in copertina
GRANA PADANO: IL CONSORZIO FESTEGGIA I 70 ANNI GUARDANDO A NUOVI ORIZZONTI IN QUALITÀ E SOSTENIBILITÀ
VIOLA COSTA: FESTIVAL TENERAMENTE AL VITTORIALE
60 ANNI OLDRATI: UN VIAGGIO NELL’EVOLUZIONE
SAOTTINI PRESENTA LA NUOVA AUDI A3
F0NDAZIONE VERONESI: DONARE RENDE FELICI
GIUSEPPE REMUZZI PRESENTA IL NUOVO LIBRO
IL MUSEO DEDICATO AL GRANDE LUIGI VERONELLI
PARATICO: CARLO TENGATTINI VINCE ANCORA
GREEN GARDEN SOUK ALL’ALBERETA
BRESCIA FOR CHARITY
FRANCESCA NODARI: UN FIUME DI FILOSOFIA
NUOVO POLO DELLO SPORT A BRESCIA
A FRANCO SCAGLIA IL PREMIO RED DOT AWARD
BRESCIA FOR CHARITY
ZONA BLU, EVENTO ZERO
LO NO/00840/03.2024 DAL 21/03/2024 CMP BERGAMO ANNO 20 - N° CENTONOVANTASEI - GIUGNO 2024 - € 5 SPEDIZIONE IN A. P. D.L 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1, COMMA 1, DCB BERGAMO IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTEEDITA PERIODICI S.R.L. VIA B. BONO, 10 BERGAMO 24121TASSA PAGATA BG CPO
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VIOLA COSTA
TENER-A-MENTE
LA MUSICA PER MANDARE UN MESSAGGIO
OLDRATI
FESTEGGIA IL 60°
ANNIVERSARIO: UN VIAGGIO
NELL’EVOLUZIONE
Emilio Filì
DUE DONNE: ERA DESTINO!
DONARE RENDE FELICI
RAFFAELLA FRANZONI
E LA FONDAZIONE
VERONESI DI BRESCIA
CASO PARATICO: CARLO TENGATTINI
SUPERA TUTTI ED È SINDACO PER LA QUARTA VOLTA
IN COPERTINA
GRANA PADANO
IL CONSORZIO
FESTEGGIA I 70 ANNI
IL NUOVO LIBRO DI
GIUSEPPE REMUZZI
LE SANGUISUGHE
DI GIULIETTA
IL VERONELLI
IL NUOVO MUSEO
DEDICATO AL GRANDE
GIORNALISTA
ED ENOLOGO
Era nell’aria che potesse accadere.
Per la prima volta Bergamo e Brescia, che hanno vissuto il gemellaggio come Capitale della Cutura lo scorso anno, si trovano, a capo delle rispettive amministrazioni comunali, due signore, entrambe da sempre in politica, entrambe da sempre di sinistra, entrambe del segno della Vergine.
L’immagine qui sopra è stata la copertina del mese in cui è scoppiata la pandemia e siamo riusciti a pubblicare un numero solo in formato digitale con l’aiuto di molti amici.
La Dea che teneramente abbraccia la Leonessa, disegnata dalla geniale e bravissima Sara Nicoli, ci ha subito conquistati e la riproponiamo oggi che gli astri ci hanno riservato questa straordinaria combinazione di due donne al comando delle due città più importanti della Lombardia, dopo Milano.
La collaborazione tra le due sindache, siamo certi, metterà a frutto quanto costruito e progettato insieme l’anno scorso e porterà una visone di città differente rispetto a quella degli uomini, cioè più incline ad occuparsi dei problemi delle donne che in buona sostanza sono i problemi delle famiglie. Le donne vanno a lavorare, si occupano della casa, dei figli e del marito, fanno la spesa, puliscono, rassettano e sono sempre loro ad assistere anziani o familiari con problemi di salute. Se non le si vuole costringere a lasciare il lavoro, perdendo l’indipendenza economica, quindi diventare più indifese, bisogna fornire loro tutti i supporti in termini di servizi calibrati sulle esigenze di ognuna. Due città al femminile. Se non ora, quando?
