"School Magazine" anno IX luglio 2021

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S M Periodico Anno IX - luglio 2021

Editoriale «Considerate che, se è attraente l’ascoltare, quanto più il realizzare. Se non ascolti, se trascuri di ascoltare, non edifichi nulla. Se ascolti e non metti in pratica, metti mano ad una rovina». (Sant’Agostino, Discorsi, 179, 8). L’ascoltazione è una medicina potente, che può guarire una persona, mentre non farlo può procurare ferite molto profonde. Se l’inizio dell’amore sta nell’imparare ad ascoltare l’altro, spesso oggi prevale la cultura del cosiddetto “non ascolto”: non si sa più fare silenzio, per stare con noi stessi e con la gente. Non abbiamo tempo o voglia di ascolto, la nostra vita quotidiana diventa ben presto una Geenna del rumore, lontana dall’interiorità. In questo numero, del secondo anno di pandemia, abbiamo scelto di guardare nuovamente ai giovani, i quali, nonostante le preoccupazioni, sanno ridere e piangere sempre in compagnia, perché suddividere gioia e dolore li e ci rende più umani e fratelli. D’altronde, le notizie quotidiane ci mettono davanti, in ogni momento, domande che hanno bisogno di discussioni, scambi di pensiero, lavoro in comune e anche pause di riflessione. Quando Lucio Fontana lavorò con un coltello su tele monocromatiche chiamò quelle opere “Attese”, un “lemma” giusto per spiegare le cesure che si aprono fuori e dentro di noi. L’artista, con il suo linguaggio, ci fa capire che ferite, lacerazioni e tagli possono essere linee in movimento per collegarci alla vita. L’attesa non è, quindi, un’aggiunta, né uno strappo, ma disegna una fessura, un’ipotesi di cambiamento. A volte può bastare poco per rianimare la Natura e una vita: ascoltare, avvicinarsi, stringere, senza paura, le mani e vivere in sintonia. Difatti, è proprio puntellando una fragilità sull’altra che si sostiene il mondo.

Editore I.I.S.S. “Giulio Natta” Milano Via Don Giovanni Calabria, 16 web: www.itasnatta.edu.it

Responsabile Editoriale Prof. Antonio Pangallo Editing Prof. Gianpaolo Palazzo Progetto grafico Prof. Antonio Pangallo Web content editor Prof. Gianpaolo Palazzo Foto ed elaborazione fotografica Ludovico Albertini, Nicolò Carra, Curia Ravenna-Cervia, Consorzio Vero Volley, Gianpaolo Palazzo, Antonio Pangallo, Quirinale, Teatro No’hma

Hanno collaborato: Ludovico Albertini, Arosio Anastasia, Nicole Alice Chavez, Asia Dominello, Simone Marieni, Mattia Marino, Elena Miceli, Alessia Pititto, Andrea Valerio Pozzi, Gabriele Domenico Pozzi, Denisse Aloise Rosita, Viola Sfondrini, Elisa Tavella Video su canale https://www.youtube.com/channel/UCqtf45JvZfdc8w6pUVKMJ9Q

Video e foto su profilo @schoolmagazine.mi

E-mail schoolmagazine.mi@gmail.com segreteria.schoolmagazine.mi@gmail.com Gestione sito web dell’I.I.S.S.“Giulio Natta” - Milano Prof.ssa Maria Amato 2


S M Sommario pagina 70: Vita d’artista pagina 80: Degustare cultura pagina 84: Spazio per tutti pagina 85: Si destò pagina 86: C’era un polmone verde pagina 88: Melodie tzigane pagina 89: Risposte donate pagina 90: Spiriti liberi pagina 92: Il Progresso della Rosa pagina 94: Ricercatore di talenti pagina 96: Idee narranti pagina 98: Sorrisi in regalo pagina 102: Un passo indietro pagina 104: Musica poetica pagina 105: Vita sulle punte pagina 106: Pioniera d’allegria pagina 108: Sommo Day pagina 109: Una voce per Dante pagina 110: La verità ha vinto pagina 111: Che bollicine pagina 112: Sogni ad occhi aperti pagina 114: L’Europa a scuola d’italiano pagina 116: Il tricolore vince sui tre leoni pagina 118: Festa “Nazionale” dopo 53 anni pagina 120: Imparare a sbagliare meno pagina 124: Perla fatale pagina 126: Pitagora, tradizioni e spiagge

pagina 6: Prepararsi al futuro pagina 12: Essere liberi pagina 14: Nuotare nell’oceano digitale pagina 18: Crescendo in sicurezza pagina 20: Progettare il futuro pagina 22: Stella al merito pagina 26: Dietro le facciate pagina 30: Muri da abbattere pagina 32: Chiesa “prossima” ai giovani pagina 38: Rinascita pagina 40: Foibe, tragedia a lungo taciuta pagina 42: … e l’Italia chiamò pagina 44: Ritorno al Cinema pagina 46: La statuetta italiana pagina 48: Charme da set pagina 50: Fiducia ripagata pagina 51: Bravi figli pagina 52: Una vita di premi pagina 54: Colta e altruista pagina 56: Da favola a realtà pagina 58: Isola che non c’è pagina 62: Leader solo pagina 66: Celebre seppur diverso

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In questo numero ospitiamo:

Sergio Mattarella

Marta Cartabia

Lorenzo Ghizzoni

Presidente della Repubblica Italiana

Ministra della Giustizia

Arcivescovo di Ravenna-Cervia

Marianna Sala

Livia Pomodoro

Alessandra Marzari

Presidente Corecom Lombardia

Magistato e Direttrice Spazio Teatro No’hma

Medico e Presidente Consorzio Vero Volley

Elisabetta Sgarbi Editrice e Direttrice La Milanesiana

Paola Lavini Attrice

Daniela Simonetti Giornalista e Scrittrice

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“Più guardiamo nel profondo della natura, più ci accorgiamo che è piena di vita e più constatiamo che tutta la vita è un mistero e che noi siamo uniti a ogni vita che esiste nella natura.” (Albert Schweitzer) Premio Nobel per la pace 1952 denominato dagli indigeni “Oganga” lo “Stregone Bianco”, (Kaysersberg, 14 gennaio 1875 Lambaréné, 4 settembre 1965). Medico, filantropo, musicista, musicologo, teologo, filosofo, biblista, pastore e missionario luterano. 5


S M Prepararsi al futuro Paese. Così come qui a Vò, dopo l’angoscia e le chiusure, è ripresa a pieno ritmo la vita, così la riapertura delle scuole esprime la piena ripresa della vita dell’Italia. È stata dolorosa la decisione di chiudere le scuole. Necessaria ma dolorosa. La scuola ha nella sua natura il carattere di apertura, di socialità, di dialogo tra persone, fianco a fianco. Avete sofferto, ragazzi - e abbiamo sofferto tutti, per gli impedimenti e per le limitazioni. La scuola è specchio della società, e ne riflette le difficoltà, ne riflette le aspettative. Ecco perché questi giorni, in cui le scuole riaprono e si popolano nuovamente dei loro studenti e insegnanti, sono giorni di speranza. Mentre prepariamo il domani, sentiamo il bisogno di ricordare chi è stato colpito dalla malattia, le tante vite spezzate e il dolore patito da molti. Non dimenticheremo. E cercheremo di trarre insegnamento dagli eventi eccezionali e drammatici che hanno coinvolto tutti i Continenti, e che ci tengono ancora impegnati, richiedendoci responsabilità e prudenza. La chiusura delle scuole, e tante altre rinunce - che ci sono costate

All’inizio di un altro anno difficile, anche per la scuola, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avuto parole di speranza e fiducia nelle nuove generazioni. Il 14 settembre 2020, durante l’inaugurazione dell’anno scolastico 2020/2021 a Vo’ Euganeo (PD), scelto per ricordare la prima “zona rossa” d’Italia, insieme a Codogno (LO) e la prima vittima da Coronavirus, tra le bandiere tricolore e gli applausi, il Capo dello Stato ha ricordato che: «Oggi è un giorno importante! L’inaugurazione dell’anno scolastico, mai come in questa occasione, ha il valore e il significato di una ripartenza per l’intera società. Lo avvertono i ragazzi, lo comprendono gli adulti e le istituzioni. Ci troviamo di fronte a una sfida decisiva. Ripartire da Vò Euganeo, dà ancor più il senso di come questa sfida riguardi l’intero

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S M educativi e formativi della scuola e dell’intera nostra comunità. In coerenza con questi valori occorre spiegare il massimo impegno per contrastare chi pratica una violenza vile e brutale che più volte si è manifestata anche nei giorni scorsi per contrastare chi la predica o la eccita nei social. So bene, cari studenti, che la scuola vi è mancata quando, ai primi del marzo scorso, le sue porte sono state chiuse e avete avvertito quanto valesse l’incontro quotidiano con i vostri insegnanti, la vicinanza dei vostri compagni, quanto la convivenza fosse fattore di crescita e fondamentale strumento di socialità. Quel che è accaduto è stato come una lezione di vita che vi ha fatto comprendere, in modo chiaro, come la scuola sia indispensabile allo sviluppo personale di ciascuno di voi. Mesi duri per tutti, ma a subire le conseguenze più pesanti del

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molto sul piano sociale, economico, affettivo - hanno contribuito a salvare vite umane e a evitare più gravi angosce e dolori. Le misure di precauzione sono diventate una prova che il popolo italiano ha saputo affrontare, come in altri momenti difficili della sua storia. La scuola serve anche a questo: a formare cittadini consapevoli, a sconfiggere l’ignoranza con la conoscenza, a frenare le paure con la cultura, a condividere le responsabilità. La scuola, la cultura, il confronto continuo sono anche antidoti al virus della violenza e dell’intolleranza, che può infettare anch’esso la comunità se viene ridotta l’attenzione. Siamo sconvolti per la morte di Willy, pestato con crudeltà per aver difeso un amico contro la violenza. Il suo volto sorridente resterà come un’icona di amicizia e di solidarietà, che richiama i compiti

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rimentato a scuola allarga ulteriormente le possibilità di incontro, di confronto, di studio. Nulla potrà mai sostituire il contatto tra le persone, il tenersi per mano. Tuttavia questa diffusione dello strumento digitale rappresenta un’opportunità che non va dismessa, ma coltivata e inclusa nella didattica e nei percorsi formativi. Se si è data continuità alla didattica pur in condizioni di inedita difficoltà, questo è stato possibile grazie alla dedizione, all’impegno, al forte senso della missione educativa degli insegnanti. Li ringraziamo per quel che hanno fatto. Ringraziamo molto anche chi ha seguito negli studi i bambini ricoverati nei reparti pediatrici degli ospedali, a Padova come in altre parti d’Italia. Il lockdown ci ha mostrato anche che hanno sofferto pesanti esclusioni i ragazzi senza computer a casa, quelli che erano

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lockdown sono stati gli studenti con disabilità. Per tanti di loro le rinunce hanno avuto un costo altissimo, a volte non sopportabile. E di queste sofferenze si son fatte carico le famiglie. Nella ripartenza della scuola l’attenzione a questi studenti deve essere inderogabile, a cominciare dall’assegnazione degli insegnanti di sostegno (…). Anche dalle esperienze più negative si possono ricavare lezioni. Ad esempio, la didattica a distanza è stata una grande sfida, a cui non eravamo preparati, ma che ci ha fornito strumenti utili per il futuro. In generale, l’uso delle tecnologie digitali ha fatto compiere a tutta la nostra comunità dei progressi che ora possono aiutare il lavoro e migliorare i modelli sociali. I giovani sono più avanti nella conoscenza e nella pratica dei mezzi informatici, e quanto è stato spe-

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S M contro, per il dialogo ravvicinato, a misure di distanziamento che ci appaiono quasi innaturali. E questo sforzo è ancora in atto. Abbiamo avuto esempi straordinari di collaborazione, di lavoro in comune. Desidero rivolgere un sentito ringraziamento a tutti coloro che, in ruoli diversi e con differenti responsabilità, si sono adoperati affinché l’anno scolastico potesse cominciare, assicurando a ogni bambina e bambino, a ogni ragazza e ragazzo, il bene fondamentale dell’istruzione. In particolare, esprimo riconoscenza ai dirigenti scolastici, a tutti gli insegnanti e al personale ausiliario, che con loro hanno strettamente collaborato per riorganizzare le scuole in sicurezza e garantire una didattica la più possibile ordinata. Molti di loro hanno limitato le ferie, o vi hanno addirittura rinuncia-

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privi di spazi sufficienti, coloro che già vivevano una condizione di marginalità. Dobbiamo evitare che il divario digitale diventi una frattura incolmabile. Per fortuna l’iniziativa di tanti insegnanti, l’impegno dei compagni di classe, l’azione positiva di associazioni di volontariato ha evitato, in molte circostanze, ingiuste emarginazioni, riuscendo a fornire i mezzi necessari alla connessione. E’ questa una frontiera nuova della lotta all’abbandono scolastico, e alla marginalità sociale, che resta un obiettivo esigente per la scuola. Questo periodo ha sottolineato, con grande evidenza, l’urgenza e l’assoluta necessità di disporre della banda larga ovunque nel nostro Paese. Quello che sta per iniziare non sarà un anno scolastico come gli altri. Vi sono diversi problemi, in via di soluzione, che causano difficoltà. Così come in tanti altri Paesi, in Europa e altrove. Riaprire la scuola, adottando le indispensabili prescrizioni di carattere sanitario, non è impresa facile. È stato necessario adeguare, in brevissimo tempo, strutture concepite per l’in-

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ma tutti hanno compreso che le esigenze comuni hanno bisogno di un impegno solidale, insieme. È tutto questo che rende la scuola una comunità. L’articolo 34 della Costituzione esordisce con le parole “La scuola è aperta a tutti”, a significare che la scuola, inclusiva e democratica, deve accogliere i bambini e i ragazzi senza discriminazioni, ma anche che ogni cittadino deve sentirsi partecipe e impegnato nei confronti della scuola. Alla riapertura guarda in questi giorni tutto il Paese. A questo impegno è chiamata la Repubblica, in tutte le sue istituzioni statali, sono chiamate le Regioni, sono chiamati i Comuni: ciascuno ha una parte da svolgere di sua competenza. L’emergenza sanitaria ha posto in evidenza problemi e fragilità per troppo tempo trascurati. Vale per il nostro sistema di istruzione come per tanti altri setto-

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to. Hanno interpretato al meglio il significato dell’autonomia scolastica, quella appunto che partecipa con creatività alla progettualità della scuola, muovendo dalle sue articolazioni e diversità. I nostri insegnanti sono chiamati ancora a un lavoro prezioso, che richiederà coraggio e iniziativa. Sappiamo di poter contare sulla loro passione umana e civile, che hanno continuato a esprimere, pur di fronte a incomprensioni e a problemi non risolti. Il valore della scuola è stato compreso e vissuto, con grande senso del dovere, da tutti i soggetti coinvolti. Negli anni passati sembrava che si aprissero crepe nell’alleanza educativa tra le famiglie e le scuole. Ora la reazione all’epidemia e la riapertura delle scuole hanno trovato in prima fila tanti genitori impegnati e collaborativi. Lo fanno per i loro figli, certamente,

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S M to alla salute. Tutti siamo responsabili, e dobbiamo sentirci tali nei confronti degli altri. Una prova di responsabilità è richiesta anche a voi, cari ragazzi, e sono certo che ne sarete all’altezza. Dai comportamenti di ciascuno dipende la sicurezza collettiva; quella dei vostri genitori, dei vostri nonni. Non c’è una responsabilità superiore che consenta di fare a meno di quella di ciascuno di noi. Dobbiamo andare avanti sapendo che sui sacrifici di oggi costruiamo il futuro. Conosco i ritardi e le difficoltà e so bene che vi saranno inevitabili polemiche. So anche che, in atto, vi sono risorse limitate. Ma un Paese non può dividersi sull’esigenza di sostenere e promuovere la sua scuola. Oggi la riapertura della scuola è una prova per la Repubblica. Per tutti. Nessuno escluso. Auguri per l’anno scolastico!».

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ri. La ripartenza del Paese ci offre però anche un’occasione per compiere un salto di qualità. Il ritorno a scuola non significa ritorno al passato. La scuola è, al contrario, un formidabile strumento di innovazione. La nostra partecipazione al programma Next Generation della Unione Europea è una straordinaria opportunità che non possiamo perdere. Un’occasione anche per un vero rilancio della scuola italiana. Dobbiamo investire nella scuola, a partire da un’adeguata programmazione del reclutamento del personale, da alcuni anni carente. Dobbiamo fare in modo che i migliori laureati abbiano come obiettivo l’insegnamento. Professione di valore e gratificante, che deve riscuotere il dovuto riconoscimento sociale. La riapertura avverrà inevitabilmente con carattere di gradualità ma con l’obiettivo, irrinunciabile, di assicurare la piena realizzazione del diritto allo studio, ivi compreso il tempo pieno che, per molti alunni e tante famiglie, è strumento di eguaglianza e garanzia di opportunità. Occorre mantenere un adeguato livello di precauzione finché non cesserà la grande pericolosità del virus. Il diritto allo studio dovrà procedere di pari passo con il dirit11


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Essere liberi

«La Costituzione italiana, se paragonata ad altre Carte dei diritti, presenta indiscutibilmente una originalità culturale, che nel linguaggio a noi più familiare viene tradizionalmente definita in termini di personalismo e pluralismo. In essa i diritti sono, oltre che inviolabili, anche indivisibili, hanno l’ambivalente natura di “diritti-doveri”, come quelli dei genitori di educare i figli». Marta Cartabia, ministra della Giustizia dal 13 febbraio 2021, prima ed unica donna ad essere nominata Presidente della Corte Costituzionale, con queste parole ha spiegato ai ragazzi la ricchezza contenuta nella nostra Carta. Nell’ultimo appuntamento del ciclo “Insieme per capire”, promosso da “Fondazione Corriere della Sera” e sponsorizzato da “Esselunga”, dedicato a “Costituzione, regole e libertà”, sono arrivate on-line tante domande, provenienti da tutta Italia, raccolte dal giornalista del quotidiano milanese Luigi Ferrarella. L’incontro segue quello tenuto da Giuliano Amato, giurista costituzionalista (è stato Presidente del Consiglio dei ministri dal 1992 al 1993 e dal 2000 al 2001), che aveva analizzato gli aspetti più importanti e ancora validi della Legge fondamentale dello Stato, illustrando gli elementi basilari che presie-

dono e informano la nostra vita sociale, politica ed economica. Tale visione è stata confermata dalla professoressa Cartabia, che ha anche ricordato il ruolo dello Stato nella rieducazione del reo, sottolineando il lavoro compiuto finora dalla Corte da lei presieduta, organo di garanzia per i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Essendo nato dopo i regimi totalitari, ha il compito di eliminare ciò che Sofocle nella sua tragedia “Antigone” aveva portato in scena: «l’eterno conflitto tra autorità e potere, non riuscendo a trovare un punto d’incontro. L’istituzione è chiamata a correggere, modificare, annullare le leggi, motivando le trasformazioni alle regole ingiuste». Alla nostra domanda diretta se a seguito dei recenti scaldali possiamo fidarci ancora della Magistratura, la Guardasigilli ha risposto: (Continua a pagina 13)

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per reagire. Secondo punto che mi sta molto a cuore, guardate ragazzi, i magistrati in Italia sono quasi undicimila e fanno un lavoro enorme tra grandi difficoltà... Aiutiamoci a far emergere quel volto della magistratura che fa la sua parte tutti i giorni, pensando alla beatificazione del giudice Rosario Livatino (9 maggio 2021, Basilica cattedrale Agrigento, ndr)… Attenzione a non lasciarci ingombrare l’animo, i sentimenti e gli occhi. Alziamo lo sguardo anche su quello».

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«C’è una gravità dei fatti accaduti che non va sottovalutata e ha fatto emergere elementi di seria preoccupazione… Vorrei farvi notare, che appena sono emersi comportamenti non corretti, come l’uscita dei verbali secretati, immediatamente si sono attivate tre indagini di tipo penale a Perugia, Roma e Brescia e una di natura disciplinare avviata dal Procuratore generale della Corte di cassazione. Questo fatto ci fa vedere che il sistema ha iniziato immediatamente a reagire e ha reagito attraverso altri componenti della Magistratura… I giudici stessi hanno messo in moto tutte quelle garanzie che dovrebbero, portate fino in fondo, chiarire cosa sia successo e poi aiutare a giudicare secondo le norme vigenti… L’ordinamento ha i suoi modi 13


S M Nuotare nell’oceano digitale Asia Dominello Essere cittadini informati e capaci di contribuire con fatti concreti alle dinamiche sociali presuppone anche il possesso e la padronanza delle competenze digitali. Il loro apprendimento inizia nelle aule scolastiche, dove l’informatica e i nuovi dispositivi elettronici hanno contribuito alla didattica nei mesi più bui legati al Covid-19. Proprio con l’intento di aiutare il mondo scolastico, oltre agli operatori dell’informazione, il Comitato Regionale per le Comunicazioni Lombardia ha presentato on -line a fine marzo il “Libro Bianco Media e Minori”, (Rubettino editore), curato dalla Presidente, avv. Marianna Sala. Il testo, concepito e iniziato nei giorni delle prime chiusure, febbraio 2020, è stato ultimato a novembre dello stesso anno, durante le settimane in cui non si poteva frequentare in presenza. Vengono analizzate le buone e cattive pratiche nell’uso del digitale a scuola, mettendo insieme i dati raccolti nelle secondarie lombarde con

interventi di professionisti legati al mondo accademico, culturale e ad associazioni del terzo settore. Si segnalano, inoltre, due sondaggi svolti fra 1.865 ragazzi (dai dieci ai 14 anni), in compagnia di 162 docenti, che hanno raccontato il proprio vissuto durante la pandemia. Secondo lo studio: «Solo nei primi mesi del 2021 i casi di cyberbullismo sono aumentati del 68% rispetto al 2020; i casi di sexting del 70%, di revenge porn del 40% e l’adescamento di minori on-line del 50%. Dei casi segnalati in Italia il 30% è avvenuto in Lombardia». (Continua a pagina 15)

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S M colpi di bacchetta magica, le dinamiche legate a formazione, socializzazione e partecipazione attiva. Certo, non si può e non si deve buttare ogni cosa nel cestino, ma piuttosto imparare tutti da ciò che si è sperimentato, studiato, corretto in corso d’opera e collaudato nuovamente. Per questo motivo il volume si chiude con un’appendice dedicata alla didattica a distanza, una “mappa” utile a rafforzare da un lato le competenze, superando la visione che l’accesso ai media sia una dimensione sufficiente per l’utilizzo consapevole, dall’altro al fine di ottenere un sapere critico, essenziale per le sfide del domani. Infatti, chi non vorrà prendere atto di una realtà in profondo mutamento, rischierà di aggravare i divari ed eternare le disparità esistenti; far crescere un cittadino digitale consapevole lo porterà a maturare una propria coscienza democratica, alimentata, si spera, dalla consapevolezza per quei valori legati ai diritti e ai doveri di ciascuno. La prima parte del volume è dedicata all’analisi della “Media education: ambiti e sfide per una nuova cultura digitale”. Dopo una breve riflessione del rilievo sociale, giuridico e tecnologico della media education (Sala) e dei frutti del primo anno di collabo-

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Il 95.6% dei ragazzini è iscritto a un social network e l’età cala sempre più: nella fascia 11 - 12 anni, l’89.2% gestisce un profilo. Se un ragazzo su tre utilizza il cellulare più di tre ore al giorno, il 73% è al pc per seguire, in media altre tre ore, le lezioni virtuali. I ritardi strutturali e le inerzie si fanno ancora sentire nelle aule reali e virtuali, coì come la dipendenza, spesso patologica, dalle tecnologie. Una doccia fredda per chi sperava che esse, da sole, potessero bastare ad indirizzare processi di rinnovamento e a migliorare, con pochi 15


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razione tra l’Università Statale di Milano e il Corecom Lombardia (Ziccardi), si approfondiscono i temi della promozione di una nuova cultura digitale nella scuola (Morcellini) e dello sviluppo della cittadinanza digitale, intesa come estensione dei diritti e dei doveri di cittadinanza agli ambienti on-line e agli strumenti digitali (Aroldi). Infine, un breve saggio affronta il tema delle fake news nel periodo della pandemia, lanciando la proposta di un “Debunking fra i banchi” di scuola (Giordano). Nella seconda parte viene fotografato il ruolo dei Corecom in generale e del Corecom Lombardia in particolare nella tutela dei minori rispetto ai media: dalla “tradizionale” vigilanza sul sistema radiotelevisivo locale, disciplinato dal Testo unico dei servizi di media audiovisivi, all’analisi delle nuove tecnologie connesse a Internet e all’utilizzo sempre più precoce dello smartphone (Sala). Vengono analizzate, poi, le attività specifiche ideate e realizzate dal Corecom Lombardia nel corso dell’anno 2020 (Bau; Scirpa): dal laboratorio contro le fake news (Suffia), al progetto Orientaserie (Garassini), ai decaloghi per un uso responsabile di Internet (Ziccardi; Stanco). La più innovativa è la terza parte (Aroldi) poiché svolge una dettagliata analisi dei dati raccolti dal Corecom Lombardia attraverso i questionari sottoposti a studenti e insegnanti, per indagare il loro vissuto durante il lockdown e l’esperienza della Dad. Intitolata (Continua a pagina 17)

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Marianna Sala, Presidente del CORECOM della Regione Lombardia

dagli operatori di volontariato, agli insegnanti, ai professionisti che si adoperano, ciascuno per quanto di competenza, nella educazione dei ragazzi per un uso responsabile delle nuove tecnologie. L’ultima sezione (curata da Ziccardi) affronta in modo rigoroso una complessa ricognizione scientifica dello stato dell’arte sui fenomeni on-line di maggiore interesse sociale: cyberbullismo (Stanco), cyberstalking, odio tra adolescenti, gruppi pro-anoressia e sfide pericolose (Scirpa), omofobia on-line, cyberstalking tra adolescenti e adescamento sessuale di minori (Ziccardi), sexting (Escurolle), protezione dei dati dei minori (Salluce), diritto all’oblio e rimozione dei contenuti, fake news e disinformazione (Suffia). Una rassegna stampa sulle principali iniziative e sui fatti di cronaca in materia di cyberbullismo in Lombardia (Pesci) chiude un’opera lunga e densa di stimoli per ciascun lettore.

