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COME PROTEGGERE FRUMENTO E MAIS DALLE INFEZIONI FUNGINE

How to protect wheat and corn from fungal infections

Is it possible to protect the world’s most popular food crops (wheat and corn above all) from stress by applying a circular economy model? The project SUSinCER coordinated by CREA aims at exploiting the agroindustrial waste with a residual added value in order to manage cereal production with a lower environmental impact while adopting a more sustainable plant health defence in order to also limit the contamination by mycotoxins. In this regard, potato peels and residues from rocket de-oiling (root and stem) represent valuable sources of bioactive compounds and this project aims at reintroducing them in the agro-industrial chain. The main recipients of this project are farmers who do not have valid biofungicides with low environmental impact.

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di Daniela Pacifico1, Chiara Lanzanova1, Anna Maria Mastrangelo1, Sabrina Monica Locatelli1 , Eleonora Pagnotta2, Laura Righetti1, Federica Nicoletti2, Laura Bassolino1, Carlotta Balconi1

(1) Ricercatore CREA - Centro di Ricerca di Cerealicoltura e Colture Industriali (2) Collaboratore Tecnico CREA - Centro di Ricerca di Cerealicoltura e Colture Industriali

SECONDO UN PROGETTO DEL CREA, LA DIFESA DI QUESTI CEREALI PASSA DAL RECUPERO DELLO SCARTO INDUSTRIALE DI PATATA E RUCOLA ACCORDING TO A CREA PROJECT, THE DEFENCE OF THESE CEREALS NEEDS THE RECOVERY OF POTATO AND ROCKET INDUSTRIAL WASTE

La crisi pandemica, con conseguente chiusura forzata delle attività antropiche imposta dallo stato di emergenza, ha indubbiamente avviato un improrogabile processo di ripensamento del nostro modello di sviluppo. Già nel 2012 la Commissione europea ha modellato il concetto di bioeconomia sulla conversione di risorse biologiche rinnovabili in prodotti a valore aggiunto, tra cui anche prodotti bio-based. In Italia la strategia nazionale recentemente aggiornata ha poi avviato un piano per la circolarizzazione dei sistemi agroindustriali, allo scopo di evitare gli sprechi già a monte della filiera alimentare. In quest’ottica, il ramo dei biochemicals ha visto in questi anni una rapida crescita.

Frumento e mais: produzione e criticità

È quindi possibile proteggere dagli stress le colture agroalimentari più diffuse al mondo applicando un modello di economia circolare? I cereali sono tra le colture più coltivate a livello globale. Il segreto del loro successo si basa sulla capacità di adattamento a condizioni ambientali mutevoli e sull’elevato potenziale produttivo agricolo (Mesterházy et al., 2020). Eppure, a causa delle persistenti condizioni siccitose diffuse tra i maggiori Paesi produttori, le previsioni sulla produzione globale di cereali fotografano una situazione sostanzialmente calante per il 2021-2022, anche se l’offerta complessiva dovrebbe rimanere stabile (dati Fao). In Italia la produzione di frumento tenero per la campagna 2020-2021 è stimata in circa 3 milioni di tonnellate a fronte di una superficie di poco inferiore ai 500 mila ettari, con Bologna e Ferrara tra le province con maggiore superficie e produzione (dati Istat, 2021). La produzione di frumento tenero è diffusa in tutto il territorio nazionale, con una concentrazione più alta nelle regioni dell’Italia settentrionale. Quelle maggiormente vocate alla coltura del frumento tenero sono: Emilia Romagna (con quasi 150 mila ettari e 11 milioni di tonnellate di produzione), Veneto (circa 95 mila ettari e quasi 7 milioni di tonnellate), Piemonte (oltre 77 mila ettari e 4 milioni di tonnellate) e Lombardia (circa 56 mila ettari e oltre 3 mi-