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PROTAGONISTI
Vito
Laura Castelletti, prima sindaca di Brescia eletta un anno fa
Elena Carnevali, prima sindaca di Bergamo eletta pochi giorni fa
BRESCIA FOR CHARITY
FRANCESCA NODARI UN FIUME DI FILOSOFIA
PUNTOGEL IL VALORE DEL CAPITALE UMANO
CONVIVIO CORNOLTI
DA VITTORIO
ALLA CANTALUPA
CRESCERE AL MUSEO BREMBO PARTNER
EDUCATIVO DI ACCADEMIA
CARRARA
LUIGI FERRARA PRESENTA IL FESTIVAL DI VILLASIMIUS 2024
MOLO BRESCIA SUMMER ON MY MIND
LUCA RUGGERI SECOND LIFE AGAIN
GREEN
GARDEN SOUK
ALL’ALBERETA
BARBARA MAZZALI TUTTI IN BICI A TEMÙ FRANCO SCAGLIA PREMIATO CON IL RED DOT AWARD
GRANDI LAVORI ALLA DIGA IN FONDO AL LAGO D’ISEO
Calliope
Vieni musa dalla bella voce infondi con la poesia respiro al respiro l’armonia perduta del vivere e morire per ciò che si ama.
Vieni e dipingi parole di incenso gorghi di roghi purificatori nei labirinti dell’inquietudine e nel grigiore dell’indifferenza.
Accompagnaci tenendoci per mano nei giardini incantati di Afrodite crogiolo ineffabile di corpi vasi di luce chiamati a scegliersi e raccontarsi nel silenzio.
Ascolta questo fiume antico che ha irrorato dei suoi umidori balze e borghi e piane ridenti. Ora quando scende la sera teme di annullarsi nell’eternità chiede allora un giorno in più per differire il fondersi con l’etere e attraversare ancora il tempo lento con la leggerezza dei tuoi vellicamenti.
Benito Melchionna (giugno 2024)
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Hybrid, seating system. Design Antonio Citterio.
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Viola Costa, direttrice artistica del Festival
Tener-a-mente, la musica per mandare un messaggio
VIOLA COSTA, DIRETTRICE ARTISTICA DEL FESTIVAL TENER-A-MENTE RACCONTA QUESTA RASSEGNA CHE È CRESCIUTA CON LEI. QUALITÀ E MOTIVAZIONI LE CHIAVI DEL SUCCESSO DEL FESTIVAL CHE OGGI HA UN CARTELLONE DI RIFERIMENTO NEL PANORAMA ARTISTICO MUSICALE.
di Tiziana Genise
È il giorno del suo compleanno e Viola Costa fa un suo bilancio: “faccio un lavoro che è un'incertezza continua però io sono così felice di poter fare quello che faccio. È la mia passione e mi sento così ricca per questo”.
Come inizia la sua storia con il Vittoriale e con questo Festival?
“Abbiamo iniziato la collaborazione con il Vittoriale quasi casualmente quando una società di Firenze, nel 2010, ci chiese di organizzare un concerto all’interno del loro Festival e poi una settimana jazz. Fu quell’anno che presentammo al Presidente del Vittoriale un progetto di gestione. Quindi siamo qui quasi casualmente anche se il nostro lavoro è sempre stato quello di agire sullo spettacolo dal vivo ma portandolo in contesti che ne favorissero l'aspetto culturale, uno scambio virtuoso tra luoghi della cultura e pubblici diversi ma che potessero avvicinarsi ai contesti culturali e scoprirli”.
Come nasce il nome del Festival?
“Il nome del Festival è un omaggio letterale al padrone di casa perché “Tener-a-mente” è un gioco di parole di Gabriele D'Annunzio: lui usa il termine “teneramente” con alcune donne che ha amato e, esposto nel Museo D'Annunzio Segreto, si trova un suo documento autografo che, nel 1917, manda a Olga una lettera firmata “teneramente tuo Gabriele”. È un gioco di parole che ci è piaciuto: è un monito al tener a mente ma allude anche a quella delicatezza che un po’ ci connota”.
Il Vittoriale racconta cultura: quali linee avete dovuto seguire per sviluppare il Festival?