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“L’azione normativa e politica in Lombardia”, la quarta parte, dopo aver analizzato lo stato attuale della legislazione regionale e il potenziamento delle funzioni assegnate al Corecom (Saini), approfondisce le azioni contro il cyberbullismo realizzate dalla Giunta regionale lombarda (con gli interventi dell’Assessore Cambiaghi, Sport e Giovani e dell’Assessore Piani, Politiche per la famiglia, Genitorialità e Pari Opportunità), dal Consiglio regionale lombardo con il progetto educativo “Consiglieri per un giorno” (Molina), dalle ATS lombarde (Scirpa), dai Garanti per l’infanzia e dall’Ufficio Scolastico Regionale (Bau). Seguono, poi, le testimonianze di chi lavora sul territorio regionale: 17


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Crescendo i

Praticare sport, fa bene alla salute. È sempre così? Per alcuni l’esperienza non è stata positiva, pur spinti a crescere mentalmente e fisicamente, perché individui scellerati hanno spento loro il sorriso. Pervertiti, pedofili e balordi, ma anche insospettabili padri di famiglia e onesti lavoratori che, sui campi sportivi, nelle palestre e nelle piscine, sfruttando il proprio ruolo carismatico agiscono indisturbati tra molestie, abusi, manipolazioni, violenze verbali e fisiche a danno di ragazze e ragazzi, anche minorenni. Li chiamano “cattivi maestri” nel mondo agonistico che la giornalista Daniela Simonetti, col suo libro-inchiesta “Impunità di gregge”, edito da Chiarelettere, ha smascherato grazie alle testimonianze delle vittime. L’associazione “ChangeTheGame”, in collaborazione con il “Consorzio Vero Volley” e la “Fondazione Candido Cannavò per lo Sport”, il 27 febbraio, hanno organizzato un corso di formazione gratuito on-line, per aumentare la consapevolezza su un fenomeno spesso taciuto, rivolto ai tecnici, società sportive, ai loro allenatori e dirigenti, ma anche agli atleti e alle loro famiglie. Tra gli invitati il nostro Magazine, con alcuni studenti-redattori dell’I.I.S.S. “Giulio Natta” di Mila-

no. Ad intervenire: Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley Monza sull’impegno della sua Società per i minori; Paola Pendino, magistrato del Tribunale di Milano (Il ruolo dell’allenatore e dell’istruttore nella giurisprudenza della Corte di Cassazione); Francesca Negri, avvocato per i diritti delle donne e dei minori e dell’Associazione “SVS Donna Aiuta Donna Onlus” (Chat, bulli(Continua a pagina 19)

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in sicurezza

a tacere, perché la notizia non rovini la reputazione della società o della federazione sportiva. Nelle competizioni a squadre, il mister diventa una figura spesso mitizzata, talvolta, sostituisce quella paterna ed è investito di un enorme potere, poiché è in grado di decidere chi gioca e chi siede in panchina, anche per più partite e minuti. Episodi spiacevoli e illeciti negli ultimi anni si sono moltiplicati, venendo alla luce con le denunce di genitori, associazioni e docenti che hanno permesso di far arrivare a processo e condannare i responsabili di questi gravi reati. Dalla recente indagine di Telefono Azzurro e Doxa Kids il 10% dei ragazzi intervistati risulta bullizzato in ambienti agonistici. Provvedere alla formazione di personale specializzato è un passo indispensabile per il mondo basato sull’attività fisica, insieme a campagne d’informazione promosse in collaborazione con le istituzioni e Federazioni. Il silenzio e l’omertà in Italia e nel mondo, sono ancora grandi, ma non c’è più tempo da perdere, perché di mezzo ci sono vite di adolescenti, troppo presto diventati adulti, che hanno avuto conseguenze devastanti e soprattutto si potrebbero evitare nuove vittime.

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smo, abusi: i diversi volti della violenza); Fabrizio Cacace, avvocato sportivo e procuratore della Federazione Arrampicata Sportiva Italiana (La tutela dei minori nell’ordinamento sportivo) e Daniela Simonetti (giornalista, fondatrice di “ChangeTheGame”). L’ambiente sportivo, secondo i relatori, è uno degli ambiti meno vigilati e quando ci sono episodi di violenza o abusi sui minori si tende 19


S M Progettare il futuro Elisa Tavella

La Società è nata il 9 settembre 2008 e ha sede a Monza: è un progetto di cultura sportiva, unico nel suo genere, che attualmente coinvolge sei società di pallavolo lombarde con l’obiettivo di ricercare l’eccellenza fuori e dentro i palazzetti. Il Consorzio ha vissuto il suo primo atto ufficiale con la firma di uno Statuto, in cui sono presenti obblighi e adempimenti per le società aderenti, chiarendone, allo stesso tempo, gli ambiti di autonomia e formalizzandone gli organi istituzionali. Si propone come punto di riferimento, di supporto e affiancamento alle società partecipanti, per facilitare il raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi, perseguendo un’unica proposta educativa, sportiva e culturale

Il Vero Volley Network è una rete di collaborazione tra società che permette al Consorzio di allargare la propria base di contatti anche al di fuori del suo territorio di azione diretta. In Italia è presente in 14 regioni e 29 province, in più conta anche una società di Katowice in Polonia. Gli accordi prevedono la possibilità, per le società aderenti, di usufruire di programmi di formazione specifica, tecnica e relazionale per allenatori e genitori, avere un confronto costante sugli atleti e partecipare ai momenti formativi organizzati dalla realtà monzese al fine di costruire una modalità di lavoro condivisa legata ai valori cardine su cui si fonda il Consorzio. Ad oggi sono quasi 60 le società che hanno aderito al progetto.

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@verovolleynetwork

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S M realtà sociali impegnate con i giovani atleti. L’attenzione continua per la formazione personale, vuole fornire strumenti utili a realizzare idee e progetti in un’ottica di condivisione e collaborazione. Intento portato avanti e testimoniato dalla presidente Alessandra Marzari, che crede non solo nei valori sportivi, come testimonia la sua nomina nel 2019, ad ambasciatrice della Comunità di recupero “San Patrignano”. Il premio raffigura un “Abbraccio” ed è un pensiero da dedicare a tutti i sostenitori che offrono un aiuto, così come la Comunità fa con i suoi ragazzi.

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nel rispetto delle peculiarità che ogni sodalizio consorziato possiede. Oggi i membri sono: Pro Victoria Pallavolo Monza, Volley Milano, Pallavolo Avis Cernusco, Pallavolo Rondò Muggiò, Polisportiva Di Nova e Viscontini Volley Milano. Negli anni, ha attivato anche diverse collaborazioni con altre realtà sportive e sociali che hanno portato nel giugno 2018 alla conquista del primo scudetto giovanile, vinto dalla formazione Under 16 maschile. Il suo tratto caratteristico è fare cultura nello sport, promuovendo contaminazioni e scambi fra tutte le

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S M Stella al merito Alessia Pititto Soccorritrice di corpi e anime. Si può sintetizzare così il percorso professionale e sociale della dottoressa Alessandra Marzari, dirigente di medicina d’urgenza e pronto soccorso, presso l’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano e responsabile del Consorzio “Vero Volley Monza”. Dal 2008, ha deciso di schierarsi al fianco della giornalista Daniela Simonetti nella lotta contro i soprusi, a difesa di tutti coloro che sono stati vittime di violenze e molestie. Entrambe, nel 2019, hanno fondato l’associazione “Il Cavallo Rosa”, che ad oggi ha cambiato il suo nome in “ChangeTheGame”, ma non il suo intento, ovvero dare supporto psicologico e legale ai giovani atleti che hanno subito un trauma causato da un abuso di potere da parte dei loro stessi allenatori, proprio coloro di cui tanto si fidavano. Durante la presentazione del volume “Impunità di gregge”, l’autrice e la Marzari, il 17 marzo, hanno incontrato on-line gli studenti dell’Istituto “Giulio Natta” di Milano. Forti dell’esperienze acquisite, si sono confrontate a viso aperto con i ragazzi per informarli e for-

marli su come evitare le trappole in cui potrebbero cadere: si sono mai verificati episodi di molestie nella Sua Società? Quali misure di prevenzione ha adottato per evi(Continua a pagina 23)

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to fisico di ogni genere con gli atleti, richiesta del certificato penale per gli allenatori, divieto di colloqui uno a uno e di scambiare Sms e WhatsApp, controllo e osservazione dei gruppi squadra da parte del responsabile atleti. Queste regole si instaurano in un progetto di formazione per gli allenatori». Come si comporterebbe se venisse a sapere che le regole volute da Lei contro gli abusi sono state infrante? «In genere inizio con due richiami, poi allontano. Fra primo e secondo richiamo, intensifico i controlli». Una ragazza, vittima di violenza sessuale, viene a giocare nella sua Società. In che modo affronterebbe l’argomento con gli altri tesserati? «Penso che sia un tema di privacy. Non direi nulla tranne nel caso me lo chiedesse la ragazza». Quanto incide, a Suo parere, il

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tare tali problemi? «No, al momento nessun episodio segnalato in tal senso. Le misure di prevenzione da me sostenute e condivise sono: doppio allenatore, divieto di contat-

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S M gli sport non professionistici come il volley che stabilisce l’interruzione del rapporto in caso di gravidanza. Il contratto, giusto o sbagliato che sia, viene firmato dalle parti consensualmente. Sarà così finché non cambierà la legge sullo sport. Il problema del caso Lugli, che trovo una vera montatura mediatica, riguarda una mensilità non corrisposta dalla Società. Lara ha voluto cavalcare in modo inappropriato la mancanza della società (se è vero le devono una mensilità) con la sua gravidanza. A causa di questo, la Volley Pordenone è accusata di non aver ottemperato ad un diritto della giocatrice. Per gli abusi, quelli veri, credo che al momento siano inopportune le rivalse di Società e Federazioni, benché previste dalla legge. Sanno di difesa a priori». Perché ha preso così a cuore il tema delle molestie e dei soprusi? La motivazione è legata alla conoscenza con la giornalista Daniela Simonetti? «Ho pensato dapprima alla responsabilità penale degli allenatori (ma in termini diversi), poi sono stata invitata ad una piccola conferenza tenuta da Daniela e lì ho capito l’entità del problema. Il pensiero di fare una attività sportiva con la possibilità

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ruolo di potere tenuto da allenatori, manager e dirigenti sugli sportivi? «Gli allenatori, durante l’età evolutiva, sono una figura di riferimento potente, perché la passione delle ragazze e dei ragazzi per lo sport che praticano è grande. Meno potere hanno dirigenti e manager rispetto alla possibilità di abusare». Che cosa ne pensa di tutte le vittime che sono state a loro volta denunciate per danni dalle proprie associazioni sportive? Cosa ne pensa del caso storia di Lara Lugli? «Non accomunerei il caso di Lara Lugli al tema degli abusi. La legge prevede un contratto per

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S M sto periodo di pandemia». La “Stella al Merito Sportivo” ha tre distinti gradi: oro, argento e bronzo. Può essere concessa una sola volta per ogni distinto grado e la concessione avviene per gradi successivi di merito. Tra la concessione della Stella di bronzo e la Stella d’argento deve intercorrere un periodo di almeno 4 anni e tra la concessione della Stella d’argento e la Stella d’oro deve intercorrere un periodo di almeno 7 anni. Altro prezioso riconoscimento che va ad arricchire quanto di buono già fatto dalle squadre monzesi durante tutti questi anni.

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che accada qualcosa capace di rovinare la vita ad un minore ha fatto il resto…» Cambia qualcosa, secondo Lei, se il ruolo dirigenziale di una Società sportiva è al femminile? «Certo, ne sono sicura, perché sui temi nascosti che riguardano il bene delle persone, le donne sono più attente e coraggiose». In questa stagione la Marzari è stata premiata con la “Stella al merito sportivo” d’oro Coni, dal presidente Giovanni Malagò «per l’impegno e la dedizione nel mondo dello sport con il quale ha affrontato que-

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Dietro le facciate

Alessia Pititto Daniela Simonetti è una coraggiosa giornalista dell’Ansa, come ci dimostra proprio il suo primo libroinchiesta intitolato “Impunità di gregge”, pubblicato nel febbraio del 2021 e presentato in molte piattaforme digitali e città italiane. Durante una delle tappe milanesi, oltre all’autrice, hanno discusso di temi delicati il magistrato Fabio Roia, la consigliera comunale di Milano, Diana De Marchi e l’avvocatessa Cinzia Calabrese. Si è parlato d’infanzia negata ai ragazzi e di un fenomeno, quello delle violenze, che non riguarderebbe tutto il settore sportivo, precisa la Simonetti, ma una buona parte di esso e che è del tutto sottostimato: non poche responsabilità avrebbero in questo le

federazioni nazionali e gli adulti in posizione di autorità che minimizzano il problema parlando di poche “mele marce” e che colpevolmente, per convenienza e interessi anche politici, non controllano e si voltano dall’altra parte. Le storie delle vittime restano “negate”, perché esse subiscono il rifiuto di essere ascoltate da chi dovrebbe vigilare e aiutarle: non sorprende, quindi, che la maggior parte di loro sia restia a denunciare.

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S M sodi di molestie e abusi commessi all’interno di numerose associazioni sportive italiane e statunitensi. Secondo lei esiste un modello di giustizia sportiva a livello mondiale a cui ispirarsi, affinché non si verifichino più determinati episodi? «Sono convinta che sia necessario sottrarre alla giustizia sportiva federale la competenza su questi illeciti. Serve un organismo

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Non è il caso degli studenti dell’Istituto “Giulio Natta” di Milano, che hanno seguito con vivo interesse le storie presentate ponendo all’autrice diverse domande: quante sono, secondo le sue fonti, le vittime di violenza sessuale che hanno proseguito il loro percorso in ambito sportivo e quante, invece, lo hanno abbandonato? «La maggioranza delle vittime di abusi e violenze - quando denunciano inevitabilmente sono costrette a lasciare lo sport. Dopo la denuncia, la vittima sarebbe costretta a incontrare il denunciato con il rischio di possibili ritorsioni. In caso contrario, cioè in assenza di denuncia, ci sono maggiori possibilità di proseguire nell’attività sportiva seppure con il dolore di un’esperienza incredibilmente traumatica. Quale supporto può essere fornito ad una vittima di violenza sessuale in ambito sportivo? A chi dovrebbe rivolgersi? «Insieme ad Alessandra Marzari, ho fondato l’associazione “ChangeTheGame” che sostiene e indirizza le vittime e le loro famiglie dando supporto legale. Ogni caso è diverso ma tutti passano attraverso la consapevolezza, quella di essere vittime che hanno diritto ad avere giustizia». Nel libro vengono citati molti epi-

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autonomo e libero che garantisca aiuto e riservatezza. È stato istituito in America e anche la Fifa va in questa direzione. Qual è il motivo che spinge molti allenatori e tecnici sportivi ad aggirare il regolamento e la legge, anziché sfruttare la loro posizione per dare il buon esempio? La mancanza di percorsi formativi obbligatori è una causa. L’impunità favorisce gli abusi, l’indifferenza e l’ostilità attorno alla vittima fanno il resto». Quali sistemi possono essere adottati per fare in modo che tali episodi di violenza non si verifichino più? «Bisogna creare una cultura nuova e una diversa coscienza. Parlare di abusi in termini corretti è il primo passo. La certezza della pena o della sanzione per i colpevoli il secondo. Prevedere nuove regole per l’ordinamento sportivo con l’obiettivo di contrastare il fenomeno in maniera decisa sarebbe necessario, ma al momento mi sembra difficile». Che cosa l’ha spinta a mettersi in gioco e ad affrontare un argomento così delicato e spesso minimizzato, come quello trattato nel suo libro-inchiesta? «Il desiderio di non essere assimilata a tutti coloro che si sono colpevolmente girati dall’ altra parte».

È possibile, secondo lei, effettuare una stima approssimativa di quante siano le reali vittime di violenza in questo campo? «Si è possibile ma non indispensabile. Anche un solo caso sarebbe troppo. Dobbiamo dare valore a ogni singola vita». Come mai le associazioni sportive spesso ignorano il problema, nonostante ne siano pienamente a conoscenza? «Per timore dello stigma, per non intaccare la facciata, per vendere un’immagine non veritiera. Il mondo dello sport ha luci e ombre come ogni realtà ma per allontanare le ombre bisogna fare luce. Ho pubblicato “Impunità di gregge” perché volevo che il fenomeno degli abusi, sommerso e sottostimato, venisse a galla, per veicolare un tema decisivo per lo sport». (Continua a pagina 29)

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Possiamo considerare questo volume come una vera e propria critica e/o denuncia nei confronti dell’attuale sistema giuridico sportivo italiano? «Una denuncia e un grido. Un passo per iniziare un cammino che sarà lungo e difficile». Senza dubbio “Impunità di gregge” è un libro che si distingue. In particolar modo, la sua originalità sta nel tema affrontato, interessante e pungente allo stesso modo, senza mai risultare banale. Daniela Simonetti ha proposto una tematica spesso ignorata, sensibilizzando e dando la possibilità a ciascuno di noi di approfondire la faccia meno nota dello sport.

