto, perché poi vivrà con noi per gli anni della sua vita. Un ulteriore invito è quello di venire a vedere se c’è qualche nostro ospite da adottare per potergli dare una nuova opportunità di vita in famiglia». Il presidente della Psa afferma che le adozioni per cani, gatti e piccoli animali vanno spesso a buon fine, complice pure l’impegno da parte dei volontari di trovare una famiglia adatta all’animale in questione: «Ad esempio, a Locarno la maggior parte trova una famiglia adottiva. E non dobbiamo dimenticare che a livello di Psa ci facciamo carico anche di curare l’accoglienza da parte delle varie sezioni di quegli animali provenienti da laboratori, sperimentazione e agricoltura: anch’essi andranno coscientemente ricollocati».

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 11 SOCIETÀ
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L’altropologo

«Si conferma l’origine sovrannaturale»

«Si conferma l’origine sovrannaturale degli avvenimenti»: questa la formula canonica con la quale la Chiesa cattolica romana, nella persona del vescovo José Alves Correia da Silva, sanciva nell’ottobre del 1930 l’autenticità delle apparizioni mariane a Cova di Iria, frazione di Fátima, Comune di Ouré – oggi una cittadina di 12’000 abitanti nel Portogallo centrale. Si concludeva così il lungo iter che aveva portato alla validazione degli eventi che dal 13 maggio 1917 avevano portato alla ribalta mondiale quest’angolo alla periferia estrema dell’Europa. Protagonisti terreni tre giovanissimi pastori intenti a badare alle loro pecore: Lúcia dos Santos, di anni 10; Jacinta Marto, di anni 7 e Francisco Marto, di anni 9, fratello di Jacinta e cugino di Lúcia. I tre riferirono di aver visto discendere una nube che poi si sarebbe diradata attorno alla figura di una donna vestita di bianco che recava in mano un rosario, imme-

diatamente identificata dai tre con la Madonna. Lei stessa avrebbe dato appuntamento ai bambini in quel medesimo luogo il 13 di ogni mese – e così sarebbe avvenuto fino al 13 ottobre per un totale di sei apparizioni. Il contesto dell’ultimo evento fu, a detta dei testimoni, particolarmente drammatico. Il 13 ottobre 1917 migliaia di persone –fra loro credenti e non credenti – riferirono di aver visto, anche da parecchi chilometri di distanza, che mentre pioveva con un cielo scuro di nubi improvvisamente la pioggia sarebbe cessata. Diradate le nubi, il sole era tornato visibile e aveva cominciato a ruotare come attorno a un punto centrale divenendo multicolore e ingrandendosi come se si stesse avvicinando alla Terra. Poi più nulla. Quello che rimase noto come «il miracolo del sole» concluse la serie degli eventi in Cova di Iria. Francisco e Jacinta morirono rispettivamente nel 1919 e nel 1920 a causa

La stanza del dialogo

dell’influenza spagnola. Lúcia divenne monaca carmelitana e descrisse nelle sue Memorie gli eventi che l’avevano vista protagonista da bambina. Morì all’età di 97 anni a Coimbra, nel 2005. Tre anni dopo, il 3 febbraio 2008, il prefetto della Congregazione dei Santi annunciava l’apertura del processo di beatificazione. Francisco Marto era stato beatificato nel 2000 per poi essere dichiarato Santo il 13 maggio 2017, centenario delle apparizioni, da Papa Bergoglio assieme alla sorella Giacinta, beatificata anch’essa nel 2000. Di recente la commissione diocesana di Civita Castellana si è espressa negativamente (constat de non supernalitate) rispetto alle celebri apparizioni di Arzignano, laddove l’8 dicembre 2022 l’arcivescovo Domenico Coliandro, coadiuvato da tre teologi, al termine di un cammino tortuoso e ancora controverso, aveva dichiarato «autentiche» prima le manifestazioni della voce del-

I ragazzi e l’attrazione per la pornografia online

Gentile Silvia, da fedele lettrice, appena si è posto il problema, mi è venuto spontaneo ricorrere a lei che, senza drammatizzare, ci dà sempre una risposta di fiducia e di speranza. Mio figlio Michele, prima media, mi ha confidato che alcuni compagni di classe vedono insieme, e/o da soli, siti porno. Credo, ma forse mi illudo, che Michele non sia tra questi. Ho controllato il suo cellulare ma non risulta. Però potrebbe farlo indirettamente su quello degli altri. Io e mio marito abbiamo sempre cercato di educare entrambi i figli (abbiamo anche Mara, di 16 anni) con buoni principi e buoni esempi, tenendo aperto il dialogo e l’ascolto ma le confesso che essere genitori non è mai stato così difficile. Ho parlato con la mamma di un compagno di classe di Michele e questa è stata la sua risposta: «Ma cosa ci vuoi fare? Prima o poi devono aprire gli occhi!». Una risposta che trovo sconcertante. Lei che cosa ne pensa? / Lidia

Cara Lidia, innanzitutto apprezzo Michele che ha trovato il coraggio di parlarne con lei. Non è facile in quanto, nella prima adolescenza, spesso prevale il senso di appartenenza al gruppo dei coetanei, un’attrazione così forte da rischiare l’omertà. Probabilmente rivelando il comportamento dei compagni, Michele avrà dovuto affrontare conflitti interiori («e se il gruppo mi isola, mi mette al bando?») e sensi di colpa («non sarò una spia?»). Nella prima adolescenza i sentimenti morali sono confusi. Quando la gerarchia dei valori non è ancora definita, è difficile scegliere tra le alternative e decidere come comportarsi. Evidentemente, nel caso di suo figlio, hanno prevalso i valori della famiglia, gli insegnamenti che gli avete trasmesso. La sua difficile confidenza sottintende anche una richiesta di aiuto cui non dovete sottrarvi. A undici anni la personalità non si è ancora formata e il cervello è immatu-

La nutrizionista

Gentile Laura, ho un figlio di cinque anni che è attirato dal cibo piccante: si mangia già le spagnolette al wasabi e ama le patatine fritte alla paprika più piccante del normale, che molti suoi amici non riescono a mangiare. Ultimamente desidera aggiungere il peperoncino anche ai cibi in tavola, probabilmente lo chiede perché io e suo padre siamo forti consumatori di piccante, abbiamo diverse tipologie di peperoncini in polvere e ci dilettiamo ad aggiungerli ai nostri pasti. Da una parte ne sono orgogliosa, ma dall’altra ho un po’ paura che gli possa fare male. È pericoloso il peperoncino per i bambini? A che età è consigliato? Visto che lui ama già il wasabi, è pronto ad assumere peperoncino? Come posso fare? La ringrazio e saluto cordialmente. / Consuelo

Gentile Consuelo, credo sia normale che un bambino che cresce con genitori ghiotti di alimenti piccanti e che

la Madonna proveniente da un’immagine fatiscente dipinta su un muro di campagna a Jaddico (Brindisi) e poi le apparizioni susseguitesi fra i 1962 ed il 1963 annunciate da una forte luce che illumina il muro, confermata da numerose testimonianze fino alla costruzione di un santuario dedicato a Santa Maria Madre della Chiesa oggi gestito dai Carmelitani Scalzi. In realtà l’aperta e definitiva conferma delle apparizioni «autenticate» dalla Chiesa sattolica romana si applica a un pugno di casi rispetto a quelle rivendicate spesso a furor di popolo. Si tratta, per la cronaca, solo di quindici eventi – otto nel XIX e sette nel XX secolo – ultima, e unica riconosciuta manifestazione per il Continente africano, quella di Kibeho, Ruanda, del 1981-1986. Un interessante e puntuale contributo pubblicato dal «National Geographic» non molto tempo fa mostra in un grafico che le apparizioni mariane si sono

intensificate di numero e frequenza fra il XIX ed il XX secolo, raggiungendo il picco statistico attorno alla metà del XX. Ma già il XXI appare destinato a battere il record. Terreno fertile per sociologi e antropologi e fonte di letterature che sono ormai legione. Si incrociano interrogativi e dilemmi di ogni ghiotta sorte: frutto di progressi nei sistemi comunicativi? Nemesi del processo di secolarizzazione del mondo cosiddetto Occidentale? Si riscontra che la stragrande parte delle apparizioni avvengono nell’Europa cattolico-romana e negli Stati Uniti dell’Est, area con una forte componente cattolico-irlandese: fenomeno quindi in qualche modo «identitario»? Oppure… In attesa di apparizioni antropologicamente esplicative (tipo, domanda: perché sempre e solo la Madonna?) la Brigata San Tommaso avrà il suo daffare al fronte scomodo della Verità. Parola di Altropologo.

ro, soprattutto nelle aree che controllano le emozioni e le reazioni agli stimoli. Sentendo di trovarsi in un momento di fragilità, Michele vi chiede di stargli accanto, di giustificare la sua decisione, di valorizzare il suo coraggio e di indicargli come comportarsi in futuro. Per quanto gli adulti possano fare, sono i ragazzi gli educatori di sé stessi. Probabilmente vi verrà spontaneo condannare gli amici che sbagliano, ma non siate troppo rigidi e punitivi. La curiosità degli adolescenti, soprattutto sui misteri della sessualità, fa parte della pulsione a conoscere e, pur condannando le sue devianze, non dobbiamo negare la possibilità di sbagliare, ammetterlo e rimediare. Senza errare, nel doppio significato della parola, non si cresce. Però si possono delineare insieme confini e limiti. Sino a sedici anni i ragazzini sono troppo piccoli per distinguere tra sessualità, erotismo e amore. Ed è qui che deve intervenire l’educazione

sessuale in famiglia e scuola valutando la differenza tra maschi e femmine: la diversa costituzione corporea, la specifica sensibilità femminile, le distinte finalità della maternità e della paternità. Oggi l’educazione affettiva e sessuale dei minori incrocia un altro ambito educativo di primaria importanza: l’educazione digitale. Ma il mondo online non è programmato sui processi evolutivi per cui non ha alcun filtro per selezionare contenuti, suggestioni e stimoli adeguati ai livelli di sviluppo, per monitorare le competenze cognitive ed emotive di chi entra nel mondo virtuale. Molti genitori e insegnanti si dimostrano assolutamente ignari dei rischi che corrono le nuove generazioni oppure preferiscono, come la mamma da lei interpellata, mettere la testa sotto la sabbia considerandosi amiconi dei figli. Ma i ragazzi hanno già degli amici, per cui chiedono piuttosto che gli adulti li aiutino a crescere, a diven-

tare grandi. Alla madre, che fa tutto facile sostenendo che prima o poi i ragazzi devono aprire gli occhi, avrei risposto «ma senza chiudere il cervello!». La sessualità precocemente eccitata predispone al bullismo, alla promiscuità e alla violenza di genere. Un ultimo suggerimento: impegni anche suo marito in questo difficile percorso mettendosi in gioco in prima persona. Senza l’esempio, le parole sono vuote, senza il dialogo, le esperienze sono cieche. Il problema è serio ma spero di non avere compromesso la fiducia e la speranza degli educatori.

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni

a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

hanno a casa snack al wasabi e paprika prima o poi desideri assaggiarli. Ogni bambino è unico e le sue reazioni agli alimenti piccanti o pungenti possono variare notevolmente. L’introduzione di cibi piccanti nella dieta di un bambino non ha un’età precisa prestabilita, poiché molto dipende dalle preferenze individuali, dalle tradizioni culturali e dalla sensibilità personale. Tuttavia ci sono alcune linee guida generali che possono aiutare i genitori a decidere quando e come introdurre questi alimenti. Naturalmente è importante aspettare che il bambino abbia iniziato con successo a mangiare alimenti solidi e abbia provato una varietà di cibi senza problemi. È anche importante farlo gradualmente, iniziando con quantità molto piccole e alimenti leggermente speziati, per valutare la reazione del bambino. Inoltre può essere utile mescolare un po’ di spezie con

un alimento che il bambino conosce e tollera già bene. Poi bisogna osservare le reazioni: se non mostra segni di disagio e sembra godersi il cibo si può gradualmente aumentare la quantità di spezie. Tuttavia se il bambino sembra infastidito, sviluppa un’eruzione cutanea o problemi digestivi come diarrea o vomito dopo aver mangiato cibo piccante, è meglio eliminarlo dalla sua dieta e riprovare più avanti. Il peperoncino piccante può essere infatti poco adatto ai bambini perché il loro sistema digestivo è più sensibile rispetto a quello degli adulti. La capsaicina, che è la molecola che dà al peperoncino il suo caratteristico sapore piccante, interagisce coi recettori del dolore e del calore nelle mucose del corpo, incluso lo stomaco. Questa interazione può causare una sensazione di bruciore. Inoltre, la capsaicina può stimolare la produzione di acido nello stomaco, che può

peggiorare la sensazione di bruciore o causare indigestione. Questa maggiore acidità può irritare ulteriormente la mucosa dello stomaco e dell’esofago, provocando disagio o di nuovo bruciore. Anche la mucosa intestinale può essere irritata e questo può causare un aumento della secrezione di acqua ed elettroliti nell’intestino che può diluire il contenuto intestinale e portare a diarrea.

Sinceramente non posso dirle se suo figlio sia pronto o meno al peperoncino, visto che gli piacciono snack al wasabi; quello usato comunemente in prodotti come arachidi o snack spesso è molto diverso dal wasabi naturale. La principale differenza è che molti di questi prodotti in realtà contengono una miscela di rafano, senape e colorante alimentare verde per simulare il colore e il sapore del wasabi reale. Questi sostituti tendono ad avere un gusto meno intenso e una «pungen-

za» più breve rispetto al wasabi fresco e, per questo, possono essere consumati anche da alcuni bambini. Inoltre la quantità di miscela usata in questi snack è relativamente piccola e spesso ben bilanciata con il sapore salato della nocciola, riducendo ulteriormente l’effetto pungente. Come per qualsiasi altro cibo piccante o fortemente aromatizzato il mio consiglio è quello di parlarne col proprio pediatra che conosce suo figlio e di proporlo nella dieta con cautela, prestando la massima attenzione a eventuali effetti secondari; è importante, comunque, che i cibi piccanti non siano proposti troppo frequentemente.

Informazioni

Avete domande su alimentazione e nutrizione? Laura Botticelli, dietista ASDD, vi risponderà. Scrivete a lanutrizionista@azione.ch

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 13 SOCIETÀ / RUBRICHE ◆ ●
di Silvia Vegetti Finzi
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di Cesare Poppi
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di Laura Botticelli Bambini, spagnolette al wasabi e patatine alla paprika

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ANDAMENTO GENERALE

Nel 2023 il fatturato del commercio al dettaglio in Svizzera ha segnato una forte crescita, pari al +4%, supportata soprattutto dall’inflazione e dall’aumento della popolazione residente. Il commercio al dettaglio ticinese è anch’esso cresciuto dello 0.4% (fonte: Nielsen) rispetto all’anno precedente. Purtroppo, questa crescita non è stata riscontrata in Migros Ticino il cui fatturato è sostanzialmente diminuito dall’anno precedente dovuto al forte incremento del turismo degli acquisti verso la vicina Penisola, alla diminuzione dello scontrino medio dei consumatori, all’inflazione, alla debolezza dell’euro, a una popolazione residente sostanzialmente stagnante, a nuove aperture di punti di vendita da parte degli hard discount e alla forte concorrenza in generale.

Il settore dei supermercati della Cooperativa ha risentito – in termini di cifra di affari – della chiusura di una filiale deficitaria e della forte attività di rivitalizzazione di ulteriori punti vendita: nel 2023 il 15% della rete di vendita ha beneficiato di interventi di ristrutturazione profonda.

I mercati specializzati Migros hanno fortemente sofferto. L’enorme successo del commercio online di prodotti non alimentari sta cambiando in modo permanente il contesto di mercato, mettendo quindi a dura prova l’attività stazionaria dei mercati specializzati fisici.

Per contro il settore della gastronomia di Migros Ticino ha registrato una crescita significativa della cifra d’affari rispetto all’anno precedente.

La Cooperativa ha realizzato un fatturato complessivo di 434.5 milioni di franchi, inferiore di 15 milioni di franchi rispetto all’anno precedente. Il calo del 3.3% del fatturato ha avuto per la prima volta un effetto negativo sul risultato operativo (EBIT risultato operativo prima degli interessi e delle imposte) si è attestato a -0.5 milioni di franchi, mentre la perdita d’esercizio è di 1.1 milioni di franchi.

SITUAZIONE FINANZIARIA

Il cash flow generato, pari a 8.7 milioni di franchi, ha permesso di finanziare solo parzialmente gli investimenti complessivi

Cooperativa Migros Ticino 2023

24.7 milioni di franchi effettuati nell’esercizio. La somma di bilancio è diminuita passando da 152.7 a 148.1 milioni di franchi. La quota di capitale proprio è aumentata dal 48.9% al 49.7%, e in valore assoluto il capitale proprio presenta un totale di 73.6 milioni di franchi contro i 74.7 milioni di franchi dell’anno precedente.

STATO DELLE ORDINAZIONI E DEI MANDATI E ATTIVITÀ DI RICERCA E SVILUPPO

Operando nel commercio al dettaglio, la Cooperativa non ha né ordinazioni né mandati rilevanti da commentare e non svolge attività di ricerca e sviluppo.

EVENTI STRAORDINARI

Il 2023 – l’anno del 90° anniversario di Migros Ticino – è stato nuovamente caratterizzato dall’aumento costante del prezzo delle materie prime e dell’approvvigionamento elettrico, il cui costo annuale è aumentato del 34.4% rispetto all’anno precedente. La chiusura dell’asse del San Gottardo nel mese di agosto 2023 ha reso necessario, per Migros Ticino, il trovare misure alternative per garantire l’approvvigionamento merci da Nord a Sud. Sul finire dell’anno le 10 Cooperative regionali e la Federazione delle cooperative Migros hanno preso una decisione storica, fondando Migros Supermercati SA (MSM), società che si occuperà anima e corpo allo sviluppo della nostra attività principale: i supermercati. Migros Ticino sarà azionista e presente nel CdA della stessa.

VALUTAZIONE DEI RISCHI

La Cooperativa dispone di un processo di gestione dei rischi. Il comitato di direzione (CD) informa regolarmente il consiglio di amministrazione (CdA) sulla situazione di rischio dell’impresa. Quest’ultimo assicura che la valutazione dei rischi abbia luogo nei termini opportuni e adeguati. In base a un’analisi sistematica della situazione, CdA e CD hanno identificato i rischi potenziali, valutato le probabilità che si avverino, così come le possibili conseguenze finanziarie.

Appropriate misure adottate dal CdA permettono di evitare, diminuire o arginare questi rischi. I rischi potenziali che devono essere sopportati dalla cooperativa vengono costantemente sorvegliati. Durante la verifica annuale della strategia aziendale il CdA considera e valuta adeguatamente i rischi potenziali.

Il CdA ha effettuato la valutazione annuale il 20 ottobre 2023.

PROSPETTIVE

L’attuale contesto d’attività di Migros Ticino è pesantemente influenzato dalla forte concorrenza, da un quadro generale regionale sfavorevole e dalla necessità della Cooperativa di realizzare la strategia Migros Ticino. La stessa importanza va attribuita allo sviluppo di Migros Supermercati SA (MSM) e all’applicazione della strategia nazionale per i supermercati. MSM si orienta al miglioramento della prestazione di mercato, all’accrescimento dell’efficienza e al miglioramento della redditività per garantire un futuro sano al nostro core business. Le misure decise ed in parte già implementate per migliorare l’efficienza delle divisioni, procederanno anche negli anni a seguire. La focalizzazione delle risorse e l’attenta valutazione delle diverse divisioni, rispettivamente della sostenibilità dei punti di vendita, proseguono. Il potenziale di miglioramento, soprattutto a livello dell’efficienza operativa è presente. Nel quadro dell’orientamento al cliente, la ristrutturazione forzata dei punti vendita attempati, l’aumento della capillarità della rete di vendita e il miglioramento dell’accessibilità alle nostre filiali mantengono un ruolo centrale. Nel corso del 2024 la Cooperativa aprirà un nuovo supermercato di medie dimensioni e ne trasformerà uno di piccola taglia in VOI Migros Partner (piccoli supermercati di quartiere). La ristrutturazione del grande supermercato nel Centro Shopping Serfontana a Morbio Inferiore, che riaprirà a fine 2024, riveste una grande importanza.

Il restyling del nostro marchio del cuore a chilometro zero, Nostrani del Ticino, entrerà nel vivo nel 2024.

Foto Comunicazione Migros Ticino: 90 anni di storia in giro per il nostro territorio. RELAZIONE ANNUALE

CONTO ECONOMICO

Ricavi netti

Commercio al dettaglio

Commercio all’ingrosso

Ristorazione Prestazioni di servizio

Ricavi da vendita di beni e prestazioni di servizio

Altri ricavi

Altri ricavi d’esercizio

Totale ricavi d’esercizio

Costi d’esercizio

Costo delle merci e prestazioni di servizio

Costi del personale

Pigioni

Manutenzioni e riparazioni

Energia e materiali di consumo

Pubblicità

Spese amministrative

Altri costi d’esercizio

Ammortamenti e rettifiche di valore

Totale costi d’esercizio

Risultato prima di interessi e imposte (EBIT)

Risultato finanziario

Risultato straordinario, unico o fuori periodo

Risultato prima delle imposte

Imposte dirette

Utile (+) / Perdita (-) d’esercizio

Debiti da forniture e prestazioni

- verso terzi Debiti onerosi a breve termine - Conti di partecipazione

Migros Ticino è inclusa in questo bilancio consolidato.

3.7 Informazioni inerenti le riserve latenti Nell’anno in corso sono state sciolte riserve latenti per 0.2 milioni CHF

ALLEGATO

1. Informazioni relative ai principi utilizzati per l’allestimento del conto annuale Il conto annuale è stato allestito conformemente alle prescrizioni della legislazione svizzera, in particolare in base agli articoli del Codice delle obbligazioni relativi alla tenuta della contabilità commerciale e alla presentazione dei conti (art. 957-963b).

