TIR - Speciale Pacchetto Mobilità

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PACCHETTO MOBILITÀ: LE NUOVE REGOLE DELL’AUTOTRASPORTO EUROPEO

A cura di Massimo De Donato

PACCHETTO MOBILITÀ: LE NUOVE REGOLE DELL’AUTOTRASPORTO EUROPEO

A cura di Massimo De Donato

3 Indice Prefazione Enrico Finocchi, Presidente Comitato Centrale dell’Albo degli Autotrasportatori 4 Introduzione Vito Di Santo, Direttore Generale per la Sicurezza Stradale e l’Autotrasporto 6 Un cambiamento epocale per il settore di Massimo De Donato 8 Il Pacchetto Mobilità: genesi e obiettivi 11 L’Europa in movimento 13 Accesso alla professione di autotrasportatore 17 Una nuova disciplina per l’accesso alla professione 19 Iscrizione all’Albo degli Autotrasportatori 23 Iscrizione al Registro elettronico nazionale 32 L’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci 37 Il cabotaggio stradale di merci 42 Tempi di guida e di riposo e utilizzo dell’apparecchio di controllo 45 Normativa sociale nel settore del trasporto stradale 47 L’apparecchio di controllo: analogico o digitale 55 Distacco transnazionale dei conducenti 61 Distacco, nuovi obblighi per imprese e conducenti 63 Controlli della normativa sociale in materia di autotrasporto 71 Documentazione elettronica nel settore del trasporto di merci 75 La strategia digitale dell’Ue 77 Locazione senza conducente di veicoli 85 Il noleggio di veicoli senza conducente 87 Recepimento della nuova Direttiva 2022/738 91

Enrico Finocchi

Presidente Comitato Centrale Albo degli Autotrasportatori

La mobilità sostenibile non è solo un’opzione, ma una necessità per il futuro.

Se vogliamo far sì che l’autotrasporto continui a svolgere anche negli anni a venire un ruolo cruciale per l’economia, garantendo il trasporto merci anche nelle lunghe distanze, è quindi fondamentale rafforzare l’equità sociale, migliorare le condizioni di vita degli autisti, contrastare le pratiche occupazionali illecite, ridurre le emissioni di CO2, accrescere la sicurezza stradale.

In quest’ambito ben si inserisce il Pacchetto Mobilità dell’Unione europea, che contiene norme di fondamentale importanza per il settore del trasporto e della logistica.

Innanzitutto il Pacchetto Mobilità mira a promuovere la competitività di questo settore, favorendo un ambiente di lavoro equo e garantendo condizioni di concorrenza leale.

In secondo luogo, promuove l’uso di tecnologie innovative nel settore dell’autotrasporto, come ad esempio i tachigrafi intelligenti, che consentono maggiori controlli e una maggiore tracciabilità delle operazioni di trasporto.

E ancora, mira a ridurre l’impatto ambientale del settore, promuovendo l’adozione di veicoli più ecologici e l’efficienza energetica.

Tutti obiettivi a cui puntano, da sempre, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Comitato Centrale per l’Albo degli Autotrasportatori. Ad esempio il MIT incoraggia già da diversi anni il rinnovo del parco circolante (che nel nostro Paese è particolarmente vetusto) con una serie di incentivi da destinare alle imprese di autotrasporto che intendono investire in veicoli a basse emissioni, sia Euro 6 sia veicoli a trazione alternativa, ibridi, elettrici, CNG e LNG. Incentivi che sono stati

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concessi anche quest’anno, per un totale di 25 milioni di euro. Anche le politiche adottate dall’Albo degli Autotrasportatori per la riduzione compensata dei pedaggi autostradali vanno in questo senso, agevolando le imprese che investono su flotte meno inquinanti. Per il 2023 (come già accaduto per il 2022) le riduzioni si applicano infatti solo alle imprese che utilizzano autoveicoli con classe ambientale di categoria Euro 5 e superiori.

Ma l’Albo degli Autotrasportatori non è solo impegnato nella sostenibilità. Il futuro che l’Albo vuole costruire per le imprese di autotrasporto parla di regolarità, di sicurezza, di migliori condizioni di lavoro per gli autisti.

Negli ultimi tre anni, ad esempio, il Comitato Centrale dell’Albo ha portato avanti, insieme a RAM e Deloitte, un grande lavoro di verifica sulla posizione delle imprese iscritte. In base all’ultimo report, sono state analizzate circa 43.189 imprese, tra quelle a zero veicoli e quelle non in regola con il pagamento della quota annua (la verifica ha riguardato comunque anche tutti gli altri aspetti, dalla corretta copertura assicurativa dei veicoli alla regolarità contributiva). Un lavoro che ha permesso di avviare il processo di cancellazione per quelle imprese che non possedevano i requisiti previsti dalla legge, ma che ha portato anche alla regolarizzazione di oltre tremila imprese che hanno provveduto a sanare la loro posizione.

Anche altri progetti già avviati dall’Albo – o in corso di attivazione –sono rivolti a raggiungere questi obiettivi. Ne è un esempio l’iniziativa Guidiamo Sicuro, che negli anni scorsi ha già formato 1.600 autisti con corsi di guida sicura e sostenibile e per la quale è adesso prevista una seconda edizione, che ha in programma di formarne altri 1.800. O ancora il progetto per la realizzazione di aree di sosta sicure e protette per veicoli pesanti in Italia, che ha proprio lo scopo di migliorare le condizioni di riposo degli autisti, incrementare la sicurezza e proteggere il carico da fenomeni di cargo crime. Al momento è stato fatto uno studio strategico che ha individuato qual è la domanda di aree di sosta in Italia e a breve si potrà procedere con l’avvio di un bando nazionale che sarà cofinanziato dall’Albo e che sarà attivato in coerenza con analoghe iniziative della Commissione europea.

Per rappresentare la visione di futuro dell’Albo è stata lanciata, proprio in questo periodo estivo, una campagna di comunicazione in atto su tv, radio, stampa, web e social. Una campagna che con il claim “Insieme per Guidare il Futuro” intende promuovere i valori dell’Albo e avvicinare sempre di più i giovani alla professione dell’autotrasportatore. Infatti, sebbene l’autotrasporto rappresenti uno dei settori economici in crescita e indispensabili per lo sviluppo del Paese, c’è bisogno di superare molti stereotipi e raccontare aspetti di questo mondo ancora poco conosciuti.

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Vito Di Santo Direttore Generale per la sicurezza stradale e l’autostraporto

Varato tre anni fa, il cosiddetto Pacchetto Mobilità dell’Ue determina un’ampia riorganizzazione del settore dei trasporti. La nuova normativa è volta a garantire migliori condizioni sociali e di lavoro e offre alle imprese di autotrasporto che operano nel rispetto delle regole gli strumenti e la possibilità di muoversi in un mercato nazionale ed europeo più equo e di difendersi dalle “insidie” della concorrenza sleale. L’entrata in vigore delle nuove norme tuttavia non è uniforme e, se alcune sono già operative, altre lo saranno più avanti, secondo un programma che proseguirà fino al 2026. La sua attuazione è comunque a buon punto e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sta seguendo con attenzione tutta la partita proprio per arrivare a delineare a livello nazionale un quadro normativo completo.

Da quasi tre anni, il 20 agosto 2020, è diventato operativo il primo provvedimento, senza necessità di uno specifico recepimento da parte degli Stati. Si tratta del Regolamento Ue 1054/2020 del 15 luglio 2020, che modifica il Regolamento CE 561/2006 sui tempi di guida e di riposo degli autisti, introducendo alcune novità per quanto riguarda la multi-presenza a bordo del camion (l’autista che non guida può effettuare la sua interruzione di 45 minuti all’interno del veicolo solo se non è impegnato ad assistere il conducente) o ancora vietando espressamente la possibilità di effettuare il riposo settimanale regolare a bordo del veicolo.

Da febbraio 2021 si applica anche il Regolamento Ue 1055 del 2020 sull’accesso alla professione e al mercato del trasporto stradale, a cui è stata data ampia attuazione in Italia con il Decreto 8 aprile 2022, n. 145. Un Regolamento che porta con sé cambiamenti importanti per il settore: ad esempio al momento non è più consentito applicare le

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regole nazionali per l’accesso al mercato e le imprese possono immatricolare automezzi di qualsiasi massa e categoria Euro, anche se ciò appare in contrasto con la politica comunitaria in tema di sostenibilità ambientale.

Recente, invece, il recepimento in Italia della Direttiva 2020/1057 sul distacco transnazionale degli autisti. La sua attuazione si deve infatti al Decreto Legislativo 23 febbraio 2023 n. 27 che si applica dal 21 marzo scorso, introducendo una serie di novità per quelle imprese di trasporto che inviano lavoratori in Italia. Ultimo in ordine di tempo il Decreto Legge 13 giugno 2023, n. 69, che grazie all’articolo 24 attua le modifiche alla Direttiva europea sul noleggio senza conducente. Tra le novità più importanti la possibilità per l’impresa conto terzi di noleggiare veicoli in qualsiasi Stato comunitario e di utilizzarli anche per i trasporti nazionali.

Nei mesi scorsi, inoltre, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha attivato un confronto con le associazioni di categoria dell’autotrasporto sullo schema di Decreto Legislativo attuativo della delega attribuita al Governo (L. 4 agosto 2022, n. 127 – Legge di delegazione europea) per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni europee in materia di accesso alla professione e al mercato internazionale e per definire le sanzioni da applicare in caso di violazioni.

Le associazioni di categoria hanno presentato le proprie osservazioni nell’ottica di consentire una più agevole organizzazione dell’attività di impresa e nelle prossime settimane proseguirà il confronto in sede ministeriale, con l’obiettivo di arrivare il prima possibile all’emanazione del Decreto.

Più delicata la questione tachigrafo. Il 21 agosto sarà infatti obbligatorio installare una nuova versione del tachigrafo intelligente, con nuove importanti funzioni, tra cui quella satellitare, sui veicoli di nuova immatricolazione. Tuttavia, un ritardo nella disponibilità dei segnali satellitari utilizzati ha creato incertezze tecniche e legali, causando anche rallentamenti nell’omologazione di nuovi prodotti e spingendo la Ue a prevedere anche una versione transitoria (Reg. n. 980/2023). La gestione dei tachigrafi è, tuttavia, in capo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. E, sempre in tema di tecnologia, l’attuazione del regolamento sulla digitalizzazione è ancora in corso; si tratta di un ulteriore tassello che riflette la forte spinta in questo senso promosso dal Pacchetto Mobilità, nell’ottica di una maggiore efficienza e sostenibilità dei trasporti.

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Un cambiamento epocale per il settore

Negli ultimi anni il settore dei trasporti ha dovuto affrontare numerose sfide: l’incremento del traffico, l’inquinamento atmosferico e le conseguenti politiche di sostenibilità ambientale, la concorrenza sleale - da parte soprattutto di alcuni Paesi dell’Est Europa - le disuguaglianze nei diritti dei lavoratori, la carenza di autisti.

Problematiche che hanno spinto l’Unione europea ad adottare una serie di misure normative volte a promuovere un trasporto più sostenibile, più sicuro e più equo.

Il Pacchetto Mobilità rappresenta infatti un impegno concreto per affrontare - e si spera vincere - le sfide del settore dei trasporti, promuovendo la sostenibilità, i diritti dei lavoratori e l’armonizzazione del mercato.

Senza dubbio si tratta di un risultato storico per il settore dell’autotrasporto anche perché costituisce la più ampia riorganizzazione mai attuata fino ad oggi. Ciò che rende il Pacchetto Mobilità così significativo è infatti la sua visione olistica: non si limita a singole misure ma adotta un approccio sistematico per affrontare le problematiche interconnesse che riguardano il trasporto su strada. Questo include l’armonizzazione delle regole del mercato, la lotta al dumping sociale, l’eliminazione delle pratiche sleali, l’adozione di tecnologie innovative che possano migliorare l’efficienza e la sostenibilità del settore. Il tutto con l’obiettivo di creare un contesto di concorrenza leale, in cui tutte le imprese possano operare su basi paritarie e rispettando gli stessi standard di qualità e sicurezza.

Un risultato ottenuto con fatica e solo a seguito di estenuanti mediazioni che hanno accompagnato la discussione sul Pacchetto, sia all’interno delle Istituzioni europee sia nei singoli Stati. La complessità delle questioni affrontate e l’interesse delle diverse parti interessate hanno infatti generato accesi dibattiti sulle misure proposte e portato alla nascita di controversie sfociate anche in alcuni ricorsi alla Corte di Giustizia Ue.

Questo non significa che ormai il lavoro sia completo. Il successo del Pacchetto Mobilità infatti dipenderà anche dalla sua corretta attuazione e dalla collaborazione tra gli Stati membri.

Lo scopo di questo volume è proprio quello di riunire in maniera

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organica la normativa, alla luce delle novità introdotte dai Regolamenti e dalle Direttive che compongono il Pacchetto, e di fotografare lo stato dell’arte al momento in cui scriviamo.

È infatti essenziale monitorare attentamente l’attuazione delle nuove norme e apportare eventuali correzioni o miglioramenti necessari lungo il percorso. Così come è essenziale che gli organi di controllo facciano rispettare il pacchetto di regole, anche attraverso le nuove tecnologie digitali. Solo così potremo raggiungere l’obiettivo comune di un sistema di trasporto europeo all’avanguardia, in grado di rispondere alle esigenze della società e dell’ambiente.

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Il

Pacchetto Mobilità: genesi e obiettivi

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L’Europa in movimento

I trasporti e la mobilità sono fondamentali per l’economia e la competitività dell’Europa. Per questo uno degli obiettivi che l’Unione europea si è data è quello di renderli più efficienti, moderni, sicuri, sostenibili e allo stesso tempo socialmente equi. Migliori condizioni di lavoro per i conducenti e uguali requisiti commerciali per le imprese di trasporto su strada sono infatti indispensabili per assicurare una concorrenza non distorta, per attrarre lavoratori qualificati e per garantire la sicurezza stradale per tutti gli utenti della strada.

Proprio in quest’ottica, il 31 maggio 2017 la Commissione europea ha lanciato un pacchetto di proposte per migliorare il funzionamento del mercato del trasporto delle merci su strada e le condizioni sociali e occupazionali dei lavoratori, racchiuse nel programma “L’Europa in movimento”.

Una strategia volta a rendere il traffico più sicuro; incoraggiare l’adozione di sistemi di pedaggio più equi; ridurre le emissioni di CO2, l’inquinamento atmosferico e la congestione del traffico; diminuire gli oneri burocratici per le imprese; combattere il fenomeno del lavoro nero e garantire ai lavoratori condizioni e tempi di riposo adeguati.

“L’Ue ha l’opportunità unica di modernizzare il trasporto su strada non soltanto in casa propria, ma anche a livello globale - sottolineava l’allora Commissaria ai trasporti, Violeta Bulc, presentando l’iniziativa -. Con le nostre riforme porremo le fondamenta per soluzioni stradali digitali standardizzate, condizioni sociali più eque e regole di mercato applicabili. Le riforme contribuiranno a ridurre i costi socio-economici dei trasporti, come il tempo perduto a causa del traffico, gli incidenti stradali mortali o con feriti gravi e i rischi per la salute derivanti dall’inquinamento e dal rumore, e andranno incontro alle esigenze dei cittadini, delle imprese e della natura. Con norme comuni e servizi transnazionali, inoltre, i viaggi multimodali potranno diventare realtà in tutta Europa”.

La prima serie di proposte, comunemente ribattezzata con il nome di primo Pacchetto Mobilità, si è concentrata sui tempi di guida e riposo degli autisti, sui tachigrafi, sul distacco dei conducenti, sull’ac-

13 Il Pacchetto Mobilità

cesso alla professione e al mercato e al noleggio senza conducente. Nel corso dei mesi successivi queste iniziative sono state poi integrate con altre proposte e così nel novembre 2017 è arrivato il cosiddetto secondo Pacchetto mobilità, incentrato sull’impatto ambientale dell’industria dei trasporti, che tra le varie misure prevedeva nuove norme in materia di emissioni di CO2, con obiettivi sia per il 2025 sia per il 2030 per incoraggiare la transizione dai veicoli convenzionali con motori a combustione interna a quelli puliti; un piano di azione per la diffusione a livello transeuropeo di un’infrastruttura per i combustibili alternativi; la revisione della direttiva sui trasporti combinati, per promuovere l’uso combinato di diversi modi di trasporto delle merci.

Infine, a maggio 2018, è stato presentato il terzo Pacchetto Mobilità che si è invece impegnato sul concetto di mobilità sicura e connessa in tutta l’Ue, nonché sul miglioramento della sostenibilità del settore dei trasporti. Le iniziative hanno riguardato la digitalizzazione e l’automazione dello scambio di informazioni, nuove proposte sulle emissioni di CO2 per i veicoli pesanti, sull’aerodinamicità di tali veicoli, sull’etichettatura degli pneumatici; e ancora un’iniziativa legislativa per snellire le procedure di autorizzazione dei progetti relativi alla rete centrale transeuropea dei trasporti (TEN-T).

L’approvazione dei provvedimenti contenuti nei Pacchetti Mobilità ha avuto un percorso piuttosto burrascoso. Le norme hanno generato parecchi contrasti tra gli Stati, in particolare tra i Paesi occidentali e i Paesi dell’Est che, contrari all’approvazione di alcune disposizioni, hanno cercato, fino all’ultimo, di convincere gli europarlamentari a respingere il testo approvato dal Consiglio d’Europa, sia con lettere inviate ai singoli europarlamentari, sia con manifestazioni di autotrasportatori.

Bulgaria, Romania, Ungheria, Lituania, Polonia, Malta e Cipro con-

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Una genesi burrascosa

testavano infatti diverse misure, considerate troppo protezionistiche, che a loro parere rischiavano di minare il mercato interno della Ue e di “rafforzare deliberatamente l’indebito vantaggio competitivo degli Stati membri dell’Europa occidentale”. In particolare venivano contestati quattro aspetti: il rientro dei veicoli ogni otto settimane, il rientro degli autisti ogni quattro settimane, il divieto di riposo in cabina e le norme sul cabotaggio.

