Il Calciatore Aprile 2017

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l’intervista

La fascia: votazione nello spogliatoio

“A Firenze la fascia di capitano me l’ha data il gruppo, sì, si è deciso tra noi nello spogliatoio. Il capitano era Dainelli e a gennaio era passato al Genoa, pure Jorgensen che era il vice era in partenza e così ci siamo trovati da un giorno all’altro a dover rimediare. Quindi abbiamo deciso di votare tra noi, con tanto di bigliettini, ciascuno a indicare lì due nomi e così abbiamo “vinto” io e Donadel, per me giusto qualche voto in più, ci hanno votato praticamente tutti, eravamo noi tra l’altro quelli che erano lì da più tempo”. “Sono tante le persone che mi hanno aiutato a crescere, che sono state per me dei riferimenti. Penso a tutti gli allenatori che ho avuto nel settore giovanile, penso allo stesso Favini e poi naturalmente ai miei genitori e pure a mio fratello Luca. Se vado ai miei primi anni di prima squadra, allora penso in particolare a Michele Marcolini, ricordo che fin dai primi giorni del ritiro ero un po’ sotto la sua protezione e per come si approcciava nel suo essere calciatore, è diventato un po’ il mio riferimento, è a lui insomma che più guardavo (ancora ci sentiamo). No, la borsa dei grandi non l’ho portata, questo no, c’era però da parte mia una sorta di rispetto-sudditanza forse magari eccessivo, ma è pur vero che mi trovavo lì con quelli che fin prima vedevo giusto in televisione! Credo però che da parte mia ci sia sempre stata educazione e rispetto, non ero spavaldo come adesso invece capita più spesso, capisco che mi hanno voluto bene. Oggi, che sono io adesso dall’altra parte, non poche volte mi capita come detto di ve-

dere invece degli atteggiamenti diversi. Non so davvero se è giusto fare paragoni, tipo noi di vent’anni fa, certo però che i giovani di adesso non sono quelli di un tempo… il mondo è diverso, i social network… è cambiato”. “Sì, capitano lo sono stato anche nel settore giovanile e l’ho fatto poi sia alla Fiorentina che adesso al Milan. No, non sono di quelli che alzano la voce, l’avrò fatto davvero poche volte: più che con le parole, penso servano i fatti, non c’è niente di più forte dell’esempio. Questo però praticamente ti obbliga a non sbagliare mai perché devi essere coerente in quello che fai, come lo fai e per me quello della coerenza è uno dei valori più importanti, dentro e fuori il calcio. Sì, credo che questo i compagni lo riconoscano: ho trovato bellissimo quel gesto lì nella partita col Chievo, di mostrare la mia maglia, di quanto volessero dirmi che mi erano vicini in quel mio momento di difficoltà”. “Beh, a proposito di infortuni devo dire che nella prima parte della carriera sono stato fortunato, poche cose, facili da smaltire. Diversa la seconda parte, diciamo che ho un po’ riequilibrato le cose,

mettiamola così: due molto gravi, entrambi in Nazionale, uno poi prima di un Mondiale, senza dimenticare quell’infortunio al polpaccio che mi ha fatto perdere l’Europeo in Francia. Però di mio ho un carattere serafico, direi anche fatalista. A caldo la delusione per forza è grande, così la frustrazione, ti pare di avere davanti una montagna altissima da scalare, però poi ti ritrovi attorno persone che ti vogliono davvero molto bene, adesso ho pure una

Quel mio 18 di maglia

“Questo legame col 18 come numero di maglia all’inizio è nato un po’ per caso, lì all’Atalanta, al mio primo ritiro con la prima squadra per me che venivo dalla Primavera. Come sempre la scelta spettava prima ai “titolari” e così alla fine tra i numeri che erano rimasti c’era appunto il 18, io poi che sono nato proprio di 18: ho pensato così di prenderlo. Poi, sia a Firenze che adesso col Milan – e non è così scontato quando si arriva in una nuova squadra – l’ho sempre trovato libero. Ora lo porto pure in Nazionale; i primi anni con la maglia azzurra in effetti ne ho avuti altri, ma ora che con le presenze sono salito, ecco che posso scegliere prima di altri: dunque il 18”. 9


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