La presentazione dei conti esige dall’Amministrazione delle stime e delle valutazioni che possono avere un incidenza sul valore degli attivi e dei debiti, come pure degli impegni eventuali alla data del bilancio, ma anche dei ricavi e dei costi del periodo di riferimento. Se del caso, l’Amministrazione decide, a propria discrezione, l’utilizzo dei margini di manovra legali esistenti in materia di valutazione e iscrizione a bilancio. Per il bene dell’azienda e nel rispetto del principio della prudenza, è possibile procedere ad ammortamenti, correzioni di valore, nonché la costituzione di accantonamenti superiori a quanto il contesto economico richieda.

La società cooperativa Migros Ticino non allestisce un conto di gruppo in quanto suoi conti sono inclusi in quelli della Federazione delle cooperative Migros, che pubblica un conto consolidato in base a una norma contabile ri

conosciuta (Swiss GAAP FER).

ALLEGATO

2.1

2.2

2.3

2.4

Ricavi da dividendi

Costi finanziari

2.5 Risultato straordinario, unico o fuori periodo

Ricavi da vendita di sostanza fissa Perdite da vendita di sostanza fissa

2.6 Mezzi liquidi Mezzi liquidi in cassa o presso istituti finanziari terzi

Mezzi liquidi presso Banca Migros

2.7 Ratei e risconti passivi

Interessi da pagare

Altri

2.8 Accantonamenti Rendita transitoria AVS Altri accantonamenti

2.9 Partecipazioni Federazione delle Cooperative Migros, Zurigo Quota capitale Diritti di voto Activ Fitness Ticino SA, S. Antonino Quota capitale Diritti di voto

Mitico Ticino SA, S. Antonino Quota capitale Diritti di voto

Miduca SA, Zurigo

CONTO DEI FLUSSI DI TESORERIA

Flusso

Investimenti

Disinvestimenti

Flusso di tesoreria derivante dall’attività di investimento

Variazione dei debiti onerosi a breve termine

Variazione del capitale sociale

Flusso di tesoreria derivante dall’attività di finanziamento

Variazione netta dei mezzi liquidi

Variazione del fondo di liquidità

Mezzi liquidi al 1. gennaio

Variazione netta dei mezzi liquidi

Mezzi

Quota capitale Diritti di voto

3. Altre indicazioni

3.1 Impegni eventuali Nell’ambito delle normali attività commerciali, la Cooperativa Migros Ticino è parte in causa di diverse controversie legali. Sebbene l’esisto di queste controversie non possa essere stimato con un grado di certezza assoluto, la Società Cooperativa Migros Ticino non ritiene che tali controversie possano avere un impatto significativo sulla sua attività commerciale o sulla sua situazione finanziaria. Per i deflussi finanziari previsti sono stati costituiti degli accantonamenti.

In merito al finanziamento a favore di Miduca SA, che fornisce prestazioni di servizio alle cooperative regionali Migros nell’area delle scuole club e dell’educazione degli adulti, la FCM ha concesso a Miduca SA un prestito fino a 40 milioni di franchi. Le cooperative coinvolte nella partecipazione di Miduca SA garantiscono tale finanziamento nell’ambito della loro chiave di copertura del disavanzo, pari al 3.4%.

3.2 Valore residuo dei debiti di leasing finanziario Saldo debiti di

Impegni per contratti di affitto

3.3 Scadenza degli impegni finanziari a lungo termine esigibilità da 1 a 5 anni

3.4 Personale della Cooperativa Migros Ticino Collaboratori fissi

RELAZIONE DELL’UFFICIO DI REVISIONE

RELAZIONE SULLA REVISIONE DEL CONTO ANNUALE Giudizio

Abbiamo svolto la revisione del conto annuale della Società Cooperativa fra produttori e consumatori Migros - Ticino (la società), costituito dal bilancio al 31 dicembre 2023, dal conto economico, e dal conto dei flussi di tesoreria per l’esercizio chiuso a tale data, come pure dall’allegato, che include anche la sintesi dei più significativi principi contabili applicati.

A nostro giudizio, l’annesso conto annuale è conforme alla legge svizzera e allo statuto.

Elementi alla base del giudizio

Abbiamo svolto la nostra revisione contabile conformemente alla legge svizzera e agli Standard svizzeri di revisione contabile (SR-CH). Le nostre responsabilità ai sensi di tali norme e standard sono ulteriormente descritte nella sezione «Responsabilità dell’ufficio di revisione per la revisione del conto annuale» della presente relazione. Siamo indipendenti rispetto alla società, conformemente alle disposizioni legali svizzere e ai requisiti della categoria professionale, e abbiamo adempiuto agli altri nostri obblighi di condotta professionale nel rispetto di tali requisiti.

Riteniamo di aver acquisito elementi probativi sufficienti ed appropriati su cui basare il nostro giudizio.

Altre informazioni

L’Amministrazione è responsabile delle altre informazioni. Le altre informazioni comprendono le informazioni riportate nella relazione sulla gestione, ad eccezione del conto annuale e della nostra relativa relazione. Il nostro giudizio sul conto annuale non si estende alle altre informazioni e non esprimiamo alcuna forma di conclusione di revisione a riguardo. Nell’ambito della nostra revisione contabile, è nostra responsabilità leggere le altre informazioni e, nel farlo, valutare se sussistano delle incoerenze significative rispetto al conto annuale o a quanto da noi appreso durante la revisione contabile, o se le altre informazioni sembrino contenere in altro modo delle anomalie significative.

Qualora, sulla base del lavoro da noi svolto, dovessimo giungere alla conclusione che vi è un’anomalia significativa nelle altre informazioni, siamo tenuti a comunicarlo. Non abbiamo alcuna osservazione da formulare a tale riguardo.

Responsabilità dell’Amministrazione per il conto annuale L’Amministrazione è responsabile dell’allestimento del conto annuale in conformità alle disposizioni legali e allo statuto, nonché per i controlli interni da essa ritenuti necessari per consentire l’allestimento di un conto annuale che sia esente da anomalie significative imputabili a frodi o errori. Nell’allestimento del conto annuale, l’Amministrazione è responsabile per la valutazione della capacità della società di continuare l’attività aziendale, per l’informativa, se del caso, sugli aspetti correlati alla continuità aziendale, nonché per l’utilizzo del presupposto della continuità aziendale, a meno che l’Amministrazione intenda liquidare la società o cessare l’attività, oppure non abbia alternative realistiche a tali scelte. Responsabilità dell’ufficio di revisione per la revisione del conto annuale I nostri obiettivi sono l’acquisizione di una ragionevole sicurezza che il conto annuale nel suo complesso sia esente da anomalie significative, imputabili a frodi o errori, e l’emissione di una relazione che includa il nostro giudizio. Per ragionevole sicurezza si intende un livello elevato di sicurezza che, tuttavia, non fornisce la garanzia che una revisione contabile eseguita in conformità alla legge svizzera e agli SR-CH individui sempre un’anomalia significativa, qualora esistente. Le anomalie possono derivare da frodi o errori e sono considerate significative qualora si possa ragionevolmente attendere che esse, singolarmente o nel loro insieme, siano in grado di influenzare le decisioni economiche degli utilizzatori prese sulla base del conto annuale. Una descrizione più dettagliata delle nostre responsabilità per la revisione del conto annuale è disponibile sul sito web di EXPERTsuisse: https://www. expertsuisse.ch/it/revisionerelazione-di-revisione. Tale descrizione costituisce parte integrante della nostra relazione.

RELAZIONE SU ALTRE DISPOSIZIONI DI LEGGE E REGOLAMENTARI

Conformemente all’art. 906 CO in combinazione con l’art 728a cpv. 1 cifra 3 CO e allo SR-CH 890, confermiamo l’esistenza di un sistema di controllo interno per l’allestimento del conto annuale concepito secondo le direttive dell’Amministrazione.

Confermiamo inoltre che la proposta d’impiego dell’utile di bilancio è conforme alla legge svizzera e allo statuto, e raccomandiamo di approvare il conto annuale che vi è stato sottoposto.

2022 (in 1 000 CHF) 423 059 876 14 722 10 800 449 457 5 320 454 777 -313 398 -78 501 -14 058 -5 920 -10 530 -2 318 -4 587 -13 293 -10 924 -453 530 1 248 -80 1 033 2 201 -1 108 1 093 2023 (in 1 000 CHF) 406 717 1 553 15 555 10 639 434 464 4 944 439 409 -299 339 -74 122 -14 099 -5 919 -12 136 -2 623 -4 592 -15 285 -11 790 -439 906 -497 83-415 -700 -1 114 (2.1) (2.2) (2.3) (2.4) (2.5) ATTIVO CIRCOLANTE Mezzi liquidi Crediti da forniture e prestazioni - verso terzi Altri crediti a breve termine - verso imprese del gruppo - verso terzi Scorte TOTALE ATTIVO CIRCOLANTE ATTIVO IMMOBILIZZATO Immobilizzazioni finanziarie - verso imprese del gruppo Partecipazioni - imprese del gruppo Immobilizzazioni materiali - Terreni e immobili - Installazioni tecniche e macchinari - Altre immobilizzazioni materiali - Costruzioni in corso Immobilizzazioni immateriali TOTALE ATTIVO IMMOBILIZZATO TOTALE ATTIVI 31.12.2022 (in 1 000 CHF) 6 063 1 037 37 060 1 240 10 038 55 438 4 000 1 774 83 218 5 779 2 092 393 7 97 263 152 701 31.12.2023 (in 1 000 CHF) 5 892 1 134 22 621 931 7 386 37 964 4 000 1 774 81 663 13 490 3 408 5 840 5 110 180 148 143
ATTIVI (2.6)
BILANCIO:
2022 (in 1 000 CHF) 1 093 10 924 -1 033 370 11 354 33 528 1 178 -4 207 -741 41 112 -3 000 -12 616 1 354 -14 262 -26 664 7 -26 657 193 5 870 193 6 063 2023 (in 1 000 CHF) -1 114 11 790 –-1 959 8 716 14 651 2 652 -879 -346 24 794 –-24 706 –-24 706 -263 4 -259 -171 6 063 -171 5 892
-
Utile (perdita) d’esercizio Ammortamenti e rettifiche di valore di attivi fissi Utile da vendita di attivi fissi
degli accantonamenti Cash Flow operativo Variazione dei crediti da forniture e degli altri crediti Variazione delle scorte Variazione dei debiti da forniture e prestazioni e degli altri debiti Variazione dei ratei
risconti
Variazione
e
passivi
esercizio
di tesoreria derivante dall’attività di
immateriali
in immobilizzazioni materiali e
- Immobilizzazioni finanziarie - Immobilizzazioni materiali
liquidi al 31 dicembre
CAPITALE TERZI A BREVE TERMINE
- verso imprese del gruppo
M
verso terzi Altri debiti a breve termine
verso terzi Ratei e risconti passivi TOTALE CAPITALE DI TERZI A BREVE TERMINE CAPITALE TERZI A LUNGO TERMINE Debiti onerosi a lungo termine - verso imprese del gruppo Accantonamenti TOTALE CAPITALE DI TERZI A LUNGO TERMINE TOTALE CAPITALE DI TERZI CAPITALE PROPRIO Capitale sociale Riserve legali da utili Riserve facoltative da utili Utili riportati Utile (perdita) d’esercizio Totale capitale proprio TOTALE PASSIVI 31.12.2022 (in 1 000 CHF) 896 12 317 7 277 56 8 589 7 568 36 703 20 000 21 299 41 299 78 002 1 049 500 60 294 11 763 1 093 74 699 152 701 31.12.2023 (in 1 000 CHF) 2 132 14 414 7 016 54 4 376 7 223 35 216 20 000 19 340 39 340 74 555 1 053 550 60 294 12 806 -1 114 73 588 148 143 BILANCIO: PASSIVI (2.7) (3.3) (2.8) Ü Ü 3.6 Attuazione degli
della Federazione delle Cooperative Migros per il Gruppo Migros contiene l’obbligo di informativa in conformità con le linee guida dell’OCSE del 30 maggio 2018 e in conformità con le normative riconosciu
a
internazionale
-
-
obblighi di due diligence e di rendicontazione in conformità alle linee guida dell’OCSE dell’OIL (art. 9 cpv. 1 VSoTr) Il bilancio consolidato di sostenibilità
te
livello
Convenzioni ILO n. 138 e 182, Strumento di orientamento sul lavoro minorile per le imprese ILO-IOE del 15 dicembre 2015. La società cooperativa
(Anno prec. 1.1 milioni CHF).
Eventi importanti successivi alla data di bilancio Non vi sono stati eventi importanti successivi alla data di bilancio. 2022 (in 1 000 CHF) 61 473 7 062 7 765 2 202 78 501 12 140 1 153 13 293 10 919 5 10 924 59 23 -163 -80 1 033 –1 033 5 797 266 6’063 140 7 429 7 568 2 884 18 415 21 299 3.83% 7.21% 100.00% 100.00% 100.00% 100.00% 10.00% 10.00% 2023 (in 1 000 CHF) 59 836 7 004 5 232 2 050 74 122 14 180 1 105 15 285 11 787 2 11 790 216 23 -157 83 –––5 631 260 5 892 140 7 083 7 223 516 18 824 19 340 3.83% 7.21% 100.00% 100.00% 100.00% 100.00% 10.00% 10.00%
3.8
Costi del personale
e salari Oneri sociali Istituti di previdenza professionale Altri costi del personale
Stipendi
Altri costi d’esercizio Altri costi
e tasse
d’esercizio Bolli
rettifiche di valore
immobilizzazioni materiali
immobilizzazioni immateriali
Ammortamenti e
Ammortamenti di
Ammortamenti di
Ricavi e costi finanziari
Ricavi da interessi
leasing
Apprendisti Collaboratori
tempo parziale
oraria Totale posizioni a tempo pieno
dell’ufficio
revisione Onorari di revisione 31.12.2023 (in 1 000 CHF) 129 95 692 20’000 936 38 35 1 009 84 31.12.2022 (in 1 000 CHF) 210 92 391 20’000 968 36 26 1 030 73 2022 (in 1 000 CHF) 607 2 413 3 020 2 189 2023 (in 1 000 CHF) 299 1 968 2 267 2 111 UTILIZZO DELL’UTILE DI BILANCIO Riporto dall’esercizio precedente Utile d’esercizio Utile a disposizione dei soci Dotazione alle riserve facoltative da utili Dotazione alle riserve legali da utili Riporto all’esercizio nuovo Spese del percento culturale Cultura, sociale ed economia Formazione (Scuola Club - Miduca SA) Totale 0.5% della cifra d’affari determinante 31.12.2023 (in 1 000 CHF) 12 806 -1 114 11 692 ––11 692 31.12.2022 (in 1 000 CHF) 11 763 1 093 12 856 –-50 12 806 Cooperativa Migros
Via Serrai 1, CH-6592 Sant’Antonino - Tel. +41 91 850 81 11 – info@migrosticino.ch migrosticino.ch migrosticino migros.ticino migros-ticino Elisa Alfieri Perito revisore abilitato (Revisore responsabile) Ernst
Young SA Domenico Vaccaro Perito revisore abilitato
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Tutti con il naso all’insù per Artevento Sulla spiaggia di Cervia ogni anno ha luogo, già dal 1981, il Festival Internazionale dell’Aquilone più longevo al mondo

Pagine 20-21

Da gustare con spiedini di halloumi Pomodori freschi, paprica affumicata, aglio, peperoncino, cipolla, un giro di frullatore ed ecco pronta una salsa sfiziosa

Pagina 23

In sella con un braccio meccanico

Alan Wake 2: un puro survival horror L’incubo continua immergendo i protagonisti in un’ambientazione spettacolare e inquietante allo stesso tempo

Pagina 25

Altri campioni ◆ Matteo Conconi, atleta di mountain bike, ama allenarsi sui sentieri del Monte Generoso e progettare prototipi sempre più performanti

Toccano i cinquanta chilometri orari lungo pendii fino al quaranta percento di pendenza. Le ruote rimbalzano, si agitano, pizzicano i sassi, smuovono il pietrisco e sollevano un polverone al loro passaggio. Poi la calma. I rumori si smorzano, l’aria diventa di nuovo limpida.

Ci troviamo sui sentieri del Monte Generoso, dove Matteo Conconi viene spesso ad allenarsi con la sua mountain bike. «Vedi quel polverone dietro di me?», chiede sorridente Matteo. «Ecco, lì dentro mi sono ritrovato una decina di anni fa. Ho fatto molta fatica ad accettare la mia nuova condizione. Il sostegno della famiglia mi ha spronato a pormi nuovi obiettivi, e con il tempo ho ritrovato di nuovo la mia serenità».

Se per chi ha le gambe amputate esistono parecchie attività sportive, sono davvero poche per chi è privo di un braccio

Era il 2013. Matteo sta lavorando alla Stazione FFS di smistamento a Chiasso. È su una navicella, così vengono chiamate le macchine di lavoro che permettono di sollevare gli operatori che lavorano in quota. A pochi metri da lui passano i fili della corrente ferroviaria. Il 33enne (ai tempi aveva 21 anni) inavvertitamente entra in contatto con la corrente elettrica che gli penetra nel corpo con una furia di 15mila Volt. La scarica è violentissima, e Matteo si ritrova improvvisamente in un limbo tra la vita e la morte. Il risveglio è il momento più difficile. Dopo circa due mesi in cure intensive, gli viene amputato il braccio sinistro, mentre il destro è gravemente danneggiato.

«Quando mi sono svegliato, subito mi sono chiesto come sarebbe stata la mia vita da lì in poi. Oltretutto, beffa del destino, ero mancino. Ho scelto di reagire. E così ho fatto», spiega Matteo. Nel percorso riabilitativo, che lo vede per un lungo periodo nella Clinica riabilitativa a Bellikon, in Svizzera tedesca, riceve un grande sostegno dalla sua famiglia. «Mio fratello e mio papà mi hanno spronato a reagire, mia nonna mi ha dato molto affetto, mentre il cosiddetto pezzo forte è sicuramente stata mia mamma».

Trascorrono alcuni mesi, Matteo subisce molte operazioni e riceve una protesi al braccio sinistro. Rientra in Ticino dove, dopo parecchio tempo, ricomincerà a lavorare per lo stesso datore di lavoro, ma in un’altra funzione. Vorrebbe tornare anche al suo grande amore; la moto. Ma deve rinunciare. «Tecnicamente sarebbe stato possibile, ma negli anni, dopo

il mio incidente, il traffico è decisamente aumentato. La sicurezza stradale dipende da molti fattori esterni, imprevedibili». Matteo allora si interessa per poter iniziare un’attività sportiva nel Cantone, cercando una possibilità tra i vari club. Sul territorio ticinese vengono proposte molte attività sportive per persone con andicap, attraverso club per persone con disabilità e anche attraverso club per normodotati con un’apertura inclusiva. Ma Matteo non trova nulla che fa al caso suo.

«Se per una persona con le gambe amputate esistono parecchie offerte sportive, come ad esempio il basket in carrozzella o l’handbike, tanto per citarne alcune, per una persona come me, con un braccio amputato, le attività sono davvero poche». Matteo decide quindi di fare di testa sua. Riprende la passione delle due ruote, ma questa volta senza il motore. Si fa costruire un prototipo di protesi con aggancio al manubrio, e sale in sella alla bicicletta. Solo pochi mesi più tardi inizia a praticare seriamente le discipline di enduro e di downhill (ndr. l’enduro è una disciplina versatile, che richiede abilità sia in salita sia in discesa, mentre il downhill consiste nella discesa lungo percorsi sconnessi, come sentieri).

Con lui, lungo i pendii del Generoso, sfrecciano anche alcuni suoi amici. Assieme decidono di partecipare ad alcune gare. Viene fondata una squadra, il Boardergravity Team, con la quale inizia a gareggiare, anche

all’estero. Non esistono categorie per il suo tipo di andicap. Matteo gareggia quindi tra i normodotati, e questa per lui è già una vittoria.

L’esperienza maturata negli anni lo spinge a migliorare costantemente la protesi che utilizza in bicicletta. «Ho cambiato ben sei volte il braccio, cercando ogni volta di renderlo più performante. La protesi che utilizzo attualmente presenta un aggancio a sfera sul manubrio che fa da polso. Lungo il braccio artificiale mi sono

fatto montare una sospensione ad aria e olio, esattamente come quelle delle MTB biammortizzate, che permettono di attutire i colpi. Attualmente sto testando un nuovo braccio con un ammortizzatore a molla. La protesi non è fissa al manubrio, ma posso metterla e staccarla quando lo desidero, garantendo una maggiore sicurezza in caso di eventuale caduta», ci spiega Matteo. Dalla polvere, dunque, al successo. Anche sociale. Attraverso il suo

Team, Matteo è riuscito a coinvolgere persone normodotate nell’attività pensata inizialmente per lui, proponendo in un certo senso il principio dell’inclusione al contrario. E ora, il Boardergravity Team, sembra non avere intenzione di fermarsi. «Il mio prossimo obiettivo è quello di fare montare in sella un mio amico cieco per fargli provare l’ebbrezza del downhill». Matteo ci spiega che da alcuni mesi sta lavorando a un prototipo di MTB Tandem, cercando di

trasformarlo in vista di costruirne uno omologato. Matteo Conconi ha ritrovato la forza per ricominciare. Ha avuto coraggio. Ha avuto successo. Ed è questo che vuole trasmettere a chi si trova in una situazione simile. Le gare di downhill, di enduro, il Boardergravity Team sono un traguardo, ma anche un mezzo per dare coraggio e motivazione. E forse è anche un appello per rendere le associazioni ancora più inclusive.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 19
Matteo Conconi Davide Bogiani Matteo Conconi

La danza degli «uccelli di carta»

Cultura del gioco ◆ Appassionante e impegnativa, l’arte di far volare gli aquiloni ha bisogno di un solo alleato, il vento, che non manca

Tutti con il naso all’insù, ad ammirare incantevoli oggetti volanti, leggeri e dai colori accesi, trasportati dal vento e guidati da un filo, indispensabile per non farli volare via. Sono gli aquiloni, un giocattolo antichissimo, che ancora oggi affascina e fa divertire. All’inizio si potrebbe pensare che è un gioco solo per bambini, invece basta andare a Cervia, sul mare Adriatico in provincia di Ravenna, per scoprire che intorno alla passione degli aquiloni si radunano donne e uomini, bambini e anziani.

