Azione 46 del 10 novembre 2025

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MONDO MIGROS

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SOCIETÀ Pagina 3

Nel BedrettoLab, a 1500 metri di profondità, si studiano i meccanismi dei terremoti

Trump ha demolito parte della Casa Bianca per costruire una sala da ballo da 300 milioni di dollari.

ATTUALITÀ Pagina 15

Per gli amanti di Ennio Flaviano (e sono tanti) Adelphi propone la raccolta Chiuso per noia

CULTURA Pagina 23

Leonora Carrington, visionaria e ribelle

La Verzasca ha visto in gara dieci fotografi agli Swiss Masters UW-Photo a Lavertezzo

TEMPO LIBERO Pagina 35

E voi, cosa avreste rubato al Louvre?

Avevo cinque anni quando, una volta, andai con mia madre a fare una spesuccia. Per uno di quei ghiribizzi trasgressivi infantili, mi venne voglia di rubare qualcosa. Chissà perché, scelsi una piccola confezione di burro avvolta in carta argentata. Quando, sulla strada di casa, lei se ne accorse, mi riportò dalla cassiera tirandomi letteralmente per un orecchio e mi costrinse a confessare il reato. Finì così la mia carriera di ladro. Eppure, ancora oggi mi affascinano le storie di furti. Da settimane non smetto di pensare ai gioielli sottratti al Louvre e fantastico su un’idea assurda: nel bendidio di capolavori di quel museo, al posto dei cambrioleurs, che cosa avrei rubato io? Restando ai gioielli, nella stessa Galleria d’Apollo dove sono state scassinate le teche, c’è la corona di Luigi XV, realizzata nel XVII secolo e usata per la sua incoronazione nel 1722, quando aveva solo 12 anni. Mi piace pensare che fu dav-

vero posata sul suo testolino. È uno dei rarissimi gioielli superstiti dell’Ancien Régime, sopravvissuto alla furia rivoluzionaria del 1792 (che, tra l’altro, da quel momento in poi per le teste dei re non prevedeva più la corona, ma la ghigliottina). Rubarla, però, sarebbe stato un magro affare, visto che nel 1885 la Terza Repubblica decise di vendere le pietre preziose della corona, sostituendole con gemme di cristallo. Ma forse mi sarei sentito meno in colpa.

Osando di più, non mi sarebbe dispiaciuto mettere la statua della Nike di Samotracia in salotto, a esclusivo godimento degli occhi miei e dei miei cari. Ma avrei poi dovuto cambiare salotto, perché portarsi a casa un affare di marmo alto 3,28 metri, con un’apertura alare di 2,40 e un peso tra le 15 e le 20 tonnellate, è probabilmente al di là delle mie possibilità.

Sarebbe stata più alla portata – e molto carina su

un bel tappeto rosso – la statua del Canova Amore e Psiche (meno di 2 tonnellate), ma hai voglia a portarla giù dalle scale del montacarichi piazzato fuori dal museo e a farcela stare sullo scooter in fase di fuga. Per analoghe ragioni avrei dovuto rinunciare alla Zattera della Medusa di Géricault, un quadro alto quasi 5 metri e largo più di 7. Sotto il cappotto non ci sarebbe stato. Peccato: sai che figurone appenderlo in garage?

Mi avrebbe tentato la Gioconda? Mah. Vero che è piccola, 77 x 53 cm, ma sarebbe stato un furto del tutto privo di originalità. In tanti hanno sognato di portarla via, arrotolata come la pasta sfoglia nella carta da forno. E uno, che viveva non lontano da Ponte Tresa, a Dumenza in provincia di Varese, ci era perfino riuscito. Ma è un capolavoro troppo esposto e tecnologicamente sorvegliato per un ladro scarsino come me.

Mi sarei però accontentato di un’altra opera di Leonardo, a mio avviso infinitamente più affascinante della Monna Lisa: il Ritratto di dama, ribattezzato dai francesi La Belle Ferronnière, che mostra una ragazza in eleganti vesti di velluto color carminio, con uno sguardo intenso e corrucciato che fulmina, fuori dal quadro, non si sa quale incauto ammiratore.

Ma alla fine, forse, mi sarei fiondato su una preda unica nel panorama artistico di tutti i tempi: un quadretto di appena 58 cm per 33, La nave dei folli di Hieronymus Bosch, comico, visionario e surreale come questa fantasia su carta. Purtroppo, però, i miei primi passi da cambrioleur furono stroncati sul nascere dal feroce puntiglio educativo materno, e devo accontentarmi di qualche sogno a occhi aperti. E voi, potendo, che cosa avreste rubato al Louvre?

Alessia Brughera Pagina 21
© Estate of Leonora Carrington, by SIAE
2025

«Volevamo salutarla tutti»

Amarcord ◆ Gianfranco Covino, collaboratore di Migros Ticino, durante l’anno di formazione Oltre Gottardo, ogni tanto incontrava Adele Duttweiler

Demotape Clinic

m4music ◆ Ritorna l’appuntamento con la grande musica da scoprire: avete tempo fino al 21 dicembre

I coniugi Duttweiler, che attraverso la Migros hanno forgiato anche un pezzo di storia della Svizzera, oltre Gottardo erano molto più di una «semplice» coppia di imprenditori. Il loro agire coraggioso accompagnato a qualche controversia (soprattutto per quanto riguarda Gottlieb Duttweiler) ne fece due personaggi discussi e celebri, che la gente riconosceva per strada e considerava delle specie di star del panorama imprenditoriale e politico elvetico. E se Gottlieb Duttweiler morì nel 1962 (era nato nel 1888), l’amata moglie Adele gli sopravvisse molti anni, andandosene infatti nel 1990 (era nata nel 1892).

Il collaboratore di Migros Ticino Gianfranco Covino, oggi responsabile vendite, Adele Duttweiler ha la fortuna di ricordarla bene: «Dopo l’apprendistato di vendita, avevo poco più di vent’anni, per imparare il tedesco mi trasferii per un anno nella Svizzera tedesca, lavorando dapprima per Migros Lucerna, poi Migros Zurigo. Il primo anno lo trascorsi allo Zugerland, un grande centro commerciale nel Canton Zugo, con supermercato, ristorante, melectronics, SportXXX e molti altri negozi».

«Quando arrivai, mi raccontarono che vi facesse regolarmente la spesa Adele Duttweiler, e che poi aveva l’abitudine di passare dal ristorante per concedersi un caffè e una fetta

Gianfranco Covino

Responsabile vendita; lavora per Migros Ticino dal 1. settembre 1983

di torta. Il ristorante era d’altri tempi, eravamo negli anni Ottanta, come li si faceva all’epoca. Era tetro e molto scuro, pieno di legno massic-

Adele Duttweiler, moglie del fondatore di Migros Gottlieb Duttweiler, «Dutti». (Migros)

cio. Aspettai, e finalmente un giorno Adele Duttweiler arrivò».

«Adele era come una specie di divinità: quando era in sede la voce si diffondeva in un attimo tra i collaboratori, e chi più e chi meno, cercavamo di avvicinarci tutti in un modo o nell’altro al tavolo dove prendeva la sua torta con caffè per salutarla, o anche solo per vederla».

«Era una donna riservata, di statura media ed elegante. Ricordo che era una persona posata, ma comunque arzilla, anche perché all’epoca aveva già più di ottant’anni. Non feci mai una vera e propria conversazione con lei, ma la salutavo volentieri. Aveva una personalità straordinaria».

Quest’anno, la Demotape Clinic di m4music è iniziata prima del solito: i nuovi talenti sono invitati a inviare i propri brani dal 5 novembre al 21 dicembre 2025. Fedele alla sua missione di scoprire la nuova scena musicale svizzera, la piattaforma del Percento culturale Migros è alla ricerca di artiste e artisti emergenti in cinque categorie: Pop, Rock , Lyrics&Beats, Electronic e Out of Genre. Durante il festival m4music (20 e 21 marzo 2026), 61 «Selected Artists» presenteranno la loro musica nelle «Live Jury Sessions». La premiazione delle vincitrici e dei vincitori della Demotape Clinic avrà luogo il 21 marzo 2025. Dal 26 novembre 2025 al 14 gennaio 2026, m4music cerca inoltre giovani gruppi per il «New Jazz Showcase», offrendo loro l’opportunità di esibirsi dal vivo durante il festival.

m4music

m4music, il festival del Percento culturale Migros, si terrà a Zurigo il 20 e il 21 marzo 2026. Cinque palchi ospiteranno oltre 40 spettacoli con artisti e artiste emergenti dalla Svizzera e internazionali. Completano il programma del festival la Conference, una piattaforma di scambio e catalizzatrice di nuove idee, e la Demotape Clinic, uno dei concorsi per

Una seconda famiglia e un luogo sicuro

giovani talenti più importanti della Svizzera. Dal 1998 m4music è sinonimo di scoperte musicali e incontri tra scena e pubblico. Numerosi artisti e artiste che si sono esibiti al festival – tra cui Charli XCX, Sophie Hunger o Black Sea Dahu – sono oggi figure centrali della cultura pop internazionale.

Contatti elliott AG

Claudia Wintsch, +41 79 653 24 52, media@m4music.ch

Sarah Baumgartner, +41 76 476 12 40, media@m4music.ch

Philipp Schnyder, responsabile del festival m4music, +41 79 631 15 05, philipp.schnyder@mgb.ch

Anniversari ◆ Questa settimana Migros Ticino e «Azione» si congratulano con Dragana e Christin, in azienda da 25 anni

Venticinque anni sono un quarto di secolo, ma anche la testimonianza di un rapporto di fiducia tra collaboratrice e azienda che si rinnova. Un grazie a Dragana e Christin per il loro impegno.

Dragana Arandjelovic Lavora per Migros Ticino dal 16 ottobre 2000

Qual è il suo ruolo all’interno di Migros Ticino?

Attualmente lavoro come venditrice. Ho iniziato in Migros come cassiera, e nel corso degli anni ho avuto modo di svolgere diversi compiti, anche di responsabilità. In passato ho gestito un reparto per diversi anni, e oggi mi occupo un po’ di tutto là dove serve.

25 anni sono un quarto di secolo: cosa le piace maggiormente del suo lavoro dopo tutti questi anni?

Mi piace il mio lavoro perché lo so fare e mi dà soddisfazione farlo bene. Ogni giorno è diverso e mi piace stare a contatto con le persone, dare una mano ai colleghi e ai clienti. Dopo tanti anni è un ambiente che sento mio.

Quali sono le sfide che la aspettano i prossimi 25 anni?

Continuare a dare il meglio di me e restare sempre positiva, anche nei cambiamenti che il lavoro porta con sé. Mi piacerebbe trasmettere ai nuovi colleghi la passione e la dedizione che ho sempre avuto per Migros.

Cosa augura a Migros nell’anno dell’anniversario?

Auguro a Migros di continuare a crescere e di restare sempre un punto di riferimento per i clienti e per tutti noi che ci lavoriamo con impegno e passione.

Cosa rappresenta Migros per lei?

Per me Migros è come una seconda famiglia. In questi 25 anni ho passato

tanti momenti, belli e anche impegnativi, ma sempre con persone accanto a cui tengo molto. Ho sempre dato tutta me stessa al lavoro, e Migros è diventata parte della mia vita.

Lavora per Migros Ticino dal 1. novembre 2000

Quale è il suo ruolo all’interno di Migros Ticino?

Il 2 novembre 2000, ho iniziato la mia esperienza presso la filiale di Agno nel reparto Food dei coloniali, di cui mi occupo tuttora. Ho visto crescere l’azienda giorno per giorno, ho affrontato diverse ristrutturazioni, la difficoltà di gestire tutto nel periodo Covid, cambi di gestione

e personale. Ho visto cambiare totalmente la tecnologia: 25 anni fa si facevano le ordinazioni e gli inventari a mano con il cartaceo, ora è tutto elettronico, più veloce e più preciso. Ho lavorato in diversi reparti quando ce n’era bisogno, come il reparto latticini, frutta e verdura, non food e cassa.

25 anni sono un quarto di secolo: cosa le piace maggiormente del suo lavoro dopo tutti questi anni? Mi piace essere a contatto con la gente e instaurare rapporti con i clienti. Vedere i bambini diventare adulti e diventare genitori è una delle cose più belle del mio lavoro. Essendo nata ad Agno, conosco molte persone del posto e ho avuto il piacere di conoscere anche nuovi clienti con cui ho stretto un legame: amo fare due chiacchiere con loro quando vengono a fare la spesa da noi. Purtroppo, ultimamente sembra che tutti abbiano sempre più fretta e si sorrida di meno. Cerco di accogliere i clienti con un sorriso e di soddisfare le loro richieste, tenendo gli articoli esposti il più ordinatamente possibile. Ad

Agno mi trovo bene, anche perché lavoro con un bel team.

Quali sono le sfide che le aspettano i prossimi 25 anni?

Credo che le sfide principali saranno quelle di adattarsi alle nuove tecnologie e alle esigenze dei clienti, mantenendo alta la qualità dei prodotti e del servizio. Sarà importante essere sempre più efficienti e innovativi per stare al passo con le tendenze del mercato.

Cosa augura a Migros nell’anno dell’anniversario?

Auguro a Migros di continuare a crescere e a innovarsi, mantenendo sempre i valori di qualità e servizio che l’hanno caratterizzata fin dall’inizio. Spero che possa continuare a essere un punto di riferimento importante per la comunità.

Cosa rappresenta Migros per lei? Migros rappresenta per me un luogo di lavoro sicuro dove ho potuto crescere professionalmente e personalmente. Sono contenta di poter essere parte di questa tradizione e di poter contribuire al successo di Migros.

Christin Hirschi

SOCIETÀ

Non solo corpi, non solo vestiti

Fino al 23 novembre Villa Ciani ospita la mostra Habitus Fidei, dedicata all’abito confraternale e ai codici vestimentari, con alcune riflessioni sul nostro vivere

Tredici lingue per la salute mentale

Salutepsi.ch ha presentato la nuova campagna di informazione nazionale: inclusività e accesso anche a chi non parla le lingue nazionali

Nelle viscere delle montagne ticinesi per studiare i meccanismi dei terremoti

Scienza ◆ Nel BedrettoLab, a 1500 metri di profondità, si simulano eventi tellurici per capirne le origini e la propagazione

Un progetto di ricerca del Politecnico di Zurigo che coinvolge istituti internazionali

I terremoti scuotono non solo la terra sotto i nostri piedi, ma spesso anche la nostra fiducia nella scienza. Un tempo interpretati come malumori di divinità maligne o contrariate, sprofondate nel ventre di Madre Natura, ancora oggi imprevedibili e sconvolgenti, restano una sfida per la ricerca. Cosa innesca un sisma e cosa ne determina la fine restano a oggi degli enormi punti interrogativi. E per capire i meccanismi di quanto si cela sotto i nostri piedi, in particolare come si origina e propaga un evento sismico, a 1500 metri di profondità tra le montagne del Canton Ticino, presso il BedrettoLab, è stata creata appositamente una galleria aggiuntiva lunga 120 metri, parallela a una faglia naturale. Una sorta di «finestra» rivolta al centro della Terra, per compiere simulazioni in sicurezza con l’installazione di sistemi di osservazione all’avanguardia. È stata creata una galleria lunga 120 metri parallela a una faglia naturale, una «finestra» rivolta al centro della Terra

Il Laboratorio Sotterraneo di Bedretto per le Geoscienze e le Geoenergie (BedrettoLab appunto) è un’infrastruttura di ricerca del Politecnico di Zurigo (ETH), guidata dai professori Domenico Giardini, Stefan Wiemer e Hansruedi Maurer. Concepito per accogliere gruppi di ricerca misti, che coinvolgono studiosi ed esperti nazionali e internazionali, è sede del progetto FEAR (https://fear-earthquake-research.org/about/fear/ –Fault Activation and Earthquake Rupture), finanziato (14 milioni di euro) dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC) nell’ambito dei progetti Synergy, con l’ambizioso intento di raggiungere una chiara comprensione dei meccanismi di funzionamento dei terremoti e quindi predisporre meccanismi predittivi affidabili. Insieme all’ETH fanno parte del consorzio di ricerca anche l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Roma (INGV) e l’Università di Aachen (Germania), con diversi apporti anche da altre università svizzere, italiane, tedesche, francesi e statunitensi. FEAR si articola in tre fasi per una durata totale di 6 anni. Gli studiosi hanno predisposto un sistema articolato di pozzi prospicienti la faglia, per l’istallazione di sensori e sistemi di osservazione necessari a monitorare i processi fisici all’interno delle rocce, che verran-

no sottoposte a uno stress controllato mediante l’iniezione di acqua, e a misurare così parametri fondamentali come la pressione dei fluidi nelle fratture e le variazioni delle deformazioni. Di fatto verranno innescati dei piccoli sismi, uno dei quali di magnitudo 1, non avvertibili a livello umano, ma sufficienti per essere rilevati dalla sofisticata rete di sensori posizionata dal team di ricerca che raccoglierà così dati preziosi. Si inietteranno centinaia di metri cubi di acqua ad alta pressione, che ridurrà la resistenza (l’attrito) sui piani di faglia, indebolendoli e agevolandone lo slittamento. Il tutto seguendo un protocollo di sicurezza severissimo.

La priorità, infatti, è quella di condurre il tutto senza rischi sia per il personale sia per la regione circostante. Si punta quindi a innescare eventi di piccola entità, non dannosi, corrispondenti a terremoti con lunghezze di rottura non superiori a poche decine di metri. La profondi-

tà del tunnel di 1 km è inferiore alla profondità sismogenetica di 5-10 km tipica dei terremoti più forti avvertiti nelle Alpi. A tale profondità, l’energia potenziale che una faglia può immagazzinare e, di conseguenza, la potenza del terremoto che può produrre, è limitata. Tuttavia, poiché i ricercatori sono consapevoli del fatto che il rischio non sia nullo, adottano rigorose misure di mitigazione per minimizzarlo, tenendosi abbondantemente entro le soglie di sicurezza. «L’osservatorio sulla faglia è il tassello mancante del puzzle dello studio dei terremoti», ha dichiarato il professor Domenico Giardini, uno dei quattro coordinatori del progetto FEAR. «Disponiamo di eccellenti reti di monitoraggio in tutto il mondo. Tuttavia, gran parte di loro è collocata sulla superficie, e quindi a molti chilometri di distanza dal punto di origine dei terremoti. Inoltre, anche i pochi sensori nei pozzi si trovano normalmente solo in prossi-

mità delle zone di faglia, non al loro interno». Si tratta dunque di un sistema unico a livello planetario, che consentirà ai ricercatori di ottenere nuovi preziosissimi dati in grado di svelare cosa accade prima, durante e dopo un evento sismico, con un’attenzione particolare ai segnali precursori, nell’ottica di sviluppare sistemi sempre più sofisticati in grado di aiutarci a prevedere i terremoti più forti.

I ricercatori possono sfruttare l’approfondita esperienza accumulata negli ultimi quattro anni grazie ai numerosi esperimenti di iniezione svolti nel BedrettoLab con livelli crescenti di pressione, nei quali finora hanno indotto sismi fino a una magnitudo di – 0.5.

L’obiettivo principe resta l’individuazione di quei segnali precursori diagnostici in grado di avvisare l’imminenza di un evento sismico con un grado di affidabilità alta, in modo da poter predisporre tempestivamente

tutti gli apparati di protezione e sicurezza necessari a garantire l’incolumità della popolazione.

Oltre allo studio dei terremoti, le ricerche condotte al BedrettoLab, in stretta collaborazione con partner nazionali e internazionali, vagliano anche tecniche e procedure per un uso sicuro, efficiente e sostenibile del calore geotermico. Aumentare la quota delle energie rinnovabili, infatti, rientra nella Strategia energetica 2050 della Svizzera e l’energia geotermica si presenta come risorsa promettente sia per la produzione di elettricità sia di calore.

Per dare la possibilità a tutti di verificare l’efficacia ed efficienza dell’impianto, in collaborazione con il Museo Sasso San Gottardo, l’ETH di Zurigo offre visite guidate pubbliche al BedrettoLab. Le date delle visite guidate pubbliche saranno comunicate sul sito web del laboratorio (www.bedrettolab.ethz.ch) nella primavera del 2026.

Ricercatori al lavoro all’interno della galleria (BedrettoLab)
Amanda Ronzoni
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Tradizione e gusto del Ticino

Attualità ◆ Grazie al piatto di formaggi misti ticinesi l’esperienza di gusto nostrana è assicurata Ma attenzione, sarà disponibile solo per un periodo limitato nella tua filiale Migros più vicina

Con la loro storia fatta di tradizione, passione e sapore autentico i formaggi sono sicuramente tra i prodotti più rappresentativi del nostro territorio. Fedele a questi valori, da sempre Migros Ticino propone nel suo assortimento un’ampia scelta di formaggi locali, tutti realizzati esclusivamente con latte 100% ticinese. Per la gioia di tutti gli estimatori del formaggio, da questa settimana – fino a esaurimento scorte – nei supermercati Migros è disponibile un piatto misto di formaggi ticinesi, che permetterà a ognuno di assaporare cinque grandi classici della nostra tradizione. Il piatto è così composto:

Formaggella cremosa

Prodotta dal Caseificio del Gottardo di Airolo con latte pastorizzato di mucca, rappresenta un’apprezzata tipicità locale. È un formaggio a pasta-semidura dal sapore dolce e delicato, con crosta fiorita edibile. Tempo di maturazione di circa 15 giorni. Dalla sua ricetta, derivano le versioni ½ e ¼ grassa.

Sole del Ticino

A base di latte pastorizzato di mucca, questo formaggio a pasta semi-dura è prodotto ad Airolo dal Caseificio del Gottardo. Possiede una struttura della pasta elegante, compatta e di color giallo paglierino. La sua maturazione di circa 2 mesi gli conferisce un gusto delicato.