Ad ogni modo, seppur dopo un percorso tortuoso, a luglio 2020 il Parlamento europeo ha adottato tre Regolamenti e una Direttiva:

- il Regolamento 1054/2020 che riguarda la durata massima del lavoro e tempi minimi di riposo per i conducenti e il posizionamento per mezzo di tachigrafi;

- il Regolamento 1055/2020, che disciplina l’accesso al mercato del trasporto di merci su strada e alla professione di trasportatore, nonché norme sul cabotaggio e trasporti intracomunitari;

- il Regolamento (UE) 1056/2020 sulla digitalizzazione dell’autotrasporto e la dematerializzazione delle informazioni;

- la Direttiva 2020/1057 che rivede gli obblighi di applicazione e stabilisce norme sul distacco dei conducenti.

Ad aprile 2022 è stata poi approvata la Direttiva 2022/738 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale europea del 16 maggio), che ha introdotto importanti novità nel settore del noleggio senza conducente per il

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La riforma del settore

trasporto stradale di merci, offrendo nuove possibilità alle imprese per gestire al meglio la propria attività, consentendo di utilizzare veicoli comunitari in disponibilità a tale titolo anche nell’ambito del trasporto nazionale ed ampliando la platea dei soggetti legittimati a fornirli.

Molte misure sono già entrate in vigore mentre altre saranno operative a breve.

Quello che è certo è che il Pacchetto Mobilità dell’Ue comporta una riforma a tutto tondo del settore: cambiano ad esempio le regole per distacco transnazionale dei conducenti e quelle sui tempi di guida e di riposo, così come cambia la disciplina del cabotaggio stradale, con lo scopo di evitare quello sistematico e contrastare meglio gli abusi. Cambiano anche le regole per aprire all’estero una società di autotrasporto ed evitare quelle di comodo, nonché le disposizioni per effettuare trasporti intracomunitari con la licenza comunitaria e quelle sul cabotaggio. Altre novità riguardano i cronotachigrafi, che devono registrare i passaggi di frontiera per agevolare i controlli su strada nel trasporto internazionale e che sono stati introdotti anche per i veicoli commerciali con massa complessiva da 2,5 a 3,5 tonnellate che svolgono autotrasporto internazionale.

Nei prossimi capitoli affronteremo nel dettaglio ognuno di questi provvedimenti, riepilogando tutta la normativa alla luce delle novità introdotte.

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Accesso alla professione di autotrasportatore

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Una nuova disciplina per l’accesso alla professione di autotrasportatore

A decorrere dal 21 febbraio 2022, nel settore dell’accesso alla professione e al mercato del trasporto stradale, si applica il Regolamento Ue n. 1055 del 2020, approvato a luglio 2020, che ha modificato, in parte, il Regolamento (CE) 1071/2009.

Le novità normative hanno trovato applicazione in varie fasi tramite atti di diversa natura: circolari laddove si trattasse di dare mera attuazione alle nuove disposizioni - come è il caso dell’estensione del campo di applicazione della licenza comunitaria ai veicoli di massa complessiva superiore a 2,5 e fino a 3,5 tonnellate; decreti e relative circolari applicative nel caso in cui fosse stato necessario dare nuove indicazioni o fare scelte nel contesto delle possibilità offerte dalla disciplina europea.

A quest’ultima categoria va ascritto il Decreto del Capo Dipartimento per la mobilità sostenibile dell’8 aprile 2022, n.145, e la circolare applicativa del 13 maggio 2022.

Le principali novità introdotte riguardano: l’accesso al mercato nazionale con l’eliminazione della disposizione che consentiva agli Stati membri di “imporre requisiti supplementari, proporzionati e non discriminatori, che le imprese devono soddisfare per esercitare la professione di trasportatore su strada”;

il requisito dello stabilimento, che ha visto precisare ed estendere le condizioni che lo caratterizzano;

i requisiti dell’idoneità finanziaria e professionale ridefiniti, in parte, in connessione con l’estensione del campo di applicazione della licenza comunitaria.

Nuove disposizioni hanno riguardato anche il cabotaggio stradale, che ha visto introdurre il concetto di “raffreddamento” come fase di esclusione da tale attività per i veicoli che hanno completato il periodo

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Precedenti riferimenti normativi

di sette giorni susseguente alla conclusione di un trasporto internazionale durante il quale è consentito effettuare un massimo di tre operazioni di trasporto in regime di cabotaggio.

Prima di affrontare tutte le novità nel dettaglio, occorre però fare un piccolo excursus sulla situazione precedente al Regolamento (CE) n. 1071/2009.

La Legge 6 giugno 1974 n. 298 istituisce “l’Albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l’autotrasporto di cose per conto di terzi”, e stabilisce che condizione indispensabile per l’esercizio dell’autotrasporto di cose per conto di terzi è l’iscrizione allo stesso Albo, fissandone l’organizzazione, i requisiti e taluni aspetti di natura sanzionatoria.

A livello europeo, il primo atto con cui si è inteso regolamentare in maniera organica l’esercizio della professione di trasportatore su strada è costituito dalla Direttiva n. 96/26/CE del 29 aprile 1996.

A livello nazionale, il Decreto Legislativo 22 dicembre 2000, n. 395, attuativo della direttiva del Consiglio dell’Unione europea n. 98/76/ CE del 1° ottobre 1998, modificativa della Direttiva n. 96/26/CE del 29 aprile 1996 riguardante l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci e di viaggiatori, ancora, in parte vigente, ha definito come requisiti per l’iscrizione all’Albo degli Autotrasportatori il possesso, da parte dell’impresa interessata, dei requisiti di onorabilità (articolo 5), capacità finanziaria (articolo 6) e idoneità professionale (articolo 7).

Ai fini dell’accesso al mercato del trasporto su strada di merci, a

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seguito dell’articolo 2, comma 227 della Legge 24 dicembre 2007, n. 144 (Legge Finanziaria 2008), veniva disegnato sostanzialmente un doppio binario: per le imprese già iscritte all’Albo degli Autotrasportatori alla data di entrata in vigore della citata Legge (1° gennaio 2008) era sufficiente il possesso di un veicolo adibito al trasporto stradale di merci; quelle che, invece, a partire dalla data indicata, intendevano esercitare la professione di autotrasportatore di cose per conto di terzi, dovevano dimostrare di aver acquisito, per cessione di azienda, altra impresa di autotrasporto, o l’intero parco veicolare, purché composto di veicoli di categoria non inferiore a Euro 5 (Euro 3 nella versione iniziale della Legge), di altra impresa che cessa l’attività di autotrasporto per conto di terzi, oppure di aver acquisito e immatricolato, singolarmente o in forma associata, veicoli adibiti al trasporto di cose di categoria non inferiore a Euro 5 (Euro 3 nella versione iniziale della Legge) e aventi massa complessiva a pieno carico non inferiore a 80 tonnellate.

Il Regolamento (CE) n. 1071/2009, che stabilisce norme comuni per l’esercizio dell’attività di trasportatore su strada, ha sostanzialmente innovato il contesto normativo nell’ambito del quale tale attività viene svolta.

È stato disegnato, di conseguenza, per quanto attiene al trasporto di merci, un sistema in cui l’Albo degli Autotrasportatori, l’iscrizione al quale continua ad essere indispensabile per l’esercizio dell’attività di trasporto di cose per conto di terzi, convive con il Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto su strada (REN), istituito ai sensi dell’articolo 16 del Regolamento, che contiene un insieme di dati di varia natura attinenti alle imprese che esercitano l’attività in questione.

Inoltre il Decreto Legge 9 febbraio 2012, convertito con modificazioni dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35, sfruttando una facoltà concessa ai singoli Stati membri dal Regolamento (CE) n. 1071/2009, ha incluso nell’ambito di applicazione del Regolamento stesso, che comprende in prima istanza le imprese che esercitano con veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 tonnellate, anche “le imprese che esercitano o che intendono esercitare la professione di trasportatore di merci su strada con veicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate, o con complessi formati da questi veicoli”.

Tale previsione normativa, insieme a vari altri atti di disciplina, primo dei quali il

Il Regolamento (CE) n. 1071/2009

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Decreto del Capo Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del 25 novembre 2011, nonché alla volontà espressa a vari livelli di non effettuare una mera sostituzione dell’Albo degli Autotrasportatori con il Registro elettronico nazionale istituito dalla disciplina europea, ha avuto come esito un assetto del settore del trasporto stradale di merci così configurato:

Tipologia di impresa

Impresa che esercita/intende esercitare con soli veicoli aventi massa complessiva fino a 1,5 t.

Impresa che esercita/intende esercitare con almeno un veicolo avente massa complessiva superiore a 1,5

Iscrizione

Albo degli Autotrasportatori Registro elettronico (REN)

L’esercizio della professione di trasportatore su strada di merci è condizionato, per le imprese che esercitano o intendono esercitare con un veicolo avente massa complessiva a pieno carico superiore a 1,5 tonnellate, all’iscrizione al Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto su strada.

Tale iscrizione viene conseguita attraverso un apposito procedimento che consta a sua volta di due subprocedimenti, il primo si conclude con l’iscrizione all’Albo degli Autotrasportatori, il secondo con l’iscrizione al Registro stesso, che corrisponde al conseguimento dell’autorizzazione per l’esercizio della professione di trasportatore su strada di merci.

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Iscrizione all’Albo degli Autotrasportatori

L’impresa che intende esercitare la professione di trasportatore su strada di merci presenta richiesta d’iscrizione all’Albo degli Autotrasportatori presso l’Ufficio Motorizzazione Civile (o struttura analoga per le Regioni a statuto speciale) competente per territorio provinciale in relazione alla sede dell’impresa.

Ai fini dell’iscrizione, l’impresa deve dimostrare tre dei quattro requisiti previsti dalla disciplina europea, vale a dire l’onorabilità, l’idoneità finanziaria e l’idoneità professionale.

Il requisito dell’onorabilità di un’impresa è soddisfatto quando l’impresa, il gestore dei trasporti, il direttore esecutivo (figura al momento non delineata dalla normativa nazionale), l’amministratore unico o i membri del consiglio di amministrazione, i soci illimitatamente responsabili per le società di persone, il titolare dell’impresa individuale o familiare, i collaboratori dell’impresa familiare risultano indenni da specifici provvedimenti di natura giurisdizionale, amministrativa o connessi con misure di contrasto del fenomeno mafioso (comunicazioni o informazioni interdittive) ai sensi del Decreto Legislativo 6 settembre 2011 n. 159.

Le fattispecie cui è connessa la non sussistenza del requisito dell’onorabilità sono quelle indicate all’articolo 5 del Decreto Legislativo 22 dicembre 2000, n. 395.

La disciplina europea, con l’articolo 6 del Regolamento (CE) 1071/2009, ha integrato il concetto di onorabilità per l’impresa e il gestore dei trasporti, dandogli anche una connotazione “dinamica” e colle-

L’onorabilità

gandolo con il comportamento dell’impresa e dei suoi conducenti nel concreto svolgimento dell’attività di trasporto su strada.

La commissione di violazioni specifiche attinenti a diversi settori (tempi di guida e riposo, qualificazione dei conducenti, pesi e dimensioni dei veicoli, distacco dei conducenti, cabotaggio…) o la loro reiterazione ha come possibile esito la perdita dell’onorabilità dell’impresa stessa o del gestore dei trasporti.

Tali violazioni sono definite, classificate in termini di categoria, tipo e livelli di gravità dal Regolamento (UE) 403/2016, modificato e integrato recentemente dal Regolamento (UE) 694/2022.

Il requisito dell’idoneità professionale di un’impresa sussiste quando essa abbia designato quale gestore dei trasporti un soggetto titolare di attestato d’idoneità professionale rilasciato dall’Autorità competente di uno Stato membro dell’Unione europea.

Per l’Italia, l’Autorità competente in materia è la Provincia (quella di residenza della persona fisica interessata), ma in passato la competenza al rilascio degli attestati in questione è stata in capo allo Stato, tramite gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile.

Ordinariamente, prima di sostenere l’esame finalizzato al rilascio dell’attestato in questione davanti ad una Commissione designata dalla Provincia, il candidato è tenuto alla frequentazione di un corso specifico di formazione preliminare presso uno degli enti di formazione autorizzati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, della durata minima di 150 ore, di cui almeno 30 dedicate al trasporto internazionale.

Sono esentati dalla frequentazione del corso i candidati che abbiano ottenuto un diploma di istruzione secondaria di secondo grado.

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L’idoneità professionale

L’esame finale è articolato in una parte scritta con domande con risposta a scelta multipla e una parte pratica che prevede lo studio e la soluzione di specifici casi.

L’attestato ottenuto è valido per lo svolgimento dell’attività di gestore dei trasporti in tutti i Paesi membri dell’Unione europea.

Il Regolamento (CE) 1071/2009 ha fatto cadere la differenza tra attestato nazionale e internazionale, per lungo tempo adottata, introducendo un attestato unico, almeno per quanto riguarda quello rilasciato nel quadro della disciplina europea.

Il gestore dei trasporti ha il compito di dirigere in maniera effettiva e continuativa l’attività di trasporto dell’impresa. Questo compito si articola nella gestione della manutenzione dei veicoli, nella verifica dei contratti e dei documenti di trasporto, nella contabilità di base, nella distribuzione dei carichi e dei servizi ai conducenti e ai veicoli ed anche nella verifica delle procedure di sicurezza. A svolgere tale ruolo può essere:

una figura interna dell’impresa che ricopra specifici ruoli (amministratore unico, membro del consiglio di amministrazione, socio illimitatamente responsabile per le società di persone, titolare dell’impresa individuale o familiare, collaboratore dell’impresa familiare) oppure sia legata all’impresa da un contratto di lavoro subordinato che comprende anche il conferimento delle specifiche attribuzioni legate all’assolvimento dei compiti propri del gestore (gestore interno);

una figura esterna all’impresa a questa legata da un contratto che ne specifichi i compiti e le responsabilità con riferimento all’organizzazione delle attività di trasporto (gestore esterno).

L’Italia, avvalendosi della facoltà prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, lettera c) del Regolamento (CE) 1071/2009, ha stabilito con il già citato Decreto Legge 9 febbraio 2012, convertito con modificazioni dalla Legge 4 aprile 2012, n. 35, che un gestore “interno” possa essere designato a svolgere le sue funzioni presso una sola impresa e non possa essere designato quale gestore “esterno” presso altra impresa di trasporto.

Un gestore “esterno” può svolgere le sue funzioni presso una sola impresa di trasporto con un parco veicolare non superiore a 50 veicoli e non può avere legami con nessuna altra impresa di trasporto stradale.

L’eccezione all’esclusività del rapporto tra gestore dei trasporti e impresa è costituita dal gestore di un’impresa di trasporto associata a un consorzio o a

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Il gestore dei trasporti

una cooperativa a proprietà divisa, iscritta alla sezione speciale dell’Albo degli Autotrasportatori, che può ricoprire il medesimo ruolo di gestore, esterno o interno, nello stesso consorzio o cooperativa (circolare ministeriale 30 aprile 2012 prot. 10670).

In particolari circostanze, uno Stato membro può decidere che sia rilasciato da parte dell’Autorità competente un attestato d’idoneità professionale in esenzione dall’esame.

Il Regolamento (CE) 1071/2009 prevede a tal proposito, all’articolo 9, due casi: coloro che dimostrino di aver diretto in maniera continuativa un’impresa di trasporto di merci su strada in uno o più Stati membri nei dieci anni precedenti il 4 dicembre 2009; ai fini del rilascio della licenza comunitaria ad imprese che esercitano con veicoli di massa a carico tecnicamente ammissibile non superiore a 3,5 tonnellate, coloro che dimostrino di aver diretto in maniera continuativa un’impresa dello stesso tipo nei dieci anni precedenti il 20 agosto 2020.

Per il primo caso, il naturale scorrere del tempo ha fatto ormai venir meno le ipotesi di applicazione, considerando, peraltro, che a questo titolo negli anni sono stati rilasciati qualche migliaio di attestati in esenzione dal prescritto esame.

Il secondo caso conserva invece una sua attualità, in quanto è strettamente connesso all’estensione, a partire dal 21 maggio 2022, dell’ambito di utilizzo della licenza comunitaria per trasporto stradale di merci ai veicoli o complessi veicolari con massa complessiva a carico tecnicamente ammissibile superiore a 2,5 e fino a 3,5 tonnellate (fino a tale data esentati) e al fatto che, ai sensi della normativa vigente, le imprese che esercitano la professione solo con veicoli di massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate, possono soddisfare il requisito di idoneità professionale anche attraverso la frequenza di uno specifico corso di formazione preliminare che, istituito con Decreto del Capo del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ed i sistemi informativi e statistici del 30 luglio 2012, prot. 207, ha una durata di 74 ore.

Tali circostanze hanno comportato l’iscrizione al REN di imprese che esercitano con veicoli di massa fino a 3,5 tonnellate, che hanno soddisfatto il requisito dell’idoneità professionale con l’attestato di frequenza del corso di formazione preliminare e che fino al 21

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Esenzione dall’esame

maggio 2022 hanno potuto svolgere attività in ambito internazionale in esenzione dal possesso della licenza comunitaria.

Mentre per le imprese appartenenti alla categoria sopra evidenziata, che intendono limitare la propria attività all’ambito nazionale, nulla è cambiato circa la modalità “alleggerita” di dimostrazione dell’idoneità professionale, per quelle che, invece, sono interessate a svolgere attività internazionale con veicoli non più esentati dal regime della licenza comunitaria, il nuovo obbligo si è collegato a quello di rispettare le norme in materia di accesso alla professione di trasportatore su strada, in particolare con riguardo all’idoneità professionale.

