Fruzons di Plume (54) settembre 2024

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L’eco... ai giovani

NUMERO 54

Settembre 2024

3 Il Capogruppo

4 In trincea...

NUS BÂSTIN LI’ MÂNS

Giornale del Gruppo Alpini di San Giorgio di Nogaro

Distribuito gratuitamente ai soci

AUTORIZZAZIONE DEL TRIBUNALE DI UDINE NUMERO 2/18 del 30-01-2018

DIRETTORE RESPONSABILE

Davide De Piante

REDAZIONE

Davide De Piante, Miriana De Piante, Valentino Loi, Michele Martin, Giovanni Sguassero, Anastasia Stella, Mentore Valandro

HANNO COLLABORATO

Elena Baroni, Luisella Bonetto, Erika Cargnelutti, Evan Cortello, Giuliano De Corti, Fracesco De Luise, Davide De Prato, Marilena Durì, Daniele Fabbris, Maria Fanin, Laura Gobbo, Giovanni Maran, Giuseppe Maran, Franco Moni, Daniele Morsut, Marco Perlini, Giovanni Sabbioni, Angelo Sigalotti, Marco Zanon

GRAFICA

Gruppo A.N.A. San Giorgio di Nogaro

STAMPA

Rosso cooperativa sociale

Gemona del Friuli (UD) Numero copie stampate 400

Copyright © 2024

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Escursione dal Rifugio Tolazzi al Lago Volaia

Davide De Piante

VICE CAPOGRUPPO

Valentino Loi

CONSIGLIERI

Inquadramento e urlo del motto di compagnia Sullo sfondo il massiccio del Coglians CAPOGRUPPO

Giancarlo Bidoggia, Piergiorgio Bramuzzo, Francesco Cargnelutti, Augusto Cazzola, Samuele Del Bianco, Lino Marchi, Michele Martin, Franco Moni, Giovanni Pittis, Lucio Taverna, Luciano Tavian

CONSIGLIERI ESTERNI

Francesco Mastroianni, Mentore Valandro

Via Carnia, 9 33058 San Giorgio di Nogaro - Ud

sangiorgiodinogaro.palmanova@ana.it anasangiorgiodinogaro@pec.it www.anasangiorgiodinogaro.it facebook, instagram, tiktok, youtube, pinterest

Il saluto del Capogruppo

Per i giovani!

È ormai tradizione che i soci del nostro Gruppo durante l’estate si dedichino ai giovani sia nel cantiere di lavoro “In Trincea con gli Alpini” (a Redipuglia) che nei Campi Scuola ANA o della Protezione Civile (a San Pietro al Natisone).

Lo facciamo perché stare con i giovani ci ringiovanisce e, benché non sia una passeggiata, ci ricarica di energie e di motivazioni.

Lo facciamo perché il passaparola è contagioso ed ognuno dei volontari che si trova bene ne parla con entusiasmo e convinzione agli altri soci del Gruppo e la “famiglia” si allarga.

Lo facciamo perché crediamo nel futuro dei GIOVANI che, in questi appuntamenti, possono mettersi in gioco e conoscere meglio il mondo alpino.

Questa estate i nostri soci sono stati particolarmente impegnati ed è per questo motivo che ne parliamo in questo Fruzons.

Il mio pensiero lo potete leggere a pagina 6.

Per dare un’idea dello sforzo dei sangiorgini, ecco qualche numero: volontari operativi: 18 ore di servizio: 3.964

In dettaglio, questo è stato l’impegno del nostro soldalizio:

In trincea con gli Alpini -> 11 volontari per 422 ore di servizio

Campi Scuola PC (lug e ago) -> 9 volontari per 1.804 ore di servizio

Campo Scuola ANA -> 8 volontari per 1.734 ore di servizio

L’anno prossimo, tutti questi appuntamenti saranno riproposti… le porte per accogliere nuovi volontari sono sempre aperte, anzi spalancate!

I giovani? Una sorpresa! GIOVANI

In trincea... il recupero della “Mazzoldi”

di Giuseppe “Bepino” Maran

Volevo con queste poche righe portare a conoscenza di una esperienza fatta recentemente con la Sezione ANA di Palmanova.

Un paio di mesi fa ho dato la mia disponibilità alla realizzazione dell’annuale attività di recupero delle trincee della Grande Guerra site sul Monte Sei Busi.

L’obiettivo presupponeva la partecipazione di due gruppi di studenti, uno austriaco ed uno italiano.

Non nascondo che, inizialmente, ero un po’ perplesso perché, visti i molteplici diversivi a disposizione dei giovani, ed al decadimento di certi valori, temevo che la cosa non avrebbe ottenuto un dovuto attenzionamento e gradimento.

Invece, con una certa sorpresa, grazie anche alle molteplici attività poste in essere, gestite con maestria dagli organizzatori e con l’ulteriore partecipazione di persone competenti, siamo riusciti a creare e motivare un bel gruppo di lavoro e soprattutto a far comprendere le tremende condizioni in cui si trovavano gli opposti belligeranti e il dramma di tante giovani vite che sono state prematuramente spezzate.

Il consiglio dello sponsor

Il rame è uno dei pochi materiali che possono essere riciclati ripetutamente senza perdere di qualità. Non c’è alcuna differenza tra rame riciclato (produzione secondaria) e quello estratto (produzione primaria), quindi possono essere utilizzati in modo intercambiabile. Il riciclo riduce le emissioni di CO2, il consumo di energia e gli impatti ambientali durante il processo di estrazione.

L’ultimo ammainabandiera con tutti i ragazzi

GIOVANI

Una Luce sul Monte San Michele

Nel 2016 nasce il progetto “Costruisci un bambino, costruisci una Nazione, anzi l’Europa delle Nazioni”; in otto anni, la collaborazione con le scuole ha generato la partecipazione di un centinaio di studenti che hanno potuto scoprire il loro talento, i valori del rispetto, dell’impegno e la convivenza civile, conoscere la storia in alcuni luoghi ove si è realizzata e provare esperienze ed emozioni uniche.

Anche quest’anno i ragazzi dell’ISIS Bassa Friulana e dell’istituto Kevenhuller di Lienz insieme ai volontari alpini della Sezione di Palmanova (oltre settecento ore di volontariato solo quest’anno) hanno condiviso queste esperienze, l’hanno fatto in sicurezza, con passione, impegno, ordine e rispetto dei luoghi.

Per la cronaca, in otto stagioni, materialmente sono stati recuperati e messi a disposizione delle visite guidate circa trecentoventi metri di trincee, movimentando manualmente oltre duecentocinquanta metri cubi di materiale. Dal punto di vista didattico si è dimostrato interessante e formativo lo scambio relazionale tra i giovani, molti dei quali con buona padronanza della lingua inglese, ottima l’interazione in trincea con i volontari (alcuni piacevolmente sorpresi), appassionante e stimolante la curiosità di scoprire e conoscere la storia raccontata dagli esperti. Fino qui la sintesi di un progetto collaudato che grazie ai volontari alpini e al sostegno e vicinanza delle istituzioni ha preso forma e creato le basi per i campi scuola degli

alpini e Protezione Civile che ormai occupano uno spazio importante nell’attività dell’ANA.

La base del nostro impegno sta in un aneddoto denso di significato.

Sono certo capiti a tutti almeno una volta nella vita, di vivere esperienze positive e negative, in epoche diverse ma tutte con un denominatore comune, sono momenti che lasciano una traccia profonda, quasi un solco, nella mente e nell’anima.

Puoi fare una di quelle esperienze, quando visiti luoghi - come le trincee del Carso - intrisi di storia, di storie disumane e contemporaneamente di gesti di fratellanza, li tocchi con mano per salvarli dall’oblio e consegnarli alla memoria delle nuove generazioni.

Anno dopo anno, le motivazioni si rafforzano insieme alla curiosità e alla voglia di trasmettere l’emozione di scoprire la traccia, il solco… e così ti rendi conto che la storia ti viene a cercare, per farsi conoscere, per farti conoscere le vicende e vicissitudini di uomini, ragazzi, popoli divisi, di origini diverse ma uniti nella sofferenza della guerra. Succede a margine delle attività di ripristino della trincea Mazzoldi; l’occasione è la pulizia di un cippo commemorativo ubicato sul Monte San Michele che ricorda i combattenti austro-ungarici del Reggimento intitolato al Conte Kevenhuller (la famiglia a cui è dedicata la scuola di provenienza dei ragazzi) partecipante alla IV battaglia dell’Isonzo.

Alcuni ragazzi Italiani e Austriaci, accompagnati dai tutor e dai volontari alpini, riscoprono e rendono omaggio al cippo e alla memoria con il loro lavoro, dopo pochi minuti si palesa uno sconosciuto e rivolgendosi in inglese, - ai presenti preoccupati – si identifica come pronipote di un combattente ungherese caduto sul San Michele, chiede informazioni sull’attività, le riceve dall’insegnante austriaco e improvvisamente gli si illuminano gli occhi, commosso ci porge la mano, si complimenta per l’iniziativa e con il figlioletto per mano, si reca al monumento commemorativo che ricorda il bisnonno.

Ecco, vivono ancora nella memoria! Emozione unica, una Luce, un seme di pace gettato nel solco dell’anima! Sul San Michele!!!

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Il libro delle emozioni

Siamo a fine gennaio 2024 e, dalla Sede Nazionale mi arriva la telefonata, “sei il direttore del Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone”.

Sono al settimo cielo… contento… ma la prima domanda è “ora che cosa faccio?”