Blenio caseificio

Il Caseificio del Sole di Aquila produce questo ottimo formaggio con latte vaccino pastorizzato. La sua maturazione di circa 3 mesi gli conferisce un gusto fresco di latte. Con il proseguire della maturazione, il sapore tipico

di un formaggio da caseificio di montagna si intensifica armoniosamente.

Merlottino

La particolare colorazione della sua crosta è frutto dei delicati «massaggi» al Merlot a cui è sottoposto dagli esperti casari. La sua pasta di color avorio risulta cremosa e intensamente saporita al palato. È prodotto con latte pastorizzato di mucca dal Caseificio del Gottardo di Airolo dove stagiona per oltre 6 mesi in cantina.

Alpe Pesciüm DOP

Valido rappresentante dei formaggi d’Alpe ticinesi, questo formaggio viene prodotto con latte crudo vaccino sull’omonimo alpeggio situato sui pascoli dei pendii apprezzati dagli sciatori che frequentano la stazione invernale di Airolo-Pesciüm. La ricca flora alpina di cui si cibano le mucche gli conferisce un gusto unico e caratteristico. Matura per i primi 60 giorni sull’Alpe e con il trascorrere dei mesi il suo affinamento in cantina lo rende sempre più invitante.

Ritorna la giornata della colletta alimentare

Attualità ◆ Sabato 15 novembre 2025, in 11 filiali Migros si terrà la consolidata raccolta di generi alimentari per i più bisognosi

Il prossimo sabato, durante l’intera giornata, 11 supermercati Migros ospiteranno la nona edizione della tradizionale «Giornata della colletta alimentare». Gli oltre 300 volontari dell’Associazione Amici della Colletta presenti nei supermercati si occuperanno di raccogliere, al motto di «condividere i bisogni per condividere il senso della vita», i generi alimentari donati dalla clientela, che saranno successivamente distribuiti nella Svizzera italiana a persone in stato di bisogno, il cui numero è cresciuto significativamente negli ultimi anni. Nel 2024 sono state ben 835 le tonnellate di cibo raccolte e distribuite da Tavolino Magico nella Svizzera Italiana. Ricordiamo che i prodotti ideali da donare sono quelli a lunga conservazione, come per esempio pasta, riso, zucchero, marmellate, miele, farina, latte UHT, carne in scatola, tonno, cereali, succhi di frutta, prodotti per l’igiene, caffè, legumi sec-

chi, aceto, olio e scatolame. Simonetta Caratti, portavoce di Tavolino Magico nella Svizzera italiana, sull’importanza di questa giornata: «Questa colletta è frutto di tanto impegno e di un grande spirito di servizio. A tutti voi, il nostro più sincero grazie! Grazie al cibo raccolto, Tavolino Magico potrà distribuire per mesi ai propri beneficiari non solo frutta e verdura fresche, ma anche una ricca varietà di alimenti secchi. Un aiuto concreto e una gioia per molte famiglie!».

Le filiali Migros coinvolte

Locarno • Giubiasco • S. Antonino, Taverne • Agno • Radio-Besso • Lugano Centro • Pregassona • Molino Nuovo • Crocifisso-Savosa • Mendrisio-Campagna Adorna

Piatto di formaggi Ticino 150 g Fr. 11.95
In vendita da domani fino ad esaurimento dello stock

Il regalo nostrano perfetto è…

Attualità ◆ …un bel cesto di prodotti del nostro territorio. Componilo online secondo i tuoi desideri e ritiralo nella filiale Migros di tua scelta

Si avvicinano le festività natalizie ed è tempo di pensare a cosa regalare per sorprendere con qualcosa di speciali amici, parenti o colleghi. Con i nostri cesti regalo dei Nostrani del Ticino farai la scelta giusta, in quanto rappresentano sicuramente un regalo originale e gradito per gli amanti dei prodotti genuini della nostra regione. Puoi ordinare il tuo cesto in modo semplice, veloce e intuitivo sul sito dei nostranidelticino.ch. Da quest’anno hai la possibilità di scegliere tra quattro tipi di cesti differenti, piccolo

(5 articoli), medio (10 articoli) e gran de (15 articoli), tutti e tre in paglia, e, come novità, è disponibile anche un vantaggioso cesto grande in cartone, anch’esso per 15 articoli. Una volta selezionato il cesto, lo puoi comporre come vuoi tu scegliendo tra una cin quantina di prodotti nostrani, tra cui biscotti, tisane, salumi, bevande, mie le e condimenti vari. Infine, non devi fare altro che selezionare la filiale Mi gros in cui ritirarlo entro pochi giorni e procedere al pagamento con le prin cipali carte.

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«Siamo più dei nostri corpi, più dei nostri vestiti»

Tra fashion e spiritualità ◆ Lorenzo Cantoni, curatore della mostra luganese Habitus Fidei, racconta il senso umano del vestire a partire dalla Bibbia e dagli abiti delle

Quando lo incontriamo nel suo ufficio all’USI, il professor Lorenzo Cantoni sta chiacchierando al computer con l’avatar di un «confratello digitale», che risponde diligentemente e con competenza alle sue domande sugli abiti e la Bibbia, lo stesso campo d’indagine esplorato dalla mostra Habitus Fidei, dedicata agli abiti delle confraternite religiose e aperta fino al 23 novembre a Villa Ciani a Lugano. Un evento culturale tra il fashion e la spiritualità che promette di sorprendere e far riflettere. Perché non si tratta solo di tessuti e fogge, ma di un viaggio antropologico e spirituale nel significato del vestire.

A guidarci in questo percorso è appunto Lorenzo Cantoni, professore ordinario all’USI di Lugano, dove dirige l’Istituto di Tecnologie Digitali per la Comunicazione, insegna comunicazione digitale applicata alla moda e al turismo, ed è direttore del Master in Digital Fashion Communication. È lui che ha curato la mostra a Villa Ciani con il direttore del Museo della grafica di Pisa Alessandro Tosi e avvalendosi dell’aiuto dell’esperto ticinese di confraternite Davide Adamoli.

Cosa significa vestirsi?

«Tutto è cominciato con una domanda semplice: cosa significa vestirsi?» ci spiega. «Mi occupo di comunicazione digitale, anche nel campo della moda, e ho sempre avuto una curiosità profonda per il senso del vestire. Quando mi è stato proposto di intervenire a un convegno sulle confraternite, ho deciso di studiare il tema degli abiti confraternali. Da lì è nato un itinerario di ricerca che ha incrociato teologia, storia dell’arte e antropologia».

La mostra ha avuto una prima tappa al Museo della Grafica e al Museo Nazionale San Matteo a Pisa, dove è stato possibile ammirare opere d’arte prestigiose di autori come Masaccio o Beato Angelico, e una seconda nella chiesa dei santi Giovanni e Reparata a Lucca.

Ma, dal punto di vista degli indumenti, l’edizione luganese di Villa Ciani sarà la più ricca: presenterà venticinque abiti, quasi tutti ticinesi, accompagnati da oggetti processionali, quadri, profumi e installazioni multimediali. Nel retro dell’ufficio il professor Cantoni me ne mostra alcuni, uno in tela grezza della confraternita della Buona Morte, che ha un suo piccolo museo in vetta al San Salvatore, e un’altra, rosso fuoco, della Confraternita del Santo Sacramento, con tanto di simbolo affisso sull’abito, sbalzato in argento.

Per realizzare l’esposizione Cantoni ha letto di fino i Vangeli cercando ogni riferimento ad abiti e tessuti. «È

Confraternite religiose in mostra a Villa Ciani

sorprendente quanto siano presenti. Dalle fasce di Gesù bambino alla tunica contesa sotto la croce, passando per le parabole in cui il vestire ha un ruolo centrale».

Come quella del banchetto nuziale (Matteo 22, 1-14) con l’invitato senza abito adatto, cacciato dalla festa, e quella del figliol prodigo (Luca 15, 11-32), a cui il padre riserva l’abito più bello, l’anello e i calzari. «In entrambi i casi, l’abito è il linguaggio dell’accoglienza, della dignità restituita, della festa. Anche San Paolo, che di mestiere faceva tende, usa spesso metafore sartoriali», osserva lo studioso: «Svestite l’uomo vecchio, rivestitevi di Cristo». Con lui l’abi-

to diventa simbolo di trasformazione spirituale.

Il senso del cappuccio

A Lugano, però, gli abiti in mostra sono quelli delle confraternite, ovvero di quelle associazioni laicali nate nel Medioevo, formate da fedeli che si riuniscono per vivere la fede in modo comunitario e concreto con finalità religiose, caritative e sociali. Che abito indossa il confratello?

«Un abito che non serve per ragioni di pudore o per proteggersi dal freddo, ma una sopra-veste, segno espressivo e comunicativo. Anche il cappuc-

La mostra a Lugano: date, orari, visite guidate

Arriva a Lugano l’ultima tappa della mostra itinerante Habitus Fidei. Le vesti delle confraternite: un cammino fra arte, storia e fede, inaugurata il 7 novembre e visitabile presso Villa Ciani fino al 23 novembre 2025.

L’esposizione, curata dal Professor Lorenzo Cantoni (USI) e dal Professor Alessandro Tosi (Università di Pisa), racconta il mondo delle confraternite attraverso abiti, opere d’arte e un inedito avatar interattivo. Dopo Pisa e Lucca, la mostra conclude in Ticino il suo percorso tra arte, storia e devozione. L’edizione luganese è co-curata dal dottor Davide Adamoli, collaboratore scientifico dell’Archivio Storico della Diocesi di Lugano, autore di una ricerca dottorale sulle confraternite ticinesi, realizzata all’Università di Friburgo.

• L a mostra è aperta al pubblico tutti i giorni, sabato e domenica inclusi, dalle ore 15.00 alle ore 19.00;

• per le scuole, con visite guidate su prenotazione dal sito internet: lunedì, martedì, giovedì e venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 15.00; mercoledì, dalle ore 9.00 alle ore 12.00;

• il martedì le visite guidate sono in lin -

La prima tappa della mostra Habitus Fidei si è svolta a Pisa (vedi foto a lato), la seconda a Lucca e l’ultima si sta tenendo in questi giorni a Lugano. (foto Flickr)

cio, che oggi tendiamo a interpretare come qualcosa di losco, richiama in realtà a un virtuoso anonimato: “Se fai il bene, fallo nel segreto” dice il Vangelo». Cantoni si alza e mi porge un vecchio volume: è il registro della confraternita luganese di San Rocco, che ha vestito per secoli gli orfani e i poveri. Le ultime donazioni di vestiti e scarpe, tutte diligentemente annotate, risalgono al 1964! «Vestire gli ignudi era una delle opere di misericordia. E l’abito era il segno concreto di quella carità».

Oltre agli abiti, la mostra presenta antichi quadri originali (tra cui uno attribuito a Procaccini), basto-

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gua tedesca e inglese, gli altri giorni in lingua italiana e inglese;

• il 20 novembre la mostra sarà chiusa. La mostra offre un’opportunità unica per vedere gli abiti delle confraternite ticinesi e per riflettere sul tema del vestire e sul suo senso nella tradizione cristiana. Chi la visita avrà poi l’occasione di dialogare – in italiano, francese, tedesco o inglese – con l’avatar di un confratello esperto di storia e di abiti confraternali, ricostruito grazie all’AI generativa (vedi foto).

Informazioni È possibile visitare il sito web dedicato: https://habitusfidei.art/

ni processionali, profumi simbolici (muschio bianco, mirra, nardo, rosa e incenso), e video, oltre al già citato «confratello virtuale» creato dall’intelligenza artificiale, capace di rispondere alle domande dei visitatori. «Abbiamo voluto creare un’esperienza multisensoriale. I profumi, ad esempio, aiutano a evocare concetti spirituali. E i video raccontano storie, come quella della sarta che si è confrontata con la fede cucendo un abito confraternale.»

Il discorso non è solo spirituale. «Vestirsi non significa solo coprirsi. È un atto profondamente umano, che esprime intelligenza e identità. La moda, spesso considerata qualcosa di superficiale, è in realtà un fenomeno culturale potente». Non a caso, ricorda Cantoni, le mostre più visitate al Metropolitan Museum e al Victoria & Albert Museum sono quelle sulla moda. «Perché la moda ci aiuta a interpretare la cultura, la storia, la società. Anche dove non ci sono monumenti, ci sono abiti che raccontano chi siamo».

Ieri e oggi

Le confraternite religiose sono un mondo ancora vivo, ma che appartiene soprattutto al passato. «Sì, uno studio recente ne ha identificate oltre trentamila in Europa, con circa sei milioni di membri. L’abito gioca un ruolo analogo anche in altri contesti, per esempio in alcune subculture contemporanee, come lo streetwear o il mondo dello sport, che hanno codici vestimentari che creano appartenenza. Manca la dimensione spirituale, certo. Ma come per l’abito confraternale anche qui ci sono divise che manifestano un impegno, una scelta di vita. Anche gli oggetti del vestire dicono molto di noi, in fondo il recente clamoroso furto al Louvre di Parigi, riguarda parure di gioielli che erano indossati dai potenti per mostrare il loro rango. Ma i diademi si usano ancora oggi in diversi ambiti, dalla coroncina della reginetta di bellezza a quella d’alloro con cui si cingono la testa i laureati». Cantoni, che da sei mesi – proprio a seguito delle conoscenze maturate per realizzare la mostra – è entrato egli stesso a far parte della confraternita di San Rocco, conclude con un’immagine potente: «Molti confratelli chiedono di essere sepolti con l’abito della confraternita che è l’abito della festa, l’abito definitivo. Un segno che ci ricorda che siamo più del nostro corpo, più dei nostri vestiti». Habitus Fidei non è solo una mostra di abiti. È un invito a riflettere su chi siamo, su come ci presentiamo al mondo e su cosa vogliamo comunicare. Un viaggio che parte dalla stoffa e arriva al cuore della nostra umanità.

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La salute mentale in 13 lingue

Online ◆ La campagna di informazione nazionale Salutepsi.ch ha presentato un nuovo sito per raggiungere anche le persone con un passato migratorio

La salute mentale, componente essenziale del benessere di una persona, necessita che sensibilizzazione e diffusione di informazioni siano sempre presenti, anche perché il tema è ancora in parte tabù. Da diversi anni la promozione si è intensificata e dal 2018 il Ticino partecipa con i cantoni romandi alla campagna nazionale Salutepsi. ch. Fra i suoi ultimi progetti figura il nuovo sito multilingue Psy-Health.ch che intende raggiungere in particolare coloro che nel nostro Paese si confrontano con un passato migratorio. La migrazione forzata comporta cambiamenti importanti come la ricerca di nuovi punti di riferimento, l’inserimento in un contesto linguistico e culturale diverso e la modifica delle abitudini quotidiane. Simili fasi della vita tendono a mettere a dura prova la salute mentale, di cui ci si può prendere cura se si è in grado di comprenderla e di curarla e se si riesce ad accettare aiuto dai servizi disponibili.

Psy-Health.ch offre proprio informazioni accessibili e risorse pratiche al maggior numero di persone possibile sfruttando 13 lingue: albanese, arabo, dari/farsi, francese, inglese, pashtu, portoghese, russo, spagnolo, tamil, tigrino, turco e ucraino. La loro scelta riflette il contesto della migrazione in Svizzera. Da precisare che al momento in tedesco e in italiano sono comunque disponibili le informazioni sulla salute mentale del sito principale di Salutepsi.ch la cui attività si svolge in collaborazione con la Coraasp (Coordination romande des associations d’action pour la santé psychique) e con il sostegno di Promozione Salute Svizzera. «Con il nuovo sito – spiega la responsabile del progetto Marine Coluccia – desideriamo agire in modo mirato a favore delle persone con passato migratorio utilizzando la loro lingua e testi facili da comprendere. La struttura del sito riflette pure questo intento con la suddivisione dei temi in un percorso logico volto a capire, agire e chiedere aiuto». Un percorso valido non solo per le

persone con retaggi culturali diversi. Precisa al riguardo la rappresentante di Salutepsi.ch: «Quando non ci sente bene, nel senso che si è ad esempio tristi o si soffre di disturbi del sonno, è importante porsi la domanda se ciò riguarda la salute mentale. Il primo passo è in realtà quello di capire cosa significa stare bene, perché ciò permette di rendersi conto con maggiore facilità delle mancanze nei momenti di difficoltà. Nel sito Psy-Health.ch il concetto di comprensione della salute mentale è affrontato sia dal punto di vista generale, sia da quello di argomenti specifici come i traumi, la famiglia, le emozioni. A volte basta praticare un po’ di sport o uscire di casa per una passeggiata per liberare la mente a beneficio della salute nel suo insieme. Il sito propone soluzioni concrete come queste o come l’importanza di essere attivi e di poter contare sui contatti sociali. Dal punto di vista delle risorse, per facilitare la richiesta di aiuto, viene fornito un elenco delle associazioni e degli enti a disposizione in ogni cantone».

L’attenzione dei promotori si concentra pure sul valore dei racconti personali. Prosegue l’intervistata: «Stiamo progressivamente aggiungendo delle videotestimonianze nelle rispettive lingue in modo che sia più facile identificarsi in chi si è già trovato in una situazione simile, riuscendo ad affrontarla. Sentire e vedere qualcuno esprimersi nella propria lingua sulla salute mentale ha un impatto molto più forte e diretto. Purtroppo non è sempre facile, soprattutto nell’ambito di alcune culture, trovare le persone disposte a fungere da testimoni per il sito». Marine Coluccia riferisce di come in diversi Paesi dai quali provengono i migranti il tema della salute mentale sia ancora più tabù che alle nostre latitudini, con parole che nemmeno esistono, come è il caso di «risorse» la cui traduzione corrisponde a «famiglia». Si tratta di peculiarità, riflesso di sostanziali differenze culturali, di cui è necessario tener conto in una proposta di sensibi-

lizzazione e informazione quale è il sito Psy-Health.ch.

Concezione e contenuti di quest’ultimo dimostrano da parte dei promotori un approccio positivo alla salute mentale, che va riconosciuta come parte integrante del benessere generale tanto quanto la salute fisica. La nostra interlocutrice pone l’accento su questo aspetto, evidenziando inoltre come i cantoni latini, con la loro ultima iniziativa, intendano portare i messaggi riguardanti la salute mentale a uno spettro maggiore di persone affinché queste siano in grado di affrontare tutti i momenti della vita, evitando di cadere nella solitudine, sfruttando al meglio le proprie capacità e facendo capo ai servizi presenti sul territorio.

In Ticino la collaborazione con Salutepsi.ch è gestita dal Servizio di promozione e di valutazione sanitaria (SPVS) del Dipartimento della sanità e della socialità. «Il sito Psy-Health. ch – spiega Manuela Vanolli del citato Servizio – rappresenta una nuova risorsa sul territorio che abbiamo segnalato non solo agli enti attivi nel contesto della migrazione, ma anche ad esempio

a studi medici e sportelli di prima accoglienza, ampliando così la diffusione dell’informazione riguardo a questo nuovo strumento a favore dalla salute mentale». Il Cantone Ticino può inoltre contare su iniziative proprie, come segnala ancora Manuela Vanolli. «Dal 2016 è attivo il gruppo di accompagnamento Migrazione e Salute istituito dal Consiglio di Stato e presieduto dal nostro Servizio. Il suo mandato è di coordinare e facilitare l’implementazione di misure specifiche nell’ambito della salute, per cui il sito sarà promosso anche attraverso l’attività di questo gruppo interprofessionale». Un’attività, sempre nell’ambito della campagna Salutepsi. ch, prevede ad esempio la collaborazione con SOS-Ticino per la giornata di formazione dedicata ai professionisti a contatto con persone con passato migratorio. Si svolgerà il prossimo 12 dicembre a Lugano e sarà dedicata al tema «Accogliere e accompagnare utenti migranti».

A livello cantonale e nazionale un appuntamento ricorrente è rappresentato dalla giornata mondiale della salute mentale che cade il 10 ottobre. Ma-

rine Coluccia spiega che nel Canton Vaud al tema è dedicato un mese intero durante il quale gli operatori di Salutepsi.ch sono attivi negli spazi pubblici in modo da incontrare la popolazione. Da queste esperienze risulta che il sito principale è conosciuto e apprezzato. «In Ticino – afferma da parte sua Manuela Vanolli – dal 2021, nell’ambito del Programma d’azione cantonale “Promozione della salute”, viene organizzata per la ricorrenza una giornata dedicata ai giovani, scegliendo di anno in anno un argomento centrale legato alla salute mentale. Le nuove generazioni, più aperte alle discussioni su questo aspetto della salute, sono invitate a essere protagoniste compiendo scelte consapevoli. L’obiettivo è sempre quello in primo luogo di capire, per riuscire, in caso di necessità, ad attivarsi non da ultimo chiedendo aiuto. Lo scorso 10 ottobre l’attenzione si è concentrata sullo stress, sempre con un atteggiamento costruttivo. Si è infatti mostrato come allenare la propria capacità di gestirlo quando non è possibile sottrarsi alle sue fonti». Anche alle persone con passato migratorio risulta spesso difficile sottrarsi ai fattori che vanno a compromettere la loro salute mentale. Cambiamenti radicali, incertezza, vulnerabilità le accompagnano destabilizzandole. È quindi molto importante, secondo le due professioniste del settore, riuscire a prendersi cura di sé per salvaguardare o ritrovare il proprio benessere. La salute mentale è una costante ricerca di equilibrio, più difficile da raggiungere e mantenere in determinate fasi della vita, come lo sono quelle legate alla migrazione. Il sito Psy-Health.ch colma una lacuna avvicinandosi alle persone reduci da questa esperienza nella loro lingua e con spiegazioni chiare e concise.

