Dove gli altri non vedono

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Edizione speciale Edizione speciale


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Editoriale Il cambiamento non solo costruisce nuovi mondi, ma ci permette di guardare al mondo come ad una realtà da scoprire, con le sue sconosciute varietà culturali, antropologiche, naturalistiche. Il progetto, proposto da Eniscuola “Debate e obiettivi di sviluppo sostenibile”, ha permesso ai nostri ragazzi di parlare del mondo come di una realtà suscettibile di cambiamento e, quindi, pronta a stimolare ogni giorno le proprie qualità personali e le competenze trasversali. Adattabilità, risolvere problemi, resistenza allo stress, lavoro di gruppo, ma anche struttura concettuale, tracciatura delle fonti, capacità argomentativa, comunicazione assertiva sono stati uno stimolo per non semplificare, non dimenticare, non reprimere. Argomentare e dibattere le informazioni in prospettiva culturale, senza ridurne la complessità, fa capire noi stessi e il mondo; ci porta a riflettere sul valore delle differenze, aumenta la capacità di ascolto critico e di approfondimento. Saper affrontare anche posizioni profondamente contrastanti con senso critico, senza rigidità e conflitti è un regalo che non sarà facilmente dimenticato dagli studenti; diventerà essenziale per la realizzazione personale e la progettazione del futuro in un mondo del lavoro sempre più esigente. Mondo in cui l’Eni, con il suo cane a sei zampe, società integrata dell’energia sostenibile e innovativa, ha un ruolo da protagonista nel supportare lo sviluppo sociale ed economico.

Anno IX - Edizione speciale 2021 Editore I.I.S.S. “Giulio Natta” Milano Via Don Giovanni Calabria, 16 tel. 02/2590083 - 2593956/7/8 web: www.itasnatta.edu.it Responsabile Editoriale Prof. Antonio Pangallo Editing Prof. Gianpaolo Palazzo Progetto grafico Prof. Antonio Pangallo Web content editor Prof. Gianpaolo Palazzo Elaborazione foto e impaginazione Gianpaolo Palazzo, Antonio Pangallo

Hanno collaborato:

Pietro Altomare, Alessandra Francesca Alvarez Aparicio, Virginia Brambilla, Igor Carsana, Giacomo Franco Cedeno, Silvia Chiesa, Mattia Coates, Filippo Consoli, Nicolò D’Amore, Lorenzo Diambri, Aaliyah Elchico, Alice Gugliemi, Christian Lanciano, Federico Maciocia, Filippo Morassi, Matteo Moretti, Bella Nardo Markovna, Martina Ades Sissa, Keissi Trandafili, Gabriele Villa, Alessandro Zuccalli

Video su canale https://www.youtube.com/channel/UCqtf45JvZfdc8w6pUVKMJ9Q

Video e foto su profilo @schoolmagazine.mi

E-mail

schoolmagazine.mi@gmail.com segreteria.schoolmagazine.mi@gmail.com Gestione sito web dell’I.I.S.S.“Giulio Natta” - Milano Prof.ssa Maria Amato

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S M Sommario pagina 4: Sogni e promesse mantenute pagina 6: Eni Story pagina 10: Guardando ad Est pagina 14: Il domani è nelle nostre mani pagina 16: Amica Natura pagina 18: L’utopia del rinnovabile pagina 22: Spiegare ai giovani e imparare da loro pagina 27: Come rendere un dibattito efficace pagina 28: Che cos’è il debate? pagina 29: La scuola di Aristotele

pagina 30: Vantaggi dell’economia circolare pagina 32: Non ci basta riciclare... pagina 34: Ambiente e memoria coniugate nell’arte

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Sogni e promesse mantenute

Quello che segue è un estratto del discorso tenuto dall’allora vicepresidente dell’Agip Enrico Mattei a Cortemaggiore (PC), il 1° giugno del 1952 davanti al Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. Cortemaggiore e altre località situate nella Pianura Padana con i loro pozzi di metano e petrolio, erano visti all’epoca come la possibilità per arrivare ad una indipendenza energetica italiana. «Le odierne cerimonie sono volutamente brevi perché i fatti parlano ed i commenti ognuno può farli per proprio conto. Alla fine della guerra, una crisi di scoraggiamento aveva colpito la nazione, le autorità avevano ordinato la smobilitazione dei cantieri statali di ricerca e produzione degli idrocarburi, occorreva, per rimontare la corrente, agire con decisione e, se mi permette signor presidente, anche con coraggio. Noi ci mettemmo allora a camminare contro corrente e, così facendo, imitavamo, in piccola parte, l’esempio grandioso di fede e di volontà che ella dava al Paese con la sua opera intrepida per la rico-

struzione sociale, economica e democratica della nostra Italia. (…) Il lavoro nobilita, signor presidente, ma sporca le mani e gli abiti ed io, che per buona parte della mia vita ho portato la tuta lavorando nell’industria, rivendico la responsabilità (Continua a pagina 5)

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Benzina italiana di cui oggi comincia la vendita in tutta l’Italia settentrionale e nell’Italia centrale, e gas liquidi che andranno a normalizzare il mercato e portare i loro vantaggi nell’economia domestica della popolazione italiana. Ella, signor presidente, inaugurerà anche il metanodotto che parte qui da Cortemaggiore ed arriva a Torino. È un’opera imponente: il metanodotto è lungo 210 km, la sua costruzione è durata quattordici mesi, ha un diametro di 42 cm e trasporta alla metropoli subalpina 3 milioni e mezzo di m3 di metano al giorno, che corrispondono a circa 50.000 q di carbone al giorno...»

di averla fatta indossare, nel lontano ormai 1949, al ministro Vanoni. Quella tuta oggi non è più motivo né di motteggio né di ironia, ma è diventata il simbolo della remota fede del ministro Vanoni nel metano e nel petrolio d’Italia. (…) Quando, signor presidente, ella venne qui l’ultima volta, le opere che noi oggi inauguriamo non esistevano, erano solamente nelle nostre speranze, nei nostri programmi. Oggi sono realizzate e sono l’impianto di degasolinaggio che ella fra breve inaugurerà e che separa dal metano la gasolina, gasolina che contiene in misura notevole benzina italiana e gas liquidi.