Il Cavallo Rosa/ChangeTheGame è un’organizzazione di volontariato impegnata a proteggere atlete e atleti da violenze e abusi sessuali, emotivi e fisici. Nel loro sito sono disponibili risorse formative, codici di condotta e buone pratiche destinati ai coach e strumenti di aiuto per le famiglie, gli atleti e le organizzazioni sportive. È stata pensata perché insieme si può costruire un ambiente sportivo sano, felice e protetto per ogni atleta di qualsiasi età. https://www.changethegame.it/ 29


S M Muri da abbattere Bon e realizzato da Giusy Versace, parlamentare e atleta paralimpica, con “I muri del silenzio”. Nato sotto forma di mostra è stata allestita il 25 novembre 2019, presso la “Camera dei Deputati” a Roma. In occasione della “Giornata internazionale della Donna”, 8 marzo, Milano ha accolto l’installazione fotografica presso Palazzo Lombardia e il grattacielo Pirelli. Gli scatti sono uno strumento di denuncia verso ogni forma di omertà uditiva e visiva, che costringe a tacere chi subisce violenza. Sono i “muri” di

Per porre l’attenzione ed educare i popoli al rispetto della persona, ci sono alcune date. Una è il 25 novembre “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” in cui tanto si parla, tanto si dice, non abbastanza si fa. La ricorrenza fu istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in memoria delle sorelle Mirabal, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a Bogotà, in Colombia nel 1981. Tra le iniziative per favorire pensieri e azioni, c’è stato il progetto ideato dalla fotografa Mjriam

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S M chie e la bocca: «Penso sia un dovere di ognuna di noi ha raccontato Giusy Versace - aiutare le donne che hanno subito violenza e continuare a parlare di quanta strada ci sia ancora da fare per una piena inclusione». Molti a sostegno dell’iniziativa hanno messo la faccia. Tra questi: Alberto Matano, Maria Grazia Cucinotta, Lorella Cuccarini e tanti altri…

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chi non vede o di chi fa finta di non vedere, i silenzi di chi non parla, perché ha paura, perché si vergogna. I ritratti sono diventati un libro in edizione limitata, che ha avviato una raccolta fondi da destinare a donne che hanno subito violenza, per aiutarle a ricostruirsi una nuova vita. Le 21 fotografie esposte, ritraggono in primo piano alcuni dei settantacinque volti protagonisti della campagna. Persone note e meno note nei mondi dello spettacolo, della politica, donne vittime di violenza sono state fermati nel gesto di coprirsi gli occhi, le orecNell’iconografia giapponese le tre scimmiette: “Mizaru, che non vede il male”, Kikazaru, che non sente il male” e “Iwazaru, che non parla del male”, sono raffigurate in una cornice di legno nel “Santuario di Toshogu” a Nikko. Nella tradizione buddista, questo detto serviva come una ammonizione: «non covate

pensieri cattivi!» Accanto alle tre figure, a volte, ne compare una quarta, in linea con le parole di Confucio “Shizaru, ovvero, non agisco (il Male)”. 31


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Chiesa “prossima” ai giovani Ludovico Albertini

aiutare da un adulto competente, che può essere un rappresentante delle Forze dell’ordine, un docente, un genitore, ma anche professionisti che operano all’interno delle scuole o in strutture sanitarie e sociali. Neppure la Chiesa è rimasta inerte e ha deciso d’introdurre il referente diocesano e il responsabile del centro di ascolto per la tutela dei minori. Sulle nuove figure e sulla lotta agli abusi, cercando di saperne di più, abbiamo intervistato Mons. Lorenzo Ghizzoni, Vescovo della Arcidiocesi di Ravenna - Cervia, nonché, referente Cei della Pontificia commissione per la tutela dei minori. Può spiegare i nuovi ruoli (referente diocesano e responsabile del centro di ascolto per la tutela dei minori) che la Chiesa ha pensato per rispondere alle

I «crimini di abuso sessuale offendono Nostro Signore, causano danni fisici, psicologici e spirituali alle vittime e ledono la comunità dei fedeli» mette per iscritto il Papa nella Lettera Apostolica “Vos estis lux mundi”, ribadendo la particolare responsabilità che hanno i successori degli apostoli nel prevenire questi reati. Spesso gli episodi avvengono all’interno di ambienti circoscritti: in famiglia, a scuola, all’oratorio, nei centri di aggregazione sportiva eccetera. In apparenza sembrerebbero luoghi sicuri, ma a volte, non è così… Con l’arrivo del Covid-19 gli abusi avvengono maggiormente via Internet e Social Network. Una delle azioni più importanti è parlarne e denunciare l’accaduto, facendosi

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S M con promesse, soldi, fumo ecc. in cambio di foto, video, o prestazioni sessuali. Per questo abbiamo deciso con tutti i Vescovi italiani, dopo una lunga consultazione, di darci una serie di Linee Guida (giugno 2019) e d’impegnarci nella prevenzione, perché almeno negli ambienti sotto la nostra responsabilità, non accadano questi reati e peccati gravissimi. Ci siamo anche impegnati a denunciare o far denunciare i presunti abusatori, chiunque essi siano e qualunque carica abbiano, perché il primo valore da salvare non è la nostra immagine, ma la salute e l’integrità fisica e spirituale dei nostri ragazzi e adolescenti. Perciò abbiamo chiesto che in tutte le diocesi di Italia i vescovi nominino un Referente che si occupi di diffondere in tutti gli ambienti ecclesiastici informazioni sulla gravità del fenomeno, aiuti a creare una cultura e una coscienza nuova (“al primo posto i ragazzi”, da rispettare nel corpo e nell’anima), a far applicare le indicazioni

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esigenze del territorio? «Anche in Italia la Chiesa sta reagendo alle notizie terribili e crescenti di reati contro i minori: abusi, maltrattamenti, adescamenti… in questi ultimi tempi segnati dal Covid, soprattutto via Internet. A volte si tratta di abusi di potere e di autorità (dominazione sull’altro che diventa totalmente dipendente), a volte di abusi psicologici, o spirituali (nell’ambiente religioso, quando un leader spirituale o carismatico confonde la coscienza dei discepoli e li induce a fare o a farsi del male), a volte sessuali. Le ferite che questi abusi lasciano sono molto profonde, toccano la psiche e lo spirito del minore o della persona vulnerabile (debole, fragile, facilmente manipolabile). La grandissima maggioranza degli abusi sessuali avvengono via Web o nell’ambito della parentela, con persone spesso conosciute. A volte anche nell’ambito sportivo o dove i ragazzi si incontrano, ci sono personaggi che tentano di adescarli

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religiosi, suore, catechisti, educatori di giovani, allenatori ecc. perché informati e formati siano i primi a difendere i ragazzi e gli adolescenti dalla rete dei pedofili, che sono molto aggressivi, anche se subdoli e ben mascherati, perché sanno sedurre e adescare, convincere e comprare e poi far sentire in colpa i ragazzi come se fossero stati loro i responsabili di tutto. Cerchiamo la collaborazione con gli assistenti sociali, con le Ausl e gli operatori sanitari, con le associazioni che si occupano di minori e con la scuola. Lì pensiamo sia necessario aiutare i ragazzi a difendersi dai “lupi” che cercano vittime sempre più giovani, attraverso Internet, ma anche a parlare con le figure di adulti, di cui si fidano, delle situazioni di abusi che ci possono essere nel loro ambito familiare, sportivo o nei luoghi di diver-

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per creare ambienti sicuri e a individuare educatori e volontari corretti e maturi per le nostre attività pastorali educative. Praticamente tutte le oltre 200 diocesi italiane si sono date questa figura. Abbiamo anche chiesto che si crei un’altra figura che è il Responsabile del centro di ascolto per minori, il quale raccolga informazioni, segnalazioni o denunce per i fatti avvenuti negli ambienti ecclesiali e che riguardino personale religioso, con un indirizzo mail e un numero di cellulare pubblici. Qui si fa un primo ascolto, poi se ci sono fatti gravi si avvia la procedura per la denuncia alla magistratura». Quanto è importante la preparazione delle persone che fanno parte di una Rete educativaformativa? «L’impegno che abbiamo iniziato è quello di formare a tutti i livelli i nostri operatori: preti,

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seri e credibili, va sempre fatta anche la denuncia, perché gli abusatori siano messi nella impossibilità di ripetere i loro reati. Poi, sarà necessario l’aiuto, l’accompagnamento delle vittime, dei familiari, delle comunità colpite da questi reati che sconvolgono tutti». I giovani rappresentano il futuro. Che cosa possono fare per essere d’aiuto a se stessi, alla Chiesa e al prossimo? «I ragazzi e gli adolescenti stessi, possono diventare veramente “compagni” di coloro che sono più deboli o più esposti a queste situazioni in famiglia o negli ambienti di ritrovo. La solidarietà di gruppo può aiutare a segnalare e denunciare. Ma soprattutto sono i genitori e gli educatori, gli insegnanti e tutti gli adulti che stanno in mezzo ai giovanissimi, che sono chiamati a dare loro una formazione seria sullo sviluppo affettivo e

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timento». All’interno della Chiesa quello degli abusi è un fenomeno con dati oscillanti. Quali realtà sono emerse dalle ultime informazioni in Suo possesso? «Abbiamo pubblicato, come Cei, un utile sussidio formativo: “Le ferite degli abusi” (https://tutelaminori.chiesacattolica.it), adatto agli insegnanti e agli educatori per aiutarli a entrare in questo fenomeno drammatico e delicatissimo, perché sono soprattutto coloro che vivono in mezzo ai ragazzi a poterli aiutare nella difesa o a denunciare fatti ancora in corso, accompagnandoli poi con un aiuto personalizzato, soprattutto a livello psicologico. Nello stesso sito si può scaricare anche un altro testo pensato per creare ambienti sicuri: “Buone prassi di prevenzione e tutela in parrocchia”. In ogni caso, di fronte a eposodi

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S M scere, costruire, creare relazioni profonde e durature, di amicizia e di amore». Cooperare tra i vari ambiti educativi può essere la chiave giusta per aprire le coscienze di tutti, affinché nasca una vera comunione d’intenti per la crescita spirituale, valoriale e comportamentale dei ragazzi. Ciascuno di noi è chiamato a farsi veramente prossimo dell’altro, vegliando in particolar modo sui giovani e accorgendosi dei loro silenzi. Tale aiuto dev’essere gratuito e spontaneo, come accade nella parabola del buon samaritano. Quindi la vera domanda è: come posso io essere prossimo agli altri?

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sessuale, sui valori della corporeità e della relazione, sull’amicizia autentica e disinteressata, sull’innamoramento e l’amore maturo, che è il contesto giusto per vivere ed esprimere anche la sessualità. C’è un’attesa di valori buoni e alti che possano motivare la vita e lo stare insieme dei giovani, alla quale famiglia, scuola e società dovrebbero rispondere, come sta tentando di fare anche la Chiesa nelle sue comunità parrocchiali, nelle associazioni, nei movimenti. Proprio perché i giovani stanno costruendo la loro identità e senza valori forti non avrebbero la capacità di cre-

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Mons. Lorenzo Ghizzoni, classe 1955, è Vescovo dell’Arcidiocesi di Ravenna - Cervia dal 17 novembre 2012.Dal 1979 al 1984 studia presso la Pontificia Università Gregoriana a Roma, conseguendo la licenza in Diritto canonico e in Psicologia. Nello stesso anno riceve la cattedra in Diritto canonico nel Seminario diocesano di Reggio Emilia - Guastalla. Tra il 1994 e il 2006 ricopre il ruolo di Rettore del seminario vescovile di Reggio Emilia. Il 27 maggio del 2010 viene eletto membro del Consiglio per gli affari economici della Conferenza Episcopale Italiana (Cei). A settembre del 2017 viene nominato referente della Cei nella Pontificia commissione per

la tutela dei minori. Viene nominato, il 16 gennaio 2019, primo presidente del Servizio nazionale per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili nella Chiesa, incoraggiando le vittime a denunciare sempre gli abusi ricevuti.

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Rinascita

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Nella Notte Santa Papa Francesco ha presieduto la solenne celebrazione con una limitata partecipazione di fedeli. La Veglia si è aperta con la benedizione del fuoco e la graduale illuminazione della Basilica di San Pietro. «Oltre tutte le sconfitte, il male e la violenza, oltre ogni sofferenza e oltre la morte - ha detto il Pontefice - il Risorto vive e conduce la storia». La Messa nella Domenica di Pasqua è iniziata con il rito del Resurrexit e l’aspersione. A concelebrare sull’altare insieme al Pontefice 24 cardinali e quattro vescovi. Francesco ha incensato l’Icona del Salvatore davanti a due diaconi, mentre un altro ha cantato l’Annunzio pasquale. A mezzogiorno la benedizione “Urbi et Orbi”: al termine della quale il Santo Padre ha sottolineato come: «anche que-

st’anno, in diversi luoghi, molti cristiani hanno celebrato la Pasqua con forti limitazioni e, talvolta, senza nemmeno poter accedere alle celebrazioni liturgiche. Preghiamo che tali limitazioni, come ogni limitazione alla libertà di culto e di religione nel mondo, possano essere rimosse e a ciascuno sia consentito di pregare e lodare Dio liberamente (…) Nell’abbracciare la Croce Gesù ha dato senso alle nostre sofferenze e ora preghiamo che gli effetti benefici di questa guarigione si espandano in tutto il mondo. Buona, Santa e serena Pasqua!»

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Foibe, tragedia a lungo taciuta Nord della penisola italiana. I partigiani jugoslavi, approfittarono della situazione complicata, per rivendicare violentemente il loro dominio sui territori dell’Istria e della Dalmazia, annessi nel 1941: più di 300.000 italiani tra uomini, donne, bambini e anziani dovettero fuggire da Trieste, Gorizia e dalla penisola istriana; dalle 6.000 alle 15.000 furono, invece, le vittime torturate e uccise brutalmente tramite fucilazione o spinte, ancora in vita, all’interno di ripide cavità carsiche

Alessia Pititto

Riconosciuto ufficialmente dalla legge 30 marzo 2004 n. 92, come “Giorno del Ricordo”, il 10 Febbraio è dedicato alla commemorazione delle vittime massacrate nelle Foibe, all’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e alla più complessa vicenda del confine orientale (1943 - 1947). Era l’8 settembre 1943, l’Italia aveva appena firmato l’armistizio con gli angloamericani, mentre i tedeschi occupavano rapidamente vari territori al

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Aula dei Gruppi parlamentari Montecitorio Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella con Giuseppe de Vergottini, Presidente di FederEsuli, in occasione della Celebrazione del Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano-Dalmata 40


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in attesa di morire soffocate dal peso dei corpi che si sovrapponevano, Tramite il Trattato di Parigi, la Jugoslavia riottenne il dominio sulle provincie di Fiume, Pola e Zara; l’Istria passò solo nel 1954, quando Trieste divenne definitivamente italiana. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata, ha ricordato che: «(...) Tanto sangue innocente bagnò quelle terre. L’orrore delle foibe colpisce le nostre coscienze. Il dolore, che provocò e accompagnò l’esodo delle comunità italiane giuliano-dalmate e istriane, tardò ad essere fatto proprio dalla coscienza della Repubblica. Prezioso è stato il contributo delle associazioni degli esuli per riportare alla luce vicende storiche oscurate o dimenticate, e contribuire così a quella ricostruzione della memoria che resta condizione per affermare pienamente i valori di libertà, democrazia, pace. Le sofferenze patite non possono essere

Aula dei Gruppi parlamentari Montecitorio

Il Presidente Sergio Mattarella con Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato della Repubblica Roberto Fico, Presidente della Camera dei Deputati

negate. Il futuro è affidato alla capacità di evitare che il dolore si trasformi in risentimento e questo in odio, tale da impedire alle nuove generazioni di ricostruire una convivenza fatta di rispetto reciproco e di collaborazione. (...) I crimini contro l’umanità non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista». Il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza e il presidente del FriuliVenezia Giulia, Massimiliano Fedriga son tornati a chiedere al Capo dello Stato di ritirare il cavalierato della Repubblica al dittatore jugoslavo Josip Broz, detto Tito. 41


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25 aprile - 2 giugno 20

Nel Palazzo del Quirinale il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha celebrato il 76° anniversario della Liberazione. La cerimonia, condotta dall’attrice Greta Scarano, è stata aperta dall’esecuzione dell’Inno d’Italia da parte dei Maestri Daniele di Bonaventura e Marcello Peghin, che poi hanno suonato i brani musicali Reminiscenze” e “Bella ciao”. A seguire la proiezione di un filmato realizzato da Rai Cultura-Rai Storia, “La donna nella Resistenza” (1965), di Li-

liana Cavani. Il professore di storia contemporanea Emilio Gentile ha portato una riflessione sul significato del 25 aprile. La Scarano ha letto la poesia “Aprile 1945” di Dino Buzzati, la testimonianza di Virginia Macerelli, unica sopravvissuta all’eccidio, nel novembre 1943, di Pietransieri in Abruzzo e un brano di Enzo Petrini tratto da i “Quaderni del ribelle”. Il Capo dello Stato, per il 75° anniversario della Repubblica italiana, ha deposto una corona d’alloro al Sacello del Milite Ignoto presso l’Altare (Continua a pagina 43)

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021 … e l’Italia chiamò

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tadini duramente provati da una stagione di guerre e dalla dittatura. Un patto di cittadinanza sancito dal suffragio universale che, per la prima volta, includeva in maniera completa il voto femminile. Gli italiani e le italiane, insieme, per una nuova Italia. Da allora il processo di crescita e consolidamento della democrazia non si è mai interrotto e ha superato altre terribili prove, come la sfida del terrorismo».

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della Patria, accompagnato da Autorità militari e civili. Al termine, le Frecce Tricolori hanno sorvolato Piazza Venezia. Nel messaggio alle Forze Armate Mattarella, evidenzia come: «Settantacinque anni fa, riconquistata la libertà, il popolo italiano poté, con il referendum del 2 giugno 1946, scegliere il proprio destino. Il voto per la Repubblica consentì all’Italia di intraprendere il corso della democrazia, del progresso sociale, dello sviluppo. Un passaggio storico tanto atteso e fondamentale per tutti i cit-

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Ritorno al Cinema

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La statuetta italiana

Nicole Alice Chavez Denisse Aloise Rosita Nonostante le chiusure delle sale cinematografiche e l’impossibilità per molto tempo di realizzare nuovi film, l’11 maggio 2021 si è svolta la 66esima edizione del “David di Donatello”, (ideata da Italo Gemini nel 1956). Tutti presenti i candidati delle diverse categorie, alcuni collegati in streaming. La cerimonia “è andata in scena” dal prestigioso Teatro dell’Opera di Roma e dagli studi televisivi “Fabrizio Frizzi” ed è stata trasmessa in diretta su Rai 1 con la conduzione di Carlo Conti. La Giuria dell’Accademia del Cinema Italiano, nonostante tutto, ha preparato una serata che, seppur fortemente condizionata dalla pandemia, ha visto l’assegnazione di 22 riconoscimenti ai film usciti in Italia dal 1° gennaio 2020 al 28 febbraio 2021, nelle sale cinematografiche, oltre ai David Speciali. Eccezionalmente per quest’anno sono ritenuti eleggibili anche i film italiani distribuiti con modalità alternative alla sala. Le pellicole con il numero maggiore di candidature sono state: “Volevo nascondermi” quindici nomination, “Hammamet” con

quattordici, “Favolacce” con tredici, “Miss Marx” con undici e “Le sorelle Macaluso” con sei. Come miglior film ha trionfato “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti, che racconta in maniera vorticosa la vita del pittore Antonio Ligabue, ben 7 David (su 15 nomination) tra cui: miglior film, miglior regia e miglior attore protagonista. Nella categoria “migliore attrice protagonista” sono state candidate: Vittoria Puccini, Paola Cortellesi, Micaela Ramazzotti, Sophia Loren e Alba Rohrwacher. A conquistare la prestigiosa statuetta, la settima, è la bellissima Sophia Loren. Premio attribuitole per il ruolo di Madame Rosa nel film “La vita davanti a sé”, diretto dal figlio Edoardo Ponti. Nella cinquina degli attori protagonisti, tra Kim Rossi Stuart, Pier(Continua a pagina 47)

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S M Il Presidente Sergio Mattarella, prima della serata dedicata al cinema italiano, ha accolto alcuni artisti presso il Palazzo del Quirinale. La cerimonia, condotta da Geppi Cucciari, è stata aperta dalla proiezione di un video a cura di Rai Cultura, cui sono seguiti gli interventi di Piera Detassis, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano - Premi David di Donatello, e del Ministro della Cultura, Dario Franceschini. Il Capo dello Stato nel proprio discorso ha ricordato che: «I David di oggi guardano al futuro. L’arte, la creatività, la cultura non possono fare a meno di respirare la volontà di costruire il domani. Il pubblico si riconosce nelle storie del cinema. E vuole continuare a sognare, a pensare, a emozionarsi, ad appassionarsi».

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francesco Favino, Renato Pozzetto, Valerio Mastandrea ed Elio Germano si è imposto quest’ultimo interpretando la figura di Antonio Ligabue. Il suo regista Giorgio Diritti ha superato i colleghi Fabio e Damiano D’Innocenzo, (“Favolacce”); Gianni Amelio (“Hammamet”), Emma Dante (“Le sorelle Macaluso”) e Susanna Nicchiarelli (“Miss Marx”). Nella categoria riservata ai giovani esordienti dietro la macchina da presa fra Luca Medici, (“Tolo Tolo”); Mauro Mancini (“Non Odiare”); Ginevra Elkann (“Magari”); Alice Filippi (“Sul più bello”), vince Pietro Castellitto per “I predatori”, candidato anche per la sceneggiatura originale. Durante la serata sono stati assegnati anche: David alla carriera a Sandra Milo; David speciale a Diego Abatantuono e Monica Bellucci; David dello spettatore a Checco Zalone, con il film campione d’incassi “Tolo Tolo”. 47


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Il David Speciale a Monica Bellucci riconosce la sua bellezza unica, ma soprattutto la capacità di giocare d’azzardo e provocazione, come nel caso di “Irréversible”, alternando registi riconosciuti a giovani debuttanti o innovatori e scegliendo quasi sempre lo slancio d’autore, dai Wachowski a Virzì, da Sam Mendes a Maria Sole Tognazzi, da Terry Gilliam a Kusturica, da Claude Lelouch a Kaouther Ben Hania. Bellucci incarna la rara capacità di essere icona globale, senza perdere di vista il lavoro creativo e la comunità artistica. Carismatica, cosmopolita e insieme profondamente italiana». Nata a Città di Castello in provin-

Charme da set Cursus honorum e fascino, entrambi invidiabili. È racchiuso in queste tre parole il mondo di celluloide dell’attrice Monica Bellucci gratificata per una: «una carriera stellare e tuttavia saggia, che parte da Città di Castello e dalla nostra commedia e si lascia valorizzare da grandi autori come Francis Ford Coppola e Giuseppe Tornatore diventando subito internazionale, - dichiara Piera Detassis, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano nella motivazione - con in più la devozione del cinema francese dalla sua parte.

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S M in lingua inglese. Quattro anni dopo esordisce nel cinema francese con un ruolo da protagonista: “L’appartement” di Gilles Mimouni. Ma è dal 2000, che con il film “Malèna” di Giuseppe Tornatore, ottiene il successo definitivo nel cinema e una crescente popolarità, diventando un’icona di seduzione e bellezza nel mondo. Seguiranno poi: “Ricordati di me” (2003, di Muccino); “La passione di Cristo” (2004, di Gibson); “Sanguepazzo” (2008, Giordana); “Manuale d’amore 3” (2011, Veronesi); “Un été brûlant” (2011); “Rhino season” (2012); “Des gens qui s’embrassent” (Benvenuti a SaintTropez, 2013, Thompson); “Le meraviglie” (2014); “Spectre” (2015); “VilleMarie” (2015); “On the milky road” (2016, Nastro d’Argento europeo 2017); “Les plus belles années d’une vie” (2019). Nello stesso anno ha debuttato a teatro con il recital “Lettres et mémoires” su testi inediti di Maria Callas, portato in scena l’anno successivo al Festival dei due mondi di Spoleto. Per il prossimo Natale è in uscita con il film ”La befana vien di notte 2” diretta da Paola Randi.

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cia di Perugia il 30 settembre 1964, s’iscrive all’Università, ma non la completa, perché attratta dal mondo della moda. Nel 1988 approda a Milano, dove sfila sulle più importanti passerelle, a cui seguiranno quelle di Parigi e New York. Richard Avedon nel Calendario Pirelli, la rende famosa nel mondo. Inizia a recitare nel 1990 con la miniserie televisiva “Vita coi figli” di Dino Risi, al fianco di Giancarlo Giannini, Corinne Cléry e il futuro compagno Nicola Farron. Esordisce al cinema un anno dopo con un ruolo da protagonista: “La riffa” di Francesco Laudadio, insieme a Massimo Ghini e Giulio Scarpati. La sua prima esperienza internazionale è in “Dracula di Bram Stoker” (1992), diretto da Francis Ford Coppola e interpretato 49


S M Fiducia ripagata Denisse Aloise Rosita Mazzantini (scrittrice) e Sergio Castellitto (attore): «I premi fanno piacere le sconfitte fanno crescere, un bacio a mamma e un abbraccio a papà». Il film racconta la storia di due famiglie agli antipodi, i Pavone e i Vismara: borghese e intellettuale la prima, proletaria e fascista la seconda. Nuclei apparentemente opposti che condividono la stessa giungla, Roma. Un banale incidente farà carezzare quei due poli. La follia di un ragazzo di 25 anni li farà collidere, scoprendo le carte per rivelare che tutti hanno un segreto, nessuno è ciò che sembra e che siamo tutti dei predatori.

