



Giornale del Gruppo Alpini di San Giorgio di Nogaro
Distribuito gratuitamente ai soci
AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI UDINE NUMERO 2/18 del 30-01-2018
DIRETTORE RESPONSABILE
Davide De Piante
REDAZIONE
Davide De Piante, Miriana De Piante, Valentino Loi, Michele Martin, Giovanni Sguassero, Anastasia Stella, Mentore Valandro
HANNO COLLABORATO
Luisella Bonetto, Francesca Ciroi, Davide De Prato, Maria Fanin, Nicola Salvato, Annalisa Schiffo, Angelo Sigalotti, Marco Zanon
GRAFICA
Gruppo A.N.A. San Giorgio di Nogaro
STAMPA
Rosso cooperativa sociale
Gemona del Friuli (UD) Numero copie stampate 400 Copyright © 2025
CAPOGRUPPO
Davide De Piante
VICE CAPOGRUPPO Valentino Loi
CONSIGLIERI
Giancarlo Bidoggia, Piergiorgio Bramuzzo, Francesco Cargnelutti, Augusto Cazzola, Samuele Del Bianco, Lino Marchi, Michele Martin, Franco Moni, Giovanni Pittis, Lucio Taverna, Luciano Tavian
CONSIGLIERI
Francesco Mastroianni, Mentore Valandro
Gabriele, Matthias e Sophia
Sono gli allievi dei Campi Scuola di 1a fascia che si sono iscritti al nostro Gruppo come aggregati
Via Carnia, 9 33058 San Giorgio di Nogaro (Ud)
Noi ci giochiamo il futuro!
L’inizio dell’anno è legato alla ripresa dell’attività ed è il momento di mettere in pista e programmare le attività future; oltre a quelle tradizionali, dobbiamo cercare di uscire da quella “zona di confort” che, a lungo andare, potrebbe privarci dell’entusiasmo positivo e propositivo.
Ed è anche il periodo del tesseramento dei soci, alpini e aggregati.
Ringraziamo fin d’ora i nuovi soci che sono entrati a far parte del nostro sodalizio.
E proprio parlando di iscritti e di attività, iniziamo a spoilerare qualcosa di nuovo il cui primo segnale è visibile dalla copertina; ebbenesì, mi riferisco ai GIOVANI.
Il nostro Gruppo, nel corso degli ultimi anni ha intensificato la propria attività nei Campi Scuola e questo ci ha consentito di coinvolgere i giovani del nostro territorio. Sono figli, nipoti di alpini ma anche persone che sono entrate in contatto con noi ed apprezzano quello che facciamo e per come lo realizziamo.
Abbiamo così iniziato a tesserare alcuni allievi dei Campi Scuola ANA, abbiamo proseguito con i tutor dei Campi della Protezione Civile ed ora, ufficialmente con l’Assemblea dei Delegati della Sezione (leggete a pag. 5), abbiamo iscritto gli allievi dei “campi piccoli” (hanno 13 e 14 anni).
Lo abbiamo fatto perché crediamo nelle nuove generazioni; non vogliamo sostituirci ai genitori bensì aiutarli a creare quella sensibilità, attenzione e “modo di fare” che è proprio degli alpini e che, ne sono fermamente convinto, possa essere loro di aiuto per l’inserimento nella società. In concreto, li coinvolgeremo nella nostra attività, magari con compiti semplici ma che permetta loro di mettersi in gioco e di farlo in autonomia. In sostanza desideriamo valorizzarli!
… se sono rose fioriranno e noi prepariamo il terreno perché questo avvenga!
Davide De Piante
Piove e c’è un freddo penetrante.
Ma oggi, 26 gennaio 2025 si tiene l’assemblea annuale dei soci del nostro sodalizio.
Certi riti e tradizioni non vanno cambiate perchè fanno parte del nostro essere... la S. Messa in ricordo dei soci “andati avanti”, l’alzabandiera, la parte ufficiale della presentazione delle attività e il buffet finale.
Quest’anno, dopo parecchi anni di onorato servizio... la lampada del proiettore ha deciso di smettere di funzionare e così la presentazione dei video e delle immagini non ha sortito l’effetto sperato.
Alla fine sono circa 40 i presenti in sala con alcune facce nuove, di soci non più giovani, che vogliono curiosare cosa facciamo.
In questa pagina, riteniamo oppurtuno sintetizzare l’attività del Gruppo nel 2024. Lo facciamo perchè il lavoro fatto assieme ha incrementato considerevolmente il nostro operato.
Questi due grafici ci parlano di numeri legati alle donazioni e alle ore prestate dal nostro sodalizio che, mai fino ad adesso, avevamo raggiunto. Un traguardo importante perché, come confermato da più parti, accanto alla capacità organizzativa il Gruppo è in grado di fornire un servizio di qualità, aggettivo che ci sprona a cercare di migliorarci ancora.
E, come recita il motto del 7° Reggimento Alpini “ad excelsa tendo”
Il Presidente consegna le tessere ai giovani aggregati
di Davide De Piante
Quest’anno, l’Assemblea dei Delegati si è tenuta a Torviscosa. Cambia paese, cambiano le modalità ma l’organizzazione dei Gruppi della Sezione è sempre all’altezza.
Dopo la relazione morale del Presidente Stefano Padovan, nel mio intervento ho spiegato all’assise le emozioni provate nei Campi Scuola.
Partendo da quelli nazionali (16-24 anni) arrivando a quelli della Protezione Civile (10-15 anni), ho sviluppato il concetto dei valori che noi adulti dobbiamo trasmettere ai ragazzi.
Dobbiamo dare loro fiducia e autonomia affinchè migliori la loro autostima e la capacità organizzativa.
Ho così chiamato la tutor Miriana (Erika e Angelo erano assenti) che anche grazie ai Campi Scuola ha preso consapevolezza dell’ANA. Infine, ho invitato al mio fianco gli allievi quattordicenni Sophia e Matthias (Gabriele era assente).
Tutti loro si sono iscritti al Gruppo alpini con la promessa di coinvolgerli nelle attività affidando loro compiti e mansioni specifiche adatte a loro.
Come Campo Scuola di San Pietro, affideremo loro degli incarichi che dovranno svolgere SOLI e in autonomia. Non saranno compiti impegnativi o rischiosi ma avranno modo di imparare un metodo e un sistema di organizzazione.
Questo ci consentirà di formarli e di educarli alla vita di comunità nel rispetto delle regole che stanno già apprendendo dai loro genitori. Sono giovani e quindi DEVONO fare i giovani, non è nostra intenzione quella di trasformarli in soldatini o robot comandati.
Alla fine del mio intervento ho chiesto al Presidente Stefano Padovan di consegnare la tessera di iscrizione, tessera che, nell’immagine in prima pagina (che abbiamo fatto in un secondo momento), i giovanotti mostrano con orgoglio.