Prendo un foglio bianco ed inizio a scrivere… quali comandanti contattare, il programma, gli orari, i volontari, la logistica, i mezzi, i formatori, i costi, ecc.

Alla fine quel foglio bianco è diventato un libro di appunti e di indicazioni ma anche di pensieri, emozioni e sensazioni.

Come ho detto durante la cerimonia finale dell’11 agosto, prendendo spunto dalla canzone “Iltestamento delcapitano” ho/abbiamo lasciato il “testamento” ai ragazzi e ai genitori ed è questo il parallelismo che ho trovato:

“Ilprimopezzoallamiapatria”

sono i valori di rispetto del tricolore e delle regole; “Secondopezzoalbattaglion” la collaborazione con la compagnia del Campo; “Il terzo pezzo alla mia mamma che si ricordi del suofiglio”

è il senso di famiglia che abbiamo trasmesso ai giovani; “Il quarto pezzo alla mia bella che si ricordi del suoprimoamor”

sono i valori dell’ANA che abbiamo elargito; “L’ultimopezzoallemontagnechélofioriscanodi rose e fior”

l’amore per le montagne e che in CORDATA ci si aiuti.

La squadra del Campo:

Capocampo: Davide De Piante

Vice Capocampo: Max Sgualdino

Addetto Formazione: Giuliano De Corti (nonno Joe)

Comandanti 1a cp: Christof Puiravaud e Angelo Sigalotti

Comandanti 2a cp: Daniele Morsut e Laura Gobbo

Tutto fare: Emanuele Lazzaro e Giacomo “Jack” Stella

Alla fine, i ragazzi… stupendiragazzihanno fatto il salto di qualità, CAMBIANDO (era la parola d’ordine al Campo) ed imparando; quasi tutti si sono messi in gioco ed hanno affrontato con sfida ed entusiasmo le attività che abbiamo loro proposto. Ma non solo. Pochi avevano lavato i propri vestiti… e lo hanno fatto. A rotazione, tutti hanno pulito i servizi igienici ed hanno sistemato la propria camera ed il proprio letto (e spero lo facciano anche a casa).

Le squadre di corveè mensa e spazi comuni hanno pulito e sistemato la sala da pranzo e i corridoi.

Ho visto entrare ragazzi... ho visto uscire persone consapevoli e attente. In 15 giorni è cresciuta la sensibilità e l’attenzione per gli altri.

Oltre ai giovani, il grazie va all’ottimo lavoro di squadra di tutti i volontari che dal 27 luglio all’11 agosto (16 gg) hanno dato il massimo (e anche di più!) per far sì che al Campo Scuola tutto andasse al meglio.

Ed ognuno lo ha fatto per i GIOVANI.

Non mi resta che dire un’unica parola... GRAZIE.

Capocampo-DavideDePiante

Segreteria: Anastasia Stella, Laetitia Puiravaud, Martina Bergamo, Miriana De Piante, Tariqua Passarella, Matthias De Piante

Cucina: Anselmo Cittaro, Natalino Bertoni, Lucia Di Federico, Angela Menis, Sergio Di Giusto (e altri volontari a rotazione)

E tutti i sanitari, le specialità e i singoli che hanno collaborato

Un momento informale per comunicare con i ragazzi

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

11 agosto, San Pietro al Natisone... Caro diario

Oggi sono triste perché si è conclusa la mia avventura di “nonno” al Campo Scuola.

So già che i prossimi giorni saranno vuoti senza la continua frenesia del programma e della relativa tempistica da rispettare, senza i contrattempi da affrontare e risolvere velocemente, ma anche senza gli innumerevoli “cinque” scambiati con le ragazze ed i ragazzi e senza i continui affettuosi saluti indirizzati a “nonno Joe”, che mi hanno fatto sentire orgoglioso di poter interagire con loro a discapito della differenza di età.

Se ne tornano a casa con i loro genitori ed i loro

parenti, ma penso che il distacco dal Campo non sia stato facile nemmeno per loro.

Avranno tempo per metabolizzare queste due frenetiche settimane, avranno tempo per aprire gli immaginari cassetti e trovare qualcosa da utilizzare a scuola o nella normale quotidianità.

Se questo accadrà, la “C” e la “S” di Campo Scuola, per noi dello Staff, avranno anche il significato di Completa Soddisfazione.

Addetto alla Formazione

Nonno Joe (all’anagrafe Giuliano De Corti)

Piove a dirotto ed è giunta l’ora dell’ammainabandiera ...i comandanti e volontari sotto la pioggia ...gli allievi inquadrati al coperto.

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

“Alla Vetta!”, “Sempre!”

Non pensiate sia semplicemente il nome della Seconda Compagnia del Campo Scuola di San Pietro Natisone ed il suo relativo motto. “AllaVetta, sempre!” è stato fin da subito per i ragazzi uno sprone, un atteggiamento personale, un obiettivo comune.

Gli allievi sono arrivati sabato alla spicciolata e da gruppo eterogeneo di persone ben presto sono diventati qualcosa di diverso. Si sono identificati nel lavoro, nella fatica, aiutandosi a vicenda, e superando tutte le difficoltà.

Cambiamento era una delle parole d’ordine del Campo. Abbiamo invitato i ragazzi ad uscire dalla loro zona di confort individuale ed a mettersi in gioco. È stato consegnato il vestiario, il posto letto ma anche una sorta di ampio cassetto virtuale ed abbiamo chiesto ai ragazzi di riempirlo di tutte le conoscenze e le esperienze di questo campo. Un cassetto della memoria, delle utilità, del loro impegno e dei loro traguardi personali.

Esperienze pratiche variegate, con momenti di approfondimento sul funzionamento del nostro Stato (Costituzione, Comune, Regione, Forze Armate) oltre ad una panoramica dettagliata su Protezione Civile, su associazionismo e volontariato declinato in tanti modi.

Mille emozioni, mille momenti speciali come chi ha vinto il proprio disagio per l’altezza.

Vedere l’allievo scendere dalla parete di roccia, con un sorriso enorme e con gli occhi pieni di lacrime di felicità per essersi messo in gioco, per aver accantonato e forse definitivamente vinto il suo timore, è stato uno dei momenti più appaganti del nostro periodo assieme. Cambiamento? Lo certifico! Io per primo. Più pronto, sicuramente migliorato perché spinto dall’esigenza di essere all’altezza dei ragazzi.

Nonostante il massimo impegno profuso, mi sento in difetto perché credo di aver ricevuto più di quello che ho dato loro.

Grazie ragazzi!

Alla vetta… Sempre! Comandante 2a Compagnia - Daniele Morsut

Palestra al 3° Reggimento Art. Terr. di Remanzacco
I due comandanti: Christof (sx) e Daniele (dx)

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Cari ragazzi, Sassolini, compagni

Tutti in cerchio per l’ultimo saluto

Mi piacerebbe condividere una piccola riflessione con voi e cercherò di essere laconica come mi avete conosciuta, anche se ripensando al Campo mi sono ritrovata in discorsi interminabili.

Cioè ci rendiamo conto che fino a poche decine di anni fa i giovani di un tempo si sono dovuti ritrovare agli estremi confini della Nazione per combattere al fronte?

Voi avete scelto di venire in questo Campo Scuola nella, per me, sperduta San Pietro al Natisone, dove i cartelli sono in sloveno, in friulano e forse in italiano.

Beh lì al confine no, non abbiamo fortunatamente combattuto, ma come l’antica gioventù, avete creato un gruppo unito e solidale, ma non solo! Noi abbiamo cercato di proporvi un’esperienza quanto più ricca e avvincente, ma voi, voi l’avete resa unica.

Vi ringrazio. Grazie per essere stati così indiscutibilmente voi stessi, pur nell’uniformità della divisa, pur con garbo ed educazione.

Grazie per aver portato al Campo un po’ del vostro mare, un po’ delle vostre aspre montagne, un po’ delle vostre belle colline. Un po’ di voi stessi.

Parlo a voi e mi va bene che altre persone non colgano tutti i significati di questa breve lettera.

Continuate a credere e a investire nei vostri obiettivi.

A presto ragazzi e, Aquile Tonanti, Alla Vetta, Sempre!

Vice Comandante e Comandante 2a Compagnia

Laura Gobbo

Il consiglio dello sponsor

Chi esce da Cividale a nord, si lascia alle spalle l’antica capitale dei Longobardi, le ultime vigne, le case di campagna e i pochi ulivi e ciliegi, ed entra nelle Valli lungo il fiume fra faggete, boschi di querce, castagni, alberi di noce e noccioli. Nei lunghi inverni, come nelle primavere più miti, la Gubana qui è stata ed è ancora un dolce propiziatorio: la sua ricchezza di ingredienti è una festa: buona per sposarsi, per fare figli, per dare il benvenuto alle stagioni, e alle persone care. Da sempre.

GIOVANI

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Abbiamo raccolto le testimonianze di alcuni allievi che hanno participato al Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone. Ecco i loro i loro commenti, i loro pensieri e le loro emozioni.

Io sono uno degli allievi che, dal 27 luglio all’11 agosto, ha avuto la possibilità di partecipare al Campo Scuola organizzato dall’ANA (Associazione Nazionale Alpini) presso San Pietro al Natisone. Sono uno di quei 54 ragazzi, di un’età compresa tra i 16 e i 22 anni, che ha vissuto un’esperienza che porterà sempre nel cuore.