(Fonte: Archivio storico Eni, fondo Eni/segreteria del presidente Enrico Mattei, f. 3d4, b. 45.) Enrico Mattei, Scritti e discorsi. 1945 - 1962, Rizzoli, Milano, 2012.

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S M Eni Story Gabriele Villa Eni è un’azienda multinazionale attiva nel settore petrolifero, del gas naturale, della chimica tradizionale e verde, della produzione e commercializzazione di energia elettrica anche da fonti rinnovabili. Viene istituita dallo Stato italiano nel 1953 come ENI (Ente Nazionale Idrocarburi), nasce dall’AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli), una società fondata nel 1926 per la ricerca, lo sfruttamento e la distribuzione delle risorse del sottosuolo del nostro paese. Enrico Mattei è già dal 1945 commissario straordinario dell’AGIP e ha rilanciato l’azienda che era sull’orlo del fallimento: nel 1953 è nominato presidente della neofondata Eni e delle principali società controllate. Il suo simbolo è il cane a sei zampe, selezionato nel 1952 a seguito di un concorso su base nazionale per la campagna pubblicitaria dei due prodotti di punta di Agip (la benzina Supercortemaggiore, proveniente dal petrolio appena scoperto a Cortemaggiore, e il metano Agipgas). La risposta al concorso è entusiastica: il cane a sei zampe vince tra oltre quattromila bozzetti.

Il disegno di un animale “impossibile”, quasi un essere mitologico che esprime forza ed energia, ben si addice all’Italia della motorizzazione di massa e del boom economico. Infatti, l’interpretazione dell’ufficio stampa spiega le sei zampe come la somma delle quattro ruote e delle due gambe del conducente: un centauro dei tempi moderni. Con soli piccoli restauri, è tuttora il (Continua a pagina 7)

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S M perché prevede la partecipazione diretta e la parità decisionale dei paesi produttori di greggio tramite la creazione di società miste: questo approccio nuovo, chiamato “formula Mattei” segna una svolta nelle relazioni tra paesi produttori e compagnie petrolifere. Accordi simili si susseguono negli anni e nell’ottobre 1960, in piena guerra fredda, ne viene siglato uno con il governo sovietico per l’importazione di greggio in Italia a prezzi molto vantaggiosi. La direzione di Mattei si interrompe tragicamente il 27 ottobre 1962, quando il suo bireattore precipita a Bascapè (PV) nel volo da Catania a Milano. Inizialmente si crede che sia stato solo un incidente aereo, ma successivamente nasce il sospetto di un attentato per proteggere importanti interessi politici, economici e mafiosi. Durante gli anni che seguono, diversifica la propria strategia: per il mercato petrolifero stipula contratti in joint venture con alcune compagnie straniere per la fornitura di greggio, in Italia vuole invece rafforzare la posizione nel mercato energetico e nel settore petrolchimico. La crisi petrolifera del 1973 segna la fine della “Golden Age” e genera

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simbolo dell’azienda. Fin dall’inizio, Eni si distingue anche per una politica molto attenta verso i propri dipendenti, promuovendo iniziative a loro favore: villaggi e colonie per le vacanze, complessi residenziali, ecc… L’azienda si spinge subito oltre i confini italiani e infatti già nel dicembre 1954 sigla un accordo innovativo con l’Egitto, innovativo

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la prima grave crisi economica del secondo dopoguerra. Il prezzo del greggio aumenta notevolmente ma quelli dei prodotti derivati sono bloccati per imposizione del governo: i bilanci dell’azienda chiudono in rosso per la prima volta. Inoltre, a causa della crisi alcune compagnie petrolifere abbandonano il mercato italiano: l’ENI ne rileva raffinerie e rete di distribuzione su indicazione del Parlamento italiano. Negli anni ’70 interviene diverse volte come strumento di salvataggio per imprese in difficoltà al fine di preservare posti di lavoro in Italia. La forte attività di esplorazione e produzione di olio e gas permette all’azienda italiana di superare anche la seconda crisi petrolifera del 1979-80. Nel 1983 entra in funzione il gasdotto sottomarino Transmed (il primo posato a ben 600 metri di profondità) che collega Algeria e Sicilia e viene firmato un nuovo accordo con la Libia per lo sfruttamento del più grande giacimento petrolifero del Mediterraneo. Con un decreto-legge dell’agosto 1992 ENI viene trasformata da ente pubblico a Società per azioni, quotata alla Borsa italiana e al New York Stock Exchange.