lioni di tonnellate). Nonostante la campagna 2020-2021 abbia registrato il minimo storico delle superfici investite, si è rilevato un aumento della produzione di circa il 4% rispetto alla campagna precedente. L’aumento dei prezzi del grano, la minore disponibilità di frumento tenero da parte dei tradizionali Paesi produttori, anche a causa dei cambiamenti climatici in atto, e una produzione nazionale che copre appena il 35-40% del fabbisogno, creano oggi un deficit strutturale a cui è necessario prestare attenzione. Complessivamente non va meglio per il mais, che pure rappresenta una delle principali colture agricole del nostro Paese: è la prima sia in termini di produzione sia di rese, riveste un ruolo insostituibile nelle principali filiere nazionali dei prodotti zootecnici e svolge una funzione strategica per le svariate produzioni agroalimentari, comprese quelle di eccellenza (Dop, Igp) che rendono prestigioso il Made in Italy nel mondo. Negli ultimi anni, infatti, il mais in Italia ha registrato un importante e preoccupante calo di superficie coltivata, con costi per la mancata produzione superiori ai 3 miliardi di euro. La progressiva perdita di competitività del settore è avvenuta a causa di una serie di criticità convergenti: condizioni climatiche sempre meno favorevoli, contrazione dei prezzi e conseguente diminuzione della redditività, elevati costi fissi di produzione e, infine, maggiore rischio sanitario a cui è esposta tale coltura, fattore che incide anche sulla componente variabile dei costi. La superficie coltivata a mais in Italia si è pressocché dimezzata nell’ultimo decennio, raggiungendo livelli minimi che, nel 2021, sono scesi a valori inferiori ai 600 mila ettari (distribuiti prevalentemente in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia; dati Istat, 2021). Per fronteggiare le esigenze delle diverse filiere, il livello delle importazioni ha, viceversa, seguito un trend crescente, passando dal 2010 a oggi dal 15 al 50% circa. Risulta pertanto evidente la necessità di contrastare tale tendenza con azioni di ricerca multidisciplinari e di filiera, per fornire risposte nel breve e medio periodo alle produzioni alimentari nazionali di eccellenza di origine animale (Prosciutto di Parma, San Daniele, Grana Padano, Parmigiano Reggiano ecc.) vincolate a mangimi e foraggi del territorio, che sono e saranno sempre più a rischio. Con l’approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni, nella seduta del 20 febbraio 2020, del Piano Nazionale del settore mais redatto dal Tavolo tecnico, sono state individuate linee di intervento volte alla necessità di aumentare e sostenere la competitività delle produzioni maidicole, evidenziando, tra le altre, la strategia che vede nel recupero dell’efficienza attraverso il miglioramento delle pratiche colturali e delle tecniche di miglioramento genetico l’aspetto di maggiore rilievo.

Infezioni fungine e accumulo di micotossine

Frumento e mais restano comunque colture fondamentali nel più ampio panorama agroindustriale nazionale e le numerose attività di miglioramento genetico condotte nel secolo scorso hanno portato a un notevole aumento della loro capacità produttiva. Infatti, ad esempio, si osserva una relazione lineare tra la produzione e l’anno di rilascio delle cultivar di frumento analizzate (Slafer et al., 1994), con un guadagno genetico compreso tra i 10 e i 50 kg ha-1 yr-1 in tutti i Paesi in cui sono state condotte prove comparative. Allo stesso modo, la scelta della varietà di mais coltivata e la sua protezione da stress biotici e abiotici, risultano elementi essenziali della produttività e della qualità in rapporto al contesto ambientale e di filiera, anche alla luce delle nuove sfide poste dal Green Deal. Nonostante ciò, è ancora presente un’ampia differenza tra la produzione in ambienti ottimali e quella in ambienti stressati: in Centro-Nord Italia, dove si registrano valori di temperatura e umidità più favorevoli allo sviluppo di specie fungine, le infezioni da ruggini del frumento possono causare perdite di produzione fino al 50%, dovute soprattutto alla riduzione della biomassa, dell’indice di raccolta e del numero di semi per metro quadrato (Herrera-Foessel et al., 2006). In aggiunta, nuove razze di ruggine gialla e nera, virulente anche su piante che portano geni di resistenza ampiamente utilizzati, minacciano in maniera preoccupante la produzione nazionale

IL MAIS RIVESTE UN RUOLO INSOSTITUIBILE NELLE PRINCIPALI FILIERE NAZIONALI DEI PRODOTTI ZOOTECNICI

di frumento, in particolare considerando l’attuale scenario di aumento di temperatura e umidità. La problematica della presenza di patogeni fungini durante tutto il ciclo colturale di frumento e mais è complicata dalla produzione da parte del metabolismo secondario del fungo di micotossine che possono accumularsi sia in pre-raccolta che in post-raccolta, provocando un potenziale rischio sanitario per l’alimentazione umana e animale (Cast, 2003). Le micotossine che si riscontrano con maggiore frequenza nella granella sono: aflatossine prodotte da Aspergillus flavus e parasiticus e le fumonisine prodotte da Fusarium verticillioides (nel mais) e in Fusarium gramineaurum (nel frumento). Le istituzioni nazionali e internazionali hanno perciò stabilito valori limite del loro contenuto in granella e in prodotti da essa derivati (Regolamento Ue 1126/2007 e Regolamento Ue 0574/2011). Dai monitoraggi condotti dalla Rete Qualità Mais, coordinati dal 1999 dal CREA Centro di Ricerca Cerealicoltura e Colture Industriali, si evince che la granella di mais è regolarmente contaminata da FBs in quantità variabile a seconda dell’andamento climatico stagionale. In annate particolarmente calde e siccitose, come quella del 2015, si aggiungono le aflatossine, mentre nelle annate molto fresche e piovose, come il 2014, compaiono il DON e lo ZEA. Nel confronto varietale relativo al periodo 2011-2019, una quota significativa dei campioni (circa il 6%) presenta valori di DON superiori a 1250 μg/kg.