Ma procediamo con ordine. Io vengo da molto lontano: la mia terra madre è la patria dei trulli, del mare e delle orecchiette. Perciò, come voi lettori potete immaginare, non ero mai entrato in contatto con il corpo degli Alpini, né con nessun altro aspetto ad esso collegato. Mai avrei immaginato che vivere un’esperienza come il Campo Scuola da poco concluso mi avrebbe fatto INNAMORARE del mondo alpino e

della sua casa, le montagne. Sì, perché la persona che è arrivata a San Pietro il 27 luglio, un po’ disorientata ma sicuramente pronta ad uscire dalla sua comfort zone, non è la stessa che l’11 agosto è andata via, con le lacrime agli occhi e con tanti ricordi indelebili dentro di sé. La “parola d’ordine” del Campo Scuola era cambiamento: Davide, il nostro direttore del campo, ha messo fin dal primo giorno in chiaro che l’obiettivo era alimentare un “io” che pochi, o, addirittura nessuno fra noi ragazzi incorpora, poiché, nella vita quotidiana, è molto più “scomodo”: un “io” caratterizzato dal RISPETTO, dal SACRIFICIO, dalla DISCIPLINA; un “io” caratterizzato dal NOI PRIMA DELL’IO (mi scuso per gioco di parole).

Beh, con la convinzione di poter parlare per la stragrande maggioranza di noi allievi, posso dire che l’obiettivo è stato raggiunto con successo. E i meriti non vanno solo a noi che abbiamo intrapreso questo percorso di crescita, anzi. I meriti (e i ringraziamenti) vanno soprattutto a coloro che hanno reso possibile tutto ciò, vanno a tutto lo staff, a tutte le persone che sono “dietro le quinte”, ai comandanti e ai loro vice, al direttore del campo. Ora sta a noi proseguire questa nostra crescita, in modo autonomo, seppur, se lo ritenessimo necessario, son sicuro che loro sarebbero entusiasti di accompagnarci nuovamente. E chissà, magari l’anno prossimo ci si rivede…

Allievo - Marco Perlini

L’intervento dei cinofili della Guardia di Finanza
Prove pratiche con la Capitaneria di Porto e soci ANMI

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Ho provato la sensazione di essere in una seconda famiglia

Ciao, mi chiamo Elena Baroni, ho 15 anni, abito in provincia di Reggio Emilia e per due settimane sono stata allieva al Campo Scuola dell’ANA a San Pietro al Natisone. Inizialmente non ero molto propensa a partecipare a questo campo; mi ha convinto mia madre, soprattutto perché, fin da piccola vivo nel mondo degli alpini e le sembrava un’esperienza che mi sarebbe potuta piacere. E così è stato! Il primo giorno ero molto in difficoltà perché non volevo stare “da sola” due settimane ma il nostro capo campo ha cercato subito di mettermi a mio agio. Già dalla prima sera, a conclusione della giornata, ho suonato il silenzio con la tromba. Dal secondo giorno avevo già iniziato a stringere delle amicizie e mi pesava di meno la lontananza da casa, anche perché eravamo molto impegnati con tutte le attività organizzate, tutte molto interessanti ed educative. Oltre che con i “commilitoni” ho legato con i comandanti, i vice comandanti, i capi campo, gli organizzatori e i volontari che ci hanno accompagnato in questa avventura. Già dal terzo giorno ho iniziato a pensare di essere nuovamente presente l’anno venturo e sono stata contenta che mia madre abbia fortemente voluto indirizzarmi in questo mondo. Le persone con cui ho condiviso queste 2 settimane mi hanno fatto provare la sensazione di essere in una seconda famiglia, e soprattutto senza i telefoni abbiamo avuto la possibilità di creare legami molto forti, relazioni che non avrei mai pensato di trovare in persone

mai viste prima e in così poco tempo. Per quanto riguarda le attività, quelle che mi sono piaciute di più sono state l’arrampicata sulle pareti di roccia, fatte insieme agli alpinisti e la visita alla caserma di Remanzacco, ma in generale sono state tutte utili.

Passiamo poi alle escursioni, sono state quattro: quella che ho preferito è stata quella al lago Volaia, oltre a quella che è durata due giorni; abbiamo dormito tutti insieme con i sacchi a pelo e i materassini in una ex polveriera. E quella è stata una delle sere più belle di tutto il campo, in cui siamo riusciti a socializzare di più. La nottata più emozionante in assoluto è stata l’ultima; a mezzanotte ci siamo messi tutti nel cortile, ho suonato il silenzio d’ordinanza, mentre Davide, il nostro capo campo, ha suonato quello fuori ordinanza; dopo essere saliti nelle camerate non siamo andati a letto ma abbiamo fatto “a cuscinate” e ci siamo divertiti tutti insieme. Tornata a casa, confesso di avere avuto

2/3 giorni di nostalgia, ma per fortuna ho tenuto rapporti molto forti con alcune persone e ci scriviamo tutt’ora. Grazie a questo campo hocapitocosasonoglialpini,cosa vuol dire stare nell’Esercito, difendere la patria, cos’è la protezione civile e molte altri aspetti; ma le cose che sono state trasmesse di più a noi allievi sono stati i valori, come il rispetto, l’aiuto reciproco, la convivialità e anche il divertimento. Inoltre, appena tornata a casa ho sentito il forte desiderio di iscrivermi al Gruppo dell’ANA che più di tutti mi sta vicino in tutte le esperienze che faccio (inclusa quella del campo); infatti anche se implicava un viaggio abbastanza lungo, l’ultimo giorno di campo alcuni di loro hanno deciso di venirmi a prendere. Desidero ringraziare tutti i volontari e chi ha organizzato questo campo, per averci dato la possibilità di parteciparvi e per averci seguiti.

E sempre: NOI PRIMA DELL’IO.

Allieva - Elena Baroni

3° Reggimento Artiglieria Terrestre di Remanzacco - il saluto del Ten. Col Campiello

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Senza telefono? Ci siamo accorti che si stava meglio!

Il Campo Scuola Alpini rappresenta un’opportunità straordinaria per crescere e apprendere. È stata un’esperienza che ci ha arricchiti non solo come allievi, ma anche come persone. Per due settimane abbiamo vissuto momenti indimenticabili e unici.

L’alzabandiera al mattino, con tutti noi schierati insieme a cantare l’Inno di Mameli, è stata un’emozione che resterà nel cuore per sempre. Certo, ci sono stati momenti più impegnativi di altri, ma ogni sfida è stata ripagata. Durante queste settimane, l’uso del telefono è stato limitato, concesso solo per un’ora al giorno per eventuali contatti con le famiglie. Per la gioventù di oggi, questo potrebbe sembrare un grande sacrificio, ma in realtà non è stato così: se inizialmente ci sono state alcune lamentele, ben presto nessuno ha più avvertito la mancanza del telefono... anzi, ci siamo accorti che si stava anche meglio. Le attività con la Protezione Civile sono state impegnative, ma estremamente interessanti e utili per tutti noi. Ci hanno insegnato manovre di primo soccorso, rendendoci capaci di salvare, perché no, la vita a qualcuno. Ognuno di noi ha contribuito a creare un’atmosfera di sostegno e positività, dimostrando che insieme possiamo affrontare qualsiasi difficoltà.

In conclusione, posso dire che è stato un gruppo e un campo straordinario.

Allievo - Francesco De Luise

Primo soccorso - il massaggio cardiaco
Alzabandiera

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Emozioni... per capirle bisogna solo viverle!

Quest’anno ho fatto un Campo Scuola A.N.A a San Pietro al Natisone e il prossimo anno voglio rifarlo. Sono nato in una famiglia dove i nonni, gli zii e il papà hanno fatto gli alpini, quindi posso dire di conoscere un po’ questo mondo e i suoi valori. L’idea di fare un Campo Scuola A.N.A mi ha stuzzicato immediatamente da quando un ragazzo del mio paese, insieme ai suoi comandanti, ha raccontato la sua esperienza nella sede degli alpini del nostro Comune; lì ho deciso che almeno una volta dovevo andarci. Il primo giorno eravamo tutti un po’ “tirati” fino a quando non abbiamo iniziato a conoscerci meglio. La sera del primo giorno ho subito cominciato a parlare con qualcuno ed ho insegnato a giocare a briscola a due ragazzi che venivano da Alberobello e da Londra, quindi non vicini di casa. Quella è stata una delle serate più belle.

Nei giorni a seguire abbiamo imparato le basi del primo soccorso per poter andare a fare camminate sulle montagne e non solo. In tutto abbiamo fatto 4 camminate e sono difficili da descrivere in poche parole ma se dovessi scegliere la più bella direi quella fatta sul Volaia. Siamo arrivati stanchi e con temperature ben diverse rispetto a quelle di partenza ma, giunti al lago, qualcuno si è messo a fare a gara su

chi faceva fare più salti ai sassi che lanciavamo in acqua, qualcuno si è messo a pescare con un bastoncino per camminare, un cordino e un amo di fortuna fatto con una graffetta e altri invece sono andati in cerca di residui di proiettili della Prima guerra mondiale in mezzo ai sassi. Oltre a questo abbiamo anche urlato il motto delle nostre compagnie in riva al lago: sensazione unica!

Al ritorno ci siamo messi a cantare canzoni come “Trentatré” e “Sul cappello”, il nostro repertorio non era vastissimo ma ce lo siamo fatti bastare.