“Quando siamo arrivati al Vittoriale il suo Presidente, Giordano Bruno Guerri, ci ha affidato la gestione dell'anfiteatro e ci ha dato alcune linee guida: valorizzare la capienza dell’anfiteatro; puntare sulla qualità ma non necessariamente rendendo omaggio alla tradizione di questo palcoscenico e al padrone di casa, Gabriele D'Annunzio.Tradizione perché questo è stato un palco di riferimento negli anni ‘70 e ‘80 per la prosa e la danza ma, negli anni, lo scenario culturale di contesto è mutato perciò così come non si può pensare di riproporre lo stesso tipo di programmazione e di avere lo stesso tipo di successo non si può più pensare di avere la stessa garanzia di qualità. Dataci la libertà di lavorare ispirandoci sì al padrone di casa ma nel senso più metaforico della locuzione e quindi al suo essere un uomo estremamente moderno, amante della bellezza, futurista in senso letterale e non tanto di adesione alla corrente artistica del termine, abbiamo scelto di lavorare su generi trasversali facendo delle incursioni nella prosa, nella danza e nel circo contemporaneo puntando sempre alla massima qualità con spettacoli e musicisti che avessero qualcosa da dire”.
Chi è il vostro pubblico?
“Inizialmente siamo partiti dall'identità del target del territorio: patria di turisti stranieri alto spendenti avevamo immaginato che l'offerta migliore fosse quella che incontrava i loro gusti ma ci siamo presto resi conto che non c'era travaso di pubblico tra il turista e i concerti. Così abbiamo iniziato a lavorare con artisti che motivassero il pubblico ad arrivare da lontano e proprio la motivazione, come la qualità, è un concetto chiave del successo del nostro Festival. Abbiamo puntato su artisti che avessero un pubblico di fan disposti a fare tanta strada per venire ad ascoltarli e questi, nel tempo, hanno riconosciuto questo come un palco che aggiunge bellezza alla bellezza. È stata la chiave di volta: abbiamo artisti che fanno solo due date in Italia e una scelgono di farla da noi rinunciando, a volte, anche a cachet maggiori. Inoltre, abbiamo abbassato l’età media del pubblico arrivando oggi ad un pubblico di trentenni”.
Tener-a-mente, la musica per mandare un messaggio
Ph. Maurizio Andreola
Anche quest’anno il cartellone è molto eterogeneo.
“Cerchiamo sempre di avere artisti eterogenei e di alto livello a prescindere dal codice di genere musicale. James Beach, dal mio punto di vista, è quest’anno la nostra punta di diamante: interessante, innovativo e il più sperimentale che abbiamo in cartellone. Tutti gli artisti che partecipano al nostro Festival, benché eterogenei, usano la musica per trasmettere un messaggio”.
Sentendola parlare emerge una passione travolgente. Come si è avvicinata a questo mondo?
“Nasco come attrice di teatro ed è lavorando come attrice che incontro molti musicisti uno dei quali, Walter Beltrami, mi fa capire come io sia portata per la musica benché non ne conosca il codice espressivo dandomi coraggio nel portare avanti la mia passione. Inizia così questa mia carriera, ancora oggi divisa con il teatro: ho la direzione organizzativa del Teatro Filodrammatici di Milano”.
Mi racconta una curiosità? Un suo rito?
“Tutto il senso del mio lavoro si sintetizza nel momento in cui io vedo l'artista che sale sul palco e il pubblico che esplode in un applauso. Dopo 13 anni, in quel momento, ancora mi commuovo. Mi giro, torno in ufficio e proseguo con le cose da fare”.
Cosa si augura per le edizioni future?
“Credo che il Festival abbia raggiunto la massima espansione possibile con la formula che ha ma potrebbe ampliarsi dando spazio a un'offerta musicale di qualità eccellente meno nota commercialmente e poco valorizzata e creare una sezione in cui il Festival ospiti cultura con approfondimenti, mostre, dibattiti e presentazioni di libri”.