Escursione invernale al Rifugio Zacchi
di Davide De Piante
Sulla destra il Mangart, al centro il Piccolo Mangart di Coritenza e sulla sinistra la Veunza
“Novità: al chiaror di luna”.
Questa è la causale scatenante che mi ha spinto ad aderire, anche se in extremis, a questa escursione dai Laghi di Fusine al Rifugio Zacchi organizzata dalla nostra Sezione.
In inverno avevo già fatto qualche camminata (compreso un corso ghiaccio con il CAI).
In notturna sono sceso dal Rifugio De Gasperi con un buio pesto (avevo 16 anni, ero con lo zio ed avevo conosciuto una ragazza tedesca quindi tutto sembrava semplice).
Ma... ma... camminare sulla neve illuminati da una stupenda luna piena non mi era mai successo.
Gli occhi si abituano subito alla semi oscurità e le pile frontali rimangono spente per non rovinare l’ambientazione. Non c’è inquinamento luminoso e si possono vedere una moltitudine di stelle che brillano nel cielo con varia intensità.
Da profani riconosciamo facilmente l’Orsa Minore e l’Orsa Maggiore ma sono certo che gli appassionati astrofili
avrebbero potuto sbizzarrirsi.
Della quarantina di persone, oltre a me, ci sono Matthias, Miriana ed Emanuele. Partiti alle 17 dal Lago di Fusine Superiore (dove si specchia maestoso il Mangart), raggiungiamo il Rifugio Zacchi per ora di cena e dopo un fugace panino all’aperto (causa esaurimento posti non abbiamo potuto cenare in rifugio) con annesso congelamento delle dita, scendiamo al parcheggio.
Il termometro della macchina segna -11°C ma le emozioni provate e la compagnia hanno reso meno fredda questa bella diversa ed originale serata.
Cosa ci resta di questa uscita?
Le belle foto notturne che abbiamo scattato e qualche immagine “infreddolita” dei partecipanti.
IlcodiceQRquiafianco vi permetterà di visualizzare la nostra galleria fotografica
I nostri atleti al Campionato Sezionale e Nazionale ANA
Ecco alcuni commenti dei nostri sulla gara di Tarvisio (del Gruppo eravamo in 8 partecipanti).
Manuel: “Per il secondo anno consecutivo ho partecipato al trofeo sezionale di slalom “Rinaldo Paravan”. Devo dire sempre assolutamente emozionante trovarsi in attesa della discesa. Quest’anno la mattinata era particolarmente fredda e la pista a causa della poca neve ghiacciata non naturale si presentava più impegnativa che mai.
In attesa dell’apertura del mitico cancelletto che darà la misura dei nostri tempi si ride e si scherza almeno per scaldarsi... dopo di che via. Chi si classificherà nelle prime posizioni sono ovviamente i più forti senza grandi sorprese... gente che scia con risultati da anni e che ha fatto dello sci la propria passione... non sfigurano però gli altri che si piazzano bene e in qualche caso in zona podio! Qualcuno finisce anche fuori alla quarta porta presa con troppa foga (ndr) ma quello che conta come dicevano i saggi... è partecipare!!
La conclusione appaga comunque tutti con un bel piatto di pasta e qualche bicchiere di vino a stemperare qualche delusione ed accompagnare l’entusiasmo dei primi classificati. Come sempre comunque possiamo dire di aver vinto tutti soprattutto per aver trascorso una giornata sulla neve con la consueta ospitalità meravigliosa della comunità della Valcanale “.
La Redazione
Ranieri invece ci confida “direisemplicementeunastupendagiornataall’insegnadellosportedeldivertimento, bello il contesto, bello il tracciato e bellissima la compagnia. Poi, quando vinci, è ancora tutto più bello“.
...cosa dicono due dei nostri tre atleti sulla gara di Domodossola?
Ranieri: “Il campionato nazionale di slalom gigante a Domodossola è stato una bellissima esperienza,sicuramentedareplicare;paesaggi dafiabamaivistiemontagnesconosciute.Bellissimo il tracciato, peccato per qualche errore ditroppo,macomplimentiagliamiciAlpini per il bellissimo week end trascorso”.
Antonio: “Bella giornata passata assieme ai 344 concorrrenti, abbiamo finito bene la gara anchesechipartivatraiprimi...Ranieri,èstato più fortunato“.
Riprende “A Cena con la Storia”
di Annalisa Schiffo e Francesca Ciroi
Il campo di concentramento di Gonars era situato lungo l’attuale Strada Alta. Fu realizzato nell’autunno del 1941 da parte del regime fascista per accogliere prigionieri russi che mai vi arrivarono.
Solo nella primavera del 1942 il campo fu utilizzato per internare migliaia di civili rastrellati nell’ex Jugoslavia, allora occupata dall’esercito italiano. Gli internati arrivarono in diverse tranches; inizialmentegiunseropersonaggidicuisitemevanopotenziali opposizioni, tra questi vi erano: intellettuali, insegnanti, artisti, studenti ma anche artigiani e operai. Successivamente iniziarono ad arrivare anche anziani, bambini e donne.
Spesso i prigionieri provenivano da altri campi di concentramento,moltidalcampodiArbe(Croazia), uno dei campi peggiori, di conseguenza molti erano già notevolmente debilitati. Fonti dicono che in alcuni momenti il numero dei rinchiusi aveva raggiunto addirittura 6.000 persone, anche se il campo aveva una capienza massima di 3.000.
Nel campo, gli internati erano sorvegliati da militari italiani e all’interno vi era anche un medico che si prendeva cura anche della salute dei militari. Tuttavia molti imprigionati persero la vita all’interno del campo.
Il campo fu attivo fino all’8 settembre 1943 quando con la caduta del regime e la resa dell’Italia i rinchiusi furono liberati.
Ora, passeggiando nell’area del campo di concentramento, non è visibile quasi nulla. Guardando a fondo si possono scorgere solo le tracce del perimetro di alcune baracche. Tuttavia, grazie alle varie fonti, le informazioni che abbiamo in relazione a ciò che avvenne nel campo e a come appariva sono cospicue.
Nel 2009 l’Amministrazione comunale di Gonars ha fatto erigere in loco delle steli mosaicate che, assieme al sacrario sito nel cimitero comunale, commemorano i fatti.
“Memorie della nostra gente” è una raccolta di interviste effettuate agli abitanti del Comune di Gonars che potevano avere memoria di quanto accadde nel campo di concentramento fascista attivo dal 1942 al 1943.
L’immagine che è stata scelta per la copertina parla chiaro, il campo si osservava da fuori. Il libro ha infatti lo scopo di offrire un punto di vista esterno, il punto di vista di chi viveva la propria vita in paese e nel campo non ci poteva entrare, ma in merito aveva ricordi autentici, capaci di restituire lo spaccato vivido di un passato che non dev’essere dimenticato.