Come molte altre aziende, è coinvolta nelle inchieste di Tangentopoli nei primi anni ’90: l’allora presidente Bernabè denuncia l’esistenza, all’interno delle società del gruppo, di “fondi neri” per trasferire all’estero denaro per il finanziamento illecito di partiti politici. In questi anni Eni si ristruttura radicalmente: cede le attività non strategiche; ridimensiona il settore della chimica; per crescere nel core business di petrolio e gas, percorre un processo sempre più intenso di internazionalizzazione attraverso progetti, accordi e acquisizioni di importanti giacimenti. Si pone una sempre maggiore attenzione ai temi della qualità, dell’innovazione e (Continua a pagina 9)

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S M bile. La mission dell’azienda si ispira all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che è stata definita nel 2015 da più di 150 leader di tutto il mondo e che si prefigge di contribuire allo sviluppo globale, promuovere il benessere umano e proteggere l’ambiente. Le attività di Eni spaziano dalla produzione alla ricerca scientifica, dalla chimica circolare alle bioraffinerie, dalle rinnovabili al gas naturale, appoggiandosi sui tre pilastri aziendali di eccellenza operativa, neutralità carbonica nel lungo termine e alleanze per lo sviluppo locale.

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della sostenibilità. Fin dai primi anni 2000 avvia una transizione energetica a favore delle energie rinnovabili e non convenzionali: attiva numerose collaborazioni con altre aziende ed enti di ricerca a livello internazionale; riconverte alcune raffinerie tradizionali in bioraffinerie; progetta e costruisce impianti di energia rinnovabile. Nel gennaio 2020 Eni si riconferma leader per il Carbon Disclosure Project (progetto di sostenibilità ambientale che valuta l’impatto delle imprese nella lotta contro il cambiamento climatico) e continua a ricevere riconoscimenti internazionali per il suo costante impegno verso lo sviluppo sosteni9


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Bella Nardo Markovna, Gabriele Villa

Guardando

Dopo la morte di Stalin e la fine dello stalinismo, inizia una fase di relativa distensione, anche dovuta alla constatazione che uno scontro termonucleare avrebbe segnato la fine dell’umanità. L’Urss abbandona la dottrina della guerra inevitabile e parla della necessità di una “coesistenza pacifica”. Analogamente, i Paesi occidentali si convincono che sia indispensabile evitare lo scoppio di un conflitto. Così la sfida tra i valori del socialismo e della democrazia trova un altro campo di battaglia nella capacità di attrarre un maggior numero di Stati verso il proprio modello politico ed economico, per dominare le relazioni internazionali. L’Eni alla fine degli anni ‘50 è all’avanguardia nel mondo dal punto di vista tecnologico per il sistema di lavorazione dei prodotti petroliferi, ma necessita di un adegua-

ad Est

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to approvvigionamento di greggio. Il regista principale delle trattative con la Russia sovietica è Enrico Mattei, quindi la sua morte in tragiche circostanze nel 1962 sembra privare l’Unione Sovietica di uno dei maggiori sostenitori dell’avvicinamento tra Italia e URSS. Le rassicurazioni della nuova dirigenza dell’ENI e i protocolli di intesa che portano alla firma dell’accordo per il gas nel 1969, confermano, però, l’intenzione di continuare sul percorso già tracciato, pur non potendo uguagliarne creatività, dinamicità e spregiudicatezza. I rapporti bilaterali italo-sovietici (Continua a pagina 12)

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ni di molti Paesi del blocco occidentale. La collaborazione fra Eni e Gazprom (combinazione delle parole russe Gazovaja Promyšlennost’, cioè industria del gas) è duratura e proficua: negli anni Settanta e Ottanta il gruppo italiano partecipa alla costruzione del metanodotto di

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nel decennio tra il 1958 e il 1968 si inseriscono in questo contesto. Tra il 1958 e il 1968 gli scambi commerciali fra Urss e grandi aziende italiane, tra le quali Eni, Fiat, Pirelli, Montecatini, Olivetti, s’intensificano. Spiccano per importanza l’accordo con l’Eni per l’importazione di petrolio firmato per la prima volta nel 1960; quello del 1966 con la Fiat per produrre automobili a Togliattigrad; la realizzazione del gasdotto Eni per fornire metano all’Italia dai giacimenti sovietici, le cui trattative si concludono nel 1969. Si ritiene che le operazioni nell’ex Unione Sovietica non sarebbero state realizzabili senza l’appoggio politico da parte della dirigenza democristiana e quello di mediazione del PCI: infatti nel 1960, dopo il patto per l’esportazione in Italia del greggio sovietico, l’appoggio del governo italiano all’iniziativa è evidente: l’allora Presidente del Consiglio Fanfani prende con fermezza le difese dell’iniziativa nonostante le reazio-

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di gasdotti russo, che consente il recupero di grandi volumi di gas altrimenti inutilizzato. È del 1998 la costituzione delle prime società miste per operare nell’upstream e nel downstream. Nel 2000 nasce la Blue Stream Pipeline Company per realizzare e gestire il gasdotto sottomarino “Blue Stream”, che collega la Russia alla Turchia attraverso il Mar Nero, sviluppando complessivamente 774 chilometri su due linee con una capacità di trasporto di 16 miliardi di metri cubi all’anno. Dal 2007 Eni partecipa in jointventure con Enel a importanti società russe attive nella ricerca e sviluppo di gas naturale. Nel mercato russo oltre alla vendita al dettaglio dei prodotti petroliferi e all’ingrosso dei lubrificanti, tramite la consociata Eni Nefto, è presente una stazione di servizio a Mosca, situata sulla strada che collega l’aeroporto di Sheremetyevo al centro. La struttura comprende un negozio, un bar e un autolavaggio. Inaugurata nel 1991, è stata la prima con un marchio straniero nell’allora Unione Sovietica.