Spiegare due settimane così belle è difficile. Dire come in così poco tempo si sia creato affiatamento, gruppo, solidarietà e amicizia tra noi ragazzi, spiegare cosa vuol dire svegliarsi alle 6.30 se non prima, rifarsi il letto e fare l’alzabandiera ogni mattina, ma soprattutto spiegare cosa si prova a sfilare a ritmo di “Trentatrè” davanti ad alpini veri (una sera anche davanti al Presidente Nazionale A.N.A.) e le emozioni che si provano in quei momenti non è difficile ma impossibile! Per capirle bisogna solo viverle.

Allievo - Evan Cortello

La pesca alla trota con mezzi di fortuna (la trota presa è stata immediataemente liberata)

GIOVANI

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Un’esperienza “concentrata”

Sono Giovanni, vengo da Bologna... lo so abito lontano dalle Alpi ma a me piace andare in montagna.

Già l’anno scorso avevo pensato di fare questo campo perché guardando il TG2 avevo visto un servizio sui Campi Scuola dell’ANA e mi avevano colpito, ma ero piccolo, quindi ricordandomelo durate l’anno ho aspettato la possibilità per potermi iscrivermi. Ahimè... pur muovendomi per tempo, alcune sedi avevano la disponibilità esaurita… Tra le rimanenti c’era quel San Pietro al Natisone che ha destato la mia curiosità perché non conoscevo il territorio.

Già dal primo giorno di campo ho iniziato a svolgere attività che non conoscevo come l’addestramento formale, il primo soccorso e tanto altro…

Tra le cose più disparate che non mi sarei mai immaginato di svolgere c’erano l’arrampicata in parete, pilotare il drone, usare la lancia per spegnere gli incendi, il tiro con la carabina laser, ecc.

Tra le escursioni fatte, in quella da due giorni abbiamo dormito in una ex polveriera; in Val Saisera, siamo

arrivati fin quasi in vetta dello Jof di Miezegnot, mozzafiato, che è stata a mio avviso la più bella gita in quanto arrivare fin in cima non solo non è stata una cosa da tutti i giorni ma il panorama era veramente bellissimo.

Sono state altrettanto belle le esperienze condivise con la Guardia di Finanza, i Carabinieri e altri corpi dello Stato, che ci hanno spiegato risvolti specifici delle loro mansioni che non avrei mai potuto conosce-

re se non avessi frequentato questo campo.

In conclusione, in questi 15 giorni, abbiamo concentrato visto la durata delle giornate un “po po’” di attività che, in condizioni ordinarie, si sarebbero svolte in almeno due mesi (dalle 6.30 alle 23.00).

Ma è stato proprio questo il bello!! Ciao e arrivederci a presto.

Allievo - Giovanni Sabbioni

Anticima dello Jof di Miezegnot: alzabandiera e lettura della Preghiera dell’Alpino
L’ex polveriera della Val Saisera
Nell’ex polveriera è appena suonata la sveglia

GIOVANI

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

In vetta, sempre in gruppo

15 giorni ricchi di emozioni e di esperienze indimenticabili. Le giornate sono state intense, con varie attività che ci hanno permesso di conoscere il territorio, il Corpo degli Alpini e la Protezione Civile.

Le attività con la Protezione Civile hanno occupato la maggior parte del tempo, permettendoci di approfondire il lavoro che viene svolto in caso di necessità. Grazie a ciò abbiamo imparato come ognuno è fondamentale per dare una mano e ci è stato trasmesso il desiderio di diventare volontari e poter aiutare chi si trova in difficoltà, come ricorda il motto dell’ANA: “Onorare i morti aiutando i vivi”.

Tutte le attività hanno favorito la creazione di un gruppo molto unito, che ha saputo sfruttare le diversità e le capacità di ognuno come un punto di forza e che non ha mai lasciato nessuno indietro, nemmeno durante le attività fisicamente più impegnative. Quando durante le escursioni si arrivava alla vet-

ta, si arrivava sempre come gruppo. Questo Campo Scuola mi ha lasciato numerosi ricordi positivi, che mi hanno cambiato, mi hanno permesso di imparare molto e penso di essere davvero cresciuto in sole due settimane.

È un’esperienza che consiglio fortemente a tutti i ragazzi della mia età, dato che permette di investire del tempo per la propria crescita e aumenta la consapevolezza e la conoscenza della nostra Patria, con lezioni di educazione civica fondamentali per migliorare il mondo in cui viviamo.

Ringrazio l’Associazione Nazionale Alpini per la possibilità di partecipare al Campo Scuola, i volontari che hanno reso tutto ciò possibile, con un’organizzazione impeccabile, e tutti i ragazzi con cui ho avuto la possibilità di condividere questa esperienza, rendendola davvero unica.

Allievo - Daniele Fabbris

Escursione al Rif. Pellarini - in marcia

GIOVANI

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

Campi Scuola a 360°

L’estate appena giunta al termine è stata per me molto intensa e ricca di soddisfazioni, in quanto mi ha visto coinvolto in numerose attività che l’ANA volge ai ragazzi dai sedici ai venticinque anni. Il primo grande banco di prova è stato il Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone, svoltosi dal ventisette luglio all’undici agosto nella struttura della scuola primaria del luogo; quella di San Pietro è stata per me la terza partecipazione in un Campo Scuola, ma questa è la prima volta in cui ho avuto modo di “stare dall’altra parte”. Infatti a gennaio di quest’anno ho ricevuto, ed immediatamente accettato, l’invito da parte di Davide ad entrare nella macchina organizzativa come Comandante di Compagnia. Durante le settimane precedenti all’inizio del corso numerose sono state le riunioni fatte assieme allo staff dove si definivano i temi di Protezione Civile ANA da trattare, i percorsi per le escursioni in montagna ed i vari progetti per la valorizzazione e la scoperta del territorio che ci avrebbe ospitato per quindici giorni.

Le emozioni sono state fortissime sin dal principio; ricordo l’arrivo dei primi ragazzi alcuni più spigliati ed altri più timidi e riservati ma tutti lì con la voglia di fare un’esperienza diversa dal solito. Giunti tutti gli allievi abbiamo iniziato subito le attività con il team building (ovvero fare gruppo) sotto la guida di 3 psicologi, ed arrivati a sera tra i ragazzi già si iniziava a notare qualche nuova amicizia.

Nei primi giorni le donne e gli uomini delle diverse specialità dell’ANA hanno affrontato temi quali le radio, la

sanità, l’alpinistica, la ricerca di persone disperse con droni e cinofili ecc.; ma, a mio avviso, i momenti più belli li abbiamo trascorsi in marcia dove si son visti fin da subito i ragazzi collaborare tra loro al fine di portare tutti alla meta.

Il ruolo che mi son visto ricoprire in questa esperienza mi ha dato modo di vivere delle emozioni magnifiche;

a me è stata assegnata la Compagnia “Aquile Tonanti”, uno splendido gruppo di ragazzi provenienti da tutta Italia che erano venuti al campo per le ragioni più disparate, da chi voleva approfondire meglio il tema della PC ANA, a chi voleva provare da vicino alcuni formalismi tipici della vita militare (alzabandiera, ammainabandiera, addestramento formale ecc.). L’aspetto forse più difficile da accettare da parte di alcuni ragazzi è stato quello di farsi “comandare” da me che, avendo diciannove anni, talvolta ero più giovane degli stessi allievi (situazione molto comune in ambito militare ma inedita per il mondo civile). Tutto ciò però non è mai andato ad influire sull’andamento del corso, in quanto già dal primo giorno abbiamo deciso di prenderci del tempo “per noi” per riunirci tutti assieme per un quarto d’ora prima dell’ammainabandiera e parlare cosa, durante la giornata appena trascorsa, avesse funzionato o meno all’interno della Compagnia. Uno dei momenti che mi porto nel cuore è stato sicuramente quello dei saluti, perché proprio proprio in quegli istanti mi sono reso conto di quanto alcuni allievi siano entrati “ragazzini” e ne sono usciti con una maturità superiore. Ma la lezione più grande l’avrei capita solo qualche giorno dopo quando, da membro dello staff e

San Pietro: esercitazione pratica di telecomunicazioni
San Pietro: alzabandiera con la Compagnia “Aquile Tonanti”

Comandante di Compagnia, sarei dovuto “scendere di grado” e rivestire la maglietta blu da allievo al Campo Scuola avanzato di Tai di Cadore. Infatti, dal diciassette al trentuno agosto ho partecipato al primo corso avanzato proposto dall’ANA ai giovani che hanno espresso la volontà di entrare nel mondo delle Truppe Alpine, altri ottanta allievi come me si sono recati alla caserma (operativa) “Pier Fortunato Calvi” e lì abbiamo iniziato quattordici giorni di attività di PC ANA ma anche, e soprattutto, di attività volte alla familiarizzazione del lavoro svolto quotidianamente dai militari del 7° Reggimento Alpini di stanza a Belluno. Essendo una caserma “in attività” aveva il corpo di guardia che vigilava la porta carraia ed aveva il compito di custodire il Tricolore durante la notte; gli stessi uomini si univano a noi per i momenti solenni dell’alzabandiera e dell’ammainabandiera.

Subito dopo l’ingresso al campo ci hanno consegnato la vestizione ed il casermaggio e ci hanno mandato in camerata per cambiarci e farci il letto. Già dal primo mo-

mento si è percepita la differenza rispetto ad un Campo di secondo livello basico; lì tutto assumeva una nota più formale ma mai al punto da farti sentire a disagio.

Nel pomeriggio dello stesso giorno il maresciallo, responsabile della caserma, ci ha illustrato il regolamento a cui avremmo dovuto tenere fede e poi si è passati ad alcune attività di team building.