Informazioni

www.psyhealth.ch www.salutepsi.ch www.ti.ch/promozionesalute

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Una delle immagini del nuovo sito multilingue Psy-Health.ch

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Le parole dei figli

Side quest

«Side quest : crêpes alla Nutella!», mi dice la mia 17enne Clotilde quando torno dal lavoro e la trovo ai fornelli con l’amico Luca, arrivato per aiutarla a studiare matematica in vista del compito del giorno dopo. Il dubbio sorge spontaneo: la side quest ne Le parole dei figli è il nuovo modo per dirmi che invece di studiare stanno facendo altro? Evitiamo incomprensioni generazionali con l’adolescente e partiamo dalle basi: in inglese side significa lato e quest missione. La side quest è quindi la missione secondaria, un termine che arriva direttamente dal mondo dei videogiochi. In Marvel’s Spider-Man, per esempio, la missione principale di Peter Parker è fermare un potente signore del crimine, Mister Negative, il cui piano minaccia di distruggere New York City con un’arma biologica. Succede però che, mentre esplora la città, Parker

Terre Rare

intercetta una rapina in una gioielleria: la missione secondaria diventa allora fermare i ladri e salvare i civili. Oppure può imbattersi in uno degli zaini che aveva nascosto anni prima sui tetti di New York per avere sempre a portata di mano costumi e attrezzatura di riserva. Recuperarli tutti è un’altra side quest, che permette al giocatore di scoprire oggetti legati al passato del supereroe.

Nella vita di un teenager della Generazione Z, le missioni secondarie sono infinite, e se non le consideriamo come tali rischiamo di bollare ingiustamente i nostri figli come perditempo, poco performanti, non abbastanza concentrati: una side quest è un’attività extra e inaspettata, tutto ciò che è fuori programma e che porta una sorpresa nella giornata, lontano dagli obiettivi principali. Clotilde in vacanza a Lisbona, per la prima volta sola

Sulle orme di Harry Potter

Incontriamo un caro amico, molto dimagrito, in ottime condizioni fisiche: «Hai visto? Ho chiesto una dieta a Chat GPT. Ecco il risultato» racconta. Molto contenti del successo raggiunto, e soprattutto della soddisfazione dell’amico, non riusciamo a nascondere un moto di perplessità. Non era meglio consultare un medico? Chat GPT avrà pensato agli effetti collaterali, alle specificità nel metabolismo individuale, ai rischi che poteva correre una persona relativamente avanti negli anni? Queste domande, ispirate dal buonsenso, sono del tutto fuori luogo in un mondo che il buonsenso trascura già da qualche tempo. La prospettiva di prenotare un consulto medico, in epoca di esorbitanti aumenti delle Casse malati, è probabilmente l’ultima delle idee sensate.

L’epoca attuale è quella del fai da te assoluto, in ogni campo dell’espe-

rienza quotidiana, perfettamente assecondato dalla migrazione digitale di tutto il nostro stare al mondo. Acquisti, salute, vacanze, sessualità, sport, intrattenimento, relazioni sociali, lavoro: i campi della nostra interazione con il mondo si avviano inevitabilmente nel flusso dei bit. L’impressione curiosa è che il progresso tecnologico invece di predisporci a un atteggiamento razionale, a un confronto concreto e sostanziale con il mondo che ci circonda, assecondi le nostre tendenze più irrazionali, superstiziose e persino magiche. La tecnologia apre porte inaspettate, scatena la fantasia, più che la razionalità. E del resto avremmo potuto accorgercene già molti anni fa, osservando come i primi videogame apparsi sui computer degli anni 90 fossero spesso ispirati al mondo del fantasy. Una tendenza che oggi è assolutamente confermata dalla pletora

Approdi e derive

con i suoi compagni di classe, è andata a vedere l’Oceanario con Viola; sulla strada del ritorno hanno visto una funicolare e hanno deciso di salirci: «Side quest!», mi racconta al telefono divertita. Se io e lei usciamo con la missione di comprare un paio di jeans, ma poi passando davanti a una nail spa decidiamo di farci insieme la manicure, questa è un’altra side quest Così come se, mentre l’adolescente è sul bus per andare a una festa e incontra inaspettatamente un amico che gli dice di fare prima un salto a casa sua, anche questa diventa una missione secondaria.

L’utilizzo così diffuso del termine ci dice molto dell’attitudine dei ragazzi a farsi sorprendere. E, sempre ispirandosi al linguaggio dei videogiochi, i giovani su TikTok la vedono anche come una strada per non farsi sopraffare dai traguardi da raggiungere nel-

la vita: «Se ti senti annoiato nella vita è perché non stai facendo abbastanza missioni secondarie. Nella vita hai la tua trama principale che è trovare un lavoro, comprare una casa, avere dei figli. Ma poi ci sono anche missioni secondarie che ti danno XP (Punti Esperienza) aggiuntivi. Con gli XP fai salire il livello del tuo personaggio, sblocchi nuove attività e diventa più facile battere la trama principale. Fare missioni secondarie, ovvero provare cose nuove, è ciò che ti dà più esperienza e ti stimola al di fuori della trama principale. Come domenica sono andato a fare arrampicata. Ed è stato così divertente. Sei più ispirato. Rende il resto della vita più piacevole». Intesa come qualcosa che sposta dalla traiettoria da percorrere, la side quest non è solo legata all’imprevisto che rompe la routine, ma può diventa-

re una filosofia di vita: ai nostri tempi avremmo parlato dell’importanza di coltivare hobby! Eppure, a pensarci bene, mi rendo conto che anche le mie giornate spesso sono scandite da side quest : la più frequente (se il portafoglio lo permette) è buttare l’occhio alle vetrine di una boutique sul tragitto casa-lavoro, e poi ritrovarmi alla scrivania con un sacchetto e un acquisto nuovo di pacca fatto in cinque minuti. E capita che nella pausa pranzo esca dalla redazione per comprare un panino da mangiare alla scrivania, e poi mi ritrovi davanti a un’insalata con la mia collega Ilaria incontrata per caso. Senza dubbio, le side quest rallegrano la vita! Ed è per questo che, ripensando alle mie, sorrido. E non posso che essere contenta di trovare Clotilde e Luca davanti alle loro crêpes, anche a costo di qualche esercizio di matematica in meno.

di avventure eroico/distopiche imbevute di magia e onirismi epici. Di fatto, sembra che ai nostri dispositivi elettronici si chieda di compiere veri e propri incantesimi. Il nostro smartphone è uno strumento che non sfigurerebbe nel catalogo degli oggetti fatati classificati da Vladimir Propp, celebre studioso delle fiabe di magia. L’aggeggio può essere al contempo un messaggero incantato, che consegna i nostri pensieri in ogni parte del mondo istantaneamente, ma anche la bacinella magica in cui vedere cosa succede nelle parti più remote del globo. Può essere lo «specchio delle mie brame», a cui chiedere conferma del proprio aspetto esteriore, ma anche la lampada di Aladino, capace di farci avere in pochissimo tempo tutto ciò che desideriamo (va bene, sempre che si possieda una carta di credito, oggetto altrettanto magico). Lo smartphone è anche il corrispet-

La nave di Teseo facendo la spesa

Oggi vi propongo di salire sulla famosa nave dell’eroe mitologico Teseo. La nave di Teseo è infatti protagonista di un altrettanto famoso esperimento mentale che ha molto interpellato il pensiero, fin dall’antichità. Nel racconto che ne fa Plutarco nelle sue Vite parallele, la nave del grande condottiero Teseo fu conservata a lungo dai greci. Con il passare del tempo tuttavia i legni si deteriorarono e un po’ alla volta vennero completamente sostituiti da legni nuovi. Ecco allora la domanda: quella nave, tutta rinnovata nelle sue parti, è ancora la nave di Teseo? Questo paradosso è stato a lungo discusso nei secoli, dai filosofi greci fino a Thomas Hobbes che, nel Seicento, approfondì ulteriormente questo intrigante esperimento mentale: e se con tutti i vecchi legni sostituiti ricostruissimo una nave, quale sarebbe la nave di Teseo?

O forse ce ne sarebbero due? Gli esperimenti mentali catturano da sempre

la nostra attenzione perché vanno al cuore di domande che spesso nemmeno ci viene in mente di porci, ma che ci riguardano molto da vicino. La nave di Teseo, ad esempio, pone la questione, più che mai attuale, del significato del cambiamento e dell’esperienza personale del cambiamento, nostro e di tutto ciò che ci circonda. Pone questioni forse irrisolvibili ma affascinanti: che ne è della permanenza, dell’identità di ogni cosa, e di noi stessi, nel vortice dei cambiamenti che scandiscono, oggi più che mai, le nostre giornate e le nostre vite? La prima domanda che viene in mente, credo, è proprio quella che riguarda la nostra identità: chi sono io, o meglio, sono sempre io, nonostante i mille cambiamenti dovuti al trascorrere del tempo, alle esperienze, alle relazioni che scandiscono la mia vita? Le risposte possono essere anche molto diverse: posso riuscire a identificarmi con il permanere della mia coscienza,

o con la mia anima o, ancora, posso riconoscere la presenza del mio io proprio nelle relazioni in cui prende forma la mia esistenza. Lascio a chi lo desidera il piacere di continuare l’ardua riflessione. Per quanto mi riguarda, devo invece svelare il contesto, un po’ sorprendente, in cui mi è venuto da pensare alla nave di Teseo. È stato qualche settimana fa, mentre facevo la spesa, dunque in un ambiente pieno di oggetti, di prodotti da osservare, da scegliere e da mettere nel carrello. Era un giorno in cui nel negozio si respirava un’atmosfera particolarmente movimentata perché erano in atto vistose, quanto inattese trasformazioni degli spazi, con relativi, inattesi, spostamenti dei prodotti e con tutto il personale in costante movimento, impegnato a rendere vivibile per i clienti il grande trambusto. Era divertente osservare i balletti improvvisati di chi girava spaesato alla ricerca di marmellate e biscotti spariti dai so-

tivo di Cupido, a cui affidare i nostri desideri amorosi, e persino la magica macchina musicale che ci allieta con le sue melodie a seconda delle nostre richieste. Senza considerare infine, che, grazie alle sue capacità e al nostro acume, possiamo anche aspirare ad aumentare le nostre ricchezze, impegnandoci in oculate operazioni finanziarie elettroniche, e come detto all’inizio, provvedere efficacemente al mantenimento della nostra salute. Tutte queste risorse hanno veramente qualcosa di magico. I nostri antenati cercavano in ogni modo di assicurarsele facendo ricorso a fattucchieri/e, astrologi/ghe, cartomanti di dubbio effetto e capacità. Noi oggi gli incantesimi li abbiamo comodamente in tasca e siamo in grado di richiamarne l’aiuto in ogni momento. Una delle ultime potenzialità davvero magiche del nostro telefono cellulare, legata in particolare all’uso dell’Intelligen-

za Artificiale, è quella della capacità di dare movimento alle vecchie fotografie. Non so se vi è capitato di osservarne qualcuna, nel vostro navigare quotidiano per la rete. Immagino di sì. Si tratta di esperienze davvero straordinarie. Chi scrive, appassionato, di jazz, ha visto numerosi interpreti del passato, grandi miti di cui si sono tramandate magari pochissime fotografie, muoversi in brevi filmati, come se fossero stati ripresi da vivi, ammiccare, sorridere rivolti all’osservatore. Una sensazione profonda, istintiva, toccante, impressionante, che meriterebbe di essere analizzata e spiegata da biologi, etologi, psicanalisti. Il pensiero non può non andare alle fotografie in movimento, così tipiche dei film di Harry Potter. Ci avete fatto caso? Ci stiamo avviando verso Hogwarts, tutti quanti; un mondo in cui la magia è all’ordine del giorno.

liti scaffali, o di chi, dirigendosi spedito al reparto surgelati, si trovava di fronte a calzini e pantofole. In questa particolare e curiosa circostanza mi è venuto all’improvviso alla mente proprio il paradosso della nave di Teseo, a suggerirmi una nuova bella domanda. Proprio come per la nave di Teseo, mi sono chiesta fino a che punto il continuo cambiamento, con cui potenziamo o abbelliamo spazi e cose che ci circondano, non trasformi la natura stessa degli spazi e delle cose. Vedendo tanti volti disorientati e a tratti anche spazientiti, mi sono chiesta che cosa ne sia di noi, del nostro vissuto quando ci troviamo costretti ad accogliere continui mutamenti e ad assecondare quella voglia di trasformazione che si è impadronita del nostro tempo. Che cosa può significare il fatto di dover convivere con il continuo cambiamento o con gli spostamenti delle cose che ci circondano, oggetti tecnologici o prodotti alimentari che

siano, biscotti o biglietterie elettroniche? E soprattutto, quali sono le ricadute, sul nostro intimo vissuto, delle trasformazioni spesso improvvise (quando non improvvisate) di luoghi familiari, di atmosfere consuete, di spazi vitali condivisi?

Spero che i miei lettori non siano delusi per le molte domande che lascio senza risposta. Ma di risposte ne circolano tante, perfino troppe. Spesso sono risposte che rischiano di diventare gabbie per il nostro sentire e per il nostro pensare. Tante risposte, di cui abbiamo dimenticato le domande, impediscono di praticare quel sapere aude, quel coraggio di pensare con la propria testa con cui Kant aveva identificato l’illuminismo. Anche nelle situazioni più banali della nostra quotidianità, il coraggio di ascoltare e di coltivare domande che scavalchino risposte già date e tranquillizzanti ci tiene in contatto con noi stessi e con la nostra umanità un po’ smarrita.

di Lina Bertola
di Alessandro Zanoli

ATTUALITÀ

Infanzia sotto pressione

Guerre ed emergenze climatiche, gli effetti sui minori. La parola a Zeinab Hijazi, responsabile globale per la salute mentale di Unicef

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La nuova presidente d’Irlanda Dal basso al vertice: l’ascesa di Catherine Connolly, una leader fuori dagli schemi che ha conquistato gli elettori con una visione popolare

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La rinnovata intesa tra Usa e Pakistan Gli Stati Uniti vogliono basi e minerali strategici, i sauditi protezione, Islamabad denaro e influenza. Il ruolo di Russia, Cina e Iran

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Lo sfarzo di Trump che calpesta la memoria

Usa ◆ Il presidente ha fatto radere al suolo l’ala est della Casa Bianca per fare posto a una sala da ballo da 300 milioni di dollari Lo storico Lengel: potrebbe essere il primo passo di un più ampio piano di smantellamento del patrimonio storico nazionale

George Washington e Thomas Jefferson si stanno probabilmente rivoltando nella tomba. «Se oggi potessero vedere quel che è accaduto alla East Wing sarebbero non solo delusi, ma furiosi». Quando gli chiediamo di commentare le immagini delle ruspe che su ordine di Donald Trump hanno demolito un’intera ala della Casa Bianca, lo storico Edward Lengel non nasconde il suo sbigottimento.

Centoventitré anni sbriciolati senza pudore. Resta ora solo la polvere, perché il presidente ha disposto di radere al suolo la East Wing per fare posto a una sala da ballo di oltre ottomila metri quadrati. Un progetto lungo e complesso che costerà almeno trecento milioni di dollari e i cui interni, in stile rococò, ricorderanno i fasti della residenza di Mar-a-Lago. La «ballroom», progettata dallo studio McCrery Architects ed affidata a Clark Construction, potrà accogliere fino a 650 persone sedute. Sarà una struttura enorme, quasi il doppio della stessa residenza presidenziale.

Tra i sostenitori del progetto figurano grandi aziende come Apple, Amazon, Lockheed Martin, Microsoft, Google, Coinbase, Comcast e Meta

L’ala est era stata tradizionalmente la sede degli uffici della first lady e di un bunker sotterraneo, ma aveva anche accolto ospiti illustri. Costruita nel 1902 durante l’amministrazione di Theodore Roosevelt, aveva visto una importante ristrutturazione negli anni Quaranta sotto Franklin D. Roosevelt. Di questa storia gloriosa restano solo le immagini che la White House Historical Association ha realizzato prima dell’abbattimento e una mappatura digitale.

I piani di Donald Trump per il rinnovamento della Casa Bianca hanno suscitato dure polemiche da parte di storici e associazioni per la tutela del patrimonio. Il presidente, che inizialmente aveva garantito che la nuova sala non avrebbe intaccato la struttura originale, ha annunciato il mese scorso lo smantellamento completo dell’edificio. Le immagini disponibili mostrano anche la scomparsa del celebre giardino voluto da Jacqueline Kennedy. È evidente l’intento del tycoon di lasciare un’impronta personale, intervenendo in modo tangibile sull’aspetto degli ambienti. Di recente, ad esempio, ha pubblicato sui suoi social le immagini del nuovo «bagno di Lincoln», ristrutturato in marmo bianco e nero. Secondo il presidente, la versione precedente, realizzata

in stile art déco, con piastrelle verdi, era «totalmente inappropriata per l’epoca di Lincoln». Oggi la stanza sfoggia rubinetteria e dettagli dorati, riflesso del suo gusto personale. Anche lo Studio Ovale ha subito un restyling sontuoso, con ritratti e specchi incorniciati in oro e una foglia d’oro applicata al sigillo presidenziale sul soffitto.

«L’amministrazione continua a ripetere che anche altri commander in chief hanno apportato modifiche, ma questa è una cosa completamente diversa da qualunque intervento precedente», dice Lengel. Negli anni Settanta, Richard Nixon fece installare una pista da bowling e realizzò interventi di insonorizzazione finanziati con i fondi destinati alla manutenzione. Durante la presidenza di Bill

Clinton, invece, furono investiti circa 4 milioni di dollari, in parte grazie a donazioni private, per ammodernare gli arredi interni e aggiornare le infrastrutture informatiche della Casa Bianca. «Obama aggiunse un campo da basket. Ma qui siamo di fronte a un cambiamento radicale: si altera la natura stessa dell’edificio e dell’intero complesso». Nessuno è riuscito a fermare le pale meccaniche. «Alcuni storici e organizzazioni hanno protestato, ma bisogna capire che molti a Washington hanno paura», ammette l’esperto. Dal presidente, infatti, potrebbero arrivare ripercussioni. «Trump e il suo staff hanno studiato con attenzione i limiti legali per capire fin dove potevano spingersi: non credo che abbiano fatto nulla di illega-

le. L’unico organo che avrebbe potuto fermarli era il Congresso, ma solo se fossero stati chiesti fondi pubblici. Finanziando tutto con i propri donatori, non ha bisogno del via libera del Campidoglio».

E la questione finanziamenti è sicuramente uno dei nervi scoperti di tutta l’operazione. Il presidente ha annunciato che la nuova sala da ballo avrà un costo di circa 300 milioni di dollari, cento in più rispetto alla stima iniziale dell’amministrazione. Trump ha ribadito che i lavori saranno finanziati interamente con fondi privati senza alcun onere per i contribuenti. Tra i sostenitori del progetto figurano grandi aziende come Apple, Amazon, Lockheed Martin, Microsoft, Google, Coinbase, Comcast e Meta. Ma ci sono anche Tyler e Cameron Winklevoss, fondatori della piattaforma di criptovalute Gemini; il segretario al Commercio Howard Lutnick con la sua famiglia; e la miliardaria Miriam Adelson, che in passato aveva contribuito sostanziosamente alla campagna elettorale repubblicana. «Molti temono che questo apra la porta a possibili abusi», spiega il professore. «Alcuni hanno perfino parlato di corruzione o conflitti d’interesse. A mio avviso, il problema principale non è solo l’immagine, ma la mancanza di trasparenza e di rispetto per la storia e l’architettura del luogo». Intanto Trump sogna anche il suo Independence Arch: un arco di trionfo che commemori i 250 anni della Na-

zione, da collocare non lontano dalla spianata dei monumenti e dal Lincoln Memorial L’elemento allarmante è sicuramente l’approccio alla tutela del patrimonio storico di questa amministrazione che ha già azzerato la Commissione per le belle arti. «Il Dipartimento dell’energia ha appena avviato una revisione della Section 106 del National Historic Preservation Act del 1966, la norma che tutela i siti storici da demolizioni o modifiche non autorizzate. Se questa protezione verrà indebolita, temo che la Casa Bianca possa essere solo il primo passo di un più ampio smantellamento delle garanzie per il patrimonio storico americano». Il professore, che nel 2016 è stato a capo della White House Historical Association, non si capacita su come e quanto il progetto della sala da ballo stia tradendo lo spirito originario dei padri fondatori. «Sono uno storico in particolare di George Washington e Thomas Jefferson. Vorrei ricordare un punto essenziale. Negli anni 1790 i due lavorarono insieme ai loro architetti per decidere come dovesse essere la Casa Bianca. Erano avversari politici, eppure trovarono un’intesa su un’idea comune: doveva essere una casa. Era

non doveva avere nulla di aristocratico». Un concetto ben lontano dalle foglie d’oro tanto care a Donald Trump.

la casa del presidente, la prima del Paese, ma pur sempre una casa, non un palazzo. Entrambi erano d’accordo:
L’ala orientale della Casa Bianca negli anni Novanta del secolo scorso e, in basso, le ruspe di Trump. (Wikipedia)
Manuela Cavalieri e Donatella Mulvoni

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Il peso del mondo sui più piccoli

L’intervista ◆ «Dalle guerre ai disastri, tutelare la salute mentale dei minori è essenziale», afferma Zeinab Hijazi dell’Unicef

La fine di una guerra, di un’emergenza quale un’alluvione o una carestia, non coincide mai con la fine del dolore. Quando le armi tacciono e le acque si ritirano, non tutto torna al suo posto. Per chi ha vissuto le bombe, lo sfollamento, la fame o l’esperienza della perdita (di persone care, della casa) la serenità rimane un concetto astratto e distante.