Tale requisito, come peraltro evidenziato a scanso di equivoci con una circolare del Ministero delle Infrastrutture del 9 agosto 2021 e riconfermato con l’articolo 6 del Decreto del Capo del Dipartimento per la mobilità sostenibile dell’8 aprile 2022 n. 145, non poteva più essere dimostrato attraverso l’attestato di frequenza di un corso di formazione, ma attraverso le modalità ordinarie. Ciò ha comportato il rischio per le imprese interessate, in mancanza dell’attestato di idoneità professionale da parte del gestore, di non poter più effettuare attività internazionale, con gravi ripercussioni economiche, soprattutto per quelle geograficamente collocate nelle regioni di confine che hanno un’attività di trasporto, svolta con veicoli “piccoli”, proiettata verso lo Stato membro confinante.

In considerazione dell’impatto che tali imprese hanno per il tessuto economico nazionale e regionale, al fine di consentire almeno ad alcune di esse la possibilità di continuare ad effettuare attività internazionale, con il già citato Decreto 145/2022 e con successiva circolare applicativa del 13 maggio 2022 è stato disposto quanto segue: coloro che svolgevano le funzioni di gestore dei trasporti, per imprese aventi in disponibilità unicamente veicoli di massa complessi-

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Licenza comunitaria per imprese tra 2,5 e 3,5 Ton

va tecnicamente ammissibile superiore a 2,5 e fino a 3,5 tonnellate, sulla base di un attestato d’idoneità professionale valido per il solo trasporto nazionale, possono ottenere l’attestato d’idoneità professionale previsto dalla disciplina europea, in esenzione dall’esame, valido, quindi, anche per il trasporto internazionale, dimostrando la continuità delle attività di direzione di un’impresa dello stesso tipo nei dieci anni precedenti il 20 agosto 2020; coloro che svolgevano le funzioni di gestore dei trasporti, per imprese aventi in disponibilità unicamente veicoli di massa complessiva tecnicamente ammissibile superiore a 2,5 e fino a 3,5 tonnellate, sulla base di un attestato di frequenza del corso di formazione preliminare, sono ammessi a sostenere un esame integrativo, riguardante la materia del trasporto internazionale, al fine di ottenere l’attestato di idoneità professionale previsto dalla disciplina europea.

In entrambi i casi, le competenze in materia di rilascio e di organizzazione dell’eventuale esame integrativo sono a carico della Provincia, considerate le sue competenze in materia di formazione professionale e, nella seconda ipotesi, l’ammissione diretta all’esame integrativo, vale a dire senza la necessità di frequentare apposito corso di formazione, è riservata a coloro che abbiano ottenuto un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado.

L’idoneità finanziaria è definita come la capacità dell’impresa di far fronte agli obblighi di natura finanziaria che incombono nel corso di ciascun esercizio contabile annuale. Questa funzione ha come conseguenza il fatto che essa deve essere dimostrata dall’impresa con

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L’idoneità finanziaria

cadenza annuale, nella misura e mediante gli strumenti previsti dalla disciplina europea e da quella nazionale attuativa.

La misura dell’idoneità finanziaria è fissata nei modi seguenti:

a) 9.000 euro per il primo veicolo a motore utilizzato;

b) 5.000 euro per ogni veicolo a motore supplementare o insieme di veicoli accoppiati utilizzati con una massa a carico tecnicamente ammissibile superiore a 3,5 tonnellate;

c) 900 euro per ogni veicolo a motore supplementare o insieme di veicoli accoppiati utilizzati con una massa a carico tecnicamente ammissibile superiore a 2,5 tonnellate ma non a 3,5 tonnellate.

Ciascuno Stato membro può scegliere di applicare alle imprese che esercitano la professione di trasportatore di merci su strada esclusivamente con veicoli a motore singoli o con insiemi di veicoli accoppiati, la cui massa a carico tecnicamente ammissibile superi le 2,5 tonnellate ma non le 3,5 tonnellate i seguenti valori:

a) 1.800 euro per il primo veicolo utilizzato;

b) 900 euro per ogni veicolo supplementare utilizzato.

Allo stato attuale l’Italia non ha fatto tale scelta e conseguentemente anche alle imprese sopra citate si applica la misura dell’idoneità finanziaria prevista dallo schema di base.

La modalità ordinaria di dimostrazione dell’idoneità professionale è quella della certificazione, da parte di un revisore contabile o da altro soggetto debitamente riconosciuto dalla normativa nazionale, della disponibilità da parte dell’impresa di un valore in termini di capitale e riserve che corrisponda ai veicoli che essa ha in disponibilità, secondo la misura sopra esposta.

La disciplina nazionale ha introdotto, in relazione a tale modalità di dimostrazione, alcune specifiche derivanti dalla natura giuridica dell’impresa di trasporto considerata e dai conseguenti obblighi di natura contabile che su di essa incombono:

per le società di capitali, il riferimento per la determinazione dell’idoneità finanziaria è il bilancio annuale di esercizio, redatto secondo i criteri previsti dalle norme

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sussisten-

con-

applicabili e approvato dall’assemblea dei soci in data antecedente a quella della dimostrazione dell’idoneità finanziaria. La certificazione circa la sussistenza dei valori necessari a tal fine può essere effettuata dal revisore, dal collegio dei revisori o dalla società di revisione che ha già certificato il bilancio; per le imprese individuali e le società di persone, non sussistendo l’obbligo formale di approvazione del bilancio, ma quello di redazione dello stesso, il riferimento ai fini della determinazione del valore utile per la dimostrazione dell’idoneità finanziaria è il bilancio annuale di esercizio utilizzato ai fini della dichiarazione annuale Irpef dell’anno precedente. La certificazione dell’idoneità in questione può essere effettuata da un commercialista iscritto al registro dei revisori contabili o da un CAF autorizzato; per le imprese individuali e le società di persone in regime di contabilità semplificata che non hanno l’obbligo di redazione del bilancio annuale di esercizio, il valore dell’idoneità finanziaria viene determinato sulla base degli elementi patrimoniali presenti alla fine dell’esercizio, al netto dell’esposizione debitoria nei confronti del settore bancario.

Anche in questo caso la certificazione dell’idoneità finanziaria può essere effettuata da un commercialista iscritto al registro dei revisori contabili o da un CAF autorizzato.

Inoltre, sfruttando una facoltà concessa dalla disciplina europea, a livello nazionale è riconosciuta la validità, ai fini della dimostrazione dell’idoneità finanziaria, dell’attestazione dell’esistenza di una garanzia bancaria o assicurativa, inclusa un’assicurazione di responsabilità professionale di una o più banche o organismi finanziari che fornisca una fideiussione in solido all’impresa interessata per un valore rappresentato dalla misura dell’idoneità finanziaria calcolata con le modalità già illustrate.

Tale ultima modalità è consentita unicamente, ai sensi dell’articolo 1, comma 251 della Legge 23 dicembre 2014 n. 190 (Legge Finanziaria 2015), alle nuove imprese che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, presentano domanda di autorizzazione all’esercizio della professione di trasportatore su strada, limitatamente ai primi due anni di esercizio della professione decorrenti dalla data dell’autorizzazione stessa.

Nel caso in cui l’impresa di trasporto intenda ricorrere alle modalità di dimostrazione dell’idoneità finanziaria alternative rispetto a quella ordinaria di certificazione dei conti annuali, può rivolgersi a istituti bancari, compagnie di

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assicurazione o intermediari finanziari autorizzati ed iscritti nei rispettivi Albi; in tal caso ai fini della dimostrazione dell’idoneità finanziaria dovrà essere prodotta: dichiarazione di uno dei soggetti sopra indicati attestante l’esistenza di un contratto di fideiussione stipulato, precedentemente o contestualmente al rilascio dell’attestazione stessa, tra l’impresa di autotrasporto e uno o più creditori, dal quale si evinca che l’ammontare delle somme per le quali viene concessa la garanzia risulta almeno pari all’importo necessario per dimostrare l’idoneità finanziaria dell’impresa; contratto di fideiussione, stipulato con uno dei soggetti sopra elencati e per un ammontare almeno pari all’importo necessario a dimostrare l’idoneità finanziaria, dal quale risulti che la garanzia in solido è stata prestata per l’adempimento delle obbligazioni finanziarie che l’impresa dovesse contrarre nei confronti di terzi creditori in dipendenza e in connessione allo svolgimento dell’attività di autotrasporto; dichiarazione della compagnia di assicurazione attestante l’esistenza di una polizza di responsabilità professionale in regola con la vigente normativa, con espressa indicazione dei massimali a copertura dell’importo corrispondente all’idoneità finanziaria da comprovare. Tale strumento è possibile solo per i primi due anni di esercizio della professione di trasportatore su strada. Per i consorzi e le cooperative iscritti alla sezione speciale dell’Albo degli Autotrasportatori l’idoneità finanziaria è comprovata mediante la dimostrazione della stessa da parte delle imprese associate.

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Lo stabilimento

Iscrizione al Registro elettronico nazionale

Le imprese che intendono esercitare la professione di trasportatore su strada di merci con almeno un veicolo isolato o complesso veicolare avente massa a carico tecnicamente ammissibile superiore a 1,5 tonnellate, sono autorizzate all’esercizio della professione di trasportatore su strada di merci mediante l’iscrizione al Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto su strada (REN) che segue da un punto di vista temporale e procedurale l’iscrizione all’Albo degli Autotrasportatori.

A tal fine, l’impresa interessata dimostra presso la medesima Autorità competente che ne ha disposto l’iscrizione all’Albo (Ufficio Motorizzazione Civile competente per territorio in relazione alla sede dell’impresa), il possesso del requisito dello stabilimento, chiedendo nel contempo l’iscrizione al REN.

Il requisito dello stabilimento, introdotto per la prima volta nella disciplina europea con il Regolamento (CE) 1071/2009, ha la funzione di garantire la concretezza dell’impresa in termini di presenza sul territorio, disponibilità di beni strumentali, risorse umane ed esistenza da un punto di vista commerciale e fiscale, connotando in tale maniera il legame con lo Stato membro dove ha sede.

Al fine di dimostrare il requisito dello stabilimento, l’impresa produce una dichiarazione sostitutiva di notorietà redatta secondo modulistica messa a disposizione dagli Uffici competenti.

Tale dichiarazione contiene informazioni riguardanti l’impresa che consentono di soddisfare le condizioni previste dalla disciplina europea per il riconoscimento dell’esistenza del requisito dello stabilimento, alla luce delle ultime modifiche apportate dal Regolamento (UE) 1055 del 2020 al Regolamento (CE) base n. 1071 del 2009.

Pertanto l’impresa deve:

essere iscritta al registro delle società commerciali dello Stato membro di riferimento;

essere soggetta all’imposta sui redditi ed avere un numero di partita Iva valido;

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disporre di locali in cui siano conservati o in cui possa avere accesso ai documenti principali dell’attività dell’impresa relativi ai contratti di trasporto, veicoli in disponibilità dell’impresa, documenti contabili, documenti di gestione del personale, compresi quelli di natura previdenziale e riguardanti la distribuzione e il distacco dei conducenti, contratti di lavoro, documenti relativi al cabotaggio, ai tempi di guida e di riposo e qualsiasi altra documentazione rilevante ai fini dello svolgimento dell’attività di controllo da parte degli organi preposti;

disporre di uno o più veicoli immatricolati o messi in circolazione e autorizzati in conformità della normativa dello Stato membro in cui ha sede l’impresa a titolo di proprietà o detenuti ad altro titolo (contratto di vendita a rate, contratto di noleggio o contratto di leasing…)

organizzare l’attività dei veicoli a disposizione dell’impresa in modo tale che ciascuno di quelli utilizzati nel trasporto internazionale ritorni in una delle sedi di attività situate nello Stato membro in cui ha sede l’impresa almeno ogni otto settimane; svolgere in maniera continuativa ed efficace le proprie attività commerciali e amministrative nei locali di cui ha disponibilità o in cui può avere accesso e gestire le proprie operazioni di trasporto me-

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diante i veicoli in propria disponibilità con le attrezzature tecniche appropriate;

eseguire concretamente un volume di operazioni di trasporto che sia proporzionato alla struttura dell’impresa, intesa come numero di veicoli a disposizione e numeri dei conducenti utilizzati.

In sede di attuazione della disciplina europea, per meglio adeguare quella nazionale alla realtà concreta di svolgimento e di gestione dell’attività di trasporto su strada, in relazione alle varie condizioni elencate, sono stati introdotti alcuni elementi di precisazione:

i locali di cui l’impresa dispone sono ad uso ufficio e ne deve essere indicato il titolo di disponibilità; solo per le imprese individuali è possibile la coincidenza con la residenza anagrafica del soggetto titolare, mentre per alcune tipologie di società quali le società in accomandita semplice, le società in nome collettivo e le società a responsabilità limitata unipersonale si applica, ai fini dell’eventuale esigenza di eleggere domicilio, l’articolo 47 del Codice civile con riferimento alla residenza anagrafica del socio accomandatario, del socio amministratore o del socio amministratore ed unico proprietario;

i documenti dell’impresa possono essere domiciliati e, quindi, conservati, in luoghi diversi dai locali di cui essa dispone quali studi di consulenza fiscale, commercialisti, associazioni di categoria del trasporto stradale, studi di consulenza automobilistica. Tale circostanza deve essere dichiarata all’Autorità competente, ai fini dell’eventuale attività di controllo;

la proporzione tra volume delle operazioni di trasporto e struttura dell’impresa, quale condizione di sussistenza di uno degli elementi del requisito di stabilimento è sostituita dalla titolarità da parte dell’impresa interessata dell’autorizzazione generale rilasciata dal

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Ministero dello Sviluppo economico (oggi delle Imprese e del Made in Italy), in attuazione della disciplina europea riguardante lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari (c.d. autorizzazione postale).

Una particolare attenzione merita, nel contesto del requisito dello stabilimento, l’eliminazione delle regole di “accesso al mercato”, riguardanti la disponibilità dei veicoli, previste dall’articolo 2, comma 227 della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 e dai relativi decreti e circolari applicative, mediante la clausola di “non applicazione” della disposizione alle procedure di autorizzazione all’esercizio della professione contenuta nell’articolo 2, comma 2 del Decreto del Capo del Dipartimento per la mobilità sostenibile dell’8 aprile 2022 n. 145. Tale soluzione si è resa necessaria in quanto queste regole costituivano, di fatto, un requisito supplementare per l’esercizio dell’attività e come tali non potevano più essere tollerate ai sensi del Regolamento (UE) 1055/2020, in quanto discriminatorie tra le imprese di trasporto dei diversi Stati membri.

All’esito degli eventuali controlli disposti per la verifica della veridicità delle dichiarazioni prodotte, l’Ufficio competente iscrive l’impresa al REN, rilasciandone, su richiesta, apposita certificazione.

L’impresa che ha conseguito l’autorizzazione per l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci mediante l’iscrizione al REN è tenuta, ai fini della sua conservazione, a mantenere i requisiti che ne sono alla base.

Eventuali vicende che determinassero la perdita di uno o più requisiti comportano l’intervento dell’Autorità competente che ne viene a conoscenza nel quadro dell’ordinaria attività di controllo o a seguito di segnalazione proveniente dall’impresa stessa o da altri soggetti che, nell’ambito delle loro funzioni sono tenuti a comunicare determinati eventi al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Prefetture, soggetti fideiussori…).

L’articolo 13 del Regolamento (CE) 1071/2009 descrive il procedimento attraverso il quale l’Autorità competente segnala all’impresa

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La perdita dei requisiti

interessata l’intervenuta mancanza di uno dei requisiti previsti per l’esercizio della professione di trasportatore su strada.

Nello specifico tale procedimento prevede che l’Autorità competente assegni all’impresa un termine non superiore a sei mesi per ripristinare le condizioni per il possesso del requisito in dubbio. Termine che è prorogato di tre mesi in caso di decesso o incapacità fisica del gestore per quanto attiene al requisito dell’onorabilità e dell’idoneità professionale.

Qualora l’impresa non provveda, nei termini fissati, a quanto intimato dall’Autorità competente, quest’ultima sospende o ritira l’autorizzazione per l’accesso alla professione di trasportatore su strada di merci.

In materia di onorabilità, inoltre, il legislatore europeo ha introdotto, con l’articolo 6, paragrafo 2 del citato Regolamento, un particolare procedimento teso a verificare il permanere di tale requisito in capo all’impresa stessa e al suo gestore dei trasporti, in caso di violazioni alla normativa comunitaria in materia di trasporto su strada.

Nel caso in cui l’impresa (o il suo gestore dei trasporti) si sia resa responsabile di una delle violazioni alla disciplina europea in materia di trasporto stradale classificata al più alto grado di gravità o resa tale secondo le modalità di reiterazione indicate dal Regolamento (UE) 403/2016, secondo le modifiche apportate dal Regolamento (UE) 694/2022, l’Autorità competente avvia uno specifico procedimento volto a valutare se la perdita dell’onorabilità costituisca una misura sproporzionata al caso in questione.

L’elemento di valutazione definito dalla disciplina comunitaria attiene al comportamento complessivo dell’impresa riguardo il rispetto o l’eventuale già accertata violazione di norme relative al settore specifico del trasporto stradale.

L’esito di tale valutazione comporta la perdita dell’onorabilità o, al contrario, la sua conservazione, nel caso in cui una misura di tale genere venga, sulla base degli elementi a disposizione, ritenuta sproporzionata da parte dell’Autorità competente.

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L’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci

Il Regolamento (CE) 1072/2009 che fissa le condizioni per l’accesso al mercato del trasporto internazionale di merci nell’ambito dell’Unione europea è il risultato di una “rifusione” di tre diversi atti che negli anni precedenti erano intervenuti separatamente per disciplinare la materia. Si tratta del Regolamento (CEE) 881/92 (licenza comunitaria), del Regolamento (CEE) 3118/93 (cabotaggio) e della Direttiva 2006/94/CE (esenzioni).