La ricerca che ha portato alla pubblicazione di questo volume è iniziata nel 2011 da un’idea dell’allora assessore alla cultura del Comune di Gonars, Emanuele Baggio, che diede poi l’incarico all’associazione storica Stradalta, della quale noi facevamo parte.
Si decise di inviare una semplice lettera a tutti i residenti del Comune di Gonars nati fra il 1914 e il 1934; alla lettera risposero 31 persone e nel marzo del 2011 iniziammo le interviste. A tutti furono poste le stesse domande, in modo tale da delineare informazioni base e facilitare il ricordo. Quando il ricordo affiorava spontaneamente veniva lasciata libera parola all’intervistato in modo tale da permettere al flusso della memoria di proseguire senza interruzioni. Certamente c’è chi ha ricordato di più, chi di meno, ma tendenzialmente i testimoni hanno mostrato molti ricordi comuni, come ad esempio: “l’arrivoalcampodeiprigionierichevenivanoscortatia piedidallastazionediBagnariaArsa,lapermanenzanel campo, i militari addetti alla sorveglianza che si recavano spesso in paese, alcuni di loro sposarono ragazze di Gonars e la liberazione”. Dopo la liberazione, molti testimoni ricordano queste persone affamate e impaurite che vagavano lungo le strade del paese, incredule di essere state finalmente liberate. Tra gli episodi raccontati, uno dei più toccanti riguardava il momento in cui ci si rese conto della presenza di bambini tra i prigionieri. Infatti, tra tutte le testimonianze raccolte, l’aspetto che ha colpito maggiormente è stato il lato umano: il gran-
de rispetto e la solidarietà dimostrata dai gonaresi nei confronti dei prigionieri. Il testo è dunque una raccolta di interviste che certamente non aggiunge nulla da un punto di vista storico, ma accresce ulteriori attestazioni e spunti di riflessione; è un volume che va a infittire quella rete di informazioni già in possesso. Certo, le voci che sono state trascritte su queste pagine non sono molte, sono solo il 10% di tutte le persone invitate a partecipare, ma queste voci sono comunque importanti e, a maggior ragione, non essendo state selezionate ci fanno comprendere che tutti più o meno avevano dei ricordi simili e che la maggior parte della popolazione aveva conosciuto la stessa realtà in merito al campo; queste erano le informazioni che giungevano in paese.
Infine, ci preme rimarcare che questo libro voleva essere anche un incoraggiamento rivolto ai giovani, all’importanza di conoscere le proprie radici, partendo dal confronto con un familiare o un conoscente anziano.
Il dialogo arricchisce e crea un filo conduttore importante fra le generazioni nonché il mantenimento della memoria collettiva.
Un ringraziamento speciale va a tutte le persone che hanno condiviso con noi i loro ricordi, accogliendoci nelle loro case e regalandoci uno sguardo prezioso su un passato che merita di essere conosciuto e tramandato.
L’ISIS
A Cervignano, nell’area interna del Malignani, abbiamo assistito ad una buona integrazione tra le diverse realtà presenti all’evento: la PC ANA e la PC Comunale. Ognuno è stato parte di un’organizzazione che, pianificata nei minimi dettagli, ha dato il suo frutto e, speriamo, porti nuova linfa giovane. I 250 ragazzi (3a e 4a superiore) hanno potuto così conoscere cosa fanno le specialità della PC. Oltre alle Squadre Comunali di San Giorgio di Nogaro, Cervignano, Torviscosa e Palmanova, c’erano i volontari delle specialità dell’ANA. Una pasta all’alpina finale per tutti ha coronato un buon coinvolgimento e collaborazione reciproca.
Anche per questo progetto, ho collaborato per quanto mi è stato possibile per la migliore riuscita, presentando le squadre sezionali ed in particolare l’attività svolta a livello di protezione civile a livello nazionale con l’Ospedale da Campo: le varie figure presenti nelle squadre sanitarie quali soccorritori, infermieri, medici, psicologi e veterinari.
È stata fatta una presentazione del sistema emergenza regionale 112 con i due livelli di risposta. Ho verificato l’apprendimento dei ragazzi riguardanti i parametri vitali e ho fatto una breve dimostrazione dell’uso del defibrillatore, pubblicizzando anche il diffondersi di questo strumento salvavita. Credo che comunque sia un’attività di conoscenza diffusa per i nostri giovani e che qualcuno si sia incuriosito e magari abbia intenzione di provare le diverse realtà non solo dell’ANA che svolgono attività di protezione civile. (Davide De Prato)
Briefing iniziale con le squadre comunali
I giorni 7 ed 8 marzo all’Istituto Malignani di Cervignano del Friuli si è tenuta l’iniziativa denominata “L’ISIS Bassa Friulana incontra la Protezione Civile”; ogni specialità organizzava una sua postazione in cui poteva spiegare ai ragazzi di che cosa si occupasse e mostrare alcune sue attrezzature. Io ero con la Squadra Alpinistica di Pordenone ed abbiamo deciso di allestire un gazebo con esposte alcune foto dei nostri interventi, ma anche una teleferica per mostrare come spostare rapidamente materiali e uomini, ed una risalita e discesa autonoma su corda.
Moltissime sono state le adesioni delle classi per prendere parte a questa manifestazione, alcuni di loro già li avevo in contrati il 27 gennaio quando assieme a Davide De Prato avevamo presentato la PC ANA ai ragazzi da un punto di vista prettamente teorico.
La vera bellezza di questa due giorni è stata mostrare tutta la struttura della Protezione Civile con una rappresentanza per ognuna delle sue specialità, c’erano infatti i sanitari, le telecomunicazioni, l’antincendio boschivo, la logistica, i droni ed i cinofili. Le due mattinate si sono chiuse con un bilancio sicuramente positivo, ed ora il nostro sguardo mira alla partecipazione dei Campi Scuola ANA per ragazzi dai 17 ai 24 anni dove, chi si iscriverà dal sito online, potrà approfondire giorno per giorno ognuna di queste interessanti specialità e, perchè no, un giorno decidere di farne parte. (Angelo Sigalotti)
Una serata informativa... particolarmente dibattuta
In una lungimirante prospettiva di stimolo e sensibilizzazione, il Gruppo ANA di San Giorgio di Nogaro, ha organizzato lo scorso 10 gennaio 2025 presso la Barchessa di Villa Dora, una serata informativa e di sensibilizzazione sul tema della sicurezza e circolazione stradale, coinvolgendo in qualità di relatore il dott. Nicola Salvato, Comandante della Polizia Locale della Comunità del Collio. Il Codice della Strada, varato con Decreto Legislativo n. 285 del 1992, oggetto di innumerevoli aggiornamenti proprio in virtù della metamorfosi sociale che in particolare interessa il mondo della circolazione stradale correlata all’andamento dei dati relativi all’infortunistica, ha reso evidente la necessità di intervenire con varie modifiche ed inasprimenti sanzionatori al fine di abbattere drasticamente il numero degli incidenti e tutelare maggiormente il rispetto delle norme comportamentali durante la conduzione dei veicoli.