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transito del gas russo attraverso la Repubblica Slovacca e l’Austria (Trans Austria Gasleitung - TAG) e fornisce impianti industriali e tecnologie. Negli anni ’90, tra numerose iniziative spicca il contratto per la modernizzazione del sistema

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S M Il domani è nelle nostre mani

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Amica Natura

Pietro Altomare, Igor Carsana, Alice Guglielmi, Lorenzo Diambri

mente minore a livello ambientale e umanitario. È noto, infatti, che la scarsa disponibilità di un elemento tanto essenziale come il petrolio, rappresenti la maggiore causa di conflitti armati, nonché di disastri ambientali consistenti come l'incidente petrolifero di Santa Barbara negli Stati Uniti d'America, 2015, di cui è ancora oggi possibile coglierne gli effetti catastrofici sulla flora e fauna del territorio contaminato. Nonostante ciò la gran parte dei combustibili fossili impiegati nella produzione di energia, in particolare all'interno del nostro Paese, sono solamente il frutto di un ampio

Come sarà possibile sostenere, in un futuro non eccessivamente distante dai giorni nostri, l’oramai crescente fabbisogno energetico mondiale, in seguito all'incombente esaurimento delle risorse energetiche non - rinnovabili quali carbone o petrolio? La risposta più adatta ad un tale quesito sembrerebbe apparentemente esistere per davvero, in quanto l'introduzione di fonti energetiche rinnovabili, quali solare, eolica o idroelettrica, ad esempio, garantirebbe un maggiore apporto energetico ed un impatto decisa-

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S M le maggiori conseguenze e i reali vantaggi che l'adozione di fonti energetiche rinnovabili comporterebbe in ambito ambientale? In Italia, così come nella maggior parte dei Paesi europei, la parziale introduzione di fonti energetiche rinnovabili ha di certo conseguito un cambiamento radicale per la nostra società. Malgrado i rilevanti costi di installazione e manutenzione impiegati nel mantenimento di centrali idroelettriche, impianti solari o parchi eolici, difatti queste risorse di energia hanno condizionato, in una qualche maniera, la coscienza collettiva di tanti cittadini.

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mercato petrolifero che da decenni coinvolge le maggiori potenze europee e le nazioni con un elevato tasso di rendimento in termini di estrazioni petrolifere. Con il termine “rinnovabile” indichiamo quelle specifiche fonti di energia sostenibile inesauribili, che da secoli condizionano inconsapevolmente ed incessantemente le abitudini lavorative della società. Basti pensare, per esempio, a come il vento abbia assunto, in seguito alla nascita di imbarcazioni a vela, un ruolo necessario e sostanziale per la loro locomozione. Quali sono pertanto

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L’utopia del rinnovabile

Giacomo Franco Cedeno, Silvia Chiesa, Matteo Moretti, Martina Ades Sissa, Alessandro Zuccalli

lità…nonché macchine volanti sui prati dell’Arcadia; da più di un ventennio sentiamo magnifiche storie sul rinnovabile, le sue possibilità e i suoi vantaggi, ma spesso venendo “travolti” da una moltitudine di dati e informazioni tecniche, indottrinati e storditi, ci dimentichiamo di riflettere sull’effettiva attuabilità dei piani strategici a lunghissimo termine delle multinazionali energetiche. Nel 2011 Axel Kleidon, un ricerca-

Siamo affascinati dalle energie rinnovabili, quando vi pensiamo, immaginiamo mondi futuristici: schiere di case ricoperte da pannelli solari, ettari di terreno tappezzati con centinaia di pale eoliche, gigantesche dighe idroelettriche sempre al massimo della loro funziona-

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Diga delle Tre gole , fiume Yangtze (Cina)

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S M Parco eolico Eni Laterza, Tatanto

parte di energia ottenuta dai combustibili fossili (circa 17 Terawatt, 17.000 miliardi di watt) con fonti rinnovabili, ma per il secondo principio della termodinamica, dato che nessuna tecnologia potrà mai avere un rendimento del 100%, una parte dell’energia libera catturata da generatori eolici andrà persa sotto forma di calore, dunque gli effetti di un uso intensivo dell’energia eolica causerebbe effetti paragonabili ad un improvviso raddoppio dei gas serra nell’atmosfe-

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tore del Max Plank Institute in Germania, partendo dalla riflessione sopracitata, pubblicò uno studio (“Physical limits of wind energy within the atmosphere and its use as renewable energy: From the theoretical basis to practical implication”) in cui viene analizzato come una fonte rinnovabile, in questo caso l’energia eolica, metterebbe a rischio il bilancio energetico della Terra; per diventare del tutto “green” bisognerebbe sostituire la

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Parco fotovoltaico Eni, Volpiano Torino

fermato che la fonte non rinnovabile più usata, il petrolio, terminerà tra meno di 70 anni; è imprescindibile trovare un’alternativa. L’energia nucleare potrebbe risolvere questi problemi, anche se è ancora considerata un pericolo visti i passati incidenti. Su Internet si leggono frasi come: “L’energia nucleare non è sicura, il disastro di Chernobyl ne è la prova”. Non tutti, però, sanno che cosa accadde davvero nell’ex Unione Sovietica. Il 26 aprile del 1986, alla centrale nucleare Vladimir Il'ič Lenin di Chernobyl, si stava svolgendo un test al reattore nucleare numero quattro dell’impianto. Per motivi politici e di carriera di alcuni responsabili della centrale, il test fu anticipato di alcune settimane, nonostante l’impianto non fosse ancora pronto. Durante l’esecuzione del test, alcuni errori umani e di progettazione del reattore di quel tipo, innescarono una reazione a catena che portò al peggior disastro nucleare della storia. Alla luce di