Per trasporto internazionale si intende:

gli spostamenti dei veicoli a carico i cui punti di partenza e d’arrivo siano situati in due Stati membri diversi, con o senza transito in uno o più Stati membri o Paesi terzi;

gli spostamenti dei veicoli a carico da uno Stato membro verso un Paese terzo e viceversa, con o senza transito in uno o più Stati membri o Paesi terzi;

gli spostamenti dei veicoli a carico tra Paesi terzi, con transito nel territorio di uno o più Stati membri;

gli spostamenti a vuoto relativi ai trasporti di cui alle tipologie precedenti.

Dal punto di vista territoriale sono coinvolti i 26 Stati membri dell’Unione europea (oltre l’Italia), 3 Stati aderenti allo Spazio economico europeo (Norvegia, Islanda e Liechtenstein) e la Svizzera (sulla base dell’Accordo Ue-Svizzera del 1999).

La condizione per effettuare i trasporti corrispondenti alle tipologie sopra indicate è il possesso da parte dell’impresa di trasporto di uno specifico tipo di autorizzazione multilaterale denominata “licenza comunitaria”.

Il Regolamento (UE) 1055 del 2020 ha disposto, a decorrere dal 21 maggio 2022, che l’obbligo in questione, vigente fino a quel momento per i trasporti di merci effettuati con veicoli la cui massa a carico tecni-

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La licenza comunitaria

camente ammissibile superava le 3,5 tonnellate, comprendesse i veicoli con massa a carico fino a 3,5 tonnellate e superiore alle 2,5 tonnellate. Alcune tipologie di trasporto godono di un regime di esenzione dalla licenza comunitaria. Si tratta di:

trasporti postali effettuati nell’ambito di un regime di servizio universale;

trasporti di veicoli danneggiati o da riparare;

trasporti di merci con veicoli aventi massa a carico tecnicamente ammissibile fino a 2,5 tonnellate;

trasporti di merci con autoveicoli purché siano soddisfatte le condizioni seguenti:

- le merci trasportate sono di proprietà dell’impresa o sono state da essa vendute, acquistate, date o prese in affitto, prodotte, estratte, trasformate o riparate;

- lo spostamento serve a far affluire le merci all’impresa o a spedirle dall’impresa stessa oppure a spostarle all’interno dell’impresa o, per esigenze aziendali, all’esterno dell’impresa stessa;

- gli autoveicoli adibiti a tale trasporto sono guidati da personale alle dipendenze o a disposizione dell’impresa in base a un’obbligazione contrattuale;

- i veicoli che trasportano le merci sono di proprietà dell’impresa o sono stati da questa acquistati a credito o noleggiati, a condizione che in quest’ultimo caso soddisfino le condi-

zioni previste dalla Direttiva 2006/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2006, relativa all’utilizzazione di veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto di merci su strada;

- tale trasporto costituisce soltanto un’attività accessoria nell’ambito dell’insieme delle attività dell’impresa; trasporti di medicinali, apparecchi e attrezzature mediche, nonché altri articoli necessari per cure mediche urgenti, in particolare a seguito di calamità naturali.

Le condizioni per poter ottenere la licenza comunitaria, oltre a quanto previsto dalla normativa antimafia, sono:

essere iscritti al REN;

avere designato un gestore dei trasporti che sia titolare di attestato di idoneità professionale valido per il trasporto internazionale di merci;

avere in disponibilità almeno un veicolo avente massa a carico tecnicamente ammissibile superiore a 2,5 tonnellate.

La licenza comunitaria viene rilasciata in un unico originale su un modello armonizzato in tutto il territorio dell’Unione europea, conforme all’Allegato II del Regolamento (CE) 1072/2009, che presenta almeno due caratteristiche di sicurezza tra quelle indicate all’Allegato I del medesimo Regolamento, ha una validità di cinque anni e deve essere conservata presso la sede dell’impresa.

La competenza per il rilascio della licenza comunitaria è attribuita al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, attualmente, assolve a tale compito tramite la divisione 5 della Direzione generale per la sicurezza stradale e l’autotrasporto.

AI fine del concreto esercizio dell’attività di trasporto stradale di merci, una volta ottenuta la licenza comunitaria, l’impresa di trasporto deve rivolgersi all’Ufficio periferico della Motorizzazione competente per territorio in relazione alla sua sede (nelle Regioni a Statuto speciale tale compito è svolto da strutture similari) per ottenere le “copie

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Le copie certificate conformi

certificate conformi” che dovranno trovarsi, una per ciascun veicolo, a bordo per essere esibite, a richiesta, agli organi di controllo su strada nel corso dello svolgimento di un trasporto internazionale di merci.

Dal punto di vista formale la copia certificata conforme è rilasciata su un modulo identico a quello della licenza comunitaria dalla quale si contraddistingue per riportare la dicitura “COPIA

CERTIFICATA

CONFORME N.” ed avere una numerazione diversa nella quale, per quanto riguarda le copie conformi nazionali, è riportato anche il numero dell’originale della licenza comunitaria da cui la copia conforme deriva. Ha una durata corrispondente a quella della licenza comunitaria di riferimento e, a differenza di altri Stati membri, la copia certificata conforme italiana non è legata a nessun specifico veicolo mancando l’indicazione, peraltro possibile, della targa né quella, anch’essa ammessa, di una limitazione all’utilizzo per veicoli di massa tecnicamente ammissibile superiore a 2,5 e fino a 3,5 tonnellate.

Da tale circostanza deriva che le imprese italiane possono richiedere, entro il numero dei veicoli a disposizione, compresi quelli utilizzati a titolo di noleggio senza conducente, la quantità voluta di copie conformi provvedendo, quindi, a “ruotarle” sui singoli veicoli in relazione alle concrete esigenze di trasporto.

Per i soli veicoli utilizzati a titolo di noleggio senza conducente, la durata della copia conforme è condizionata dal periodo di disponibilità previsto dal relativo contratto, che dovrà essere esibito in sede di richiesta della copia conforme, e dalla scadenza della licenza comunitaria di riferimento. Nel caso in cui il contratto riporti come data di scadenza una successiva a quella di scadenza della licenza comunitaria, la copia conforme avrà scadenza pari a quest’ultima, scadenza che verrà anticipata qualora il contratto di noleggio riporti una data anteriore.

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Nel caso in cui l’impresa di trasporto utilizzi, come conducente, per effettuare trasporto internazionale di merci, un soggetto che non sia cittadino di uno degli Stati membri dell’Unione europea o che non sia un “soggiornante di lungo periodo”, è necessario che a bordo del veicolo sia presente, per l’esibizione agli organi di controllo, l’attestato del conducente.

Tale documento, che in Italia è rilasciato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, attesta che l’impresa ha assunto il soggetto interessato nel rispetto delle condizioni di lavoro e di formazione professionale riguardanti i conducenti, fissate da disposizioni di varia natura ivi compresi i contratti collettivi di lavoro.

L’attestato del conducente è nominativo, è rilasciato su modello conforme all’Allegato III al Regolamento (CE) 1072/2009, ed è intestato al conducente stesso che lo deve conservare a bordo del veicolo durante l’attività di guida, mentre una copia certificata conforme dello stesso viene conservato presso la sede dell’impresa di trasporto.

L’attestato del conducente è rilasciato con validità quinquennale, e, nell’ambito di tale periodo, la conserva fino a quando sussistono le condizioni in base al quale è stato rilasciato. A tale proposito le Autorità competenti dello Stato membro di stabilimento dell’impresa sono tenute ad effettuare annualmente un controllo su almeno il 20% degli attestati in corso di validità al fine di verificare la sussistenza di tali condizioni.

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L’attestato del conducente

Il cabotaggio stradale di merci

Il cabotaggio stradale di merci è definito come un’attività di trasporto nazionale svolta da un’impresa stabilita in altro Stato membro.

Tale tipologia di attività può essere svolta entro precisi limiti e sulla base di specifiche condizioni che si possono così riassumere:

l’impresa deve essere titolare di licenza comunitaria;

l’attività di cabotaggio deve essere svolta in consecutiva rispetto alla consegna di merci afferente ad un trasporto internazionale in entrata nello Stato membro, per un massimo di tre operazioni nei sette giorni decorrenti dall’ultimo scarico nello stesso Stato membro, utilizzando il medesimo veicolo o in caso di complesso veicolare, il medesimo veicolo a motore;

o in alternativa, in caso di entrata a vuoto nel territorio dello Stato membro ospitante, una operazione entro tre giorni dall’ingresso del veicolo;

a testimonianza della legittimità dell’attività effettuata in regime di cabotaggio, il trasportatore deve esibire la documentazione attestante l’eventuale trasporto internazionale in entrata nello Stato membro ospitante nonché ogni trasporto di cabotaggio in seguito effettuato, compreso, ovviamente, quello in corso; esaurite le possibilità di svolgimento dell’attività di cabotaggio in uno Stato membro, un’impresa non vi può effettuare attività di tale tipo con lo stesso veicolo o, in caso di complessi veicolari, con lo stesso veicolo a motore, nell’arco dei quattro giorni successivi.

Tale ultima condizione costituisce la novità più rilevante introdotta, riguardo la disciplina del cabotaggio, con il Regolamento (UE) n. 1055 del 2020, a partire dal 21 febbraio 2022. La sua gestazione è stata piuttosto complicata, fronteggiandosi sul tema Stati membri con visioni diametralmente opposte, in coincidenza con la maggiore o minore propensione dei propri vettori a svolgere tale attività.

Il compromesso raggiunto, seppur tuttora oggetto di contestazione da parte di alcuni Paesi con ricorsi in sede di Corte di Giustizia delle Comunità europee, è frutto del tentativo di ribadire la natura “temporanea” dell’attività di cabotaggio, prevedendo un intervallo di “raffreddamento” di quattro giorni, durante il quale il veicolo già impegnato in un periodo di cabotaggio non possa aprirne un altro.

Al proposito, si evidenzia che il Ministero dell’Interno, con la nota del 19 aprile 2022, ha precisato che il conteggio dei quattro giorni inizia alle 00:00

del giorno successivo all’esecuzione dell’ultimo trasporto di cabotaggio e termina alle 23:59 del quarto giorno successivo.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 7, del Regolamento (CE) 1072/2009, con riferimento ai servizi di trasporto di merci consistenti in tratte stradali iniziali o finali afferenti operazioni di trasporto combinato strada-rotaia o strada-mare che si svolgono interamente sul territorio di uno Stato membro, lo stesso può prevedere di applicare, alle imprese e ai veicoli che svolgono tale attività, la disciplina europea in materia di cabotaggio stradale di merci. In tal caso è prevista anche la possibilità di prevedere un periodo più lungo di sette giorni per l’esecuzione delle attività di cabotaggio e un periodo più breve di quattro giorni per quanto riguarda la durata del periodo di “raffreddamento”.

Tale opportunità non è stata, al momento, attuata da parte dell’Italia, conseguentemente, alle tratte stradali afferenti operazioni di trasporto combinato continuano ad applicarsi le regole previste dalla direttiva europea in materia e dalla normativa nazionale attuativa che prevede nelle circostanze indicate l’utilizzo, da parte dei vettori non stabiliti nello Stato membro in cui si svolge la tratta stradale, della copia conforme della licenza comunitaria.

Ai trasporti effettuati in regime di cabotaggio si applicano le disposizioni di ogni natura vigenti nello Stato membro ospitante per quanto riguarda le condizioni del contratto di trasporto, i pesi e le dimensioni dei veicoli stradali, le specifiche disposizioni per il trasporto di particolari tipologie di merci (merci pericolose, deperibili, animali vivi…), i tempi di guida e di riposo nonché l’Iva sui servizi di trasporto.

DATI STATISTICI

1 Il dato comprende 366 imprese che esercitano esclusivamente con veicoli di massa superiore a 2,5 e fino a 3,5 tonnellate

2 Il dato comprende 764 copie conformi rilasciate ad imprese che esercitano esclusivamente con veicoli di massa superiore a 2,5 e fino a 3,5 tonnellate (Dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro)

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201720182019202020212022 Numero delle imprese titolari di licenza comunitaria alla fine del 14.03813.95613.82613.68413.59713.9581 Numero delle copie conformi della licenza comunitaria valide alla fine del 57.03858.81260.94562.03463.00967.0082 Numero degli attestati del conducente in circolazione alla fine del 3.5333.6773.2633.4382.7112.743 Trasporto combinato

Tempi di guida e di riposo e utilizzo dell’apparecchio di controllo

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Normativa sociale nel settore del trasporto stradale

L’attività del trasporto stradale delle merci ha caratteristiche tali da aver indotto il legislatore europeo e quello nazionale a fissare una disciplina molto articolata per la tutela dei lavoratori del settore ed in special modo quella dei conducenti.

L’esigenza di tutelare la sicurezza della circolazione stradale, alla quale il lavoro degli autisti è strettamente legato, e la necessità di effettuare un’attività di controllo da parte degli organi di polizia stradale, che risulti al momento stesso efficace, per rilevare fatti che costituiscono violazioni, e dissuasiva rispetto all’eventuale intenzione di adottare modalità di condotta contrarie alle norme, hanno portato poi a determinare una regolamentazione dettagliata dei tempi di guida massimi e dei periodi di riposo minimi, che i conducenti degli automezzi adibiti al trasporto di merci devono rigorosamente osservare.

Le fonti normative principali in tale settore sono rappresentate dal Regolamento (CE) n. 561/2006 (sui tempi di guida e di riposo) e dal Regolamento (UE) n. 165/2014 (relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada), da alcuni regolamenti di esecuzione della Commissione europea (come i Reg. n. 799 del 2016, n. 502 del 2018 ed il n. 1228 del 2021) e, sotto il profilo sanzionatorio, dalle norme del Codice della Strada italiano, in particolare dagli articoli 174 e 179, che hanno previsto sanzioni di diverso livello in materia di non osservanza della disciplina dei tempi di guida, delle interruzioni, dei periodi di riposo, nonché sul montaggio e l’utilizzo dell’apparecchio di controllo.

La disciplina europea è stata infine modificata con il Regolamento comunitario 15 luglio 2020, n. 1054, in vigore dal 20 agosto 2020, che “modifica il Regolamento (CE) n. 561/2006 per quanto riguarda gli obblighi minimi in materia di periodi di guida massimi giornalieri e settimanali, di interruzioni minime e di periodi di riposo giornalieri e settimanali e il Regolamento (UE) n. 165/2014 per quanto riguarda il

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interruzioni

posizionamento per mezzo dei tachigrafi”, al fine di realizzare, come previsto nelle finalità del cosiddetto primo Pacchetto Mobilità, una migliore regolamentazione nello svolgimento dei trasporti di merci su strada, soprattutto in quelli di ambito internazionale.

In base all’articolo 6 del Regolamento 561 del 2006, espressamente richiamato dall’articolo 174 del nostro Codice della Strada, il periodo massimo di guida giornaliero consentito a un conducente di un veicolo adibito al trasporto di merci di massa massima ammissibile, compresi gli eventuali rimorchi o semirimorchi, superiore a 3,5 tonnellate è di 9 ore, estensibile a 10 ore, non più di due volte a settimana.

Dal 1° luglio del 2026 questa regola verrà estesa anche agli automezzi di massa superiore a 2,5 tonnellate, utilizzati nel contesto di un trasporto internazionale o di cabotaggio.

Nell’ambito del periodo massimo di guida giornaliera, poi, il conducente deve osservare una o più interruzioni, al fine di riposare e in tal modo reintegrare le energie, fisiche, psichiche e mentali impiegate. Dopo 4 ore e 30 minuti di guida continuativa, stabilisce l’articolo 7 del Regolamento, è obbligatoria una pausa di almeno 45 minuti, a meno che l’autista non inizi un periodo di riposo. In alternativa, nell’ambito del periodo di guida indicato, è ammessa una pausa di almeno 15 minuti e una successiva di almeno 30 minuti, da osservare proprio nell’ordine indicato dalla disciplina comunitaria per riacquistare al meglio le energie spese durante il periodo di guida frazionato.

Il nuovo Regolamento 1054 non ha modificato queste regole, che sono ormai consolidate da oltre 15 anni, ma ha introdotto una speciale possibilità nei casi di multi presenza. In tali casi, quando cioè a bordo del mezzo vi è più di un conducente, l’interruzione di 45 minuti può essere effettuata all’interno del veicolo guidato dall’altro autista, a condizione che il conducente che la effettua non sia impegnato ad assistere il guidatore. In tale situazione, il periodo eccedente i 45 minuti deve essere registrato, con le modalità previste, quale “periodo di disponi-

Continuativo4 ore e 30’ con interruzione di almeno 45’

Due interruzioni di almeno 15’ e di almeno 30’

In caso di multipresenza i 45’ possono essere effettuati a bordo del veicolo durante la guida dell’altro conducente

Giornaliero 9 ore10 ore (massimo due volte a settimana)

Settimanale 56 ore

Bisettimanale90 ore

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Durata massima Deroghe Note
Periodo
I periodi di guida e le

bilità”. Va inoltre precisato che questa possibilità era già contenuta in alcune note orientative della Commissione europea sul Regolamento 561/06 precedenti al 2020, ma che sovente non erano osservate in tutti gli Stati comunitari. Con la modifica del Regolamento 1054, invece, dal 20 agosto 2020 questa possibilità è ufficiale ed è pienamente valida e riconosciuta in tutta l’Unione europea.

Il periodo di guida settimanale – stabilisce ancora il Regolamento base 561/06 – va distribuito in sei giorni lavorativi ed è di complessive 56 ore.

In due settimane consecutive il periodo di guida non può superare le 90 ore totali.

Nonostante una rigorosa disciplina del periodo massimo di guida e di quello delle interruzioni, il Regolamento 561/06 ha previsto una deroga particolare, per i casi in cui il conducente, per motivi indipendenti dalla propria volontà, si trovi costretto a non poterli rispettare (ad es. per la mancanza di un luogo di sosta idoneo).

In tali casi, eccezionali e imprevedibili, l’articolo 12 del Regolamento consente che: “a condizione di non compromettere la sicurezza stradale e per poter raggiungere un punto di sosta appropriato, il conducente può derogare alle disposizioni” prima illustrate “nei limiti necessari alla protezione della sicurezza delle persone, del veicolo o del suo carico”. In tali casi, continua l’articolo 12, il conducente annota, a mano sul foglio di registrazione dell’apparecchio di controllo analogico e digitale, il motivo della deroga al più tardi nel momento in cui raggiunge il punto di sosta appropriato.