Dall’edizione del 1982, viene assegnato annualmente nell’ambito dei David di Donatello il premio cinematografico come miglior regista esordiente. Quest’anno i candidati erano: Luca Medici, “Tolo Tolo”; Mauro Mancini, “Non Odiare”; Ginevra Elkann “Magari”; Alice Filippi “Sul più bello” e il vincitore Pietro Castellitto (29 anni) “I predatori”. Il film-maker ha condiviso con ciascuno degli attori il premio, perché sono coloro che determinano l’originalità di un’opera e ringraziato i produttori Rai Cinema, Fandango e 01 Distribution, per aver creduto nel film. Un pensiero è andato anche ai genitori Margaret

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S M Bravi figli gnata dalla mamma Francesca, ha ritirato il premio vinto dal padre, prematuramente scomparso dopo una lunga malattia, per la sceneggiatura del film “Figli”, dicendo: «Complimenti a mio padre che ha vinto il premio», poi ha ringraziato le tante persone che le sono state vicine: «Dedico il premio al mio fratellino Nico, che mi fa ammazzare dalle risate e a mia mamma, che non si arrende mai. Questo film parla di famiglie sole e bambini che nascono, ringrazio le ostetriche e i medici che non fanno volare via le persone. Bravo papà». Mattia Torre, (Roma, 10 giugno 1972 – Roma, 19 luglio 2019) è stato uno sceneggiatore, commediografo e regista. Ha raggiunto la notorietà per aver collaborato alla sceneggiatura, insieme a Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico, della serie televisiva “Boris”, prodotta dal 2007 al 2010.

Denisse Aloise Rosita La serata dei David 2021, sarà ricordata per candidature, premiazioni e “statuette” assegnate, ma a vincere più di tutti, una bambina: Emma Torre, figlia di Mattia, capace di commuovere e far riflettere su temi importanti. La platea degli studi “Fabrizio Frizzi” di Nomentano 5 non ha potuto trattenere le lacrime, specialmente, l’amico paterno Valerio Mastandrea, che ha partecipato alla standing ovation. Emma, accompa-

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S M Una vita di premi Alessia Pititto La bellissima Sophia Loren, classe 1934, ha conquistato, per la settima volta nel corso della sua carriera, il premio David di Donatello come miglior attrice protagonista, attribuitole per il ruolo di Madame Rosa nel film “La vita davanti a sé”, diretto dal figlio Edoardo Ponti. La celebre diva è apparsa visibilmente emozionata e sorpresa. Nel suo discorso di ringraziamento, infatti, non sono mancate parole toccanti, rivolte a tutti coloro che

hanno contribuito alla vittoria come, per esempio, il regista e il giovanissimo coprotagonista Ibrahima Gueye, classe 2008: «È difficile credere che la prima volta che ho ricevuto un David sia stato più di 60 anni fa, ma stasera, sembra di nuovo la prima volta. Vi ringrazio tanto per questo applauso meraviglioso, ma l’emozione è la stessa e anche di più, e la gioia è la stessa. Condivido questo premio con tutto il cast e specialmente con il protagonista, un bambino meraviglioso, che si chiama Ibrahima, un giovane attore di grandissimo talento che in questo film è davvero magico. E infine ringrazio il mio regista, Edoardo, il suo cuore e la sua sensibilità hanno dato vita e anima a questo film e al mio personaggio. Per questo anche a mio figlio sono (Continua a pagina 53)

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due David speciali 1999 - 2014 e una targa nel 1984 per coloro che si erano aggiudicati il maggior numero di statuette. Ad essi si aggiungono gli Oscar dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, nel 1962 con “La ciociara” e nel 1965 con “Matrimonio all’italiana”, in entrambi diretta da Vittorio De Sica, nonché il Premio onorario del 1991 «per una carriera ricca di film memorabili che hanno dato lustro alla nostra forma d’arte».

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veramente molto grata, perché è un uomo meraviglioso e ha fatto un film veramente molto bello. Forse sarà il mio ultimo film, questo non lo so, ma dopo tanti film ho ancora voglia di farne uno sempre più bello, con una storia meravigliosa, perché io senza il cinema non posso vivere assolutamente!». Durante la sua carriera Sophia Loren (pseudonimo di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone), ha conquistato anche 53


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Colta e altruista

Anastasia Arosio Il film “Miss Marx” è ambientato nell’Inghilterra del XIX secolo, scritto e diretto dalla regista Susanna Nicchiarelli, racconta la storia di Eleanor Marx. Donna intelligente, determinata e libera, si è impegnata su vari fronti, attivista per i diritti dei bambini, inoltre, è una delle prime donne ad avvicinare i temi del femminismo e del socialismo. Eleanor è stata una ragazza piena di energia, che ha portato avanti con passione il lavoro di suo padre Karl Marx. Nonostante questo, nella sua vita privata era una donna molto vulnerabile, infatti, l’incontro e la lunga relazione con il suo compagno di lotte Edward Aveling, il commediografo che condizionerà la sua vita. Il film, già presentato in concorso alla 77ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia; al Premio David di Donatello, con undici candidature, ne conquista tre.

La regista, sceneggiatrice e attrice Susanna Nicchiarelli, (Roma, 6 maggio 1975), si laurea in filosofia a “La Sapienza” e prosegue gli studi alla “Scuola Normale Superiore” di Pisa. Successivamente acquisisce un diploma di regia al Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. Inizia la sua produzione con i cortometraggi: “La Madonna nel frigorifero” (2002), “Il linguaggio dell’amore (2004), “Giovanna Z. Una storia d’amore” (2005). Inoltre, girò diversi documentari tra cui: “I diari della Sacher” (2001), “Il terzo occhio” (2003) e “L’ultima sentinella” (2009) Susanna nelle sue opere è in grado di restituire con grande sensibilità e in maniera acuta gli scenari socioculturali, nonostante rappresenti sempre dei personaggi complessi e dai profili psicologici molto delineati. Dopo il suo primo lungometraggio, “Cosmonauta” (2009) ne seguiranno altri come “Nico 1998” (2017), miglior film (Festival di Venezia sezione Orizzonti), fino a “Miss Marx” (2020). 54


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Jenny Julia Eleanor Marx, chiamata Eleanor Aveling e in famiglia come “Tussy” nasce il 16 gennaio 1855 a Soho, Londra. Figlia di Karl Marx (Treviri, 5 maggio 1818 Londra, 14 marzo 1883), filosofo, economista, storico, sociologo), fu lei stessa una militante socialista, lavorò come redattrice letteraria e difese i diritti delle donne. Da giovane, instaurò un grande rapporto con il padre che le leggeva: Miguel de Cervantes, i Fratelli Grimm e Shakespeare. Imparò così l’inglese e il tedesco. I racconti di quegli autori ispirarono in Eleanor un interesse nei confronti della letteratura e intravide una carriera teatrale. In seguito, si dedicò alla pubblicazione degli scritti paterni, dimostrando un interesse nei confronti della vita politica (durante la sua infanzia ebbe modo di inviare delle lettere a eminenti figure pubbliche del tempo). Nel 1860 ripresero le difficoltà: alla signora Marx fu diagnosticato il vaiolo e a Karl Marx si riacutizzarono i problemi al fegato; Elea-

nor prese la pertosse prima e l’ittero poi. Nel corso della prima adolescenza l’amore per il teatro shakespeariano la invogliò alla creazione del “Dogberry Club”, in cui lei, l’amica Clara Collet e le loro famiglie recitavano Shakespeare, osservate, da Marx padre. A venticinque anni s’interessò sempre più al teatro e cominciò ad attivarsi come propagandista; credette alla possibilità che la creazione artistica potesse divenire uno strumento favorevole al femminismo socialista. Nel 1898 Eleanor venne a conoscenza che Edward Aveling (con lei, fu uno dei fondatori della “Socialist League”, 1884), aveva sposato segretamente una giovane attrice con cui era rimasto impegnato sentimentalmente. Lei che amava l’uomo, ne rimase profondamente scossa e depressa. Il 31 marzo, mandò la cameriera in farmacia con una nota a firma “Dr. Aveling”; si fece prescrivere del veleno, e dopo essersi chiusa in camera lo prese, morendo lo stesso giorno. 55


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Da favola a realtà

Nicole Alice Chavez Denisse Aloise Rosita

il figlio maggiore, costruisce una bomba artigianale per uccidere i genitori, che rimangono indifferenti anche dopo averlo scoperto. Amelio Guerrini vive col figlio timido Geremia e la loro vicenda è l’unica a non concludersi tragicamente. Si trasferiscono dal fratello di Amelio, poiché erano preoccupati per l’episodio della bomba. L’insegnante dei ragazzi verrà poi licenziato per aver dato delle nozione su come costruire l’ordigno. Prima di lasciare l’istituto, invita i suoi alunni a preparare un veleno da assumere per suicidarsi. Il film si conclude con le scuse del narratore per aver raccontato una storia triste e tragica e con Geremia

Tor Bella Monaca, Berlino: andata e ritorno. I D’Innocenzo firmano la regia del film: “Favolacce” premiato al “Festival di Berlino 2020”, con l’Orso d’argento per la migliore sceneggiatura; vincono 5 “Nastri d’Argento 2020”. Ha avuto una candidatura agli “European Film Awards” e tredici ai “Premi David di Donatello 2021” ottenendone uno. La pellicola riporta una storia vera, che vera non è, o forse sì, raccontata da una voce narrante. Siamo alla periferia di Roma, dove vivono delle famiglie composte da persone insoddisfatte della propria vita. Vilma Tommasi è una ragazza incinta, che cerca di sedurre il giovane vicino chiedendogli denaro in cambio di prestazioni sessuali. Viola e Pietro Rosa crescono la figlia con scarso amore, frequentano la famiglia Placido, ma, allo stesso tempo, li invidiano per il successo scolastico dei loro figli e li disprezzano, poiché socialmente appartengono ad una “classe inferiore”. Bruno Placido è il marito di Dalila e padre di Dennis e Alessia, i quali non sono per nulla felici, perché subiscono i comportamenti rabbiosi e indifferenti degli adulti. Dennis,

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S M I gemelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, sono nati il 14 luglio 1988, nella frazione di Tor Bella Monaca, ma sono cresciuti tra Anzio, Nettuno e Lavinio. Appassionati di pittura, fotografia e poesia sin da piccoli, entrano nel mondo della celluloide senza una formazione cinematografica. Realizzano nel 2018 il primo lungometraggio “La terra dell’abbastanza” e lo presentano nella sezione “Panorama” della 68ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino. Il film ottiene numerosi riconoscimenti internazionali e nazionali (“Nastri d’argento 2018”). Collaborano alla sceneggiatura del film di Matteo Garrone “Dogman”. I poliedrici gemelli, nel 2019, pubblicano la raccolta di poesie “Mia Madre è un’arma” (La nave di Teseo) e l’anno dopo il libro fotografico “Farmacia Notturna” (Contrasto)”.

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che viene a sapere della morte di Vilma e del suo ragazzo, dopo che hanno affogato la figlia. Damiano e Fabio D’Innocenzo, sulla loro prima creazione affermano: «Il nostro film è una favola dark tra Italo Calvino e Gianni Rodari. È un film che dovevamo fare il prima possibile perché in qualche modo parla della nostra infanzia ed era importante per noi poter risalire, prima di dimenticare tutto, a come noi adolescenti vedevamo il mondo» ed ancora «“Favolacce” dice che non è il luogo a determinare chi sono le persone, ma è il contrario: e sono le persone che determinano il luogo. “Favolacce” è stato una risposta a chi ha ignorato “La terra dell’abbastanza” (2018), perché ambientato nella peri feria. Dopo averlo visto, è difficile uscire dalla sala con la coscienza a posto; parla degli insospettabili, parla della provincia, parla di tutti quanti noi. Noi facciamo i film per raccontarci. Ma non per raccontare la nostra vita. Certo, anche quello fa parte del gioco; ma prima, molto prima, deve venire l’arte, poi l’artista». 57


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Isola che non c’è

Nicole Alice Chavez Viola Sfondrini

Maurizio Orlandini, Giorgio porta al largo il materiale edile e in pochi mesi costruisce una piattaforma di ferro e cemento, poche miglia al largo delle acque internazionali. Inizia così, la storia dell’Isola delle Rose, con la lingua ufficiale: l’esperanto, francobolli, passaporti. Arriva l’estate, i giovani hanno voglia di libertà e trasgressione, il tempo passa tra balli e divertimento, che rendono famosa l’isola nel mondo. Finita la stagione, i cinque abitanti si ritrovano soli, nessuno però vuole rinunciare al sogno di creare una nazione libera: così inviano richiesta ufficiale di riconoscimento alle Nazioni Unite, che sorprendentemente li prende in considerazione, attirando sulla piccola piattaforma l’attenzione del

Acciaio e libertà individuale. L’utopia è “tornata a galla”, grazie alla pellicola “L’incredibile storia de L’ isola delle rose” diretta da Sydney Sibilia e prodotta da Matteo Rovere. Ai “Premi David di Donatello 2021” ha avuto 11 nomination, vincendone 3. Nel film Giorgio Rosa (Elio Germano) è ingegnere nella Bologna del 1968. Il progettista, spinto dal litigio con l’ex ragazza Gabriella (Matilda De Angelis) ha un desiderio: costruire uno stato tutto suo, un luogo dove regole e burocrazia non esistono, un posto dove essere totalmente liberi da un’Italia che soffoca i giovani nelle rigide regole della morale anni Sessanta. Insieme al suo amico e collega universitario

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S M gnere e docente Giorgio Rosa, nato a Bologna nel maggio del 1925. Capace di costruirsi un’automobile, che guidava con naturalezza per le strade della città, senza targa, né un libretto di circolazione. Rosa ha l’idea di fondare un nuovo stato, per poter vivere liberi, senza regole e dove non sentirsi esclusi. Il 1º maggio del 1968 si autoproclamò Stato indipendente, una micronazione, ma formalmente, non fu mai riconosciuta da alcun Paese del mondo. La Repubblica Italiana, dal 26 giugno 1968, dispose un pattugliamento che divenne ben presto un blocco navale con motovedette della Guardia di Finanza e della Capitaneria di porto intorno alla piattaforma. L’Isola, fu demolita nel febbraio del 1969 dai sommozzatori della Marina Militare.

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mondo e del governo italiano. La soluzione del presidente del Consiglio e del ministro della Difesa è ignorare la situazione, aspettando che si sgonfi da sola. Quando, però, Giorgio va a Strasburgo e presenta al Consiglio d’Europa la storia della sua “nazione”, viene notato dal Presidente Jean-Baptiste Tomà, ma la fine è vicina: l’Italia invia il cacciatorpediniere Andrea Doria e demolisce l’Isola delle Rose, chiudendo per sempre il sogno di uno stato libero, il più piccolo del mondo, durato solamente 55 giorni. Nella realtà dei fatti, l’Isola delle Rose (in esperanto: Insulo de la Rozoj, nome ufficiale “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose”), fu il nome dato a una piattaforma artificiale di 400 m² che sorgeva nel mare Adriatico al largo della costa tra Rimini e Bellaria-Igea Marina e 500 metri al di fuori delle acque territoriali italiane, iniziata nel 1958 e terminata nel 1967. A progettarla è l’inge59


S M Il regista sceneggiatore e produttore Matteo Rovere, nato a Roma il 22 gennaio 1982, dopo il liceo si iscrive a Storia del Cinema all’Università “La Sapienza” per seguire la sua passione. Inizia subito la pratica dietro la macchina da presa. Già a 19 anni, ottiene il primo riconoscimento, il “Premio Kodak” per il Miglior Cortometraggio Italiano al “Salerno Film Festival Linea d’Ombra” con “Lexotan”. Vince il Nastro d’Argento grazie a “Homo Homini Lupus” e ha un ottimo riscontro della critica. Esordisce col lungometraggio, “Un gioco da ragazze” (Colorado, 2008), seguito da “Gli sfiorati” (Fandango, 2011). È, inoltre, autore della serie tv “Zio Gianni” (2014-2015) e “Romulus” (2020). Firma la sceneggiatura del primo film da regista di Silvio Muccino “A modo mio” e continua a realizzare cortometraggi; “Unconventional Toys” e “Sulla riva del lago”. Nel 2014 fonda, insieme al regista Sidney Sibi-

lia, la casa di produzione “Groenlandia Film” con la quale produce la commedia, diretta da Sibilia, “Smetto quando voglio”. Il film è un grande successo e raccoglie oltre cinque milioni di euro al botteghino, oltre che dodici candidature ai “Premi David di Donatello” e cinque Nastri d’Argento tra cui quello come miglior produttore. Due anni dopo scrive e dirige “Veloce come il vento” con Stefano Accorsi e Matilda de Angelis. Liberamente ispirato alla vita del pilota di rally Carlo Capone, è un successo globale e viene venduto in più di 40 paesi. Arrivano poi i sequel: “Smetto quando voglio - Masterclass” e “Smetto quando voglio - Ad honorem”. A gennaio 2019 esce “Il primo re” ambientato nel 753 a.C., anno di fondazione di Roma secondo la tradizione. Sempre nello stesso anno produce per Netflix “L’incredibile storia de Isola delle Rose”, che prende ispirazione dal libro “L’isola e le rose” di Walter Veltroni, il quale, scrive un romanzo di pura invenzione che non ha nessun nesso tra i personaggi del libro e i personaggi della vicenda reale. 60


S M del personaggio di Tia Victoria per il cartone Disney-Pixar “Coco” e protagonista in “Youtopia” di Berardo Carboni e “Una vita spericolata” di Marco Ponti (2018). Anno fortunato, perché al “Festival internazionale del cinema di Berlino”, vince lo “Shooting Stars Award”, premio assegnato tra i migliori talenti emergenti europei. Segue la partecipazione in “L’incredibile storia de l’Isola delle Rose” che le fa vincere la prestigiosa statuetta italiana come migliore attrice non protagonista. Inoltre, è tra i protagonisti della serie di Susanne Bier per HBO “The Undoing” (Le verità non dette, 2020), al fianco di Nicole Kidman e Hugh Grant e Donald Sutherland. Sul piccolo schermo dal 2015 al 2018 veste il ruolo di Ambra nella serie TV “Tutto può succedere”. A marzo di quest’anno è Caterina da Cremona nella serie Leonardo” di Daniel Percival e Alexis Sweet (il primo progetto a guida italiana dell’Alleanza tra i tre grandi broadcaster pubblici dell’Europa continentale, Rai, France Télévisions, ZDF). Ha partecipato pure a diversi videoclip musicali tra cui “Tutto qui accade” dei Negramaro (2016), “Elephant and Castle” degli OAK (2017) e “Felicità Puttana” dei Thegiornalisti (2018).

È nata una nuova stella del cinema italiano e non! Facile pensarlo per l’attrice Matilda De Angelis (nata a Bologna, l’11 settembre del 1995). La sua personalità si è vista a Sanremo 2021, spigliata sul palco come presentatrice e brava nel duetto con Fiorello. Durante il programma “Domenica in” corregge simpaticamente l’inglese della conduttrice Mara Venier, e risponde con ironia alla domanda di “zia Mara” relativa alla sua prosperosità vista nella serie tv “The Undoing”. Matilda a 11 anni studia: chitarra, violino e composizione, entra nella band “Rumba de Rodas” con cui, a 16 anni, incide un album. Al cinema, esordisce nel 2014 in “Veloce come il vento” come co-protagonista. È una giovane pilota, Giulia De Martino, ruolo che le farà vincere il premio migliore rivelazione al “Taormina Film Fest” e al “Nastro d’Argento Premio Guglielmo Biraghi”. La troviamo in “Una famiglia” (2017) dove Sebastiano Riso l’affianca a Micaela Ramazzotti, doppiatrice 61


S M Leader solo Anastasia Arosio Dopo oltre vent’anni dalla morte, la figura del segretario socialista Bettino Craxi ancora fa discutere e litigare. Il regista Gianni Amelio con “Hammamet” ne racconta la storia in Tunisia. Il politico, interpretato da Pierfrancesco Favino molto somigliante dopo tante ore di trucco, ha lasciato l’Italia, a causa di una condanna per corruzione e finanziamento illecito con sentenza passata in giudicato. L’ex Presidente del Consiglio si traferisce nella casa in Tunisia ad Hammamet e rinuncia a qualsiasi proposta di ritorno in patria. Sono gli ultimi giorni di una parabola umana e politica che lo vedrà dibattersi fra malattia, solitudine e rancore. Il suo nome, che una volta riempiva le cronache, è chiuso oggi in un silenzio assordante. Fa paura, scava dentro memorie oscure, viene rimosso senza appello. Basato su testimonianze reali, il film non vuole essere una cronaca fedele né un pamphlet militante. L’immaginazione può tradire i fatti “realmente accaduti”, ma non la verità. La narrazione ha l’andamento di un thriller, si sviluppa su tre caratteri principali: il re caduto, la figlia che lotta per lui,

e un terzo personaggio, un ragazzo misterioso, che si introduce nel loro mondo e cerca di scardinarlo dall’interno. Amelio e Alberto Taraglio nella loro sceneggiatura non forniscono una risposta univoca, ma preferiscono focalizzarsi sulla dimensione umana del protagonista. La figlia si chiama Anita anziché Stefania, un omaggio ad Anita Garibaldi, perché Bettino Craxi venerava l’eroe dei due mondi. Si offre, inoltre, una riflessione sul modus operandi di politici, elettorato e opinione pubblica, pronti a salire sul carro del vincitore e a scendere velocemente da quello del perdente, lasciandolo solo. Il film rappresenta anche un’operazione di mimesi straordinaria che ha portato il regista a girare nei luoghi precisi dove si consumarono gli ultimi anni del leader, tanto che uno dei set riguarda proprio la sua casa tunisina. La pellicola ha ottenuto 4 candidature e vinto un premio ai Nastri d’Argento, 14 per il David di Donatello ottenendone uno per il migliore truccatore. 62


S M e della sorella, incoraggiato dalla nonna materna, conseguì la laurea in filosofia all’Università di Messina. Iniziò ad interessarsi di cinema, entrando nella redazione della rivista “Giovane Critica”. Continuò il suo cammino verso il mondo del grande schermo fino a farsi riconoscere come un grande osservatore dello scontro tra la sensibilità degli adulti e quella dei bambini. Ha diretto, tra gli altri, le pellicole: “Porte aperte” (1990), “Il ladro di bambini” (1992), “Lamerica” (1994) e “Così ridevano” (1998). Tra i suoi ultimi successi si segnalano: “La tenerezza” (2017) e “Hammamet” (2020).