GLI SCARTI INDUSTRIALI DI PATATA E RUCOLA SONO PREZIOSE FONTI DI COMPOSTI BIOATTIVI

Anche se l’applicazione delle Buone pratiche agricole (Bpa) durante tutto il ciclo colturale mantiene la pianta in uno stato di benessere che la rende maggiormente capace di tollerare stress biotici diversi (Reyneri et al., 2016), l’uso di pesticidi chimici rimane imprescindibile nel controllo delle malattie fungine in quanto offre una soluzione pratica e rapida. Diversi fungicidi sono attualmente disponibili con vari livelli di efficacia, ma sono inquinanti, costosi e possono promuovere l’insorgenza di razze fungine resistenti ai loro principi attivi. La crescente attenzione ai temi della sicurezza ambientale e della salute umana e animale, con la raccomandazione da parte delle agenzie regolatorie dell’Unione europea di eliminare gradualmente l’uso di formulazioni sintetiche, hanno indotto i ricercatori a studiare strategie alternative come l’uso di molecole vegetali per la produzione di biocidi naturali (Regulation EC n. 1907/2006 on Registration, Evaluation, Authorization and Restriction of Chemicals - Reach). Gli estratti botanici possono agire come secondi messaggeri che stimolano i meccanismi di difesa delle piante (Geetha and Shetty, 2012), oppure aumentare l’attività perossidasica attraverso l’accumulo di composti fenolici (Hassan et al., 2007), tramite l’inibizione di alcuni enzimi antiossidanti e la produzione di elevate quantità di H2O2 (Radwan et al., 2008).

Il progetto SUSinCER

In questo contesto si colloca il progetto SUSinCER coordinato dal CREA-Cerealicoltura e Colture Industriali, in partenariato con il CREA-Ingegneria e Trasformazioni agroindustriali e il CREA-Politiche e Bioeconomia (http://susincer.crea.gov.it/). Classificatosi secondo tra i 12 vincitori della competizione che ha visto oltre cento progetti candidati al bando 2019 “Circular Economy for a sustainable future”, promosso e finanziato da Fondazione Cariplo, il progetto mira a valorizzare gli scarti agroindustriali con un residuo valore aggiunto allo scopo di orientare le produzioni cerealicole verso una gestione a ridotto impatto ambientale, con concomitante adozione di una difesa fitosanitaria più sostenibile, anche al fine di limitare la contaminazione da micotossine. Le bucce di patata e i residui della disoleazione della rucola (radice e fusto) sono infatti preziose fonti di composti bioattivi che il progetto mira a reintrodurre nella filiera agroindustriale, realizzando così un ciclo virtuoso che si colloca tra i 17 “Sustainable Development Goals” (SDGs) adottati da tutti gli Stati membri delle Nazioni

SUSinCER È DESTINATO AGLI AGRICOLTORI CHE NON DISPONGONO DI BIOFUNGICIDI A BASSO IMPATTO AMBIENTALE

Unite nell’Agenda 2030 di sviluppo sostenibile e in linea con le direttive strategiche di Europa 2020. Il progetto sfrutta le qualità dei composti derivanti dalle filiere agroindustriali di Solanaceae e Brassicaeae che, se opportunamente dosati e formulati o se utilizzati come base di partenza per estratti, nascondono grandi potenzialità e possono diventare materie prime chiave per lo sviluppo di nuovi prodotti bio-based. In quest’ottica, disegnandoli e sperimentandoli prima in vitro e poi in vivo, sarà possibile orientare le produzioni cerealicole verso una gestione a ridotto impatto ambientale e una difesa fitosanitaria più sostenibile. Le bucce di patata ricavate dallo scarto del processo di trasformazione industriale di patate surgelate, french fries e chips sono infatti una fonte importante di biochemicals che il progetto mira a reintrodurre nella filiera, puntando a dare vita a un modello di economia circolare che coinvolga l’immissione della produzione biologica primaria in una filiera industriale sostenibile. La buccia di patata, come accade per altre Solanaceae come il pomodoro e la melanzana, è ricca di glicoalcalodi, principalmente α-solanina e α-ciaconina, e