Sebbene le principali cause di incidente stradale rimangano la distrazione, il mancato rispetto della precedenza e la velocità troppo elevata, la guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione per l’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, è considerata uno dei comportamenti più pericolosi, come riscontrato dai più recenti fatti di cronaca che vedono coinvolti sempre più giovani in incidenti stradali ove si registrano le predette alterazioni.
In questo contesto, non vi è dubbio che serva un impianto normativo equilibrato, che sappia coniugare le esigenze di mobilità dei cittadini con la salvaguardia della vita umana e dell’ambiente e, al contempo, sia in grado di assicurare un sistema sanzionatorio equo ed efficace (in quanto effettivamente applicato) e, come tale, unanimemente condiviso; un sistema finalizzato a prevenire, piuttosto che a reprimere, e a formare, oltre che informare il cittadino ad avere un rapporto
di Nicola Salvato (*)
corretto con la strada.
Alla luce di ciò, gli ambiti nei quali si registrano maggiori criticità ed in cui, pertanto, si pone con maggiore evidenza la rilevata necessità di un intervento legislativo volto al miglioramento della sicurezza stradale sono quelli in materia di:
• guida in stato di ebbrezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti,
• norme di comportamento alla guida,
• circolazione dei dispositivi di micro-mobilità elettrica,
• circolazione dei velocipedi,
• regime sanzionatorio.
Gli ambiti dell’intervento normativo proposti, sono volti ad adeguare il quadro normativo vigente ai più elevati livelli di sicurezza richiesti dal contesto sociale, politico ed economico di riferimento e di introdurre maggiori garanzie a tutela degli utenti vulnerabili. In armonia con i contenuti sopra evidenziati e seguendo la stessa impostazione del codice del-
la strada, la legge 25 novembre 2024 n. 177 entrata in vigore il 14 dicembre 2024, si compone di cinque titoli, ciascuno suddiviso in capi, per complessivi diciotto articoli. Si possono distinguere idealmente due sezioni: la prima è dedicata agli interventi più urgenti in materia di sicurezza stradale relativi, principalmente, alla micromobilità, alla sicurezza della guida e ai controlli sulla sosta degli autoveicoli; la seconda è volta ad avviare una revisione organica del codice della strada. Durante la trattazione dei temi illustrati durante la serata, senza meno ha riscosso maggiore interesse le argomentazioni relative alla guida sotto l’influenza di alcol e dopo aver assunto stupefacenti. Dall’analisi di questi due punti, per richiamo al tema di maggior interesse: come si è visto, infatti, le condotte di guida in stato di ebbrezza o di alterazione dovuta all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, previste rispettivamente dagli articoli 186 e 187 del codice della strada, rappresentano un fenomeno molto diffuso tra i conducenti. Le conseguenze che ne derivano in termini di incidentalità stradale ne testimoniano la crescente pericolosità.
I tempi del procedimento penale e l’incertezza della pena, derivante dall’applicazione dell’istituto del lavoro di pubblica utilità, dei benefìci processuali nonché della causa di esclusione della punibilità della particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, finiscono per incidere sull’operatività dei citati articoli 186 e 187 e, in definitiva, sull’efficacia general-preventiva delle sanzioni dagli stessi previste, con la conseguente investitura di una maggiore portata amministrativa attribuita alla Commissione Medica Provinciale che ha visto ampliare la propria sfera decisionale su verifica dei requisiti, ed autonomia di prolungamento dei periodi di sospensione o rinnovo. Oltre a ciò è stato illustrato il nuovo dispositivo alcolock e obbligo di alcol zero alla guida. Altri temi di novità, rispetto alla neonata sospensione breve della patente con le illustrazioni dei vari casi di applicazione e periodi di sospensione rispetto al punteggio della patente posseduto dai conducenti al momento dell’accertamento, hanno catturato l’interesse e domande degli intervenuti; la spiegazione pragmatica dei nuovi orizzonti della segnaletica stra-
dale, la micromobilità e la mobilità ciclabile hanno interessato la platea con l’apertura anche di un dibattito assieme al pubblico presente, trasformando in un vero e proprio convegno quello che in origine era stato come un intervento di un paio di orette in oltre tre ore di dibattito, confronto ed esplorazione di nuovi orizzonti che apriranno le porte alla pubblicazione di un opuscolo “alpino” interamente dedicato a questi temi atto a dimostrare la sensibile vicinanza a questi temi che modificano e, talvolta pregiudicano, il bilancio familiare dati gli importi particolarmente ingenti.
(*) Comandante nella Polizia Locale - Cultore della Materia nel Diritto dei Trasporti e della Navigazione presso l’Università degli Studi di BolognaFacoltà di Giurisprudenza
In chiusura dell’appuntamento, il Gruppo ha consegnato la tessera di iscrizione all’ANA all’Alpino Nicola Salvato, conduttore del Btg Logistico della Cadore nel 1990-1991.
In segno di ringraziamento e di conoscenza del territorio della bassa friulana, ha poi donato i quaderni storici editi dal sodalizio alpino locale.
Dopo l’insediamento a Vipiteno presso il 5° Reggimento Alpini dell’11 ottobre 2024 (ne abbiamo già parlato nel numero 55 di dicembre), il Comandante, Colonnello Riccardo Venturini, ci ha rilasciato un’intervista.
Dall’11 ottobre 2024 è il nuovo Comandante del 5° Reggimento Alpini di stanza a Vipiteno. A suo avviso, finora quali esperienze l’hanno maggiormente formato?
Dopo 3 anni all’estero rientrare in Italia per comandare un Reggimento di Alpini, è stato un onore ed un privilegio. Non avevo mai prestato servizio al 5° Reggimento Alpini. Ho scoperto una bellissima realtà, un Reggimento dalle gloriose tradizioni, che fedele al proprio motto “Nec Videar dum Sim”, non per apparire ma per essere, si contraddistingue oggi come ieri, per essere un reparto che in una società dove tutti aspirano ad essere visibili, a ricevere più like, ad apparire, incarna ancora le tradizioni ed i valori propri dei soldati di montagna.
Uomini e donne capaci di un costante e silente lavoro, che dimostrano di essere sempre pronti, di essere capaci a vivere, muovere e combattere in un ambiente dove le alte quote e le condizioni climatiche impongono un affiatamento e uno spirito di corpo unici.
ComeComandante,hadeisogninelcassettoperil5°che puòanticiparci?
Più che di sogni nel cassetto, parlerei di un impegno morale che ho preso.
Da quando ho assunto il comando, ho salutato personale che ha lasciato il Reggimento per trasferimento ad altra unità o forze di Polizia o per congedo e ho dato il benvenuto ai neo assegnati.