Il regista e sceneggiatore Gianni Amelio nasce il 20 gennaio 1945 a San Pietro Magisano (CZ), da madre quindicenne e padre diciassettenne, che lo lascerà solo, imbarcandosi per l’Argentina in cerca del papà. Dopo la morte della mamma

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S M L’attore Pierfrancesco Favino nasce il 24 agosto 1969 a Roma. Presente spesso sul piccolo e grande schermo, ha maturato, inoltre, diverse esperienze in teatro. Nel 1995 ha esordito al cinema con “Pugili”. Il successo è arrivato nel 2000 grazie a “L’ultimo bacio” di Gabriele Muccino. Tra le sue migliori interpretazioni si ricordano: “Romanzo criminale” (2005), “Saturno contro” (2007) e “Posti in piedi in paradiso” (2012). Le sue ultime apparizioni, sono in: “Suburra” (2015), “Chi m’ha visto” (2017), “Moschettieri del re” (2018), Il traditore (2019), “Gli anni più belli” (2020). Con “Hammamet” Favino ha scelto quella che chiama “metamorfosi emotiva”, osservando a lungo Craxi e leggendo molto su di lui. «Dal punto di vista fisico la prima caratteristica notevole è l’altezza, perché Craxi superava il metro e 90, in una generazione di politici che

raramente andava oltre il metro e 70. Era un uomo imponente, più di me, e ho cercato di restituire quel tratto che era parte della sua leadership. Anche il suo incedere era particolare: ci vedevi il suo passato da ex cestista». Una persona sola, insomma, con la sua intimità.

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S M Craxi aveva una forte sintonia con i leader della sinistra europea come Felipe González e Mário Soares e s’impegnò fortemente per l’affermazione del socialismo. In seguito, venne coinvolto nelle inchieste di “Mani pulite” condotte dai giudici di Milano. Subì due condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano. Morì in Tunisia, nella sua casa di Hammamet, mentre erano in corso altri processi contro di lui. Respinse fino all’ultimo, l’accusa di corruzione, mentre ammise di essere a conoscenza del fatto che il Partito, aveva accettato finanziamenti illeciti, segnalando, durante l’intervento alla Camera dei Deputati del 3 luglio 1992 (fiducia al Governo Amato), che: «Se gran parte di questa materia deve essere considerata materia puramente criminale, allora gran parte del sistema sarebbe un sistema criminale. Ma non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo, perché presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro».

Un socialista mediterraneo. Bettino Craxi, all’anagrafe Benedetto Craxi (Milano, 24 febbraio 1934 - Hammamet, 19 gennaio 2000), fu Presidente del Consiglio dei Ministri dal 4 agosto 1983 al 18 aprile 1987 e segretario del Partito Socialista Italiano dal 15 luglio 1976 all’11 febbraio 1993. È stato uno degli uomini politici più rilevanti della Repubblica, tra i più influenti degli anni ‘80 e il primo socialista ad aver rivestito l’incarico di Capo dell’esecutivo.

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Celebre seppur diverso

Nicole Alice Chavez Denisse Aloise Rosita

rano il numero uno dei naïfs italiani. I dipinti hanno un acceso cromatismo e raffigurano per lo più animali feroci immessi nel contesto di quieti paesaggi agresti con esiti suggestivi e di grande potenza espressiva (“Il re della foresta”, Roma, collezione privata; “Agguato nella foresta”, Novara, collezione privata). Colpito da emiparesi morì il 27 maggio 1965. Sulla sua tomba si legge: «Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore» Nel film “Volevo nascondermi” il regista Giorgio Diritti racconta la vita del pittore, interpretato da Elio Germano, che sin da bambino trova nell’arte il suo personale riscatto al senso di solitudine ed emarginazione. Toni (il nomignolo di Antonio), figlio di un’emigrante italiana, respinta in Italia dalla Svizzera, dove ha trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, perché affidato a una coppia del posto, con la quale ha sempre avuto rapporti di amore e odio. Ha vissuto per anni in una

Tre cognomi, due padri e una famiglia poverissima: Antonio Ligabue, un uomo solo. A tutte le donne chiedeva “Dam un bès”, espressione colta dal complesso dei Nomadi, tanto da scriverne una canzone. Una frase che nascondeva il forte bisogno di amore puro, che il successo, i soldi e il talento non riuscivano a dargli. La madre di Ligabue (Zurigo 1899 - Gualtieri, Reggio nell’Emilia, 1965) si chiamava Elisabetta Costa, mentre non si conosceva il nome del padre, così venne registrato all’anagrafe come Antonio Costa. In seguito, la mamma si sposò con Bonfiglio Laccabue che lo riconobbe come figlio, dandogli il suo cognome, però l’artista, raggiunta l’età adulta, decise di modificarlo in “Ligabue”. Condusse una vita girovaga dipingendo, da autodidatta, cartelloni e fondali per circhi equestri e manifestando presto quegli squilibri mentali che dovevano segnare incisivamente i successivi periodi della sua vita. L’incontro con lo scultore Renato Marino Mazzacurati, lo aiutò a diventare l’artista che molti critici conside-

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S M Giorgio Diritti, nato a Bologna il 21 dicembre 1959, è regista, sceneggiatore e montatore. Ha diretto documentari, cortometraggi e programmi televisivi. In ambito cinematografico il suo primo cortometraggio, “Cappello da marinaio” (1990) è stato selezionato in concorso a numerosi festival internazionali, tra cui quello di Clermont-Ferrand. Nel 1993 ha realizzato “Quasi un anno”, film per la tv prodotto da Ipotesi Cinema e Rai 1. “Il vento fa il suo giro”, esordio cinematografico del 2005, partecipa ad oltre 60 festival nazionali ed internazionali, vincendo numerosi premi. Riceve cinque candidature ai David di Donatello 2008 e quattro ai Nastri d’Argento 2008. Al Cinema Mexico di Milano resta in cartellone per più di un anno e

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capanna sul fiume senza mai cedere alla solitudine, al freddo e alla fame. Dopo aver aggredito la madre adottiva, viene espulso dalla Svizzera e mandato in Italia, vivendo sulle rive del Po. È in questo periodo che inizia a dipingere per impiegare il tempo e placare le ansie. Grazie allo scultore Mazzacurati si riavvicina completamente all’arte, l’unico tramite per costruire la propria identità o per farsi riconoscere e amare dal mondo. Toni, un uomo rachitico, brutto, spesso deriso e umiliato da chi lo incontra, diventa il pittore immaginifico che dipinge tigri, gorilla e giaguari stando sulla sponda del fiume. Il vissuto di Ligabue rappresenta un’occasione per riflettere sulla “diversità”, vista come qualità, talento e dote preziosa di ogni essere umano, la quale ci rende unici offrendo qualcosa di utile alla società. La pellicola è stata premiata ai Nastri d’Argento e al Festival internazionale del cinema di Berlino, ottenendo una candidatura agli European Film Awards e quindici per il David di Donatello, trionfando in sette categorie.

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mezzo diventando un “caso nazionale”. Il secondo film, “L’uomo che verrà” (2009), presentato nella selezione ufficiale del Festival Internazionale del Film di Roma, 2009, vince il Gran Premio della Giuria Marc’Aurelio d’argento, il Premio Marc’Aurelio d’oro del pubblico e il Premio “La Meglio Gioventù”. Contemporaneamente all’attività cinematografica, documentaristica e audiovisiva, Diritti lavora in ambito teatrale. Produce e dirige vari spettacoli, tra questi “Novelle fatte al piano”, presentato nel 2010 a Roma in apertura della prima edizione del Festival di lettura per ragazzi “La tribù dei lettori”. Del 2013 è “Un giorno devi andare”, che vede Jasmine Trinca protagonista di un viaggio in Amazzonia tra i villaggi Indios alla ricerca del senso della vita. Nel 2020 il suo film sulla vita del pittore Antonio Ligabue.

Nonostante l’enorme popolarità, Elio Germano è un giovanotto semplice e riservato. Alla premiazione per il “David di Donatello 2021” ottiene il riconoscimento come miglior attore protagonista. Nei panni di Ligabue, per il film “Volevo nascondermi”, riesce a trasmetterci emozioni attraverso un’interpretazione dell’artista bambino sia nella disgrazia sia nel tardivo successo. Al momento della premiazione, ha ringraziato tutti coloro che lo hanno aiutato a costruire il personaggio e ha dedicato il premio a tutte le lavoratrici e i lavoratori dello (Continua a pagina 69)

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S M di Donatello” per il miglior attore protagonista in: “Mio fratello è figlio unico” (2007), “La nostra vita” 2010 (oltre al Nastro d’Argento e il Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes); “Il giovane favoloso” (2014) e “Volevo nascondermi” (anche Orso d’argento al Festival internazionale del cinema di Berlino 2020). Commovente è stato Elio Germano nel dedicare l’Orso d’argento «a tutti gli storti, gli sbagliati, gli emarginati, tutti i fuori casta e ad Antonio Ligabue, perché gli artisti, prima di essere riconosciuti, sono tutti così, persone fragili che non nascondono la loro umanità».

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spettacolo, soprattutto a quelli dimenticati. L’attore regista teatrale è nato a Roma, il 25 settembre del 1980. Inizia giovanissimo la sua carriera artistica esordendo nel cinema all’età di dodici anni come protagonista del film di Castellano e Pipolo “Ci hai rotto papà” (1993). Dopo alcune esperienze teatrali, è tornato al cinema con “Il cielo in una stanza” (1999), cui sono seguite opere quali “Concorrenza sleale” (2001), “Respiro” (2002), “Mary” (2005), “Romanzo criminale” (2005), “N (Io e Napoleone)” (2006). Nel corso della sua carriera, ha ottenuto quattro “David 69


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Vita d’artista

Elena Miceli

fonda solitudine. La propensione alla pittura e alla scultura costituisce un linguaggio per le sensazioni e i sentimenti che non riusciva a esprimere con le parole. È spietato il rapporto con i coetanei, istigati alla malvagità contro il diverso e all’emarginazione del “matt” (come lo chiamavano a Gualtieri). Ad un certo punto, però, trova una sua modalità di parlare, perché, comunque, si fa voler bene. Piano piano il paese comincia ad accorgersi della sua sensibilità, anche se rimane una figura strana. In campagna spesso si diceva “Stai lontana da là, c’è l’uomo nero!” Certo, non esiste, tuttavia, c’è sempre una figura paurosa che attrae i bambini, i quali non hanno paura di niente o del diverso, del brutto. Loro sarebbero molto liberi, se fossero lasciati liberi. Ligabue ha un buon rapporto con gli animali, parla con loro, ne imita i versi, ora la chiamerebbero pet therapy. Io che sono cresciuta in campagna, so che l’amore degli animali è salvifico. Se tu non hai paura di loro stanno lì con te, mentre gli esseri umani pos-

Un percorso tra cinema, canto e teatro per non privarsi degli sguardi, dei sospiri, delle risate e degli applausi del pubblico. Paola Lavini da “secchiona” ha voluto caparbiamente impegnarsi al massimo sia a scuola sia nella professione di attrice. Parla e recita in inglese, francese, tedesco e spagnolo, ha iniziato a studiare arabo ed è brava anche nel sapersi esprimere con i vari dialetti. Merito del grande talento, certo, ma anche dell’attaccamento allo studio, fin bambina e della sua voglia di riscatto. Dopo il successo con “Volevo nascondermi”, diretta da Giorgio Diritti, ha incontrato i ragazzi dell’I.I.S.S. “Giulio Natta” di Milano per un racconto senza filtri, che ha offerto più di un insegnamento. Nella pellicola pluripremiata interpreta Pina, un’attrice che accetta di frequentare Antonio Ligabue e, nonostante l’iniziale repulsione, instaura con lui una breve frequentazione nel periodo in cui ottiene successo per le sue opere. Quale ritratto darebbe di Ligabue? «Per riempire i suoi vuoti esistenziali utilizza l’arte. Solo la pittura e la scultura sembrano dargli un momentaneo sollievo dalle angosce, dalle ossessioni e dalla pro-

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S M Dopo l’incontro con Marino Mazzacurati acquisisce una maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità artistiche per parlare e farsi ascoltare, finalmente, da quel mondo sordo e crudele che lo aveva rifiutato e deriso». Ne parla con passione, come se conoscesse aspetti inediti del pittore, sin dalla nascita. Pensando all’infanzia e all’adolescenza, le sue come sono state? «Nei miei primi nove anni sono vissuta, come nel Medioevo, perché non avevamo tante cose. Sono giovane, anche noi

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sono diventare a volte mostruosi. Quei ritratti animaleschi, tutti un po’ infantili, rappresentano la sua bellezza, perché è un bambino eternamente alla ricerca di qualcosa, sicuramente alla ricerca di un amore eterno, l’amore della mamma, l’amore di una donna, l’amore degli altri. Viene chiamato il Van Gogh dell’Emilia-Romagna, ma rispetto al pittore olandese, rivalutato dopo la morte, lui è una persona interessante già in vita, perché è convinto di sé.

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avevamo degli animali domestici, tra cui le galline. Da bambina ero innamorata del mio cane, ma anche di mucche, conigli, perché diventavano parte della famiglia. A scuola i miei ex compagni mi facevano sentire un po’ come il brutto anatroccolo. Oggi si chiamerebbe body shaming, perché alle elementari e alle medie venivo presa in giro e chiamata “maschiaccio”, per via dei capelli, che la mamma mi tagliava corti e per il fisico minuto e magrolino. Sono nata a Modena, figlia di una donna del Sud e all’epoca c’era molto razzismo. Ero figlia di contadini in una terra molto ricca e ho subito numerosi scherzi di cui i miei genitori non si sono accorti, perché impegnati tutto il giorno, come potrebbe oggi accadere a voi. Adesso ne parlo tranquillamente, però ci sono esperienze quando si è alla vostra età in cui una stupidaggine per un adulto da voi, invece, è vista come una voragine se non viene raccontata ed espressa. Forse anche in me, come in Ligabue, a causa dei dolori e della sofferenza sono scattati dei meccanismi di rivalsa, perché quando

cresci poi vuoi dimostrare chi sei al mondo. Lui, attraverso i quadri, riesce ad essere conosciuto e diventare benestante come l’avete visto anche nel film. Da allora si dice: “Adesso posso permettermi una donna”, perché nella sua testa gli hanno inculcato che doveva stare con qualcuno dell’altro sesso. Quello che oggi avremmo potuto risolvere attraverso la psicologia, ieri si cercava di definire tramite le strutture psichiatriche con ricoveri molto frequenti. Secondo me, Antonio ha fatto, comunque, un grosso lavoro su se stesso con l’arte. Spesso il vero artista, ragazzi, ha fatto i conti con la sofferenza. Non è tutto oro quello che luccica! Sembriamo sempre fichissimi, diciamolo con un termine vostro. Sfilare sul red carpet, partecipare ai Festival sembra bello, ma la vita dell’artista non corrisponde soltanto a quello che voi vedete, non è quella solo dei social o che vi raccontano i giornali. Invece, ciò che rivela (Continua a pagina 73)

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S M re? «Oggi vengo vista dai miei compagni come bellissima, ma vi giuro che faccio fatica a crederci. Cerco di abbracciare sempre quella piccola Paola, perché certe ferite ce le portiamo nella vita. Lei è sempre con me e ora posso dirle: “Stai tranquilla, va tutto bene, sei bella come sei”. Per questo vi esorto a confidarvi con qualcuno. Io, invece, a scuola non parlavo tantissimo come adesso, ero solo brava, anche troppo. Poi ho capito che dovevo aprirmi, prendendola come una sfida vincere. Non voglio, però, far passare il messaggio che solo se soffri ce la puoi fare. Spesso, durante le interviste, sembriamo degli esseri un po’ tormentati, perché la professione dell’attore ti sottopone ad un giudizio per tutta la vita, par-

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Ligabue è un essere, non solo un apparire. Sono contenta se questo film, che avete visto e che per me è arte, vi abbia comunicato qualcosa. Forse lui non sposandosi con una donna, ma per mezzo delle sue opere, è riuscito a parlare al mondo del suo mondo e, probabilmente, gli stiamo dando una mano, con quest’opera cinematografica, ad essere ancora più universale. Io mi sono impegnata tanto come Ligabue. Sono scappata di casa, perché volevo essere attrice, mentre i miei genitori allora erano dubbiosi, ora sono i miei primi fans. Il mio desiderio era di cantare e recitare, consapevole che il mestiere dell’artista è duro, pieno d’incertezze e insicurezze. Per mantenermi ho lavorato da impiegata, pensando al guadagno futuro e non a quello immediato, come tanti precari. Mi hanno aiutato una passione fortissima e l’entusiasmo, oltre ad un lavoro continuo su me stessa. Sono l’esempio che ce la puoi fare anche se non vieni da una famiglia ricca». Ha parlato del suo rapporto con il bullismo. Se potesse tornare indietro, che consigli darebbe alla bambina di quinta elementa-

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S M le! Se fossi nei panni dei molestatori, mi farei schifo, poiché è un dramma che rimarrà addosso per la vita. Togliamoci anche dalla testa che una donna, vicina al mondo dello spettacolo, debba “concedersi”». Accostiamoci al personaggio che ha interpretato, la Pina, e scattiamole una foto. Che cosa noteremmo? «Si avvicina al pittore per opportunismo. Lui diceva sempre alle donne “Dam un bès”, “Dammi un bacio” ciò che ha sempre cercato, sin dall’infanzia. Lei è un’attrice di provincia, una bella donna che ha piacere di farsi vedere in giro in una macchina con l’autista. Quando mai una ragazza in quelle condizioni poteva permettersi un simile servizio? Il mio personaggio vi dovrebbe insegnare che nella vita ci si può avvicinare al bello o al brutto senza far distinzioni. Vi auguro di avere degli amici veri, uno o due già sarebbe tantissimo. Veri, perché ci sono sempre e comunque, ci tengono a te, proprio come i genitori o i vostri professori. Loro sono delle figure di riferimento per i bambini e gli adolescenti, quindi, insieme ai genitori, hanno un compito enorme». Non serve, dunque, avere 100, 1.000 o 10.000 follower, serve un

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tecipando ai provini, curando il proprio aspetto fisico... Un mio compagno ci paragonava alla vita dei calciatori e torno su qualcosa che mi sta a cuore: gli affetti. L’amore è la cosa che fa bene, perché ci fa credere in noi stessi; auguro a tutti gli artisti d’incontrare persone che abbiano fiducia in loro. Quello che c’insegna Ligabue, nonostante le sue solitudini, è che occorre essere convinti dei propri mezzi. Quando chiedeva “Li vuoi i miei quadri?” sapeva che fossero belli. Abbiate autostima, ragazzi, credete in voi stessi e non fatevi togliere il sorriso dagli altri. Mi appello ai maschietti: non pretendete solo attenzioni dalle donne, ma corteggiatele. Troppe volte passa l’idea che sia stata una ragazza a provocarvi, ma non so quanto sia bello appropriarsi di un corpo che non vi vuo-

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S M importante più della vostra vita. È vero, ci sono delle influencer che mettono ogni cosa in piazza, ma io, con tutta la mia stima, non vorrei essere il personaggio Chiara Ferragni. Avrà i soldi, ha fatto una scelta anche imprenditoriale, è bravissima, sarà la numero uno, però non ce la farei a mettere continuamente on-line i miei figli, le loro scarpe… Ora quando devo riprendermi per lavoro mi secca tanto, perché non mi godo il momento. Devo far vedere qualcosa a qualcuno come nel film “The Truman show” ed è come essere in un grande fratello. Secondo me, manca anche a voi la vita vera o no? Vi manca il compagno di scuola? Ormai, questa è diventata la nostra normalità: siamo stati costretti tutti a casa, lontani dal compagno e dagli abbracci. Mi auguro che a voi manchino gli abbracci, manchi la vita vera. Spero

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amico; per Ligabue è stato fondamentale il critico Marino Mazzacurati… «Sì, non solo lo porta a casa della sua famiglia, ma “condivide” con lui la mamma, la quale dà quell’affetto che gli è mancato da parte di una figura femminile. È una mamma acquisita che l’ha difeso e amato. Io sono un’attrice e mi rendo conto che, rispetto a voi, devo avere dei social, è importante ai fini del mio lavoro, ma ciò non deve diventare

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che, con le restrizioni dovute alla pandemia, abbiate capito l’importanza delle persone, più di un like o di una chat. Se riuscite ad avere i genitori che vi amano e vi ascoltano, dei professori attenti, due amici veri è tanto, perché avere qualcuno accanto come Ligabue con Mazzacurati, diventa qualcosa che i social non vi daranno». Ha calcato diversi palcoscenici, il passaggio al cinema le ha portato pregiudizi o note di merito? «I pregiudizi ci sono finché non dimostri che sei capace. Alcuni che vengono dal teatro non sono abituati alla macchina da presa: usano un linguaggio diverso, parlando più lentamente e con un’impostazione legata al corpo. Prima in televisione venivano scelti quelli con esperienze teatrali, perché c’erano gli sketch televisivi e più scambio tra i diversi mondi dello spettacolo. Io sono della vecchia scuola per la quale se non si è fatto teatro non si può essere bravi attori. È vero anche che c’è ne sono di bravissimi provenienti da altri ambiti, però credo che il teatro sia performante e formante; ritengo utile, pure, imparare il linguaggio del cinema, mettendosi in discussione». Com’è cambiato il mondo della cinematografia da quando ha ini-

ziato fino ad oggi? «Ho cominciato vent’anni fa, ma sicuramente la svolta c’è stata con l’avvento del reality show. Chi esce di lì ha molta visibilità e gli arrivano proposte per fiction o film, ma quella per me non è una carriera d’attore, perché, se non ci si mette a studiare, appena finisce la fama sei fuori. Vale la stessa cosa anche per le note influencer». Con quale regista ha lavorato meglio? Quale ruolo l’ha particolarmente affascinata? Sicuramente Giorgio Diritti, che ho inseguito per tanto tempo. Poi penso a Giorgio Biavati, uno con cui ho lavorato e vorrei farlo di più e Marco Bellocchio. Entrambi hanno più di 80 anni, ma sono dei maestri del cinema; non voglio dimenticare neanche Alice Rohrwacher e Francesco Munzi, mentre tra gli stranieri il (Continua a pagina 77)

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S M dioso francese, Roland Barthes (1915-1980) ha scritto: «Vi è un’età in cui si insegna ciò che si sa; ma poi ne viene un’altra in cui si insegna ciò che non si sa e questo si chiama cercare». Nelle due ore online che ci ha dedicato, Paola Lavini ha camminato insieme a noi studenti, regalando una bella lezione di vita: a volte il nostro “dare” è semplicemente un “ricevere” attenzione, cura, riguardo. Farsi voler bene, essere amabili è un compito che ci chiama per tutta l’esistenza. Solo così la responsabilità diventa non una maniera per rimanere tranquilli, ma uno dei modi e dei nomi dedicati all’amore.