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ra. Gli svantaggi non si fermano all’eolico, bensì si estendono a tutte le fonti rinnovabili. Dovremmo, infatti, dilungarci troppo se dovessimo analizzare nel dettaglio ogni punto a sfavore delle energie rinnovabili. Ci limiteremo ad elencarne alcuni: impatto visivo, inquinamento acustico, dipendenza da fattori meteorologici, emissioni di sostanze nocive per l’ambiente, scarsa efficienza energetica, rarità dei componenti e, in definitiva, i costi elevatissimi, per l’installazione degli impianti, ma anche per la manutenzione e la ricerca. Il rinnovabile non è, dunque, la soluzione, non dobbiamo, però, incorrere nell’incoscienza di pensare che il nostro futuro possa essere “lasciato nelle mani” di fonti destinate all’esaurimento imminente, come i combustibili fossili: già nel 2012, infatti, in uno studio del sito di informazione finanziaria “Bloomberg” sui dati del Servizio Geologico degli Stati Uniti fu af-

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Impianto termoelettrico Enipower di Brindisi

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possono essere controllati. Inoltre, in Francia è in costruzione un reattore nucleare a fusione, tipologia che non produce rifiuti deleteri. Molti Paesi europei stanno investendo in fonti di energia rinnovabili non sapendo, però, che la corrente elettrica prodotta non sarà sufficiente a soddisfare l’enorme richiesta. Se fossero impiegati più capitali per mettere in sicurezza gli impianti nucleari, si avrebbe una fonte di energia pulita e sicura, ma la responsabilità di deliberarne la costruzione o di rimettere in funzione impianti già esistenti è grande e la maggior parte dei decisori istituzionali non se ne vuole assumere l’onere, rinunciando così a una tipologia di energia che, se realizzata coscientemente, potrebbe risultare affidabile, sicura ed economica.

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quanto successo, sappiamo che la catastrofe avvenne per incompetenza umana ed è evidente il fatto che poteva essere evitata. Secondo un’indagine condotta da Eurostat, in Europa sono attualmente in funzione circa centoquaranta reattori nucleari e quattrocentonovantotto nel mondo. Attualmente i rischi sono ridotti al minimo, è dunque corretto affermare che il nucleare sia pericoloso? I dati, secondo noi, parlano chiaro: il nucleare non è pericoloso. L’unico neo dell’energia atomica è lo smaltimento delle scorie radioattive dei combustibili nucleari, perché i loro tempi di decomposizione sono notevolmente lunghi. Questo problema è facilmente risolvibile, perché gli scarti nocivi, a differenza dell’anidride carbonica, 21


S M Spiegare ai giovani e imparare da loro formazione. Le sembra più difficile o più semplice comunicare con gli adolescenti o con gli adulti? «Sono target differenti, molto diversi fra loro. È motivante avere come discenti adolescenti che hanno un apprendimento immediato, senza badare troppo a convinzioni pregresse. Ma allo stesso tempo interagire con adulti vuol dire avere sempre uno scambio produttivo». Che cosa Le ha insegnato il progetto dell’ENI basato sul debate affrontato con gli studenti? «Ho toccato con mano quanto questa modalità pedagogica sia efficace da un punto di vista dell’apprendimento. Una rivelazione per me quanto possa risultare efficace anche rispetto al cooperative e-learning. In particolare trovo che l’aspetto legato alla competizione possa essere utilizzato da grande stimolo per gli studenti per impegnarsi nel

Alessandra Francesca Alvarez Aparicio, Virginia Brambilla Docenti e alunni nell’ultimo anno, hanno vissuto un grande cambiamento legato alla comunicazione on-line e alla didattica. Il percorso per le competenze trasversali e per l’orientamento, proposto da Eniscuola, tra le modalità di apprendimento prevedeva il debate. Noi ragazzi siamo stati divisi in gruppi e poi ci sono stati assegnati un argomento e una posizione favorevole o sfavorevole, che è stata dibattuta l’ultimo giorno del corso. A guidarci è stato Franco Prestipino, responsabile dell’area educativa nell’ENI, con una lunga esperienza nell’ambito della

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S M anni utile agli altri attraverso i corsi che ha organizzato? «Sì, senza dubbio, fare il formatore sul tema della crescita personale mi dà la possibilità di stabilire un legame empatico con i discenti, e attraverso questo lavorare nella direzione del benessere». La domanda “come stai?”, all’inizio del percorso di PCTO, ha sorpreso i ragazzi, soprattutto perché proveniva da una persona estranea.

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progetto». Che cosa ha imparato da loro? «Difficile scegliere fra le tante cose che ho imparato. Ne cito solo alcune: la disponibilità a mettersi in gioco, la creatività, la serietà nell’affrontare i vari compiti e anche l’impegno ad analizzarsi abbattendo ogni paura pregressa». Il Suo “mestiere” La rende felice? Sente di essere stato in questi

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La Scuola di Atene (affresco 770×500 cm circa) di Raffaello Sanzio, databile tra il 1509-1511, situato nella “Stanza della Segnatura”, una delle quattro , poste all'interno dei Palazzi Apostolici Vaticani 23