Ad ognuno, ho cercato di far capire l’importanza di aver indossato o di cominciare a portare il Cappello Alpino.
Il Cappello Alpino rappresenta un simbolo che coinvolge e responsabilizza, vuol dire riconoscere un dovere e rinnovare un giuramento.
Emblema distintivo e universalmente riconoscibile di noi Alpini (in armi e in congedo), rappresenta la nostra identità, la nostra storia e la nostra tradizione e deve pertanto rendere ognuno più consapevole di una appartenenza, che richiede disciplina e impegno nei comportamenti.
Una volta indossato il Cappello Alpino si è alpini per sempre. Essere alpini rappresenta uno stile di vita.
Per tutti gli effettivi del 5° Reggimento, questa mentalità deve diventare la normalità.
Negli ultimi anni Torino, Belluno, Vienna e ora Vipiteno; come riesce a conciliare gli impegni familiari con quelli militari?
Grazie al sostegno e all’aiuto della famiglia, che vicino o lontana mi ha sempre accompagnato e supportato (e talvolta sopportato…). L’aiuto emotivo e psicologico che ho ricevuto da quando mi sono arruolato è stato indispensabile per affrontare le numerose sfide di ogni giorno.
Lefarebbepiacereseisuoifigliseguisserolesueorme nell’esercito?
Quello che dico sempre ai miei figli è di cercare di seguire le proprie passioni, interessi e motivazioni senza lasciarsi influenzare dalle aspettative di nessuno. Li esorto a trovare la giusta strada, rincorrendo le proprie aspirazioni, in base al carattere e personalità di ciascuno di loro.
E quali sono i progetti/aspettative per il futuro?
Per la grande Famiglia del 5° Reggimento Alpini, composta da alpini non solo in servizio attivo, mi auguro di poter coinvolgere il Gruppo ANA di San Giorgio (e non solo) in occasione delle varie ricorrenze ed attività di beneficienza che stiamo organizzando.
Il 5° Reggimento Alpini è storicamente legato ad altre regioni, ma non sono l’unico friulano che presta servizio a Vipiteno! Se venite a trovarci, vi accorgerete che la realtà del 5° Alpini è unica!
Vi aspetto numerosi, mandi!
“nec videar dum sim” - non per sembrare, ma per essere
Nel mese appena passato, più precisamente il 30 e 31 marzo, un furgone formato da 9 friulani è partito con meta Vipiteno. Questa città che si trova in Trentino - Alto Adige, più precisamente in provincia di Bolzano, è conosciuta maggiormente dai turisti per i paesaggi alpini e monumenti secolari. Il primo impatto è dato da vie con insegne italiane e tedesche fuse nei palazzi e le piazze medievali, tra cui spicca la Torre delle Dodici. Non a caso rientra nel circuito de “I borghi più belli d’Italia”.
La nostra combriccola ha quindi potuto ammirare tutta la bellezza di Vipiteno al tramonto di quella domenica primaverile, per poi essere accolti per una cena di benvenuto dal Comandante del 5° Reggimento Alpini, Colonnello Riccardo Venturini, e gli alpini in armi e in congedo. Una serata
in piacevole compagnia che ci ha fatto sentire a nostro agio nonostante i gradi sul petto.
Il giorno seguente, precisamente alle 8, si inizia la giornata con la cerimonia dell’Alzabandiera, schierati al fianco delle compagnie della Caserma, di fronte a noi le scalinate tricolori, la scritta del Battaglione “Morbegno” e ovviamente il pennone della nostra Bandiera.
L’emozione è tanta. Un tour della caserma ci ha mostrato l’operatività di questa, l’organizzazione e la precisione sta alla base; ogni cosa ha il suo posto come ogni persona ha il suo compito. Le attività all’interno di una caserma sono tante; una parte del personale è in missione o in addestramento.
Addestramento che in parte abbiamo visto; Metodo di Combattimento Militare (MCM), essenziale
di Miriana De Piante
per operazioni quali anche “Strade Sicure”, senza il quale non si può operare. L’MCM è basato sul combattimento a distanza ravvicinata, recepisce tecniche mutuate da altri metodi di combattimento militare di altre Forze Armate, dalle arti marziali e dagli sport da combattimento. Un metodo che non implica l’attacco bensì la protezione e la sicurezza.
Sul vicino Monte Cavallo abbiamo visto i giovani alpini che si addestrano al corso sci e quelli più esperti a svolgere il servizio di soccorso piste; in questo caso, gli operatori ci hanno mostrato il metodo e le tecniche per la quale si preparano ad operare. Tramite un corso vengono addestrati all’utilizzo di mezzo di trasporto a valle (barella toboga), alle norme di sicurezza, tecniche di primo soccorso compreso l’utilizzo del defibrillatore, aiutati dai volontari della Croce Bianca.
La conclusione della giornata è stata poi la ciliegina sulla torta, nell’ufficio del Comandante di Reggimento davanti alla Bandiera di Guerra del Reparto, ci è stato donato il Crest del 5° Rgt. Alpini, con una foto ricordo indimenticabile. Questa visita è stata un’esperienza, a partire da un viaggio con una compagnia simpatica, dove non sono mai mancati momenti di silenzio. Ma anche di serietà nella quale si scopre una realtà che purtroppo non tutti conoscono, ti fa aprire gli occhi sull’importanza del lavoro che quotidianamente viene svolto.
Un ringraziamento va a tutte queste persone che dedicano la propria vita per questi princìpi.
Cosa dire di questa bellissima esperienza appena vissuta alla caserma del 5° Reggimento Alpini di Vipiteno? Innanzitutto volevo ringraziare il Comandante, Colonnello Riccardo Venturini per l’invito ma anche il nostro Gruppo per l’organizzazione. Come dicevo, un’esperienza emozionante e positiva nel rimettere piede all’interno di una caserma operativa, dal mio lontano congedo di ben 34 anni fa. Sono stato sopraffatto da molteplici ricordi anche se devo dire che le cose sono molto cambiate. Abbiamo as-
sistito a varie attività quotidiane dei ragazzi in armi. La preparazione meticolosa, in palestra e non, prima di affrontare qualche missione. In mattinata abbiamo avuto l’occasione di andare sul Monte Cavallo a circa 2000 metri di altitudine, per assistere alle lezioni di sci degli Alpini. Concludo, forse la parte più emozionante della giornata essere al cospetto della Bandiera di Guerra situata nell’ufficio del Comandante durante i saluti di rito prima del rientro a casa. (Michele Martin)
Piacevolissima l’esperienza di essere stato ospite alla caserma del 5° di Vipiteno. Mi è piaciuto lo scambio di informazioni avute dalle e dai giovani militari, sull’attuale modo di vivere il lavoro nell’Esercito. (Mentore Valandro)
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Dai Campi Scuola alle Truppe Alpine
Bassano del Grappa 29 marzo 2025.