Trichomonas vaginalis fenoli, prevalentemente acido clorogenico e acido caffeico, la cui attività biologica è stata in parte documentata nei confronti di funghi fitopatogeni e insetti fitofagi, ma anche di patogeni umani come Trichomonas vaginalis (Friedman et al., 2018). Il progetto SUSinCER ha altresì prodotto alcuni video, tra cui uno sull’impiego degli scarti della patata(1) e un altro su come si effettuano i test in vitro per saggiare l’efficacia dei composti sui funghi patogeni di mais(2) . I residui di disoleazione delle Brassicaceae sono invece una fonte preziosa di composti chiamati glucosinolati, oltre che di altre molecole bioattive. I panelli possono essere lavorati in pellet o farine che in genere sono considerati di basso valore, se non addirittura rifiuti da smaltire. Senape, rafano e rucola sono solo alcune delle piante appartenenti alla famiglia delle Brassicaceae. In presenza di specifiche proteine e condizioni ambientali, i glucosinolati vengono idrolizzati in isotiocianati, innescando un importante sistema di difesa della pianta contro erbivori, funghi e altri microorganismi dannosi. Questo meccanismo è alla base di alcune applicazioni usate in agricoltura come la pratica della biofumigazione (Dallavalle et al., 2020; Furlan et al., 2010). Il progetto implementerà le filiere agroindustriali di patata e ru-

cola disegnando e sperimentando formulati innovativi da esse derivate, che presentano proprietà biofungicida capaci di agire proteggendo i cereali dai principali funghi micotossigeni (F. verticillioides, F. graminearum e A. flavus). Gli obiettivi del progetto sono: • individuare le varietà di patata da industria e coprodotti della filiera delle Brassicaceae con un profilo di metaboliti idoneo al loro riutilizzo come antifungini nella filiera cerealicola; • testare e ottimizzare le migliori combinazioni di biocomposti provenienti da patata e Brassicaceae per sviluppare miscele ad alto potere antifungino; • confrontare l’efficacia delle nuove formulazioni rispetto al trattamento con prodotti commerciali nella difesa di mais e frumento da patogeni fungini e da insetti fitofagi in prove di pieno campo; • ampliare la conoscenza sulla funzionalità di geni chiave della sintesi di biocomposti in patata e rucola attraverso metodiche computer based e wet Lab (oppure metodiche bioinformatiche e di biologia molecolare). I principali destinatari delle innovazioni che SUSinCER si propone di rendere disponibili sono agricoltori che attualmente non dispongono di validi biofungicidi a basso impatto ambientale, aziende che operano nel settore dei fertilizzanti interessate a sviluppare nuovi prodotti che potrebbero aumentare il valore economico e ambientale dei propri scarti industriali, e per i quali potrebbe diventare più conveniente recuperare piuttosto che sprecare, e i consumatori più sensibili all’ecosostenibilità del prodotto acquistato. “L’utilizzo di molecole bioattive in un contesto di economia circolare e di chimica verde consentiranno un avanzamento della ricerca in campo agroalimentare. Un punto di forza del progetto risiede nel valorizzare e combinare competenze diverse, tra cui l’agronomia, la chimica, la patologia vegetale e la genetica delle piante, per effettuare la caratterizzazione delle biomasse da colture industriali e per indirizzare il loro reimpiego in agricoltura sostenibile su colture cerealicole ampiamente coltivate nell’areale nazionale e lombardo in particolare. Ciò porrà sicuramente le basi per una ricaduta a favore delle filiere coinvolte; si prevede, in particolare la condivisione dello stato di avanzamento delle ricerche, dei risultati e dei metodi sviluppati con la comunità scientifica e con gli stakeholders tramite un capillare piano di disseminazione e comunicazione”, afferma Carlotta Balconi, ricercatore CREA e coordinatore scientifico del progetto.

Daniela Pacifico et al.

Link ai video menzionati nell’articolo:

(1) https://www.youtube.com/ watch?v=6ea0MsbL53g (2) https://www.youtube.com/watch?v=2__ sTN8PBZc Un video esplicativo dei contenuti del progetto è disponibile al link https://youtu.be/ BYYtUS0EWm0

BIBLIOGRAFIA

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IDPagina/14335 - Mipaaf - Settore Maidicolo (politicheagricole.it).

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