Dilettanti e professionisti si ritrovano, già dal 1981, una volta all’anno sulla spiaggia di Cervia, per Artevento, Festival dedicato all’Aquilone

Un divertimento trasversale, conosciuto in tutto il mondo. Un passatempo che diventa passione e impegno e che ha bisogno di un solo alleato, il vento. E sulla spiaggia di Cervia certamente non manca. Dilettanti e professionisti dell’aquilone si ritrovano qui, davanti al mare, una volta all’anno dall’ormai lontano 1981 per Artevento, il Festival Internazionale dell’Aquilone più longevo al mondo.

Dentro alle varie arene, partecipanti che arrivano da tutto il mondo: Vietnam, Cina, Australia, Finlandia, Nord e Sud America. Aspettano la folata giusta e poi, con un colpo secco tendono il filo e l’aquilone co-

me per magia, si alza dalla spiaggia e inizia a prendere quota. Alcuni hanno forme semplici, a rombo o cerchio. Mentre altri sono complessi, a forma di drago o ape, oppure figure stilizzate di uomini o ancora di oggetti con lunghe code. Il gioco dell’aquilone fa ritornare bambini, a quando li si costruiva con poche cose, due legnetti uniti a croce e un pezzo di plastica. Si legava tutto a un filo, e si correva lungo i prati o la strada cercando di farli volare. Ma guardandoli da vicino, quelli che sono qui a Cervia sono molto diversi da quelli della nostra infanzia. Perché richiedono inventiva, creatività, fantasia e soprattutto progettazione tecnica. Questi sono oggetti in grado

di rispondere al minimo sollecito del braccio che comanda il filo, capaci di voltare rapidamente, di compiere manovre repentine sfruttando il vento. L’aquilone è nato in Cina, circa 2800 anni or sono. All’inizio veniva usato per misurare distanze o la forza del vento, oppure per mandare segnali durante le operazioni militari. Ma con il tempo questi «uccelli di carta» si sono trasformati e sono diventati il gioco che ha accompagnato l’infanzia di molti ragazzini, tra risate e allegria. Può venir da chiedere se, forse, inconsciamente, nell’aquilone l’uomo proietti il suo desiderio di volare. O se più semplicemente gli adulti rincorrano lungo quel filo un ricordo del loro essere stati bambini. «Ma no – mi di-

ce Henrik – un finlandese alto e magro, più vicino ai 90 anni che agli 80, un cappello di paglia in testa e occhi azzurri, mani legnose e sorriso gioviale. Io sono più di 40 anni che mi diverto con gli aquiloni e forse, sì, una volta ricercavo ricordi della mia fanciullezza. Ma oggi per me l’aquilone è come una medicina» continua mentre guarda verso il cielo, tiene il filo teso e muove con piccoli colpi il suo aquilone. «È una medicina che mi rende attivo, perché per far volare un aquilone devi usare i sensi: la vista, l’udito, per sentire da dove arriva il vento, il tatto, per muovere con delicatezza e precisione le redini dell’aquilone, l’olfatto, per sentire ogni volta i diversi odori che porta l’aria che arriva dal mare o

dalla montagna». Allegria e leggerezza, dunque, ma anche la sfida dell’uomo contro la forza di gravità, una lotta contro il vento. Almeno qui in Occidente. Ha invece un maggior carico di significati in altre culture. In diversi paesi del mondo, ad esempio, può farsi carico di alcuni poteri riservati alle divinità, e di cui può avvalersi la persona, come ad esempio in Thailandia dove agli aquiloni si chiede di spazzare via le nuvole dai campi con il vento del Nord-Est, oppure in Corea dove con il loro volo si celebra la nascita dei bambini e gli si augura un destino felice. E ancora in Polinesia, dove rappresentano il punto d’incontro tra uomini e dei. Forse a Cervia non ci si ritrova avvolti da tan-

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 20
I cieli sopra la spiaggia di Cervia. In basso a destra, Henrik – un finlandese alto e magro, più vicino ai 90 anni che agli 80 – che si diverte da 40 anni con gli aquiloni.

nei cieli di Cervia

per fortuna mai sulla Riviera romagnola

ta spiritualità, ma sicuramente si respira un’aria di festa e allegria. In un’altra arena, quella centrale, stanno per iniziare le esibizioni acrobatiche e i primi a mostrare la loro sono sei persone che compongono un gruppo. Parte la musica e i rispettivi aquiloni si alzano contemporaneamente in volo. I sei manovratori dal basso si muovono in modo coordinato, tirando ognuno i fili del proprio «uccello di carta»; sanno esattamente che cosa devono fare e come compiere le manovre. Tant’è che su, nel cielo, le leggere armature a forma di spicchio di luna, si muovono sinuose, come un corpo di danza. Disegnano cerchi tutti insieme, si incrociano e si sfiorano, per poi allontanarsi e rincorrersi e poi di nuovo avvicinarsi per volare tutti uniti come una squadra di aerei acrobatici. A vederli da fuori sembra tutto semplice, invece per riuscire a regalare uno spettacolo del genere occorre molto lavoro.

I partecipanti arrivano da tutto il mondo: Vietnam, Cina, Australia, Finlandia, Nord e Sud America

«Sono tanti anni che faccio volare l’aquilone», mi dice Peter, un ragazzone nord americano, pantaloncini corti e cappello da baseball, una barba lunga intorno a un viso da cowboy, mani grandi che accarezzano il filo e movimenti elastici del corpo per accompagnare da terra la danza dell’aquilone. Ma come fate a farli volare tutti e sei insieme e a fare in modo che i fili non si intreccino e gli aquiloni caschino giù? «Ci vuole tanta pratica, – continua mentre ripone il suo aquilone dentro una grande sacca – allenamento, capire quando tirare e allentare il filo per far fare all’aquilone i movimenti che desideri. Anticipare o assecondare il vento, interpretarlo per poterlo sfruttare al massimo. E poi c’è sintonia tra di noi, siamo una squadra, ma siamo anche amici. Basta guardarsi negli occhi, per capire cosa sta facendo l’altro e fidarsi, sapere che non ti verrà mai addosso con il suo aquilone».

Tanta perizia è dunque quel che serve per dar vita a ciò che sembra un semplice pezzo di stoffa sintetica fissato su un telaio leggero che prende il volo con il vento. Proprio come vuole la filosofia che sta dietro a ogni gioco, il quale, al di là dell’apparente aspetto ludico, è sempre ben più che un passatempo, un divertimento, trasformandosi in un qualcosa che ti insegna, che ti educa, che ti lega al passato e alle tradizioni.

Continuando a girovagare sulla spiaggia, in mezzo a gruppi di ragazzi che ridono e bambini che corrono a piedi nudi, il suono del vento viene smorzato da quello che sembra il suono di un trombone. E anche questo arriva dall’alto. Sono degli aquiloni strani, a cui è stato aggiunto una specie di flauto. E così, quando volano tutti insieme in alto, il vento che li solleva e li fa muovere, passa anche attraverso questi strumenti che emettono delle note, sempre le stesse, un lungo fischio baritonale. All’altro capo di uno dei fili c’è Dung, un giovane vietnamita che si diverte come un bambino. È bravo a far volare l’aquilone, a tenerlo in quota e a farlo suonare di continuo. Dopo un po’, con delicatezza inizia a raccogliere la fune e quando il suo aquilone è a terra mi racconta che è sì vietnamita,

ma vive in Italia da tanto, e viene sempre qui, tutti gli anni. La passione per l’aquilone gli è stata tramandata da suo nonno. Quando era piccolo, prima di venire in Italia con i genitori, passava giornate intere correndo per le strade del suo quartiere di Saigon a far volare aquiloni. E ogni volta che si rompeva,

suo nonno lo riparava e gli insegnava i trucchi per volare sempre più in alto: «Era un vero maestro degli aquiloni». E Dung, anche oggi che è diventato ingegnere, continua a mettere in pratica gli insegnamenti del nonno. «Anche Ho Chi Minh in primavera si riempie di colori che volano nel cielo,

– racconta Dung – è una forma di arte popolare per noi vietnamiti». Poi, scusandosi, si allontana per aiutare una ragazza che non riesce a far prendere il volo alla sua armatura leggera avvolta nella carta. È eterogenea la grande quantità di partecipanti ad Artevento. E se da una parte un gruppo di ragazzi si impegna a montare una struttura super leggera in stecche di carbonio e tela di nylon super tecnologico per allestire un aquilone a tre piani, poco più avanti una coppia di anziani è abbracciata mentre guardano verso il cielo il loro grande aquilone di colore rosso e a forma di diamante che sembra quasi immobile. Ogni tanto il vento lo fa sbandare un po’ a destra o a sinistra per poi tornare nella posizione iniziale, come un pesce fermo nell’acqua contro corrente. Accanto a loro due sedie a sdraio e una piccola tenda che serve da ripostiglio per l’attrezzatura. Rimangono così per un po’ abbracciati, in piedi, fermi, sussurrandosi parole e stringendosi ogni tanto un po’ più forte.

È tardo pomeriggio, qui a Cervia, e il vento non smette di soffiare. Il cielo è sempre più invaso dai colori di questi oggetti volanti, grandi, piccoli, alcuni con le forme di animali, altri invece come ali di vecchi aerei. Aquiloni che a volte sembra quasi vogliano rompere il filo per guadagnarsi una loro propria libertà, su in alto, tra le nuvole. Mentre i manovratori, a terra, sembrano tanti burattinai che muovono i fili dei loro pupazzi. Un teatro dei pupi, dove il cielo fa da palcoscenico.

La musica accompagna ancora le esibizioni acrobatiche mentre sul bagnasciuga i bambini, aiutati dai genitori, provano a imitare i professionisti cercando di far volare i loro aquiloni, senza grandi risultati. Ma l’importante è divertirsi e le loro risate sono la conferma di come un gioco semplice e antico possa ancora dare gioia e felicità.

Informazioni Su www.azione.ch, si trova una più ampia galleria fotografica.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 21

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Perché scegliere una vacanza di gruppo?

Turismo ◆ I vantaggi di partecipare a un viaggio accompagnato di Hotelplan

Da soli o in compagnia è una scel-

ta fondamentale che determina il modo in cui si affronta un viaggio e ci si prepara a partire. Non è però una modalità assoluta che inserisce il viaggiatore in una o nell’altra categoria. Capita frequentemente che si opti per un viaggio di gruppo anche se in altre occasioni si preferisce viaggiare soli e viceversa. Il profilo di chi decide di condividere il viaggio con altre persone è quindi molto più comune di quanto si possa pensare. Ne abbiamo parlato con un esperto di Hotelplan.

Ma cos’è un viaggio di gruppo?

È generalmente un tour allestito da un’agenzia di viaggio o un tour operator che viene progettato in modo tale da permettere ai partecipanti di potersi concedere il lusso di viaggiare senza dover pensare a tutti quegli aspetti organizzativi che sono da considerare viaggiando da soli: trasferimenti, visite guidate, scelta delle strutture ricettive e dei ristoranti.

Viaggiare in gruppo è una prerogativa per viaggiatori singoli?

Assolutamente no, viaggiare in gruppo è prima di tutto un modo per soddisfare il desiderio di condividere con altre persone il piacere di scoprire il mondo. Persone spesso con interessi simili e che apprezzano l’opportunità di poter fare nuove conoscenze, le quali talvolta sfociano anche in durature amicizie.

Quanto è importante la qualità dell’accompagnamento?

Questo aspetto è fondamentale e chi decide di partire con i viaggi di

Hotelplan Ticino ha il vantaggio di essere accompagnato da un collaboratore Hotelplan che, in prima persona, si prenderà cura dei clienti durante tutta la durata del viaggio. A questa figura si aggiunge a destinazione l’esperienza di una guida locale per poter garantire la massima qualità durante le visite previste dal programma.

Ma quante persone partono con i viaggi di gruppo di Hotelplan? Il numero di partecipanti è sempre limitato, di regola da un minimo di 12 persone fino a un massimo di 2025. Si tratta di una scelta ragionata che ha diversi vantaggi. Poter svolgere le visite in piccoli gruppi, uti-

lizzare pullman più piccoli così da essere più agili negli spostamenti e limitare l’impatto ambientale, poter dare a tutti l’opportunità d’interagire con la guida e l’accompagnatore.

Viaggiare in gruppo è più caro?

Non lo è necessariamente, perché nella norma, viaggiando in gruppo è possibile beneficiare di tariffe e condizioni non accessibili al viaggiato-

re individuale e perché il costo degli spostamenti viene ripartito su più partecipanti.

E per quanto riguarda la sicurezza?

Viaggiare con un accompagnatore e una guida locale è una sicurezza in più. L’accompagnatore ha il compito di prendersi cura delle particolari necessità e delle esigenze dei partecipanti mentre la guida locale,

Prenotazione e informazioni presso le filiali di Hotelplan di:

Locarno-Muralto

Piazza Stazione 8 6600 Muralto T 091 910 37 00 locarno@hotelplan.ch

Spiedini di halloumi con salsa di pomodoro

● Ingredienti

Piccolo pasto

Ingredienti per 4 persone

400 g di pomodori

4 c d’olio d’oliva

1 cc di zucchero

1 cc di paprica affumicata

1 peperoncino

2 spicchi d’aglio

1 cipolla rossa

1 cipollotto

1 mazzetto d’erbe

aromatiche miste, ad es. menta e prezzemolo

sale

1 limetta

2 confezioni di halloumi da 200 g

Preparazione

1. Tagliate i pomodori a cubetti grossolani e metteteli in una padella ampia con la metà dell’olio, lo zucchero e la paprica. Lasciate cuocere i pomodori per circa 10 minuti a fuoco medio, rimestando regolarmente, finché la salsa s’addensa e i pomodori s’ammorbidiscono. Lasciate raffreddare poi riducete la salsa in purea con un frullatore a immersione.

2. Nel frattempo tritate il peperoncino, l’aglio, la cipolla e il cipollotto e la metà delle erbe.

3. Mescolate il trito con la salsa di pomodoro, condite con sale e un po’ di succo di limetta.

4. Tagliate i pezzi di halloumi (formaggio di Cipro, noto per essere la cosiddetta bistecca dei vegetariani) ciascuno in 6 bastoncini larghi un dito e infilzateli per il lungo su spiedini di legno.

5. Rosolate gli spiedini su tutti i lati nell’olio rimasto per circa 2 minuti oppure grigliateli.

6. Servite gli spiedini sulle erbe rimaste con la salsa e il resto della limetta.

Preparazione: circa 30 minuti.

Per persona: circa 22 g di proteine, 34 g di grassi, 10 g di carboidrati, 440 kcal.

parlando la lingua del posto e conoscendo abitudini e stili di vita, svolge un ruolo importante negli imprevisti e cambiamenti dell’ultima ora.

Quali sono i prossimi viaggi di gruppo di Hotelplan Ticino?

Per l’autunno sono stati programmati due viaggi molto interessanti che propongono destinazioni affascinanti.

Corea del Sud 25.9 – 4.10.2024: Un Paese fuori dai circuiti del turismo di massa che si distingue per i suoi forti contrasti. Dalla tecnologia che avanza alle tradizioni che mantengono il loro forte radicamento in un passato millenario.

Oman 24.11. – 1.12.2024: Un viaggio tra gli splendidi scenari di questo affascinante Paese. La capitale Muscat con la sua bellezza solare e discreta, il canyon Wadi Shab con panorami mozzafiato, il deserto di Wahiba con i suoi affascinanti paesaggi da sogno.

Per il 2025 stiamo lavorando a diversi altri progetti che contiamo di realizzare per i nostri clienti: Lapponia, Giappone, Puglia, Belgio, Turchia, crociera sul Reno, Scozia con le isole Orcadi e il Portogallo.

Bellinzona

Viale Stazione 8a 6501 Bellinzona T 091 820 25 25 bellinzona@hotelplan.ch

Iscriviti ora!

I membri del club Migusto ricevono gratuitamente la nuova rivista di cucina della Migros pubblicata dieci volte l’anno. migusto.migros.ch

Lugano Via Ferruccio Pelli 7 6900 Lugano T 091 910 47 27 lugano@hotelplan.ch

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L’incubo continua in Alan Wake 2

Videogiochi ◆ Un puro survival horror che immerge i protagonisti in un’ambientazione spettacolare e inquietante allo stesso tempo

Kevin Smeraldi

Durante i «The Game Awards 2021», Remedy Entertainment ha sorpreso tutti gli spettatori presenti mostrando inaspettatamente il trailer di Alan Wake 2. La sorpresa, manco a dirlo, suscitò entusiasmo tra i fan del precedente capitolo. Un biennio dopo l’annuncio ufficiale del gioco l’attesa è finalmente terminata, ma saranno riusciti quelli di Remedy Entertainment a mantenere la promessa prodotta dall’ hype (montatura pubblicitaria) durante l’evento?

A tredici anni di distanza dalle vicende accadute nel primo capitolo, lo scrittore Alan Wake è nuovamente intrappolato in un luogo oscuro da cui non riesce a liberarsi. In questa storia però non interpreteremo solamente il protagonista del precedente titolo, ma anche l’agente dell’FBI Saga Anderson, chiamata per risolvere un misterioso omicidio avvenuto proprio a Bright Falls, la stessa cittadina dove per l’appunto, tredici anni prima, la moglie di Alan scomparve nel nulla. Saranno forse queste vicende collegate?

Questo è il plot di Alan Wake 2, che non può essere approfondito in queste righe senza correre il rischio di svelare elementi narrativi fondamentali. Per questo motivo preferiamo non andare oltre evitando così di rovinarvi l’esperienza; vi basti sapere che è proprio la storia ad essere il fiore all’occhiello di questa produzione.

La trama di Alan Wake 2 è infatti estremamente coinvolgente, tanto da trascinare il giocatore in un mondo in cui la realtà e la finzione si intrecciano in modo inquietante, richiamando le migliori serie televisive del genere. La sensazione provata è quella di venire spinti a immergersi nel mistero che circonda il protagonista, cosa che accresce di volta in volta il desiderio di iniziare subito il capitolo successivo, creando dipendenza dal gioco.

In questo nuovo capitolo la narrazione vira drasticamente verso il genere thriller horror, con immagini forti e crude. Se nel primo capitolo la suspense e i jump scares erano le principali fondamenta su cui si basava il gioco, in questo titolo è chiaro come gli sviluppatori abbiano optato per un approccio horror ancora più forte, rendendo l’intera avventura letteralmente terrificante.

Ad amplificare la sensazione di terrore ci pensa il suo gameplay. Un puro survival horror con risorse limitate di munizioni e kit medici che rendono i combattimenti intensi e impegnativi, soprattutto se giocati ai livelli di difficoltà maggiori. Le ambientazioni oscure e sinistre, illuminate solo dalla luce della nostra torcia, aggiungono ulteriore tensione all’esperienza di gioco. Come nel precedente capitolo, la torcia in nostro possesso non è solo un aiuto per la navigazione, ma anche uno strumento di combat-

Giochi e passatempi

Cruciverba

Edoardo VII dovette posticipare la sua incoronazione, come mai?

Risolvi il cruciverba, leggi le lettere evidenziate e lo scoprirai.

(Frase: 3, 3, 10, 2, 11)

ORIZZONTALI

1. Bombisce

3. Un segno del tempo

6. Un anno a Parigi

8. Le iniziali dell’Ariosto

9. La costellazione con Aldebaran

10. Pietose, misericordiose

11. Famoso stilista italiano

13. Conteneva olio

14. Preposizione articolata

15. Termine liturgico

17. Fissazione

19. Noto collegio inglese

21. Due nel bicchiere

23. Su per gli inglesi

25. Nonno in tedesco

26. Le figlie di Temi

27. Un avverbio

28. Jockey in discoteca

29. Usate nella riproduzione vegetale

VERTICALI

1. Un calciatore

2. Tutt’altro che smodata

3. Il cantante Rosalino Cellamare

4. Biblico marito di Betsabea ucciso dal re Davide

5. Negli intingoli e nel sugo

timento che permette di rallentare e stordire i nemici, facilitando i successivi colpi d’arma da fuoco.

Lo shooting di Alan Wake 2 non offre nulla di veramente innovativo, anzi adotta alcune delle meccaniche di Resident Evil 4, come la mira che oscilla quando si tenta di sparare a un nemico, rendendo gli scontri complicati ma comunque divertenti. Non mancano poi le sequenze di puzzle, per non dire dell’ausilio della «lampada con l’angelo» grazie alla quale potremo trasportare la luce da un punto all’altro modificando lo scenario, facendoci così strada lungo il labirinto di gioco, e se anche questo non bastasse, abbiamo in nostro possesso anche lo studio dello scrit-

tore, un vero e proprio studio virtuale all’interno del cervello del protagonista che permetterà di riscrivere parte della storia modificandola in base agli indizi raccolti lungo l’avventura.

Per ultimo, ma non da meno, la non linearità dell’avventura ci darà la possibilità di passare da un personaggio all’altro, permettendoci di raggiungere i rifugi di salvataggio: in altre parole si può passare da Alan Wake a Saga Anderson (o viceversa) continuando l’avventura a nostra discrezione.

Dal punto di vista tecnico Alan Wake 2 è semplicemente il meglio che si possa vedere su PC e console. Tutti gli scenari di gioco sono straordinari e le volte in cui rimarrete esterrefatti

dagli effetti luce, colori e riflessi saranno innumerevoli. È straordinario vedere come i paesaggi mozzafiato e gli ambienti cupi creino un’ambientazione e un’atmosfera suggestive e inquietanti allo stesso tempo. Le musiche poi sono state composte con cura e si integrano perfettamente nell’atmosfera di gioco, offrendo a loro volta un’esperienza coinvolgente e terrificante.