In piazza, oltre a tantissimi alpini, ospiti e genitori ci sono i 103 alpini che oggi ricevono il cappello alpino.
Nello stesso luogo, in segno di vicinanza, ci sono 33 ragazzi dei Campi Scuola ANA (numero non casuale).
Sono le due facce della stessa medaglia. Alle divise mimetiche si contrappongono quelle con il logo “Campi Scuola”.
L’attenzione massima è sui giovani alpini in armi; i loro visi sono tesi. È l’ennesima prova della vita (e ne avranno sicuramente altre). Di fronte a loro, autorità di tutto rispetto, il Sottosegretario alla Difesa, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, il Comandante delle Truppe Alpine, il Presidente dell’ANA.
È quindi comprensibile il loro stato d’animo ed i visi contratti.
La cerimonia dura parecchio ma non ci sono cedimenti da parte di NESSUNO. E, ad un certo punto… un comando, preciso e chiaro:
“Levate” (la norvegese), “Consegna Cappello Alpino”
Un brivido corre lungo la schiena e a qualcuno scende pure qualche lacrima. Sono la testimonianze delle sane e vere emozioni; chi dà e chi riceve, chi è coinvolto e chi è spettatore. Tutti ne sono travolti!
Questo è avvenuto nella splendida Bassano, ai piedi del Grappa (e del suo Sacrario), vicino al Ponte degli Alpini (progettato da Andrea Palladio nel XVI secolo).
Contesto migliore non poteva esserci. Per dovere di cronaca, tutto però è iniziato il giorno prima (venerdì 28 marzo) quando nella ex Caserma Montegrappa, dove eravamo sistemati noi dei Campi Scuola e gli alpini, ho avuto il piacere e l’occasione di parlare con qualche alpino, con alcuni istruttori ma anche con i loro comandanti. Vivere due giorni a contatto con questi giovani, trasmette entusiasmo ed energia!
Foto: Diego Andreon
Auguri agli alpini del corso Pasubio III
di Angelo Sigalotti
Essendo stato allievo dei Campi Scuola dell’ANA ho avuto la possibilità di partecipare alla cerimonia della consegna del Cappello Alpino ai 103 frequentatori del corso Pasubio III.
Il tutto si è tenuto in una cornice storica rilevante ovvero la piazza di Bassano del Grappa. Le emozioni sono iniziate la sera prima, quando siamo riusciti a ritagliarci un’ora abbondante per parlare con i neo alpini che avrebbero dormito assieme a noi nella ex Caserma Montegrappa.
Per un ragazzo che, come me, vuole entrare a fare parte di questo mondo in Armi è stato incredibilmente utile e stimolante parlare con dei coetanei che già sono riusciti in questa impresa. Molti sono stati gli aneddoti ed i consigli emersi e ne farò certamente tesoro.
Ma nulla di tutto ciò può essere anche in minima parte paragonato ai momenti passati la giornata successiva, il suono degli imperiali scandiva il tempo, la cerimonia aveva inizio, prima i discorsi, poi la nomina del padrino del Corso, ed infine l’imposizione del Cappello da parte dei veci ai bocia.
Ammetto la difficoltà nel trattenere l’emozione, ricordo come fosse ora i sorrisi di quei ragazzi consci che quel gesto significava la chiusura di un percorso, quello ad Aosta, ma il principio di un’altro ben più lungo e stimolante, ovvero quello a reparto.
Nel mio piccolo mi sento di fare i migliori auguri a tutti i 103 neo alpini, nella speranza, un giorno, di vivere gli stessi momenti dall’altra parte.
Foto: Diego Andreon
... e con l’Isola degli Alpini
Stiamo navigando nel fiordo più lungo della Norvegia (203 km), secondo al mondo come lunghezza. Il SOGNEFJORD che attraversa da ovest ad est quasi tutta la Norvegia. I fiordi sono veri e propri labirinti di mare, roccia, ghiaccio e foreste e con innumerevoli porticcioli dove attraccare. Sono come bracci di mare che si insinuano all’interno della costa inondando antiche valli di origine fluviale o glaciale. La nave scorre lenta e ci permette di godere del panorama, è un paesaggio quasi irreale con l’acqua che penetra nella terraferma per decine e decine di chilometri tra canyon, strapiombi e piattaforme di roccia. Piccoli agglomerati di casette rosse sulle rive del Sognefjord che sembrano spuntare da una fiaba.
Piove, probabilmente non è la condizione migliore per essere qui, con il sole tutto sarebbe stato più luminoso, ma non importa, cerchiamo di godere il momento perché essere in Norvegia è comunque bellissimo. La pioggia riga i vetri della nave e trasforma tutto in un’immagine di sogno sfocata ed irreale.
La Norvegia è uno Stato scandinavo, monarchico parlamentare con a capo Re Harald V di Norvegia. È ricca di giacimenti di petrolio e di gas naturale scoperti nel
Mare del Nord, nel Mare di Norvegia e nel Mare di Barents. La Norvegia pone la priorità su una giusta distribuzione del reddito, ha un buon sistema sanitario, e le scuole sono gratuite e di ottimo livello, ha le norme più avanzate del mondo per agevolare le donne che lavorano.
La capitale Oslo è caratterizzata da aree verdi che consentono ai suoi 600.000 abitanti un’alta qualità di vita a stretto contatto con la natura.
È adagiata tra il fiordo e le colline boscose ed è stata denominata Capitale Verde d’Europa del 2019 per il suo impegno nella conservazione delle aree naturali e nella riduzione dell’inquinamento.
La città è facile da esplorare a piedi e la nostra visita guidata inizia dal TEATRO dell’OPERA, bianco candido, progettato per assomigliare ad un iceberg che galleggia sulle rive del mare e fa proprio questo effetto, d’inverno con la neve e le lastre di ghiaccio che brillano sarà ancora più magico. Poco al largo galleggia l’installazione di Monica Bonvicini - italiana - (Lei Mente). Si rimane incantati ad ammirarla perché quando la marea sale o scende, la scultura in vetro e acciaio ruota e oscilla, regalando a chi l’ammira una prospettiva sempre diversa.
di Luisella Bonetto
Poi il Municipio, ogni anno a dicembre nel suo grande salone si svolge la cerimonia della consegna del Premio Nobel per la Pace, diversamente degli altri la cui consegna viene fatta in Svezia. Visitiamo il Museo d’Arte Contemporanea progettato da Renzo Piano, la Cattedrale, il Museo Munch con il celebre dipinto “L’Urlo“.