Come sottolineato dalla Commissione europea, in una delle prime note orientative, l’opportunità di deroga non può essere sfruttata per motivi che siano già conosciuti prima di intraprendere il viaggio, ma va utilizzata in “situazioni di difficoltà inconsuete, indipendenti dalla volontà del conducente e inattese al punto da non poter essere previste, neppure applicando la dovuta diligenza”, quali: incidenti stradali di notevole entità, condizioni meteorologiche estreme, deviazioni di percorso, mancanza di posto nelle piazzole di parcheggio.

Con il Pacchetto Mobilità il legislatore comunitario ha modificato il già citato articolo 12 e a partire dal 20 agosto 2020 ha introdotto altre due deroghe, per permettere agli autisti di rientrare presso la sede del datore di lavoro o presso la propria residenza, prima di un riposo settimanale.

La finalità è - come si ricava espressamente nelle premesse del Regolamento 1054 - quella di favorire il raggiungimento di una destinazione adeguata, che garantisca una maggior qualità dell’alloggio per l’effettuazione di un riposo settimanale, concedendo una maggiore flessibilità al rigore della regolamentazione, in particolare in presenza di eventi imprevedibili e inevitabili.

In particolare, il nuovo comma 2, dell’articolo 12, consente al conducente di superare di massimo un’ora il periodo di guida giornaliero

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Le deroghe

e settimanale, al fine di raggiungere la sede di attività del datore di lavoro o il proprio luogo di residenza, per effettuare un periodo di riposo settimanale.

Il nuovo comma 3, stabilisce invece che l’autista può superare di massimo 2 ore il periodo di guida giornaliero e settimanale, a condizione di aver effettuato un’interruzione di 30 minuti consecutivi subito prima del periodo di guida aggiuntivo, al fine di raggiungere la sede di attività del datore di lavoro o il proprio luogo di residenza per svolgere un periodo di riposo settimanale regolare.

In entrambe queste due nuove deroghe, il conducente deve riportare sul foglio di registrazione dell’apparecchio di controllo analogico o nella stampa del digitale il motivo della deroga, al più tardi, nel momento in cui raggiunge la destinazione o il punto di sosta appropriato. Per la trascrizione si consiglia di farla, nei trasporti internazionali, oltre che nella lingua del conducente, anche in una delle due lingue di uso corrente della Ue (inglese o francese) con un richiamo espresso all’articolo 12, Reg. 561/2006, che consente a qualunque organo di controllo comunitario di comprendere che in quell’occasione il conducente si è avvalso della deroga prevista dalla norma.

Ogni eventuale periodo di estensione della guida o di mancato rispetto dell’interruzione, afferma infine la nuova disposizione, deve es-

sere compensato con un periodo di riposo equivalente effettuato per intero, assieme ad altri eventuali periodi di riposo, entro la fine della terza settimana successiva a quella in cui si è fruito della deroga.

Sulla reale portata delle due nuove deroghe si è espresso anche il Ministero dell’Interno che, con nota del 22/9/2022, ha chiarito che “in particolare, con l’introduzione del comma 3 del predetto art. 12, i conducenti in presenza di condizioni eccezionali, possono superare di due ore il periodo di guida giornaliero e settimanale, per raggiungere i luoghi suindicati, per effettuare un periodo di riposo settimanale regolare.” “La Direzione generale della Mobilità e dei Trasporti della Commissione europea – continua poi la nota ministeriale – ha chiarito che la portata giuridica della deroga contenuta nel comma 3 dell’art.

12 è la stessa di quella ai sensi del comma 2 di tale articolo”.

“Pertanto in presenza delle condizioni indicate i conducenti possono superare fino a due ore il limite massimo di guida giornaliero e settimanale, derogando anche alle regole relative al riposo giornaliero, potendolo concludere, quindi, al massimo nell’arco delle 26 ore dal termine del precedente periodo di riposo giornaliero o settimanale”.

Quindi, in buona sostanza, l’esercizio di questa facoltà da parte dell’autista diventa possibile anche quando, a seguito del superamento di due ore del tempo di guida, l’inizio del periodo di riposo giornaliero subisca a sua volta uno slittamento di due ore, per cui verrebbe completato entro 26 ore dal termine del precedente riposo, anziché entro 24 ore.

In base all’articolo 8 del Regolamento 561/2006, i conducenti devono rispettare periodi di riposo giornalieri e settimanali.

Un periodo di riposo giornaliero deve essere effettuato, secondo la disposizione comunitaria “nell’arco delle 24 ore seguenti al termine del precedente periodo di riposo giornaliero o settimanale”. Ciò in quanto il Regolamento 561 non prende in considerazione il concetto di settimana, come periodo di sette giorni solari, ma come intervalli tra due riposi settimanali.

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Il periodo di riposo giornaliero

La durata del riposo giornaliero di un conducente è ordinariamente di 11 ore consecutive. In alternativa, nel caso in cui il riposo giornaliero venga frazionato in due periodi, il primo deve essere di almeno 3 ore consecutive e il secondo di almeno 9 ore, per un totale complessivo di 12 ore.

Si considera invece come periodo di riposo giornaliero “ridotto”, ogni tempo di riposo ininterrotto di almeno 9 ore, ma inferiore a 11 ore (cfr. articolo 4 Reg. 561/06). Tale modalità è consentita per non più di tre volte, tra due periodi di riposo settimanale.

In caso di multipresenza, la disciplina comunitaria stabilisce, con una disposizione di favore per facilitare soprattutto le lunghe percorrenze, che i conducenti devono effettuare un periodo di riposo giornaliero di almeno 9 ore nell’arco di 30 ore dal termine di un periodo di riposo giornaliero o settimanale.

Un periodo di riposo settimanale deve essere effettuato dopo non oltre sei periodi di 24 ore (144 ore) dal termine del precedente periodo di riposo settimanale.

La durata del riposo settimanale regolare (od ordinario) è di almeno 45 ore. Si considera invece “ridotto”, un periodo di riposo settimanale pari ad almeno 24 ore ed inferiore a 45 ore.

Secondo la regolamentazione europea ormai consolidata, nel corso di due settimane consecutive il conducente deve effettuare: due periodi di riposo settimanale regolari; oppure un periodo di riposo settimanale regolare e un periodo di riposo settimanale ridotto.

In quest’ultimo caso, la riduzione del periodo di riposo settimanale è compensata da un periodo di riposo equivalente effettuato interamente entro la fine della terza settimana successiva alla settimana in questione e consecutivo ad un altro periodo di riposo di almeno 9 ore. Quindi se nel secondo fine settimana il conducente ha osservato un periodo ridotto di sole 24 ore, dovrà recuperare le 21 ore non effettuate entro la terza settimana successiva agganciandole

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I periodi di riposo settimanale

o a un periodo di riposo settimanale regolare o giornaliero ordinario, oppure almeno al riposo giornaliero ridotto di 9 ore (quindi osservando 30 ore di riposo).

A modifica di queste disposizioni, il nuovo Regolamento 1054 consente, dal 20 agosto 2020, che i conducenti impegnati in trasporti internazionali di merci al di fuori dello Stato di stabilimento, possono effettuare due riposi settimanali ridotti consecutivi, ma a condizione che: nel corso di 4 settimane consecutive effettuino almeno quattro periodi di riposo settimanale, di cui almeno 2 sono periodi settimanali regolari;

entro la fine della terza settimana consecutiva effettuino un riposo compensativo equivalente a quello non osservato nelle due settimane precedenti (21 + 21 ore), collegando al periodo di riposo settimanale regolare con rientro in sede dell’impresa o nel luogo di loro residenza (per un totale di 87 ore: 45 ore di riposo settimanale regolate + 21 compensative + altre 21 compensative).

Con un nuovo paragrafo 8-bis, aggiunto all’articolo 8 del Reg. 561/06, il Pacchetto Mobilità dispone, dall’estate del 2020, che le imprese di autotrasporto devono organizzare l’attività dei conducenti in modo tale che essi possano tornare alla sede di attività del datore di lavoro o nel luogo di residenza nell’arco di 4 settimane consecutive, al fine di effettuare almeno un periodo di riposo settimanale regolare o un periodo di riposo settimanale superiore a 45 ore, per compensare l’eventuale periodo di riposo settimanale ridotto. Qualora il conducente abbia effettuato, eccezionalmente, due periodi di riposo settimanale ridotti consecutivi, l’impresa dovrà organizzare l’attività del conducente in modo che questi possa tornare alla sede di attività del datore di lavoro o nel luogo di residenza prima dell’inizio del periodo di riposo settimanale regolare superiore a 45 ore da effettuare a

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Divieto di riposo a bordo

compensazione. L’impresa – stabilisce infine il nuovo Reg. 1054 – deve poter documentare in che modo ottempera a tale obbligo e conservare la relativa documentazione presso i suoi locali, per presentarla su richiesta delle autorità di controllo.

Altra novità introdotta dal Pacchetto Mobilità è quella di vietare espressamente la possibilità di effettuare il riposo settimanale regolare, e quelli compensativi superiori, a bordo del veicolo. La modifica è stata attuata con la sostituzione del comma 8, dell’articolo 8, del Reg. 561/2006, secondo cui: “I periodi di riposo settimanale regolari e i periodi di riposo settimanale superiori a 45 ore effettuati a compensazione di precedenti periodi di riposo settimanale ridotti non si effettuano a bordo del veicolo, bensì in un alloggio adeguato, che tenga conto delle specificità di genere e sia dotato di adeguate attrezzature per il riposo e appropriati servizi igienici. Eventuali spese per l’alloggio fuori dal veicolo sono a carico del datore di lavoro”.

Al riguardo si fa presente che anche prima del 2020, taluni Stati membri prevedevano il divieto del riposo settimanale regolare in cabina (come ad es. il Belgio o la Francia), ma ora la disposizione è ufficiale e valida in tutti i Paesi dell’Unione europea.

Riposo nei trasporti intermodali

Ultima modifica introdotta tre anni fa riguarda la regolamentazione dei riposi nell’ambito dei trasporti intermodali strada/mare o strada/ ferrovia. In tali casi è stato difatti disposto che il conducente a bordo di un veicolo trasportato da una nave o da un convoglio ferroviario e che effettua un periodo di riposo giornaliero regolare o un periodo di riposo settimanale ridotto può compiere altre attività al massimo in due occasioni e per non più di un’ora complessivamente. Ciò ovviamente per consentire allo stesso di svolgere le operazioni di guida necessarie a salire o a scendere dalla nave o dal vagone ferroviario e sempre a condizione che sullo stesso, l’autista abbia a disposizione una cabina letto, una branda o una cuccetta. Per fruire della deroga la durata prevista della tratta marittima/ferroviaria deve essere pari almeno a 8 ore.

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L’apparecchio di controllo: analogico o digitale

In base alla regolamentazione comunitaria richiamata all’inizio del capitolo e all’articolo 179 del nostro Codice della Strada, i veicoli soggetti alle disposizioni sui tempi di guida e di riposo devono circolare provvisti di un apparecchio di controllo.

Tale apparecchio venne obbligatoriamente previsto fin dal Regolamento (CE) n. 3821 del 1985, con la denominazione di cronotachigrafo analogico, in quanto costituito da un dispositivo in grado di registrare i dati del guidatore e della guida su un supporto fisico, tipicamente un disco di carta omologato.

Il tachigrafo analogico raccoglie il dato sulla velocità grazie a un cavo elettrico che raggiunge la presa di forza del cambio. Una volta ottenuto e convertito il dato del veicolo, il tachigrafo lo registra sul disco (foglio di registrazione) con una puntina scrivente. Il foglio di registrazione riporta: i dati del conducente, il luogo di partenza e di destinazione del trasporto, la data e l’ora d’inizio e fine del viaggio, i chilometri percorsi e la velocità nel tempo.

Con Regolamento UE 561 del 2006, l’apparecchio di controllo cambia da analogico a digitale.

Dal 1° maggio 2006 diventa quindi obbligatorio installare su tutti gli autoveicoli di nuova immatricolazione la versione digitale.

Il tachigrafo digitale è costituito da una unità di bordo, che si presenta in maniera simile ad un’autoradio. È composto da un display, in cui vengono visualizzati messaggi, dati e informazioni; da due interfacce (o slot) in cui vengono inserite le carte tachigrafiche e da una stampante, che riproduce il contenuto della memoria dell’apparecchio.

Il dispositivo entra in funzione solo nel momento in cui l’autista inserisce la sua carta tachigrafica nella prima interfaccia. Da quel momento l’apparecchio digitale è in grado di registrare, sulla carta del conducente, le attività

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svolte dallo stesso durante il proprio orario di lavoro che comprendono oltre alla guida propriamente detta, anche altre attività quali tempi di disponibilità, altre mansioni, interruzioni, tempi di riposo, ferie, congedi e altro ancora.

È lo stesso conducente che attraverso l’unità di bordo, seguendo specifiche modalità, opera perché le informazioni e i dati indicati vengano registrati sulla propria carta, mentre altre informazioni, utili per l’attività di controllo e per ricostruire l’attività del conducente, vengono automaticamente registrate tramite sensori e collegamenti di tipo telematico.

Gli organi di controllo su strada sono in grado di verificare l’attività del conducente attraverso la lettura delle registrazioni effettuate con la carta di sua pertinenza, che ogni 28 giorni devono essere scaricate su idoneo supporto e consegnate all’impresa. Per l’azienda quindi sussiste l’obbligo – previsto dal Reg. UE 581 del 2010 e da decreti ministeriali italiani, di garantire: lo scarico dei dati delle registrazioni effettua-

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te dai conducenti almeno ogni 28 giorni; di acquisire le registrazioni effettuate dalla memoria di massa del tachigrafo ogni 28 giorni e di conservare tali dati presso la propria sede per dodici mesi, mettendoli a disposizione delle Autorità preposte al controllo dell’attività delle imprese sotto il profilo lavoristico e trasportistico.

L’evoluzione della tecnologia ha portato alla graduale sostituzione, in particolare nel settore del trasporto internazionale di merci, degli apparecchi di controllo digitali iniziali, con tachigrafi cosiddetti intelligenti, secondo tappe che prevedevano una prima fase di obbligatorietà del montaggio della nuova generazione di apparecchi per i veicoli di prima immatricolazione e una seconda tappa che, a distanza di due/ tre anni dalla precedente, ne rendeva obbligatorio l’utilizzo e quindi la sostituzione della precedente versione dell’apparecchio presente sul veicolo.

I tachigrafi intelligenti, nella loro prima versione erano già obbligatori sui mezzi immatricolati dal 15 giugno 2019, ma la Commissione europea – al fine di migliorare la geolocalizzazione del mezzo attraverso il segnale satellitare Galileo – nel 2021 ha deciso, con il Regolamento 16 luglio 2021, n. 1228, di introdurre una seconda versione dell’apparecchio di controllo, stabilendo come data di entrata in vigore quella del 21 agosto 2023.

I tachigrafi intelligenti di seconda generazione registreranno automaticamente l’avvenuto passaggio di frontiera, con l’obiettivo di contrastare l’abusivismo per quanto concerne il cabotaggio stradale. Renderanno possibili i controlli sul rispetto dei tempi di guida e di riposo dei conducenti anche da remoto (e non solo direttamente su strada), nonché possibili verifiche anche sulla corretta applicazione della procedura di distacco (vedi capitolo 4).

I tachigrafi intelligenti

Prevista una versione transitoria

Le prossime tappe prevedono quindi:

- a partire dal 21 agosto 2023, l’obbligatorietà del montaggio di tachigrafi intelligenti di seconda generazione sui veicoli di prima immatricolazione la cui massa è superiore a 3,5 tonnellate;

- a partire dal 31 dicembre 2024, l’obbligo di utilizzo di tale tachigrafo intelligente su tutti i veicoli impegnati nel trasporto internazionale di massa superiore a 3,5 tonnellate;

- entro il 18 agosto 2025, l’obbligo di sostituire i tachigrafi intelligenti di prima generazione con quelli più recenti;

LE PROSSIME TAPPE

21 agosto 2023, obbligo montaggio di tachigrafi intelligenti di seconda generazione sui veicoli di prima immatricolazione la cui massa è superiore a 3,5 tonnellate

31 dicembre 2024, obbligo di utilizzo di tachigrafo intelligente su tutti i veicoli impegnati nel trasporto internazionale di massa superiore a 3,5 tonnellate

- a partire dal 1° luglio 2026, l’obbligo di installare i tachigrafi intelligenti di seconda generazione sui veicoli adibiti al trasporto di merci impegnati in operazioni di trasporto internazionale o di cabotaggio aventi massa superiore a 2,5 tonnellate.

Il 22 maggio 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il Regolamento di esecuzione 16 maggio 2023, n. 980, in materia di tachigrafo intelligente di transizione che ha modificato alcune delle scadenze sopra indicate.

All’origine di tale decisione vi è il fatto che il servizio di autenticazione denominato OSNMA - acronimo di Open Service Navigation Message Authenticationche consente alla nuova generazione di tachigrafi intelligenti di effettuare operazioni di geolocalizzazione più efficaci di quelle attualmente in atto, è ancora in fase di prova e non è quindi in grado di supportare le funzionalità previste.

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In considerazione di tale circostanza, è stata anticipata al 25 maggio 2023 la data a partire dalla quale le Autorità competenti possono omologare i tachigrafi intelligenti di seconda generazione e i produttori possono cominciare a produrli e venderli. Tra l’altro, proprio mentre andiamo in stampa con questo volume, è arrivata la prima omologazione da parte dell’Autorità federale tedesca per i trasporti automobilistici (KBA) per il modello di uno dei principali produttori europei.

In considerazione del fatto che il servizio OSNMA non è ancora disponibile, i tachigrafi omologati e installati sono tachigrafi di “transizione” che, al momento della disponibilità del servizio, potranno essere adeguati ad esso attraverso un semplice aggiornamento software, evitando così una loro integrale sostituzione.