Non è tuttavia tutto perfetto. Alcuni potrebbero trovare la trama troppo complessa o i momenti di calma troppo prolungati. Ma soprattutto ci ha delusi parecchio l’assenza del doppiaggio in italiano. A nostro parere, videogiochi di narrazione come questo perdono troppo valore togliendo al giocatore la facoltà di ascoltare la storia anziché leggerla nei sottotitoli. Infatti capita molto spesso di «perdersi» solamente perché concentrati nel giocare, mentre in secondo piano i personaggi continuano a dialogare tra di loro.

In conclusione Alan Wake 2 è un sequel eccezionale che riesce a superare le aspettative dei fan. Con una trama avvincente, una grafica mozzafiato e un gameplay coinvolgente, questo gioco è destinato a diventare un classico del genere. Per coloro che amano i survival horror con un’esperienza narrativa profonda e avvincente, Alan Wake 2 è un must-have assoluto. Voto: 9.

6. Massiccio del Niger

7. Illumina e non brucia

9. Siffatti

10. Un albero

12. Il mio francese…

13. Contrapposta alla «A»

16. Punto di arrivo

18. Molto belli

20. Bambinaia

22. Prefisso che vuol dire inferiore

24. Si usa nella pavimentazione di strade

26. La lingua dei Trovieri

28. Preposizione

Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione

cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P.

intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie

esclusivamente

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 25
postale:
lettera
la
1055, 6901 Lugano». Non si
legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata
la
o
a lettori che risiedono in Svizzera.
AU G USTO GRAM E S III NET RA AT RI M AR EE PRIM A ELIO PARTI CIS M E TE O L C SMILES SO A TENE O A JAR 2 7 6 9 5 1 7 8 7 3 4 54 8 2 3 2 6 9 3 32 8 9 57 1643 759 82 9386 124 57 7524 893 61 2 9 1 8 5 7 6 3 4 4832 961 75 5761 438 29 6 1 7 5 3 4 2 9 8 3497 285 16 8259 617 43
Sudoku Scoprite i 3 numeri corretti da inserire nelle caselle colorate.
Soluzione della settimana precedente TRA UNA LETTURA E L’ALTRA – Il personaggio Pierre Bezchov si trova nel romanzo: GUERRA E PACE – L’autore è: TOLSTOJ
1 2 3 45 6 7 8 9 10 11 12 13 14 1516 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29
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Sempre più ospedali a rischio di fallimento

Svizzera ◆ Le cause della crisi del settore sanitario sono molteplici: dall’inflazione agli stipendi di dirigenti e medici specialisti, passando per le tariffe con cui le casse malati retribuiscono le cure. Quali sono le possibili vie d’uscita?

E se l’espressione «too big to fail» venisse applicata non solo alle banche ma anche agli ospedali svizzeri? La domanda potrebbe far venire i brividi ma è anche dettata dalla realtà dei fatti, visto che nel nostro Paese aumenta costantemente il numero di ospedali che di anno in anno sono costretti a chiudere i loro conti nelle cifre rosse. In alcuni di questi casi si tratta effettivamente di strutture di alta rilevanza regionale, se non persino nazionale, tanto alta che i poteri pubblici ci hanno finora messo una pezza, più o meno dispendiosa. Non è il caso invece per diversi altri ospedali più piccoli, che corrono davvero il rischio di dover chiudere senza che nessuno decida di correre in loro soccorso, come del resto è già capitato qua e là in questi ultimi anni. La cronaca delle ultime settimane ci offre diversi esempi di questo sconquasso finanziario.

E se l’espressione «too big to fail» venisse applicata non solo alle banche ma anche agli ospedali svizzeri?

Iniziamo dalla capitale: l’anno scorso l’Inselspital di Berna, uno degli ospedali universitari più prestigiosi del nostro Paese, ha chiuso i propri conti con una perdita di 113 milioni di franchi, un disavanzo che rispetto al 2022 è aumentato di ben 33 milioni. Da notare che nel 2023 il gruppo Insel ha deciso la chiusura di due cliniche affiliate alla sua struttura, proprio per evitare cifre rosse ancora più profonde. Nel caso dell’Inselspital il Canton Berna è pronto a intervenire per turare la falla, proprio perché questo istituto è considerato «too big to fail». Spostiamoci nel Canton Zurigo, dove nel 2023 l’ospedale universitario ha chiuso i conti con una perdita di 49 milioni di franchi. In questo Cantone proprio la settimana scorsa l’ospedale di Wetzikon è stato messo in moratoria concordataria provvisoria, ha ora quattro mesi di tempo per trovare i capitali necessari, in caso contrario rimarrà un’unica opzione possibile: la chiusura delle corsie. È andata meglio al Kinderspital, sempre del Canton Zurigo, che l’anno scorso è riuscito a ottenere un’iniezione di ben 135 milioni di franchi, concessa dalle autorità cantonali proprio perché questo ospedale pediatrico è considerato di rilevanza regionale, non ci si può permettere di lasciarlo fallire. Passiamo ora alla Romandia. Dal Canton Friburgo ci arrivano notizie simili visto che l’ospedale cantonale deve fare i conti con una perdita per il 2023 di 36 mi-

lioni di franchi. In Vallese invece l’ospedale cantonale non esclude di rivedere la sua presenza sul territorio, che oggi conta ben nove siti per un Cantone che conta su per giù 360mila abitanti. In altri termini non si escludono chiusure o perlomeno alcuni accorpamenti di strutture sanitarie, per poter contrarre i costi. Con una difficoltà tutta vallesana: occorrerà trovare un equilibrio dei sacrifici tra la parte francofona e quella tedescofona di questo Cantone. E non sarà per nulla semplice.

Un’analisi elaborata tre anni fa metteva in risalto che solo un quarto degli ospedali svizzeri era in grado di autofinanziarsi

Questa lista di ospedali finiti in apnea finanziaria potrebbe continuare ancora a lungo. Una situazione allarmante, già più volte evidenziata, e qui vale la pena ricordare che già tre anni fa un’analisi elaborata dalla società di consulenza finanziaria Pwc metteva in risalto che soltanto un quarto de-

gli ospedali svizzeri era in grado di finanziarsi autonomamente. Un altro 25% doveva far fronte a una situazione precaria, mentre ben il 50% dei nostri istituti di cura era confrontato con cifre rosse sempre più soffocanti. Diverse le cause di questa situazione, che è rimasta tale anche oggi, e che a detta di molti osservatori dovrebbe essere considerata un’emergenza nazionale. Seppur meno elevata rispetto ad altri Paesi, l’inflazione ha colpito anche gli ospedali, già confrontati con un forte aumento dei prezzi dell’energia. Ci sono poi altri fattori di natura più strutturale: l’esigenza di tenere il ritmo degli sviluppi tecnologici e dell’evoluzione scientifica, gli stipendi dei dirigenti amministrativi e dei medici specialisti che in diversi casi superano il milione di franchi all’anno, come di recente ribadito da un’inchiesta della «SonntagsZeitung» e, più in generale, l’aumento del numero di dipendenti e massa salariale, per far fronte anche all’invecchiamento della popolazione.

Un’altra causa di questa ondata di cifre rosse è data dalle tariffe con cui le casse malati retribuiscono le cure

fornite dagli ospedali. Tariffe forfettarie che sono di fatto congelate, ferme al livello che era stato fissato su per giù una decina di anni fa. A detta delle casse un loro aumento porterebbe a un ulteriore incremento dei premi dell’assicurazione malattia, opzione politicamente non attuabile. Con una conseguenza sempre più evidente: i nostri ospedali soffrono di un costante sottofinanziamento, che secondo H+, l’associazione mantello degli ospedali, può arrivare anche al 30% della spesa totale, in particolare per quanto riguarda il settore ambulatoriale.

Dal 2011 è in vigore la nuova legge federale sul finanziamento delle cure, che nell’ottica voluta dal Parlamento avrebbe dovuto portare a una riduzione del numero di ospedali, con i Cantoni chiamati a chiudere gli istituti meno redditizi o perlomeno a unire reparti di ospedali diversi, anche al di sopra dei confini cantonali. In altre parole la nuova legge avrebbe dovuto condurre a una diversa pianificazione ospedaliera, tenendo conto del fatto che la Svizzera dispone di oltre 250 ospedali, un nu-

mero di cinque volte superiore rispetto alle cliniche presenti in Olanda o in Danimarca, Paesi dalla struttura demografica simile alla nostra. Per motivi politici questa pianificazione si è mossa solo zoppicando, questo perché nessun consigliere di Stato responsabile della sanità è pronto a lanciare progetti che implicano la chiusura di ospedali o di reparti. Un passo che con ogni probabilità renderebbe impossibile una sua rielezione e che rischierebbe di pesare anche sulla corsa elettorale del suo partito. Un immobilismo che si è visto in quasi tutti i Cantoni e che ha coinvolto ministri di ogni partito, il colore della casacca qui proprio non conta. I Cantoni continuano così a correre in soccorso delle loro strutture sanitarie coprendo, tranne eccezioni, le perdite che vengono loro presentate. Cifre rosse sempre più ingombranti, a tal punto che non manca chi ipotizza prima o poi l’intervento della Confederazione, in un ambito tradizionalmente di competenza cantonale. Sarebbe una rivoluzione, ma il paesaggio ospedaliero svizzero forse ha bisogno proprio di questo.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 29
Pagina Veduta aerea dell’ospedale di Wetzikon, che è stato messo in moratoria concordataria provvisoria. (Keystone) Roberto Porta

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Ritratto di due novantenni d’eccezione

Italia ◆ Giorgio Armani, milanese di adozione, e Carlo De Benedetti, con la residenza in Svizzera, hanno saputo innovare il loro settore e stupire oltre i confini nazionali

Si avvicinano ai novant’anni due italiani che hanno riempito lo stile e la finanza dell’ultimo mezzo secolo: Giorgio Armani (11 luglio, segno zodiacale cancro), Carlo De Benedetti (14 novembre, segno zodiacale scorpione). Il primo nato a Piacenza e affermatosi a Milano, di cui è diventato il testimonial più prestigioso. Il secondo nato a Torino, autore di felici scorribande affaristiche a Milano e a Roma, con residenza in Svizzera per poter pagare più tasse, così ha recentemente affermato in tv. Armani è un figlio del popolo, medico mancato, benedetto dal proprio talento, di cui all’inizio non si fidava granché al punto di aver atteso i quarant’anni per mettere il proprio nome in ditta. De Benedetti ha avuto un padre ebreo, una madre cattolica, un breve esilio in Svizzera per sfuggire ai nazifascisti, la piccola azienda di tubi metallici del genitore con cui cominciare mettendo nel cassetto la laurea in ingegneria elettronica. Da qui la definizione l’Ingegnere.

De Benedetti ha avuto un padre ebreo, una madre cattolica, un breve esilio in Svizzera per sfuggire ai nazifascisti

Armani è stato vetrinista alla Rinascente, in seguito ha lavorato con Nino Cerruti e lanciato nel ’75 la prima collezione. Pubblico folgorato dalla giacca destrutturata, destinata a rivoluzionare il design: eliminati i supporti interni (imbottiture e controfodere), spostati i bottoni, modificate le proporzioni tradizionali. Le giacche diventano un emblema dell’eleganza italiana. Le donne corrono a comprare i tailleur Armani, che ne scandiscono la scalata nell’olimpo lavorativo.

Trasformata un’oscura società immobiliare, la Gilardini, in una holding di successo, De Benedetti a poco più di quarant’anni viene chiamato da Gianni Agnelli per risollevare la Fiat, di cui diviene azionista. Malgrado un consolidato rapporto con Umberto Agnelli, del quale è stato compagno

di classe, dura poco. Esce dopo quaranta giorni con un cospicuo guadagno e una malcelata insofferenza nei confronti di Agnelli, il primo di una lunga lista che andrà da Berlusconi a Scalfari, dal banchiere Calvi a John Elkan, l’erede dell’Avvocato, fino ai propri figli accusati in tempi recenti d’incapacità e ingratitudine.

In pochi anni Armani attira l’attenzione di Hollywood: nel 1980 disegna i costumi di Richard Gere protagonista di American gigolò. In seguito, una cascata di grandi film muovendosi con assoluto agio tra passato, presente e futuro: Phenomena, Gli intoccabili, Cadillac Man, Ransom. Stabilisce con attori e attrici un rapporto personale: realizza gli abiti di Christian Bale ne Il cavaliere oscuro e Il cavaliere oscuro, il ritorno. Lo stesso avviene con Michael Fassbender e Penelope Cruz ne Il procuratore; con Di Caprio in The Wolf of Wall Street; con Jessica Chastain in 198: indagine a New York. La stessa Cruz, Nicole Kidman, Katie Holmes gli chiedono di disegnare il vestito per il matrimonio. Scorsese lo sceglie come produttore dell’apprezzatissimo documentario sul cinema nostrano, Il mio viaggio in Italia.

di trasformare pure le frenate professionali in moneta sonante. Com’è accaduto con la Fiat, accade con il Banco Ambrosiano – dal quale si sgancia avanti che emergano gli enormi illeciti fino all’assassinio di Calvi – con la Buitoni, con la holding alimentare Sme, con la Societé Generale de Belgique, con Sorgenia, con la Mondadori. Ogni volta contro di lui si muove un fronte compatto e robusto d’inte-

ressi contrari, nei quali compaiono il partito socialista e il suo segretario Craxi. Vengono spesso visti all’opera i proconsoli di Agnelli, di sicuro nasce una contrapposizione totale con Berlusconi. Oltre al destino diverso in Tangentopoli, Berlusconi travolto, De Benedetti arrestato e liberato nel corso della stessa giornata, c’è in ballo la proprietà della Mondadori. Di essa De Benedetti riesce stentatamente a tenere «L’Espresso» e «la Re-

Voglio investire in imprese sostenibili. A cosa devo prestare attenzione?

pubblica» con il contorno dei quotidiani locali. Lo vive come uno scippo e ha ragione: la sentenza, che l’ha obbligato a cedere il gruppo editoriale, è stata comprata dalla Fininvest. Lo sanciscono l’inchiesta della procura di Milano e le sentenze del tribunale che quantificano in oltre mezzo miliardo di euro il danno subito dall’Ingegnere. Lo scontro ha anche profondi motivi ideologici: con la discesa in campo Berlusconi è diventato il campione del centro destra, De Benedetti, massone in sonno, ed ex repubblicano, assurge a campione del fronte progressista, benché rifiuti un impegno diretto in politica.

L’anno scorso Armani, 2203 punti vendita in 46 Paesi, è stato classificato il terzo più ricco d’Italia con un patrimonio di oltre 11 miliardi. Si occupa ancora di sfilate e progetti, occhiali e profumi, e rimane ben saldo al comando della conglomerata, intento a determinarne il futuro quando non ci sarà più. Si spende in iniziative benefiche e di assistenza, sostiene i designer emergenti, quasi mai manca una partita casalinga dell’Armani, l’amata squadra di basket. D’altronde il rapporto con lo sport si è rivelato molto stretto a ogni livello: ha disegnato le divise del Piacenza, del Chelsea, della nazionale inglese di calcio, della rappresentativa azzurra alle Olimpiadi di Londra, della quale è stato sponsor in diverse edizioni dei Giochi. Dopo le felici intraprese di Cir, delle case di cura, dell’Olivetti trasformata in Omnitel e oggi Vodafone, una straordinaria intuizione, di cui fu costretto a privarsi, De Benedetti ha voluto quale ultimo giocattolo un quotidiano corsaro, «Domani». In polemica con i figli, ai quali l’aveva donata, ha persino provato a ricomprarsi «la Repubblica». Respinto, ha vissuto come uno sgarbo la cessione alla Gedi, l’editoriale degli eredi di Agnelli. La fondazione di «Domani» ha rappresentato la sua risposta e il modo migliore di proseguire nell’incrociare le lame con quanti non gli stanno simpatici. Ecco tratteggiate due esistenze creative.

La consulenza della Banca Migros ◆ Particolarmente diffusi sono i cosiddetti criteri ESG: le tre lettere stanno per ambiente, società e conduzione d’impresa (dall’inglese Environmental, Social, Governance)

Prima di tutto rifletta sul tipo di sostenibilità che vuole prendere in considerazione per gli investimenti. Esistono diversi criteri su cui basarsi. Particolarmente diffusi sono i cosiddetti criteri ESG: le tre lettere stanno per ambiente, società e conduzione d’impresa (in inglese Environmental, Social, Governance). In altre parole, sono considerate sostenibili quelle imprese che si assumono la responsabilità per l’ambiente, la società e il proprio operato.

Le imprese con un fattore «impact» elevato vanno oltre, esercitando un effetto positivo dimostrabile sull’ambiente e sulla società. Se la sostenibilità è un argomento che le sta a

cuore, allora è preferibile che investa il suo denaro in imprese di questo tipo. Tuttavia trovare nella giungla delle offerte un investimento sostenibile che corrisponda alle proprie esigenze di sostenibilità non è affatto facile. Infatti la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità richiede tempo e informazioni affidabili. Per questo motivo le consigliamo di parlare delle sue preferenze in materia di sostenibilità anche con un’esperta o un esperto del settore bancario, i quali hanno le conoscenze necessarie al riguardo e accesso ai relativi dati. A seconda del tipo di sostenibilità che intende appoggiare, esistono diversi prodotti d’investimento.

Anche qui è necessario diversificare

Oltre ai criteri di sostenibilità che devono essere rispettati, le imprese selezionate vengono verificate in termini di rendimento, fatturato e posizionamento sul mercato, nonché in funzione dell’inserimento in un portafoglio diversificato. In questo modo il rischio degli investimenti viene diversificato in modo più ampio. Se il suo obiettivo è basato su un unico criterio di sostenibilità, ad esempio su azioni di aziende nel settore dell’energia verde, con il portafoglio corre un ri-

schio più elevato. Se desidera creare un portafoglio azionario in completa autonomia, per la selezione può orientarsi secondo i criteri ESG. I rapporti sulla sostenibilità delle imprese forniscono informazioni importanti: se queste hanno riflettuto sull’effettivo impatto del loro operato sull’ambiente e sulla società.

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 31
Angélique Schweizer, consulente alla clientela presso la Banca Migros ed esperta in tematiche d’investimento. De Benedetti ha la rara abilità Giorgio Armani tra le modelle e, in basso, Carlo De Benedetti. (Keystone/ Wikipedia)

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Il dominio incontrastato del dollaro

Economia ◆ Il peso della moneta americana ha un risvolto benefico (bene-rifugio) ma purtroppo anche degli svantaggi per il resto del mondo, vediamo quali

Il tramonto del dollaro continua a essere auspicato: a Pechino, Mosca, San Paolo del Brasile, Johannesburg. Non sembrano crederci molto, però, risparmiatori e investitori cinesi, russi, brasiliani o sudafricani. La moneta americana è di nuovo in una stagione di forza. Anche troppo forte, perché la sua rivalutazione rafforza fughe di capitali da altre parti del mondo. La spiegazione più diffusa sui mercati è legata a un fatto contingente: dal momento che la Federal Reserve ha rinviato la riduzione dei suoi tassi d’interesse (perché l’inflazione rimane troppo alta), i rendimenti in dollari sono più elevati che in tante altre monete. C’è quindi una convenienza evidente e immediata a investire capitali in America anziché in monete che rendono poco.

Il legame con i tassi della Fed è indubbio. Dietro però ci sono anche dei fattori più strutturali e di lungo periodo, che hanno contribuito a smentire tutte le profezie interessate sul declino del dollaro. La centralità di questa moneta, il suo ruolo economico e anche geopolitico, si misura dal peso dominante che continua ad avere come mezzo di pagamento nel commercio globale. Inoltre resta di gran lunga la principale valuta di riserva detenuta dalle banche centrali di tutto il mondo, incluse quelle di Paesi dichiaratamente antagonisti dell’America. Molte decine di Nazioni estere limitano di fatto la propria sovranità monetaria mantenendo un «aggancio» stabile nella parità di cambio fra la propria moneta e quella statunitense.