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Qual è il “segreto” per poter capire le personalità di ogni singolo alunno, solo con una semplice domanda? «Nei primi minuti dell’incontro l’intento è di stabilire un legame empatico con gli studenti. Per farlo racconto me stesso in modo spontaneo. Attraverso questo racconto si costruisce un ponte fra me e loro. Poi, quando comincio ad interagire con gli adolescenti, chiedo “come stai”. Sembra semplice, ma quando lo si chiede guardando negli occhi l’interlocutore e trasferendo il desiderio di sapere realmente lo stato emotivo dell’altro, si abbattono i muri più alti. Per essere più efficace uso sia il linguaggio non verbale che quello paraverbale. A dire il vero, in presenza è più diretto. Per la verità, non si capisce la personalità dell’interlocutore solo con una domanda. Ma certo arrivano informazioni utili, proprio perché gli adolescenti non sono abituati a qualcuno che vuole conoscere veramente il proprio stato emotivo». Quali caratteristiche ha considerato per formare i gruppi? «Formo le squadre solo dopa aver passato il massimo del tempo con loro, per poterli conoscere meglio. L’obiettivo è quello di fare le squadre il più bilanciate

possibili. Per fare questo non occorre conoscere le loro medie scolastiche. In un debate servono invece altre caratteristiche, collegate alle loro soft skills: capacità di leadership, capacità di lavorare in gruppo, capacità di parlare in pubblico, capacità di prendere una decisione, etc. Lascio tutto al mio intuito e formo le squadre!». Ha mai partecipato a un vero e proprio “Debate”? Se la risposta è sì, ci può raccontare la Sua esperienza? «No, non ho mai partecipato!». (Continua a pagina 25)

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S M didattica a distanza è una conseguenza del lockdown. Non c’erano altre possibilità. In questa ottica è stato il male minore. Mi piace vedere la cosa come un’opportunità e non un problema. Infatti abbiamo scoperto che si può fare anche didattica a distanza. Non è facile, ma si può fare. A mio parere anche quando la pandemia sarà finita, non si può tornare indietro e credo che il futuro della didattica riserverà delle sorprese. Per esempio abbiamo visto che l’e-learning, se ben fatto, può andare a sostituire il momento della lezione frontale. L’insegnante potrebbe utilizzare il tempo in presenza per l’assimilazione della lezione». Ritiene che sia cambiata la relazione tra professori e studenti? «Secondo me c’è stato un avvicinamento dei due “fronti”. Per esempio, l’insegnante si è presentato dietro un monitor, alla pari dello studente (nella propria casa) e d’altra parte lo studente si è reso conto della difficoltà prati-

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Quale consiglio darebbe ai genitori o ai professori per poterli aiutare a superare insieme le insicurezze dei ragazzi? «Dare loro fiducia! Trattarli da subito come essere umani nostri pari. In particolare per i genitori, avere la certezza che la cosa più importante è passare loro i valori fondamentali. Il resto viene da sé!» Che cosa ne pensa della didattica a distanza? Ritiene che sia cambiata la relazione tra professori e studenti? «La

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ca dell’insegnare a distanza e si è reso più disponibile». Il debate avrebbe funzionato meglio in presenza? «Ritengo di sì. Se il debate fosse stato in presenza le squadre avrebbero avuto la possibilità di aiutarsi a vicenda soprattutto nella fase della risposta alle domande dell’avversario». Quale consiglio darebbe ai ragazzi per il loro futuro? Che cosa si aspetta dal domani? «Sono molto fiducioso di queste ultime generazioni. Sono i ragazzi che guideranno il paese e avranno tutte le carte in regola per fare bene. Un consiglio? Continua-

te così!» Il percorso affrontato è servito da insegnamento per i ragazzi e per gli adulti, dimostrando di poter lavorare al meglio anche a distanza, abbattendo così i muri che ci dividono, facendo sentire la propria voce senza avere nessuna vergogna, creando stimoli e voglia di partecipazione in un momento in cui gli alunni possono sentirsi facilmente pieni di incertezze.

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Come rendere un dibattito efficace Nicolò D’Amore, Keissi Trandafili

Occorre persuadere la giuria, ma anche i rappresentanti dell’altra squadra. Per ottenere questo risultato, l’oratore dovrà attivarsi in modo che il pubblico accetti inconsapevolmente le proprie idee. Oltre ad un linguaggio lento ed elegante, capace di far chiarezza sui contenuti trattati, bisogna coinvolgere e mantenere l’interesse e la concentrazione degli ascoltatori, con un lessico forbito e studiato precedentemente. Un ulteriore dettaglio da curare, per sostenere l'efficacia del proprio dibattito, è la comunicazione nonverbale del corpo. Le espressioni facciali, i movimenti e le tonalità di voce sono un'arma a doppio taglio, infatti potranno andare a confermare o a smentire ciò su cui si sta dibattendo. Tra i più comuni gesti non verbali abbiamo il sorriso per dimostrare che si può mentire anche sorridendo oppure il movimento delle sopracciglia le quali tendono a dare

enfasi al discorso che si sta pronunciando. Inoltre, il contatto visivo con le persone presenti nella stanza assume un ruolo di primaria importanza, perché smuove le emozioni e riesce a creare empatia, molto più delle parole stesse. Oltre a curare il linguaggio verbale e non verbale, bisogna dare spazio anche all’abbigliamento e alla cura di se stessi. Sono consigliati, innanzitutto, vestiti eleganti in grado di distinguere gli oratori dalla platea, ma al tempo stesso da non farli sembrare troppo eccentrici; per questo è vivamente suggerito un vestiario dai colori vivaci, come il rosso acceso e tutte le tonalità fluorescenti. Padroneggiare il proprio corpo e avere un modo di vestire adatto alla circostanza garantiranno a chi parla un sicuro successo. 27


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Che cos’è il debate?