I bambini sono tra i più colpiti. In luoghi come Gaza, il Sudan, l’Ucraina e lo Yemen, l’infanzia si interrompe prima di iniziare. Le conseguenze psicologiche di un trauma collettivo compromettono la capacità dei più piccoli di costruire relazioni, sentirsi al sicuro e immaginare un futuro. Ansia, depressione, disturbi post-traumatici sono all’ordine del giorno e sono spesso segnali ignorati…

La salute mentale resta stigmatizzata invece deve essere riconosciuta come un diritto umano universale

«Nel mondo più di 1 adolescente su 7 vive con un problema mentale diagnosticabile; metà dei disturbi iniziano prima dei 14 anni, eppure la maggior parte di chi ne soffre non riceve cure», spiega ad «Azione» la psicologa Zeinab Hijazi, responsabile globale per la salute mentale di Unicef. «La salute mentale resta fortemente sottofinanziata e stigmatizzata (chi affronta un disagio è spesso giudicato male, evitato o non preso sul serio; molti non ne parlano per timore di essere percepiti come deboli o instabili). L’Unicef sta lavorando per cambiare questa situazione, rendendo la salute mentale una priorità in ogni contesto». Per l’agenzia è una questione di diritti, dignità ed equità: la salute mentale è intimamente legata alla capacità dei più piccoli di apprendere e crescere al meglio. «Attraverso il nostro Piano strategico, stiamo lavorando per integrare il supporto psicosociale nei servizi quotidiani rivolti a bambini/e e famiglie – nei settori della sanità, dell’istruzione, della protezione dell’infanzia e dei servizi sociali – affinché i minori possano ricevere assistenza nei luoghi che già frequentano. Collaboriamo con Governi e comunità per rafforzare i sistemi, affinché la salute mentale

L’uragano ha cancellato la normalità a Tegucigalpa, capitale dell’Honduras. (Keystone)

diventi uno standard di cura disponibile su larga scala». Dalla gravidanza e prima infanzia, fino all’adolescenza e oltre. «Ci concentriamo sulla creazione di ambienti protetti, sulla riduzione dei rischi e sull’assicurare che i servizi siano disponibili quando bimbi o famiglie necessitano di cure specialistiche». Essenziale – osserva la nostra in-

terlocutrice – sostenere genitori, caregiver e insegnanti, specialmente in contesti caratterizzati dalla vulnerabilità: il benessere dei bambini dipende infatti dal benessere degli adulti che li circondano (vedi ad esempio

Caring for the caregivers, in italiano «Prendersi cura di chi si prende cura», un’iniziativa dedicata al benessere psicologico e alla salute mentale

Tra sfruttamento, fame e mancanza di

Quasi 1 miliardo di minori vive in Paesi ad alto rischio climatico e ambientale, secondo il rapporto 2024 dell’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia. Eventi estremi come siccità, alluvioni e incendi stanno compromettendo la loro salute, istruzione e sicurezza. Secondo Save the Children, nel mondo nel 2025 oltre 160 milioni di bambini (5-17 anni) sono coinvolti in forme di sfruttamento lavorativo, mentre in Europa 446’000 bimbi in più sono caduti in povertà negli ultimi 5 anni. A Gaza Amnesty International denuncia, tra

istruzione

gli altri, un «impatto devastante sulle bambine e sui bambini», aggravato da bombardamenti continui, blocchi agli aiuti umanitari e condizioni di vita disumane. Mentre, con oltre 12 milioni di sfollati interni e quasi 25 milioni di persone a rischio fame, la guerra civile in Sudan ha innescato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, con migliaia di bambini privati di protezione, cure e istruzione, senza che si intraveda una soluzione negoziale all’orizzonte. Lo dice l’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi).

di chi si occupa dei bambini in contesti di emergenza o crisi). «Quando gli adulti ricevono supporto per gestire lo stress e superare le avversità, sono più capaci di offrire cure amorevoli in un ambiente più sicuro, fondamentali per la crescita dei minori. Ogni bambino merita questa base solida e affettuosa». Prendiamo ora il caso dell’Angola, un contesto caratterizzato da instabilità economica, disastri naturali, insicurezza alimentare e idrica. Le aree colpite devono affrontare maggiori rischi per la protezione dei bambini, tra cui violenza, matrimoni precoci e lavoro minorile. Molte scuole non dispongono di un registro delle nascite, ostacolando l’accesso dei più piccoli ai servizi essenziali. Il programma dell’Unicef prevede l’implementazione di manuali sulla paternità responsabile, lo sviluppo delle competenze dei caregiver e la formazione dei leader della comunità per svolgere attività di sostegno alla genitorialità attraverso sessioni di sensibilizzazione locali.

«Si tratta di soluzioni pratiche, basate sulla comunità, che raggiungono

le famiglie dove si trovano, riducono lo stress e rafforzano le relazioni», osserva Zeinab Hijazi. «Ho visto come un piccolo cambiamento nel supporto possa trasformare non solo la resilienza di un genitore, ma anche il senso di sicurezza e speranza di un bambino». Per quel che riguarda invece l’impatto del cambiamento climatico sui diritti e sul benessere dei bambini? «Il climate change non è solo una crisi ambientale, è una crisi dell’infanzia», sottolinea l’intervistata. «I suoi effetti stanno già plasmando la vita di bambini e giovani in tutto il mondo: piccoli che sperimentano siccità, inondazioni, sfollamenti e perdita di mezzi di sussistenza. Queste esperienze lasciano cicatrici profonde, anche sulla salute mentale dei bambini. Paura del futuro, ansia, stress grave e traumi dopo disastri sono sfide reali e in crescita per questa generazione. Come mi ha detto un giovane: “Stiamo crescendo con il peso di un futuro che non abbiamo scelto”».

Oggi quasi 1 miliardo di bambini vive in Paesi ad altissimo rischio climatico, specifica l’Unicef. Molti di loro crescono anche in contesti con scarso accesso a supporto psicosociale e per la salute mentale. Questo significa che affrontano un doppio fardello: gli impatti climatici senza una rete di protezione. Ma ci sono anche storie che infondono speranza. In Honduras, dopo gli uragani Eta e Iota che hanno colpito 4,6 milioni di persone, lasciandone 2,8 milioni bisognose di sostegno, l’Unicef ha collaborato con la Croce Rossa per formare psicologi e giovani volontari in modo che conducano sessioni di gruppo basate sul gioco per aiutare i bambini a elaborare le emozioni, ricostruire l’autostima, affrontare la perdita e l’ansia. «Mentre in America Latina e nei Caraibi abbiamo contribuito a riunire giovani attivisti per il clima – che rappresentano un ponte tra ragazzi, scienziati, cittadini e decisori politici – affinché le loro voci e il loro impegno siano parte delle soluzioni». Queste storie ci ricordano che l’azione climatica deve tradursi anche in iniziative a favore della salute mentale, conclude la nostra interlocutrice. «Proteggere i diritti dei bambini nell’era del cambiamento climatico significa fornire loro supporto, competenze e solidarietà non solo per sopravvivere, ma per sperare. E ogni bambino ha diritto alla speranza».

Catherine Connolly e l’Irlanda che viene dal basso

Potentissima ◆ Un ritratto della nuova presidente che sfida l’establishment con una visione radicale, pacifista e indipendente Cristina Marconi

La decima presidente della Repubblica d’Irlanda è una donna di sinistra. Sessantotto anni, un passato da deputata indipendente, anti-militarista convinta e, stando alle dichiarazioni fatte durante la sua lunga carriera, piuttosto contraria anche all’Unione europea, Catherine Connolly è stata eletta con una valanga di voti – il 63%, la percentuale più alta della storia del Paese – al termine di una campagna elettorale segnata dal risultato catastrofico dei partiti di Governo, Fianna Fáil e Fine Gael, dall’affluenza piuttosto bassa e dal numero eccezionale di schede contenenti messaggi di protesta, contro i politici e anche contro gli immigrati: più di 213 mila su 1,6 milioni di voti.

È stata eletta presidente della Repubblica d’Irlanda il 24 ottobre scorso, ottenendo il 63 per cento dei voti validi

«Sarò una voce per la pace, una voce che parte dalla nostra politica di neutralità, una voce che esprime la minaccia esistenziale rappresentata dal cambiamento climatico», ha spiegato Connolly subito dopo l’elezione, ampiamente prevista dopo la campagna brillante sia sui social che sul campo, portata avanti con toni pacati nonostante un marcato penchant per le posizioni controverse. Che sia tornata di moda la politica «grassroots» (quella che nasce dalla gente comune, dal basso, e si sviluppa localmente), dopo gli anni di Jeremy Corbyn nel Labour britannico e il successo di Bernie Sanders negli Stati Uniti? Senz’altro Catherine Connolly è espressione di quella sensibilità, e l’esercito di 15mila volontari che hanno permesso a questa avvocatessa con un passato da psicologa di arrivare al posto che fu di Mary Robinson (leggi scheda in basso) – senza poteri reali, ma molta carica simbolica – impone di riflettere su quello che i giovani si aspettano dalla politica.

La leader dello Sinn Fein, Mary Lou McDonald, ha salutato la vittoria di Connolly come «stupefacente, senza precedenti» e l’ha definita «un gigantesco mandato per la politica di base». Nel suo settennato, Connolly ha promesso di essere «una presidente che ascolta, riflette, che parla quando è necessario, una voce per la pace»,

ma anche di «farsi sentire», per «dare forma a una nuova repubblica che valorizzi tutti e che difenda la diversità e che tragga fiducia dalla nostra identità, dalla nostra lingua irlandese, dalla lingua inglese e dalle nuove persone arrivate nel nostro Paese».

La sua storia personale è piuttosto esemplare: ha 14 tra fratelli e sorelle, perde la madre quando ha 9 anni

e cresce con il padre operaio nei cantieri navali e la sua enorme famiglia in una zona popolare di Galway, Shantalla, fino a quando grazie all’Ordine di Malta, con cui fa volontariato, inizia a scoprire il mondo e a interessarsi ai problemi sociali, forte di un senso di giustizia inevitabile visto il suo contesto di provenienza. Prende un master in psicologia grazie a

Due figure che hanno aperto la

L’Irlanda ha conosciuto altre due figure femminili alla sua massima carica istituzionale: Mary Robinson e Mary McAleese, entrambe protagoniste di una svolta per il Paese. Mary Robinson, eletta nel 1990, è stata la prima donna presidente della Repubblica d’Irlanda. Avvocata e docente universitaria, ha portato una visione progressista e internazionale alla presidenza, promuovendo i diritti umani, l’uguaglianza di genere e l’inclusio -

strada

ne sociale. Durante il suo mandato, ha trasformato il ruolo presidenziale in uno strumento attivo di dialogo e cambiamento. Dopo la presidenza, ha continuato il suo impegno come Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani.

Mary McAleese, presidente dal 1997 al 2011, è stata la prima persona originaria dell’Irlanda del Nord a ricoprire la carica. Avvocata e accademica, ha dedicato il suo lungo mandato alla ricon -

una borsa di studio, inizia a lavorare con i bambini con difficoltà di apprendimento e poi si laurea anche in legge, diventa avvocata. «Lì ho capito che niente è difficile: vai a lezione e studi», ha raccontato. Nel frattempo, sposa Brian, marito refrattario ai riflettori, e ha due figli, ormai adulti. La politica si affaccia nel 1999, quando diventa consigliere comunale con

ciliazione tra le comunità cattoliche e protestanti, in un periodo cruciale per il processo di pace nordirlandese. Ha promosso il dialogo interreligioso, l’educazione e la coesione sociale, diventando un punto di riferimento per chi punta ad un’Irlanda più inclusiva e unita.

Le loro carriere hanno aperto la strada a una leadership più rappresentativa, dimostrando che il cambiamento può partire anche dai vertici istituzionali.

il Labour a Galway, di cui poi diventa sindaca nel 2004. Lascia il partito, si candida come indipendente e nel 2011 non entra in Parlamento per poco, ci riesce nel 2016.

Sostiene di non essere anti-europeista, ma ci sono suoi virgolettati entusiasti dopo la Brexit con il referendum del 2016

Chi la conosce la descrive come una personalità decisa, determinata, con una mente molto politica e un approccio battagliero alle cose. Ha sempre lottato per l’aborto, che in Irlanda è legale solo dal 2019, e a favore dei programmi di indennizzo per le vittime delle istituzioni cattoliche. Ogni tanto salta fuori qualcosa su cui è meno «pura» del previsto: in passato, durante la terribile crisi economica, ha difeso delle banche in casi di riappropriazioni immobiliari – ma gli avvocati non possono scegliere sempre, ha spiegato – e nel 2018 ha sostenuto le ambizioni presidenziali di una giornalista di destra, Gemma O’Doherty, nonostante le posizioni complottiste e molto controverse di quest’ultima.

Connolly stessa è una da controversie, ha assunto una donna condannata per porto d’armi da fuoco, ha detto che il piano tedesco di aumentare la spesa in difesa per lei sa di Terzo Reich, e nel 2018 ha fatto una visita parlamentare in Siria nelle zone controllate dall’ex dittatore Bashar al-Assad. I suoi alleati politici storici, radicali ritenuti molto vicini al Cremlino, non si sono fatti vedere durante la campagna elettorale. Sul Medio Oriente ha espresso opinioni forti: ritiene che Hamas debba avere un ruolo nel futuro stato palestinese e che il «genocidio è stato consentito e finanziato da soldi americani». Sostiene di non essere anti-europeista, ma ci sono suoi virgolettati molto entusiasti dopo la Brexit nel 2016 e nel 2002 ha votato contro il Trattato di Nizza per l’allargamento e la cooperazione. E pazienza se le imprese europee e americane, delocalizzate a Dublino, sostengono in modo vigoroso la crescita economica dell’Irlanda. Qualcuno è perplesso, qualcuno è preoccupato, nessuno davvero stupito che i simboli di giustizia sociale ottengano consenso.

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La nuova convergenza tra Pakistan e Stati Uniti

L’analisi ◆ Gli americani vogliono basi e minerali strategici, i sauditi protezione, Islamabad denaro e influenza. Russia, Cina e Iran si muovono per non restare spettatori

Dopo il buio, sono arrivate le bombe: nella notte tra l’8 e il 9 ottobre un’operazione aerea – ancora avvolta nell’incertezza sulla natura dei mezzi impiegati – ha colpito più obiettivi a Kabul e lungo il confine tra Afghanistan e Pakistan. L’obiettivo dichiarato era eliminare Noor Wali Mehsud, comandante del Tehrik-i-Taliban Pakistan (TTP). Ma nel giro di mezz’ora Mehsud diffondeva un messaggio audio e un video per dimostrare di essere vivo e, per di più, in territorio pakistano. Islamabad non confermava né smentiva, ma due giorni dopo nuove incursioni colpivano ancora l’Afghanistan: ufficialmente per distruggere campi di addestramento del TTP, in realtà facendo strage di civili, tra cui otto giovani giocatori della nazionale afghana di cricket che si allenavano a Spin Boldak. I talebani denunciavano la violazione della sovranità e rispondevano attaccando postazioni militari pakistane, mentre Islamabad invocava, come da copione, il «diritto all’autodifesa» e la «lotta al terrorismo». Per una settimana la Linea Durand che separa il Pakistan dall’Afghanistan, mai ufficialmente riconosciuta, è diventata una linea del fronte. Una tregua mediata dal Qatar – secondo Islamabad sollecitata dagli stessi talebani – ha congelato le ostilità. Delegazioni dei due Paesi sono state convocate a Doha per colloqui sotto l’egida qatarina per evitare un’escalation. Ma mancano meccanismi di monitoraggio credibili e la sfiducia è profonda. Dietro questa pausa fragile si muove una partita geopolitica più ampia: il confine afghano-pakistano è un crocevia strategico dove si confrontano interessi regionali e globali. Islamabad accusa i talebani afghani di offrire rifugio e addestramento al TTP, responsabile di attacchi nelle aree di confine. Ma è una verità parziale: il TTP è nato in Pakistan nel 2007, creato e manovrato da settori dell’apparato statale per colpire segmenti interni indesiderati. Da allora è diventato uno

strumento geopolitico: gli attentati si intensificano ogni volta che Islamabad ha bisogno di riproporsi come «prima vittima del terrorismo», ottenere fondi, armi e legittimità. Una strategia che funziona da oltre vent’anni.

Nel frattempo, il terrorismo rifiorisce. TTP, Al Qaeda, Isis-K e altre sigle si muovono tra Afghanistan e Pakistan, coordinate o in competizione a seconda delle convenienze

Oggi questa dinamica si inserisce nella rinnovata intesa tra Islamabad e Donald Trump. Perché il Pakistan è tornato nelle grazie dell’America. Si mormora, infatti, che bombardi i talebani facendo pressione su Kabul per spingere il Governo a concedere agli americani l’uso della base militare di

Bagram, abbandonata dagli Usa nel 2021. Da mesi, dopo il conflitto lampo con l’India, Trump non perde occasione per lodare il Pakistan. Protagonista di questo riavvicinamento è Asim Munir, capo dell’esercito, autoproclamatosi Feldmaresciallo. A un gala in Florida ha dichiarato: «Siamo una potenza nucleare. Se cadiamo, ci portiamo dietro mezzo mondo». Un ricatto plateale. Trump lo ha accolto con sorrisi e pacche sulle spalle. Munir portava con sé campioni dei minerali strategici del Belucistan: rame, oro, litio e terre rare.

A Reko Diq si trova uno dei più grandi giacimenti del pianeta: 42 milioni di once d’oro e 12 miliardi di libbre di rame. Chi controlla Reko Diq controlla un pezzo del futuro. Nel puzzle si inserisce il patto di mutua difesa tra Pakistan e Arabia Saudita, un accordo militare vincolante. Riyadh non cerca rame né oro: vuole la co-

pertura nucleare pakistana e, se necessario, uomini da sacrificare in guerre per procura. Islamabad è l’unico Paese islamico con la bomba e per la monarchia saudita rappresenta la garanzia estrema contro Teheran. Per l’Iran questa è una minaccia diretta: significa che una parte del deterrente saudita non è a Riyadh, ma a Islamabad. Washington osserva e tace: perché un Pakistan allineato con i sauditi e vicino agli Stati Uniti è un asset prezioso anche nella strategia per il Medio Oriente.

Nel frattempo, il terrorismo rifiorisce. TTP, Al Qaeda, Isis-K e altre sigle si muovono tra Afghanistan e Pakistan, coordinate o in competizione a seconda delle convenienze dei loro burattinai di Rawalpindi. Il terrorismo non è un fenomeno incontrollato ma un dispositivo politico-militare che Islamabad accende e spegne a seconda delle necessità. Diventa «ter-

rorismo» solo quando nuoce agli interessi strategici, altrimenti viene ignorato o usato come leva di pressione. È il solito doppio gioco: creare il problema, offrirsi per risolverlo, incassare dividendi. In questa nuova partita afghana entrano in gioco anche altri attori. La Russia, già presente con reti d’intelligence e canali informali con i talebani, vede la destabilizzazione come un’occasione per logorare la proiezione Usa nell’Asia centrale. La Cina, con investimenti già pianificati sulle rotte energetiche e minerarie, teme il caos ma è pronta a sfruttare ogni spiraglio per consolidare la propria presenza economica.

L’Iran, infine, osserva con crescente preoccupazione la saldatura tra Islamabad, Riyadh e Washington: la deterrenza nucleare pakistana, intrecciata agli interessi sauditi, rappresenta per Teheran una minaccia immediata. Per questo rafforza i legami con alcuni gruppi afghani sciiti e con reti clandestine di influenza a ovest del Paese, cercando di prepararsi a un conflitto per procura che potrebbe esplodere su più fronti. Il Pakistan gioca al solito su più tavoli. Con gli Usa si presenta come partner indispensabile per la stabilità regionale. Con Riyadh garantisce deterrenza nucleare e capacità militare d’appoggio. Con i gruppi jihadisti mantiene strumenti di pressione contro i vicini. E nello spazio lasciato libero dagli americani dopo il 2021, rientrano ora Mosca, Pechino e Teheran, ciascuna con interessi e obiettivi diversi. Ogni crisi diventa un’occasione per rafforzare la propria centralità strategica. La tregua sulla Linea Durand non è che una pausa tattica. È una pellicola sottile sopra un’escalation potenziale. Gli Usa vogliono basi, i sauditi protezione, Islamabad denaro e influenza. Russia, Cina e Iran si muovono per non restare spettatori. E il terrorismo, mai sradicato, resta la leva più efficace per tenere tutti seduti al tavolo con la pistola puntata sotto la tovaglia.

I nostri progetti offrono protezione alle persone in fuga e creano nuove prospettive di vita.

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Il primo ministro pakistano Sharif, a sinistra, e il generale Munir attendono Trump nello Studio Ovale della Casa Bianca, giovedì 25 settembre 2025. (Keystone)

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CULTURA

Viva Carmen, lunga vita a Carmen

In un libro pubblicato in occasione dell’anniversario dei 150 anni dalla prima rappresentazione della Carmen, la vita della mezzosoprano Célestine Galli-Marié

Il mistero del Giallo scomparso

La storica collana di Mondadori non si trova quasi più in edicola: un’icona popolare nel labirinto della distribuzione oppure un caso di oblio?

L’universo ermetico di Leonora Carrington

Mostre ◆ Una retrospettiva a Palazzo Reale ripercorre la vita anticonformista dell’artista, dagli esordi surrealisti agli anni messicani, fino alla riscoperta contemporanea del suo immaginario visionario e ribelle

«Bisogna avere il coraggio di rompere il cubo ordinato delle idee, di precipitarsi verso la confusione primordiale»: la vita e il pensiero di Leonora Carrington, pittrice, scultrice, scrittrice e drammaturga britannica, sono perfettamente condensati in questa sua asserzione.

La personalità esuberante, eclettica e avanguardistica di questa artista del XX secolo ha generato un universo multiforme sospeso tra realtà e visionarietà, capace di toccare, e in molti casi anticipare, alcune delle tematiche più incalzanti dell’epoca contemporanea. La dimostrazione di ciò è l’importante risonanza postuma che il lavoro di Carrington ha avuto di recente, quando la Biennale di Venezia del 2022 ha preso in prestito l’evocativo titolo Il latte dei sogni da uno dei racconti magici dell’artista.