Le giornate trascorse a Tai si caratterizzavano in momenti di lezione teorica in aula, dove si sono affrontati argomenti prettamente storici, altri riguardanti la topografia, altri ancora riguardanti la conoscenza delle pratiche da attuare in caso di incidente in montagna; e momenti puramente pratici dove si mettevano a frutto i concetti appresi in aula oppure si usciva in marcia con i militari.

Numerosissimi sono stati i momenti e le attività che mi hanno formato come persona, ma anche questa volta quanto fatto in montagna è stato quello più stimolante ed anche quello in cui si è potuto osservare come tutti i ragazzi mettessero il “NOI prima dell’IO” caricandosi dello zaino del proprio amico al fine di fargli riprendere fiato ed arrivare assieme al punto prestabilito.

Un’altra attività molto apprezzata è stata la creazione dei gruppi di lavoro tra noi ragazzi in base alle nostre aspirazioni future. Sostanzialmente chi ha espresso la volontà di fare l’ufficiale era in gruppo con altri ragazzi aventi il medesimo desiderio ed erano affiancati da personale in armi avente grado da ufficiale con il compito di fare da “tutor”. Così che abbiamo avuto la possibilità di toccare con mano quello che è il vero lavoro dei militari nei diversi gradi, e poter quindi trarre le nostre conclusioni sulla volontà o meno di seguire quella strada (lo stesso lavoro è stato fatto anche con i ragazzi aspiranti sottufficiali e truppa).

Quest’esperienza è stata per me altamente formativa in quanto mi ha dato la possibilità di vivere per quattordici giorni di fila quella che è la vera vita all’interno delle Truppe Alpine in armi e quindi di scinderla da tutto quello che, fino a quel momento, mi ero solo potuto immaginare.

Da questa estate mi porto a casa sicuramente tanta stanchezza, ma anche tantissima determinazione nello studiare e nell’allenarmi per riuscire a vincere il concorso e realizzare il mio sogno.

Vice Comandante e Comandante 1a Compagnia Angelo Sigalotti

Tai di Cadore: cerimonia finale - 33 flessioni
Tai di Cadore: in escursione verso il Lagazuoi
Tai di Cadore: Angelo e sullo sfondo il Lagazuoi

Campo Scuola ANA di San Pietro al Natisone

La crescita del gruppo

Anche quest anno ho avuto l’immenso piacere di partecipare al Campo Scuola PC Ana di San Pietro al Natisone, come volontaria e membro del gruppo Sanità Alpina Gimca. I ragazzi, giunti da vari luoghi d’Italia, si sono ritrovati a vivere un esperienza unica nel suo genere per argomenti trattati ed esperienze vissute. Hanno soggiornato immersi tra le montagne e sono stati guidati da educatori esperti e appassionati. Ogni partecipante è arrivato con una storia unica, un bagaglio di esperienze e paure che sembrava pesare più del necessario. Giorno dopo giorno, è emerso un forte spirito di gruppo, con ciascuno che ha affrontato questa opportunità come una crescita personale e sfida individuale. Davanti alla bandiera italiana il vostro sguardo fiero e le mani aderenti ai fianchi cantavate con forza l’inno nazionale. Vi osservavo durante le vostre attività, compiaciuta dei vostri progressi e pronta ad offrire supporto là dove necessario, come una “zia” premurosa. Ognuno di noi formatori nel vedervi ha provato grande emozione e ha riposto con fiducia e speranza per il vostro futuro. È meraviglioso osservare come un gruppo di ragazzi possa crescere e svilupparsi insieme, superando le proprie paure, costruendo un forte spirito di gruppo. Questa formazione, così ampia e variegata, non sarà solo un ricordo fine a se stesso, ma rappresenterà un aiuto fondamentale per fare scelte consapevoli. Prendete esempio da chi vi ha preceduto e ha scelto di proseguire nella formazione, diventando oggi risorsa preziosa per questo progetto. Fate tesoro di questa esperienza e non limitatevi a tenerla per voi; condividetela e coltivatela con passione. Non dimenticate mai ciò che avete appreso e non dimenticate mai l’importanza del Noi prima dell’io

VolontariaSanitaria(GIMCA)-MarilenaDurì(ziaMery)

Si prepara il materiale per la lezione di primo soccorso - Mery con Laetitia
Foto di gruppo dopo la realizzazione della piuma con il mosaico

GIOVANI

Campi Scuola... ANA e PC

Molto l’interesse

da parte di tutti i ragazzi

Anche questo anno, a fatica visto il mio lavoro a turno, sono riuscito a partecipare ai Campi Scuola ANA; con molto piacere ho dato il mio piccolo contributo come sanitario e come operatore radio.

Buona l’organizzazione delle giornate e molte amicizie iniziate. I ragazzi sono rimasti ben attenti alle varie lezioni e attività proposte ed a volte curiosi alle iniziative ma l’aspetto importante è il gruppo e il concetto di squadra che si è evidenziato. Il Campo di secondo livello (16-25 anni), più impegnativo e lungo, è stato quello che quest’anno mi ha gratificato di più sia per le attività proposte sia per i partecipanti. Ho notato molto interesse ed impegno da parte di tutti i ragazzi. Ho avuto anche il piacere di passare una giornata al Campo Avanzato a Tai di Cadore la cui assistenza sanitaria era affidata all’allora mio Capitano Medico, Tommaso Tanzi, che dopo aver visto le foto del Campo di Paluzza 2023 si è attivato con l’ANA per partecipare portando anche le sue due figlie. Una bella giornata passata assieme a lui e ad alcuni dei nostri ragazzi che partecipavano al Campo. Esperienze che consiglio di fare a tutti, anche solo pochi giorni, per capire meglio ed avvicinarsi ai giovani e per stare assieme alle nuove generazioni.

Volontario sanitario e TLC - Davide De Prato

Tai di Cadore: Tommaso Tanzi (sx) e Davide (dx)
Tai di Cadore: da sinistra Marco, Tariqua, Davide, Angelo e Jack
Remanzacco: Campo Scuola “anch’io sono la Protezione Civile”; da sx Davide De Piante, Ten. Alessandro Smeriglio, Davide De Prato

Campo Scuola “Anch’io sono la Protezione Civile”

Non una crescita personale ma del gruppo

Il Campo Scuola “anch’io sono la protezione civile” si è svolto a San Pietro al Natisone dal 13 al 21 luglio e dal 24 al 31 agosto. Durante queste settimane i ragazzi dai 10 ai 15 anni sono entrati in contatto con diverse realtà.

Hanno imparato a montare le tende, a spegnere gli incendi e a ricercare persone scomparse con e senza l’aiuto dei cani cinofili. Hanno scoperto tutto ciò che riguarda il mondo delle api e dell’apicoltura e potuto assaggiare il miele direttamente dalle arnie. Si sono divertiti arrampicandosi sulla parete di roccia a Stupizza, partecipando all’orienteering per le vie del paese, facendo una gara di tiro a segno con

le carabine laser e cercando oggetti nascosti nel terreno con i metal detector. Hanno assistito a delle lezioni di legalità da parte della Polizia, di cyberbullismo e sicurezza online con l’associazione MEC. Sono stati ospiti della sede regionale della Protezione civile e hanno acquisito nozioni di primo soccorso. Hanno partecipato all’alzabandiera insieme agli alpini in armi presso il Comando Brigata Alpina Julia situato nella caserma “Di Prampero” a Udine e assistito alla spiegazione di alcune delle armi date in dotazione all’esercito italiano presso il 3° Reggimento Artiglieria Terrestre da Montagna a Remanzacco dimostrandosi molto interessati.

Durante la settimana c’è stato spazio anche per delle piccole parentesi storiche come la visita alle trincee del monte Roba e del monte Kolovrat, la visita al bunker della guerra fredda a Purgessimo e, insieme a Guido Aviani, con la sua lezione sulla nascita e sulla storia degli alpini.

Il Campo Scuola non è stato solo questo. Ci sono stati anche momenti più formali come l’alza e l’ammainabandiera, cantando l’Inno di Mameli, ogni mattina e ogni sera e l’ascolto del silenzio prima di andare a dormire.

In questa esperienza i ragazzi si sono emozionati, hanno riso, scherzato, cantato, ballato e nuotato nel fiume Natisone.

Queste settimane sono state caratterizzate da alti e bassi, da gioie e difficoltà, da momenti di fragilità come la mancanza dei rapporti familiari per i più piccoli o la paura di sbagliare ed essere giudicati per i più grandi.

Senza neanche accorgersene, però, facendo un piccolo passo giorno dopo giorno sono arrivati alla fine del campo più maturi e più consapevoli delle loro capacità riuscendo ognuno a superare i propri ostacoli. Il campo scuola non è solo sinonimo di crescita individuale ma anche di gruppo.

Montaggio tende con la PC del Distretto Tiro a segno con le carabine laser
Alzabandiera presso la Caserma “Di Prampero” - Sede della Brigata Alpina Julia

GIOVANI

Ogni anno una crescita

L’esperienza nei Campi Scuola “anch’io sono la Protezione Civile”

Anche quest’anno ho partecipato, al Campo Scuola di agosto per ragazzi dai 10 ai 15 anni; 60 giovani dormivano in struttura ed altri 20 (i cosiddetti “diurni”) che ogni giorno il pulmino li prendeva e riportava a casa; il Capo Campo era Max. Un campo scuola dalla durata di sette giorni sembrano pochi, ma tra la preparazione, montaggio e smontaggio va sempre via qualche giorno in più.