Quello che mi colpisce particolarmente è il Parco Vigeland che merita una spiegazione a parte. Da Oslo partenza in treno verso Myrdal, il tratto ferroviario che si percorre attraversa la steppa glaciale di un vasto altopiano ed è la ferrovia più alta del Nord Europa (1222 m s.l.m.); lo scenario è incantevole: boschi, villaggi idilliaci, laghi, cascate, ghiacciai e cime innevate, infatti siamo stati accolti dalla neve. Da Myrdal a Flam, villaggio costruito sul fiordo, per imbarcarci sulla nave che ci avrebbe trasportati lungo il Sognefjord di cui ho raccontato all’inizio. L’arrivo a Bergen è stato un bel finale alla fine del fiordo. Bellissimo il quartiere di Bryggen inserito dall’Unesco tra i siti Patrimonio dell’Umanità fondato nel XII secolo ma i 58 edifici che attualmente si possono vedere sono stati ricostruiti nel 1702 perché essendo
di legno sono stati soggetti ad incendi. L’atmosfera intima da comunità marinara si è conservata intatta e inoltrarsi nelle vie del quartiere è un fantastico piacere specialmente dopo aver gustato un’ottima zuppa di merluzzo in una delle numerose pescherie dove il pesce anche lo cucinano. Nei dintorni della città, immersa in lussureggianti giardini, c’è la casa di Edvard Grieg (1843 – 1907), il più grande compositore norvegese, nato a Bergen. Assimiliamo tutto ciò che vediamo ma ormai è ora di proseguire per l’aeroporto di Bergen. Mentre viaggiamo rifletto su altri aspetti della Norvegia ad esempio alle isole Svalbard c’è una grande costruzione, è scavata nel permafrost, il terreno ghiacciato che non si scioglie mai. È una banca dei semi vegetali conservati in questo enorme frigo dove, alla temperatura costante di 18 gradi, semi da tutto il mondo si salveranno, anche in caso di incidente nucleare, è un’Arca di Noè per vegetali!
Sempre sull’arcipelago delle isole Svalbard c’è un’altra curiosità da conoscere: l’Isola degli Alpini del perimetro di circa 6 km, chiamata così dopo che Gennaro Sora militare e ufficiale degli Alpini si recò sui ghiacci dell’Artico per cercare i superstiti sopravvissuti allo schianto del dirigibile ITALIA. Con Van Dongen, da soccorritori divennero naufraghi. Furono tratti in salvo da idrovolanti svedesi così come Umberto Nobile mentre gli altri superstiti furono salvati dai rompighiaccio russi. Il tutto avvenne dal 25 maggio al 12 luglio 1928.
Gennaro Sora è anche ricordato come colui che scrisse nella prima forma la “Preghiera dell’Alpino“ nel 1935; in parte modificata, è ancora quella che si recita oggi.
Viaggiare significa vedere le numerose sfaccettature di un Paese, nel caso della Norvegia, non solo fiordi!
È un minuscolo negozio, ma la sua vetrina è un mondo.
Sui colli bianchi, collane di pietre sui quali si dispone un volo di farfalle, una placca d’argento sbalzato, un giardino di minuscoli semi, un cuore di lapislazzuli abbracciato da potenti legami, un fiore, un cammeo, una trasparenza… ogni particolare richiama l’attenzione, candidi parallelepipedi con catene pendenti, contenitori di cristallo con composizioni di perle e bagliori.
Gli sguardi si spingono fino allo spazio interno, indovinando piccole vetrine dove matasse di fili di corallo, ametista, pietra di luna, opale, acqua marina, rubino e perle di ogni dimensione sono in attesa di un magico risveglio… e strumenti disposti sul bancone là in fondo, dove ha inizio il piccolo laboratorio.
Entrati, il tempo si ferma… e contemporaneamente corre, il tempo, come un forsennato, impegnato nelle creazioni sempre nuove, pezzi unici per richieste inderogabili che vorrebbero tutto subito. Un tempo tirato in ogni direzione come un elastico infinito, per rispondere alle aspettative ridestate da
questa giovane donna con la sua impresa, aperta solo da alcuni anni, nel novembre del 2016, mentre il paese si stava già svuotando dei piccoli negozi perché molte attività stavano chiudendo, ma diventata così importante per l’originalità della sua proposta.
Elda Pestrin è entrata con noi nei cassetti delle nostre stanze, dove conserviamo piccoli gioielli che ricordano una cresima, un battesimo, un anniversario… una fede della persona amata, un orecchino spaiato, un povero anello di nostra madre che ha perduto la sua pietra.
- “Portateli qui - ci dice - ve li faccio rivivere”e così entra in punta di piedi anche nei cassetti del nostro cuore, dove a ogni frammento teniamo legato un ricordo indelebile da cui non possiamo separarci. La risposta del pubblico è stata inizialmente sorpresa, incuriosita, ma il passa-parola ha avuto effetti immediati con una clientela varia, dove la parte femminile è più presente, con un sensibile aumento dell’attenzione anche da parte della fascia più giovane di ragazze e ragazzi che iniziano sempre più ad apprezzare l’artigianato come pezzo unico, spesso da donare.
Da dove nasce la tua idea, quali ne sono stati gli stimoli e le occasioni?
È una delle domande più difficili cui rispondere. Credo di non aver mai pensato ad altro di così adatto a me. Il gioiello mi ha da sempre affascinata, fonte di attrazione e meraviglia, non tanto per la sua preziosità quanto per la sfida di capire come poterlo realizzare. Ogni cosa che mi passava per le mani poteva essere lo spunto per diventare un gioiello.
Dai sassi in giardino, al filo di ferro che rubavo al papà, il mio lavoro è cominciato fin da bambina, immaginando. Da grande è un’impresa che mi sentivo davvero di affrontare, incoscienza molto probabile… ma la paura era comunque presente, ed era importante che ci fosse perché ci rende più attenti in quello che facciamo.
Raccontaci dei tuoi studi e dei successivi approfondimenti.
La scuola mi ha permesso di avvicinarmi di più al mio sogno. Ho frequentato l’Istituto d’Arte “G. Sello” a Udine. Il disegno professionale, martello, pinze, seghetto e cannello erano strumenti affini a me, e le ore che vi dedicavo erano sempre le migliori. Dopo il diploma ho avuto la fortuna di entrare come dipendente in uno dei laboratori più importanti del Friuli, la “Fucina longobarda” dei fratelli Mazzola. Poterli osservare mentre lavoravano è stato per me l’insegnamento più prezioso.
“Ruba il lavoro con gli occhi” una frase che mi disse da ragazza il mio papà... me la ripetevo sempre, ed è il modo più veloce di imparare.
Ho poi frequentato dei corsi più specifici del settore,
a Vicenza, con maestri orafi che mi hanno dato nozioni in cui ero carente, nuovi spunti che più tardi ho stravolto per adattarli di più al mio modo di creare.
Hai indicato un nome insolito per la tua avventura, quasi a proporre uno straordinario legame con il passato.
Quando realizzo un gioiello, mi chiedo se chi lo riceverà saprà apprezzarlo e soprattutto quale ricordo potrà creare.