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OLDRATI HA 6O ANNI
GIOVANISSIMA
“Sono le sconfitte che insegnano più dei successi e un viaggio di sess’antanni nella vita di un’azienda non è fatto solo di cose andate bene. Ma gli insuccessi ti motivano a perseguire quella che si ritiene un’idea giusta. Mio padre già dagli anni 70 ipotizzava il riciclo delle materie plastiche. Non è stato un percorso facile ma oggi con il programma Ogreen siamo in grado di realizzare il 95% dei nostri prodotti con polimeri rigenerati. È un settore che subirà un forte incremento in futuro anche perchè sono i clienti stessi che a parità di prestazioni preferiscono prodotti da materia rigenerata per una scelta green che sta coinvolgendo tutti i settori dell’industria. Siamo presenti con strutture produttive in est Europa e in medio Oriente e pensiamo ad altre dislocazioni per essere ancora più protagonisti di un passaggio basilare per una vera svolta green: il riutilizzo continuato nel tempo delle materie plastiche”. (Manuel Oldrati)
OLDRATI, GRUPPO INTERNAZIONALE TRA I PIÙ
IMPORTANTI NELLA PRODUZIONE DI ARTICOLI TECNICI IN GOMMA, PLASTICA E SILICONE, CELEBRA I 60 ANNI DALLA SUA FONDAZIONE CON UN EVENTO CHE RIPERCORRE LA STORIA DELLA SOCIETÀ E LA SUA EVOLUZIONE IN CHIAVE SOSTENIBILE
Fin dagli anni ‘70, Oldrati Group si è impegnato in progetti di rigenerazione e sostenibilità che hanno portato a importanti traguardi, tra cui l’installazione di un’area fotovoltaica totale di 18000 mq con una potenza installata di 4075 kWp. Dal 2017, il Gruppo ha avviato un processo graduale di digitalizzazione e paperless, riducendo consumi e costi.
“Questo impegno in ambito sostenibilità ha portato alla realizzazione del primo Bilancio di Sostenibilità nel 2023, sottolineando la dedizione dell’azienda alla ricerca di soluzioni sostenibili e innovative” ha affermato Giorgia Oldrati, CSR & DEI Manager.
Per l’occasione, il Gruppo ha presentato il rebranding di Oldrati Group e del suo logo, che riflette continuità e innovazione, due qualità fondamentali dell’azienda.
Il report basato su criteri ESG (Environmental, Social and Governance), realizzato in conformità con gli standard internazionali della Global Reporting Initiative (GRI) ha messo in evidenza una governance strutturata e funzionale, con uno sguardo sempre più attento ai temi di sostenibilità ed è stato evidenziato come Oldrati Group abbia negli anni investito nell’innovazione e nella ricerca continua di soluzioni sostenibili da offrire alla propria clientela, coinvolgendo non solo gli stakeholder ma anche i propri dipendenti, la cui attenzione verso questi rappresenta un aspetto sempre più importante per il benessere del Gruppo.
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In occasione dell’evento di Adro, Oldrati Group ha presentato il rebranding aziendale e le innovazioni tecnologiche come Ogreen, approfondendo anche le tematiche legate alla sostenibilità ambientale e sociale del brand
“Uno dei principali progetti di Oldrati Group in questo ambito è Ogreen, un’innovazione tecnologica che permette la produzione di articoli tecnici di qualità in gomma rigenerata, riducendo notevolmente l’impatto ambientale. La sua evoluzione ha permesso di estendere l’applicazione a nuovi materiali come il termoplastico e il silicone”, ha commentato Silvana Fantoni, Sales Group Director.
Utilizzare materiali eco-sostenibili, infatti, porta con sé importanti vantaggi, in particolare l’introduzione dei principi di economia circolare applicata al mondo dei polimeri, la diminuzione di consumo di risorse vergini, la riduzione degli sprechi e la riduzione di utilizzo di discariche. Tutto finalizzato alla riduzione dell’impatto ambientale. Grazie a continui investimenti in ricerca e sviluppo, l’azienda ha ampliato l’applicazione di Ogreen ai settori dell'industria automobilistica, dell’elettrodomestico, dell’idrotermosanitario, di hobby e sport, e altri.
Dal 2020, attraverso Ogreen sono state rigenerate 5.434 tonnellate di materiale evitando quindi di immettere nell'atmosfera 1.500 tonnellate di CO2, dato derivante da un'analisi di LCA, rappresentando una soluzione innovativa per articoli tecnici in gomma a basso impatto ambientale.