Conseguentemente le scadenze già illustrate sono così aggiornate:

- l’omologazione degli apparecchi di transizione può essere ottenuta solo entro il 31 dicembre 2023 o fino alla data di dichiarazione di servizio OSNMA, se successiva;

- l’installazione di tali apparecchi sui veicoli di prima immatricolazione è consentita fino al 31 maggio 2024 o fino a 5 mesi dopo la data di dichiarazione di servizio OSNMA, se successiva.

Per il resto, i tachigrafi di transizione avranno le stesse specifiche tecniche degli apparecchi intelligenti di seconda generazione, per cui sono dotati:

- del GNSS (Global Navigation Satellite System) che, come già detto, in futuro potrà contare sul segnale satellitare Galileo certificato con il sistema OSNMA per la geolocalizzazione, a intervalli prestabiliti, delle attività del veicolo;

18 agosto 2025, l’obbligo di sostituire i tachigrafi intelligenti di prima generazione con quelli più recenti

1° luglio 2026, l’obbligo di installare i tachigrafi intelligenti di seconda generazione sui veicoli adibiti al trasporto di merci impegnati in operazioni di trasporto internazionale o di cabotaggio aventi massa superiore a 2,5 tonnellate

- del DSRC (Dedicated Short Range Communication), che consente la comunicazione a corto raggio, a veicolo in movimento, di un serie di informazioni memorizzate dal modulo stesso minuto per minuto. Questi dati potranno essere visualizzati dalle autorità di controllo, a loro volta dotate di una tecnologia di lettura;

- dell’interfaccia di dialogo con i sistemi di trasporto intelligenti (ITS) via Bluetooth.

Le sanzioni relative al corretto uso del tachigrafo sono discipliLe sanzioni previste

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Violazione

nate sia dall’articolo 19 della Legge 13/11/1978 n. 727, sia dall’articolo 179 del Codice della Strada. Quest’ultimo non consente mai di estinguere la violazione con il pagamento ridotto del 30%, in quanto insieme alla sanzione amministrativa pecuniaria viene prevista l’applicazione della sanzione accessoria della sospensione (o revoca nei casi di recidiva) della patente di guida del conducente. Nelle tabelle successive si riportano le principali violazioni fissate dalle disposizioni.

Articolo 179 del Codice della Strada

Articolo 19 della legge 727/78

Omessa esibizione dei dati delle attività degli ultimi 28 giorni (56 dal 31.12.2024)

Uso di carta tachigrafica con evidenti anomalie (ad es. numero di patente diverso da quello del conducente)

Omesso inserimento dei dati delle attività svolte fuori dal veicolo (comprese quelle effettuate con carta non inserita)

in misura ridotta

60
SanzionePagamento
(-30%)
52,00 € 36,60 €
52,00 € 36,60 € Stampante non munita
carta sufficiente per il controllo 52,00 € 36,60 €
52,00 € 36,60 € Non
azionato
spositivo di commutazione 52,00 € 36,60€ Violazione SanzioneSanzione accessoria Decurtazione punti Tachigrafo mancante o non omologato 866 € Sospensione patente (da 15 gg a 3 mesi) 10 Tachigrafo non funzionante 866 € Sospensione patente (da 15 gg a 3 mesi) obbligo di verifica in officina 10 Tachigrafo alterato o manomissione dei sigilli 1732 € Sospensione patente (da 15 gg a 3 mesi) 10 Omesso inserimento carta del conducente 866 € Sospensione patente (da 15 gg a 3 mesi) 10 Infrazione a carico del titolare dell’impresa di autotrasporto c/ terzi per tachigrafo mancante; non omologato; alterato; condotto da autista privo di carta tachigrafica 831 € Sospensione autorizzazione alla terza violazione in un anno
di
aver
correttamente il di-

Distacco transnazionale dei conducenti

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Distacco, nuovi obblighi per imprese e conducenti

La disciplina europea in materia di distacco transnazionale dei lavoratori nello svolgimento di una prestazione di servizi è contenuta nella Direttiva 96/71/CE del 16 dicembre 1996, nella Direttiva 2014/67/UE del 15 maggio 2014 e, da ultimo, per quanto riguarda in maniera specifica i conducenti impegnati nel settore del trasporto stradale, nella Direttiva (UE) 2020/1057, che fa parte integrante del Pacchetto Mobilità.

Quest’ultima Direttiva è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il Decreto Legislativo 23 febbraio 2023, n. 27 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2023), e si applica a decorrere dal 21 marzo 2023.

Il nuovo provvedimento integra il Decreto Legislativo 17 luglio 2016, n. 136, che ha attuato in Italia la normativa europea di carattere generale sul distacco transnazionale dei lavoratori e contiene modifiche al Decreto Legislativo 144/2008 di prima attuazione della Direttiva 2006/22/ CE sui controlli della normativa sociale in materia di autotrasporto.

L’obiettivo della disciplina in esame è, nel suo complesso, quello di creare migliori condizioni di lavoro, economiche e di protezione sociale per i conducenti del settore del trasporto stradale, assicurando, nel contempo, una pari concorrenza per le imprese stabilite nei diversi Stati membri, ai fini del corretto funzionamento del mercato interno.

La caratteristica di mobilità dell’attività di trasporto stradale ha reso difatti necessaria l’elaborazione di una disciplina specifica per tale settore, che tenga conto delle effettive modalità con cui esso opera e in particolare del fatto che - generalmente - i conducenti, a differenza dei lavoratori di altri settori, non sono distaccati in un altro Stato membro per periodi lunghi.

Per individuare i casi concreti cui le norme in materia di distacco si applicano ai conducenti del settore del trasporto stradale, la disciplina europea fa esplicito riferimento al concetto di “legame” tra il conducente e il territorio dello Stato membro ospitante in cui svolge la prestazione di servizi di trasporto: la normativa in materia trova, quindi,

Campo di applicazione ed esenzioni

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applicazione nei casi in cui si ravvisa l’esistenza di tale legame. Il contrario succede quando tale legame non si ritiene esistente e quindi non si applica la disciplina del distacco transnazionale.

Tenendo presente tale criterio, il conducente si considera distaccato e, di conseguenza, ad esso si applica la relativa disciplina nei seguenti casi:

operazioni di “cross-trade”, che si identificano in base al fatto che un’attività di trasporto di merci tra Stati membri viene effettuata da un’impresa stabilita in uno Stato membro diverso da quelli coinvolti nell’operazione di trasporto (es. impresa stabilita in Italia che effettua un trasporto tra la Francia e il Belgio);

operazioni di cabotaggio, vale a dire un trasporto nazionale di merci effettuato a titolo temporaneo sul territorio di uno Stato membro diverso da quello di stabilimento dell’impresa interessata (ad es. trasporto svolto in Francia, da vettore italiano).

Il conducente non si considera invece distaccato e, quindi, ad esso non si applica la corrispondente disciplina, quando effettua:

operazioni di trasporto bilaterale, vale a dire quando sulla base di un contratto un vettore effettua un’operazione di trasporto tra lo Stato membro in cui è stabilito e un altro Stato membro o Paese terzo e viceversa;

nel contesto di un trasporto bilaterale un numero limitato di attività “aggiuntive” di carico e/o scarico, purché non configurino attività

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finale

di cabotaggio. Tale numero limitato corrisponde ad una attività di carico e/o scarico da effettuare negli Stati membri di transito o in un Paese terzo, sia durante il viaggio di “andata” sia durante quello di “ritorno”. Nel caso in cui durante il viaggio di “andata”, con partenza dallo Stato membro di stabilimento, non sia stata effettuata nessuna attività “aggiuntiva”, durante l’eventuale viaggio di “ritorno” verso lo Stato membro di stabilimento, il numero di attività “aggiuntive” di carico e/o scarico può ammontare a due. Tale meccanismo, attualmente vigente, verrà modificato quando diventerà obbligatorio sui veicoli di nuova immatricolazione l’utilizzo del tachigrafo intelligente di seconda generazione, in grado di registrare automaticamente gli attraversamenti di frontiera e le attività aggiuntive. Da tale data, fissata al 21 agosto del 2023, l’esenzione per le attività aggiuntive si applica unicamente per i conducenti alla guida di veicoli dotati di tale tipologia di tachigrafi intelligenti; attività di transito attraverso uno Stato membro, senza effettuazione di operazioni di carico o scarico; tragitto iniziale o finale di un trasporto combinato, quando tale tragitto identifica un trasporto bilaterale internazionale.

Sistema di informazione del mercato interno (IMI)

Il Sistema di informazione del mercato interno (IMI), istituito ai sensi del Regolamento (UE) 1024/2012, è uno strumento online, multilingue, che agevola lo scambio di informazioni tra le Autorità competenti degli Stati membri chiamate ad attuare il diritto dell’Ue.

L’IMI supporta le singole Amministrazioni nell’ottemperare agli obblighi di collaborazione amministrativa a livello transfrontaliero nei vari settori d’intervento del mercato unico.

In Italia è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le Politiche europee.

Per quanto riguarda il settore del trasporto stradale, a partire dal mese di febbraio del 2022, sono utilizzabili nell’ambito dell’IMI tre moduli che consentono di scambiare informazioni tra gli Stati membri in materia di:

Dichiarazioni di distacco, già disponibile dal 21 gennaio 2022, (Direttiva (UE) 2020/1057); Condizioni di stabilimento (Regolamento (UE) 1071/2009);

Da quanto sopra riportato, ne risulta che attività “aggiuntive” in numero superiore a quelle consentite o effettuate con un veicolo che non ha le caratteristiche previste rientrano nel campo di applicazione della disciplina del distacco.

Norme sociali (Regolamento (CE) 561/2006 e (UE) 165/2014).

Analogamente si deve ritenere che ciò avvenga per i casi in cui, come consentito dalla Direttiva 92/106/CE in materia, il tragitto iniziale o finale di un trasporto combinato viene effettuato interamente sul territorio di uno Stato membro da parte di un vettore non stabilito in esso.

Per cui, indipendentemente dal fatto che lo Stato membro in questione abbia o meno effettuato la scelta, possibile ai sensi dell’articolo

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IMI

10, paragrafo 7 del Regolamento (UE) 1072/2009, di assoggettare alla disciplina del cabotaggio i tragitti iniziali o finali, la loro esecuzione da parte di un vettore non stabilito nello Stato membro sul cui territorio l’attività si svolge per intero, comporta l’applicazione a favore del conducente della disciplina del distacco.

L’impresa di trasporto che effettua operazioni che comportano, stante le loro caratteristiche, l’applicazione della disciplina in materia di distacco, è tenuta a trasmettere, tramite l’interfaccia pubblica multilingue connessa al sistema di informazione del mercato interno (IMI), allo Stato membro in cui il conducente è distaccato, al più tardi entro l’inizio del distacco, una apposita dichiarazione (prima della Direttiva 2020/1057 la comunicazione preventiva poteva avvenire “entro le ore 24 del giorno antecedente l’inizio del distacco di servizi”).

Tale dichiarazione di distacco deve contenere:

a) l’identità del trasportatore, ove disponibile, almeno sotto forma di numero della licenza comunitaria qualora tale numero sia disponibile;

b) i recapiti di un gestore dei trasporti o di un’altra persona di contatto nello Stato membro di stabilimento, con l’incarico di assicurare i contatti con le autorità competenti nello Stato membro ospitante in cui i servizi sono prestati e di inviare e ricevere documenti o comunicazioni;

c) l’identità, l’indirizzo del luogo di residenza e il numero della patente di guida del conducente;

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La dichiarazione di distacco

d) la data di inizio del contratto di lavoro del conducente e la legge ad esso applicabile;

e) la data di inizio e di fine del distacco previste;

f) il numero di targa dei veicoli a motore;

g) l’indicazione se i servizi di trasporto effettuati sono trasporto di merci o di passeggeri, ed inoltre se trattasi di trasporto internazionale o di cabotaggio.

Ai sensi del Decreto Legislativo 27/2023 di recepimento della disciplina europea, le informazioni contenute nella dichiarazione di distacco devono essere aggiornate entro 5 giorni dal momento in cui si verifica l’evento che ne determina la modifica.

L’impresa deve assicurarsi che il conducente abbia a disposizione la seguente documentazione, da esibire, a richiesta, in sede di controllo su strada:

a) una copia della dichiarazione di distacco trasmessa tramite l’IMI;

b) la prova delle operazioni di trasporto che si svolgono nello Stato membro ospitante, come ad esempio la lettera di vettura CMR (eventualmente in formato elettronico: e-CMR) o, per quanto riguarda l’attività di cabotaggio, le prove delle attività svolte ai sensi della specifica normativa attinente tale tipologia di trasporto (preventivo trasporto internazionale a carico, servizi di cabotaggio già svolti);

c) le registrazioni del tachigrafo, in particolare i simboli degli Stati membri in cui il conducente sia stato presente al momento di effettuare operazioni di trasporto internazionale su strada o di cabotaggio.

L’impresa di trasporto ha anche l’obbligo di trasmettere, tramite l’interfaccia pubblica connessa all’IMI, su richiesta diretta delle autorità competenti degli Stati membri in cui ha avuto luogo il distacco, entro

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Documentazione in caso di controlli

Sanzioni

otto settimane dalla richiesta stessa, copie delle prove delle operazioni di trasporto svolte nello Stato membro in questione, delle registrazioni dell’apparecchio tachigrafico, nonché della documentazione riguardante la retribuzione percepita dal conducente relativamente al periodo di distacco, il contratto di lavoro o un documento equivalente, i prospetti orari relativi alle attività di lavoro del conducente e le prove del pagamento.

Nel caso in cui l’impresa di trasporto non presenti la documentazione prevista entro il termine indicato, le autorità competenti dello Stato membro in cui ha avuto luogo il distacco possono chiedere, tramite l’IMI, l’assistenza delle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento dell’impresa in questione.

Ove sia presentata tale richiesta di assistenza reciproca, le autorità competenti dello Stato membro di stabilimento dell’impresa di trasporto hanno accesso alla dichiarazione di distacco e alle altre informazioni pertinenti presentate dall’impresa stessa mediante l’interfaccia pubblica connessa all’IMI e provvedono a fornire alle autorità competenti dello Stato membro ove ha avuto luogo il distacco la documentazione, richiesta tramite l’IMI, entro 25 giorni lavorativi dalla data della richiesta di assistenza reciproca.

Il sistema sanzionatorio previsto dalla norma italiana di recepimento della disciplina europea del distacco si applica, per la particolare natura di quest’ultimo, alle imprese di trasporto stabilite in un altro Stato membro o, laddove compatibile, in un Paese terzo che effettuano sul territorio italiano attività di trasporto su strada soggette alla normativa sul distacco transnazionale.

In particolare viene sanzionata l’impresa che non presenta affatto la dichiarazione di distacco, con sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro. Nel caso di dichiarazione incompleta o non aggiornata, si applica la sanzione ridotta da 1.000 a 4.000 euro.

Per la mancata

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presentazione della dichiarazione di distacco sono resi responsabili, con la stessa sanzione pecuniaria da 2.500 a 10.000 euro, anche il committente, l’eventuale sub-vettore e lo spedizioniere. A tali soggetti è imposto l’obbligo di accertare che l’impresa di trasporto abbia presentato, con le modalità previste, la dichiarazione di distacco.

Inoltre, una sanzione pecuniaria, da 2.500 a 10.000 euro, è comminata nel caso in cui a bordo del veicolo controllato non vi siano i documenti previsti ai fini del controllo della situazione di distacco (copia della dichiarazione, prova delle operazioni di trasporto e registrazioni del tachigrafo).

Al conducente che non adempie all’obbligo di esibire la documentazione è comminata una sanzione pecuniaria inferiore, da 150 a 600 euro, con l’obbligo di presentare quanto previsto entro trenta giorni. Alla sanzione pecuniaria si accompagna la sanzione accessoria del fermo del veicolo fino al momento della presentazione della documentazione e, comunque, per un periodo non superiore a trenta giorni.

L’impresa che non trasmette, tramite l’interfaccia pubblica connessa all’IMI, entro il termine previsto di otto settimane, la documentazione richiesta dalle autorità competenti italiane (l’Ispettorato nazionale del lavoro o gli organi di polizia stradale) è soggetta a sanzione pecuniaria da 1.000 a 4.000 euro, comminata dall’organo richiedente.

Il riconoscimento dell’esistenza di una condizione di distacco, nel contesto di una prestazione transnazionale di servizi di trasporto, ha come effetto quello dell’applicazione ai conducenti distaccati, durante il periodo del distacco, se più favorevoli rispetto a quelle dello Stato membro di stabilimento dell’impresa che li impiega, delle medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste nello Stato membro ospitante ai conducenti che lavorano in tale Stato membro.

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Effetti dell’applicazione della disciplina del distacco

Tali medesime condizioni riguardano:

a) periodi massimi di lavoro e periodi minimi di riposo;

b) durata minima dei congedi annuali retribuiti;

c) retribuzione, comprese le maggiorazioni per lavoro straordinario. Tale previsione non si applica ai regimi pensionistici di categoria;

d) condizioni di somministrazione di lavoratori, con particolare riferimento alla fornitura di lavoratori da parte di agenzie di somministrazione;

e) salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

f) provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti o puerpere, bambini e giovani;

g) parità di trattamento fra uomo e donna, nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione;

h) condizioni di alloggio adeguate per i lavoratori, nei casi in cui l’alloggio sia fornito dal datore di lavoro ai lavoratori distaccati lontani dalla loro abituale sede di lavoro;

i) indennità o rimborsi a copertura delle spese di viaggio,

j) vitto e alloggio per i lavoratori fuori sede per esigenze di servizio.