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mio mito è Almodovar. Oltre alla Pina, sono felice di aver interpretato Maria Callas nella fiction “Carla”, dedicata alla ballerina classica Carla Fracci, perché era il mio sogno fin da bambina». Come si prepara a recitare in altre lingue o in dialetto? «Ho studiato lingue e da cantante sono abituata ad ascoltare, perché il dialetto è un canto, una cadenza, che assorbo dopo alcune ore con le cuffie. Nel film su Ligabue, Diritti era stato tassativo, voleva proprio il dialetto di Gualtieri, quindi avevamo un coach prima delle riprese e sul set per aiutarci con le battute». Che ricordo ha di una grande attore come Gigi Proietti? «Lavorare con grandi artisti è stimolante, però stare con bravi artisti t’incoraggia a migliorare e a diventare più brava. Con Proietti ero nel musical “Pippi Calzelunghe”. Gigi era unico sia professionalmente sia come persona, perché è sempre rimasto umile, dando ascolto a tutti. L’arte vera sta nell’essere aperti con e per gli altri. Ricordiamoci, giorno e notte, di rimanere esseri umani». Il famoso pensatore e stu77


S M L’attrice Paola Lavini nasce a Modena il 12 novembre 1979. Dopo la laurea in lingue, professionalmente si forma all’Accademia d’Arte Drammatica della Calabria di Palmi (RC) e alla scuola americana di musical “BSMT” di Bologna. La sua carriera artistica parte solcando i palchi nazionali durante la propria formazione. Il debutto avviene con la “Compagnia della Rancia”, diretta da Saverio Marconi. Partecipa a numerosi spettacoli teatrali tra cui: “Iliade”, “Elena” (1999); “I pagliacci”, “L’olandese volante” e “Le sorprese del divorzio” (2000); “Medea”, “Odissea”, “Tesmoforiazuse”, “La vedova allegra”, “Il viaggio a Reims” di Gioacchino Rossini (2001). Numerosi anche i musical sotto la direzione di: Massimo Romeo Piparo (“Jesus Christ Superstar”, 2004; La febbre del sabato sera”, 2008), Gigi Proietti (“Pippi Calzelunghe”, 2010), Michele Guardì (“I promessi sposi”, 2010) ed Enzo Iacchetti (“Come Erika e Omar… è tutto uno show”, 2014). Esordisce al cinema in “Balletto di guerra” di Mario Rellini (2004). Tra gli altri suoi film ricordiamo: “Il regista di matrimoni”, Marco Bellocchio, “La cena per farli conoscere”, Pupi Avati (2006),

“Sanguepazzo” di Marco Tullio Giordana, “Scusa ma ti chiamo amore” con Raoul Bova di Federico Moccia (2008), “Corpo celeste” di Alice Rohrwacher (2011), premiato a Cannes e con tanti altri riconoscimenti, anche internazionali, “Anime nere” di Francesco Munzi (2014), “Soldato semplice” di Paolo Cevoli e “Tempo instabile con probabili schiarite” di Marco Pontecorvo con John Turturro (2015), “Un nuovo giorno”, Stefano Calvagna (2016), “Cetto c’è, senzadub(Continua a pagina 79)

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S M regista Demetrio Casile e al cast di “Il matrimonio più sconvolgente della storia”, pellicola girata a Reggio Calabria. Nel 2021 è al cinema con “School of Mafia” di Alessandro Pondi. Per il piccolo schermo, ha recitato in serie tv come: “Carabinieri”, “La squadra”, “Quo vadis baby” e nella docufiction “Terra bruciata! Il laboratorio italiano della ferocia nazista”, Luca Gianfrancesco (2018) ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale nei territori del Basso Lazio e dell’Alto Casertano, il primo territorio italiano a diventare “zona di operazioni” sottoposto alle leggi di guerra tedesche.

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biamente” Giulio Manfredonia con Antonio Albanese (2019), “Volevo nascondermi” Giorgio Diritti (2020). Nello stesso anno è sul set tunisino per “L’isola del perdono” di Ridha Behi, con Claudia Cardinale e la partecipazione al progetto internazionale “The Big Other - Il Grande Altro” di Jan Schomburg. È tra gli artisti che aprono l’Ischia Global Film & Music Fest con l’anteprima “Il cinema non si ferma” di Marco Serafini, registrato in remoto durante il lockdown, accanto a Remo Girone, Maria Grazia Cucinotta, Nicolas Vaporidis ed è al “Reggio Film Fest” insieme al

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S Degustare M cultura Il vincitore della LXXV edizione del Premio Strega, 187 voti, è stato Emanuele Trevi con “Due Vite” (Neri Pozza). Secondo posto per Donatella Di Pietrantonio, “Borgo Sud” (Einaudi), 135 voti e al terzo Edith Bruck, “Il pane perduto” (La nave di Teseo), 123 voti. Quarta Giulia Caminito, “L’acqua del lago non è mai dolce” (Bompiani), 78 voti, e quinto Andrea Bajani, “Il libro delle case” (Feltrinelli), 66 voti. A presiedere il seggio, Sandro Veronesi, vincitore della scorsa edizione del Premio Strega con “Il colibrì” (La nave di Teseo). Hanno votato in 589 su 660 aventi diritto al voto (pari a circa l’89%). La giuria è composta dai 400

“Amici della Domenica”, il gruppo storico di votanti formato da personalità del mondo della cultura, e dai 240 voti tra i lettori all’estero scelti dai trenta Istituti italiani di cultura, i “lettori forti” proposti dalle librerie indipendenti e i voti collettivi espressi da scuole, università e gruppi di lettura, tra i quali i circoli istituiti dalle biblioteche di Roma. Consegnato a Edith Bruck il Premio Strega Giovani, mentre Giulia Caminito ha ricevuto lo Strega Off. Il concorso d’idee indetto da Bper Banca e rivolto alle venti Accade(Continua a pagina 81)

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Emanuele Trevi

S M Il libro premiato “Due vite” ha come protagonisti gli amici di Emanuele Trevi: Rocco Carbone e Pia Pera, due scrittori scomparsi prematuramente. Le loro vicende si alternano tra sconfitte ed euforie, litigi, gesti indimenticabili e notti romane. Se Rocco ha lineamenti marcati, Pia ricorda un’incantevole signorina inglese, seducente a tal punto, da non rimpiangere la bellezza che le mancava. Il primo è ossessionato dalla semplificazione, la seconda ha una sfrontatezza timida, che la malattia trasformerà in coraggio. I due sono uniti da un legame felice e trasparente, capace di superare le avversità della vita.

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mie di Belle Arti statali nazionali per la realizzazione di una scultura ispirata al mestiere di scrivere e all’importanza della promozione della lettura è stato vinto da Liang Yue, dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, che ha ricevuto una borsa di studio. L’opera, una piuma in bronzo a forma di “S”, è stata donata ai cinque autori.

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S M L’Arminuta, protagonista Donatella Di Pietrantonio del primo romanzo di Donatella Di Pietrantonio, è cresciuta, vive all’estero e insegna. Una telefonata inaspettata, però, la farà tornare a Pescara. Durante il viaggio in treno i ricordi prendono il sopravvento e riappare il rapporto tormentato con una sorella, capace di sconvolgere le loro esistenze. Adriana era stata maledetta dalla madre, che non conosce compassione né tenerezza, ed è incapace di rapportarsi serenamente con le figlie finché sono sotto lo stesso tetto. La “ritornata” non si è mai integrata con nessuna delle sue due famiglie, supportata solo dal proprio istinto di sopravvivenza, che le permetterà di stabilire una distanza fisica ed emotiva verso gli altri. Anche lo sposalizio con Pietro, non risanerà quella ferita, perché due esseri incompiuti non hanno la possibilità di far nascere nulla di buono. L’arrivo a Borgo Sud, la zona marinara di Pescara, porterà la protagonista a fare i conti con gente ospitale, ma rude e a scoprire delle verità inaspettate. Il romanzo non ha un vero finale, ma permette al lettore di essere vicino all’Arminuta e di scavare con lei nella propria vita fin dove è possibile.

C’è una piccola bambina scalza ebrea in uno sperduto villaggio dell’Ungheria. Il “Pane perduto” di Edith Bruck, la descrive con sei fratelli molto poveri e una vita scolastica da emarginata per la sua fede religiosa. Tutta la famiglia vivrà il dramma del ghetto e del campo di concentramento polacco di Auschwitz. Lì moriranno i genitori e il fratellino Jonas, mentre Dikte nonostante torture, fame, privazioni, si salverà con la sorella Judit, che sarà per lei la nuova mamma. Ricomincia, a quel punto, un’altra odissea: vivere, dove, come e con chi? Si passa dal tentativo di fermarsi in Israele, ai viaggi per l’Europa con un corpo di ballo, dall’arrivo in Italia alla direzione di un centro estetico a Roma, fino all’incontro con il poeta e regista Nelo Risi. L’oggi, regala riflessioni sui pericoli delle ondate xenofobe e una lettera a Dio, molto intima, scritta mostrando dubbi e speranze. Edith Bruck

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S M Anguillara Sabazia è un paese di una provincia italiana simile e diversa da molte altre. Lì, sulle sponde del lago di Bracciano, si trasferisce una famiglia, con le sue storie, immaginate da Giulia Caminito ne “L’acqua del lago non è mai dolce”. In fuga dall’indifferenza di Roma, Antonia, donna onestissima e fiera sino alla testardaggine, si occupa del marito disabile e di quattro figli. Insegna all’unica femmina, Gaia, a contare solo sulla propria capacità, a non lamentarsi, a salire ogni giorno su un treno regionale per andare a scuola, a leggere libri, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe, a tuffarsi nel lago. Dopo un torto subìto, però, la ragazza reagisce con una violenza imprevedibile, che nasconde la rabbia verso le imposizioni della madre. Ogni persona che Gaia incontra o rappresenta una salvezza o è una nemica. Lei non vede o non vuole vedere alcuna via d’uscita.

La letteratura è Andrea Bajani piena di case. Nel romanzo di Andrea Bajani “Il libro delle case” si respira un’area di famiglia dentro cui ricostruire la storia di un personaggio inafferrabile chiamato “Io”. Conosciamo la sua vita attraverso dei brevi capitoli dedicati ad appartamenti nei quali sono vissuti: amicizie, matrimonio, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia capace di autodistruggersi. La prima residenza è nel piano seminterrato e, con gli anni ‘70, arrivano attraverso la tv gli omici di Pierpaolo Pasolini e Aldo Moro. Via via lo vediamo marito in una casa borghese di Torino, bohémien in una mansarda di Parigi e adulto in carriera dentro un albergo londinese; ragazzo preso a pugni dal padre in una casa di vacanza e studente universitario buttato sopra un materasso; poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. Bajani ha delineato una figura senza radici alla continua ricerca di stesso, attraverso luoghi fisici, mentali, simbolici e umani, che non gli appartengono. Spazi, persone e idee scavano ogni volta una distanza emotiva ed esistenziale.

Giulia Caminito 83


S M striale di un “luogo d’acqua” in cui resta l’intero fascino della luce e della fluidità. Il Teatro è un luogo da scoprire per la bellezza dei suoi locali, che si integrano senza barriere, per gli ambienti che mostrano a tutt’oggi la freschezza del giorno dell’inaugurazione, per l’atmosfera accogliente, dal foyer-giardino alla salateatro dalle linee rigorose e pure e dalle grandi capacità espressive, ai giardini accuditi e curati. Questo luogo, divenuto identitario e relazionale per eccellenza durante il restyling, è stato amorevolmente “scoperto”, rispettato per la sua storia evocativa, diventando un ambiente in cui proporre altre e diverse esperienze, aprire orizzonti su paesaggi nuovi, simbolici e metaforici. Il risultato è un’atmosfera calda, avvolgente, la sensazione è di immergersi nell’azione scenica. “Il Teatro Nudo” di Teresa Pomodoro, giunto alla sua XII edizione, è intitolato alla sua memoria, poiché era ispiratrice e anima di una concezione del teatro aperto all’interazione fra le diverse discipline artistiche. Nonostante la pandemia ed il lockdown il teatro non ha mai interrotto la propria attività ricorrendo alle tecnologie digitali e allo streaming prima della sua riapertura a giugno.

Spazio per tutti Andrea Valerio Pozzi Gabriele Domenico Pozzi Il restauro della ex Palazzina per l’acqua potabile in Via Orcagna 2 a Milano, divenuta la sede di No’hma, risale agli anni ‘90. Precedentemente, il teatro ha svolto la sua densa, dinamica attività in luoghi vari e diversi della città, dai più prestigiosi agli spazi nelle periferie, sul territorio, sempre suscitando entusiasmo e consensi. La progettazione del restauro dell’attuale spazio ha comportato quasi due anni di lavori, nel corso dei quali è stato realizzato un vero e proprio modello di recupero urbano, salvando l’architettura indu84


S M Si destò Andrea Valerio Pozzi “Italia Turrita” è una celebre opera in marmo scolpita da Alessandro Puttinati risalente al 1850, posta nei “Giardini Indro Montanelli” in Via Palestro a Milano. Concepita con l’intento di rappresentare una personificazione dell’Italia, ha l’aspetto di una donna con una corona muraria seduta in contemplazione mentre sorregge una stele con i nomi dei patrioti deportati nella fortezza dello Spielberg, in Austria. Quest’opera subì danni considerevoli a causa di atti vandalici nel 2016, oltre che l’azione delle intemperie a cui seguì una mutilazione del braccio sinistro. Per anni è rimasto l’unico monumento femminile della città e oggi rappresenta i centosessant’anni dall’Unità d’Italia. Grazie al restauro del Comune di Milano curato dall’Accademia di Belle Arti di Brera finanziata da Agiamo (Amici Giardini Pubblici Montanelli) è stata finalmente riportata al suo antico splendore. La consegna della statua restaurata è avvenuta domenica 13 giugno. Per celebrare questo evento, il teatro No’hma ha tenuto uno

spettacolo intitolato “L’Italia s’è desta! Viva una statua Viva”, proprio ai piedi del monumento restituito ai cittadini. La rappresentazione si è aperta con un trio d’archi, che ha eseguito arie di Cilea, Mascagni e Boccherini, introduzioni ad una drammaturgia teatrale inedita scritta dal giornalista Paolo Colonnello e interpretata da Maddalena e Giovanni Crippa. Un concerto di musica che spazia da Morricone a Dalla, interpretati in chiave jazz, grazie al gruppo “Flamingo ‘n’ roses”. Dunque, uno spettacolo patriottico e gratuito rispettando lo spirito del No’hma, una piccola rivincita del senso d’appartenenza contro il vandalismo. 85


S M Melodie tzigane Andrea Valerio Pozzi Gabriele Domenico Pozzi “Mélodies Bohémiennes” è stato concepito dalla compagnia francese del “Djungalo Teatro - Sinthan Tchavè”, fondata dalla famiglia Hognon. Il pubblico ha potuto apprezzarlo e applaudirlo il 23 e il 24 giugno presso i giardini di Via Zanoia a Milano. L’iniziativa rientra in quella del “Teatro Nudo di Teresa Pomodoro”. Tale è quel teatro che rappresenta tematiche escluse dalla scena, che dà voce alle periferie, al degrado, all’emarginazione e all’estraneità degli individui, un teatro che va oltre in ogni senso, abbattendo le barriere culturali in favore di una curiosità non discriminatoria riguardo l’uomo e le sue società. Si propone, in quest’ottica, l’esibizione di Marcel, Tatiana, Alexis e Anastasia, gitani saltimbanchi da generazioni.

Il palco en plein air ha permesso a chiunque di assistere senza l’acquisto di biglietto, all’insegna di quella collettività che s’infonde negli animi degli individui attraverso la condivisione artistica, permessa solo dal teatro nella sua forma più pura. Le melodie proposte sono portatrici di una storia generazionale, fanno trasparire variazioni ritmiche e cromatiche che ci portano dai Dardanelli alle piantagioni di cotone dei Balcani. Un lungo viaggio che, tuttavia, è solo una tappa del percorso ideato dallo staff del No’hma, capace di parlare dell’oggi attraverso tematiche universali, per celebrare la riscoperta importanza di una comunità inclusiva. 86


S M mezzo” ci dice Haidt, e non solo da noi. L’obiettivo umano è di tendere verso il superuomo, credendo di conquistare sé stessi e domare l’uomo-elefante. Idea, drammaturgia, coreografie, scenografie e testi sono di Maria Gorgia con Themis Andreoulaki Vasiliki, Makri Maria Anezaki, Martina Kosta; Pavlos Laoutaris, assistente alle coreografie Maria Konstantopoulou; testi: “Così parlò Zarathustra” di Frideric Nietzsche; musiche Stavros Apostolatos, Maria Gorgia; luci e proiezioni Perikles Mathiellis; assistente alla regia Miranda Vatikioti. “Amalgama Dance Company” viene fondata da Maria Gorgia a Londra nel 1996. La produzione di “Sole e suono” è stata per il gruppo la prima partecipazione ad un festival internazionale (“Resolutions”, 1997, The Place Theatre). Amalgama si è poi “trasferita” in Grecia (1998), portando in giro per l’Europa le sue proposte artistiche.

Risposte donate Uno spettacolo internazionale è stato il leitmotiv del No’hma per lanciare alcune domande: qual è la relazione tra domatore e l’elefante? Tra il Superuomo di Nietzsche e l’umano? Tra il maglione e il suo gomitolo di lana? A rispondere sul palco “Amalgama Dance Company” con “Il domatore e l’elefante” (The Rider and the Elephant) ultimo appuntamento di stagione nell’ambito del Premio Internazionale intitolato a Teresa Pomodoro. Nato dal pluripremiato libro dello psicologo Jonathan Haidt “L’ipotesi della felicità” è un racconto di “storie temporalmente diverse” che, alla fine, s’intrecceranno in uno scenario coerente. Il “cavaliere” e l’elefante sono una metafora per rappresentare l’incapacità della parte razionale mentale di domare o guidare quella irrazionale. Gli oggetti di scena hanno un significato simbolico: il gomitolo come il sé inconscio, da cui ognuno realizza il proprio “pullover” nella vita razionale e altri riferimenti come i peluche. “La felicità viene dal 87


S M Andrea Valerio Pozzi Gabriele Domenico Pozzi L’Amazzonia di ieri e di oggi narrata con parole e musiche. Patrimonio dell’umanità, polmone verde del pianeta, tutt’oggi la foresta ci fornisce le maggiori quantità di ossigeno, culla della biodiversità, poiché ospita forme di fauna e flora appartenenti a più specie, ma anche terra di contrasti, a causa della va-

grazie ad un racconto che intreccia musica, narrazione e immagini. La chiamano, infatti, la “terra dei martiri”. Alcune delle figure più note hanno pagato con il sangue l’impegno per la difesa della casa comune e dei suoi abitanti. Nella comunità brasiliana di Labrea, il 28 aprile 1985, è stata assassinata suor

C’era un polmone verde rietà climatica e paesaggistica. Nasconde, tuttavia, un intenso sfruttamento, mosso da motivi economici, che approfittano delle giurisdizioni presenti nei vari Paesi in via di sviluppo. Il teatro No’hma, il sei e sette luglio, ha presentato “L’Amazzonia non è più verde”, opera in linea con le direttive della presidente Livia Pomodoro, ispiratrice di un’assidua ricerca nel teatro nudo e autentico per aprire una finestra più veritiera su quel territorio. Laggiù uomini e donne hanno speso la loro vita e donato il loro tempo per sostenere i popoli stanziati lungo il corso del grande fiume Rio delle Amazzoni. In quell’angolo di mondo, i nativi hanno trovato finalmente una voce

Cleusa Coelho: aveva 52 anni, di cui 31 trascorsi fra gli indios Apirinã. Cinque anni prima, il 21 luglio 1980 a Brasiléia, era toccato al sindacalista Wilson de Souza Pinheiro, pioniere della protesta non violenta contro la deforestazione insieme a Chico Mendes, ucciso, a sua volta, il 22 dicembre 1988. No’hma dirige un’attività in collaborazione internazionale (Continua a pagina 89)

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S M nonostante le buone intenzioni rimaste solo sulla carta. La serata è una produzione del Centro missionario milanese Pime (Pontificio istituto missioni estere) ed EquiVoci Musicali di e con Andrea Zaniboni (drammaturgia e narrazione). Sul palco anche Elda Olivieri (attrice) Rachel O’Brien (mezzosoprano) Nadio Marenco (fisarmonica) Adalberto Ferrari (clarinetto) Kaldos Santos (percussioni e canto) supporto audio e video Francesco Pederzani. Creato in occasione del Sinodo per l’Amazzonia del 2019, lo spettacolo ha fatto il giro d’Italia con numerosissime repliche, tutte grandemente apprezzate grazie allo straordinario talento degli artisti sul palco. Un’articolata commistione di arti, tra musica, poesia, narrazione, canto e recitazione, che coinvolgono il pubblico di ogni età con un forte impatto emotivo, già dalla prima fase: «Un’immensa distesa di alberi verdi. Ce la fanno vedere sempre così l’Amazzonia e guardandola dall’alto, pensiamo sia vero: verde, verde, verde. Ma sotto quel grande tappeto verde abbiamo nascosto tanti altri colori proprio come facciamo con la polvere».

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offrendo una visione attenta e puntuale sulle realtà teatrali mondiali: «Il nostro teatro si caratterizza per il suo doppio sguardo, spiega Livia Pomodoro, uno attento alle compagnie di tutto il mondo, e l’altro fisso sul territorio cittadino oltre che l’impatto sociale. Per questo il nostro spazio è diventato sempre più uno spazio di relazioni e di sollecitazioni culturali, a dimostrazione ancora una volta di quanto il teatro sia un luogo di dialogo, di inclusione sociale e di comunità». Perciò non poteva non documentare popoli oltraggiosamente ostacolati nella loro crescita da multinazionali che hanno come unico fine il depauperamento della foresta,

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S M Spiriti liberi Andrea Valerio Pozzi Gabriele Domenico Pozzi Il “nostro” teatro chiude la stagione con “A great show” spostandosi da un palcoscenico per strada a quello tradizionale. Il 15 luglio gli spettatori riunitisi nel Giardino Zen Teresa Pomodoro di Piazza Piola, hanno assistito ad un primo momento musicale condotto dalla street band “Funkasin”, seguendo la quale gli spettatori sono stati accompagnati, tra le note musicali, all’interno del teatro. Lì il dj Alex Van Hool e il pianista Jerome hanno tenuto una grande performance che è servita d’intermezzo musicale per l’introduzione allo spettacolo circense, intitolato “Elo”, della compagnia torinese “Fabbrica C”.

Indubbiamente, una serata di grande gioia. Una festa del teatro per il teatro pensata per essere ancora una volta vicino a tutti gli spettatori in presenza e da remoto. Il palinsesto di quest’anno ha fatto conoscere in giro per il mondo lo Spazio Teatro No’hma, attraversando continenti, paesi, città, alzando il proprio sipario dal Royal Theatre di Norwich, al Theatre in the Park di Harare, nello Zimbabwe, fino al Teatro Horizon di Hong Kong. E ancora dall’Ilkhom Theatre di Tashkent (Uzbekistan) al Teatro Kana di Szczecin (Stettino) fino al Black (Continua a pagina 91)

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brogio, alla parrocchia di San Vito al Giambellino, ai giardini di Via Zanoia. Disseminazione che rientra nell’eredità dello spirito libero di Teresa Pomodoro, venuta a mancare il 20 agosto del 2008, la quale per anni ha portato gli spettacoli nelle carceri milanesi di Opera e San Vittore.