I dati raccolti evidenziano i traguardi ottenuti da Oldrati Group nel rispetto delle normative ambientali, dimostrando il successo degli obiettivi di sostenibilità e riduzione delle emissioni di CO2 imposti nei settori industriali.
“È fonte di orgoglio poter condividere tutte le attività che il Gruppo Oldrati sta attuando e far emergere tutto quello che viene fatto a livello non solo finanziario ma anche etico, valore intangibile enorme per Oldrati. Celebrando i 60 anni della nostra azienda, guardiamo con soddisfazione ai traguardi raggiunti e con determinazione alle sfide future. Nel futuro desideriamo migliorare le nostre competenze, la nostra organizzazione e il nostro posizionamento sul mercato. Siamo particolarmente entusiasti delle nostre pratiche sostenibili e delle innovazioni come Ogreen, che riflettono il nostro impegno per un futuro più verde. Queste iniziative rappresentano un significativo passo in avanti verso un futuro sempre più sostenibile” - ha dichiarato Manuel Oldrati, CEO del Gruppo Oldrati.
Oldrati è un Gruppo internazionale tra i più importanti nella produzione di manufatti in gomma, plastica e silicone. Fondato a Villongo (Bergamo) nel 1964, è presente in Italia e a livello internazionale con 14 siti produttivi, circa 1750 dipendenti e 180 milioni di euro di fatturato. La continua espansione del Gruppo si realizza con la progressiva integrazione di aziende ad elevato contenuto tecnologico e con la crescente internazionalizzazione.
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Audi A3
DI PRESENTAZIONE DI SAOTTINI
Nuova
L’EVENTO
AUTO
MERCOLEDÌ 22 MAGGIO, NELLA SUGGESTIVA LOCATION DI ATENA MULTI FORME, SI È TENUTO L’EVENTO DI LANCIO DI SAOTTINI AUTO DEDICATO ALLA NUOVA AUDI A3 ALLSTREET E ALLE RINNOVATE VERSIONI SPORTBACK E SEDAN: UNA SERATA DAL SAPORE ELEGANTE, MA CON UN’ATMOSFERA AL CONTEMPO CONVIVIALE, IN CUI LA GAMMA A3 È STATA LA PROTAGONISTA INDISCUSSA.
“Audi rappresenta un marchio a cui sono molto legato, che mi ha accompagnato per diversi anni della mia carriera. La nuova A3 rappresenta l'ultima evoluzione della nostra dedizione alla qualità, al design e all'innovazione tecnologica”, così Denis Terlicher, Direttore Generale di Saottini Auto, ha dato il benvenuto agli ospiti, affiancato dal Brand Manager Audi Giorgio Colosio.
L’evento dedicato a nuova Audi A3 ha attirato l’interesse di numerose persone fra clienti e appassionati del marchio, desiderosi di scoprire i dettagli del restyling di un modello che, nel 1996, ha segnato la nascita della categoria delle compatte medie premium, diventando una delle vetture di punta dei quattro anelli. A soddisfare la curiosità dei presenti i consulenti alle vendite Paolo Farina e Luca Apostoli, che hanno illustrato tutte le caratteristiche e le novità di prodotto delle versioni di Audi A3 Sportback, Sedan e della nuova allstreet. Il servizio di Test Drive organizzato per la serata ha poi permesso ai partecipanti di toccare con mano e vivere su strada tutti i dettagli e le prestazioni di Nuova Audi A3.
Nuova Audi A3
Nuova Audi A3
Più dinamico, più progressista, più emozionante: questo è il carattere dei modelli A3 Sportback e Sedan dopo l'aggiornamento del modello. Il Singleframe esagonale e senza cornice presenta una nuova struttura ed è notevolmente più piatto e più largo. Domina la parte anteriore e, oltre alle grandi prese d'aria laterali angolari, simboleggia chiaramente il carattere sportivo dei modelli compatti. Il sorprendente spoiler anteriore collega le due prese d'aria e fa sembrare l'Audi A3 più bassa.