Le emozioni che ho provato nella settimana del campo non sono state poche; tutti i volontari presenti avevano come obiettivo quello di essere pronti ad ogni evenienza. Ne abbiamo viste di tutti i colori con ragazzi vivaci, iperattivi, che correvano e che non ascoltavano ma, alla fine, abbiamo notato una crescita da parte di tutti.

I ragazzi venivano seguiti da una bella squadra, formata dal Capocampo, i tre Comandanti di Compagnia e ben 16 tutor (ragazzi dal 16 ai 23 anni circa). Ognuno aveva ben chiaro il proprio ruolo e il compito per far sì che il campo funzionasse perfettamente.

Parlando proprio dei tutor, io ho avuto l’opportunità di fare da vice Comandante, e con chi se non con mio padre Davide come Comandante di Compagnia.

Non c’è da dire che con una squadra così ci siamo solo che divertiti… Ma, oltre al divertimento abbiamo scoperto cose nuove grazie alla diversità di idee ed al modo di affrontare le diverse situazioni; magari Davide puntava tanto alla simpatia e al gioco, mentre io ero votata molto di più al rispetto delle regole, cose che tutte insieme si sono amalgamate al meglio e che mi ha fatto crescere come persona (e spero anche Davide).

Quando inizi a pensare a come sia bello aiutare, non ti tiri più indietro; è così che già l’anno scorso sono venuta a conoscenza di questo mondo, quello dei Campi Scuola e il cambiamento personale c’è sempre... che sia adattamento o miglioramento. Magari non sono la persona più adatta a stare a contatto con dei ragazzi di un’età che si può definire “particolare”, però vedere quanto con dei piccoli gesti (un’alzata di mano piuttosto che un comando nei momenti formali) possano cambiare anche solo una piccola parte di loro, a me piace davvero tanto. E mi sprona ancora di più a dare, a vivere in una circostanza in cui gli Alpini e tutti i Volontari sono lì per un’unico scopo, crescere e far crescere!

Si parla tutti assieme e ci si confronta
Cerimonia finale: si sfila per le vie di San Pietro

Una passeggiata ecologica a difesa dell’ambiente

perchè... Puliamo il Mondo

Venerdì 20 settembre 2024, noi alunni delle classi quinte della scuola primaria “G. Ellero” abbiamo partecipato a “Puliamo il mondo”, una proposta dell’associazione Legambiente in collaborazione con gli Alpini. Come tanti inviati speciali, muniti di cappellini gialli, guanti, pinze e sacchi, abbiamo fatto una passeggiata ecologica in alcune zone verdi di San Giorgio di Nogaro per raccogliere i rifiuti che vengono abbandonati dalla gente noncurante.

A metà mattina siamo usciti in fila da scuola accompagnati dai volontari della Protezione Civile e, come un lungo serpente variopinto, ci siamo recati nel parco adiacente alla Piazza del Grano. Qui abbiamo ascoltato i discorsi delle autorità comunali e dei rappresentanti di Legambiente, che ci hanno spiegato lo scopo dell’attività e come si sarebbe svolta. Ci siamo quindi messi a cercare e a raccogliere tutti i rifiuti che abbiamo trovato lungo il nostro cammino. Siamo stati molto bravi per-

Gli alunni e le alunne delle classi V^ A-B-D

ché abbiamo differenziato i tanti materiali trovati: carta, cartone, bottiglie e bicchieri di plastica, vetro, cicche di sigarette, ecc.. Dopo la lunga passeggiata ecologica ci siamo diretti verso la sede degli Alpini, dove ci attendeva una gustosa merenda preparata dai volontari. Ci hanno offerto dei buonissimi panini con i salumi e il

formaggio, e dei succhi di frutta. Questo spuntino era così buono che molti di noi hanno fatto il bis e il tris.

Dopo i discorsi e i ringraziamenti da parte dei rappresentanti del Comune di San Giorgio di Nogaro e di Legambiente siamo tornati a scuola con l’assistenza fedelissima della Protezione Civile a cui abbiamo dedicato, sul portone della scuola, un applauso fortissimo e super sentito.

L’esperienza di oggi è stata veramente bella e importante. Per la prima volta, tutti noi alunni delle classi quinte abbiamo contribuito a rendere il nostro paese più ordinato e più pulito per le persone che ci vivono.

Abbiamo capito che solo uniti possiamo migliorare e che dobbiamo insegnare anche a certi adulti ad avere rispetto dell’ambiente per il benessere nostro e di tutte le persone che verranno dopo di noi.

#scoppiamolabolla

Panettone e pandoro per la Fondazione ProgettoAutismo

Fondazione ProgettoAutismo è un punto di riferimento per le famiglie dell’autismo in Friuli Venezia Giulia: il suo centro diurno Home Special Home offre supporto a quasi 100 famiglie dell’Autismo con l’aiuto di 50 volontari e 50 professionisti. Offre vari servizi di assistenza, inclusi venti laboratori abilitativi, servizi semi-residenziali e progetti innovativi.

La Fondazione ha lanciato un nuovo ambizioso progetto: il villaggio di cohousing “Enzo Cainero”, un villaggio di coresidenza dedicato alle persone con autismo e alle loro famiglie.

Un ecosistema progettato per offrire un ambiente accogliente e sicuro, fornendo abitazioni appositamente studiate per le esigenze delle persone con autismo e dei loro familiari, accanto ad ampi spazi comuni e aree ricreative per attività all’aperto. Il villaggio è una soluzione innovativa unica in Italia sostenibile nel lungo termine per le persone con autismo e le loro famiglie.

da lunedì a venerdì 9.00 / 16.00

mercoledì

sabato, domenica e festivi

17.00 / 20.00

La realizzazione di questo progetto rappresenta un passo significativo verso la creazione di un ambiente che permetta alle persone con autismo di condurre una vita soddisfacente, contribuendo al benessere delle loro famiglie e della comunità nel suo complesso.

AIUTIAMOLI A COSTRUIRE QUESTO GRANDE SOGNO!

I panettoni e i pandori “La Penna sotto l’Albero” - inseriti all’interno di una borsa sulla quale sono stampati i disegni dei ragazzi della Fondazione - saranno proposti con offerta minima di 12€ e si potranno ritirare da lunedì 21 ottobre e fino al 15 dicembre 2024.

Non perderti l’originale panettone e pandoro de “La Penna sotto l’Albero”.

Prenotalo subito! Compila il modulo disponibile su www.anasangiorgiodinogaro.it

10.00 / 12.00 - 14.00 / 17.00

ProgettoAutismo

Via Perugia, 7

Feletto Umberto

Baita Gruppo Alpini

Via Carnia, 9

San Giorgio di Nogaro

Lo zaino del Gruppo

Un nuovo gadget del Gruppo

Ti interessa lo zaino del Gruppo di San Giorgio di Nogaro?

Lo zaino militare verde è costruito con tessuto di stile cordura (in poliestere spalmato in materiale impermeabile). È dotato di:

- una maniglia di trasporto

- imbottitura anti sudore sullo schienale

- spallaci imbottiti dotati di anelli con cinghia pettorale e ventrale

- 4 tasche + tasca segreta

- compatibile con sistema hydro waterproof

Ha una capienza di circa 30 litri e misura 28 x 25 x 45 h. Sarà personalizzato con il logo del Gruppo di San Giorgio di Nogaro. Il costo per il socio è di 15€

Se sei interessato manda una mail a sangiorgiodinogaro.palmanova@ana.it oppure contatta Davide (331 8453259)

... prima il silenzio, poi i visitatori

Esperienze vissute a Redipuglia

Cosa dire di questa esperienza, erano 40 anni circa dall’ultima volta qui al Sacrario di Redipuglia, una forte emozione, ci sono tornato come volontario del Gruppo alpini di San Giorgio di Nogaro di cui faccio parte. Lo scopo è di tenere aperto nei fine settimana questi luoghi di commemorazione ai caduti, in modo di fare conoscere a tutti il sacrificio di uomini, padri, mariti e figli che hanno dato la loro vita per la Patria. Detto ciò, arrivati alla sommità del Sacrario e avute le delucidazioni tecniche dal custode, siamo rimasti soli.

Giornata splendida con un leggero vento che faceva girare le foglie dei due ulivi colorando le chiome da verde ulivo ad argento.

Tutti e due eravamo avvolti dall’enorme silenzio che regnava in quel luogo, vicino ma lontano dal caos del progresso. Il tutto è durato per soli 20 minuti. Poi... i visitatori.

È stata una giornata, specialmente la mattina, molto intensa, molta gente ha raggiunto la sommità a piedi percorrendo le due scalinate laterali. Molti si fermavano per chiedere informazioni di ogni genere, a cui, ahimé, non sempre ero preparato, ma il fatto di dialogare con persone di altre regioni d’Italia mi ha spinto ad informarmi più accuratamente del luogo in ci trovavamo. Ho avuto la fortuna di essere in compagnia di Mentore persona e personaggio da cui continuo, da quando l’ho conosciuto, ad apprendere sempre cose nuove. Nel pomeriggio un’inattesa sorpresa per me e Mentore, l’arrivo del Colonnello Massimiliano Fioretti, Direttore del Sacrario di Redipuglia in primis e degli altri in Friuli Venezia Giulia. Ci ha fatto da Cicerone con spiegazioni dettagliate dei fatti accaduti e assieme anche ad alcuni visitatori ci siamo immersi nella storia. Che dire, una giornata da brividi, un tempo fantastico che ci ha accompagnato per tutta la giornata.