Creature fantastiche, simboli alchemici ed esseri mitologici come strumenti di indagine della condizione umana

Espressione di una miriade di discipline e conoscenze mescolate tra loro – dalla magia alla mitologia, dall’alchimia alla politica, dal folklore alla psicologia, dall’esoterismo all’astrologia – la ricerca di Carrington è caleidoscopica, densa, radicale.

Emblema della donna libera di usare la propria immensa immaginazione, pioniera del femminismo e dell’ecologia, Carrington non si è mai piegata ai ruoli che il suo tempo le imponeva, tracciando un percorso che ha fatto dell’autodeterminazione il proprio fondamento.

Tutto ciò è evidente fin dalla prima fase della sua esistenza, quando, durante l’agiata infanzia vissuta nel Lancashire, Carrington manifesta già segni di ribellione nei confronti delle norme sociali, facendosi espellere da diversi collegi cattolici e rifiutando i tentativi della famiglia di introdurla nell’alta società britannica. Dopo gli studi in Italia, entra in contatto con i surrealisti, fuggendo nel 1937 a Parigi con Max Ernst: lei ha solo vent’anni, lui quarantasette. Tra loro nasce un amore intenso, ostacolato però dal bigotto padre che arriva anche a denunciare Ernst con l’accusa di avere realizzato un’opera pornografica. Con il pittore surrealista, Carrington va a vivere a Saint-Martin-d’Ardèche, nel sud della Francia, ma quando, con l’inizio della guerra, Ernst, di origine tedesca, viene incarcerato dalle autorità francesi, il loro idillio si trasforma in un’angoscia senza fine. Nel 1940, sconvolta dalla

guerra e dalla solitudine, l’artista fugge in Spagna. A Madrid è vittima di uno stupro da parte dei soldati franchisti a seguito del quale ha una grave crisi e viene ricoverata all’ospedale psichiatrico di Santander, dove è sottoposta a trattamenti durissimi. Un tragico evento, questo, che la stessa artista racconta nel libro Down Below A portarla in America è un matrimonio di comodo celebrato nel 1941 con lo scrittore Renato Leduc, grazie al quale si allontana dall’Europa in fiamme approdando prima a New York e poi in Messico. Qui inizia per lei una vita più serena accanto a Emerico «Chiki» Weisz, ebreo ungherese grande amico di Robert Capa con il quale vivrà per più di sessant’anni.

L’arte di Carrington ci parla di tutto questo: della sfida agli stereotipi, della resilienza, della ricerca continua dell’emancipazione, della capacità di trasformarsi, di convertire il dolore in creatività e di inventare un’esistenza alternativa in cui far confluire il bisogno estremo di libertà.

Specchio della sua vita, la pittura di Carrington è una dimensione governata dalla metamorfosi e dall’affrancamento da ogni convenzione. È un luogo in cui le norme della realtà e della morale tradizionale vengono sovvertite e in cui ironia e magia si fondono per ridefinire i ruoli di genere, le gerarchie sociali e le strutture del potere. Creature fantastiche,

simboli alchemici ed esseri mitologici diventano così strumenti per indagare la condizione umana permettendo l’accesso all’inconscio degli individui e agli enigmi della natura.

A testimoniare la peculiarità della vicenda professionale e umana dell’artista è l’importante retrospettiva ospitata a Palazzo Reale a Milano. La mostra è strettamente legata alla rassegna che il museo meneghino ha dedicato pochi mesi fa a Leonor Fini, della quale Carrington è stata grande amica e con la quale ha condiviso lo stesso approccio anticonformista alla vita nonché la medesima cifra stilistica dalla fantasia traboccante.

I dipinti, i disegni, le fotografie e i materiali d’archivio raccolti nell’esposizione restituiscono lo spessore di questa figura che in Messico è celebrata come una delle artiste più rilevanti, al pari di Frida Kahlo e Remedios Varo, e che anche alle nostre latitudini sta conquistando il posto che merita nella storia dell’arte moderna e contemporanea.

Le opere in mostra seguono un percorso costituito da sei momenti salienti del viaggio artistico ed esistenziale di Carrington, lasciandone trasparire la complessità e l’originalità.

I lavori che appartengono al periodo di formazione dell’artista sono già permeati da una componente affabulatoria capace di ibridare ele-

menti provenienti da molteplici ambiti della conoscenza e di collocarli in un’atmosfera sognante ed ermetica. D’altra parte l’immaginario di Carrington è alimentato sin dall’infanzia dalla letteratura fantastica e dalle storie sui miti celtici che la madre e la tata, entrambe irlandesi, le raccontavano di continuo. A completare la sua educazione è poi un viaggio a Firenze negli anni Trenta, grazie a cui l’artista assorbe la lezione dei maestri italiani del Trecento e del Quattrocento, in special modo, non a caso, la realtà fiabesca di Paolo Uccello.

Ben documentato in rassegna è il periodo in cui Carrington inizia a forgiare un suo stile personale all’interno del contesto surrealista, sviluppandolo poi durante la sua intensa relazione con Max Ernst in Francia e nei successivi anni di esilio a New York. Sono presenti ad esempio i lavori eseguiti per la casa condivisa con Ernst nel villaggio di Saint-Martin d’Ardèche, una vera e propria opera d’arte totale che è piena espressione del loro rapporto sentimentale e creativo. Dipinti come Garden Bedroom, del 1941, invece, rappresentano una fase più matura del linguaggio dell’artista, segnata dalla tragica esperienza della guerra e dello sradicamento. Quando, nel 1942, Carrington arriva in Messico, Paese dove vivrà per il resto della sua esistenza, nei lavori

da lei realizzati riaffiorano i ricordi infantili e le memorie legate a luoghi ormai lontani. Le opere di questo periodo mostrano chiaramente l’influenza della pittura rinascimentale italiana, che riporta l’artista alla sua formazione fiorentina, così come il bisogno di rievocare con pacata nostalgia le proprie origini attraverso scene familiari, pastorali e oniriche. L’amplissimo raggio di interessi di Carrington è al centro di due sezioni che mettono in evidenza la sua attitudine a esplorare tradizioni spirituali antiche e moderne nonché la sua fascinazione per l’occulto. L’artista studia lo gnosticismo e la cabala, approfondisce figure quali Platone, Buddha e Zaratustra, entra in contatto con le idee del mistico Georges I. Gurdjieff (come rivela il dipinto Under the Compass Rose del 1955) e riscopre conoscenze quali l’alchimia e l’esoterismo, considerate strumenti di un sapere alternativo e trasformativo.

In una delle opere esposte a Milano, datata 1974, la cucina diventa un luogo da cui le donne possono reclamare il loro potere magico

L’ultimo nucleo tematico dell’esposizione milanese è tra i più significativi e ruota attorno al dipinto Grandmother Moorhead’s Aromatic Kitchen del 1974, in cui alcune misteriose creature preparano tortillas intorno a un tavolo osservate da una gigantesca oca e da una strega. Intrisa di innumerevoli fonti di ispirazione sovrapposte, quest’opera fa della cucina, luogo abitualmente associato al lavoro femminile, uno scenario in cui le donne possono reclamare il loro potere attraverso la pratica magica e rituale. Così come per molte questioni che Carrington ha affrontato nei novantaquattro anni della sua vita, anche il femminismo ha trovato in lei una modalità di espressione peculiare, fondata sulla promozione dell’autonomia della donna in una visione armoniosa dell’universo ispirata ai principi dell’alchimia. Vale a dire sulla trasmutazione interiore di ciò che nell’essere umano è negativo in qualcosa di positivo.

Dove e quando

Leonora Carrington. Palazzo Reale, Milano. Fino all’11 gennaio 2026. Orari: da martedì a domenica 10.00 –19.30; giovedì chiusura alle 22.30. www.palazzorealemilano.it

Leonora Carrington, Grandmother Moorhead’s Aromatic Kitchen, 1974, Olio su tela, 79 x 124 cm. (The Charles B. Goddard Center for Visual and Performing Arts – Ardmore, Oklahoma© Estate of Leonora Carrington, by SIAE 2025)
Alessia Brughera
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150 anni dopo, Carmen resta una sfida culturale

Anniversari ◆ Il libro di Patrick Taïeb illumina la vita di Célestine Galli-Marié, prima interprete della celebre opera di Bizet Giovanni Gavazzeni

Chi pensa che la professione del cantante non comporti rischi estremi dovrebbe leggere la vita di Célestine Galli-Marié, colei che fu la prima a vestire i panni leggendari di Carmen. Una vita specchio di una spietata condizione femminile, riservata anche alle poche che riuscivano a passare dai ruoli di contorno a quelli, come si diceva allora, di «cantante forte». La narra un prezioso libro di Patrick Taïeb, Et Célestine Galli-Marié créa Carmen (Actes Sud/Palazzetto Bru Zane), pubblicato in occasione dei 150 anni dalla prima rappresentazione del super-capolavoro di Georges Bizet.

La mezzosoprano fu la prima a vestire i panni della leggendaria Carmen: a narrarne la vita un libro appena pubblicato

A metà Ottocento, quando metropoli, cittadine e paesoni costruivano teatri d’opera, era possibile perfino morire di paura sul palcoscenico. Un’atmosfera di tensione precedeva il debutto di un artista, perché il pubblico, dopo la prima sera, comunicava il suo gradimento o il decisivo altolà alla gloria e ai contratti. Potevano accadere fatti tragici, come a Caen, dove una certa Madame Faugeras che ricopriva ruoli secondari di attempata «duegna», si presentò in un ruolo non consono alla sua età vocale per aiutare l’impresario a corto di prime voci. Appena mise piede in scena venne accolta da fischi e grida, «Alla porta!». La sventurata s’accasciò sull’istante, fulminata da un colpo apoplettico.

Un gioco al massacro in cui sguazzavano giornalisti senza scrupoli, spesso legati a impresari desiderosi di eliminare gli artisti dei rivali. Così si potevano leggere critiche assassine come quella che a Tolosa salutò il debut-

to della Galli-Mariè nella Favorita di Donizetti: «Ho cercato invano di scoprire le note che caratterizzano i termini del suo impiego, ma ho sentito solo una voce fresca nel registro medio (…) ha una sola corda nel suo arco e la fa vibrare come può; non chiedetele altro, la più bella figlia del mondo non può dare quello che non ha».

L’atmosfera teatrale bellicosa, che a un neofita sarebbe parsa una gabbia di pazzi, finiva spesso in scazzottate sedate solo dall’intervento della forza pubblica. In questi ameni luoghi di spettacolo crebbe la creatrice dell’opera francese più famosa al mondo, Carmen Il padre di Célestine, Claude Mariè de l’Isle, era un tenore «arrivato» che cantava all’Opéra di Parigi; le sorelle Paola e Irma furono eccellenti cantanti di operette, quest’ultima sposò il celebre direttore d’orchestra Eduard Colonne; l’unica sorella non cantante, Mecéna, si distinse per un fatto di sangue che sembra uscito dal finale di Carmen: fu pugnalata per strada, per fortuna non mortalmente, dal cugino-marito, pochi mesi prima dell’andata in scena del capolavoro di Bizet.

Célestine aveva capelli bruno scuri e occhi neri che «sprizzavano passione come frecce magnetiche»; «un pezzo di carbone» prescelto per battezzare zingare, magrebine, spagnole, mediterranee, spesso in ruoli molto travestiti di Offenbach, come nella parte di Venerdì nel Robinson Crusoe e Fantasio, dove portava barba e parrucca rossa. Spesso era la rivale di un bel soprano, come la zingara trovatella Mignon nell’opera di Ambroise Thomas, rivale della bionda Filina: lo stesso che accade in Carmen, con la ragazza di campagna Micaëla (invenzione dei librettisti), che spera di sposare Don José, perdutamente innamorato della diabolica sigaraia Carmen.

Célestine era gradevole, ma non bella. Riuscì a sfondare non avendo il

fisico slanciato della biondissima diva dell’Opéra, Cristina Nilsson, la scandinava che furoreggiava come Margherita nel Faust, né le forme giunoniche che eccitavano le teste coronate di mezz’Europa della regina delle operette di Offenbach, Hortense Schneider. La chiamavano la pinturlureuse, l’impiastricciata, ironizzando sul fatto che nella sua recitazione rivelava una passione per la pittura che la spingeva verso una gestualità ponderata a lungo. Obiettivo: far sì che ogni personaggio fosse animato da un temperamento proprio: dal saltellare dell’indigeno Venerdì all’abbandono di Mignon, alle molteplici sfaccettature di Carmen: la sovversiva agitatrice delle co-

Ritratto di Célestine

Marié, in Galli), (1840-1905).

(Wikimedia Commons)

scienze borghesi nella grande «tube», l’Habanera, la seduttrice ispanica nella sivigliana e nella canzone zigana ballata (la Romalis), incarnazione della nascente coscienza della libertà femminile immortalata nel tragico finale dell’opera, quando Carmen non retrocede né alle previsioni di sventura, né alle minacce, preferendo la morte al ritorno con il folle Don José. I librettisti di Carmen, Henri Meilhac e Ludovic Halévy, mutarono (non poco) il carattere feroce e impassibile della novella di Prosper Merimée, trasformando la relazione fra un pluriomicida (aveva ucciso anche il marito di Carmen, Garcia lo Sguercio) e una sigaraia in qualcosa

Dalle Venezie zuccherate al Neorealismo

di molto lontano dalle storielle a lieto fine dell’Opéra-Comique. Carmen doveva debuttare sulla seconda grande scena parigina, gettando nel terrore il suo co-direttore, Adolphe de Leuven. Quando gli dissero quale soggetto era stato scelto, sbottò: «Carmen! La Carmen di Merimée … Non è quella assassinata dal suo amante? In mezzo a ladri, zingari e sigaraie? All’Opéra-Comique! Il teatro delle famiglie! Il teatro dei fidanzamenti! Metterete il pubblico in fuga […] è impossibile».

Portare la morte all’Opéra-Comique costò a Carmen e ai suoi geniali autori critiche feroci; fu uno scandalo, un semi-insuccesso/successo. I coltelli nel teatro delle famiglie non erano ancora da tutti tollerati, nonostante di sangue a Parigi ne fosse scorso molto in quegli anni: dopo la disfatta nella guerra con i prussiani, venne l’assedio di Parigi, poi la Comune e la reazione con le fucilazioni di massa dei comunardi. Célestine, definita alla prima, «virago in gonnella», «mefisto femmina» si tolse la soddisfazione di portare al trionfo l’opera di Bizet, riprendendo il ruolo nel 1883. Era diventata un mito: «L’intelligente attrice, invece di attenuare il personaggio, lo disegna con una matita energica e farouche, alla Goya; accentuando gli istinti selvaggi, non nuoce all’insieme perché respinge i tentativi di catturare la simpatia sulla sua crudele figura. All’ultimo atto, quando Carmen fugge davanti a José che la insegue coltello alla mano, Madame Galli-Marié ha tradotto il terrore che invade la miserabile creatura con un atteggiamento e un’espressione così intensi e veri che la sala intera è scoppiata in applausi».

Bibliografia

Patrick Taïeb, Et Célestine GalliMarié créa Carmen, Actes Sud/ Palazzetto Bru Zane, pp. 365, 12 €

Letteratura ◆ In Chiuso per noia Flaiano osserva registi, produttori, attori e comparse smontando riti, retoriche e vanità dell’industria cinematografica italiana

Manuel Rossello

Il modo migliore di recensire un libro di Ennio Flaiano sarebbe quello di limitarsi a un ricamo di citazioni. D’altronde Flaiano è inimitabile, ha molti epigoni ma nessun erede e il suo tocco è riconoscibile fin nei testi giovanili. In questo ghiotto «adelphino», per esempio, c’è già tutto il Flaiano delle opere maggiori, con la sua ineguagliabile fusione di ironia e sarcasmo che fa sembrare meno acre la sferza della satira.

Quando inizia a occuparsi di critica cinematografica su «Oggi», appena fondato (1939) da Mario Pannunzio, è terminata da poco l’epoca in cui la recitazione prescrive di lanciarsi torte in faccia, ammiccare o svenire (nelle varianti svenimento secco o aggrappati alle tende). Vanno per la maggiore i film in cui si ammirano i trenta e più cambi d’abito della protagonista, mentre il regime fascista esercita una stretta censura sui contenuti a scapito della qualità media delle pellicole («Cosa possono interessare a uno straniero che voglia, attraverso un film, farsi un’idea della nostra esistenza, quelle Venezie e Napoli zuc-

cherate che di solito vengono portate sullo schermo, quei piccoli conflitti in cui i tenori hanno tanto posto e le ragazze imbambolate così larghe vittorie?»). Ma qualcosa sfuggiva sempre agli occhiuti funzionari: «Se vediamo un filo d’intelligenza, lo seguiamo come Teseo».

In questo clima che promuove un’immagine patinata e oleografica della vita, Flaiano ha gioco facile nel distribuire fendenti. Non senza trovare del buono in parecchi B movies dell’epoca o fare le bucce a mostri sacri come Quarto potere, Via col vento o Ombre rosse. Sono gli anni dei «film dei telefoni bianchi» di Mario Camerini, con atmosfere rarefatte e ambientazioni posticciamente danubiane, mentre la Costa Azzurra è il luogo più acconcio per praticare la dissolutezza, giusto il tempo di commettere qualche atto immorale a Cannes o Nizza, dopodiché i protagonisti rientrano nella più virtuosa Bordighera. In quegli anni gloriosi Vincent Price non è ancora una star, mentre Misha Auer lo è già grazie a quell’insensato, meraviglioso guazzabuglio intitolato Hellzapoppin

Un’immagine del 1947 di Ennio Flaiano. (Wikipedia)

Caduto il fascismo, il cambio è brusco. Nel primissimo dopoguerra l’indigenza è così grave che Palazzo Chigi viene affittato a una troupe americana, con il presidente del Consiglio che va a occupare quattro stanze di Palazzo Giustiniani. Impressionante è la capacità di Flaiano di immaginare (quasi una profezia) l’avvento del Neorealismo: «Un cinema italiano – scrive già nel 1940 – potrà esistere il giorno in cui comincerà a descrivere la nostra vita, a entrare nei particolari delle nostre abitudini». Appena può si occupa di film tratti (scrive «strattonati») da libri, che gli

consentono caustiche incursioni nella letteratura di genere. «Nei romanzi polizieschi inglesi non si alza mai la voce, l’assassino ha l’accortezza di non uccidere durante il tè delle cinque e se viene scoperto inghiotte del veleno. L’autore non vuole noie». Oppure: «Il gorilla di un racconto di Poe è il padre di tutti gli assassini ospitati nella letteratura gialla. Anche in questo campo l’uomo deriva dalla scimmia». In questa così ben amalgamata alternanza di capolavori e obbrobri che è il mondo di celluloide, già alcuni anni fa Mariarosa Mancuso aveva mostrato quanto sia essenziale decrittare il gergo dei critici cinematografici per scansare le «sòle» spacciate per opere d’arte. Se un film è ellittico, vuol dire che la trama è incomprensibile; se è trasgressivo, vuol dire che ci sono adolescenti nude; se è bressoniano, vuol dire che la recitazione è pessima; e se ha una comicità garbata, significa che non fa ridere.

Bibliografia Ennio Flaiano, Chiuso per noia, Adelphi, 2025

GalliMarié (nata

Perché d’inverno la pelle è più secca e sensibile?

«In inverno, fuori l’aria è secca, mentre dentro il riscaldamento toglie ulteriore umidità perché produce un calore secco», spiega Christian Greis, capoclinica di dermatologia all’ospedale universitario di Zurigo. Ciò altera la naturale regolazione del tenore lipidico e dell’idratazione della pelle e la sottopone a uno stress eccessivo. La pelle perde acqua più velocemente e si secca, si tira, si desquama e diviene più sensibile.

Cosa succede nella pelle?

Grazie al suo contenuto di acqua, in condizioni normali la pelle è morbida ed elastica. Lo strato superiore della pelle contiene grassi che limitano l’evaporazione. Essi preservano così l’idratazione negli strati più profondi della pelle, proteggendola dalla perdita di acqua. L’aria secca, come quella che c’è in inverno o nelle regioni fredde, inibisce il buon funzionamento di questa protezione.

C’è qualcosa che possiamo fare?

Un aiuto a casa possono essere gli umidificatori nonché arieggiare regolarmente le stanze e, in generale, bere acqua a sufficienza: la pelle ha infatti bisogno di idratazione sia dall’interno che dall’esterno. Inoltre non si deve stare troppo a lungo sotto la doccia o nella vasca e non bisognerebbe utilizzare acqua troppo calda. Questo perché l’acqua e il sapone rimuovono i grassi e l’umidità dalla pelle. Per lavarsi e fare la doccia è meglio usare un sapone delicato e a pH neutro che sulla pelle ha un’azione delicata. Per lavarsi le mani basta dell’acqua fredda o tiepida.

La cura con le creme può aiutare?

Sicuramente sì. Dopo la doccia o dopo aver lavato le mani, vanno applicate immediatamente una lozione idratante per il corpo e una crema per viso e mani. Esse infatti intrappolano l’umidità. Chi già soffre di pelle secca, dovrebbe applicare una lozione idratante due o tre volte al giorno. Gli studi dimostrano che l’applicazione di una crema sulla pelle una sola volta al giorno è di scarso beneficio. È preferibile applicarla più volte al giorno per tre o quattro settimane.

Quali sono le zone che necessitano di particolare attenzione?

Le mani hanno bisogno di creme particolarmente ricche perché sono co-

LIFESTYLE

Cura del corpo

Cura invernale

Ecco cosa aiuta contro la secchezza della pelle

Applica su corpo, viso e mani la crema giusta e bevi molto. Questa è, in breve, la strategia per avere una pelle ben curata in inverno. Se vuoi saperne di più, sei nel posto giusto.

stantemente esposte all’aria fredda. Il viso trae invece beneficio dalla combinazione di componenti grasse e idratanti, mentre il corpo da lozioni idratanti applicate dopo la doccia.