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Box Studio in Siem Reap in Cambogia. Il No’hma ha superato i propri spazi anche fisicamente, non solo tecnologicamente, disseminando arte e portando cultura in ogni angolo del mondo e nelle periferie, spostando il proprio palcoscenico da Via Orcagna a luoghi come il teatro Olive Tree di Joannesburg in occasione del premiato spettacolo “Modjadji” - vincitore della undicesima edizione del “Teatro Nudo” - e ancora alla Basilica di Sant’Am-

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Il Progresso della rosa

È arrivato a Monza, in una Piazza Duomo gremita di persone, l’evento “Tra Van Gogh e Battiato”, in programma per “La Milanesiana” ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi. In questa 22ª edizione il tema proposto, scelto dallo scrittore Claudio Magris, è “Il Progresso” tra: Letteratura, Musica, Cinema, Scienza, Arte, Filosofia, Teatro, Diritto, Economia e Sport. Con entusiasmo la rosa dipinta dall’autore di “La stagione dell’amore” (anche quest’anno rielaborata da Franco Achilli) riprende a fiorire e correre, felice di sorprendere, sorprendersi “contagiando” di cultura le 25 città coinvolte quest’anno. Si conferma così il carattere

itinerante del Festival, con il suo simbolo, una rosa rossa, che ci fa pensare ad una lenta, ma energica rinascita, in cui i saperi hanno un ruolo importante. Il pubblico ha “assaporato” un principio d’estate della “Summer Monza 2021”, seguendo dal vivo lo spettacolo illustrato “Van Gogh Pittore del futuro” di e con Marco Goldin, storico dell’arte (autore del libro “Van Gogh”, La nave di Teseo), che ha presentato la storia di opere note e meno conosciute dell’artista olandese, accompagnato dalle musiche eseguite da Remo Anzovino. La serata si è conclusa con il con(Continua a pagina 93)

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certo della cantante Alice e al pianoforte Carlo Guaitoli in “Alice canta Battiato”, omaggio all’amico e artista catanese, con il quale ha firmato alcuni grandi successi. Elisabetta Sgarbi, sin dalla prima edizione, conclude gli incontri donando ai relatori una rosa, levata al cielo per salutare il pubblico. Sono in continuità con la precedente edizione anche le due sigle degli “Extraliscio” in apertura e chiusure: “Il ballo della Rosa” e “Milanesiana di Riviera”. La buona riuscita dell’evento si deve all’impegno dell’ideatrice, del Comune di Monza, del suo Assessore alla cultura, Massimiliano Longo, al Distretto Rotary 2042 insieme al Gruppo Brianza 1 e 2, agli ospiti, ai volontari di Esercito, Carabinieri e al pubblico.

La cantautrice Alice, pseudonimo di Carla Bissi (Forlì, 26 settembre 1954), pianista e compositrice ha vinto il Festival di Sanremo 1981 con il brano “Per Elisa”. Ha esordito giovanissima partecipando nel 1965 al Festival Internazionale dei Ragazzi ed esibendosi col nome Carla Bissi. È stata allieva di pianoforte e canto di Rosa Nisi, nota pianista e compositrice, madre di Checco Marsella dei “Giganti”. Viene premiata con la Gondola d’Argento alla Mostra Internazionale di musica leggera di Venezia (1972), con il brano “La festa mia”, scritto da Franco Califano. Col nome di Alice Visconti nel 1975, propone il suo primo album, “La mia poca grande età”. Cinque anni dopo, abbandona il cognome Visconti, firma con la “EMI”, sceglie il produttore Angelo Carrara, lo stesso di Franco Battiato. Con il brano “Il vento caldo dell’estate”, scritto dal cantautore siciliano, assieme a Giusto Pio e Francesco Messina, arriva il successo e molti altri album. Nel suo ultimo tour (2018 - 2019) riprende il disco “Viaggio in Italia” (2003) aggiungendo nuovi brani del cantautorato italiano. 93


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Ricercatore di talenti

Sinfonia di parole, immagini e musica a Monza, capace di “vincere” anche il previsto maltempo. La serata del 4 luglio era dedicata a “Leonardo Sciascia e l’Arte”, ed è stata introdotta da Elisabetta Sgarbi, la quale ha presentato i partner dell’iniziativa: il Governatore Laura Brianza e il Past Governor Giuseppe Navarini del Distretto Rotary 2042, Gruppo Brianza 1, 2 e l’Assessore alla cultura del Comune di Monza, Massimiliano Longo. L’attrice Sabrina Colle ha letto, poi, alcuni brani di critica d’arte dello scrittore siciliano, mentre una lectio illustrata del professor Vittorio Sgarbi ha fatto conoscere l’attività poco nota di Sciascia: quella di mettere in luce nuovi talenti, con una critica non scontata. Al pubblico presente, grazie a 40 illustrazioni e tanti aneddoti, è stata offerta la possibilità di guardare al mondo sciasciano con occhi diversi. «Difensore degli artisti altrimenti dimenticati» lo definisce Sgarbi, che lo conobbe da giovane, indicandolo come: «un esempio di letteratura vivente... È stato un filosofo, ci ha insegnato a pensare davanti alla realtà. Da lui sono stato guardato con rispetto e attenzione, per cui gli sono grato ancora. L’attenzione che i giovani aspettano da (Continua a pagina 95)

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S M Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 - Palermo, 20 novembre 1989), scrittore, giornalista, saggista, critico d’arte e insegnante. Da quest’ultima esperienza, nelle scuole elementari del suo paese, fu ispirato per il racconto-inchiesta, “Le parrocchie di Regalpetra” (1956), in cui coglieva le radici storico-sociali dell’arretratezza siciliana. Successivamente ottenne un crescente successo di pubblico con una serie di romanzi brevi di ambientazione prevalentemente siciliana (“Il giorno della civetta”, 1961; “A ciascuno il suo”, 1966; “Todo modo”, 1974), in cui la denuncia del sistema di connivenze alludeva alla diffusione della mentalità mafiosa. Si dedicò, poi, alla ricerca storiografica (“Atti relativi alla morte di Raymond Roussel”, 1971; “La scomparsa di Majorana”, 1975) fino a misurarsi con l’attualità del terrorismo (“L’affaire Moro”, 1978), anche come relatore di minoranza nella commissione parlamentare d’inchiesta sull’assassinio dello statista (era stato eletto alla Camera dei deputati nel 1979 nelle liste del Partito radicale). Tra le ultime opere si ricordano: “La strega e il capitano”, 1986; “1912+1”, 1986; “Porte aperte”, 1987; “Il cavaliere e la morte”, 1988.

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quelli più grandi di loro, lui è stato capace di darla a me, come a molti altri». Dopo le parole, è arrivata la musica della pianista olandese Gile Bae (dotata di una solidissima tecnica e di una spumeggiante personalità musicale. Il suo debutto come solista, a cinque anni, è in un concerto con orchestra in Corea del Sud) con un’esibizione introdotta da Francesco Miceli. A sorpresa sul palco nel finale Marco “Morgan” Castoldi che ha recitato una sua poesia, prima della conclusione con il rito della rosa.

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S M Ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi

te. Per quanto diverse si tratta di due morti uguali - due morti di chi non aveva famiglia. Ma questa è la morte, e si muore una volta sola, e come si muore può anche essere frutto del caso. Quel che conta davvero è la vita». A seguire, la regista e attrice Michela Cescon, Paolo Sassanelli e Lorenzo Pavolini del “Teatro di

Idee narranti Dioniso - Teatro Stabile del Veneto” con lo spettacolo “La donna leopardo Concept Opera”, tratto dall’ultimo romanzo di Moravia, (Bompiani, 1991, uscito postumo). Il giorno della morte era stata trovata sulla sua scrivania l’ultima stesura manoscritta dell’opera.

Andrea Valerio Pozzi Gabriele Domenico Pozzi La padrona di casa Livia Pomodoro, Elisabetta Sgarbi e Sandro Veronesi hanno celebrato lo scrittore Alberto Moravia, che si era sempre sottratto all’idea di avere figli, anche ideali. Sul palco Veronesi due volte Premio Strega (“Caos calmo”, 2006; “Il colibrì” 2020) ha letto un testo sul romanziere romano, sostenendo che sappiamo tutti come sono morti «Moravia e Pasolini: uno da solo, nudo, nel bagno di casa, a Roma, e l’altro massacrato all’Idroscalo di Ostia. Non c’era nessuno lì davanti, mentre morivano, a guardarli e a dire cose che non c’entravano nien96


S M Alberto Moràvia, pseudonimo dello scrittore Alberto Pincherle, (Roma 28 novembre 1907 - ivi 26 settembre 1990), fu collaboratore del “Corriere della sera” (dal 1948) e di varî periodici. È stato deputato al Parlamento europeo (1984-89) e tra i fondatori della rivista “Nuovi argomenti” (1953), diretta con altri fino alla morte. Pubblicò nel 1929 il romanzo, “Gli indifferenti”, considerato un libro capitale nella letteratura italiana. Ha rappresentato la trasformazione della società italiana dal conformismo fascista (“Il conformista”, 1951) all’alienazione neocapitalista (“La noia”, 1960), con tutta una serie di libri memorabili: “Agostino”, 1944; “La Romana”, 1947; “La disubbidienza”, 1948; “La ciociara”, 1957. Nei romanzi “L’attenzione”, 1965; “Io e lui”, 1971; “La vita interiore, 1978; “L’uomo che guarda”, 1985; i racconti di “L’automa”, 1962; “Una cosa è una cosa”, 1967; “Il paradiso”, 1970; “Un’altra vita”, 1973; “Boh”, 1976; “La cosa”, 1983, i protagonisti sono ormai consapevoli di essere i persecutori di sé stessi, ma sanno anche che non troverebbero

nessun interesse in un vita priva delle complicazioni intellettuali. Il bisogno di confrontarsi con i problemi contemporanei ha trovato naturale felice esito nelle prose giornalistiche e saggistiche: “Un mese in URSS”, 1958; “Un’idea dell’India”, 1962; “L’uomo come fine e altri saggi”, 1964; “Al cinema”, 1965; “La rivoluzione culturale in Cina”, 1968; “A quale tribù appartieni?”, 1972; “Impegno controvoglia”, 1980; “Lettere dal Sahara”, 1981; “Inverno nucleare”, 1986. Le opere di Moravia hanno avuto varie trasposizioni cinematografiche e sono state tradotte in molte lingue. Postumi sono usciti il romanzo “La donna leopardo”, 1991; la raccolta di articoli “Diario europeo”, 1992 e il volume di racconti “Romildo”, 1994.

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Sorrisi in regalo

Monza con la quarta edizione del “Festival dell’Operetta” è diventata tappa importante per gli amanti del genere. Il merito va alla “Compagnia dell’Operetta” guidata dal soprano Elena D’Angelo e alla sua orchestra, diretta da Marcella Tessarin; si tratta di artisti che amano il proprio lavoro come l’assessore alla Cultura, Massimiliano Longo, che ha cuore la crescita socio-culturale del territorio.

Il palcoscenico per le tre serate, che il Comune, rispettoso delle prescrizioni Covid-19 ha offerto gratuitamente alla città, era posto accanto al suo Arengario. Nella prima rappresentazione attori, cantanti e musicisti hanno fatto riscoprire la Rai dalla sua nascita con “Viva la TV”. Grazie ad aneddoti, immagini, canzoni e personaggi che hanno reso indimenticabile gli anni ’50 e ‘60 della televisione hanno preso di nuovo vita: (Continua a pagina 99)

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S M tatori, è stato un tuffo nel passato, nelle atmosfere magiche, cariche di ricordi personali, umani e sociali. È come allora, finito “Carosello”, giù il sipario: tutti a nanna! Il secondo incontro ha visto in scena “La duchessa del Bal Tabarin” (1915), operetta in tre atti di Carlo Lombardo dei Baroni di San Chirico, (pseudonimo Léon Bard e Leblanc) per la quale scrisse il libretto e alcune musiche da affiancare a quelle arrangiate da Majestät Mimi di Bruno Granichstädten. Si racconta la vicenda, ambientata all’inizio del 1900, di Frou Frou (Elena D’Angelo), “chanteuse” del Bal Tabarin di Parigi, di cui s’innamora il duca di Pontarcy (Gianni Versino), che la sposa facendole promettere fedeltà per almeno sei mesi. La storia parte con il Duca di Pontarcy che corteggia la telefoni-

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“Canzonissima”, il “Festival di Sanremo”, “Lascia o raddoppia”, Don Lurio, le gemelle Kessler, Walter Chiari, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello. Il tutto trattato in modo brillante, leggero, ma pieno di contenuti che hanno portano il pubblico a riflettere, attraverso le canzoni, la Rivista, i grandi comici e le gag celebri. Lo spettacolo ha fatto tornare indietro le lancette dell’orologio. Per i molti presenti, allora telespet-

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sta Edy (Merita Dileo) recandosi spesso nell’ufficio telefonico dove la ragazza lavora. Ma Edy ama (ed è ricambiata) un giovane scapestrato, il quale, a suo tempo, ebbe una relazione con Frou-Frou. La trama, poi, si snoda tra situazioni intriganti, relazione e vincoli affettivi che legano il quartetto. Gli equivoci comici aumentano con l’arrivo in scena di Sofia (Matteo Mazzoli), uno strano tipo di accertatore dei redditi, per indagare sulle entrate favolose di Frou-Frou. La situazione diventa incandescente quando, al secondo atto, nel night, si ritroveranno tutti i personaggi: il Duca di Pontarcy e la bella FrouFrou, il suo giovane ex amante, Edy la telefonista, Sofia l’accertatore delle tasse, Madam Morel (Maresa Pagura) caposala dei telefoni, che Sofia scambia per una donnina allegra. Si alterneranno via via situazioni contraddittorie, per concludersi con l’immancabile lieto fine. Il Festival si è chiuso con lo spettacolo “Scugnizza”, operetta in tre atti di Mario Pasquale Costa (proposta per la prima volta al Teatro Alfieri di Torino, nel 1922). L’opera rivisitata, presenta l’incontro di due scugnizzi napoletani innamorati, Salomè (Elena D’Angelo) e Totò (Paolo Cauteruccio) con

alcuni turisti americani, fra cui il ricco vedovo Toby Gutter (Gianni Versino), la figlia Gaby (Merita Dileo) ed il suo segretario Chic (Stefano Menegale) che la corteggia senza successo. Da cornice, il festoso ambiente partenopeo. I giovani, con Salomé in testa, portano una ventata di gioia nella vita degli americani, compreso mister Toby, che invita la protagonista a frequentare più spesso la sua casa. Da qui matura la decisione di sposare Salomè e poi portarla in America. La ragazza non vuole, ma sua zia (Maresa Pagura) vede in questa unione la possibilità di una buona “sistemazione” per entrambe. Chi, invece, si dispera è Totò, convinto ormai di averla persa. Vuole rivederla un’ultima volta, ma scambiato per un ladro viene arrestato.

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L’innocenza dello scugnizzo viene presto dimostrata e il ragazzo può correre ad abbracciare Salomé. Toby capisce che nessuno potrà mai separare gli innamorati e si fa da parte. Le sorprese non sono finite, perché a Napoli si continuerà a bal-

lare e cantare in allegria, come sempre! Dopo gli applausi, l’assessore Massimiliano Longo, ha ringraziato artisti e pubblico, anticipando che, il prossimo anno il soprano e la sua Compagnia, saranno in cartellone al “Summer Monza” per la quinta edizione.

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S M Ha chiuso gli occhi a due mesi dal traguardo del secolo: nel suo letto, come voleva, e sotto lo stesso tetto della regina Elisabetta II, la donna a cui è stato al fianco per oltre sette decenni in veste di compagno di vita, principe consorte, bastione della monarchia britannica e che ha lasciato sola alla soglia dei 95 anni. Il Regno Unito e il mondo hanno tributato il proprio addio a S.A.R. Prince Philip, Duke of Edinburgh, spentosi 99enne nel castello di Windsor, il 9 aprile, dov’era riuscito a tornare il 16 marzo scorso dopo un mese di ricovero ospedaliero dovuto a un’infezione aggravata da complicazioni cardiache, giusto in tempo per passare la Pasqua con i cari. L’annuncio arrivato dall’unica voce che poteva darlo. Quella della Queen Elizabeth, affidata alle righe - toccanti e asciutte, nello stile di entrambi - di un sobrio messaggio di Buckingham Palace. «È con profondo dolore che Sua Maestà la Regina annuncia la morte dell’amato marito, Sua Altezza Reale il Principe Filippo, Duca di Edimburgo, spirato pacificamente stamattina nel Castello di Windsor. La Fa-

Un passo indietro miglia Reale si unisce alle persone che nel mondo sono in lutto per la perdita». La cerimonia funebre, si è svolta sabato 17 aprile, ed è stata di natura privata, pur con gli onori del caso, “nel rispetto delle consuetudini e delle volontà” del defunto. Il feretro del principe Filippo di Grecia e Danimarca (nato a Corfù, 10 giugno 1921) è uscito dal castello di Windsor, seguito dai membri della famiglia reale, che hanno camminato in processione, ed era disposto sulla sua amata Land Rover con le insegne di veterano della Royal Navy (lo stesso duca di Edimburgo ne aveva progettato (Continua a pagina 103)

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la modifica, oltre, al protocollo dell’evento, fin nei minimi dettagli per 18 anni). Il corteo reale si è mosso verso l’adiacente St. George’s Chapel, dove si sono sposati, fra gli altri, Harry e Meghan. Giunti lì, i militari del Bearer Party, hanno portato la bara a spalla, salendo la scalinata della Cappella e si sono fermati alle ore 15:00 per il “National Minute Silence”. Il decano di Windsor e l’arcivescovo di Canterbury hanno accolto i partecipanti 30 persone, quasi esclusivamente i più stretti familiari. Nessun elogio funebre, ma tanti riferimenti alla Marina con le musiche più amate dal duca di Edimburgo, fra cui l’inno della Royal Navy. La regina Elisabetta II è ri-

masta da sola per quasi tutta la durata della cerimonia. Seduta nella sua Bentley, ha seguito commossa il compagno di una vita (insieme per 73 anni). Durante il rito religioso, è rimasta per tutto il tempo all’estremità anteriore del coro, vicino all’altare, vivendo il dolore in forma estremamente privata, intima, tenera e dignitosa. La salma è stata poi sepolta nella cripta reale della Cappella di San Giorgio. Prima che la bara fosse calata, il decano di Windsor ha dichiarato: «Parti per il tuo viaggio da questo mondo», mentre il coro cantava “God Save the Queen”, l’inno britannico. Sarà una sistemazione temporanea, perché dopo la morte di Elisabetta, le loro spoglie verranno trasferite al cimitero dove riposano i genitori della regina.

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Musica poetica Addio a Franco Battiato, cantautore e compositore (Ionia, 23 marzo 1945 - Milo, 18 maggio 2021). Il successo presso il grande pubblico era arrivato con una personale reinterpretazione del pop, caratterizzata da citazioni colte, un uso innovativo dell’elettronica e testi ricchi di motivi dissacranti, ma anche di richiami mistico-filosofici e melodie sapienti. Poi è passato alla produzione di lavori più raffinati con una particolare attenzione verso la tradizione erudita. Battiato è stato certamente uno dei nomi più importanti della musica italiana, ha avuto una lunga consuetudine con i piani alti delle classifiche e alcuni dei

suoi brani sono entrati nella storia del costume; negli anni ‘70 ha prodotto album sperimentali come “Fetus” e “Pollution” che hanno fatto scoprire all’Italia le risorse della musica elettronica, le concezioni più avanzate del rock e le contaminazioni con i grandi autori di musica contemporanea. In quegli anni capitava che il pubblico reagisse in modo a dir poco vivace alle sue performance volutamente ai limiti dell’inascoltabile. Quelle esperienze hanno ispirato il suo ultimo album “Torneremo ancora”, quindici tracce accompagnate dalla “Royal Philarmonic Concert Orchestra”, diretta dal maestro Carlo Guaitoli.

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S M Vita sulle punte La danzatrice classica Carla Fracci, che profumava d’Italia, (Milano, 20 agosto 1936 - ivi, 27 maggio 2021), proveniva dalla scuola del Teatro alla Scala e si era perfezionata a Parigi, Londra e New York. Romantica ed espressiva, dotata di un bellissimo port de bras, è stata interprete ideale del repertorio classico ed una indimenticabile “Giselle” (1961). Ha saputo essere, tuttavia, drammatica in “Francesca da Rimini” (1965), spiritosa in “Coppelia” (1961), lirica e intensa nel “Lago dei cigni” (1973). Qualità, queste, che le hanno permesso di eccellere sia in creazioni contemporanee quali “Romeo e Giulietta” (1958) e “Les demoiselles de la nuit” (1964) sia nei numerosi balletti per lei concepiti dal marito, il regista Beppe Menegatti, e realizzati dal coreografo Loris Gai “Pelléas et Mélisande” (1970), “Il fiore di pietra” (1973). Ha formato una coppia ideale con il danese Erik Bruhn, ma ha ballato anche con i massimi danzatori del nostro tempo (Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov, Mario Pistoni e Paolo Bortoluzzi), ospite dei maggiori teatri del mondo e prima ballerina presso l’American Ballet Theatre. Tra le sue interpretazioni più recen(Continua a pagina 106)

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ti si ricordano: “La bambola di Kokoschka” (1994); “Jeux” (1996); “Filumena Marturano” (1996); “Zelda, riservami un valzer” (1998); “Requiem per Edith Stein” (2001); “Amleto Principe del sogno” (2002); “Lady Macbeth” (2004); “Maria Stuarda, l’ultima notte” (2005); “La primavera romana della signora Stone” (2006); “La bella addormentata nel bosco” (2009). Dal 2000 al 2010 ha diretto il corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma. La sua autobiografia “Passo dopo passo. La mia storia”, è stata pubblicata dalla Mondadori, 2013, mentre nel 2014 la troviamo nel film “29200 Puthod, l’altra verità della realtà” di Marialuisa Angi. Ha lavorato con coreografi come John Cranko, Maurice Béjart e Antony Tudor ed è stata apprezzata da Eugenio Montale che le dedicò la lirica: “La danzatrice stanca”.

Pioniera d’allegria È morta all’età di 78 anni Raffaella Carrà (Bologna, 18 giugno 1943 Roma, 5 luglio 2021), definita la “Regina della tv italiana”. Showgirl, cantante, ballerina, attrice, autrice, conduttrice televisiva e radiofonica, «Raffaella ci ha lasciati. È andata in un mondo migliore, dove la sua umanità, la sua inconfondibile risata e il suo straordinario talento risplenderanno per sempre». Con queste parole Sergio Japino ha dato il triste annuncio unendosi al dolore degli adorati nipoti, di Claudia Boncompagni, degli amici di una vita e (Continua a pagina 107)

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dei collaboratori più stretti. Il suo talento, l’ombelico di fuori e i brani per l’epoca trasgressivi, come il “Tuca tuca”, la consacrano nelle case degli italiani. Indimenticabile anche lo schetch con Alberto Sordi nella Canzonissima del 1971 che, ballando, le sfiorava proprio l’ombelico con garbo. Poi arrivano i brani: “Ma che musica maestro”, “A far l’amore comincia tu” e “Fiesta”. Gli anni ‘80 sono quelli di “Fantastico” con Corrado, Gigi Sabani e Renato Zero: una media di 25 milioni di spettatori ad ascoltare la sua sigla di apertura “Ballo ballo”. È anche il periodo in cui nasce il sodalizio con Gianni Boncompagni regista di “Pronto, Raffaella?”. Dopo due anni, in Fininvest, torna a “casa” in Rai negli anni ‘90 dove raccoglie nuovi successi con “Carramba! Che sorpresa”, inventato insieme a Japino. Poi ancora tanta tv, non solo in Italia, ma anche in Spagna, dove rimane per 4 anni popolarissima con il suo “Hola Raffaella”. Al ritorno in Italia nel 1995 si ripropone con successo in “Carramba! Che sor-

presa” (1995 - 97 e 2002). Poi ancora “Carramba! Che fortuna” (1998-2000 e 2008) e “Segreti e bugie” (1999), sempre su Rai1. Conduce il “Festival di Sanremo 2001”, affiancata da Piero Chiambretti. Nel 2004 il programma “Sogni”, mentre dedicato alle adozioni a distanza è “Amore” (2006). L’anno successivo “Raffica Carrà”, raccoglie in un album le sue numerose sigle televisive. Torna su Rai2 come coach del talent show “The Voice of Italy” (2013). L’ultimo suo programma è stato “A raccontare comincia tu” (2019). Pochi giorni dopo la morte fra i numeri civici 43 e 45 della “calle de Fuencarral” la Giunta comunale di Madrid ha deciso di dedicarle una piazza.