N.B.:il21settembrehannoprestatoservizioMicheleeMentore mentre il 22 settembre sono stati presenti Lino e Samuele

Da sx: Mentore, Col. Fioretti (in borghese), Michele
Visitatrici al Sacrario posano con i nostri due portacolori Michele e Mentore

CULTURA

Altopiano dei Sette Comuni

Forte Belvedere e i forti della Grande Guerra

Dopo aver visitato e onorato il Sacrario Militare di Asiago, ci dirigiamo verso la Piana di Vezzena per visitare il Forte Busa di Verle che faceva parte del grande sistema di fortificazioni austriache al confine italiano (in tutto sette fortezze che dovevano contrastare l’avanzata italiana). Il Forte Verle fu costruito dall’Impero austro-ungarico negli anni 1907–1914 ed è situato a 1.504 m slm. Era ben armato con 4 obici montati sotto cupole corazzate girevoli, 6 cannoni e 15 mitragliatrici, ospitava 200 artiglieri e 100

di Luisella Bonetto

fanti. Nel 1916 fu pesantemente bombardato dall’esercito italiano essendo poco distante dal confine con il Regno d’Italia. L’attuale stato di degrado fu dovuto principalmente al recupero dell’acciaio delle cupole e degli scudi corazzati da parte del governo italiano in previsione della guerra d’Etiopia del 1936, i restanti danni furono fatti nel dopoguerra da parte dei “recuperanti”. Si possono osservare solo le sue rovine dall’esterno, ma si può intuire la sua grandezza e la sua funzione ai tempi.

Ci dirigiamo quindi verso il Forte Belvedere (fortezza austro-ungarica di Lavarone in Trentino) che sappiamo essere visitabile; il progettista fu il capitano di Stato Maggiore del genio ing. R. Schneider e i lavori iniziarono nel 1908, seguendo le indicazioni dell’imperiale regio ministero della guerra di Vienna. È un’opera che si compone di diversi fortini collegati a mezzo di corridoi e gallerie il tutto connesso anche con l’alloggiamento della truppa, circa 220 soldati. È lungo 200 m e largo 100 m. Il corpo principale era disposto su tre livelli e risulta essere il più grande dei forti realizzati dal genio austro-ungarico in Trentino, praticamente inespugnabile perché circondato da tre lati da dirupi scoscesi e sulla linea frontale da un profondo fossato ricoperto da reticolati. Concluso nel 1912, era costruito e collaudato per resistere

anche ai bombardamenti più pesanti e rappresentava un’opera moderna e razionale dove il cemento ed il ferro sono stati sapientemente amalgamati con la roccia. Fu rivestito da calcestruzzo di spessore di 2,5 m in cui furono inseriti tre strati di putrelle da 40 cm. Alloggi, servizi, depositi viveri e munizioni erano ospitati in due gallerie, corridoi sotterranei scavati nella montagna portavano alle postazioni per mitragliatrici. Il forte era dotato di 3 obici in cupole d’acciaio girevoli, non aveva cannoni ma un consistente numero di mitragliatrici. Forte Belvedere, al pari di tutte le fortificazioni austriache più moderne, era un complesso destinato ad essere completamente autonomo ed era dotato di tutte le attrezzature e dei servizi logistici tali da renderlo autosufficiente per un periodo di cento giorni anche qualora i ripetuti

Forte Belvedere

bombardamenti avessero impedito un regolare rifornimento di viveri e munizioni ed era collegato a due cisterne alimentate da una sorgente posta poco lontano; l’elettricità era assicurata da un generatore a motore e batterie. Non fu mai direttamente interessato dagli assalti della fanteria italiana durante il primo anno di guerra, ma subì bombardamenti molto intensi che causarono notevoli danni alle strutture e fecero vittime non arrivando mai all’intensità raggiunta dai bombardamenti contro forte Luserna e forte Vezzena. Il forte cessò la sua importanza strategica dopo la Strafexpedition del maggio del 1916 quando il fronte si spostò in avanti presso l’Altopiano di Asiago.

Nel periodo fascista molti forti vennero saccheggiati o abbattuti mentre il Forte Belvedere si salvò grazie all’intervento del Re Vittorio Emanuele III che volle che almeno un forte rimanesse a perenne testimonianza della Grande guerra per le generazioni future anche se negli anni ’40 furono asportate le cupole metalliche e parte del rivestimento metallico del tetto. Negli anni ’60 divenne proprietà della fam. Osele che lo rese visitabile come museo.

Nel 1977 il Forte, uno tra i più grandi e meglio conservati, è stato acquistato dal Comune di Lavarone che con il sostegno della Regione ha provveduto al restauro e alla valorizzazione.

Oggi si presenta al visitatore come un grande museo che si sviluppa in tre piani e spiega la sua storia: la vita all’interno, le condizioni umane dei soldati, la guerra sul fronte alpino. Ora questi Forti appaiono in un contesto bellissimo, in mezzo a prati ad alture e boschi, sembra impossibile qui si siano verificati fatti così dolorosi, eppure così è stato.

Forte Verle ormai è un rudere ma Forte Belvedere è veramente bello da visitare, con le sue gallerie, gli

spazi di vita quotidiana, le cupole che escono dalla terra. Il Forte rivive il dramma della guerra attraverso una serie di installazioni multimediali interattive che rievocano scene di vita quotidiana all’interno della struttura durante il conflitto. Si sentono le grida, i comandi, il rumore delle esplosioni, un’esperienza emotiva che vuol far riflettere sull’orrore di una delle guerre più sconvolgenti di sempre e un monito di pace per le nuove generazioni (sono morti 9 milioni di soldati e 5 milioni di civili). Perché non siamo capaci di imparare?

Galleria del Forte Belvedere
Le cannoniere oggi
Valerio visita il museo storico all’interno del forte

CULTURA

Alla ricerca di... Adriano Codarin

Il mondo delle api ha suscitato da millenni l’interesse degli uomini, attratti dalla misteriosa capacità dei minuscoli insetti di produrre il miele, considerato fin dall’antichità il cibo degli dei. Grazie a un disegno rupestre (risalente a circa 5000 anni a. C.) rinvenuto vicino a Valencia in Spagna, sappiamo che già nel Neolitico (10000 – 2200 a. C.) esisteva un rapporto tra l’uomo e le api. Vi è raffigurato un uomo con un contenitore che introduce il braccio nella cavità di un tronco per prelevare i favi, con alcune api che gli volano intorno…

Un’altra prova interessante, che risale forse a una cultura preistorica all’inizio della nostra era, è data da un graffito di Matobo Hills, nello Zimbabwe, dove appare un uomo che affumica un nido di api per prelevarne il miele, e forse potrebbe essere la più antica testimonianza dell’uso del fumo per calmare le api.

Nei secoli, scrittori e studiosi di tutte le civiltà hanno rivolto la loro attenzione alla perfetta complessità dell’organizzazione dello sciame, all’infinita ricchezza della sua produzione e agli innumerevoli effetti positivi sull’ecosistema. Ultimamente però si sono alzate le voci allarmate degli apicoltori e degli ambientalisti che richiamano l’attenzione sul rischio di perdere il patrimonio vitale e straordinario dei preziosi insetti pronubi (impollinatori), a causa delle variazioni climatiche e dell’inquinamento da fertilizzanti chimici e antiparassitari usati nell’agricoltura intensiva.

Nel Campo Scuola “anch’io sono la Protezione Civile” tenutosi a San Pietro al Natisone nel mese di luglio 2024, gli alpini hanno organizzato la presentazione di un esperto apicoltore, un amatore, che presentasse ai ragazzi la sua esperienza con le api. Proprio a lui, a Adriano Codarin, ora poniamo le nostre domande.

Comeequandonascelasuaattrazioneperilmondodelleapi?

Credo di essere stato attratto dalle api fin da bambino, mi ricordo che nel giardino di casa, in particolare su una vite, era arrivato uno sciame e avevo chiesto a mio papà di raccoglierlo; avevo circa dieci anni e lo sciame sparì dopo poco senza essere raccolto.

Diversi anni dopo nel 1995, all’epoca avevo ventitré anni, mentre passeggiavo con la mia futura moglie Francesca per il parco della villa Manin a Passariano, ci siamo accorti che su un ramo di cedro ad altezza del busto si era posato uno sciame. Ho contattato il custode per capire se fosse possibile raccoglierlo e per caso egli era anche apicoltore, e ci ha concesso non solo la raccolta, ma anche l’accesso con l’auto al parco per agevolarne la cattura.

Da quello sciame è iniziata l’esplorazione delle attività che le api compiono all’interno dell’alveare e di ciò che l’apicoltore deve fare per mantenerle attive e vitali.

Conqualimezzihaapprofonditolasuaconoscenza?

Innanzitutto, la conoscenza deriva dall’osservazione di ciò che le api fanno durante il giorno e soprattutto durante le varie stagioni; pertanto, direi che la prima conoscenza deriva da un rapporto diretto con questo insetto. Poi ho frequentato diversi corsi di apicoltura di base e per esperti apistici. Inoltre, il dialogo con altri colleghi che conducono aziende apistiche da parecchi anni, o addirittura da parecchie generazioni, nei momenti in cui avevo bisogno di informazioni, mi ha permesso di arricchire rapidamente il bagaglio delle mie conoscenze.

Èpossibileinstaurareunrapportoconleapi?Leiciriesce?Cisonoaneddotiparticolaricheleiricorda?