È vero che la pelle diventa più secca con l’età?

Sì, l’idratazione della pelle diminuisce a partire dalla seconda metà della vita. La produzione di sebo si riduce e la barriera cutanea diventa più permeabile. Ciò significa che la pelle trattiene meno umidità. La pelle secca – che in realtà diviene tale per la bassa produzione di sebo – può anche essere dovuta alla familiarità, cioè essere determinata geneticamente.

Come si protegge la pelle all’aperto?

Quando si sta fuori, la pelle ha bisogno di essere protetta dal freddo, dal vento e dai raggi UV. In inverno, la neve riflette i raggi UV, quindi di giorno è meglio usare una crema a basso contenuto di acqua con un fattore di protezione solare. Questo perché le creme a elevato tenore lipidico agiscono come un cappotto che sigilla l’umidità. Guance, labbra e mani sono particolarmente sensibili.

Che cosa si deve cercare in una crema da utilizzare al chiuso? Negli ambienti chiusi, l’aria è secca

ma non fredda: qui è dunque l’umidità che conta. I prodotti troppo grassi sono meno adatti, perché possono causare un’eccessiva lucidità della pelle o ostruire i pori.

Quanta crema devo applicare sul viso?

Per il viso va usata una quantità indicativamente pari alle dimensioni di una mentina, che si può leggermente aumentare o diminuire a seconda del tipo di pelle. La crema va applicata su fronte, guance, naso e mento, distribuendola con un massaggio delicato.

E il resto del corpo?

Per le mani, va messa una quantità di crema pari a una nocciola su ciascuna di esse, dopo averle lavate e prima di uscire. La crema va applicata con particolare attenzione sulla punta delle dita e sulle nocche, che spesso si screpolano. Quanto a tutto il resto del corpo, lo si può «incremare» con due o tre cucchiai di lozione idratante. Sulle zone particolarmente secche come gomiti, ginocchia, stinchi e piedi, la crema va stesa con generosità. L’ideale è applicarla sulla pelle leggermente umida dopo la doccia per trattenere meglio l’idratazione.

Cura per ogni giorno

Caccia al tesoro per il Giallo Mondadori

Cultura popolare ◆ Si cercano risposte alla misteriosa scomparsa dalle edicole della collana che, in Italia, diede nome al genere

«Una pioggerella sottile ma insistente batteva sui tetti di Milano. In centro, le luci dei semafori si offrivano sbiadite e l’aria aveva quel sapore acre, quasi ferroso, che viene quando l’asfalto è bagnato da troppo tempo. Non c’era nessuno in giro, almeno nessuno di quei lettori che, una volta, affollavano le edicole come vecchi amici in cerca di qualcosa da sfogliare e condividere. Milano, la città dei libri che si compravano al volo tra un tram e l’altro, pareva ora un’enorme distesa di gadget e souvenir per turisti, con le edicole trasformate in piccoli chioschi di sopravvivenza urbana. E lì, tra gli ombrellini appesi e messi in fila come dieci piccoli indiani, bottigliette d’acqua, snack veloci, calamite per il frigorifero e bolle di vetro con il Duomo miniaturizzato sul quale fiocca a ogni giravolta, qualcosa mancava», così avremmo potuto leggere nell’incipit di un giallo in merito al caso della collana culto ormai introvabile nelle edicole…

Nel 1933, a soli quattro anni dal lancio del marchio, aveva venduto già un milione e mezzo di copie

Chi ha ucciso il Giallo Mondadori? No, non è stata una di quelle sparizioni teatrali, con la pistola fumante e l’alibi che regge fino all’ultimo minuto. È stata una scomparsa silenziosa, lenta, ma implacabile, che ha lasciato dietro di sé solo supposizioni, vecchi fascicoli e un pubblico che, come un detective smarrito, cerca la copia di uno qualsiasi degli ultimi numeri, quasi fosse la prova schiacciante che manca all’investigazione. Se ne parlava già alle porte degli anni Sessanta, quando Friedrich Dürrenmatt – uno da non prendere alla leggera – scrisse quel Requiem per il giallo (quale prefazione a La promessa) che pare quasi un’epigrafe in anticipo sui tempi. Secondo lui, il giallo aveva i giorni contati: troppo gioco intellettuale, troppa logica, troppa meccanica. Il pubblico avrebbe presto smesso di farsi incantare da omi-

cidi perfetti e investigatori infallibili, ricordando bene quanto la realtà sia molto diversa dalle invenzioni. Ora, ci viene il sospetto che Dürrenmatt non stesse solo filosofeggiando: forse aveva fiutato l’aria prima di tutti. Nata nel 1929, all’epoca in cui i giornalai gridavano i titoli a squarciagola e ogni edicola era una porta verso un mondo misterioso, la collana dei Libri gialli – che sarebbero stati ribattezzati con la definizione Giallo Mondadori – pubblicavano Agatha Christie, Edgar Wallace, S.S. Van Dine, Ellery Queen: li trovavi tutti lì, confezionati in quel colore giallo che, oltre a diventare una garanzia di qualità, diede proprio il nome al genere: ben prima che Netflix ci bombardasse di thriller e serie tv poliziesche, ogni nuova uscita rappresentava un invito all’indagine. Si pagava poco, si leggeva in fretta, ma l’effetto era di quelli che lasciavano il segno. Nel 1933, a soli quattro anni dal lancio del marchio, aveva venduto già un milione e mezzo di copie. Oggi l’edicola è diventata altro e da essa è scomparso anche il Giallo Mondadori, prodotto che aveva legato il suo destino proprio alle bancarelle di carta e che in Italia si può avere solo su abbonamento o cercandolo nelle pochissime edicole che ancora lo propongono.

Se in Italia trovare un numero di Giallo Mondadori oggi è come vincere alla lotteria (abbiamo cercato anche ad Alessandria e a Padova, e in tre mesi non siamo riusciti a trovarne una copia), dalle nostre parti la situazione è ancora più disperata: da anni è stato chiuso il canale di distribuzione dell’iconica collana: non solo non se ne trovano copie, ma dalla Svizzera non è nemmeno possibile ordinarli online.

Se qualcuno desiderasse un libro di questa collana – la cui produzione continua senza sosta – è necessario che si prepari a una caccia al tesoro, soprattutto se si considera che in rete si trovano perlopiù vecchi numeri messi all’asta come reliquie: 250, 300 euro per un romanzo che un tempo si prendeva quasi gratis. È il mercato della nostalgia, ma sospettia-

Sostenibili primachefosse unaparoladi moda.

mo che sia più di questo. È l’effetto di una sparizione centellinata. Troppo caro? Beh, consideratelo un investimento nel mistero più grande di tutti: quello della collana scomparsa senza quasi lasciare traccia di sé. Potrebbe infatti trattarsi di un’operazione escogitata proprio in onore del fascino del giallo che è sempre stato questo: giocare sul sottile confine tra ciò che è evidente e ciò che si cela nell’ombra. Nel nostro caso, la verità, però, è forse più semplice di quanto possa sembrare, e si riassume in una parola: distribuzione. È questa l’ironia più amara, la fine del Giallo Mondadori da edicola probabilmente non è stata decretata dalla mancanza di lettori, ma dalla scomparsa dei luoghi dove trovarlo. Oppure, come in uno scenario degno della Christie, non c’è un colpevole ben definito, ma piuttosto una serie di complici: le edicole in via di estinzione, certo, ma anche l’era digitale, la crescente disaffezione verso la carta stampata dei lettori più forti, la concorrenza, e magari anche il fatto che da genere pop, il vecchio giallo oggi si è trovato un posticino dove stare tra alcuni grandi della letteratura… Una risposta definitiva ancora non l’abbiamo, sebbene Mondatori sembrerebbe intenzionato a esplorare la possibilità rafforzare la presenza in libreria di questa collana, come anche Segretissimo e Urania. Non abbiamo trovato una conferma ufficiale, ma a dichiararlo sono stati alcuni autori di Segretissimo durante un incontro pubblico al Nero Festival di Roma, una paio di settimane fa. Ma allora, è davvero morto il Giallo Mondadori? Forse no. Forse sta solo aspettando, come ogni buon mistero, che qualcuno lo riporti alla luce. Potrebbe esserci un colpo di scena dietro l’angolo, come per l’appunto la comparsa di una nuova forma di distribuzione o la nostalgia che spinge gli editori a un grande ritorno, magari in vista del centenario: mancano, in fondo, solo cinque anni.

E nel frattempo, ci dovremo ricordare di portare con noi un giallo in treno, perché di certo non ne troveremo all’edicola della stazione.

Lasostenibilitànon èunaccessorio.Èun impegnoquotidiano.

Riduciamol’impattoambientale deinostricantieri,promuoviamo pratichecircolarieinvestiamo intecnologiepulite.

Manonsolo:proteggiamoil futuroanchepromuovendolavoro stabile,inclusioneesicurezza. SpinelliSA. Diamovaloreallecose checontano.

Manuela Mazzi
Immagine generata da AI

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Battibecchi

La pedinatrice

Sono in una via del centro. Sto guardando la vetrina di un negozio di abbigliamento. Non è ancora metà novembre, ma stanno già vendendo il Natale. «Non fa per lei», dice una voce femminile dietro di me. Mi volto e vedo una donna con un completo blu.

«Che cosa non fa per me?», dico.

«Quella camicia a scacchi», dice la donna.

«Ma non stavo guardando quella camicia», dico.

«Lei mente», dice la donna.

«Come fa a dirlo?», dico.

«È la terza volta in quattro giorni che lei si ferma davanti a questa vetrina», dice la donna. «Guarda un po’ tutto, ma poi si ferma sempre a guardare quella camicia lì».

«Mi sta pedinando?», dico.

«No», dice la donna. «Raccolgo informazioni».

«Sui comportamenti dei potenziali clienti di questo negozio?», dico. «No», dice la donna. «Su di lei».

Pop Cult

«Allora mi sta pedinando», dico. «Inutile che lo neghi». «Il lavoro di raccolta di informazioni che sto effettuando, signor Mozzi», dice la donna, «è molto vasto e articolato. Trovo che parlare di “pedinamento” sia francamente riduttivo». «Va bene», dico. «Prendiamo un caffè?». «Questo è esattamente ciò che mi aspettavo», dice la donna. «Cioè?», dico. «Lei è così curioso di comprendere ciò che sta avvenendo», dice la donna, «da sottovalutare i pericoli. Anzi, nemmeno li considera».

«Ci sono dei pericoli?», dico.

«Dipende dal concetto di pericolo che si ha in mente», dice la donna. «C’è il pericolo che io sia malmenato, rapito, ucciso, derubato, manipolato, mesmerizzato, ricattato, truffato, amputato di uno o più arti, diviso in due con un colpo di scimitarra, bollito in un pentolone?».

«Niente di tutto questo», dice la donna. «E allora?», dico. «Lei aveva proposto un caffè», dice la donna.

Due passi e c’è un bar. Prendiamo un tavolino all’aperto, per essere più tranquilli. Ordiniamo due caffè, dell’acqua. «Lei», dico, «che cosa sa di me?». «Quasi tutto», dice la donna.

«Mi faccia un esempio», dico. «Domani ha appuntamento dal dermatologo», dice la donna, «ma non so quale sia esattamente il problema».

«Ha accesso alla mia agenda in Google?», dico.

La donna sorride.

«Quindi anche alla mia posta elettronica», dico.

La donna sorride.

«Ma non al mio WhatsApp», dico.

La donna annuisce.

«La mia domanda è», dico: «a che cosa le serve tutto questo?».

«È stato un suo suggerimento», dice la donna.

Il labile confine tra vita reale e «virtuale»

Negli ultimi anni, fiumi d’inchiostro sono stati spesi da commentatori e giornalisti per lamentare l’influenza negativa esercitata dalla cultura dei videogame sui nostri ragazzi, spesso accusati di utilizzare l’artificiosa finzione digitale come vero e proprio sostituto della vita reale. Ma cosa succederebbe se proprio l’esistenza fittizia offerta dai videogiochi divenisse l’unica opportunità di sperimentare l’anelito vitale, facendo dell’universo del gaming un mondo per molti versi più vero del vero?

Questa è l’intrigante premessa del toccante film documentario The Remarkable Life of Ibelin («la straordinaria vita di Ibelin»), grande successo di critica e vincitore in ben due categorie del Sundance Festival; un’opera che ha da poco festeggiato il primo anniversario della sua uscita su Netflix, e a cui molti social network stanno in

Xenia

questi giorni dedicando approfondimenti e reminiscenze, a testimoniare l’innegabile impatto che questo reportage ha avuto sul grande pubblico – anche e soprattutto grazie al fatto di aver offerto una visione alternativa (e ben più positiva) del mondo dei videogame.

Il film, firmato da Benjamin Ree, racconta infatti la breve vita di un gamer in particolare: il norvegese Mats Steen, affetto fin dalla nascita da una malattia degenerativa nota come distrofia muscolare di Duchenne, che, con il passare degli anni, lo condannò a un’immobilità quasi totale, causandone infine la morte ad appena 25 anni d’età. E solo a quel punto la sua famiglia avrebbe scoperto come Mats conducesse una «doppia vita», che, all’insaputa dei genitori, lo vedeva nei panni dell’aitante e affascinante Ibelin, detective privato e membro del-

la comunità di Starlight, con sede ad Azeroth, uno dei mondi creati all’interno del popolare videogame World of Warcraft. Un’identità segreta che, tramite il proprio avatar, ha di fatto concesso a Mats di vivere – attraverso il medium del videogioco e l’interazione in tempo reale con i giocatori che, da ogni dove, si riuniscono all’interno di questo «universo parallelo» – l’equivalente di una vita intera, trascorsa nello spazio di circa 20’000 ore di gioco. Ecco quindi che la passione per i videogame diviene il pretesto per una riflessione socio-antropologica controversa quanto appassionante: perché, proprio come il celebre Vagabondo delle stelle di Jack London, un essere umano che conduca la sua intera esistenza in una dimensione «altra», slegata dalla realtà terrena, può, di fatto, riuscire a controllare e mutare l’uni-

Mariam, sposa senza dote nella Roma barocca

[Segue dal numero 42 di «Azione»] Il matrimonio di Pietro della Valle e Maria Tinatin fu celebrato il 10 maggio 1628 nella chiesa di santa Maria in Monterone, dietro il palazzo dei Della Valle. Mariam / Mariuccia non aveva dote; era venuta a vivere a Roma «da un paese tanto lontano» e senza «aver potuto haver cosa alcuna dalla casa di suo padre». Gliela fornì lui, perché aveva preso «obbligo di protezione» della sua persona e l’eventualità di premorirle per una sciagura non era remota. Redasse il documento il giorno stesso del matrimonio: 15mila scudi di moneta romana (una cifra sbalorditiva), «quali fin d’ora le dò e dono spontaneamente». E diritti su tutti i suoi beni stabili e mobili. La bambina prigioniera e schiava era diventata una principessa. Mariuccia è una presenza discreta, nei libri di Pietro. Li avvenimenti del-

la signora Maria Tinatin di Ziba, che scrisse nel 1644, sono meno appassionati delle pagine dedicate a Sitti Maani. Ma fu per lei che compilò L’Informazione della Georgia (1627) e le istruzioni ai padri teatini che andavano in missione nel suo Paese d’origine. La loro prima figlia, Maria Romibera (Roma + libera), nacque nel dicembre del 1629. Pietro, che aveva avuto una figlia (Silvia) in gioventù, a Napoli, nel 1611, quando era ancora un «uomo libero» e l’aveva lasciata per farsi «pellegrino» – e aveva poi perso il bambino che aspettava con Sitti Maani – ne fu smisuratamente felice. Aveva scommesso sulla fecondità delle georgiane e aveva vinto: avrebbe avuto una posterità. Per festeggiare «il primo e felice parto della illustrissima signora Maria Tinatin di Ziba Della Valle», compose il dramma in musica La valle rinverdita. Fra i personaggi,

«Cado dalle nuvole», dico. «Non un suggerimento che lei ha dato a me personalmente», dice la donna, «ma una cosa che ha raccontato in un paio di interviste».

«Mi spieghi», dico. «In alcune interviste lei ha raccontato la storia della pubblicazione del suo primo libro», dice la donna. E ha detto di aver fatto avere il suoi racconti, illo tempore, a pochissime persone. Che però, guardacaso, erano le persone giuste». «Sì», dico.

«E quando l’intervistatore le ha chiesto un suggerimento da dare agli aspiranti scrittori», dice la donna, «lei ha detto, e cito testualmente: “Se volete trovare ascolto, non dovete rivolgervi a tutti quelli che vi capitano a tiro; dovete scegliere a chi rivolgervi, cercare di capire se quella è la persona giusta per voi, la persona che può darvi ascolto e aiutarvi; e poi cercate il contatto”». «È sicuramente un concetto che posso aver espresso», dico. «E dunque lei,

per capire se io posso essere la persona giusta, si è infiltrata nella mia vita privata, ha hackerato la mia posta, mi ha pedinato per non so quanto, e così via. Giusto?».

«Non ho fatto solo questo», dice la donna. «Ho anche letto tutti i suoi libri, ho esplorato i suoi account social, sono venuta a sentirla parlare in svariate occasioni, eccetera». «Ma perché?», dico.

«Perché ho scritto un romanzo, voglio pubblicarlo, e sto cercando l’interlocutore giusto», dice la donna. «Ha ragione», dico. «Stavo guardando esattamente quella camicia». «Che non è per lei», dice la donna. «Vuole dunque consegnarmi anche il suo romanzo?», dico.

«No», dice la donna. «No?», dico.

«No», dice la donna. «Dopo lunga osservazione ho deciso che non è lei la persona adatta. Mi sono rivelata solo per dirglielo. Grazie per il caffè».

verso intorno a sé, rendendo i contorni tra reale e immaginario sempre più sfumati e sfuggenti. Nel caso di Mats, la sua presenza all’interno della comunità di Starlight ha avuto ripercussioni tutt’altro che virtuali su chi lo circondava – le tante persone (nascoste dietro i rispettivi computer e avatar) che Ibelin ha aiutato, lasciando un’impronta positiva sulle loro vite e permettendo così al ragazzo che lo animava di sperimentare emozioni che, a parere di molti, la malattia non gli avrebbe mai permesso di provare. Quella oltre lo schermo era la dimensione in cui egli aveva scelto di vivere: l’unica che potesse donargli un qualche futuro, e non semplicemente l’attesa di un’inevitabile quanto prematura morte.

Così, la lezione che si può trarre da una storia tanto toccante è molteplice: se, infatti, un semplice avatar può

dimostrarci come il concetto di realtà sia infine fortemente soggettivo, allora diventa impossibile stabilire se le esperienze vissute all’interno di una simulazione – innamoramenti, amicizie, più o meno eroici gesti quotidiani – possano definirsi meno tangibili o significative di quelle offerte dalla vita «reale» e dalla dimensione fisica. Anche per questo, si potrebbe dire che sia stato proprio Ibelin a rappresentare la vera, più profonda essenza del giovane Mats: l’unica in grado di trascendere le limitazioni corporee per dare voce al proprio sé più reale. A riprova di come, anche di fronte a difficoltà apparentemente insormontabili, la scintilla vitale – intesa come la volontà di dare un significato più profondo all’esistenza, che vada oltre la semplice necessità di sopravvivere – sia, nonostante tutto, destinata ad avere il sopravvento. Sempre e comunque.

il Caucaso, Roma e il Tebro. Lo pubblicò quattro anni dopo, dedicandolo alla bambina, «per cui la Valle hor si rinverde». Il loro primo maschio nacque nel 1633. Ne ebbero almeno quattro: Valerio, Francesco, Paolo, Erasmo. In tutto – riferisce Bellori nella Vita di Pietro – ebbero 14 figli. Il numero impressiona, ma era normale, nella Roma del Seicento. Mariuccia era ormai una signora romana, «generosa di sangue e di maniere». Il prestigio del marito la proteggeva. Ma il Pellegrino era allergico alla xenofobia e non tollerava che gli orientali al suo servizio venissero scherniti o maltrattati. Durante la processione del Santissimo Rosario del 1636, a Monte Cavallo, un garzone di stalla svizzero del cardinal Francesco Barberini insultò il suo servitore persiano Abraham: Pietro lo uccise (e andò in esilio un anno per

questo). Mariam faticava a seguire il marito nelle sue imprese: nemmeno la maturità aveva affievolito la sua curiosità o ridotto la sua inquietudine. Studiava turco, arabo, etiopico, greco, samaritano, persiano, copto, componeva musica, si interessava di politica, diplomazia e guerra. Si considerava ancora «un cavaliere». Nel 1642, nonostante la calvizie e l’età avanzata, Pietro si unì all’esercito del papa per partecipare alla guerra di Castro: alla moglie, rimasta a Roma coi figli, scriveva lettere torrenziali. Lei rispondeva con parsimonia. Erano diversi. A differenza di Sitti Maani, Mariuccia non sembra aver coltivato interessi intellettuali. Assimilata, si conformava agli usi della Roma barocca. Tre delle loro quattro figlie divennero monache – Luisa Maria Eutropia nel monastero di San Silvestro. I maschi invece non ebbero buona fa-

ma e finirono tutti espulsi da Roma, «in disgrazia della corte». Dopo la morte del marito, nel 1652, Mariuccia si preoccupò di far pubblicare il secondo e terzo volume delle lettere dei Viaggi (La Persia, L’India: la parte della storia di cui anche lei era stata testimone). I romani non avevano mai davvero accettato la moglie (bambina?) barbara di Pietro della Valle: ma accettarono la figlia. Nel 1658 Romibera sposò il nobile Ottavio del Bufalo. Compiuta la sua missione per garantire al marito memoria e discendenza onorata, Mariuccia si ritirò a Urbino, dove le figlie Maria Elena e Flavia erano monache nel monastero di san Benedetto. Vi morì dopo il 1673. Pietro era rimasto il centro del suo mondo: il testamento rivela che conservava i suoi oggetti come reliquie. Nessuno ormai ricordava più che era stata una «straniera».

di Benedicta Froelich
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GUSTO

Una storia golosa

Hai poco tempo per cucinare i biscotti? Con questa ricetta puoi prepararne sei tipi diversi senza dover stendere la pasta. Le decorazioni non sono necessarie

Sablé impasto base

Pasticceria dolce

Per ca. 70 pezzi

400 g di burro, morbido

280 g di zucchero

2 buste di zucchero vanigliato

1 presa di sale

0,5 dl di latte

600 g di farina

2 cucchiai d’amido di mais

Mescola burro, zucchero, zucchero vanigliato, sale e latte finché ottieni un impasto liscio e omogeneo. Aggiungi la farina e l’amido di mais, poi lavora finché l’impasto diventa morbido. Suddividi l’impasto in sei parti grandi uguali da aromatizzare in modo diverso.