Il dollaro resta la principale valuta di riserva detenuta dalle banche centrali di tutto il mondo, anche di Paesi antagonisti degli Stati Uniti

Tutti sono convinti che per adesso il dollaro sia un rifugio sicuro: perché rappresenta l’economia più ricca, la Nazione più potente, ed è la moneta di uno Stato di diritto dove gli investitori sono più tutelati che nei Paesi autoritari. La dimensione dell’economia Usa si affianca a quella dei suoi mercati finanziari, di gran lunga i più liquidi, cioè quelli dov’è più facile comprare e vendere titoli. A riprova che questo infonde un senso di sicurezza: perfino quando Wall Street fu l’epicentro della grande crisi finanziaria del 2008, la paura fece affluire capitali dal mondo intero verso il dollaro che si rivalutò del 26% verso le maggiori monete estere nei 12 mesi successivi a quella crisi. Si parla spesso del ridimensionamento della superiorità americana rispetto a Cina, India, e altri Paesi emergenti. Senza dubbio gli Stati Uniti hanno visto ridursi il proprio vantaggio rispetto alla posizione che avevano alla fine della seconda guerra mondiale. Però il Pil statunitense è tuttora superiore a quello del numero due (Cina), del numero tre (Giappone) e del numero quattro (Germania) sommati insieme. La superiorità degli Usa rispetto all’Europa è andata addirittura aumentando dagli anni Ottanta ad oggi. In quanto a dimensioni dei mercati finanziari, tutti gli altri sono piccoli rispetto a quello americano, sia l’azionario sia soprattutto quello dei Treasury Bond:

i titoli del Tesoro Usa in circolazione hanno raggiunto un valore di 27 trilioni, 27’000 miliardi di dollari. Una superiorità di questo tipo tende ad auto-perpetuarsi, in mancanza di shock davvero fatali. Un precedente è interessante. L’economia americana sorpassò per la prima volta le dimensioni di quella britannica nel decennio 1890, eppure la sterlina inglese rimase la valuta dominante ancora per mezzo secolo. Per spodestarla e sostituirle il dollaro, ci vollero due guerre mondiali, la Grande Depressione, lo smantellamento graduale dell’impero e una crisi debitoria che portò Londra sull’orlo del default. I vantaggi di avere una moneta egemone, quindi universalmente accettata, per l’America sono consistenti. Può indebitarsi senza sentire un vincolo esterno a questo indebitamento altrettanto stringente di altri Paesi. Per la verità il grosso del debito americano è finanziato da creditori domestici, a cominciare dalla banca centrale (Federal Reserve), dalla previdenza pubblica (Social Security) e dall’insieme dei fondi pensione. I creditori stranieri arrivano soltanto dopo, il primo è il Giappone, al secondo e al terzo posto si piazzano Cina e Arabia Saudita. La quota cinese non supera il 5% del totale, contrariamente alla diffusa leggenda sul «potere di ricatto» che Pechi-

no avrebbe attraverso il suo credito verso Washington. Tuttavia è vero che l’abbondante investimento estero nei Treasury Bond e in altri titoli americani, contribuisce ad alimentare di fondi il Paese e indirettamente riduce il costo del denaro anche per le aziende e i consumatori Usa. Questo rischia di spingere l’America a comportamenti irresponsabili: attualmente l’Amministrazione Biden ha aumentato il deficit federale al 7% del Pil e il debito pubblico raggiungerà presto il 130% del Pil. Per il resto del mondo, invece, il dominio del dollaro ha un risvolto benefico (bene-rifugio) ma anche degli svantaggi. Le altre Nazioni subiscono gli effetti della politica monetaria americana e devono tenerne conto. Washington vi aggiunge un uso strategico del dollaro come arma geopolitica: in particolare attraverso il ricorso a sanzioni, come accade contro Russia, Iran, Corea del Nord. Per queste ragioni da tempo i rivali dell’America propongono soluzioni alternative. La Cina cerca di promuovere l’uso del renminbi come mezzo di pagamento con i Paesi con cui commercia di più, c’è riuscita con la Russia. Uno dei luoghi dove si sente denunciare «l’imperialismo del dollaro» è il club dei Brics (Brasile Russia India Cina Sudafrica), che Xi Jinping tenta di trasformare in un

Fra i Libri

contro-G7, l’architrave di un nuovo ordine internazionale antiamericano. Ai proclami non sono seguite trasformazioni significative, l’avanzata dei renminbi cinese e di altre monete come alternativa al dollaro per adesso avviene con estrema lentezza e fra tanti ostacoli.

Una ragione la si può vedere in quel che accade alle principali monete alternative. L’euro avrebbe dei titoli per affermare un ruolo internazionale più importante. Però è una moneta ancora assai giovane rispetto al dollaro, e nel corso della sua breve esistenza è già incappata in una crisi grave come quella del 2011-2012 quando alcuni Paesi furono vicini alla bancarotta sovrana.

L’euro è una moneta ancora assai giovane rispetto al dollaro e nella sua breve storia è già incappata in una crisi grave

Il renminbi ha un deficit di credibilità legato al regime autoritario di Pechino, per cui gli investitori non sono certi che i loro diritti saranno sempre tutelati. Inoltre la Repubblica Popolare non ha ancora abbracciato una completa libertà di movimento dei capitali. Dal 2022 ad oggi il renminbi è in calo del 6% (ma contando la deflazione dei prezzi cinesi la svalutazione reale è del 14%) e questo ha due conseguenze: una, gradita all’industria cinese, è l’aumento della competitività delle esportazioni; l’altra, sgradita, è una fuga di capitali provocata da sfiducia. Perciò le autorità cinesi cercano di limitare la svalutazione del renminbi. Tra l’altro sanno bene che questo deprezzamento fornisce argomenti al protezionismo americano ed europeo. Il Giappone ha un problema analogo, lo yen è precipitato ai minimi ventennali. Questa debolezza è spiegabile con il differenziale dei tassi, Tokyo essendo rimasta a lungo ancorata a una politica di tassi negativi e più di recente un tasso zero. Anche per i giapponesi la svalutazione è un’arma a doppio taglio perché alimenta deflussi di capitali.

Anche io, Jodi Kantor e Megan Twohey, Vallardi, 2023. Il processo ad Harvey Weinstein è da rifare. La revoca del verdetto, avvenuta il 25 aprile scorso alla più alta Corte nello Stato di New York, rovescia la condanna del 2020 a 23 anni per reati sessuali. E sembra dire: un buon avvocato fa miracoli. Questa orribile storia comincia con un articolo dell’ottobre del 2017, pubblicato dalle giornaliste Jodi Kantor e Megan Twohey sul «New York Times». Scintilla del movimento #MeToo, il pezzo denuncia quasi tre decenni di accuse di molestie e abusi perpetrati da Weinstein, il potentissimo produttore cinematografico di Hollywood, esponente dell’establishment del partito democratico, di cui è infaticabile finanziatore. Finora il magnate se l’è sempre cavata grazie ad accordi legali e a un clima di terrore. L’articolo di Kantor e Twohey nasce da un’inchiesta che sarà il nucleo di Anche io, il quale è anche il titolo di un film. Il libro ha avuto infatti un tale successo da trasformarsi in un prodotto cinematografico dallo stesso nome. La regista, Maria Schrader, ha chiesto alle autrici di fare un adattamento per il grande schermo. Nel film appaiono non solo le due giornaliste, ma anche Ashley Judd, la prima attrice a denunciare Weinstein, che interpreta sé stessa.

Prima dell’uscita dell’inchiesta non solo le vittime del magnate, ma anche le autrici sono nervose, perché (come i colleghi Farrow e Carr, che si occupano a loro volta di Weinstein) si sentono osservate. Paranoia? Niente affatto. Il produttore controlla tutti quanti tramite Black Cube, un’agenzia di élite di Tel Aviv che offre l’esperienza di agenti segreti addestrati nelle migliori unità d’intelligence dell’esercito e del Governo di Israele. Tramite tra Weinstein e Black Cube è nientemeno che Ehud Barak, ex premier israeliano. L’agenzia spia, anche tramite una finta vittima, sia l’attrice Rose McGowan (che accusa il produttore di stupro) sia le giornaliste, cercando di fermarle. Kantor e Twohey si avvicinano a molte delle prede di Weinstein, tutte troppo spaventate per confidarsi. Tuttavia l’elenco degli abusi è talmente lungo che, alla fine, le giornaliste riescono a raggruppare una dozzina di donne che accettano di parlare. Durante l’inchiesta emergono ambiguità che definiscono il libro. Per esempio, l’attrice Gwyneth Paltrow è turbata dalla sua involontaria complicità nella strategia di Weinstein. Non è forse usata dal produttore come esempio del «patto col diavolo» (non vuoi avere ciò che lei ha avuto?). C’è poi l’avvocatessa Lisa Bloom, che difende i diritti delle vittime di abusi, che vende l’anima a Weinstein al quale scrive: sono «equipaggiata per aiutarti contro le Rose McGowan del mondo perché rappresento tante di loro». Queste storie appaiono anche nel libro Predatori di Ronan Farrow, recensito in questa rubrica anni fa. A quell’epoca scrivevo che le inchieste di Kantor, Twohey e Farrow «sigillano il fallimento di Black Cube e di Weinstein». Oltre 80 donne molestate dal magnate (incluse attrici come Thurman, Jolie, Paltrow, Hayek, Judd ecc.) erano infatti uscite allo scoperto. Forse mi sbagliavo. Perché se Weinstein per ora resta in galera (nel 2022 è stato condannato a 16 anni per stupro anche a Los Angeles) il suo costosissimo team legale sta lavorando anche in California. Ed è molto fiducioso.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 33
L’edificio della Federal Reserve a Washington. (Wikipedia) Keystone di Paolo A. Dossena

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La guerra fa paura, ma la pace di più

Medio Oriente ◆ Dal 2006 ogni anno, alla vigilia del Giorno della memoria dei caduti, si svolge una cerimonia congiunta israelo-palestinese che mira a superare l’odio e riconoscere il dolore dell’altro. Un seme di speranza spesso incompreso

Sarah Parenzo

«In Israele, essere in lutto per un proprio caro fa parte della tradizione, qualcosa di veramente atroce, ma sacro al contempo. E non avrei mai pensato che un giorno sarei stato uno di loro». Rami Elhanan (Apeirogon, Colum McCann).

Nuova identità nazionale

Ieri sera, alle 19, tutto Israele si è fermato al suono delle sirene che segna l’inizio della Giornata in ricordo dei caduti e delle vittime degli attentati. L’intenzione del legislatore, che ha indetto la commemorazione dei morti di guerra una settimana dopo quella delle vittime della Shoah e il giorno prima della Festa dell’Indipendenza, era evidente sin dall’inizio. All’indomani della fondazione dello Stato di Israele nel 1948, infatti, si lavorava per costruire una nuova identità nazionale che sostituisse l’immaginario diasporico dell’ebreo passivo e subordinato alla volontà mutevole delle Nazioni ospitanti, con l’israeliano sovrano all’interno dei confini del proprio Stato che egli è in grado di difendere anche con l’utilizzo della forza. Il messaggio era chiaro: la drammatica disfatta subita in diaspora, e culminata nello sterminio di sei milioni di ebrei durante la Shoah, non si sarebbe mai più ripetuta grazie alla nuova patria e al suo apparato di difesa, noto per essere tra i più potenti e sofisticati del mondo.

Vittime come vacche sacre

Con il passare degli anni, il moltiplicarsi delle guerre e degli attentati terroristici, dovuti anche alle politiche degli stessi Governi israeliani, non si è fatto altro che alimentare la narrativa dell’eroe la quale celebra acriticamente le vittime come vacche sacre della società. Questo spiega anche come, dopo sette mesi, la guerra in Medio Oriente riscuota ancora consenso presso molta parte della popolazione civile ebraica. Morti, feriti, migliaia di civili sfollati, ostaggi, la riprovazione internazionale, la crisi economica e il degrado della salute mentale, niente sembra sufficiente per invertire seriamente la rotta perché, benché la guerra faccia pau-

ra, per qualche motivo all’inconscio israeliano la pace deve apparire ancora più spaventosa. In attesa che i tempi siano maturi per l’intera società, vi sono tuttavia singoli e associazioni che, avendo compreso che la pace è davvero l’unica soluzione percorribile per garantire la sicurezza di entrambi i popoli nel lungo periodo, lavorano incessantemente per spianarle il terreno. Per alcuni di loro, purtroppo, il «risveglio» è avvenuto in modo drammatico, come nel caso dei membri del Parents circle – family forum, un’organizzazione congiunta israelo-palestinese che dal 1995 raccoglie oltre 600 famiglie che hanno perso un familiare a causa del conflitto in corso. Il primo incontro tra palestinesi di Gaza e famiglie israeliane in lutto ha avuto luogo nel 1998 e da allora l’associazione si prodiga per influenzare l’opinione pubblica e i decisori politici allo scopo di prevenire il lutto e promuovere dialogo, tolleranza e riconciliazione.

Una narrazione diversa

Dal 2006 uno dei loro eventi di maggiore impatto è proprio la cerimonia

congiunta israelo-palestinese che si svolge ogni anno alla vigilia del Giorno della memoria dei caduti. La scelta di questa data mira a trasmettere a entrambe le parti il messaggio che la guerra non è un destino predeterminato, bensì solo una scelta umana, invitandole a riconoscere il dolore dell’altro per coltivare i semi della speranza. Promossa insieme al movimento Combatants for Peace e a intellettuali di spicco, la cerimonia oggi attira migliaia di persone ma, proprio tale visibilità mediatica l’ha resa bersaglio di manifestazioni e tentativi da parte di politici e movimenti della destra fanatica di annullare l’evento o disturbarlo.

Dolore che avvicina

Del Forum fanno parte anche l’israeliano Rami Elhanan e il palestinese Bassan Aramin, le cui tragedie personali sono state narrate con estrema sensibilità dallo scrittore Colum McCann nel suo libro Apeirogon (Feltrinelli 2021). Dopo aver perso le loro rispettive figlie, Smadar di 13 anni, vittima di un attentato suicida avvenuto nel 1997 nel centro di Gerusa-

lemme, e Abir di 10, uccisa nel 2007 dal proiettile di gomma sparato da una guardia di frontiera attraverso la feritoria di una jeep, i due uomini hanno scelto di dare un senso alla soffrenza girando il mondo insieme per raccontare incessantemente la loro storia: «Sono Rami Elhanan, il padre di Smadar», «Sono Bassam Aramim, il padre di Abir».

Accusa di tradimento

Bassam viene accusato di normalizzazione, Rami di tradimento, entrambi di sfruttare i loro lutti privati, ma la verità è che sono loro i veri eroi che tentano di usare il comune dolore come arma per la pace, combattendo la violenza dell’occupazione che rende il nemico invisibile o demoniaco. Questi padri straziati vengono accolti da anni in tutto il mondo e lo scorso marzo sono stati ricevuti con profonda empatia anche dal Papa. Solo in Israele la loro partnership è ancora un tabù, come dimostra la lenta e osteggiata pubblicazione del libro di McCann che ha faticato a trovare una casa editrice per la traduzione ebraica che, anche

dopo la recente pubblicazione, ha incontrato non poca ostilità da parte delle autorità che hanno cercato di annullarne le presentazioni. Nel frattempo nei mesi scorsi la moglie di Rami, Nurit Peled, filologa e ricercatrice, si è dimessa dalla docenza a Gerusalemme dopo aver subito persecuzioni politiche a causa di un post da lei pubblicato su Facebook il 7 ottobre. Sembra un paradosso che una madre che ha pagato il prezzo di perdere una figlia in un attentato terroristico venga accusata di tradimento dal proprio Paese solo perché cerca di comprendere le ragioni della controparte. Eppure non c’è altra via per chi ha aperto gli occhi, e l’unica è sperare che prima o poi anche gli studenti israeliani delle università sceglieranno di onorare i caduti manifestando per la pace, invece di contribuire con il silenzio a rimpinguare le fila dei morti a venire. Sempre a causa del clima repressivo che si respira dal 7 ottobre, per motivi di sicurezza ieri sera la cerimonia congiunta del Family Forum si è tenuta via internet ma, proprio per questo, ha potuto essere seguita in tutto il mondo. La pace è ancora impopolare, ma saprà farsi strada.

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Verso la fine del regno conservatore

Gran Bretagna ◆ Le recenti elezioni amministrative hanno dato un segnale chiaro e il premier Rishi Sunak deve correre ai ripari

Disfatta Tory, sorpasso Labour, avanzata Lib-Dem e la riconferma del laburista Sadiq Khan per uno storico terzo mandato come sindaco di Londra. È l’esito in pillole delle ultime elezioni amministrative in Inghilterra che hanno visto il rinnovo di 107 Consigli comunali e l’elezione di 10 sindaci, oltre a quello della capitale britannica. Anche le suppletive tenutesi contestualmente a Blackpool South dopo le dimissioni del deputato conservatore Scott Benton hanno punito i Tories, restituendo ai laburisti il seggio perduto nel 2019, con un’emorragia del 26% di voti da un partito all’altro.

È un duro colpo per il premier Rishi Sunak, che non più tardi del prossimo 17 dicembre dovrà indire le elezioni politiche e tentare di recuperare consensi in un lasso di tempo molto breve. Una battaglia persa. Una lotta contro il tempo per contrastare un esito ormai annunciato: la fine di 14 anni di regno conservatore. Con la perdita di quasi della metà dei seggi, i conservatori hanno registrato infatti la più cocente sconfitta elettorale degli ultimi 28 anni. Un crollo di popolarità simile non si vedeva dagli anni Novanta infatti, quando la debolezza del partito non a caso preparò il terreno all’ascesa stellare di Tony Blair. Con la perdita di quasi la metà dei seggi, i conservatori hanno registrato la più cocente sconfitta elettorale degli ultimi 28 anni

Anche se le amministrative non sono una proiezione infallibile di quanto accadrà sul piano nazionale, una cosa è certa: dopo David Cameron, Theresa May, Boris Johnson, Liz Truss e Rishi Sunak, il prossimo inquilino di Downing Street cambierà colore. Non stupisce pertanto che Keir Starmer, leader dell’opposizione e fautore della rimonta Labour, faccia pressione per lo scioglimento del Parlamento e un ritorno alle urne. «A prescindere dal partito politico di appartenenza, è imperdonabile per chi è stato al Governo lasciare il proprio Paese in condizioni peggiori di come lo ha trovato», ha scritto Starmer sul domenicale «The Observer», invitando Sunak «a mettere per una volta davanti l’interesse del Paese e indire le elezioni».

L’organigramma del potere locale inglese esce ridisegnato dalle amministrative, con i laburisti al primo posto che portano a casa 1158 consiglieri comunali, guadagnando così 186 seggi; i Lib-Dem che per la prima volta dal 1996 superano i conservatori, assestandosi al secondo posto con 522 consiglieri e 104 seggi in più rispetto alle elezioni precedenti e i conservatori in terza posizione con appena 515 consiglieri eletti e 474 seggi persi. Anche i partiti minori come i «green» o candidati indipendenti hanno guadagnato consensi, seppure in misura più marginale. I verdi, in particolare, hanno conquistato 74 seggi in più, di cui 10 nel solo consiglio comunale di Bristol dove per un soffio hanno sfiorato per la prima volta la maggioranza.

I Labour sono anche riusciti a strappare la roccaforte Tory di Westmidlands, che comprende Birmingham, la seconda città del Regno Unito per dimensioni. Richard Parker ha infatti scalzato, seppure con

un distacco di soli 1508 voti, il popolare Andy Street, che governava il distretto amministrativo dal 2017. A contribuire alla caduta di Street – denominato da alcuni come il più potente dei conservatori fuori da Westminster – ha probabilmente contribuito anche alla candidatura nella sua circoscrizione di Reform UK, la formazione di stampo nazionalista di Nigel Farage e Richard Tice nata dalle spoglie del Brexit Party, che sta erodendo ai Tory i voti dell’ala destra del partito. Pur avendo ottenuto solo due seggi, Reform ha infatti sottratto suffragi ai Tory in tutti i collegi dove era presente. Cosa succede adesso? Un cambio di leadership alla guida del partito di Governo ormai è fuori discussione poiché tardivo. Inoltre languono le alternative: Penny Mordaunt, attuale leader della Camera dei Comuni e favorita alla successione, non riscuote abbastanza fiducia. Persino Suella Braverman, controversa ex ministra dell’Interno e acerrima rivale di Sunak, al quale non ha perdonato di averla costretta alle dimissioni lo scorso anno, non pensa che il premier debba essere sostituito. «Non c’è là fuori un super-uomo o una super-donna che possa cambiare il corso delle cose in così poco tempo», ha dichiarato Braverman. «Rishi Sunak ci governa da 18 mesi e la situazione è una diretta conseguenza delle sue decisioni. Deve assumersene la responsabilità e risolverla», ha sottolineato l’ex ministra, invitando l’inquilino di Downing Street a spostare più a destra il baricentro del partito, ponendo un tetto ai migranti e ritirando l’adesione del Regno Unito dalla Convenzione di Ginevra sui diritti umani. Sunak si trova ora ad un bivio: attrarre le simpatie dell’elettorato più destrorso a rischio di confluire o già confluito in Reform UK; o riavvicinare i moderati, che a questa tornata elettorale hanno preferito votare Lib-Dem o addirittura Labour. Una decisione non facile, che in un verso o nell’altro provocherebbe sicuramente uno scisma interno al partito, nel quale abitano due anime. Per il momento dunque il primo ministro nicchia, agitando lo spettro alle prossime elezioni del cosiddetto «hung Parliament», ovvero di un Parlamen-

to senza una chiara maggioranza di governo, stante l’attuale frammentazione del voto. Infatti, secondo le analisi di esperti come il politologo Michael Thrasher e il direttore della campagna Tory, Isaac Levido, i risul-

tati delle ultime amministrative – se riprodotti su scala nazionale – mostrano un vantaggio Labour meno marcato di quanto era stato previsto.

Il partito di Starmer avrebbe ottenuto infatti a livello locale l’equi-

valente del 34% dei voti a fronte del 27% dei Tory, con uno scarto ben inferiore ai 20 punti percentuali sbandierati dai sondaggi. Un risultato analogo alle politiche obbligherebbe i laburisti a dare vita ad un Governo di coalizione, in mancanza di una maggioranza assoluta. E gli elettori di certo non vogliono vedere Keir Starmer «sospinto a Downing Street da SNP, liberal-democratici e verdi», ha dichiarato sibillino Sunak all’indomani della sconfitta, consapevole dell’antipatia dei sudditi per siffatti Governi.

È davvero così? Secondo John Curtis, autorevole professore di politica presso la Strathclyde University, non è detto. Alcuni elettori (circa uno su cinque) votano in maniera diversa alle amministrative rispetto alle politiche. Alle locali i candidati indipendenti inoltre riscuotono un discreto successo a differenza di quel che succede sul piano nazionale. Infine non bisogna dimenticare che la battaglia politica in Scozia dove i laburisti potrebbero insidiare il primato del Partito Nazionalista Scozzese (SNP) – al centro di controversie da un anno a questa parte prima con l’uscita di Nicola Sturgeon e più recentemente con quella di Humza Yusaf e l’elezione del nuovo premier John Swinney – potrebbe avere a Westminster rilevanti conseguenze elettorali.