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Controlli della normativa sociale in materia di autotrasporto

Ma il Decreto Legislativo 27/2023, all’articolo 2, introduce anche modifiche al testo del Decreto Legislativo 144 del 4 agosto 2008, con la finalità d’includere nell’attività di controllo anche la verifica sul rispetto delle disposizioni in materia di orario di lavoro - di cui alla Direttiva 2002/15/CE, riguardante le persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto - nonché l’utilizzo del sistema di informazione del mercato interno “IMI”, nell’ambito delle disposizioni volte a rafforzare la collaborazione amministrativa e lo scambio di dati tra gli Stati membri.

Tra le novità vi è la creazione di un Organismo di coordinamento intracomunitario, che viene individuato nella Direzione Generale Autotrasporto e Sicurezza Stradale del MIT e l’istituzione di un tavolo tecnico permanente con il compito di coadiuvare la stessa Direzione Generale Autotrasporto nell’esercizio delle funzioni di punto di coordinamento (fanno parte di questo tavolo due rappresentanti del Ministero Infrastrutture e Trasporti, due rappresentanti del Ministero dell’Interno e due dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro).

Viene inoltre prevista l’effettuazione annuale di un numero minimo di controlli su strada e nei locali delle imprese, non inferiori al 3% dei giorni di lavoro dei conducenti di veicoli che rientrano nell’ambito di applicazione dei Regolamenti (CE) n. 561/2006 e (UE) n. 165/2014. Nell’ambito del numero totale dei controlli da effettuare, il nuovo articolo 3 del D. Legislativo 144/2008 stabilisce che almeno il 30% dei giorni lavorativi controllati è verificato su strada e almeno il 50% nei locali delle imprese.

Le attività di controllo su strada e quelle presso i locali sono poi pianificate e coordinate, rispettivamente, dal Ministero dell’Interno e dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, conformemente alle indicazioni contenute nelle linee strategiche nazionali di controllo definite dall’Organismo di coordinamento, sentito il tavolo tecnico permanente.

I controlli relativi alla Direttiva 2002/15 sull’orario di lavoro dei con-

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Altre novità

ducenti sono “limitati agli aspetti che possono essere efficacemente controllati tramite il tachigrafo e il relativo apparecchio di controllo. Un controllo approfondito dell’osservanza della direttiva 2002/15/CE può essere effettuato solo nei locali dell’impresa”.

Il nuovo provvedimento prevede inoltre la raccolta, con modalità telematica, delle informazioni relative alle infrazioni, di cui all’allegato III, accertate su strada e presso le sedi delle imprese da parte del CED del Dipartimento Mobilità sostenibile del MIT, al fine della loro registrazione nella sezione “Sanzioni” del Registro elettronico nazionale (REN). Questa funzione verrà attuata con decreto interministeriale Trasporti, Interno e Lavoro, ancora in corso di elaborazione.

Per i controlli nei locali dell’impresa, da svolgere secondo le linee strategiche definite dall’Organismo di coordinamento, sentito il tavolo tecnico permanente, si prevede che questi saranno effettuati quando siano accertate su strada gravi infrazioni al Regolamento (CE) n. 561/2006 o al Regolamento (UE) n. 165/2014 e in base anche al fattore di rischio attribuito all’impresa dal sistema nazionale di rischio di cui all’articolo 11. Durante tali controlli, dispone fin d’ora il nuovo comma 3, dell’articolo 7, vanno altresì rilevate le informazioni sul tipo di trasporto svolto dall’impresa, sulle dimensioni del suo parco veicolare e sul modello di tachigrafo. Le imprese responsabili dei conducenti conservano per un anno i verbali alle stesse, rilasciati dagli organi di controllo.

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La registrazione dei periodi di altre mansioni, diversi dalla guida e così definiti all’articolo 4, lettera e) del Regolamento 561/2006, nonché quella dei periodi di almeno una settimana durante i quali il conducente non si trova sul veicolo e non è in grado di svolgere alcuna attività con tale veicolo, avviene secondo modalità stabilite dagli atti di esecuzione della Commissione Ue, previsti dall’articolo 11, paragrafo 3 della Direttiva 2006/22/CE. L’inosservanza di queste modalità comporta, per il conducente, una sanzione pecuniaria da 150 a 600 euro. Stessa sanzione va applicata all’impresa che non conserva le registrazioni con le modalità definite dagli atti di esecuzione. In attesa che la Commissione definisca questi atti, la registrazione dell’assenza per malattia, ferie annuali o la guida di altro veicolo escluso dall’applicazione del Regolamento 561/2006, deve essere documentata dal conducente attraverso il Modulo attestazione attività in formato elettronico e stampabile, allegato alla decisione 2007/230/CE (come modificata dalla decisione del 14.12.2009). Va tuttavia evidenziato che l’adozione del Modulo viene richiesta anche dalla Commissione Ue sebbene – come è stato evidenziato anche nella Commission Clarification 7 – i conducenti che ne risultassero privi non dovrebbero essere sanzionati (negli stessi termini è anche la nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro 27 maggio 2020, n. 232).

L’articolo 11 del novellato Decreto Legislativo 144/2008 disciplina il Sistema nazionale di classificazione del rischio. Il comma 1, in particolare, stabilisce che alle imprese di trasporto si applica il sistema di classificazione determinato sulla base del numero relativo e della gravità delle infrazioni di cui all’allegato III, commesse dalle singole imprese per le violazioni alle disposizioni dei Regolamenti (CE) n. 561/2006 o (UE) n. 165/2014 oppure alle disposizioni nazionali di recepimento della Direttiva 2002/15/CE, registrate nella sezione “Sanzioni” del Registro Elettronico Nazionale (REN) delle imprese di autotrasporto.

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Classificazione del rischio

Il comma 2 prevede poi che il sistema calcoli il fattore di rischio di un’azienda secondo i criteri e le modalità di cui alla formula comune, contenuta nell’allegato al Regolamento di esecuzione (UE) 2022/695, e il comma 3 fissa controlli più rigorosi e frequenti per le imprese che, nello stesso sistema presentino un fattore di rischio elevato.

Il comma 4 dispone che, al fine di agevolare controlli su strada mirati, i dati contenuti nel sistema di classificazione sono accessibili a tutte le Autorità competenti ad effettuare i controlli ed il successivo comma 5 stabilisce che le informazioni contenute nel sistema sono direttamente accessibili alle competenti Autorità di altri Stati membri dell’Unione europea, tramite l’interconnessione dei registri elettronici nazionali delle imprese di trasporto su strada.

Da ultimo si fa presente che la parte B dell’allegato, riguardante i controlli in azienda, è stata integrata con due specifici punti, che mirano alla verifica delle nuove disposizioni sui tempi di guida e di riposo, introdotte con Reg. Ue 1054/2020, e quelli di lavoro. In particolare, un punto 3-bis, secondo cui va verificata:

- «3-bis) l’osservanza della durata massima media settimanale della prestazione di lavoro, dei riposi intermedi e degli obblighi riguardanti il lavoro notturno di cui agli articoli 4, 5 e 7 della direttiva 2002/15/CE;

-

3-ter) l’osservanza degli obblighi delle imprese per quanto riguarda il pagamento dell’alloggio dei conducenti e l’organizzazione del loro lavoro, a norma dell’articolo 8, paragrafi 8 e 8 bis, del regolamento (CE) n. 561/2006».

Infine, sempre nella parte B, viene introdotta una nuova e più specifica disposizione sulla corresponsabilità della filiera del trasporto, secondo cui: “Nel caso sia accertata un’infrazione durante la catena di trasporto, gli organi di controllo di cui all’articolo 3, comma 2, possono, se opportuno, verificare la corresponsabilità di altri soggetti che hanno istigato o in altro modo contribuito a commettere tale infrazione, ad esempio speditori, spedizionieri o contraenti, compresa la verifica che i contratti per la fornitura di servizi di trasporto siano conformi alle disposizioni dei Regolamenti (CE) n. 561/2006 e (UE) n. 165/2014”.

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Documentazione elettronica nel settore del trasporto di merci

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La strategia digitale dell’Ue

La transizione digitale è un elemento chiave dello sviluppo economico dell’Europa che, n dagli anni Duemila, con il Consiglio europeo di Lisbona - che individuava una serie di azioni per favorire l’utilizzo di internet - si è attivata per agevolare un futuro digitale.

Nel 2010 la Commissione europea ha poi presentato la strategia Europa 2020, che ha lanciato diverse iniziative, tra cui l’Agenda Digitale Europea, volta a sviluppare un mercato unico digitale basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili. E ancora, nel 2016 è stata la volta del Piano d’azione 20162020, per accelerare la trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni.

Ma è soprattutto dopo la pandemia da Covid-19 che l’Unione europea ha messo sul tavolo risorse signi cative per sostenere la trasformazione digitale, con 127 miliardi di euro destinati alle riforme e agli investimenti digitali connessi ai Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, che si inseriscono all’interno del programma europeo Next Generation EU. Un’opportunità senza precedenti per accelerare la digitalizzazione e anche per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica dell’Ue. L’Unione europea punta infatti a ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e ad arrivare a emissioni zero entro il 2050. Una s da ambiziosa alla quale ambire anche grazie alla digitalizzazione dei processi, alla mobilità automatizzata, ai sistemi intelligenti di gestione del traf co.

I progressi digitali degli Stati membri vengono monitorati dalla Commissione europea n dal 2014, attraverso le relazioni dell’indice dell’economia e della società digitali (DESI). Nel DESI 2022 l’Italia si è posizionata

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La lettera di vetture elettronica

al 18esimo posto su 27 Stati membri, segnando notevoli progressi. Negli ultimi 5 anni (2017-2022) il punteggio dell’Italia è passato da 28,2 a 49,3 registrando il miglioramento più consistente tra tutti i Paesi Ue, sebbene resti inferiore alla media europea (52,3).

Tra gli interventi indicati come prioritari nel processo di digitalizzazione del trasporto merci vi è anche l’adozione della e-CMR, ovvero la versione elettronica della lettera di vettura o CMR (Convention de Marchandises par Route), introdotta alla ne degli anni ’50, che disciplina in maniera uniforme la quasi totalità degli scambi internazionali e ne certi ca la regolarità. La dematerializzazione della lettera di vettura è stata prevista nel 2008, con la rma di un Protocollo addizionale alla Convenzione CMR, entrato in vigore nel 2011. Ad aprile di quest’anno, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al disegno di legge che rati ca l’adesione al protocollo; un traguardo importante previsto dallo stesso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che ha stanziato circa 40 miliardi di euro per il capitolo “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”. Dall’introduzione dell’e-CMR, attesa stabilmente per il 2024, sono infatti previsti molti bene ci, dalla riduzione dei costi di emissione a una minore possibilità di errori e discrepanze tra le versioni in possesso di

Dal 15 giugno 2023, le imprese di trasporto dei ri uti e più in generale tutti gli operatori iscritti all’Albo nazionale dei gestori ambientali possono dimostrare il loro provvedimento autorizzativo non solo con il documento cartaceo, ma in alternativa esibendo alle forze dell’ordine un apposito attestato in formato QR code.

Lo ha stabilito la delibera 13 febbraio 2023, n. 1, del Comitato Nazionale Albo gestori del Ministero dell’Ambiente, che consente inoltre che il citato QR code possa essere esibito oltre che su supporto cartaceo anche in formato digitale, cioè su tablet, smartphone o altro dispositivo elettronico, in un’ottica di completa “dematerializzazione” dei provvedimenti cartacei e di sempli cazione degli obblighi di esibizione dei provvedimenti autorizzativi.

Per ottenere il QR code, le imprese iscritte all’Albo gestori accedono alla propria area riservata sul sito web “www.albonazionalegestoriambientali.it” e qui generano l’attestato, stampandolo su un foglio di carta.

Il QR Code riportato in tale documento contiene gli estremi identi cativi del soggetto iscritto, cifrati in formato leggibile tramite l’apposita applicazione messa a disposizione per le pubbliche amministrazioni e gli organi di controllo. Il documento potrà es-

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Un esempio italiano: la dematerializzazione dell’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali

mittente, trasportatore e destinatario della merce. Ma anche una maggior trasparenza e facilità nei controlli e una maggiore competitività delle imprese di autotrasporto italiane nell’acquisizione di contratti di trasporto internazionale.

Ma come funzionerà la lettera di vettura elettronica? Utilizzando piattaforme online apposite, la lettera di vettura viene compilata e resa disponibile sui dispositivi mobili dell’autista per la registrazione dell’ora e del luogo di partenza e di arrivo e per l’inserimento di eventuali note sullo stato del carico allegando foto e documentazione. La rma per la

sere esibito anche ai produttori dei ri uti che af dano i loro scarti ai vettori, o agli impianti di destinazione nale, tenuti proprio al controllo del provvedimento autorizzativo del vettore.

Il formato digitale del QR code è invece disponibile tramite l’apposita applicazione, che i soggetti iscritti all’Albo gestori possono scaricare ed utilizzare, anche per consultare la propria situazione autorizzativa aggiornata.

Giova peraltro evidenziare che la piena dematerializzazione si attuerà quando le Pubbliche Amministrazioni e gli organi di controllo, che devono veri care l’iscrizione di un soggetto iscritto all’Albo nazionale gestori ambientali, potranno svolgere tale attività tramite l’apposita applicazione per dispositivi mobili basati sui principali sistemi operativi (Android, IOS): inquadrando il QR code identi cativo in possesso del soggetto iscritto e visualizzando la situazione autorizzativa aggiornata alla data dell’interrogazione (a titolo esempli cativo sarà possibile consultare le seguenti informazioni: - i dati identi cativi dell’impresa; - il numero iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali; - le categorie di iscrizione e relativa validità; - i veicoli e relativi codici dell’EER autorizzati; - le pertinenti prescrizioni).

Per utilizzare l’apposita applicazione per dispositivi mobili, le pubbliche amministrazioni e gli organi di controllo devono registrarsi nel portale https://bancadati.albonazionalegestoriambientali.it al ne di ottenere le credenziali di utilizzo della stessa.

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Digitalizzazione nel trasporto merci

presa o l’avvenuta consegna della merce avverrà sempre digitalmente, secondo le modalità richieste dai regolamenti nazionali.

Il Regolamento (UE) 1056/2020 sulla digitalizzazione dell’autotrasporto e la dematerializzazione delle informazioni, che trova la sua genesi nel terzo Pacchetto Mobilità, è stato messo a punto proprio con l’obiettivo di incoraggiare la digitalizzazione nel settore del trasporto di merci e della relativa logistica, al ne di ridurre i costi amministrativi a carico delle imprese e dei soggetti chiamati ad effettuare l’attività di controllo, migliorando l’ef cienza e sostenibilità del trasporto stradale di merci.

Il perseguimento di tali obiettivi avviene, in una prima fase, attraverso la riduzione e, in ultima istanza, l’eliminazione del materiale cartaceo, il cui utilizzo, oltre a rappresentare un consistente onere amministrativo, ha un impatto negativo sull’ambiente.

L’attuazione del Regolamento è ancora in corso e prevede una serie di atti delegati e di esecuzione da parte della Commissione europea con lo scopo di arrivare ad applicare il Regolamento, secondo quanto previsto, a decorrere dal 21 agosto 2024.

Al momento è, quindi, possibile offrire unicamente un quadro generico di come verrà realizzato il sistema delle informazioni elettroniche nel trasporto di merci che riguarderà oltre al settore stradale anche quello ferroviario, della navigazione interna e della via aerea.

Le informazioni elettroniche nel trasporto di merci (eFTI)

Le informazioni elettroniche nel trasporto merci (eFTI) sono costituite da un insieme di dati trattati mediante strumenti elettronici che hanno lo scopo di consentire lo scambio delle informazioni previste dalla normativa vigente tra gli operatori economici (principalmente imprese di trasporto di merci e della logistica) e tra gli stessi e le autorità competenti. Secondo il Regolamento, gli operatori economici non sono obbligati a mettere a disposizione di un’autorità competente le informazioni attinenti al trasporto e alla merce in formato elettronico. Tuttavia, quando decidono di utilizzare tale opportunità, devono:

avvalersi di dati trattati su una piattaforma eFTI certi cata e, eventualmente, da un prestatore di servizi eFTI certi cato;

mettere a disposizione tali dati in un formato leggibile da un dispositivo automatico tramite una connessione autenticata e protetta alla fonte di dati di una piattaforma eFTI;

presentare i dati in formato leggibile, qualora richiesto dall’autori-

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tà competente, direttamente sullo schermo di un dispositivo elettronico appartenente all’operatore.

Le autorità competenti devono: accettare le informazioni messe a disposizione in formato elettronico dagli operatori economici; essere in grado di accedere e trattare per via elettronica i dati eFTI messi a disposizione dagli operatori; fornire una convalida uf ciale, per esempio un timbro o un certi cato, per via elettronica, qualora tale convalida sia richiesta nell’ambito delle normative vigenti. Le autorità competenti, i prestatori di servizi eFTI e gli operatori sono tenuti a mantenere la riservatezza delle informazioni commerciali di cui vengono a conoscenza nell’ambito delle attività effettuate ai sensi del Regolamento (UE) 1057/2020 e a consentirne l’accesso e il trattamento solo previa autorizzazione.

La Commissione europea deve, con appositi atti di esecuzione: de nire e modi care gli insiemi di dati comuni e sottoinsiemi di dati eFTI, af nché rispecchino le rispettive prescrizioni normative, che:

- speci chino la de nizione e le caratteristiche tecniche di ogni elemento di dati;

- tengano conto di convenzioni internazionali pertinenti e del diritto dell’Unione;

- garantiscano l’interoperabilità con i pertinenti modelli di dati accettati a livello internazionale; stabilire procedure comuni e norme dettagliate per l’accesso da parte di autorità competenti alle piattaforme eFTI, con l’obiettivo di: mi-

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Dati eFTI e procedure di accesso per le autorità competenti

gliorare l’ef cienza delle procedure amministrative; ridurre al minimo i costi sia per gli operatori economici interessati sia per le autorità competenti.