Cottura in forno

Scalda il forno statico a 175 °C (calore superiore e inferiore).

Prepara una porzione di sablé per volta. Taglia i rotoli di sablé a fette di ca. 1 cm. Accomoda i biscotti su una teglia foderata con carta da forno. Inforna una teglia per volta al centro del forno e cuoci per ca. 15 minuti (vedi suggerimento). Sforna i biscotti e lasciali raffreddare sulla teglia.

1

Cioccolato e sesamo

Taglia a dadini il cioccolato bianco. Impasta una porzione di pasta di ca. 220 g con il cacao in polvere e i dadini di cioccolato. Forma un rotolo di ca. 4 cm Ø.

Passalo nei semi di sesamo e fissali premendo un poco. Avvolgi con la pellicola trasparente e metti in frigo per 1 ora.

2 Cranberry e curcuma

Ancora più veloce riesce con le paste pronte milanesini al burro e per discoletti da utilizzare come base per diversi aromi

Trita grossolanamente i cranberry. Indossa i guanti monouso. Impasta una porzione di pasta di ca. 220 g con la curcuma e i cranberry. Forma un rotolo di ca. 4 cm Ø. Passalo nella noce di cocco grattugiata e premi un poco per fissare. Avvolgi con la pellicola trasparente e metti in frigo per 1 ora.

3

Caffè e noci

Mescola il caffè solubile con l’acqua, finché il caffè si è sciolto. Trita grossolanamente le noci. Impasta entrambi e l’amido di mais con una porzione di pasta di ca. 220 g. Forma un rotolo di ca. 4 cm Ø. Avvolgi con la pellicola trasparente e metti in frigo per 1 ora.

Lasciar raffreddare le teglie Terminata la cottura, posso riempire la teglia successiva con l’impasto dei biscotti? Meglio di no. Le teglie calde fanno sciogliere la pasta prima della cottura. Per ottenere biscotti dall’aspetto uniforme, la teglia deve essere sempre lasciata raffreddare. Inoltre, è meglio che l’impasto si mantenga fresco fino al momento in cui viene infornato.

Spessore uniforme per biscotti perfetti Affinché tutti i biscotti vengano bene, devono avere lo stesso spessore. Se vengono stesi in modo non uniforme, le parti più spesse non si cuoceranno, mentre quelle più sottili diventeranno troppo scure.

Usare in modo intelligente la funzione aria calda La funzione aria calda del forno consente di cuocere più teglie contemporaneamente. Per ottenere una doratura uniforme, si consiglia di invertire le teglie una volta durante la cottura: in questo modo ogni biscotto sarà perfetto.

Lasciarli raffreddare

Quando applichi la glassa o altre decorazioni, i biscotti non devono più essere caldi. In questo modo la decorazione rimane dove deve essere. Tra l’altro, i biscotti che sono ancora leggermente morbidi diventano duri e meravigliosamente croccanti una volta che si sono raffreddati.

Ricetta
Buono a sapersi

GUSTO

6

Marzapane e pistacchi

Spiana una porzione di pasta di ca. 220 g su un foglio di carta da forno, formando una sfoglia quadrata di ca. 16 x 16 cm. Spiana il marzapane alle stesse dimensioni e adagialo sull’impasto. Arrotola con cautela aiutandoti con la carta da forno. Trita i pistacchi, passaci il rotolo e fissa i pistacchi premendo un poco. Avvolgi con la pellicola trasparente e metti in frigo per 1 ora.

5 Lamponi e barbabietola

4 Cannella e caramello

Impasta una porzione di pasta di ca. 220 g con la cannella e i dadini di caramello. Forma un rotolo di ca. 4 cm Ø e passalo nello zucchero. Avvolgi con la pellicola trasparente e metti in frigo per 1 ora.

Pesta finemente lamponi e zucchero in una scodella. Indossa i guanti monouso. Impasta 3/4 dei lamponi, il succo di barbabietola e l’amido di mais con una porzione di pasta di ca. 220 g. Forma un rotolo di ca. 4 cm Ø. Passalo nello zucchero ai lamponi avanzato. Avvolgi con la pellicola trasparente e metti in frigo per 1 ora.

Si può mangiare la pasta dei biscotti cruda?

Meglio di no. La pasta contiene uova crude, il che potrebbe comportare il rischio di contaminazione da salmonella, che può provocare infezioni gastrointestinali. Anche la farina cruda presenta dei rischi: gli scienziati americani hanno scoperto che può contenere batteri del genere coli. Quindi, non bisogna mangiare i biscotti finché non sono cotti.

Un aiuto prezioso

Quali sono gli strumenti che facilitano il lavoro

Anche per la cottura al forno vi sono utensili che sono indispensabili. Questi ti servono assolutamente

Tagliabiscotti

Formare i biscotti a mano richiede molta pratica e pazienza. Con i tagliabiscotti giusti è un gioco da ragazzi. Inoltre esistono in tante bellissime forme.

Griglia per dolci

I biscotti non dovrebbero raffreddarsi sulla teglia dopo la cottura. Su una griglia per dolci non continuano a cuocere, si raffreddano in modo uniforme e rimangono croccanti.

Bastoncini per impasto

Stendere la pasta con uno spessore di tre millimetri esatti? È quasi impossibile farlo a occhio nu-

do. In questo caso possono essere utili dei bastoncini per impasto, utili per stendere pasta, fondente o marzapane in modo uniforme e nello spessore desiderato. Per risultati uguali a quelli dei professionisti.

Zuccheriera e spargitore di cacao

Non solo nella cucina natalizia uno spargitore è utile. Che si tratti di zucchero a velo sulla torta o di cacao sul tiramisù: con uno spargitore si ottiene una distribuzione uniforme. Si consiglia di utilizzare uno spargitore separato per lo zucchero e uno per il cacao.

Gratella

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Nelle aziende agricole con la Gemma si allevano tutti i pulcini, indipendentemente dal sesso, andando così a chiudere il ciclo naturale tra uovo, gallina e gallo.

COME LA GALLINA, ANCHE IL GALLO FA PARTE DEL CICLO DELLE UOVA BIO

Le galline depongono le uova. E i galli? Da Bio Suisse vengono allevati anche loro.

Ogni uovo di gallina è un piccolo miracolo perfetto. Confezionato igienicamente nel suo guscio, contiene molto di cui abbiamo bisogno per vivere: proteine, vitamine, sali minerali e tutti gli aminoacidi essenziali. A ciò si aggiunge la sua versatilità, che altri alimenti in cucina difficilmente riescono a presentare. Non c’è da stupirsi che in Svizzera si mangino 200 uova all’anno a persona, e che le si consumi in tantissimi modi diversi, dalle uova fritte a quelle alla maionese.

Chi acquista uova bio svizzere sostiene i più alti standard di benessere animale: le galline ovaiole bio hanno ampio accesso al pascolo,

beccano cereali biologici e vivono in stalle adeguate alle loro esigenze.

Ciò include anche i galli, poiché le aziende biologiche allevano tutti i loro pulcini. Le uova bio, quindi, non rappresentano solo un prodotto di valore, ma anche un sistema di allevamento in cui uovo, gallina e gallo fanno parte dello stesso ciclo.

Le uova Bio Suisse sono sinonimo di piacere culinario con la coscienza pulita. Per saperne di più:

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Seratedaurlo.

Andareateatroèsempreun’emozione:scopriiprossimiappuntamenti.

21/22.11

Ritornoacasa HaroldPinter

MassimoPopolizio

Traigrandimaestridelteatroitaliano,MassimoPopoliziodirige einterpreta Ritornoacasa,capolavorodiHaroldPinterche,asessant’annidaldebutto,conservaintattalasuaforzanelraccontare potere,violenzaedisgregazione familiare.

23.11

Orchestra oftheAge ofEnlightenment SirAndrásSchiff

AndrásSchifftornasulpalcodel LAC,quinelladuplicevestedi pianistaedirettore,accompagnatodall’OrchestraoftheAgeof Enlightenment,ensembledifama mondialespecializzatonell’esecuzioneconstrumentid’epoca.

25–30.11

Cats

AndrewLloydWebber

DirettamentedalWestEnd londinese,arrivailmusicaldarecord firmatodaAndrewLloydWebber: musicadalvivo,coreografie spet tacolariecostumistraordinari sifondonoconeleganzaeimmaginazionerendendo Cats un’esperienzateatraleunica.

01.12

VerbierFestival ChamberOrchestra GáborTakács-Nagy StevenIsserlis SottoladirezionediGábor Takács-NagyeconlapartecipazionedelvioloncellistaSteven Isserlis,laVerbierFestivalChamber Orchestra,perlaprimavoltaa Lugano,presentaunprogramma chespaziadalclassicismovienneseallatradizioneebraica.

10/11.12

Psycho Orchestra dellaSvizzeraitaliana AnthonyGabriele

IlcapolavorodiHitchcockdiventa un’esperienzasinfonicadalvivo: l’OrchestradellaSvizzeraitaliana, direttadaAnthonyGabriele,eseguelacolonnasonoradiBernard Herrmannaccompagnando laproiezionedelfilm Psycho

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TEMPO LIBERO

Un fantastico aperitivo colorato

Sono ideali per fare bella figura, i cuscinetti di sfoglia farciti con cottage cheese e, a piacere, con salmone affumicato, gamberetti e filetti di trota affumicati

Tarocchi e antichi racconti

Ogni bella narrazione ha il potere di smuovere il pensiero paralitico trasformandolo in un movimento utile anche agli altri, vale a dire che ogni bella storia fa… danzare

Il mondo sommerso in uno scatto

Adrenalina ◆ Una competizione internazionale porta i migliori fotografi subacquei a Lavertezzo per raccontare il fiume in controluce, senza ritocchi e con tecnica pura

Pierce Brosnan, o, almeno, la sua controfigura, la Val Verzasca l’aveva resa famosa con il famoso salto nel vuoto dalla parete dell’imponente diga, i piedi legati a un elastico e ovviamente lato valle, nel film Goldeneye della saga dell’agente segreto 007. I protagonisti della puntata odierna di Adrenalina, non meno intrepidi, la Verzasca hanno scelto di esportarla in tutto il mondo con una serie di «cartoline» prese tutte da un’altra prospettiva: da sott’acqua; con i fondali dell’omonimo fiume a far da sfondo, nei pressi del Ponte dei Salti di Lavertezzo. È infatti lì che nelle scorse settimane si sono tenuti gli Swiss Masters UW-Photo, ovvero una competizione – sul modello dei Campionati mondiali di fotografia subacquea – che ha visto sfidarsi a… colpi di clic alcuni fra i più bravi al mondo in questa particolare disciplina.

La Verzasca diventa sede di una prova che misura capacità reali di gestione di corrente, visibilità e attrezzatura in un contesto naturale che non concede margini d’errore

Perché proprio la Val Verzasca, e in particolare il suo fiume quale «campo di gara» per questa competizione? La domanda l’abbiamo girata a Fritz Liechti, istruttore 3 di foto subacquea CMAS nonché capo dell’organizzazione della manifestazione andata in scena in Ticino: «Perché il fiume Verzasca, con le sue acque verdi e trasparenti, offre le condizioni perfette per realizzare delle suggestive fotografie subacquee» osserva il nostro interlocutore con cognizione di causa, visto che tra i diversi riconoscimenti ottenuti sotto il pelo dell’acqua c’è anche il sesto posto ai Mondiali CMAS di foto subacquea e, forte dell’esperienza maturata in oltre trent’anni di immersioni, quasi sempre con la macchina fotografica appresso, è responsabile della formazione degli istruttori di fotografia subacquea, così come per la sezione sub dei corpi di polizia.

Non a caso, per gli appassionati di immersione subacquea, la Verzasca è uno dei luoghi più belli in Europa, proprio perché la trasparenza delle sue acque offre una visibilità ben maggiore rispetto a quanto possano offrire i laghi o il mare. «Certo –spiega Liechti – in un fiume come la Verzasca, fatta eccezione per qualche trota, non ci sono animali particolari da immortalare, né piante acquatiche tipo i coralli, ma non per questo i suoi fondali sono meno suggestivi. Anzi, la particolare conformazione

che hanno assunto le rocce, scavate dallo scorrere delle acque, conferisce al panorama un tocco quasi mistico. E poi, il contorno del pozzo di Lavertezzo, con il suo caratteristico ponte romano, rende lo scenario davvero unico. Per gli appassionati di immersione subacquea rappresenta quasi una sorta di “mecca”: un luogo in cui almeno una volta nella vita ti devi immergere».

La gara si svolge in maniera codificata: «I fotografi si immergono con attrezzature fotografiche sigillate e realizzano foto nelle categorie “Grandangolo”, “Grandangolo con modello”, “Creativa” e nella categoria speciale “Watch”. Immagini che poi vengono valutate da una giuria di esperti. Non sono ammesse alterazioni di nessun tipo della fotografia, una volta riemersi dall’acqua. Niente Photoshop o elaborazioni al computer volte a ritoccare questo o quel dettaglio. Ecco perché occorre avere polso fermo e senso dell’arte, oltre che abilità nel cogliere il momento giusto per premere sul pulsante che attiva l’otturatore.

Diciamo che in un presente in cui la tecnologia ci mette a disposizione un sacco di strumenti per affinare un’immagine, il mondo della fotografia subacquea, e quello delle competizioni a essa legate, nuota un po’ controcorrente, rifacendosi all’arte della fotografia pura, senza artifici di sorta». In gara, ai fotografi non è consentito l’uso di automatismi né post-produzione

Le differenze tra fotografare un soggetto fuori dall’acqua e il farlo completamente immersi, hanno peraltro a che fare con aspetti non solo creativi ma anche tecnici: «È vero che gli apparecchi fotografici sono gli stessi, ma le analogie si esauriscono lì. Sotto il pelo dell’acqua tutte le regolazioni vanno fatte in manuale: la modalità automatica non esiste. Un tuffo nell’acqua con la macchina fotografica è un po’ come fare un balzo a ritroso nel tempo di una quarantina

d’anni. Perciò devi sapere padroneggiare bene tutte le varie regolazioni, tenendo in considerazione la quantità di luce, che varia di molto quando scendi in profondità. E per questo ti occorrono dei flash e delle luci molto potenti per rischiarare il tutto. Già a due-tre metri sotto la superficie i colori iniziano a farsi meno distinti. A dieci metri il rosso non lo vedi più, e a una profondità di 40 o più metri, praticamente gli unici colori che vedi sono il verde e il blu. Ma se sai usare bene la strumentazione, e disponi di flash o di un’illuminazione molto potente, allora i risultati che puoi ottenere sono veramente eccezionali, perché là sotto c’è una realtà sommersa che disegna un quadro davvero spettacolare. Considerate tutte queste premesse, e il fatto che, comunque, sott’acqua ti porti appresso apparecchiature per un peso di 5-7 kg, quando scatti una foto devi andare quasi a “colpo sicuro”. Ecco perché per riuscire bene in questa disciplina è importante avere ben definita nella testa l’immagine che vuoi immorta-

lare, ancora prima di immergerti. E quando sei sott’acqua e aspetti il momento giusto per scattare, la tensione è massima, e la scarica di adrenalina che provi è paragonabile a quella di uno sportivo nel momento del suo massimo sforzo». Un’attività affascinante tuttavia poco praticata in Svizzera e in Ticino: «Non sono moltissimi a dire il vero i fotografi subacquei, in Svizzera, ma di anno in anno il numero cresce, pure per la qualità dei risultati. In Ticino ce ne sono diversi, anche piuttosto bravi. Uomini e donne. E una di queste ha pure partecipato agli Swiss Masters UW-Photo. Data la particolarità della zona, per ovvi motivi di sicurezza, per l’evento andato in scena a Lavertezzo nelle scorse settimane abbiamo dovuto limitare a 10 il numero di partecipanti: pochi ma buoni e, soprattutto, tenuti sotto controllo dal profilo della sicurezza. E tanta qualità: per rendere l’idea, ben quattro di loro in bacheca hanno già conquistato un titolo mondiale di fotografia subacquea».

Un momento della prestigiosa competizione sulle sponde della Verzasca. (Swiss Masters UW-Photo)
Moreno Invernizzi
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Perfetto per il «Taco Tuesday»

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Ricetta della settimana - Cuscinetti di sfoglia con pesce

● Ingredienti

Aperitivo

Ingredienti per 40 pezzi

• ½ mazzetto d’erbe aromatiche miste per insalata, ad es. aneto, prezzemolo

• 2 c di capperi

• 200 g di creamy cottage cheese

sale

pepe

• 3 piccole cipolle rosse

• 2 paste sfoglie rettangolari

già spianate da 320 g l’una

• 1 uovo

• 100 g circa di salmone affumicato

• 100 g circa di gamberetti cotti

• 100 g circa di filetti di trota affumicati

Preparazione

1. Tritate finemente la metà delle erbe e la metà dei capperi. Mescolate con 2/3 del creamy cottage cheese. Condite con sale e pepe.

2. Tagliate a fette sottili la cipolla con l’affettaverdure.

3. Scaldate il forno a 180 °C (calore inferiore e superiore). Srotolate le paste sfoglie e spalmatene una con la miscela al cottage cheese. Coprite con la seconda pasta sfoglia e premete leggermente. Tagliate la pasta farcita a quadrati di circa 4 cm.

4. Disponete la sfoglia su un foglio di carta da forno e fatelo scivolare su una teglia. Spennellate la pasta con l’uovo. Premete leggermente al centro di ogni quadrato con il fondo di un bicchierino per grappa. Adagiate una fettina di cipolla in ogni incavo. Cuocete nella metà inferiore del forno per circa 18 minuti finché le sfoglie sono dorate, poi sfornate.

5. Lasciate raffreddare sulla teglia. Se occorre, ripassate con cautela con il coltello tra i quadrati.

6. Spalmate il cottage cheese avanzato sui quadrati e farciteli a turno con un po’ di salmone, gamberetti e filetti di trota strappati a pezzettini. Guarnite con le erbe rimaste e i capperi.

7. Cospargete con un po’ di sale e pepe, poi servite subito.

Consiglio utile

Preparazione: i cuscinetti si possono preparare con un anticipo di 2-3 ore e farcire poco prima di servirli. Se usate degli spessori stendipasta e una rotella tagliapizza sarà più facile tagliare la pasta.

Preparazione: circa 25 minuti; cottura in forno: 15 minuti

Per persona: circa 3 g di proteine, 5 g di grassi, 6 g di carboidrati, 80 kcal

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Il grande gioco dei destini incrociati

Colpo critico ◆ Tarocchi, racconti, epifanie e altre forme che non rappresentano soltanto, ma rianimano ciò che sembrava immobile

In un villaggio polacco, all’inizio del Novecento, c’era un rabbino celebre per la sua saggezza. Un giorno gli chiesero di raccontare una storia. Lui cominciò a dire: «Una storia dev’essere narrata in modo tale che sia efficace, e un aiuto essa stessa». Poi disse: «Vi racconto la storia di mio nonno, che era paralizzato. Un giorno gli chiesero del suo maestro, che spesso si metteva a saltellare e a danzare nel luogo in cui si trovava, preso da un impeto spirituale. Per spiegare questo, mio nonno si alzò e continuò a raccontare mentre saltellava e danzava. A partire da quel momento fu guarito». Il rabbino fece una pausa, poi soggiunse: «Ebbene, è esattamente in quel modo che bisogna saper raccontare».

Né di stile, né di psicologia del personaggio, ma di quando un racconto costringe il corpo a vibrare, a non rimanere fermo

Sento in me l’esigenza di narrare fin da bambino. Ma raggiunta l’età della (più o meno) ragione, è sorta una domanda: a che cosa portano le mie storie? È un gesto che faccio perché so farlo, un tentativo di chiarire sommovimenti che avvengono dentro di me, oppure può avere un valore anche per il mondo? Il vecchio rabbino mi ricor-

da ogni volta che le storie devono portare alla danza. Se una storia smuove la mia paralisi, allora potrà forse servire anche agli altri. E invece, al contrario, se una storia non tocca nemmeno il mio «cuore paralitico», come lo chiamava Agostino d’Ippona (Discorso 46, 13), allora come potrà mai essere utile a qualcuno?