Mattia Coates

ragioni e valutare quelle di altri interlocutori. Sviluppa significative abilità analitiche, critiche, argomentative e comunicative, sia verbali sia non verbali, in un’ottica di educazione alla cittadinanza democratica e partecipativa. Inoltre, è un efficace metodo didattico capace di favorire l’apprendimento in modo autentico e situato: autentico perché gli studenti sono responsabili della costruzione dei concetti e dei ragionamenti impiegati nei loro discorsi; situato giacché lo studente apprende mediante la partecipazione attiva a uno specifico contesto: quello dibattimentale. Consente, quindi, di valorizzare le eccellenze e di potenziare gli

Il debate è un confronto di opinioni, regolato da modalità specifiche, tra interlocutori, che sostengono una tesi a favore e una contro su un tema assegnato. Le regole del “gioco” prevedono che la posizione a favore o contro possa essere anche non condivisa dai debaters, i quali devono pure essere in grado di portare le argomentazioni adeguate, con regole di tempo e di correttezza, senza pregiudizi e prevaricazioni, nell’ascolto e nel rispetto delle opinioni altrui, dimostrando di possedere flessibilità mentale e apertura alle altrui visioni e posizioni. Consente di sviluppare capacità di argomentazione e di strutturare competenze che formano la personalità. È regolamentato, infatti, ha come proprio scopo quello di fornire gli strumenti per analizzare questioni complesse, esporre le proprie

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S M La scuola di Aristotele, nel 335 a.C. Aristotele fonda ad Atene una scuola che si dedica alla ricerca filosofica e scientifica la quale, pur richiamandosi nello spirito all’Accademia platonica, investiga altri ambiti di studio con metodologie diverse. Dopo la morte del filosofo, le attività del Liceo si concentrano via via su un’indagine dedicata agli studi naturalistici, sotto la guida di Teofrasto di Ereso, poi di Stratone di Lampsaco, noto come il “fisico”. A partire dal I secolo a.C. non ci sono più notizie certe sull’istituzione aristotelica: in età imperiale la tradizione peripatetica si radicherà ad Alessandria e a Roma, specializzandosi nella retorica e nel commento alle opere acroamatiche (dottrina trasmessa oralmente) dello Stagirita. Pochi gli studi in nostro possesso su temi etici e politici.

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studenti con fragilità. È un “gioco di squadra”, perché ogni debater svolge un ruolo nello sviluppo argomentativo della tesi sostenuta. Richiede particolari abilità mentali quali il pensiero critico, il pensiero analitico, la creatività, la capacità di comunicazione, persuasione e ricerca. Non solo l’argomentazione è di primaria importanza, ma durante un debate occorre, in aggiunta, dare particolari attenzioni al linguaggio del corpo. Gesticolare è fondamentale, poiché aiuta gli ascoltatori a comprendere meglio ciò che si vuole affermare, alzando il livello di attenzione e ponendo l’accento su determinati punti nevralgici dell’argomentazione.

“La scuola di Aristotele” di Gustav Adolph Spangenberg (affresco 1883 - 1888) 29


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Vantaggi dell’economia circolare

Christian Lanciano, Filippo Morassi

“Non c’è un Piano B!” denuncia uno slogan ambientalista per accendere i riflettori sulla necessità e urgenza di un cambiamento di rotta nei processi produttivi e nella crescita economica. La sola strada percorribile è intraprendere azioni sostenibili per tutelare l’ambiente, le risorse naturali, la nostra salute, l’ecosistema e il benessere sociale. Per salvare l’ambiente l’unica risposta è l’economia circolare. Si tratta, infatti, di un modello economico di riciclo, condivisione e riutilizzo di materiali e prodotti, di cui si estende il ciclo di vita. Come? Reintroducendoli nel ciclo produttivo al termine della loro funzione, generandone un ulteriore valore e riducendo i rifiuti. Notevoli sono i vantaggi offerti da questo modello economico in vari ambiti: finanziario, ambientale e sociale. Uno dei più importanti è rappresentato dal contenimento del costo delle materie prime (più a buon mercato se provenienti da

fonti riciclate), seguito da una riduzione dei costi logistici. Questo modello permette, inoltre, un risparmio dei costi energetici, perché solitamente costa meno riciclare che produrre ex novo le materie prime. Di grande interesse è anche la sua capacità di promuovere la crescita economica nei Paesi che l’adottano, grazie ad uno slancio verso la ricerca e l’innovazione tec(Continua a pagina 31)

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S M Lunga è anche la lista dei benefici legati alla tutela dell’ambiente e alla salvaguardia della salute del Pianeta e, quindi, di tutti noi. Proprio attraverso il riciclo dei beni a fine ciclo di vita si determina una forte riduzione dell’accumulo di rifiuti, contenendo impatti negativi sull’ambiente. Inoltre, il minor ricorso alle materie prime consente un decremento dell’utilizzo di fonti energetiche, un risparmio delle emissioni di gas serra e una diminuzione dell’utilizzo (e quindi dello spreco) di risorse idriche. Ne consegue un maggior equilibrio del clima e della temperatura media, oltre che un calo degli scarti di lavorazione che riduce il volume di acque reflue prodotte con un minore inquinamento delle falde acquifere. Un ultimo beneficio significativo, seppur indiretto, ne completa l’elenco. È il miglioramento della salute delle persone, meno soggette alle fonti di inquinamento e ciò, da un lato, eleva il livello della qualità della vita e, dall’altro, riduce i costi sociali per la cura delle malattie cardiocircolatorie e tumorali. Il nostro futuro e quello del nostro Pianeta ci impongono un profondo cambiamento immediato e non possiamo fare altro se non che andare verso questa direzione.