Le piattaforme eFTI utilizzate per il trattamento dei dati previsti devono fornire funzionalità che assicurino che: il trattamento dei dati personali avvenga nel rispetto delle leggi in materia di protezione dei dati;

i dati commerciali rimangano riservati; le autorità competenti possano accedere e trattare i dati in conformità delle speci che adottate;

gli operatori possano mettere a disposizione delle autorità competenti le informazioni; sia possibile stabilire un unico collegamento elettronico di identi cazione tra una spedizione e i relativi elementi di dati;

i dati possano essere trattati esclusivamente sulla base di un accesso autorizzato e autenticato; le attività di trattamento dei dati siano registrate in registri delle operazioni;

i dati possano essere archiviati e restino accessibili;

i dati siano protetti da danneggiamenti e furto.

I prestatori di servizi eFTI devono garantire che:

i dati siano trattati esclusivamente dagli utenti autorizzati;

i dati siano archiviati e restino accessibili conformemente al diritto dell’Unione e al diritto nazionale;

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Piattaforme e prestatori di servizi eFTI

le autorità competenti abbiano accesso immediato alle informazioni regolamentari senza l’addebito di spese o diritti; i dati siano adeguatamente protetti, tra l’altro, da trattamenti non autorizzati o illeciti e dalla perdita, dalla distruzione o dal danno accidentali.

Il testo del Regolamento (UE) 1056/2020 non prevede, come già detto, obblighi per le imprese di fornire la documentazione in formato elettronico, ma solo per le autorità competenti, incluse quelle demandate ad effettuare controlli su strada, di accettarla e quindi essere in grado di trattarla.

Tuttavia, è previsto che entro il 21 febbraio 2029, nel contesto di una relazione di valutazione degli effetti del Regolamento da presentare al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, la Commissione possa valutare iniziative che abbiano, tra l’altro, il ne di ssare l’obbligo per gli operatori economici di mettere a disposizione delle autorità competenti le informazioni previste in formato elettronico.

83 Prospettive future
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Locazione senza conducente di veicoli

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Il noleggio di veicoli senza conducente

Il Pacchetto Mobilità ha introdotto importanti novità anche nel settore del noleggio senza conducente per il trasporto stradale di merci. Ma cosa si intende per veicoli noleggiati senza conducente?

La Direttiva 2006/1/CE del 18 gennaio 2006, recentemente modificata dalla Direttiva (UE) 2022/738 del 6 aprile 2022 (da attuare entro il 6 agosto 2023), parla di “autocarri, trattori, rimorchi e semirimorchi, autotreni e autoarticolati” che dietro pagamento e per un determinato periodo sono messi a disposizione di un’impresa (locataria), che effettua trasporto di merci in conto terzi o in conto proprio, sulla base di uno specifico contratto stipulato con l’impresa che fornisce il veicolo (locatrice).

In base alla normativa comunitaria, ciascuno Stato membro consente la circolazione sul proprio territorio di veicoli presi a noleggio in un altro Stato membro da imprese stabilite nel proprio Paese, purché sussistano una serie di condizioni e requisiti che si possono così riassumere:

il veicolo in questione deve essere immatricolato o messo in circolazione secondo la legislazione di uno degli Stati membri dell’Unione europea e utilizzato ai sensi dei Regolamenti (CE) 1071/2009 e (CE) 1072/2009;

il contratto tra l’impresa locatrice e quella lo-

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Cosa dice il Codice della Strada

cataria deve prevedere una messa a disposizione del solo veicolo, senza conducente;

il conducente del veicolo è proprio dell’impresa locataria; l’impresa locataria ha disponibilità esclusiva del veicolo per il periodo di durata del contratto di locazione.

Le circostanze elencate devono essere dimostrate mediante la presentazione agli organi di controllo in formato cartaceo o elettronico di idonea documentazione, rappresentata dal contratto di noleggio e dal contratto di lavoro del conducente, qualora quest’ultimo non sia il titolare del contratto di noleggio.

In Italia, la locazione senza conducente è disciplinata dall’articolo 84 del Codice della Strada che la definisce come l’obbligo assunto dal locatore, dietro corrispettivo, di mettere a disposizione del locatario un veicolo per le esigenze di quest’ultimo.

Lo stesso articolo prevede, ai sensi della normativa europea, rappresentata dalla versione originale della Direttiva 2006/1/CE, vigente al momento della sua stesura, che i veicoli in disponibilità a titolo di locazione senza conducente, di cui locatrice sia un’impresa stabilita in altro Stato membro, possano essere utilizzati unicamente per il trasporto internazionale. Per cui un vettore italiano può noleggiare un autocarro francese, ma deve utilizzarlo esclusivamente per svolgere trasporti internazionali tra uno o più Paesi comunitari.

Inoltre viene fissato, a livello nazionale, un vincolo correlato con la massa dei veicoli locati per quanto riguarda l’individuazione delle imprese che possono rivestire il ruolo di locatrici.

Ordinariamente si fa riferimento alle imprese iscritte all’Albo degli Autotrasportatori che, nel quadro della loro attività imprenditoriale, possono anche fornire veicoli in locazione senza conducente ad altra impresa italiana, anch’essa iscritta all’Albo degli Autotrasportatori, senza limite alcuno concernente la massa autorizzata del veicolo oggetto del contratto di locazione.

Per cui l’azienda italiana di autotrasporto può noleggiare autocarri, autotreni, autoarticolati o anche solo rimorchi o semirimorchi di massa superiore a

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6 tonnellate solo da altra impresa di autotrasporto iscritta all’Albo degli Autotrasportatori ed al REN.

Per quanto riguarda i veicoli di massa fino a 6 tonnellate, invece e come eccezione, possono essere oggetto di contratto di locazione senza conducente anche nel caso in cui l’impresa locatrice non sia iscritta all’Albo degli Autotrasportatori, ma svolga in maniera professionale l’attività di locazione di veicoli senza conducente e purché il veicolo in questione sia destinato ad uso di terzi.

Da ultimo, l’articolo 84 limita al comma 4 la locazione dei veicoli ad uso speciale e di quelli in conto proprio al fatto che questi non superino la massa complessiva a pieno carico di 6 tonnellate.

La disponibilità di uno o più veicoli, a “titolo di proprietà o detenuti ad altro titolo, per esempio in virtù di un contratto di vendita a rate, di un contratto di noleggio o di un contratto di leasing”, costituisce, ai sensi del Regolamento (CE) 1071/2009, una delle condizioni di sussistenza del requisito dello stabilimento (illustrato nel precedente capitolo 2).

La normativa europea, quindi, a tal fine, mette sullo stesso piano i veicoli di cui un’impresa ha disponibilità a titolo di piena proprietà e quelli la cui disponibilità è a titolo temporaneo, in forza di un contratto di noleggio.

In sede di prima attuazione del Regolamento citato, che nella versione originaria conteneva una disposizione analoga, la disciplina nazionale con Decreto del Capo del Dipartimento per i trasporti del 25 novembre 2011, n. 291, aveva fissato in due anni la durata minima del contratto di locazione senza conducente affinché il veicolo potesse essere preso in considerazione, in mancanza di veicoli di cui l’impresa interessata avesse avuto disponibilità a titolo di piena proprietà, ai fini della dimostrazione della condizione dello stabilimento relativa al possesso di veicoli.

In sede di attuazione delle modifiche introdotte nel 2022 al Regolamento (CE) 1071/2009, con il Regolamento (UE) 1055 del 2020, è stato stabilito, con circolare del 13 maggio 2022, prot. 3738, in attesa, peraltro, del recepimento della nuova disciplina europea in materia di noleggio senza conducente, che la durata minima del contratto di

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Dimostrazione dello stabilimento

locazione di un veicolo, la cui disponibilità sia necessaria ai fini della dimostrazione della corrispondente condizione dello stabilimento e, quindi, del conseguimento dell’autorizzazione di accesso alla professione di trasportatore su strada di merci, sia di almeno sei mesi, con registrazione nelle forme previste presso l’Agenzia delle Entrate.

La nuova disposizione, che sostanzialmente diminuisce da due anni a sei mesi la durata minima di un contratto di locazione senza conducente relativo a un veicolo che sia necessario per la dimostrazione del requisito dello stabilimento, ha lo scopo di garantire una certa continuità temporale nel soddisfacimento da parte dell’impresa del requisito, ma anche quello di offrire alle imprese uno strumento più agile ed economicamente meno oneroso con cui iniziare l’attività o proseguirla in casi particolari, quale quello di una diminuzione di ordinativi di trasporto.

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Recepimento della nuova

Direttiva 2022/738

Come già anticipato, la Direttiva (UE) 6 aprile 2022 n. 738, nel modificare l’allora vigente normativa europea in materia di utilizzo di veicoli locati senza conducente nel trasporto stradale di merci, rappresentata dalla Direttiva 2006/1, ha introdotto alcune novità che, con il recepimento nei singoli Stati membri da effettuarsi entro il 6 agosto 2023, determineranno alcuni importanti adeguamenti della legislazione nazionale. In particolare:

un veicolo in disponibilità di un’impresa a titolo di locazione senza conducente di cui locatrice sia un’impresa stabilita in altro Stato membro può essere utilizzato anche per il trasporto nazionale di merci, alla stessa stregua dei veicoli di cui l’impresa locataria dispone, immatricolati nello Stato membro di stabilimento di quest’ultima. Il vettore italiano potrà quindi noleggiare l’autocarro francese e utilizzarlo per svolgerci non solo trasporti internazionali, ma anche e soprattutto i trasporti nazionali di merci, che in passato poteva fare solo con automezzi noleggiati in Italia da altro vettore nazionale;

un veicolo, può essere preso in locazione da qualsiasi impresa, indipendentemente, per quanto riguarda la situazione italiana, dal fatto che questa sia iscritta all’Albo degli Autotrasportatori e, se ne ricorrono le condizioni, al Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto su strada. Potrà quindi prenderlo a noleggio anche da società che svolgono il servizio di noleggio professionale dei veicoli, siano esse italiane o di altro Stato comunitario. In questo senso la massa complessiva autorizzata del veicolo non ha più alcun rilievo;

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Possibilità di limitazioni aggiuntive

la targa del veicolo utilizzato a titolo di locazione senza conducente deve essere inserita tra quelle dei veicoli in disponibilità dell’impresa di autotrasporto di merci per conto di terzi locataria nell’ambito del REN (Registro elettronico nazionale delle imprese di trasporto stradale).

Le modifiche appena elencate costituiscono il livello minimo, imprescindibile, del recepimento della disciplina europea.

Quest’ultima affida alle valutazioni di ogni singolo Stato membro l’opportunità o meno di inserire nella rispettiva normativa nazionale alcuni elementi di limitazione della piena e incondizionata facoltà di utilizzo di veicoli locati senza conducente nel trasporto stradale di merci.

Tali possibili limitazioni riguardano unicamente i veicoli noleggiati che siano immatricolati o messi in circolazione conformemente alla legislazione di un altro Stato membro: ricorrendo tale condizione ciascuno Stato Membro ha la possibilità di: fissare un periodo minimo consentito di utilizzazione del veicolo in questione non inferiore a due mesi per ciascun anno; obbligare all’immatricolazione del veicolo, ai sensi della normativa dello Stato membro di stabilimento dell’impresa utilizzatrice, nel caso in cui la durata della locazione non sia inferiore a trenta giorni; limitare il numero di veicoli che un’impresa può utilizzare a titolo di locazione senza conducente, purché il numero minimo di veicoli di cui è consentita l’utilizzazione sia almeno pari al 25% del parco di veicoli per il trasporto di merci a disposizione dell’impresa al 31 dicembre dell’anno precedente l’utilizzazione del veicolo noleggiato o al giorno in cui l’impresa inizia a utilizzare il veicolo noleggiato, secondo la scelta effettuata dallo Stato membro. Nel caso di un’impresa che dispone di un parco fino a quattro veicoli immatricolati nello Stato membro di stabilimento, è consentita l’utilizzazione di almeno un ulteriore veicolo a titolo di locazione; limitare l’utilizzazione di veicoli locati per le operazioni di trasporto per conto proprio.

Va rilevato, peraltro, che le opzioni sopra riportate hanno effetto, qualora uno Stato membro intenda servirsene in tutto o in parte, solo

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nei confronti delle imprese di trasporto che nel medesimo Stato membro sono stabilite, non avendo, viceversa, alcun rilievo per le imprese stabilite in altro Stato membro che effettuano attività di trasporto internazionale o di cabotaggio nello Stato membro in questione.

Proprio mentre stiamo chiudendo la redazione di questo speciale, è stato emanato il Decreto Legge 13 giugno 2023, n. 69, recante disposizioni urgenti per l’attuazione degli obblighi derivanti da atti dell’Unione europea, il cui articolo 24 dà “Attuazione della Direttiva (UE) 2022/738, del Parlamento e del Consiglio, del 6 aprile 2022, che modifica la Direttiva 2006/1/CE relativa all’utilizzazione di veicoli noleggiati senza conducente per il trasporto su strada”.

Il recepimento della normativa comunitaria viene attuato attraverso la modifica dell’articolo 84 del Codice della Strada, e la nuova disciplina fa esclusivo riferimento alle sole parti obbligatorie costituenti il livello minimo del recepimento, affidando ad ulteriori future valutazioni, delle Amministrazioni competenti, di concerto con le rappresentanze dei settori coinvolti, l’opportunità o meno di inserire nella disciplina nazionale del settore, in tutto o in parte, le misure “opzionali” sopra descritte, anche in considerazione degli effetti che scelte di limitazione possono avere in ordine alla competitività, alla capacità di trasporto e alla flessibilità delle imprese nazionali.

Dal 14 giugno 2023 è pertanto in vigore una nuova disciplina per il noleggio senza conducente dei veicoli adibiti al trasporto di merci, che si consoliderà con la conversione in legge del DL 69/2023.

La prima novità riguarda quindi la possibilità riconosciuta all’impresa

Il Decreto Legge 13 giugno 2023

La nuova disciplina

italiana di autotrasporto conto terzi (regolarmente iscritta all’Albo e/o anche al REN) di noleggiare autoveicoli e rimorchi in qualsiasi Stato comunitario e di utilizzarli anche per i trasporti nazionali. Possibilità che in precedenza, il vecchio articolo 84 limitava, nei casi di noleggio intracomunitario, alla sola effettuazione di trasporti internazionali.

Altra importante novità concerne poi la cosiddetta liberalizzazione del noleggio dei veicoli di massa superiore a 6 tonnellate. Con il nuovo comma 3, dello stesso articolo 84, cade difatti il precedente vincolo secondo cui il noleggio era consentito solo tra imprese iscritte all’Albo degli Autotrasportatori. Con la nuova disposizione l’impresa di autotrasporto può noleggiare anche da società che svolgono l’attività professionale della locazione dei veicoli senza conducente, siano esse italiane o anche comunitarie.

Per quanto riguarda i veicoli ad uso speciale e il conto proprio, invece, viene confermata la limitazione del noleggio agli automezzi di massa complessiva non superiore a 6 tonnellate, già contenuta nel precedente comma 4 dell’articolo 84.

Il nuovo Decreto Legge ribadisce poi che il contratto di noleggio deve prevedere unicamente la messa a disposizione del veicolo senza conducente e che non può essere abbinato a un contratto di servizio concluso con la stessa impresa e riguardante il personale di guida, che deve quindi appartenere all’azienda che utilizza il mezzo noleggiato e che il veicolo locato sia esclusivamente a disposizione della stessa azienda per la durata del contratto. Queste condizioni – prosegue l’articolo 24 – vanno dimostrate portando a bordo del mezzo, in formato cartaceo o elettronico, il contratto di locazione (o un suo estratto autenticato) e il contratto di lavoro del conducente (o suo estratto autenticato) eccetto nei casi che a guidare il mezzo sia il titolare dell’azienda che ha preso a noleggio il veicolo.

Viene anche prescritto che il CED della Motorizzazione iscriverà il numero di targa del veicolo preso in locazione all’interno del Registro Elettronico Nazionale (REN) delle imprese di autotrasporto, anche se al momento questa possibilità non appare praticabile, in quanto il REN non è ancora attivo per tale funzione, che presuppone comunque, la definizione di un procedimento attraverso cui le imprese debbano comunicare la disponibilità di veicoli presi a noleggio senza conducente, che potrebbero comprendere anche l’obbligo d’invio del contratto alla Motorizzazione.

Si evidenzia infine che la Direttiva comunitaria ora recepita consente agli Stati membri d’introdurre ulteriori criteri limitativi per l’utilizzo del noleggio dei veicoli, quali un periodo di tempo massimo o una percentuale massima del parco veicolare dell’impresa che prende a noleggio. Criteri che il nuovo comma 6, dell’articolo 84, demanda al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Ministero dell’Interno la possibilità di stabilire, con successivo decreto interministeriale.

La modifica introdotta con il Decreto Legge 69/2023 non tocca invece il regime sanzionatorio, già previsto nei commi 7 ed 8 del citato articolo 84, che punisce: “Chiunque adibisce a locazione senza conducente un veicolo non destinato a tale uso è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 430 a 1.731 euro” nei casi di autoveicoli o rimorchi e alla sanzione accessoria della sospensione della carta di circolazione del veicolo in questione, da due ad otto mesi.

Per cui se un’azienda di trasporto cose in conto proprio noleggia un autocarro di massa complessiva superiore a 6 tonnellate ad altra azienda incorre nella sanzione pecuniaria e accessoria sopra indicata.

Regime sanzionatorio

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Pacchetto Mobilità: le nuove regole dell’autotrasporto europeo Allegato a Tir

La rivista dell’autotrasporto Periodico del Comitato Centrale per l’Albo Nazionale degli Autotrasportatori di Cose per Conto di Terzi

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Registrazione Tribunale di Roma

n° 547 del 18/11/98

Finito di stampare nel mese di luglio 2023

Hanno collaborato:

Maria Ballo

Paolo Cossu

Andrea Giuli

LA RIVISTA DELL’AUTOTRASPORTO PERIODICO DEL COMITATO CENTRALE dell’ALBO NAZIONALE DEGLI AUTOTRASPORTATORI DI COSE PER CONTO DI TERZI Allegato a TIR

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