Chi viene da me per informazioni o per l’acquisto di miele, frequentemente mi chiede se le api mi riconoscano e se si riesca ad avere una relazione con loro. A tutti rispondo di no, che non si riesce ad avere un rapporto come quello

Regina in deposizione

che si instaura con un cane o un gatto, ma se l’apicultore sa interpretare i segni che l’alveare rivela, allora avviene un certo tipo di comunicazione che è alla base dell’accudimento, dell’allevamento e della relazione. Faccio un esempio: le api nei mesi di aprile e maggio hanno l’abitudine di moltiplicarsi mediante la sciamatura e per poterlo fare allevano all’interno dei favi le celle reali, alveoli da cui poi nasceranno le nuove regine. Se l’alveare sciama, l’apicoltore non realizzerà il raccolto, di conseguenza, nelle visite periodiche che l’operatore esegue, si provvede a distruggere queste celle reali per bloccare impulso naturale delle api di sciamare. Però se le celle reali vengono allevate ad agosto, periodo dell’anno in cui le api non hanno l’istinto di sciamare, allora è controproducente rompere le celle, perché è sinonimo di scarsa efficacia della vecchia regina e di volontà dell’alveare di sostituirla. Molti alla vista delle celle reali reagiscono rompendole anche in periodi dell’anno in cui tale azione rappresenta un errore di interpretazione del messaggio lanciato dall’alveare.

Qualisonoitempielefunzioniall’internodiun’arnia.Qualiglieventipiùimportanti?

Partendo dal mese di gennaio la successione delle funzioni dell’apicultore sono:

• gennaio, febbraio: accudimento nel quale si verifica lo stato di salute dell’alveare e la presenza di sufficienti scorte di miele per superare il periodo di riposo;

• marzo: inizio dello sviluppo primaverile delle famiglie, controllo della presenza della regina, del consumo e della sufficiente presenza delle scorte di miele;

• aprile, maggio, giugno: controllo delle fasi della sciamatura, sviluppo e nutrizione della famiglia, posa dei melari (elementi che vengono sovrapposti al nido, dove le api immagazzinano il miele) raccolta dei melari con il miele delle varie essenze botaniche;

• luglio, agosto: operazioni di sanificazione e pulizia dei parassiti in particolare della varroa (acaro che colpisce gli alveari e ne causa spesso la morte);

• settembre, ottobre: è il periodo più importante per la stagione successiva e la sopravvivenza invernale, perché vengono allevate le api che dovranno superare la fase invernale in cui l’allevamento viene interrotto, oltre alla produzione delle scorte che saranno la base dell’alimentazione invernale;

• novembre, dicembre: periodo in cui inizia il riposo invernale con il blocco dell’allevamento delle api e la formazione del glomere (un ammasso sferico che le api compongono con i loro corpi, e che permette loro di termoregolare il calore prodotto, con la conseguenza di formare un cuore centrale sempre caldo in cui trova protezione la regina).

Inqualiluoghieconqualieffettisisvolgel’attivitàdellesue“amiche”?

Ho sempre ricercato luoghi per collocare i miei apiari dove ci fossero ricchezze boschive, prati stabili e zone in cui non ci fossero contaminazioni dovute a fonti di inquinamento o trattamenti su colture intensive. I luoghi che rispettavano questi miei criteri di scelta li ho ritrovati nelle colline del Cividalese e nelle valli del Natisone, dove opero il nomadismo degli alveari da diverso tempo. In queste zone ricavo diverse varietà di mieli quali il tarassaco, il ciliegio, l’acero, l’acacia, il tiglio, il castagno e, per finire, l’edera, nel mese di settembre, che ha lo scopo di formare le scorte invernali per le famiglie di api.

Nota:

Il grande poeta friulano Giacomo Vit, intitola un suo recente libro di poesie “A tachin a trimâlisâs”–“Comincianoatremareleapi”.Iltitolosiriferiscealfenomeno,registrato in alcuni filmati della Guardia Forestale, in cui si vedono tantissime api che tremano tutte insieme poco prima di morire a causa dei pesticidi.

Glomere invernale
Passioni ricordi e mestieri

STORIA

Un piccolo tesoro dimenticato

Le monete romane

di Marco Zanon

Poco prima dello scoppio della Prima guerra mondiale nel territorio delComune diSan Giorgio diNogaro viene scoperto un piccolo tesoro composto da circa 200 monete di epoca romana che ad oggi non è dato sapere dove sia conservato.

Da sempre, nell’immaginario collettivo, il rinvenimento di un tesoro rappresenta un fatto straordinario. Forse è per questo che all’inizio del secolo scorso notevole risalto ebbe la notizia della scoperta di un cospicuo “gruzzolo” di monete di epoca romana avvenuta il 12 aprile 1915 (poco più di un mese prima dell’entrata in guerra dell’Italia) nella frazione di Torre di Zuino (allora territorio facente parte del Comune di San Giorgio di Nogaro). Infatti, nella cronaca locale dei giornali dell’epoca, si riporta la notizia che nel corso di lavori di bonifica alcuni operai, mentre stavano rettificando una parte del corso del fiume Zumello, hanno rinvenuto un piccolo tesoretto di circa 200 monete “raffigurantiAncoMarzio,unodeisetterediRoma,succedutoaTulloOstilio,regnantenel616avantiCristo. Lemonete(sesterzi)benconservatefuronodateinconsegnaalsig.OlindoPez,amministratoredell’aziendaagricola GerasimoArocopo,ilqualesiaffrettòasegnalarelascopertaall’autoritàcompetente”.

Una scoperta senza dubbio molto interessante sia dal punto di vista storico che economico: si tratterebbe nei fatti dell’unico ritrovamento, ad oggi noto, di un quantitativo così elevato di monete (gli archeologi lo chiamano tecnicamente ripostiglio) nel territorio posto ad ovest della città di Aquileia e quindi in grado di fornire uno spaccato del tessuto commerciale presente in tale contesto, anche se le scarse (e contraddittorie) informazioni che si ricavano dall’articolo non consentono di definire con certezza le caratteristiche del deposito monetale.

Non si conosce, ad esempio, il metallo in cui erano coniate le monete (oro? argento? bronzo?) e soprattutto poco verosimile risulta essere il riferimento ad Anco Marzio, vissuto in un’epoca nella quale non si coniavano sesterzi (in realtà nel VII sec. a.C. non si coniavano neppure le monete ma per gli scambi commerciali si usavano dei pezzi irregolari di bronzo chiamati aes rude); difficile inoltre pensare trattarsi di monete tutte identiche ovvero riportanti la medesima effigie e/o coniate nella stessa zecca.

Senza queste informazioni risulta difficile fornire interpretazioni per spiegare l’origine di questo ripostiglio. Le ipotesi possono essere diverse: il tesoretto poteva essere il ricavato di una grossa vendita o la somma raccolta per effettuare un pagamento, il contenuto di una cassa militare per pagare i soldati oppure un c.d. “tesoro di emergenza”, cioè un tesoretto nascosto in previsione di un evento catastrofico sepolto nel terreno con la speranza di poterlo recuperare più tardi.

Per risolvere tutti questi dubbi sarebbe interessante studiare la composizione e le caratteristiche delle monete recuperate, ma purtroppo al momento non è dato sapere dove le stesse sono state depositate dopo il loro recupero (sicuramente non al museo di Aquileia visto che allora la città romana faceva parte dell’impero austro-ungarico).

Per questo sarebbe molto interessante capire dove sono attualmente conservate le monete del ripostiglio; per certi aspetti sarebbe come scoprire nuovamente il tesoro.

CULTURA

Il cjanton da puisie

Il me diari

Il me diari

al ten cont di une realtât di dì in die inventade e dislite come butîr di une rizete trasmetude dal câs, e le fature di inventâ le vite e à un sens ta maravee par chiste trasfigurazion senze confin.

Il mio diario consueto riflette una realtà di giorno in giorno creata e dissolta come il burro di un’antica ricetta tramandata dal caso...

E la fatica di inventare la vita assume il suo significato nello stupore per questa trasfigurazione senza confine.

Il cjanton da rizete

di Franco Moni

Polpette di melanzane

• 400 g di melanzane tagliate a fette di circa 1 cm

• 1 uovo e 1 tuorlo

• 100 g di mollica di pane

• latte

• 100 g di grana padano

• 50 g di pancetta affumicata a dadini

• 100 g di scamorza affumicata

• basilico o prezzemolo, pangrattato, sale e pepe

• olio extra vergine di oliva

Fate cuocere a vapore le fette di melanzana; una volta raffreddate, sbucciate, strizzatele e schiacciate con una forchetta.

Fate rosolare la pancetta in una pentola antiaderente. Tagliate a dadini la scamorza. Mettete a bagno la mollica nel latte quindi levatela e strizzatela.

Raccogliete in una ciotola le melanzane schiacciate, unite grana padano, l’uovo e il tuorlo e aggiungete la mollica e la pancetta croccante. Condite con un pizzico di sale, una manciata di pepe e profumate con basilico o prezzemolo tritato. Amalgamate, unite i dadini di provola e lavorate ancora per distribuirli nel composto.

Formate tante polpette, posatele nel pangrattato e friggetele in abbondante olio bollente.

Man mano che sono pronte, scolatele su carta assorbente da cucina, salatele e servite.

Buon appetito!

Le nostre montagne

Gruppo del Canin dalle pendici del Montasio - foto di Maurizio Pessina

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