“Laboratorio Artistico Memore”, il nome che ho scelta per la mia attività, è proprio legato al ricordo, perché ciò che un gioiello rievoca nella memoria, è straordinario e prezioso. Se i gioielli ci vengono portati via, non è tanto il loro valore che ci rende tristi, quanto la perdita dei ricordi legati ad essi.
La memoria tiene vivi i sentimenti.
Qual è il tuo particolare legame con le pietre, conlemateriedelletuecreazioniesoprattutto con le persone?
L’oro, l’argento, le pietre, preziose o no, sanno parlare alle mie mani, dando forma alle mie emozioni, le plasmo fino a farle diventare gioielli, mi completano e mi regalano felicità.
I ringraziamenti dei clienti infine sono la parte più emozionante del mio lavoro. Ogni complimento ricevuto mi riempie il cuore.
Un bambino un giorno è entrato in laboratorio per un gioiello da regalare, il suo budget non bastava per quello che mi aveva chiesto, ma il solo pensiero che una persona così giovane potesse apprezzare una mia creazione, tanto da volerla regalare alla sua mamma, è stato per me la ricompensa più grande e uno dei ricordi più belli del mio lavoro.
Laboratorio Artistico di Elda Pestrin Piazza XX Settembre, 9 33058
S. Giorgio di Nogaro (UD)
Questo capo, fornito da Guanti Candotti, è realizzato in tessuto tecnico ed è il nuovo giubbino del Gruppo. Sul braccio c’è la bandiera italiana e del Friuli mentre al petto c’è il logo “nus bâstin lis mâns” su sfondo celeste che richiama il colore celeste della nostra Regione. Se lo vuoi anche tu, contattaci!
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22 marzo 2025
Pranzo dai “uès”
Nella nostra baita, una quarantina di persone hanno gustato questo tipico piatto friulano
24-28 marzo 2025
In... formazione
Corso utilizzo motosega per il nostro Piergiorgio Bramuzzo
CAMPI SCUOLA ANA
Parecchi soci del nostro Gruppo saranno presenti al Campo Scuola di San Pietro al Natisone per ragazzi dai 17 ai 24 anni. Se avete figli, nipoti... informateli!
Info e dettagli sul sito www.ana.it
Dal fiume Corno la spada più antica trovata nella nostra regione
Un ritrovamento casuale nel corso dei dragaggi del fiume Corno ha consentito di recuperarelapiùanticaspadainbronzorivenuta nella nostra regione, databile tra il 1600 e il 1500 a.C.
Nel corso degli anni ’70 durante i lavori di dragaggio del fiume Corno don Paolo Verzegnassi recuperò un manufatto in metallo che, prontamente consegnato alla competente Soprintendenza, si rivelò essere uno dei più interessanti reperti archeologici rinvenuti in Friuli Venezia Giulia.
Lo studio dell’oggetto dimostrò trattarsi della spada in bronzo più antica tra quelle documentate nella nostra regione.
La spada, del tipo “Sauerbrunn”, riferibile agli inizi del Bronzo medio (1600-1300 a.C.), presenta la lama a fusione decorata da fasci di tre scanalature a lato della costolatura centrale e la base ornata a motivi curvilinei. Altre spade simili anche se più recenti sono state rinvenute nel fiume Stella a Rivignano-Teor, a Castions di Strada e a Marano Lagunare.
Tale rinvenimento può essere con certezza ricondotto ad un rituale religioso che ha avuto come scenario l’acqua del fiume Corno; si tratta in particolare di una manifestazione cultuale a carattere propiziatorio, interpretabile come un vero e proprio dono alla divinità e che costitutiva una pratica assai diffusa per l’epoca in molte zone d’Europa. Esempi simili sono stati riscontrati in varie zone dell’Italia centrale e settentrionale, in Germania, nelle Isole Britanniche e prevedevano la deposizione di oggetti metallici, costituiti oltre che dalle spade in bronzo anche da altri elementi dell’armamento come corazze,
di Marco Zanon
elmi, scudi e punte di lancia, nei corsi d’acqua o nelle vette delle montagne.
Che tale pratica sia da associare alla sfera del sacro è altresì attestato dai numerosi racconti mitologici presenti nella cultura di molte popolazioni nordiche, che in tal senso, danno un’utile chiave di lettura.
A tal proposito è utile ricordare come, nella saga di re Artù, la spada portentosa e magica Excalibur dovesse, una volta deceduto il sovrano, tornare in possesso dell’entità soprannaturale che l’aveva in custodia ed essere quindi gettata ritualmente nelle acque del lago dove si riteneva fosse la sua dimora naturale.
Chi era la popolazione che ha gettato la spada nel fiume?
Purtroppo la casualità del ritrovamento non offre chiari indizi per rispondere alla domanda; certo è che ci troviamo di fronte a uno o più gruppi di famiglie che hanno costruito il proprio villaggio (o forse sarebbe meglio dire il castelliere) a ridosso di un’ampia ansa del corso d’acqua per meglio difendersi dagli attacchi del nemico, ma che nel contempo intrattengono rapporti commerciali (ricordiamo che nel nostro territorio non ci sono le materie prime per forgiare delle spade in metallo) con altre popolazioni peninsulari ma soprattutto usano un linguaggio simbolico e rituale comune a molte zone dell’Europa, elementi questi che attestano una ricca vitalità e una chiara apertura nei confronti delle altre popolazioni presenti nell’unico continente allora conosciuto.
Immagine: disegno ricostruttivo della spada rinvenuta nel fiume Corno
di Maria Fanin
E ven le viarte a gotutis di soreli che al cuche si loghe e al sparìs, cuntun clip che si fâs e si disfe ta ultimis zulugnis…
dome i butui no si scomponin sigûrs di un vivôr che nol seguìs lunari…
E le anime, compagne e va e e ven cuntun fanalut di litaniis antighis
par no piardisi drenti fûr dal berdei da maluserie,
par tornâ a tentâ il riscjo da speranze
Viene a goccioline primavera, col sole che si affaccia, scompare, si nasconde,
col tepore che cresce e si scioglie nelle ultime brine…
Solo le gemme non hanno paura immerse nell’energia libera da calendari…
E l’anima nello stesso modo va e viene portando un piccolo fanale di antiche litanie, per non smarrirsi nell’enigma dell’inquietudine,
per tentare ancora il rischio della speranza.
Patate “Risorgimento”
Pelate 6 patate, affettatele e mettetele in una casseruola nella quale avrete sciolto del burro o altra sostanza grassa, salatele e copritele. Lasciate cuocere a fuoco lento e rivoltate ogni tanto le patate servendovi di una paletta. Quando saranno quasi cotte, versate nella casseruola un bicchiere di crema o di latte nel quale avrete battuto un uovo e un pugno di formaggio grattuggiato. Continuate a cuocere sino a che le patate avranno preso un bel colore.