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SALUTE

Cura dei denti

2500 anni di pulizia dei denti

Dai rami masticati e dalla polvere d’osso all’odierno spazzolino da denti in nylon. La lunga storia della cura dei denti

Testo: Rahel Schmucki

Prime cure dentistiche

Già nel IV secolo a.C., gli abitanti dell’antico Egitto utilizzavano i rami dell’albero di arak, oggi noto anche come albero dello spazzolino, per la cura dei denti. Prendevano un ramoscello e lo masticavano finché non si sfilacciava a un’estremità. Ne derivò una sorta di spazzolino per pulire i denti. Il legno conteneva addirittura fluoruri naturali. Questa igiene dentale è praticata ancora oggi in alcuni Paesi arabi e africani ed è chiamata Miswak o Siwak.

Dalle ossa e dalla cenere

Dall’antica Roma sono note diverse ricette della cosiddetta polvere per denti. Una di queste è stata riportata nell’opera Naturalis historia: per la preparazione è necessaria una miscela di ossa, corno o conchiglie in polvere che deve essere bruciata fino a diven-

E tu come ti lavi i denti?

Nel 1949, esattamente 75 anni fa, la Migros ha aggiunto il primo dentifricio al suo assortimento. È così che è nato Candida. È stata soprattutto la cattiva salute dentale del dopoguerra a spingere la Migros a fare questa scelta. Candida è oggi uno dei dentifrici più venduti in Svizzera. Nel 2023 sono stati venduti oltre 6,5 milioni di tubetti. I 21 prodotti vengono sviluppati dall’azienda M-Industrie Mibelle. Il dentifricio è stato uno dei primi prodotti dell’azienda.

tare cenere. Serviva come fosse un abrasivo per rimuovere dai denti i resti di cibo appiccicosi. Per migliorare il sapore, l’autore Plinio il Vecchio raccomandava di aggiungere bicarbonato di sodio e mirra.

Dentifricio a base di menta e sale

Oltre allo spazzolino, i medici dell’antico Egitto cercarono anche una ricetta per mantenere i denti bianchi e sani. Gli storici hanno trovato istruzioni per produrre un tipo di dentifricio risalenti al IV secolo d.C. La traduzione del testo in greco antico è: «1 parte di sale grosso, 2 parti di menta poleo, 1 parte di iris, 20 grani di pepe». Questa pasta veniva poi strofinata sui denti e sulle gengive con un panno, un dito o un ciuffo d’erba.

Igiene orale in India: il bastoncino chiamato Miswak funziona come uno spazzolino da denti.

Il primo spazzolino

Il primo vero e proprio spazzolino da denti è stato rinvenuto in Cina. Era fatto di setole di maiale e venne prodotto tra il 619 e il 907 d.C., durante la dinastia Tang.

L’ideale di bellezza nel Medioevo

Nel Medioevo l’igiene orale veniva un po’ trascurata, soprattutto tra le classi inferiori, anche se i denti bianchi erano ancora considerati l’ideale di bellezza. Dal XII secolo si tramanda una raccomandazione del medico e scrittore salernitano Bartolomeo: «se vuoi sbiancare i denti, prendi la radice della lenticchia, raschia la corteccia e strofina con forza i denti per sbiancarli. Se questo non dovesse servire, brucia una pietra pomice fino a ridurla in polvere e prendi il guscio in cui si trovano le noci, fallo seccare e strofina con forza i denti con entrambi, in modo che diventino belli e bianchi come il marmo».

Un dentifricio con miele È noto che in Inghilterra, nel XIV e XV secolo, si usava un detergente per denti a base di miele, sale e farina di segale.

La regina dai denti neri I denti bianchi non sono sempre stati un ideale di bellezza. Nel XVI secolo in Gran Bretagna era considerato di moda farsi colorare i denti di nero. La regina Elisabetta I che aveva denti completamente marci (cioè neri) a causa del suo enorme consumo di zucchero fungeva da modello. All’epoca lo zucchero arrivava in Europa in grandi quantità grazie alla produzione di zucchero di canna oltreoceano.

Le sofferenze del Re Sole Nel XVII secolo i medici francesi concordarono con il Re Sole Luigi XIV che i denti dovevano essere rimossi dalla bocca reale, fintanto che

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 42
Immagini: «Anonymous» Vanessa Redgrave, 2011, ph: Reiner Bajo/©Columbia Pictures/courtesy Everett Collection Images
Candida compie 75 anni

SALUTE

Cura dei denti

Lavarsi i denti a Parigi intorno al 1899: con lo spazzolino, ma ancora senza acqua corrente

erano sani. Al re vennero estratti così i denti senza anestesia e nel fare ciò gli venne rotta addirittura anche una una parte del palato. Da quel momento in poi il re ebbe grandi difficoltà a mangiare e a bere, ma l’importante era che non avesse denti guasti.

Il sapone per i denti

A partire dalla metà del XIX secolo si è utilizzato il sapone per la pulizia dei denti. Per eliminare il sapore di sapone, si aggiungevano menta piperita, mentolo, ma anche zucchero e miele.

Il primo filo interdentale

Un dentista di New Orleans inventò il filo interdentale nel XIX secolo. Inizialmente era ancora in cotone.

La prima pasta

A metà del XIX secolo l’inglese Washington Sheffield inventò una prima forma dell’attuale dentifricio. A questo scopo utilizzò la glicerina che gli permise per la prima volta di trasformare la polvere dentale in una pasta.

Elettrico

Lo spazzolino elettrico è stato inventato negli Stati Uniti nel 1939, ma è diventato popolare solo negli anni ’60, quando è stato possibile produrlo a livello industriale.

Cure dentali per ogni esigenza

Nel XX secolo il mercato ha sviluppato sempre più dentifrici per soddisfare le diverse esigenze dei clienti: per sbiancare i denti, per combattere i disturbi gengivali o per i denti sensibili. Migros ha lanciato la propria marca Candida nel 1949.

E oggi?

Anche nel nostro secolo il viaggio non è ancora finito. Oggi esistono spazzolini elettrici a ultrasuoni, con sensori di pressione o connessione Bluetooth a un’app che analizza il processo di pulizia.

Pulizia ecologica: uno spazzolino da denti di legno e un cosiddetto bastoncino miswak o siwak

Dentifricio in barattolo

Nel 1873 l’azienda Colgate vendette il primo dentifricio prodotto in serie, in un barattolo. La maggior parte della gente utilizzava però ancora il dentifricio di propria produzione.

Finalmente il nylon

Per trovare lo spazzolino perfetto si è sperimentato a lungo con peli di animali diversi. Il nylon è stato inventato solo negli anni ’50 e si è rivelato il prodotto perfetto per la pulizia dei denti. Tuttavia, questo nuovo spazzolino non era proprio a buon mercato, poiché all’inizio il nylon non poteva essere prodotto industrialmente.

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CULTURA

Il carteggio di una donna inquieta Una pubblicazione raccoglie il ricco epistolario di Luisa Maumary Blondel d’Azeglio, nipote acquisita di Alessandro Manzoni

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Storia di una generazione fragile Intervista alla regista Pauline Jeanbourquin che al Festival Visions du Réel ha presentato Feu Feu Feu, il suo primo lungometraggio

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Concerti dei Serviti

Dopo una prima edizione che ha registrato il gradimento del pubblico, a Mendrisio a partire da giugno tornano i Concerti dei Serviti

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Una Biennale dedicata al Sud del Mondo

Arte ◆ Con il titolo di Stranieri ovunque, quest’anno la rassegna veneziana è curata dall’artista brasiliano Adriano Pedrosa

Bellei

C’è chi scrive per mestiere, chi per necessità, chi per noia. C’è chi riporta il pensiero altrui, chi ne elabora uno suo, chi riporta unicamente la cronaca spicciola. Infine c’è chi scrive perché è parte in causa. Quest’anno la Biennale di Venezia si intitola Stranieri ovunque. Per uno «strano» caso io sono uno straniero (vengo da Bologna), dipingo (sono un operaio del pennello) e scrivo (dalle scuole medie). Un’occasione unica.

Nel 1983 su questo giornale ho pubblicato un pezzo intitolato Tutti gli operai sono stranieri. Analizzavo il primo tentativo internazionale di definizione del concetto di straniero durante la Conferenza dell’Avana del 1956. Sono state enunciate le basi per definirne l’argomento e, in seguito, regolarne le discipline da adattare alle legislazioni dei singoli paesi. In sintesi, ridurre al minimo la concorrenza degli stranieri con i nativi, razionalizzando e livellando i salari, controllare la sicurezza sociale e accentuare la mobilità. Privilegiare le similarità invece che le differenze e soprattutto integrare l’immigrato nella nuova realtà. H. Tzaut, Capo del segretariato della Commissione consultiva per il problema degli stranieri, scrive che «in Svizzera lo straniero deve conformarsi all’ordine giuridico e sociale stabilito e adattarsi al nostro modo di vivere». «Restare o andarsene… Gli ho detto di restare quando lui voleva andarsene; gli ho detto allora di andarsene quando lui voleva restare. Gli ho detto di andarsene, lui voleva restare; gli ho detto di restare, lui voleva andarsene». Così canta il narratore cabilo Sliman Azzem. Vi racconto quindi il mio percorso veneziano.

I Giardini

Iniziamo con una considerazione: dal 2003 a oggi l’affluenza di visitatori alla Biennale è aumentata esponenzialmente anno dopo anno. Nel 2003, con la curatela di Francesco Bonami, i visitatori sono stati 260’000. Nel 2022, curatrice Cecilia Alemani, sono stati 800’000. Considerato lo spropositato numero di addetti ai lavori presenti alla preapertura si suppone quest’ultima una Biennale da record.

Detto questo la facciata del padiglione centrale dei Giardini si presenta molto colorata, satura di immagini. Realizzato dal gruppo brasiliano MAHKU (Movimento dos Artistas Huni Kuin), il gigantesco dipinto racconta la storia di kapewë pukeni (il ponte alligatore). Il passaggio degli uomini fra il continente asiatico e quello americano. Un alligatore si offre di trasportarli in cambio di cibo. Il viaggio è lungo e il cibo diminuisce

Il curatore

Curatore di questa Biennale è il brasiliano Adriano Pedrosa. Laureato in legge con master in Arte e scrittura, dal 2014 dirige il Museu de arte de São Paulo in Brasile. Il primo curatore che si identifica come queer, oltre che come straniero. Una volta gli artisti erano ammirati se anarchici o scapigliati, oggi, e lo sarà sempre maggiormente in futuro, sta diventando di moda e fa molto cool dichiararsi queer (strano; che si muove all’interno di diverse sessualità). Il filo conduttore della Biennale è dunque rappresentato dagli artisti migranti (108,4 milioni i migranti forzati nel 2022 secondo l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e quelli queer, folk, diasporici o outsider. Due gli elementi prevalenti che caratterizzano gli artisti presenti: l’utilizzo del tessile e i legami di sangue o matrimoniali, soprattutto fra gli indigeni. Una Biennale dedicata per la prima volta al Sud del Mondo che capovolge il paradigma, o la realtà ideale, che l’arte sia unicamente quella occidentale e soprattutto quella che deriva da concetti filosofici che partono dalla Grecia antica per attraversare l’Illuminismo.

così gli uomini cacciano un piccolo alligatore tradendo la fiducia del grande alligatore che si inabissa in mare. Il viaggio inizia con i dipinti del nucleo storico dedicato alle astrazioni e poi dipinti, dipinti, dipinti. Molti naïf, altri semplicemente banali; alcuni però di ottima fattura come quelli di Giulia Andreani (1985) un’artista veneziana che vive a Parigi. La sua opera parte dagli archivi fotografici delle donne per rimuoverli dall’amnesia generale. Acquarelli su carta di grandi dimensioni, precisi dettagliati, in bianco e nero.

Louis Fratino (New York, 1993) dipinge corpi maschili nella loro intimità e tenerezza. Contrappone l’immagine della famiglia tradizionale a quella LGBTQ+ attraverso una figurazione omoerotica come in Kissing my foot: una scena feticista molto delicata. Per la Biennale realizza una serie di opere di grande impatto.

Le sale migliori sono senza dubbio quelle dei ritratti. Citiamo Chua Mia Tee (1931), artista cinese che vive a Singapore. Le sue opere sono forse quelle maggiormente iconiche del Paese, come per esempio Road Construction worker del 1955, un olio su tela che rappresenta un manovale seduto a terra a torso scoperto e a piedi nudi. Si notano le vene delle brac-

cia e le gocce di sudore sul viso. Lo sguardo «struggente quasi a implorare compassione». Affandi (1907-1990) è un indonesiano che inizia a pitturare negli anni Trenta. Durante la Guerra di indipendenza (1945-1950) è attivo nel movimento guerrigliero. Realizza molti autoritratti. Durante una sua personale a Singapore nel 1975 ne crea uno sul posto. Un autoritratto strepitoso con fili gialli, verdi e rossi che formano i tratti del viso. Barrington Watson (Giamaica, 1931-2016) realizza dipinti sulla cultura del proprio Paese. In The Conversation vediamo tre giovani donne in gonna, foulard e camicia dai colori delicati che stanno conversando in una posizione chiastica.

L’Arsenale

All’ingresso dell’Arsenale, come pure nel Bacino Nord, troviamo le sculture al neon di Claire Fontaine che ispirano il titolo della Biennale stessa, Stranieri ovunque, declinato in 53 lingue differenti. Claire Fontaine è un collettivo artistico fondato a Parigi nel 2004. Opera attraverso i suoi due assistenti: Fulvia Carnevale e James Thornhill. Il nome è un richiamo a Marcel Duchamp e al suo

orinatoio intitolato Fontaine e a una marca francese di quaderni scolastici. Le scritte al neon derivano dal lavoro di un collettivo anarchico che lottava contro la xenofobia nella Torino degli anni Duemila. Amanda Carniero nel catalogo della Biennale scrive: «l’opera vuole dimostrare che ciascuno di noi può essere, o è stato straniero rispetto a qualcosa o a qualcuno in qualche momento della propria vita». Nel primo grande salone dell’Arsenale troviamo il lavoro del Mataaho Collective, premiato con il Leone d’Oro 2024. Fondato nel 2012 in Nuova Zelanda è composto da artiste māori che valorizzano le loro tradizioni. Takapau, l’opera premiata, realizzata nel 2022 richiama le stuoie tessute e finemente intrecciate che tradizionalmente vengono usate nelle cerimonie e in particolare durante il parto. Il Takapau celebra la nascita, come transizione fra luce e buio.

Poi una sfilata di dipinti, qualche video e alcune sculture. Da segnalare l’opera di Julia Isídrez (Paraguay, 1967). Ceramista guaraní, propone l’opera Grito de libertad del 2019. Il lavoro di ceramista viene tramandato da madre a figlia e Isídrez realizza dei vasi fantasmagorici a volte barocchi altre austeri.

Debbo dire che due anni fa presentando il Padiglione Ucraina su queste pagine, mai avrei pensato che la guerra di aggressione russa sarebbe durata tanto. A questo punto ritengo che, al di là della miriade di offerte artistiche in atto nella città lagunare, un pellegrinaggio al Padiglione della nazione martoriata sia d’obbligo. Olena Zelenszka all’inaugurazione in un videomessaggio ha detto: «La bellezza e l’antichità dell’Ucraina vengono distrutte ogni giorno, non dalle forze della natura, ma dall’intervento criminale dell’aggressione… Stiamo tutti tessendo reti mentali per cercare di legare insieme le nostre vite che sono state strappate dall’attacco russo». Il piccolo spazio presenta 15 artisti neurodivergenti, pratiche tradizionali di sartoria domestica, video d’archivio prima e durante l’invasione russa e un’indagine sugli stereotipi e le aspettative imposti ai rifugiati europei. Al momento della stesura di questo testo il Padiglione di Israele, per volere dell’artista e delle curatrici, rimane chiuso fino al rilascio degli ostaggi israeliani in mano ai terroristi di Hamas e fino al cessate il fuoco.

Dove e quando Stranieri ovunque, Biennale di Venezia, ai Giardini e all’Arsenale fino al 24 novembre. Tutti i giorni 11.00-19.00; solo all’Arsenale ve e sa fino alle 20.00. www.labiennale.org

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 45
Gianluigi Pagina MAHKU, Kapewe Pukeni [Bridgealligator], 2024, Site-specific installation. (Andrea Avezzù, Courtesy: La Biennale di Venezia)

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Luisa d’Azeglio, penna puntuta e narratrice vivace

Pubblicazioni

Marta Morazzoni

Queste le impressioni di una lettrice inesperta di epistolari, ammirata dalla capacità certosina dei curatori, Aurelio Sargenti e Georges Virlogeux, di entrare nel merito dei sottintesi, delle cose alluse e delle verità velate che un carteggio adombra. In questo caso e di fronte a un personaggio così sfaccettato è stato facile farsi prendere dalla curiosità. Il personaggio in questione è Luisa Maumary Blondel d’Azeglio (qui a lato ritratta da Eliseo Sala): il crescendo rossiniano dei cognomi è di per sé un invito ad avventurarsi nella storia della tante Louise: così era definita nell’ambito della famiglia Manzoni, ambito complesso, dove le cose si fanno intricate, i grovigli infittiscono, le relazioni si complicano, quasi in opposizione al nitore della scrittura del grande romanziere.

Il carteggio, circa 500 lettere, racconta la storia di una donna inquieta, irretita nelle maglie di un nucleo familiare tenace e fragile: un ossimoro efficace

Ma chi era costei? Luisa, nata a Milano nel 1806, è figlia di un industriale della seta di origine svizzera piovuto a Milano a incrementare la sua fortuna, e di una Blondel, la maggiore della famiglia e sorella prediletta di Henriette (prima moglie di Alessandro Manzoni). Così siamo entrati a pieno titolo nella casa di via del Morone. Ma c’è un valore aggiunto, il matrimonio della 17enne Luisa con il fratello più giovane della mamma, Henri Blondel. Una consanguineità forte, ma chi pensasse a un gioco di interessi per non disperdere i patrimoni di famiglia si sbaglierebbe: se mai ci fu una storia d’amore fu quella tra la giovanissima Louise e lo zio 28enne.

La felicità sulla Terra, Manzoni ce lo ricorda, dura poco. Sette anni di amore coniugale e Henri muore nel 1830, lasciando la moglie ancora bella, giovane e desolata. Tanti e qualificati i corteggiatori che discretamente ne rispettano il lutto, ma non per questo rinunciano a sperare; la fine dell’attesa, cinque anni dopo, sarà quanto meno sorprendente: a Klagenfurt nell’agosto del 1835 Luisa sposa Massimo Taparelli marchese d’Azeglio, vedovo a sua volta, e ve-

dovo recente, di Giulietta Manzoni, la primogenita di Alessandro e nipote (e cugina) di Luisa, che in questo modo sposa il nipote e cugino acquisito. Meriterebbe un romanzo!

I tre cognomi infine declinati raccontano la tela di ragno di una vita tessuta con un filo così ritorto! Una vita complessa. Il carteggio, circa 500 lettere (corredate da note puntualissime e indispensabili) dal 1820 fino al 1871, poco prima della morte di Luisa, racconta la storia di una donna inquieta, irretita nelle maglie di un nucleo familiare tenace e fragile: un ossimoro efficace.

Sono lettere molte belle. A cominciare dalla forma, perché anche là dove ci sono sbavature grammaticali, e ce ne sono!, è lo specchio di un tempo in cui la corrispondenza epistolare è un’arte molto praticata. Lo stile è duttile e si piega alla necessità: diritto al punto e imperativo quando si tratta di dialogare col mezzadro; un florilegio di parole, di coloriture e di finezze nel corrispondere con la famiglia e gli amici, e qui il catalogo sarebbe lungo e fitto di nomi celebri. Sembra di sentire i toni e i semitoni delle voci, i sussurri salottieri da dietro il ventaglio e le dichiarazioni ostentate di affetto, di amicizia. Di condivisione. «Povero» «pauvre» (la lingua francese abbonda in questo epistolario) sono gli aggettivi che ricorrono con più frequenza. Sinceri sempre? Certo, soprattutto quando sottendono insinuazioni critiche: si ammira e compassiona il marito paziente per rimarcare il cattivo carattere della moglie! e nella penna puntuta di Louise il gioco viene fuori agile e appena venato di malizia.

Donna inquieta: i suoi spostamenti oggi sarebbero risibili, allora denunciavano una agitazione faticosa: da Milano a Firenze, a Lucca, a Pisa, al mare, e lei, in questo vagabondare, mai del tutto a suo agio. Generosa sempre, anche con non pochi contrasti: è zia e matrigna di Rina, la figlia di primo letto del d’Azeglio, nei suoi soggiorni in Toscana ospita le due ragazze Manzoni, la fortunata Vittoria e «la pauvre» Matilde. Qui, nella regione più liberale al tempo dei primi fermenti risorgimentali e in piena passione politica, Luisa incontra Giuseppe Giusti. Il loro carteggio, che lascia un mare di dubbi sulla verità o meno di una relazione tra i due, mette in luce la personalità del poeta toscano. È un piacere correre sul

filo dell’ironia e della leggerezza e profondità di scrittura e di pensiero dell’artista che di solito confiniamo nella poesia Sant’Ambrogio.

Per Luisa però è dominante la disillusione del secondo matrimonio: 31 anni di vite separate, con d’Azeglio richiamato più dalla politica che dalla moglie, e non meno distratto dalle sollecitazioni seduttive del mondo femminile di cui è attento e non neutro osservatore. La gelosia non illeggiadrisce, e Luisa vive una specie di vedovanza irritata, sospesa tra attese e disillusioni, tra liti e momenti di ammirazione per le qualità dell’uomo politico e del letterato. Non più del

marito. Una cosa ancora condividono, la speranza di un’Italia libera. La partecipazione agli avvenimenti dal ’48 in poi, e ancora prima alla loro incubazione, è raccontata nelle lettere con una passione di patria che oggi possiamo appena immaginare: quello che a noi pare retorica romantica è carne viva e attesa trepida che le cose cambino. Basta leggere la lettera in cui lei racconta al marito la partecipazione della Milano patriottica alla gioia per la costituzione concessa da Ferdinando a Napoli. È una gioia per così dire muta, sotto lo sguardo cupo del governo austriaco che non può nulla contra i milanesi, popolo e no-

biltà, che, con un passa parola e per tacito accordo, si riuniscono in Duomo alla messa di mezzogiorno, a ringraziare Dio di quel che è successo a Napoli. E poi a mangiar maccheroni per solidarietà con i napoletani! Qui Luisa è una narratrice vivace, l’amor di patria sovrasta le piccolezze quotidiane e la donna generosa vince le amarezze personali per farsi parte di una storia più grande.