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nologica. L’economia circolare è sinonimo di un cambiamento radicale nella mentalità dei soggetti coinvolti, sempre più sensibili verso i temi della sostenibilità e dell’ecologia. Una nuova mentalità, che ha stimolato una stretta collaborazione tra le aziende, in quanto scarti di produzione in determinati settori possono diventare materia produttiva per altri. 31


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Non ci basta riciclare...

Filippo Consoli, Aaliyah Elchico, Federico Maciocia L’economia circolare (circular economy) è un modello economico alternativo che ha come obiettivo quello di massimizzare il valore delle risorse presenti sul mercato. Per fare ciò è necessaria una trasformazione della catena di fornitura in modo da sfruttare le tecnologie digitali. Persistono, però, barriere politiche, sociali, economiche

e tecnologiche. Ad esempio, nelle imprese, mancano spesso la consapevolezza, le conoscenze o le capacità di mettere in pratica le soluzioni della nuova economia. Gli investimenti nelle misure di miglioramento dell'efficienza o nei modelli imprenditoriali innovativi restano insufficienti, in quanto per(Continua a pagina 33)

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S M rifiuti specifici, invece, come il mercurio o l’amianto, fondamentali per alcuni Paesi, non possono essere riciclati. La Commissione Europea ha fissato obiettivi di riciclaggio a lungo termine fino al 70%, mentre il restante 30% è considerato come materiale non riciclabile. L’economia circolare comporta un risparmio economico sul lungo termine, mentre a breve termine? La risposta è no, risulta meno conveniente. Nella situazione attuale il costo del recupero è superiore al valore dei materiali recuperati. In realtà non risulta spesso conveniente adoperare il riciclo per le aziende, né per i consumatori acquistare prodotti che valgono meno di quanto costano e, soprattutto, comperare un nuovo prodotto costa meno che ripararlo. Si punta alla vendita e al consumo di massa: maggiore la richiesta, quindi la vendita, e minore saranno i costi di produzione. Nell'economia lineare i consumatori vogliono nuovi prodotti che tengano il passo con la moda e con gli avanzamenti tecnologici, preferiscono, insomma, un mondo governato dal capitale dove l’economia circolare rimarrà un’utopia. È impossibile produrre infinitamente in un pianeta finito!

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cepiti come rischiosi e complessi tanto da ostacolare l’instaurazione nelle piccole e medie imprese. Il mondo è ancora diviso secondo Paesi sviluppati e in via di sviluppo; non sapendo gli ostacoli che accompagnano l’adozione della circular economy, tra cui, la mancanza di incentivi e gli elevati costi di investimento e trasformazione, come rimarranno i più poveri al passo con il processo di transizione? Altro tema di fondamentale importanza è il riciclo dei materiali. Infatti, ci sono molte sostanze che si dicono riciclabili, ma che, in realtà, sono destinate ad un numero finito di cicli: la carta, per esempio deve essere smaltita dopo un limitato numero di periodi e, determinati 33


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Il Grande Cretto (1984 – 1989), opera di “land art” site-specific di Alberto Burri completata nel 2015, è stata realizzata nel luogo in cui sorgeva la città vecchia di Gibellina, completamente distrutta nel 1968 dal terremoto del Belice. Burri progetta un gigantesco “monumento” che riproduce le vie e i vicoli della città. Dove una volta c’erano macerie, ora le stesse sono state ricoperte dall’artista con cemento bianco. Dall'alto l'opera appare come una serie di fratture che s’innalzano dal terreno, il cui valore artistico risiede nel congelamento della memoria storica di un paese. A circa 350 metri dall'opera, è possibile vedere anche i ruderi di Gibellina.

Ambiente e memoria coniugate nell’arte

Ogni fenditura è larga dai due ai tre metri. I blocchi sono alti un 1,60 m.; la superficie è di circa 80.000 metri quadrati. L’opera contemporanea è una delle più estese al mondo. 34


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L’Associazione Giuliano Mauri, ha realizzato nel 2017 la terza “Cattedrale Vegetale” dedicata all’artista, noto per le sue installazioni ambientali. L’opera di Art in Nature è stata costruita secondo l’antica arte dell’intreccio, che prevede l’uso di legno flessibile, picchetti, chiodi e corde. Tutti materiali utilizzati secondo le libere e articolate manipolazioni creative dei tempi passati, nel rispetto del ciclo naturale e econaturale di nascita, rigoglio, marcescenza e, in alcuni casi, di scomparsa. La Cattedrale era alta 18 metri, lunga 72 e larga 22,48 per una superficie totale di oltre 1600 metri quadrati. Composti da 108 colonne di legno di castagno (da potatura) nelle quali era stato piantato un albero di quercia. Si prevedeva, infatti, che i profili sarebbero aumentati con la cresci-

ta delle piante lungo la struttura. Inaugurata dal critico d’arte Philippe Daverio (e visitata anche da Vittorio Sgarbi) è durata solo un anno. I primi crolli risalgono al 2018, mentre due trombe d’aria e la cattiva manutenzione hanno fatto il resto, spazzando via alla fine il 90% della Cattedrale che, fino ad allora, aveva richiamato migliaia di visitatori dall’Italia e dall’estero.

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Edizione speciale


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