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S M In occasione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri a cui è stata dedicato il “Dantedì”, per celebrare la sua figura nella data indicata come inizio del viaggio letterario nell’oltretomba, il 25 marzo del 1300, la “Fondazione Corriere della Sera” ha reso omaggio al Sommo Poeta. In “Noi e Dante. Leggere la Commedia nel 2021”, lezione moderata dal giornalista Paolo Di Stefano, ideatore dell’appuntamento annuale con il Presidente onorario della Crusca, Francesco Sabatini, i docenti universitari Giuseppe Antonelli, Alberto Casadei e Luca Serianni hanno indagato la figura dell’autore fiorentino da diverse prospettive: si è parlato di Dante padre della lingua italiana e, nello stesso tempo, anche icona pop e della pubblicità, senza dimenticare di soffermarsi sulla sua attualità, con particolare riguardo per quello che ha da dire alle giovani generazioni. Laboratori di realtà virtuale, videogiochi, app sulla geografia dantesca. E ancora, declamazioni, versi in rap, endecasillabi cantati in coro, sono alcune attività messe in campo dalle scuole italiane per il “Dantedì”. Una celebrazione che, quest’anno,

Sommo Day ha un valore ancora più simbolico: perché il poeta rivive nelle opere e nelle attività delle ragazze e dei ragazzi come narratore di sentimenti, paure, speranze universali e guida in questo periodo oscuro fatto di chiusure e misure di confinamento. La “Commedia” si trasforma in una metafora dei nostri tempi. Il Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi a proposito delle numerose iniziative pubbliche e private, ha voluto ringraziare «tutta la comunità scolastica per il grande impegno profuso in occasione di queste celebrazioni. Come sempre, nonostante il momento difficile, la scuola ha saputo guidare le nostre ragazze e i nostri ragazzi, condurli in un percorso fatto di studio, approfondimento, aiutandoli a far proprio il messaggio di Dante e dei suoi versi bellissimi e sempre estremamente attuali». Tanto che con “Dante in a Chatbot”, c’è stata la trasformazione digitale del poeta in un software progettato per simulare una conversazione. “GeoDante”, invece, è stata creata come app per scoprire la geografia dantesca.

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S M L’apertura di ogni cantica è stata affidata a un relatore d’eccezione che ha tenuto una lectio magistralis introduttiva alla lettura: Massimo Cacciari (3 maggio - introduzione all’Inferno), mons. Marco Ballarini, Canonico del Duomo e prefetto della Veneranda Biblioteca Ambrosiana (26 maggio - introduzione al Purgatorio) ed Elio Franzini, rettore dell’Università degli Studi di Milano (17 giugno - introduzione al Paradiso). A volere questo progetto l’arciprete del Duomo di Milano mons. Gianantonio Borgonovo e il Capitolo Metropolitano, con la collaborazione della Veneranda Fabbrica del Duomo e della Biblioteca Ambrosiana, la quale, nello stesso periodo, ha messo in mostra per il pubblico parte del suo ricco patrimonio dantesco. Sempre lì è possibile ammirare la Vetrata dantesca, di Giuseppe Bertini (1825-1898).

Una voce per Dante L’attore Massimiliano Finazzer Flory ha prestato la voce al fiorentino più illustre diventando protagonista a Milano con il progetto culturale: “Dante in Duomo”. Dal 3 maggio al 9 luglio 2021, in Cattedrale, nei pressi dell’Altare maggiore, si è tenuta la lettura integrale della Divina Commedia. Sotto la direzione artistica dell’attore, con la partecipazione di musicisti dell’Orchestra del Teatro alla Scala e degli allievi del Piccolo Teatro di Milano, ogni giorno è andata in scena la lettura di due canti dall’immortale opera dantesca.

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S M La verità ha vinto! Denisse Alois Rosita Estate 2002, un ragazzo di 17 anni, Brian Keith Banks, viene arrestato con l’accusa di stupro nei confronti della compagna Wanetta Gibson. Brian era una stella nascente di football americano, del liceo “Polytechnic High School” di Long Beach, con la possibilità di frequentare un college prestigioso e giocare come professionista (nel ruolo di linebacker). Il suo sogno: distrutto. La compagna lo accusa di averla trascinata per i corridoi della scuola e stuprata; fa causa all’istituzione scolastica e riceve 1,5 milioni di dollari. Banks, si trova davanti a un bivio: scegliere di difendersi e rischiare di passare 41 anni all’ergastolo, oppure, patteggiare e trascorrere 6 anni in prigione e 5 anni di libertà vigilata, decise di patteggiare. Nel marzo 2011, Gibson contatta Banks su Facebook; s’incontrano e lei, ammette di essersi inventata tutta la storia. L’appuntamento era segretamente registrato. Il ragazzo, si rivolge al “California Innocence Project” (CIP), presentando le evidenti pro-

ve d’innocenza all’ufficio del procuratore distrettuale di Los Angeles, il quale, avvia un’indagine sul caso. Il 24 maggio 2012, Mark C. Kim, giudice della Corte Suprema di Los Angeles, esaminando i riscontri, stabilisce che la condanna di stupro era stata ingiusta, annullando così l’accusa. Fine dell’incubo per il non più giovane Brian Banks che, fuori dal tribunale, dichiara: «Arriva un momento in cui devi lasciare andare per andare avanti. L’unica cosa che non avrei lasciato andare era questa lotta». Uscito dal carcere, tenta di riprendere la propria carriera. Giocherà solo nel 2012 con i “Las Vegas Locomotives” della United Football League (UFL) e nel 2013 per gli “Atlanta Falcons”, della National Football League. Da questa storia è stato tratto il film “Brian Banks” (2018), uscito in Italia come “Brian Banks. La partita della vita”, regia di Tom Shadyac; interpretato da: Aldis Hodge, Greg Kinnear, Sherri Shepherd, Melanie Liburd e Morgan Freeman.

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Che bollicine Mattia Marino La Conegliano della pallavolo, guarda il Vecchio continente dall’alto. Per la CEV Champions League Super Finals, all’AGSM Forum di Verona in campo le formazioni femminili della Imoco Volley Conegliano e della Vakifbank Istanbul. Il match tra le due “potenze” inizia in maniera scoppiettante: subito protagonista l’attacco turco, incontenibile dalla linea difensiva italiana. Concesso il primo set alla squadra ospite, la Imoco frena le offensive della Vakifbank, contrattaccando con due ragazze titolari anche nella Nazionale italiana: una inarrestabile Paola Egonu (Opposto/ Schiacciatrice) e una Monica De Gennaro (Libero) che s’ingegna per arrivare a palle praticamente perse, facendo valere tutto il proprio bagaglio tecnico frutto di 18 anni in A1. Vinto il secondo set, il terzo viene perso per la stanchezza fisica

e mentale delle atlete; tanti muri subiti da Conegliano e potentissime schiacciate delle avversarie. Il quarto inizia con una Imoco in testa, che conduce a suon di missili grazie alla offensiva. Arrivati sul 22 a 21, c’è il pareggio e il sorpasso della Vakifbank, pedinata da Conegliano, che poi ne approfitta e si porta a casa il parziale, grazie a una schiacciata fuori del rettangolo di gioco dalla statunitense Michelle Bartsch. Sul 2 a 2 si entra nel quinto partendo già in salita. La Imoco, tuttavia, si risveglia dopo un timeout, riportandosi in testa con Paola Egonu. Le Pantere giungono al pareggio con Istanbul sul 10 a 10, ma riescono a colpire soprattutto psicologicamente, mostrando una lucidità mentale e una determinazione esemplare. Conegliano si porta avanti di 4 punti, ricevendo un bel regalo di tre matchpoint, per guadagnarsi il titolo. Nell’ultimo la Egonu scarica una schiacciata che termina fuori. L’allenatore, chiama un challenge per sospetto tocco del muro. Dopo secondi che sembrano infiniti, arriva la conferma da parte del capo arbitro e il dominio europeo è certificato. Prosit!

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Sogni ad occhi aperti Simone Marieni Saugella Monza, prima in Europa. La formazione del coach Marco Gaspari ha surclassato il Galatasaray HDI, 0-3 (17-25, 19-25, 19-25) davanti a suoi tifosi nel Burhan Felek Voleybol Salonu di Istanbul. La conquista della “CEV Cup 2021” è arrivata dopo la vittoria in Brianza. Heyrman e compagne hanno dominato senza tentennamenti grazie a 16 muri, un ritmo altissimo in attacco e grande precisione in difesa, oltre alla regia della migliore in campo, Alessia Orro. Vinti i primi due set, quelli che bastavano per alzare il trofeo, con le bordate di Van Hecke, Begic, Meijners ed Heyrman, oltre ai muri di Danesi e alle difese di Parrocchiale, Gaspari ha preferito dar spazio alla panchina, ma la musica non è cambiata. Il Galatasaray non è riuscito a trovare gli stimoli per rientrare in partita, permettendo a Monza di ritornare a trionfare, per la seconda volta nella propria storia.

Roster delle formazioni: Galatasaray HDI ISTANBUL: Eroglu, Akin, Uygur, Onal, Kosheleva, Rykhliuk, Karadayi (L), Cayirgan (L), Salih, Hacimustafaoglu, Aydin, Karaagac. Non entrata: Ericek. Allenatore Ataman Güneyligil. Saugella Monza: Heyrman, Van Hecke, Orro, Begic,, Danesi, Meijners, Negretti (L), Parrocchiale (L), Carraro, Squarcini, Orthmann, Obossa, Davyskiba. Allenatore, Marco Gaspari.

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Alessia Orro, Anna Danesisaranno e Gianluc Tokyo per l’talia del volley alla XXXII ed. dei G


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La formazione maschile del Consorzio Vero Volley Monza non ha raggiunto la vetta della Superlega e Coppa Italia Superlega (entrambe vinte dalla A.S. Volley Cucine Lube Civitanova), ma ha conseguito, comunque, risultati sopra ogni aspettativa. Nonostante sia mancato il calore del pubblico, per le restrizioni legate alla pandemia, la società ha avuto eccellenti risultati nelle diverse competizioni. Durante la stagione ha centrato importantissime vittorie contro squadre prestigiose come Milano e Perugia (finalista play-off scudetto) che gli hanno permesso di ottenere il 4° posto nella regular season. Il percorso di questi ragazzi li ha visti sempre impegnati, uscendo dal campo da gioco a testa alta. La posizione di classifica ottenuta in campionato ha permesso alla squadra brianzola di essere nei play-off (le migliori 6). Al primo turno ha battuto una sorca Galassi a Giochi Olimpici prendente Vibo Valentia e

in semifinale ha dovuto arrendersi, impegnando la fortissima Sir Safety Perugia. Importante è il lavoro svolto dalcoach Massimo Eccheli che ha guidato la squadra spronandola ad ogni partita. Nel roster si sono distinti: l’opposto Lagumdzija, vera e propria rivelazione di questa stagione, si è distinto grazie a punti e colpi nel suo primo anno in Superlega; Dzavoronok, diventato ormai il top player della squadra; Lanza e Holt, i quali hanno portato esperienza in una squadra giovane; Orduna, punto fermo da molti anni; Galassi, ha portato solidità a muro; il giovanissimo libero Federici diventato titolare. Per la prossima stagione, la pima squadra, avrà sette atleti confermati e sette nuovi acquisti, si prospetta un cammino elettrizzante: il ritorno in Europa, che coinciderà con l’esordio in CEV Cup dopo l’avventura in Challenge del 2018-2019, e l’ottava partecipazione consecutiva al massimo campionato di pallavolo italiano: la SuperLega Credem Banca.

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L’Europa a scuola d’italiano

L’Italia del pallone campione d’Europa. Ai rigori ha battuto 4-3 l’Inghilterra nel suo tempio di Wembley! Mancini conferma quasi tutti i protagonisti della semifinale vinta, sempre dal dischetto, con la Spagna. Gli inglesi hanno iniziato meglio di noi, perché la nazionale di Southgate è già in vantaggio al 2’: Kane taglia il campo per la corsa di Trippier, difesa italiana in ritardo e sinistro vincente al volo di Shaw che sfrutta il cross. Si soffre per mezz’ora non riuscendo a gestire il gioco, perdendo i contrasti, finendo spesso in fuorigioco. La

migliore chance per il pari prima dell’intervallo è un sinistro di Chiesa che fa tutto da solo e manda il pallone fuori di poco. Mentre le squadre sono negli spogliatoi, in tribuna il Presidente Mattarella viene raggiunto dal tennista italiano Matteo Berrettini, che aveva concluso da poco, la sua gara sul prato di Wimbledon perdendo in finale col n° 1 del tennis mondiale Novak Đoković. Il Capo dello Stato, facendogli i complimenti, gli ha detto che il giorno dopo, a prescindere dal ri-

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sultato suo e degli Azzurri, sarebbero stati ospiti al Quirinale. Tutta un’altra Italia nella ripresa, rilanciata anche dai cambi del CT (subito fuori Barella e Immobile per Cristante e Berardi). Col passare dei minuti, la Nazionale acquista fiducia e metri sul campo. Al 67’ arriva il sospirato pareggio: Chiellini va giù in area su un corner, Verratti è rapido a colpire di testa, Pickford smanaccia sul palo e Bonucci insacca sulla ribattuta. Il punteggio non cambia più fino al 90’. Si va ai supplementari, ma il pareggio resta e servono i rigori, come contro gli Iberici. Ecco la sequenza: Berardi gol, Kane gol, Belotti parato, Maguire gol, Bonucci gol, Rashford palo, Bernardeschi gol, Sancho parato, Jorginho parato, Saka parato. A sbagliare i tre nuovi entrati dalla panchina. Donnarumma, miglior calciatore di Euro 2020, diventa protagonista con la sua altezza (1,96) e agilità. Ne para due e regala all’Italia il trono continentale, di fronte a sessantamila tifosi scatenati, senza accorgersene, tanta era la sua concentrazione. I Tre Leoni sono stati domati, li abbiamo trasformati in cuccioli, onorando al meglio la vittoria, trentanove anni

fa, della Coppa del mondo in Spagna. La BBC nel suo account Twitter, aveva scritto: «Italia, hai vinto l’Eurovision (Song Contest, con i Måneskin ndr), non puoi vincere anche gli Europei. Non essere ingorda». Ci spiace averli delusi e, dopo il podio più alto dell’ESC, gli Azzurri, espugnano Wembley, un trionfo storico, che ci mancava dal 1968. L’Italia torna ad alzare un trofeo dopo 15 anni di digiuno, l’Inghilterra rinvia l’appuntamento. Festeggiamo noi con caroselli, bandiere e fuochi d’artificio.

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Il tricolore vince sui tre leoni

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Roma

Roma

Festa “Nazionale” dopo 53 anni Milano

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Bernalda (MT)

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Imparare a sbagliare meno

Solo l’alieno Novak Đoković poteva fermare il sogno del nostro Matteo Berrettini (Roma, 12 aprile 1996) a un passo dall’essere il primo italiano a vincere Wimbledon. Il serbo, n° 1 del mondo, rimonta in quattro set (6-7, 6-4, 6-4, 6-3) e porta a casa il trofeo più ambito al mondo per la sesta volta in carriera, raggiungendo a quota 20 Slam gli altri due “marziani” Federer e Nadal. Berrettini arriva a conquistare

il “Piatto d’argento” dopo due settimane intense e presentandosi ai giornalisti dichiara: «É stata una bella stagione sull’erba, ho vinto il Queen’s e fatto finale Wimbledon. Oggi non penso di aver giocato il mio miglior match, ma il merito è di Djokovic che non mi ha fatto giocare come volevo. Per me sono state due incredibili settimane. So che posso vincere questo titolo e lavorerò per questo nelle prossime settimane e mesi per cercare di alzare questo trofeo». Il vincitore, lodando il tennista italiano, sottolinea che è stata più di una battaglia durissima, «ma sono sicuro che ha una carriera davanti a lui. Ha il martello al posto del braccio, ho ancora i segni sulla pelle». Analizzando a freddo l’incontro, Matteo evidenzia le caratteristiche tecniche, stilistiche e mentali dell’avversario: «Le maggiori difficoltà me le ha create nel modo in cui ha neutralizzato il mio servizio e il mio diritto e le sensazioni che ti lascia. Il suo servizio è migliorato incredibilmente e dal punto di vista (Continua a pagina 121)

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tattico è probabilmente il miglior giocatore insieme a Roger, perché ti studia e aggiusta il gioco durante il match. Ho bisogno d’incontri come questo… Se il tennis è entrato un po’ nelle case degli italiani grazie a me ne sono felice». A proposito dei suoi prossimi appuntamenti (c’erano le Olimpiadi di Tokio 2020, ma non ha partecipato per un risentimento muscolare), aveva detto: «Pensando da che periodo arriviamo questo rende questi momenti ancora più speciali. La medaglia delle Olimpiadi? L’affrontiamo un pezzo alla volta. Vado a Tokyo perché penso di vincere una medaglia ed è sicuramente un obiettivo». L’Italtennis conserva

tre giocatori fra i primi 30 e dieci nei top 100 della classifica mondiale maschile. Matteo Berrettini (entrato in top ten a novembre 2019: quarto italiano nell’Era Open a riuscirci), con il suo secondo posto risale momentaneamente di una posizione, riprendendosi l’ottava poltrona davanti a Roger Federer.

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S M Tropea (VV) è il “Borgo dei Borghi” 2021. Durante la trasmissione del 4 aprile “Alle Falde del Kilimangiaro” condotta da Camila Raznovich, 20

Perla fatale

paesini, uno per ogni regione d’Italia erano in lizza per aggiudicarsi il titolo. Sul podio Tropea (Calabria) a seguire Baunei (Sardegna) e Geraci Siculo (Sicilia). A decretarlo i telespettatori (hanno votato dal 7 al 21 marzo) e una giuria composta da: Rosanna Marziale, Mario Tozzi e Jacopo Veneziani.

La leggenda vuole che, Tropea dal latino “tropaea” «vento alterno» sia stata fondata da Ercole quando, dallo stretto che porta il suo no-

me (attuale Gibilterra), si fermò sulle coste del Mezzogiorno d’Italia. La storia del borgo inizia in epoca romana, allorché Sesto Pompeo sconfisse Cesare Ottaviano. A sud del paese, i romani avevano costruito un porto commerciale, di cui parlano Plinio e Strabone.

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TROPEA

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2021 Ebbe un ruolo importante anche sotto Bisanzio: molte sono le testimonianze di quel periodo, come la chiesa sul promontorio, il “Santuario di Santa Maria dell’isola”, di fronte alla cittadina, simbolo della città. Prosperò anche sotto il

lungo il Tirreno meridionale, che si estende da Pizzo Calabro a Nicotera. Spicca su quella che è chiamata, “Costa degli Dei”, perché anticamente si diceva che lì vi avessero preso dimora, scegliendola per la sua bellezza paesaggistica e i suggestivi panorami delle Isole Eolie.

dominio degli Aragonesi. Di notevole interesse è la “Cattedrale di Maria Santissima di Romania”, edificio del 1100, in stile romanico, contenente la sacra effigie della “Madonna di Romania”, protettrice della città e la Chiesa del Gesù. Ora è il centro più importante posto

Ha una morfologia variegata composta da lunghe spiagge bianche e rocce frastagliate che creano piccole calette raggiungibili solo a piedi o in barca. Località ad elevata vocazione turistica, è conosciuta anche a livello internazionale, tanto da meritare la dicitura “Perla del Tirreno”.

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Pitagora, tradizioni e spiagge Saranno cinque quest’anno le spiagge lucane premiate con la “Bandiera blu”: lido di Metaponto, di San Basilio e 48, lido nord e sud di Policoro, Nova Siri Lido e Maratea. Il tanto ambito riconoscimento, istituito nel 1987 dall’organizzazione non-governativa e no-profit FEE (Foundation for Environmental Education), viene assegnato alle località turistiche balneari che soddisfano criteri di qualità relativi, alla pulizia delle spiagge, delle acque di balneazione e ai servizi offerti. Metaponto, frazione del comune di Bernalda (MT) dal 1933 (prima era di Pisticci), è sta-

ta fondata dagli Achei del Peloponneso (Eusebio dà l’anno 773), con il concorso di altre genti (Beoti, Focesi, Acarnani). L’indagine archeologica tende, però, ad abbassare di circa un secolo tale data. La ricchezza della colonia greca (raffigurata da una spiga nelle sue monete) si basava sull’estensione e la fertilità del territorio delimitato dai fiumi Bradano e Basento. Fu alleata di Sibari e Crotone e grazie ad esse riuscì a conquistare la Siritide. Offrì asilo a Pitagora (Samo 570 a.C. - Metaponto 490 ca a.C.) filosofo e scienziato, quando fu bandito da

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BANDIERA BLU

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Crotone, che insegnò lì fino a tarda età. La sua scuola vi pose profonde radici. L’area sacra è caratterizzata da edifici templari in stile dorico (Tempio di Hera e di Apollo Liceo, detto anche Chiesa di Sansone); ionico (tempio di Artemis) e da un sacello probabilmente dedicato ad Atena, realizzati dal VI al V secolo a.C. Nell’agorà si distingue l’imponenza architettonica del teatro che nel IV secolo a.C. sostituisce un edificio arcaico destinato alle assemblee cittadine. Simbolo dell’antica città greca sono le affascinanti “Tavole Palatine”, dodici colonne in stile dorico, resti del “Tempio di Hera” extraurbano. Dopo la guerra fra Pirro e i Romani, Metapon-

tum fu alleata di Roma, ma durante la seconda guerra punica passò dalla parte di Annibale che vi stabilì dopo il 210 il suo quartier generale. Ripresa dai Romani, fu città federata, poi municipio, fiorente ancora nel I sec. a.C., decaduta in epoca imperiale, fu distrutta completamente dagli Arabi. Dopo alterne vicende nel Medioevo, perse progressivamente importanza fino al ‘900, quando, grazie alle opere di bonifica iniziate dal fascismo, è diventata una delle spiagge più apprezzate e amate per gli arenili sabbiosi, che attirano in estate turisti italiani e stranieri.

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