Bibliografia

Luisa Maumary Blondel d’Azeglio: Carteggio. A cura di G. Virlogieux e A. Sargenti. Ed. Centro Studi Manzoniani, Milano, 2024.

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Feu Feu Feu, ritratto di una generazione

Cinema ◆ Intervista alla regista Pauline Jeanbourquin che al Festival Visions du Réel di Nyon ha presentato il suo lungometraggio

Dopo due intriganti cortometraggi: La séance de 15H (2017) che parla di un gruppo di assidui cinefili e Crépuscule (2018) nel quale mette in scena una coppia alle prese con i terribili retroscena della depressione, la giovane regista giurassiana Pauline Jeanbourquin presenta il suo primo lungometraggio Feu Feu Feu di fronte all’esigente pubblico del festival Visions du Réel di Nyon giunto quest’anno alla sua 55esima edizione tenutasi dal 12 al 21 aprile. Interessata da sempre a indagare il quotidiano di persone in apparenza comuni che sublima grazie al cinema trasformandole in personaggi straordinari, nel suo lungometraggio di debutto Pauline Jeanbourquin si interessa ad una giovane «coupeuse de feu», come si definiscono in francese i guaritori e le guaritrici che praticano «il segreto».

Juliette è una ragazza francese di diciassette anni che ha appena ottenuto la maturità e sogna di diventare ostetrica. Un futuro al contempo radioso e spaventoso si dispiega davanti a lei obbligandola a riflettere su quali siano le sue priorità. Sì perché Juliette oltre a essere apparentemente una liceale come tante altre, è anche «Junniverse», un’influencer che conta 40’000 followers su TikTok e Instagram. Una sorta di strega moderna che scruta il mondo attraverso i tarocchi, le pietre o l’imposizione delle mani, Juliette parla senza tabù del dono, ricevuto dalla nonna, con i suoi numerosi abbonati ma anche con i suoi amici con i quali parte per un campo scout in un convento in riva al mare. Tra risate per sdrammatizzare le paure legate a un futuro ancora incerto e confidenze sussurrate, Juliette ne cura le scottature solari o spiega, senza troppi dettagli, cosa significhi essere una magnetizzatrice. Il tempo di un’estate, Pauline Jeanbourquin ci permette di entrare nell’intimità di un gruppo di giovani (nella foto, un momento del film) che sognano un mondo diverso. Abbiamo incontrato la regista in occasione del suo passaggio a Visions du Réel.

Cosa la affascina dei guaritori e delle guaritrici che praticano «il segreto»?

Sono giurassiana e in questa regione della Svizzera i guaritori e le guaritrici spirituali che praticano «il segreto» sono molto conosciuti. Volevo parlare di queste persone ma con lo sguardo della nuova generazione. Inizialmente ho incontrato una ragazza, ho iniziato a filmarla e a capire quale direzione volevo dare al film. Purtroppo, in un secondo tempo, lei ha deciso di non voler utilizzare il dono ricevuto dal nonno e fare la guaritrice costringendomi a ripensare il film. Nel mentre, sono capitata per caso su un TikTok di Juliette, la protagonista del mio film, che mi ha entusiasmata fino a convincermi che sarebbe stata la protagonista perfetta per la mia storia. Juliette è molto cinegenica e parla senza tabù del suo dono. Apprezzo molto la sua spiritualità «anticonformista», la sua filosofia di vita. Il suo modo di approcciare il dono è molto particolare, innovativo e coraggioso perché spesso i guaritori e le guaritrici che praticano il segreto non possiedono il lato spirituale che invece a lei appartiene. Juliette ha uno spirito positivo, è fiduciosa verso la vita e questo mi piace molto. Quando ci siamo incon-

trate mi ha subito parlato del ritrovo scout estivo al quale avrebbe partecipato con degli amici. La particolarità di questo ritrovo è che si svolge in un convento in riva al mare, un luogo misterioso ed esteticamente grandioso che ho trovato molto interessante da un punto di vista drammaturgico. Filmare una «strega moderna» in un convento non poteva che essere interessante. Sebbene all’inizio volessi fare un film sui guaritori e le guaritrici che praticano il segreto, il destino ha fatto sì che il tema si ampliasse. Il film, nella sua forma finale, parla, più in generale, di una giovane ragazza che cerca di dare un senso alla sua vita grazie alla sua spiritualità «anticonvenzionale». Feu Feu Feu è il ritratto di una generazione, di un gruppo di amici che diventano adulti. Volevo parlare di loro, dell’immagine che danno di loro stessi sui social media e di quanto questa si discosti dalla realtà.

Come affronta Juliette la sua doppia vita: quella di star dei social media e quella di guaritrice?

Per me è molto importante non giudicare le persone che filmo. Mostrare ma non giudicare. Sebbene non aderisca alla religione cattolica, soprattutto per la sua visione anti-femminista, trovo comunque che le suore che ho filmato dimostrino una grande forza di carattere. Hanno deciso di vivere una vita al di fuori della società e hanno seguito questa strada senza guardarsi indietro. Si può non condividere le scelte di vita di qualcuno, ma bisogna comunque rispettarle. Nel caso di Juliette, sui social media è molto a suo agio, ma quando l’ho incontrata per la prima volta era molto timida, imbarazzata. Trovo questa sua dualità estremamente interessante perché ci sono realmente due Juliette che coabitano in lei: quella dei social e quella della vita reale. Dietro la prima, sicura di sé, per alcuni fin troppo, si nasconde una persona umile e molto empatica. Il mio film ritrae questi due lati della sua personalità, uno iper controllato e l’altro più spontaneo e vulnerabile.

Feu Feu Feu è anche un film sull’adolescenza, sulla fragilità e la spontaneità di giovani che condividono le stesse speranze e le stesse paure. Come è stato lavorare con loro?

Non volevo fare semplicemente un film sul «dono» ma anche e soprattutto su un gruppo di giovani che vivono, insieme, dei momenti forti. Ci sono milioni di gioventù diverse e io ne mostro una, quella legata allo scoutismo. Mi affascinavano perché io, alla loro età, non mi ponevo così tante domande. Spesso la gente crede che il genere documentario metta in scena la realtà, senza filtri, ma non è così. Quando si posiziona una cinepresa, la verità non esiste più perché i protagonisti sanno che sono filmati, osservati e scrutati e quindi si trasformano perdendo la loro spontaneità. Il mio lavoro consiste nel creare un safe place dove possano essere nuovamente loro stessi ritrovando l’autenticità che hanno perso. Con questi ragazzi condividevamo la quotidianità, dormivamo vicino a loro, passavamo quasi tutto il tempo insieme e questo ci ha indubbiamente aiutato. Conoscevamo il loro programma e sapevamo che la sera facevano sempre un gioco diverso. Se

il gioco ci interessava, posizionavamo la cinepresa e osservavamo come interagivano tra di loro. All’inizio erano un po’ stressati ma poi hanno dimenticato la nostra presenza e la magia è avvenuta.

Il suo film non cade nella trappola dell’ecofemminismo mainstream, al contrario mostra il rapporto che Juliette intrattiene con la natura in

modo molto gender fluid. Cosa può dirci a proposito?

In un’intervista mi hanno chiesto se Feu Feu Feu è un film femminista visto che parla di streghe e di rituali ancestrali praticati da una giovane donna. Io rispondo che il mio film è intrinsecamente femminista anche se non l’ho concepito e creato in quanto tale. Nella vita ho sempre fatto quello che volevo, poco importa quello

che la società patriarcale dice o pensa. Non ho bisogno di rivendicarlo, per me è un’evidenza. Nel mio film i ragazzi abbattono gli stereotipi legati al loro genere, parlano dei loro sentimenti senza vergogna e interagiscono con le ragazze trattandole al loro pari. Juliette è indubbiamente una strega moderna ma non perché volevo fare un film femminista, lo è e basta, fa parte della sua essenza.

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A Mendrisio torna protagonista la musica classica

Musica ◆ Barbara Paltenghi Malacrida presenta la seconda edizione dei Concerti dei Serviti che partirà

Un quartetto d’archi pluripremiato a livello internazionale, soprattutto per le interpretazioni di Beethoven, l’autore che accosteranno a Debussy; un quintetto di ottoni che spazierà dal rinascimento veneziano di Gabrieli al jazz sinfonico di Gershwin e West Side Story; una pianista kazaka chiamata a squadernare il mirabolante virtuosismo richiesto da alcune delle pagine più iconiche del Novecento russo; infine coro e orchestra, con i Barocchisti e il Coro della Radiotelevisione Svizzera Italiana guidati da Diego Fasolis in uno Stabat Mater appositamente composto da Ivo Antognini. Basta un mero, sintetico elenco per illustrare la varietà di organici, epoche e generi che regala la seconda edizione de I concerti dei Serviti, coraggiosa e ambiziosa rassegna che porta la classica nelle chiese di San Giovanni e Parrocchiale di Mendrisio (nella foto un momento di uno dei concerti dello scorso anno), nonché nel Chiostro dei Serviti, da cui prende il nome la rassegna. «I Serviti» sono i «servi di Maria», della Madonna a cui si dedicavano e si dedicano ancora le processioni storiche: sono state annoverate nel patrimonio immateriale dall’Unesco, che però ha indicato come obiettivo quello di non renderle degli «spettacoli museali», ma di rinnovare e rendere viva questa forma di devozione; forse il verbo «modernizzare» rischia di essere frainteso, ma il tentativo è appunto quello di inserire questa espressione della pietà popolare nell’oggi.

Al di là della sostenibilità economica, il risultato più significativo è stato «la risposta del pubblico» «Però il punto di partenza è stato, già l’anno scorso, quello di portare la musica classica a Mendrisio: Bellinzona, Chiasso, Lugano hanno i loro teatri, Mendrisio no, e forse è stato per questo che sì, c’erano state iniziative come Musica nel Mendrisiotto, ma finora le istituzioni pubbliche non avevano ancora promosso la classica, quindi mi sembrava giusto farlo; abbiamo anche creato una piattaforma per prenotare i biglietti online (prenota.mendrisio. ch; si possono acquistare anche telefonando o scrivendo al Museo d’arte: tel. 058.688.33.50, museo@mendrisio.ch, ndr.)» spiega Barbara Paltenghi Malacrida, direttrice del Dicastero Cultura, eventi e sport – Sezione Musei e Cultura di Mendrisio, ma soprattutto ideatrice e anima del ciclo. «Nel 2023 siamo partiti quando ormai i finanziamenti erano già stati tutti definiti e stanziati, quindi il nostro budget ammontava a zero franchi, letteralmente. Siamo partiti da conoscenze personali, saltando le agenzie: mio marito è timpanista, ha suonato nella Gewandhaus di Lipsia (l’orchestra più antica e tra le più blasonate al mondo, ndr) e ora al teatro Carlo Felice di Genova. Ne parlammo con Enrico Dindo, che oltre a essere uno dei massimi violoncellisti viventi, insegna al Conservatorio di Lugano; ha sposato immediatamente l’idea, ha presenziato alla presentazione dei “Concerti” come una sorta di testimonial, ed è stato protagonista di un recital meraviglioso: è partito dal Novecento di Weinberg per arrivare a Bach, che al pubblico è sembrato l’autore più moderno di tutti» ricorda sorridendo Paltenghi Malacrida. «Già l’anno scorso, pensando a un

pubblico che abitualmente non frequenta le sale da concerto, avevamo disegnato un cartellone variegato per generi, epoche e stili; parlando direttamente con gli artisti e non passando attraverso le agenzie siamo riusciti a ridurre gli ingaggi, non li ospitavamo in hotel a quattro stelle ma nei garni; biglietto unico a trenta franchi – ricordo che anche il sindaco veniva comprandoselo – e grazie al supporto della Banca Raiffeisen siamo riusciti a coprire tutti i costi». Al di là della sostenibilità economica, il risultato più significativo è stato «la risposta del pubblico: abbia mo venduto tutti i biglietti, i concerti hanno sempre fatto registrare il “tutto esaurito”; certo, le chiese e il Chiostro dei Serviti non hanno una capienza enorme, ma non era scontato. Il nostro territorio è storicamente legato a sagre e feste paesane, non era evidente la do manda di musica; mi pare invece che ci sia, e sembra proprio che l’abbiamo intercettata». Quest’anno, «grazie al la fedeltà degli enti che ci sostengono, siamo riusciti a comporre un cartello ne non solo vario, ma qualitativamen te di livello; sempre partendo dalle conoscenze, dai rapporti personali; e questo non è utile solo a livello di con tenimento dei costi, ma ci permette di discutere e definire con gli artisti dei programmi ad hoc per noi».

A inaugurare, l’8 giugno nella chiesa di San Giovanni, sarà il Quar tetto di Cremona, formatosi nel 2000 e già vincitore di molti premi internazionali, tra cui l’Echo Klassik per l’interpretazione di Beethoven, di cui hanno inciso e portato sui maggiori palcoscenici l’integrale dei Quartetti. «Ne eseguiranno due anche a Mendrisio, quelli in sol minore op. 10 e in la minore op. 132, tra le ultime e più vertiginose opere, come concezione e spiritualità, della parabola artistica del tedesco. Loro volevano accostarlo a Schubert, ma siccome l’anno scorso il viennese è stato presente in due concerti, abbiamo chiesto a Simone Gramaglia, violista del Cremona e nostro amico, di iniziare la serata con un altro autore; abbiamo scelto Debussy, il cui Quartetto in sol minore riprende la stessa tonalità dell’op. 10 di Beethoven, pure in sol minore».

Scipioni, è il primo trombone al Carlo Felice». Può sembrare un ensemble eccentrico, un quintetto formato da due trombe, un corno, un trombone e una tuba, ma soprattutto nei Paesi nordici e anglosassoni ha una tradizione radicata e vivacissima: «Potrei aggiungere sorprendente, perché è in-

credibile la capacità di cinque ottoni di rileggere pagine diversissime: qui partiranno da una Canzona cinquecentesca di Giovanni Gabrieli, attivo in San Marco a Venezia, passeranno dal melodramma di Verdi – con l’Ouverture dal Nabucco e i Ballabili da Aida – e di Puccini, col celeberrimo

Nessun dorma da Turandot ; e poi arriveranno a Gershwin, con Un americano a Parigi, l’Adagio di Barber usato in tanti film, ad esempio Platoon, e West Side Story di Bernstein». Sempre nel Chiostro, il 13 luglio, la trentasettenne kazaka Oxana Shevchenko affronterà un programma appassionante e virtuosistico: «L’anno scorso non avevamo toccato i russi, le ho chiesto un recital interamente dedicato a loro; alcuni Preludi di Rachmaninov introdurranno i 10 pezzi per pianoforte dal Romeo e Giulietta di Prokof’ev e la versione pianistica curata da Guido Agosti de L’uccello di fuoco di Stravinskij». Gran finale il 15 settembre, con Fasolis, i Barocchisti e il coro RSI a far risuonare nella chiesa parrocchiale le rare Letaniae della Beata Vergine di Pergolesi e lo Stabat Mater di Antognini: «Il testo cantato nelle processioni è un cibreo di melodie ottocentesche; Fasolis ha trovato bellissima la versione creata da Antognini, la registrerà anche la RSI, che presenterà anche gli altri concerti con interviste agli interpreti».

Dove e quando I Concerti dei Serviti, Mendrisio, dall’8 giugno al 9 settembre 2024. Informazioni museo.mendrisio.ch / Tel. +41 (0)58 688 33 50 Biglietti a prezzo unico CHF 30.–.

Atmosfere completamente diverse il 28 giugno nel Chiostro dei Serviti, dove arriva il Gomalan Brass Quintet, «un membro del quale, Gianluca

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Editoria e cinema animano Trento

Festival ◆ Arno Camenisch premiato con il Premio ITAS mentre la genziana d’oro è andata al film Un pasteur di Louis Haquet

Mario Casella

Il binomio Trento-Montagna è in ottima salute. Sopravvissuto alla pandemia con i suoi 70 anni compiuti nel 2022, il Trento Film Festival – lo storico appuntamento con la narrazione delle Terre Alte – ha festeggiato questa primavera i 50 anni del Premio ITAS del libro di montagna.

Il mezzo secolo del più importante riconoscimento italiano per letteratura di genere è stato gratificato dagli organizzatori con lo spostamento del tendone di MontagnaLibri (l’annuale vetrina internazionale di editoria di montagna) dalla periferica Piazza Fiera alla centrale Piazza Duomo. All’affollata vetrina editoriale è stata affiancata la struttura del «Salotto letterario», dove per una decina di giorni si sono alternati scrittrici e autori delle più recenti pubblicazioni dedicate all’avventura e al mondo verticale.

Il peso specifico del Festival è così sembrato spostarsi per l’occasione quasi più sulla carta che sul grande schermo. Ironia della sorte, per festeggiare i suoi brillanti 50 anni il Premio ITAS ha regalato al libro Anni d’oro (Keller Editore) dello svizzero Arno Camenisch il massimo riconoscimento per il 2024. Un Teatro Sociale stracolmo e con la presenza di nomi popolari come l’attrice Veronica Pivetti e il giornalista Corrado Augias, ha celebrato lo scrittore originario di Tavanasa, piccolo villaggio della Surselva.

Difficile fare una scelta tra le penne verticali presentatesi al pubblico quest’anno a Trento. Un’assente giustificata all’ultimo minuto merita su tutti di essere segnalata. È l’eccezionale figura sportiva e umana dell’iraniana Nasim Eshqi il cui potente libro Ero roccia ora sono montagna – La mia battaglia per la libertà delle donne in Iran e nel mondo (Ed. Garzanti) propone una prospettiva particolare sulla situazione nel Paese. Per anni la forte arrampicatrice ha lottato contro i divieti e le ritorsioni impostegli dalla polizia morale del paese

islamico, come racconta nei dettagli del suo appassionante libro. Ora, dopo le rivolte del 2022 e con gli ultimi tragici sviluppi, Nasim ha scelto la via dell’esilio e con il suo libro ha voluto dar voce a tutte le donne vittime di soprusi. E il cinema di montagna? È in buona salute. Dopo il periodo di magra produttiva legato al Covid, alpinisti, avventurieri e registi hanno ripreso a viaggiare per raccontare le loro esperienze e le vite degli abitanti delle terre alte. Il paradosso è che la giuria ha premiato soprattutto documenta-

ri girati sulle nostre montagne di casa: le Alpi. La genziana d’oro per il miglior film in assoluto è andata a Un pasteur del francese Louis Haquet (nella foto, un momento del film): il racconto della vita di un giovane pastore alle prese con la solitudine e con un avversario invisibile: il lupo. La genziana dorata nella categoria Alpinismo, popolazioni e vita di montagna è stata attribuita alla regista italo-svizzera Juliette Riccaboni per il film Le fils du chasseur che esplora il rapporto problematico tra il giovane Samir e il padre cacciatore.

Una relazione fatta di distanze e contrasti. La terza genziana d’oro destinata al miglior film d’esplorazione o avventura ha invece premiato il lungo documentario The Great White Whale dell’australiano Michael Dillon che narra la storica scalata di un vulcano innevato. Un colosso alto poco meno di tremila metri che sorge dal mare antartico come una Grande Balena Bianca.

I due documentari alpini colpiscono per l’esplorazione del complesso rapporto tra la gioventù moderna e la natura della montagna. Un film lo fa raccontando la lotta contro un nemico invisibile: il lupo. L’altro sviscerando il tema della caccia sostenibile vissuta da due generazioni a confronto. Un incrocio di mondi e sensazioni sul cui sfondo spunta la problematica interazione tra ambiente rurale e realtà urbana. Nessun riconoscimento invece al divertente e emozionante Maurice Baquet. L’accordé, l’avvincente ritratto di un «violoncellista-sciatore» realizzato dal regista di Chamonix Gilles Chappaz. Musica, neve polverosa, concerti e clownerie accompagnano lo spettatore in un originale viaggio alla scoperta di questo eclettico virtuoso del violoncello e incredibile scialpinista. Ma non sempre i «coups de cœur» di un appassionato spettatore coincidono con le sofferte scelte di una giuria. Nemmeno quando si parla di montagna.

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In fin della fiera

In gita a Parigi con la quarta età

Com’è andata la vostra gita a Parigi? Mi risponde Oreste, presidente del circolo La quarta età che ha organizzato il viaggio: «È stata un’esperienza fantastica, era la prima volta che andavamo a Parigi. Ti devo ringraziare per i tuoi preziosi consigli». Spero che ne abbiate fatto buon uso. «Altroché. Per noi è stata un’emozione continua, fin dalla partenza. Pensa che abbiamo scoperto che l’autista del nostro pullman ha una sorella che fa l’aiuto cuoca al rifugio Benevolo, a 2215 metri di quota! Questo fatto della sorella ce l’ha detto sulla strada fra Aosta e Courmayeur, gli è venuto in mente perché c’era la freccia che indicava la strada per Valsavaranche. Attenzione: non è che noi abbiamo preso la strada per Valsavaranche, noi abbiamo proseguito verso il traforo del Monte Bianco. È l’autista che, vedendo il cartello con la scritta Valsavaranche si è ricordato della sorella.

Voti

d’aria

Succede che un’indicazione stradale ci faccia venire in mente qualcosa». Parliamo di Parigi. Avrete visitato spero il Beaubourg.