Credo che la stessa cosa valga per i giochi. Non c’è bisogno che siano esplicitamente narrativi. Il movimento che riproduce il mondo come danza può essere intrinseco, come accade nel mazzo dei tarocchi. Secondo lo studioso Michael Dummett, i tarocchi nacquero tra Ferrara e Mantova nel 1430 (cfr. Game of Tarot: From Ferrara to Salt Lake City, US Games System, 1980). È l’epoca che precede la nascita di Matteo Maria Boiardo, che scriverà L’Orlando innamorato, il poema epico poi completato da Ludovico Ariosto nell’Orlando furioso. La corte degli Este di Ferrara era un crogiolo di storie, in cui si mescolavano i personaggi del ciclo arturiano, come lo stesso Artù, Ginevra, Lancillotto, e quelli del ciclo carolingio, come Orlando, Rinaldo, Bradamante. Le regole sono simili alla briscola, ma le carte speciali (i cosiddetti «trionfi») sembrano richiamare eroi e colpi di scena: la Papessa, l’Imperatore, gli Amanti, l’Eremita, il Penduto, il Diavolo, l’Angelo, il Mondo, il Matto, eccetera. I tarocchi si diffusero poi

Giochi e passatempi

Cruciverba

Quanta pelle perdiamo nel corso della nostra vita? Rispondi alla domanda, leggendo a cruciverba ultimato, le lettere evidenziate. (Frase: 5, 5, 11)

in Francia e da lì nei Paesi anglosassoni. Nei secoli successivi crebbe il loro uso divinatorio, mentre diminuì quello ludico.

Giampaolo Dossena, tuttavia, ancora nel 1984 racconta di avere assistito in un’osteria bolognese a una partita allo storico Tarocchino di Bologna, un gioco fra i più complessi e intricati di cui si abbia notizia (pur essendo probabilmente una semplificazione di quello che si praticava nel XVIII secolo…). Dossena rammenta che

uno degli anziani giocatori fece questo commento: «Bègato ha scavezzato criccone ». Questa arcana espressione, in una lingua ormai remota, rimase «scolpita nella memoria» dell’autore (G. Dossena, Giochi di carte italiani, Mondadori, 1984; «Bégato» è il Bagatto, uno dei trionfi, mentre «criccone» è una combinazione di tre carte). A chi volesse assaggiare il gusto di questa tenzone antica, consiglio il Tarocco Bolognese ristampato dalla cartiera Modiano.

I tarocchi fanno danzare la mente, suggerendo una storia anche in un contesto non direttamente narrativo. Lo si capisce bene giocando a una rivisitazione moderna: Présages, creato da Maxime Rambourg (Spiral Éditions, 2025). Le carte, magnificamente illustrate da Ben Renaut, hanno nomi evocativi: lo Specchio, l’Enigma, la Morte, la Speranza, il Sogno, la Malizia, eccetera. Le regole sono semplici: da 4 a 6 partecipanti, divisi in due o tre squadre, cercano di liberarsi per primi delle proprie carte, secondo criteri che cambiano a ogni mossa. Ed è come se nascesse un’epopea: vuoi mettere prendere la Gelosia dopo che il tuo compagno ha gettato sul tavolo il Tradimento, mentre gli avversari giocano l’Orgoglio e l’Amicizia? Un giro di tavolo ed è già un intero romanzo…

Présages sarebbe piaciuto a Italo Calvino, che nel suo Il castello dei destini incrociati (1973; Oscar Mondadori, 2023) parte proprio da un mazzo di tarocchi per intrecciare avventure mirabolanti. «Il filo della storia è ingarbugliato – scrive Calvino – non solo perché è difficile combinare una carta con l’altra ma anche perché ogni nuova carta che il giovane cerca di mettere in fila con le altre ci sono dieci mani che s’allungano per portargliela via e infilarla in un’altra storia che ciascuno sta mettendo su». È sempre così: una storia tira l’altra. Per fortuna.

precedente

ORIZZONTALI

1. 101 romani

3. Fu costruita sotto le direttive di Dio

6. Ventre, parte interna

8. In... in Francia

9. Un Bravo messicano...

10. Dopo il «bi»

11. Venne sostituito ad «ut»

12. Accessorio per auto

13. Li impugnano le Amazzoni

17. Seccature, grattacapi

18. Immensa sciatrice

19. Misero, infelice

20. Un anagramma di gai

21. Una cucina con moussakà e feta

23. Tutto in francese

24. Quinto satellite di Saturno

26. Il «paroliere» di Lucio Battisti

27. Alberi ad alto fusto

VERTICALI

1. Ortaggi spinosi

2. Osso dell’anca

3. Due vocali

4. Ha una testa calda 5. Pianta aromatica

7. La... precedono a tavola

Macchinare, complottare

Tracollo finanziario

13. Letta al contrario non cambia

Un aracnide 15. Soccorre in Italia (Sigla)

Vale 10000 metri quadrati

L’indimenticabile Garbo attrice

19. Un uccello 21. Si può segnare con

Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku cliccando sull’icona «Concorsi», homepage in alto a destra Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano . Non si intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.

Vinci una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una carta regalo da 50 franchi con il sudoku
Alcune carte dei tarocchi: il Matto, il Mago, l’Imperatore, la Morte. (Creazione AI)

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Raclette al naturale Raccard, IP-SUISSE in blocco extra o a fette, in confezioni speciali, per es. in blocco extra, per 100 g, 1.35 invece di 2.25 40%

Tutti i mitici Ice Tea in brik al limone, light al limone o alla pesca, 10 x 1 litro, per es. limone, 4.98 invece di 8.30, (100 ml = 0,05)

Tutto l'abbigliamento per bebè e bambini e tutte le scarpe per bambini incl. calzetteria, biancheria da giorno e da notte (escl. articoli Hit), offerta valida dal 13.11 al 16.11.2025 30%

Validi gio. – dom.

imbattibili weekend del Prezzi

a partire da 3 pezzi 40% Arance bionde Spagna, rete da 1 kg 1.–

Tutti i pannolini Pampers (confezioni multiple escluse), offerta valida dal 13.11 al 16.11.2025

tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti.

Settimana Migros

11 – 17. 11. 2025

8.40 invece di 12.–

Ali di pollo Optigal al naturale e speziate, Svizzera, al kg, in self-service 30%

Tutti i tipi di farina (articoli Demeter e Alnatura esclusi), per es. farina bianca M-Classic, IP-SUISSE, 1 kg, 1.52 invece di 1.90 a partire da 2 pezzi 20%

Raclette al naturale Raccard, IP-SUISSE in blocco extra o a fette, in confezioni speciali, per es. in blocco extra, per 100 g, 1.35 invece di 2.25 40%

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Arance bionde Spagna, rete da 1 kg 1.–

Kiwi Gold Extra Italia, il pezzo 1.–

Una dieta equilibrata a tutto tondo

20x CUMULUS Novità

6.95

3.70

Formentino Migros Bio Svizzera, busta da 125 g, (100 g = 2.96) 25%

invece di 4.95

Prosciutto crudo al pepe Sélection

Svizzera, Limited Edition, 100 g, in self-service

–.50 di riduzione

2.45

Gherigli di noci Migros Bio 100 g a partire da 2 pezzi

invece di 2.95

3.45 invece di 4.95 Patate Amandine Svizzera, sacchetto da 1,5 kg, (1 kg = 2.30) 30%

1.95 invece di 2.95

Pomodori Aromatico Svizzera/Paesi Bassi, vaschetta da 300 g, (100 g = 0.65) 33%

2.95

Spagna/Brasile, il pezzo, 1.20 invece di 1.50

2.05 invece di 2.70

2.50

Cachi, Migros Bio Italia, 400 g, confezionati, (100 g = 0.63)

4.90 invece di 7.90 Cavolo nero Italia, al kg, confezionato, (100 g = 0.49)

Migros Ticino

Prelibatezze per il tagliere

Voglia di salmone & Co?

20%

9.95

invece di 12.60

30%

Salmone selvatico Sockeye M-Classic, MSC pesca, Pacifico nordorientale, 280 g, in self-service, (100 g = 3.55)

8.95

invece di 12.95

30%

Orata reale M-Classic, ASC d'allevamento, Turchia, 720 g, in self-service, (100 g = 1.24)

18.75 invece di 26.93

Gamberi Black Tiger tail-on, ASC surgelati, crudi, 600 g, (100 g = 3.13)

26%

9.95

invece di 13.50

23%

Filetti di salmone selvatico M-Classic, MSC pesca, Pacifico nordorientale, 2 pezzi, 2 x 150 g, in self-service, (100 g = 3.32)

Pesce fresco Anna's Best in vaschetta per la cottura al forno filetto di salmone al limone e coriandolo ASC, filetto di merluzzo con pistacchi MSC e filetto di salmone selvatico con aneto MSC, per es. filetto di salmone ASC, d'allevamento, Norvegia, 400 g, 9.95 invece di 12.95, in self-service, (100 g = 2.49)

25%

17.95

invece di 24.–

Filetti di salmone dell'Atlantico Pelican, ASC prodotto surgelato, in conf. speciale, 750 g, (100 g = 2.39)

Creazioni dalla Francia, dall’America e dalla Svizzera

1.40 invece di 2.–

260 g, prodotto confezionato, (100 g = 0.54) 30%

Baguette cotta nel forno di pietra

2.70

invece di 3.40 Toast American Favorites XL IP-SUISSE 730 g, (100 g = 0.37) 20%

25%

Mini tortine disponibili in diverse varietà, per es. tortina di Linz Petit Bonheur, 4 x 75 g, 4.20 invece di 5.60, (100 g = 1.40)

Cornetti alla crema in conf. speciale, 4 pezzi, 280 g, (100 g = 2.14) 14%

6.–

invece di 7.–

a partire da 2 pezzi 20%

Tutti i tipi di pasta per biscotti per es. Pasta per milanesini al burro

Anna's Best, blocco, 500 g, 3.68 invece di 4.60, (100 g = 0.74)

Prelibatezze pronte in un batter d’occhi

Conf. da 2 20%

Pops o Vegetable Triangle, V-Love per es. Pops, 2 x 160 g, 7.90 invece di 9.90, (100 g = 2.47)

conf. da 3 20%

Pasta Anna's Best, refrigerata fiori funghi e ricotta o spätzli all'uovo, per es. fiori, 3 x 250 g, 11.75 invece di 14.85, (100 g = 1.57)

20x CUMULUS Novità

5.90 Salsa per insalata Mini Salatsossä Naturelle 500 ml, (100 ml = 1.18)

Rügenwalder Mühle disponibili in diverse varietà, per es. fettine di prosciutto vegano, 80 g, 2.24 invece di 2.80, (100 g = 2.80) 20%

20x CUMULUS Novità

4.45

Salsa dip all'aglio Sélection Limited Edition, 100 g

5.90

20x CUMULUS Novità

Focaccia all'alsaziana Flam'Fine raclette o chorizo, 2 pezzi, 360 g, (100 g = 1.64)

4.95 Olive Sélection marinate e in parte ripiene di aglio, 135 g, (100 g = 3.67)

Latticini & Co.

2.40

di 3.–Le Gruyère Surchoix Migros Bio, AOP circa 200 g, per 100 g, prodotto confezionato 20%

5.95

invece di 7.35

Grana Padano grattugiato Migros Bio 3 x 80 g, (100 g = 2.48)

2.25 invece di 2.70

Caseificio Leventina per 100 g, prodotto confezionato 16%

1.85

Appenzellerin Elegant circa 250 g, per 100 g, prodotto confezionato 20%

invece di 2.35

11.95

29.25 invece di 36.60

Fondue Moitié-Moitié AOP Le Gruyère, Vacherin Fribourgeois e La Côte AOC, 2 x 600 g, (100 g = 2.44)

Camembert Suisse Crémeux Baer in conf. speciale, 300 g, (100 g = 2.03) 20% Fol Epi a fette Classic o Légère, in conf. speciale, per es. Classic, 462 g, 8.60 invece di 10.78, (100 g = 1.86)

Piatto formaggi ticinesi per 150 g, prodotto confezionato

Migros Ticino

Tutto quel che fa venire l’acquolina in bocca

20x

2.50

Dalle bollicine alle ultime tendenze

3.50 Sciroppo alla mela con Finn

1.95 Gönrgy Cola Cherry

2.10

6.95 JP. Chenet cabernet-syrah, chardonnay o grenache-cinsault, senz'alcol, 750 ml, per es. cabernet-syrah, (100 ml = 0.93), in vendita nelle maggiori filiali

1.80 Dash Cherry Sparkling Water 330 ml, (100 ml = 0.55), in vendita nelle maggiori filiali 20x CUMULUS

1.45

Una cura a base di succhi può essere l'inizio di un'alimentazione più sana e consapevole. Alleggerisce il corpo e gli offre una benefica pausa di recupero. Tutti gli ingredienti dei succhi Biotta provengono da coltivazioni biologiche. E in più questi prodotti non contengono additivi né zucchero cristallizzato aggiunto.

Per le regine delle conserve e i ninja dei noodles

Tutta la frutta secca e a guscio, Migros Bio (prodotti Alnatura e Demeter esclusi), per es. fichi secchi, 400 g, 6.45 invece di 6.95, (100 g = 1.61)

invece di 8.17 Wedges Denny’s, Classic o Mexican prodotto surgelato, in conf. speciale, 1 kg 30%

Purea di patate Mifloc M-Classic disponibili in diverse varietà, per es. 4 x 95 g, 4.– invece di 5.–, (100 g = 1.05) a partire da 2 pezzi 20%

Tutto l'assortimento Pancho Villa per es. tortilla flour big, 6 pezzi, 350 g, 4.36 invece di 5.45, (100 g = 1.25)

Suggerimento: gustare con la salsa tzatziki 5.70

16.50 invece di 22.–

20x CUMULUS Novità

20x CUMULUS Novità

a partire da 2 pezzi –.50 di riduzione Tiger Kitchen disponibile in diverse varietà, per es. Furikake, 55 g, 4.95, (100 g = 9.00), in vendita nelle maggiori filiali

Mini pizze Piccolinis Buitoni prodotto surgelato, in conf. speciale, al prosciutto o alla mozzarella, 40 pezzi, 1,2 kg, (100 g = 1.38)

3.40 Foglie di vite ripiene antep gourmet 400 g, (100 g = 0.85), in vendita nelle maggiori filiali

Tutti i sottaceti e gli antipasti Condy per es. cetriolini, 290 g, 1.98 invece di 2.95, (100 g = 0.68) a partire da 3 pezzi 33%

20x CUMULUS

Novità

Samyang Buldak Noodles al gusto carbonara, formaggio e original, per es. carbonara, 130 g, 2.95, (100 g = 2.27)

a partire da 2 pezzi 20%

Tutte le barrette ai cereali e gli snack, Farmer per es. barrette ai cereali al cioccolato e alla mela, 288 g, 3.68 invece di 4.60, (100 g = 1.28)

a partire da 3 pezzi 33%

Tutti gli zwieback (articoli Alnatura esclusi), per es. original M-Classic, 260 g, 2.48 invece di 3.70, (100 g = 0.95)

conf. da 3 33%

26.–invece di 38.85

Caffè in chicchi Boncampo Classico 3 x 1 kg, (100 g = 0.87)

6.60 Nutella 1 kg Hit

a partire da 2 pezzi 20%

Tutti i funghi secchi in bustina per es. funghi porcini secchi M-Classic, 100 g, 7.16 invece di 8.95

Deliziosi nel risotto, nelle zuppe o nelle salse

conf. da 6 25%

Tonno M-Classic, MSC in olio e in salamoia, 6 x 155 g, per es. in olio, 8.70 invece di 11.70, (100 g = 0.94)

20x CUMULUS

Novità

2.90 Crema spalmabile vegetale Antipasti Feta Alnatura, bio 135 g, (100 g = 2.15), in vendita nelle maggiori filiali

20x CUMULUS Novità

3.80

Rio Mare Insalatissime Tuna Salad Lentils, MSC 160 g, (100 g = 2.38), in vendita nelle maggiori filiali

20x CUMULUS

Novità

Tonno Migros, MSC rosa a ridotto contenuto di sale e bianco in salamoia, 155 g, per es. rosa, 1.95, (100 g = 1.26), in vendita nelle maggiori filiali

Delizie da tutto il mondo

33%

5.90

invece di 8.85

20x

CUMULUS

Novità

Sugo di pomodoro al basilico Agnesi

3 x 400 g, (100 g = 0.49)

Salse Al Fez harissa, shakshuka e eastern style, per es. harissa, 257 g, 4.30, (100 ml = 1.72), in vendita nelle maggiori filiali

20x CUMULUS Novità

3.80

Salsa olandese Thomy senza lattosio, 250 ml, (100 ml = 1.52), in vendita nelle maggiori filiali

20x CUMULUS Novità

20%

Tutti i tipi di olio e aceto, Migros Bio (articoli Alnatura esclusi), per es. olio d’oliva greco, 500 ml, 8.76 invece di 10.95, (100 ml = 1.75)

20x

CUMULUS Novità

4.30

Conferisce a piatti e bevande un sapore fruttato

Pasta di sesamo Al Fez Tahini 300 g, (100 g = 1.43)

3.90

Salse Fiesta del Sol Chimichurri, Mole poblano e Salsa verde, per es. Chimichurri, 180 g, (100 g = 2.17)

20x CUMULUS Novità

3.50

Sciroppo di melagrana Öncü

700 g, (100 g = 0.50), in vendita nelle maggiori filiali

Una soap opera dei saponi

Tutto l'assortimento pH balance (confezioni multiple e da viaggio escluse), per es. gel doccia, 250 ml, 2.80 invece di 3.50, (100 ml = 1.12)

Balsami trattanti o prodotti per lo styling dei capelli, Nivea per es. spray per capelli Diamond Volume, 2 x 250 ml, 7.40 invece di 9.90, (100 ml = 1.48)

Tutto l'assortimento Maybelline per es. concealer Instant Anti-Age, 01 light, il pezzo, 9.54 invece di 15.90

Tutto l'assortimento Zoé per es. crema notte rassodante Q10 Revital, 50 ml, 11.60 invece di 14.50, (10 ml = 2.32) a partire da 2 pezzi

Dal becco alla zampa: il cibo per i tuoi animali domestici

Tutto l'assortimento Felix, Vital Balance, Gourmet, Matzinger e Adventuros per es. vital balance senior al pollo, 4 x 85 g, 3.22 invece di 4.60, (100 g = 0.95) a

LO SAPEVI?

Con le temperature gelide o quando il manto nevoso copre permanentemente il terreno, gli uccelli hanno bisogno di cibo sufficiente per compensare la perdita di energia nel loro piccolo corpo causata dal freddo. L'alimentazione invernale contribuisce a garantirne la sopravvivenza. Avanzi, pane e cibi aromatizzati sono da escludere, poiché sono dannosi per gli uccelli.

4.50 Palline per cince Migros senza retina, 12 pezzi, (100 g = 0.42) 20x

20x

4.60 Cocco 3/4 Migros 380 g, (100 g = 1.21), in vendita nelle maggiori filiali

20x

1.75

20x CUMULUS Novità

Alimenti per gatti Sheba filetti di pollo o pesce fresh & fine, MSC, 15 x 50 g, per es. filetti di pollo, (100 g = 2.92), in vendita nelle maggiori filiali

Pedigree training treats ranchos e multi biscrok, per es. training treats ranchos, 70 g, 5.20, (100 g = 5.64)

partire da 3 pezzi

Calore da indossare

Pulizia, freschezza e puro profumo

Detersivo per bucato in polvere, gel o discs, Persil per es. in polvere Universal, 5,4 kg, 28.65 invece di 57.38, (1 kg = 5.36) 50%

Carta per uso domestico Twist, FSC® Style, Classic o Deluxe, in conf. speciale, per es. Style, 12 rotoli, 12.15 invece di 17.40 30%

Detersivo Perwoll in conf. speciale, 2,6 litri, per es. Black, (1 l = 6.13) 30%

15.95 invece di 22.92

conf. da 2 35%

Ammorbidente o profumi per il bucato, Lenor in confezioni multiple o speciali, per es. Freschezza d'aprile, 2 x 1,239 litri, 9.75 invece di 15.–, (1 l = 3.93)

conf. da 2

utilizzareSuggerimento: più o meno bastoncini a seconda dell'intensità desiderata

5.50 Bastoncini profumati Migros Fresh disponibili in diverse profumazioni, per es. Winter Bouquet, 2 x 90 ml, (100 ml = 3.06)

da 3 15%

Detersivo per stoviglie Handy Original, Lemon o Orange, per es. Original, 3 x 750 ml, 4.55 invece di 5.40, (100 ml = 0.20)

Confezione di ricarica Handy 1,5 litri, 2.81 invece di 3.30, (1 l = 1.87) a partire da 2 pezzi 15%

conf.

Tutto l’occorrente per la casa

Serie di contenitori Kitchen & Co. Store and Organize per es. barattolo in vetro rotondo con coperchio in bambù, 1,3 l, il pezzo, 4.87 invece di 6.95

Padelle Pro Kitchen & Co.

Limited Edition, disponibili in grigio o verde menta e in diverse misure, per es. a bordo basso, Ø 20 cm, il pezzo, 29.95 invece di 39.95

Tutte le bustine morbide Hipp per es. fragola-banana-mela, bio, 100 g, 1.46 invece di 1.95, (10 g = 0.14)

diversi

di 19.95

il

9.95 invece di 12.95

Amaryllis con rivestimento in cera M-Classic il pezzo 23%

Tutto l'assortimento di alimenti per bebè Alnatura (latte Pre e latte di tipo 1 esclusi), per es. gallette di riso alle mele e carote, 35 g, 1.12 invece di 1.40, (10 g = 0.32)

di 9.95 Rose di Natale in cestino Ø 13 cm, il pezzo

Rose nobili Fairtrade disponibili in
colori, mazzo da 9, lunghezza dello stelo 60 cm,
mazzo
a partire da 2 pezzi

Prezzi imbattibili del weekend

Solo da questo giovedì a domenica

30%

Tutto l'abbigliamento per bebè e bambini e tutte le scarpe per bambini incl. calzetteria, biancheria da giorno e da notte (escl. articoli Hit), offerta valida dal 13.11 al 16.11.2025

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1.35

invece di 2.25

Bistecche di collo di maiale marinate, IP-SUISSE

4 pezzi, per 100 g, in self-service, offerta valida dal 13.11 al 16.11.2025

Tutti i pannolini Pampers (confezioni multiple escluse), offerta valida dal 13.11 al 16.11.2025 a partire da 3 pezzi 40%

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