«Certo, è quello con le scale e le condutture colorate di fuori. Si vede che hanno sbagliato i calcoli e si sono accorti troppo tardi che dentro non ci stavano. Ci siamo fatti tutti un selfie». Avrete visitato il suo museo d’arte moderna…

«Abbiamo preferito fare una colletta e comprare la guida così guarderemo con calma i quadri, nella nostra sede, quando ci verrà la nostalgia di Parigi, dicono che prima o poi viene a tutti. Ci siamo seduti all’aperto sulle panchine. Però è stato bravo il nostro autista a farsi venire in mente sua sorella, perché sul cartello non c’era mica scritto rifugio Benevolo! Anch’io, davanti a un cartello con su scritto rifugio Benevolo mi ricorderei di mia sorella. A parte che io, come sai, non

Una questione di accenti

Se un noto politico, uno dei leader attuali, durante un’intervista televisiva di dieci minuti, pronuncia quattro volte il verbo «dissuadere», significa che quel verbo gli piace particolarmente. Ma se quel verbo gli piace così tanto da continuare a utilizzarlo per indicare la necessità che l’Europa eserciti la sua forza dissuasiva verso Putin, allora dovrebbe anche conoscerne la pronuncia: e sapere che non si dice «dissuàdere» ma «dissuadère». Perché deriva da un verbo latino della seconda declinazione e non della terza. Ovvio che non tutti sono tenuti a conoscere le etimologie latine per pronunciare correttamente una parola, ma se a quella parola sei così affezionato da fartela affiorare sulle labbra a ogni piè sospinto in televisione, allora faresti bene a verificare prima l’accento (piano e non sdrucciolo), in modo da evitare ripetute figuracce in pubblico. E in più, se sei Carlo Ca-

lenda (4-), ex ministro e capo di un partito politico, se hai frequentato il prestigioso liceo classico Mamiani di Roma e se poi hai studiato Giurisprudenza, la precisione dell’accento per una parola a cui non riesci a rinunciare è il minimo sindacale. E sarebbe il minimo sindacale che qualcuno dei suoi collaboratori gli facesse bonariamente notare l’errore.

Invece, facendo una piccola ricerca, la sorpresa è che quell’infinito Calenda l’ha ripetuto già decine di volte in tutta tranquillità e nulla riesce a dissuadèrlo dall’utilizzarlo come fosse il cacio sui maccheroni: «abbiamo bisogno di dissuàdere…», «lo stesso meccanismo serve a dissuàdere…». Insomma, non sarebbe più semplice affidarsi a qualche sinonimo, tipo «scoraggiare» o «distogliere», che non ponga problemi di accento? Fosse il populista Salvini, glielo perdoneremmo (con il sospetto che sbagli

A video spento

ho sorelle e se ne avessi una che vuol fare l’aiuto cuoca al rifugio Benevolo le riempirei la faccia di schiaffi. Se proprio vuoi fare l’aiuto cuoca, fallo a casa tua, le direi. Invece l’autista, di fronte al cartello con la freccia e con su scritto Valsavaranche, si è ricordato di sua sorella. Se vede che vuol bene a sua sorella e che non gli dispiace saperla su al rifugio».

Torniamo a Parigi: spero che siate andati al Louvre….

«Certo che sì, è il primo posto che abbiamo visitato, abbiamo voluto tutti farci il selfie davanti alla piramide di vetro».

Ma i quadri? La Venere di Milo? Il Codice di Hammurabi di 3800 anni fa? Monna Lisa?

Se vuoi che ti dica la verità per noi il Louvre è un posto troppo incasinato.

Per di più noi siamo arrivati la domenica pomeriggio e combinazione c’era l’arrivo dell’ultima tappa del Tour de

France. Ma come, dirai tu, avete preferito la corsa a tutti quei capolavori?

La verità è che i quadri sono sempre lì appesi alle pareti, mentre i corridori, se ti distrai un attimo, dopo non li vedi più. Non capita mica tutti i giorni di vedere dal vivo l’arrivo del Tour de France. Vi avevo consigliato di non trascurare il Musée d’Orsay, allestito dall’italiana Gae Aulenti lì dove c’era una vecchia stazione.

«Sì, lì ci siamo andati. Ma quando eravamo in fila per fare i biglietti abbiamo letto un cartello che diceva che in quel museo c’erano 4000 quadri. Uno di noi che prima di andare in pensione faceva lo psicologo ha detto che l’uomo medio può reggere la visione di un massimo di 30 quadri al giorno, se vuole star bene di salute. Così siamo andati ai giardini delle Tuileries a sederci sulle panchine per riposarci. E a ragionare sulle vicende

famigliari del nostro autista. Lui aveva detto aiuto cuoca ma secondo noi quando uno dice aiuto cuoca vuole dire che fa la lavapiatti. Figuriamoci se in un rifugio d’alta montagna ci sono il cuoco e l’aiuto cuoca. Sì, e magari il maître rôtisseur e il maître pâtissier, e il sommelier che è quello che annusa il tappo prima di versarti il vino. Io non capisco che cosa ci sia da vergognarsi se tua sorella fa la lavapiatti. È un lavoro come un altro, non fa mica la passeggiatrice!»

Insomma, il bilancio della vostra gita a Parigi è stato positivo. «Sì, quante belle cose si imparano viaggiando!» Il vostro circolo ha qualche altro progetto?

«Stiamo pensando di organizzare una bella gita al rifugio Benevolo. Pranziamo lì e così vediamo se la sorella del nostro autista fa veramente l’aiuto cuoca».

l’accento ad arte per sembrare più vicino al popolo), ma si tratta dell’antipopulista Calenda, figlio di un economista-giornalista-scrittore e di una regista-scrittrice che in tutta evidenza non seguono le sue uscite televisive oppure non sentono l’esigenza di prenderlo per un orecchio e correggerlo una buona volta.

Se Francesco De Gregori (6-) cantava che «non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore» alludendo al calcio di rigore, un accento sbagliato (ripetuto e ripetuto) potrebbe anche essere sufficiente a giudicare la qualità di un politico. E cosa pensare del ministro, anzi della ministra (1+), del Turismo che attribuisce la regia del Gattopardo, un capolavoro storico del cinema italiano, a un imprecisato Luchini? Luchini Viscontini, detto affettuosamente. Di recente un altro ministro (1++), quello della Cultura, ha collocato Times Square a Londra,

L’anonimato dilagante e le sue varie forme

Sono in molti a sostenere che l’anonimato, il nascondersi dietro uno pseudonimo, liberi il peggio di noi, minando le regole stesse del vivere sociale. L’anonimato affrancherebbe il lato oscuro che c’è in ciascuno di noi e rimuoverebbe le inibizioni sociali che regolano le nostre comunità, senza pagare conto. Solo così, per esempio, si spiega la nascita dei cosiddetti «leoni da tastiera» che rappresentano un fenomeno sempre più diffuso nell’era digitale. Questi individui sono noti per la loro propensione a esprimere opinioni aggressive, offensive o volgari online, protetti dall’anonimato. Una delle caratteristiche più sconvolgenti della Rete consiste dunque nel mascherare la propria identità: gli utenti che comunicano attraverso Internet non sono identificabili direttamente (ci vuole l’intervento della Polizia postale), al punto tale che ci si è chiesti se l’anonimato rappresenti un

abuso. Ma qualcuno sostiene che è anche un diritto. Proviamo ad affrontare il problema in questo modo: l’anonimato presenta vantaggi e svantaggi. Tra i vantaggi, l’anonimia ha il merito di dare voce alle minoranze, alle opinioni anticonformiste e tutelare la riservatezza personale. Nei regimi repressivi, non essere identificati è l’unica forma per far circolare alcune idee e proteggere gli autori dissidenti da una feroce repressione, come succede nei regimi autocrati. I motivi principali che spingono inoltre le persone a mantenersi anonime risponderebbero alla volontà di non legare il proprio nome alle opinioni espresse, al timore di una sorta di Grande Fratello che possa carpire e aggregare le informazioni personali per scopi commerciali o fraudolenti, alla volontà di non rivelare i propri gusti e preferenze. Esiste anche un anonimato per così dire «seduttivo», il cui scopo è quello di ag-

giungere valore a un contenuto culturale attraverso il guizzo «erotico» della secretazione. È il caso del grande successo dei romanzi firmati da Elena Ferrante.

La possibilità di agire in forma anonima – stiamo parlando degli svantaggi – si contrappone all’esigenza di individuare le responsabilità di coloro che diffondono messaggi illeciti. Una delle principali caratteristiche che permette di dare libero sfogo all’aggressività, persino alla violenza, lo ripetiamo, è senza dubbio la possibilità di non essere identificati. Anche la percezione di sicurezza che viene «garantita» dalla presenza di uno schermo fra noi e i nostri interlocutori fa spesso pensare che le proprie parole non abbiano conseguenza sugli altri. La sensazione di libertà nel poter mostrare una personalità completamente diversa dalla propria o, al contrario, una parte negativa del proprio carattere, permette

confondendola con Piccadilly Circus o forse confondendo Londra con New York. Lo stesso ministro che l’anno scorso ha attribuito a Dante Alighieri l’atto fondativo della Destra italiana. E tempo fa una presidente del Senato è inciampata in un Giampaolo Pasolini (5+ per aver azzeccato il cognome). Lapsus? Per carità, chi non ha mai confuso un nome, sbagliato una data storica, bucato un congiuntivo, insomma chi non ha mai fatto una gaffe nella vita scagli la prima pietra. Purché non scagli la massiccia lapide commemorativa con cui il sindaco di Parma anni fa commemorò la cacciata, nel 1248, dell’imperatore Federico di Svezia: semplice refuso dell’incisore della lastra? Può darsi. Sempre meglio del deputato che a Montecitorio si alzò, si sistemò il microfono e rassicurò la platea: «Sarò breve e circonciso…». Vecchia battuta diventata in un attimo spaventosa realtà parlamenta-

re nel boato divertito degli astanti. Da sprofondare. Un tempo certi esilaranti equivoci verbali provenivano soprattutto dal mondo del calcio. Quel giocatore che rimproverò il suo compagno: «Come hai fatto a sbagliare? Ti ho fatto un cross che era una pennellata, sembrava un quadro di Pirandello» (6 se si riferiva al figlio di Luigi, Fausto, che era un discreto pittore). O quell’altro che dichiarò raggiante: «Questo è un gol che dedico in particolare a tutti» (5½). O quell’allenatore che, al termine di una sconfitta, disse di non poter amputare niente ai suoi giocatori (6+ alla clemenza). O quell’altro che, dopo una partita deludente, incitò la squadra a rimboccarsi le mani. Oggi i calciatori preferiscono parlare poco e quando parlano sono quasi impeccabili. Piuttosto bisognerebbe «dissuàdere» certi personaggi politici dal parlare a vànvera. O a vanvèra?

di provare un certo grado di soddisfazione attraverso l’umiliazione degli altri. Spesso, infatti, sono proprio il narcisismo e la voglia di protagonismo i sentimenti che sono alla base di questa aggressività. Dalla ragazza malata ai personaggi famosi colpiti da qualche problema di salute: quante volte i social network e siti si riempiono di insulti e attacchi che giungono ad augurarsene la morte! Ecco perché il Web, smantellando la nostra comunità di riferimento quotidiana, ha cambiato fattezze all’espressione dei sentimenti. Anche se nei Paesi democratici diffondere odio e insultare le persone sul Web costituisce ormai un reato: per gli haters, i rischi legali sono tutt’altro che trascurabili. Il codice penale prevede una serie di incriminazioni per i reati commessi che di solito vanno dalla diffamazione aggravata alla sostituzione di persona, dalle minacce alle molestie e, per concludere, dall’inci-

tamento all’odio razziale allo stalking. Il mito assoluto dell’anonimato è diventare invisibili, nell’animo e nel corpo. Il personaggio dell’uomo invisibile nasce dalla fantasia di H.G. Wells (1866-1946), uno dei padri fondatori della fantascienza letteraria. L’uomo invisibile (The Invisible Man) vede le stampe nel 1897. Protagonista della storia è Griffin, un ambizioso scienziato che, nell’Inghilterra vittoriana, riesce a sintetizzare un fluido con cui far scomparire il proprio corpo. Esaltato dalle facoltà di un potere tanto straordinario, ma anche fatalmente incapace d’invertire la trasformazione, l’uomo precipita in una spirale di follia criminale. Alla fine del romanzo, dopo aver progettato d’instaurare un regno fondato sul terrore, Griffin viene linciato dalla folla, e il segreto dei suoi esperimenti muore con lui. Gli odiatori anonimi del Web farebbero bene a prestare attenzione a questo mito fondativo.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVII 13 maggio 2024 azione – Cooperativa Migros Ticino 55 CULTURA / RUBRICHE ◆ ●
di Aldo Grasso
◆ ●
di Paolo Di Stefano
◆ ●
di Bruno Gambarotta

Hit della settimana

14. 5 – 20. 5. 2024

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Settimana Migros Approfittane e gusta

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15.45

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Sminuzzato di pollo Optigal Svizzera, 2 x 350 g, (100 g = 2.21)

Ticino Offerte valide dal 14.5 al 20.5.2024, fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti.
Migros
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34% Tutto l'assortimento di cereali Nestlé per es. Cini Minis, 500 g, 3.50 invece di 4.95, (100 g = 0.70)
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Batteria di pentole Classic Kitchen & Co. 40%
2024
30%
14. 5 – 20. 5.

Tonda, ovale o lunga: è tutta succosa

gustare crude, grigliate, come marmellata e sulle crostate

4.50

2.30

2
Frutta e verdura
Migros Ticino Da
5.70
kg
Tutti i formaggi da grigliare o rosolare in self-service per es. Halloumi Taverna, 250 g, 4.10 invece di 4.80, (100 g = 1.63) a partire da 2 pezzi 15% 5.30 invece di 7.60 Bistecche di scamone di manzo IP-SUISSE in conf. speciale, 2 pezzi, per 100 g 30% 5.95 invece di 7.95 Albicocche
al kg 25%
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Pesche gialle Spagna, al
21%
Spagna,
invece di 2.90 Patate del nuovo raccolto Egitto, sacchetto da 1,5 kg, (1 kg = 1.53) 20%

2.95

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NOSTRANI DEL TICINO DE LA RÉGION

2.40 invece di 3.–

Migros Bio Italia, sacchetto da 1 kg, (100 g = 0.24) 20%

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Migros Ticino offre un assortimento di oltre 500 prodotti della regione. La scelta comprende articoli di tutte le categorie, dalla verdura alla carne, dai formaggi alle bibite fino alle specialità più ricercate. Tutti i prodotti provengono da fornitori locali che li lavorano in modo responsabile e sostenibile.

2.95

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Migros Ticino
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Asparagi verdi Spagna/Ungheria/Italia, mazzo da 1 kg 30%
invece di 3.95
25%
Pomodoro ramato Ticino, al kg, (100 g = 0.30)
3.90 invece di 4.90 Fragole nostrane Ticino, 250 g, (100 g = 1.56) 20%
Carote
affettata e al pezzo Carne e salumi 4
Ticino Affinato 6.90 invece di 8.65 Carne secca Migros Bio Svizzera, in conf. speciale, 100 g 20% a mano 14.95 invece di 20.80 Pasticcio di Pentecoste Rapelli Svizzera, 500 g, in self-service, (100 g = 2.99) 28% Alette di pollo Optigal al naturale e speziate, Svizzera, per es. speziate, al kg, 9.30 invece di 12.50, in self-service 25% 2.05 invece di 2.60 Carne macinata di manzo Migros Bio Svizzera, per 100 g, in self-service 20% 3.95 invece di 6.20 Prosciutto crudo dalla noce Svizzera, per 100 g, in self-service 36% 3.80 invece di 4.80 Salametti al Merlot nostrani Ticino, in conf. da 2 pezzi, per 100 g, in self-service 20% 6.80 invece di 8.50 Fettine fesa di vitello fini IP-SUISSE per 100 g, in self-service 20% 2.25 invece di 2.90 Costine carré di maiale Svizzera, per 100 g, in self-service 22% 15.–invece di 21.–Carne macinata di manzo Svizzera, 2 x 500 g, (100 g = 1.50) conf. da 2 28%
Squisita carne macinata,
Migros

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31%

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Filetto dorsale di merluzzo M-Classic, MSC pesca, Atlantico nordorientale, in conf. speciale, 360 g, (100 g = 3.88)

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Salmone affumicato Scotland d'allevamento, Scozia, in conf. speciale, 260 g, (100 g = 3.83)

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31%

13.95

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In vendita ora al banco

Filetti di platessa, MSC, al banco pesca, Atlantico nordorientale, per 100 g

Gamberetti tail-off M-Classic, ASC, sbollentati d'allevamento, Ecuador, in conf. speciale, 450 g, (100 g = 3.10)

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Gamberetti Pelican, crudi e sgusciati, ASC prodotto surgelato, in conf. speciale, 750 g, (100 g = 1.99)

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Ticino
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refrigerati
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Pinguì, Choco fresh e Maxi King (articoli singoli
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magro Migros Bio
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(100 g = 0.40)
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gli skyr e i
You
7.90

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CUMULUS Novità
Migros Ticino
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(100
= 1.42) 20x
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5.40 Millefoglie in conf. speciale, 6 pezzi, 471 g, (100 g = 1.15)

Amanti del dolce, attenzione: questa è la vostra pagina

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Tutti i gelati Crème d'Or in vaschetta da 500 ml e 1000 ml prodotto surgelato, per es. vaniglia Bourbon, 1000 ml, 8.80 invece di 10.95

7.35

invece di 9.20

Coppette di gelato M-Classic prodotto surgelato, Ice Coffee, Vacherin o Bananasplit, per es. Ice Coffee, 4 x 165 ml, (100 ml = 1.11)

Tutto l'assortimento Torino (prodotti da forno esclusi), per es. al latte, 5 pezzi, 115 g, 3.15 invece di 3.95, (100 g = 2.74) 20%

3.95 Peanut Butter Cups Reese's Minis 90 g o Snack Size 77 g, (100 g = 4.39)

Dolci e cioccolato 8
Lohilo Salted Caramel Protein Ice Cream prodotto surgelato, 90 ml, (100 ml
20x CUMULUS Novità
Gelato su stecco ricco di proteine 2.95
= 3.28)
conf. da 4 20%
20x CUMULUS Novità
Slacker Protein Peanut Ice Cream Lohilo prodotto surgelato, 90 ml, (100 ml = 3.28) 20x CUMULUS Novità
2.95
9 Offerte valide dal 14.5 al 20.5.2024, fino a esaurimento dello stock. Praline di leggerecioccolato e ariose Raffinato come i suoi omologhi dell'assortimento Créa d'Or 3.60 Biscotto al limone Créa d'Or 120 g, (100 g = 3.00) 20x CUMULUS Novità 6.95 Praliné des Alpes Kägi Milk 150 g o Dark 140 g, (100 g = 4.63) 20x CUMULUS Novità 5.95 invece di 8.25 Biscotti Oreo Original, Double Cream o Golden, per es. Original, 3
154 g,
conf. da 3 27%
es. Coaties Original,
kg,
invece
20% Branches Frey Milk Maxi 5 x 42 g o White 5 x 27 g, per es. Milk Maxi, 4.60, (100 g = 2.19) 20x CUMULUS Novità Tavolette
conf. da 6 30% 15.50 invece
31.–Branches Eimalzin in conf. speciale, 50 x 25 g,
50%
x
(100 g = 1.29)
Coaties o Crunchy Clouds, Frey disponibili in diverse varietà e confezioni speciali, per
1
11.–
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di cioccolato Frey Giandor, al latte e alle nocciole o al latte finissimo, 6 x 100 g, per es. Giandor, 9.20 invece di 13.20, (100 g = 1.53)
di
(100 g = 1.24)

Delizie pronte in un batter d’occhio

Pasta refrigerata Migros

Scorta 10 Deliziose ricette con il tonno su migusto.ch Rio Mare disponibile in diverse varietà e in confezioni multiple, per es. Tonno all'Olio di Oliva, 3 x 104 g, 10.50 invece di 14.10, (100 g = 3.37) conf. da 3 25%
invece
limone
pepe, per es. bistecca al pepe
mi, 2
195 g,
g
2.03) conf. da 2 20% Tutto l'assortimento di pasta fresca Garofalo per es. trofie, 400 g, 3.95 invece di 4.95, (100 g = 0.99) 20%
7.90
di 9.90 Cornatur bistecca al pepe Grill mi o scaloppine al
e
Grill
x
(100
=
250
10.80,
g
conf. da 2 20% 6.25 invece di 12.50 Spaghetti Agnesi 5 x 500 g, (100 g = 0.25) conf. da 5 50% 6.–invece di 7.50 Chicchi di mais M-Classic 6 x 285 g, (100 g = 0.35) conf. da 6 20%
prosciutto o al tonno, per es. alla mozzarella, 3 x 330 g, 5.40 invece di 6.75, (100 g = 0.55) conf. da 3 20%
Pomodori
6 x 400
conf. da 6 20% Pancho Villa Tortillas Flour o Nacho Chips, per es. Tortillas, 2 x 326 g, 7.25 invece di 9.10, (100 g = 1.11) conf. da 2 20%
Bio girasoli con verdure grigliate, fettuccine o tortelloni ricotta e spinaci, in conf. multiple, per es. girasoli, 2 x
g, 8.60 invece di
(100
= 1.72)
Pizze La Trattoria prodotti surgelati, alla mozzarella, al
7.20 invece di 9.–
triturati Longobardi
g, (100 g = 0.30)

Smaltibili al 100% con il compostaggio domestico

a

da 2 pezzi 25%

Tutte le sfere di caffè CoffeeB per es. Lungo bio, 9 sfere, 3.30 invece di 4.40

Caffè Exquisito, in chicchi o macinato 4 x 500 g, per es. in chicchi, 26.– invece di 37.20, (100 g = 1.30) conf. da 4 30%

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Tutti i tè e le tisane Messmer per es. Hawaii Kiss, 20 bustine, 2.60 invece di 3.20, (10 g = 0.51)

Per gli spuntini

Tutti i wrap, i sandwich e gli onigiri, in stile asiatico, refrigerati per es. wrap di sushi al salmone affumicato, 240 g, 6.– invece di 7.50, (100 g = 2.50) 20%

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