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Lo stesso vale per la parte posteriore, particolarmente sportiva con il nuovo paraurti e il caratteristico diffusore. In parte ispirati ai modelli RS, gli elementi di design progressivi sono particolarmente efficaci se combinati con gli esterni S line. Le nuove ed espressive finiture metalliche District Green, Ascari Blue e Progressive Red sottolineano il look dinamico. Se nelle versioni Sportback e Sedan, Audi ha deciso di rimanere fedele ai capisaldi di linee, stile, proporzioni e motorizzazioni, la vera novità si trova nell’inedita versione allstreet. Un modello nato con l’obiettivo di enfatizzare la maggiore altezza da terra con specifici elementi di design. L’effetto è stato ottenuto, fra le altre misure, ampliando verticalmente il Singleframe, avvicinando così la vettura alla gamma Q di Audi. Esclusive per la allstreet, le tre scalanature nella parte anteriore e posteriore ne esaltano il carattere da fuoristrada. La specifica messa a punto di molle e ammortizzatori, inoltre, offre un eccellente equilibrio fra elevato comfort di marcia e un’esperienza di guida sportiva e precisa. Insieme al diametro della ruota aumentato di un pollice, ciò si traduce in 3 cm in più di altezza da terra.
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DONARE RENDE FELICI
di Chiara Moretti
RAFFAELLA FRANZONI
DAL 2021, A BRESCIA, È ATTIVA UNA DELEGAZIONE DELLA FONDAZIONE UMBERTO VERONESI
ETS, NATA NEL 2003 SU INIZIATIVA DELL’OMONIMO PROFESSORE E DI MOLTI ALTRI INTELLETTUA-
LI DI FAMA INTERNAZIONALE, PER PROMUOVERE
LA RICERCA E LA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA, MA ANCHE L’EDUCAZIONE ALLA SALUTE E ALLA PREVENZIONE. ABBIAMO INCONTRATO LA RESPONSABILE DELLA DELEGAZIONE, RAFFAELLA FRANZONI
Raffaella, ho visto che ha una laurea in Lingue: ci racconti un po’ il suo percorso…
“Ho scelto una laurea in Lingue perché ho una naturale predisposizione alle relazioni, mi interfaccio con l’altro in maniera abbastanza semplice e spontanea. Ho pensato di valorizzare questa mia attitudine attraverso un lavoro che mi consentisse di stare a contatto con il pubblico e quindi ho iniziato il mio percorso professionale in banca. Negli anni, ho rivestito diversi ruoli di responsabilità ed oggi mi occupo del mondo istituzionale, un segmento particolare per le banche perché include il mondo del terzo settore, gli enti in generale e anche il mondo religioso. Il primo contatto con Fondazione Veronesi è avvenuto proprio attraverso la segnalazione di un mio cliente che ha visto in me una persona che potenzialmente poteva aderire ai valori della Fondazione”.
Sognava di fare questo da bambina?
“Da piccola il mio sogno era quello di aprire un'agenzia viaggi e viaggiare e, in un certo senso, il mio attuale lavoro mi consente di farlo, non solo perché opero su diversi territori, seguendo Brescia, Bergamo, Como e Lecco, ma anche perché ho la possibilità di spostarmi a livello nazionale ed entrare così in contatto con il maggior numero di persone possibili. Sono figlia di un medico, quindi credo di avere anche una connaturata predisposizione alla salute e alle corrette abitudini alimentari… nonostante ciò, all'età di 30 anni, durante un check-up mi è stato diagnosticato un tumore al rene: ora ne ho solo uno, ma fortunatamente l’intervento non ha ridimensionato la mia vita in nessun modo. Quando è arrivata la chiamata da parte della Fondazione Veronesi, inizialmente ho disdegnato la proposta, perché sono una persona davvero molto impegnata, che passa in media tre ore della propria giornata in auto. Riflettendo sulla proposta, però, mi sono detta che qualcosa nella vita bisogna restituire e che ognuno di noi deve fare la sua piccola parte: così, ho deciso di provare a organizzare quella che oggi è la delegazione bresciana della Fondazione. Posso contare su un gruppo di amici: siamo tutti professionisti con ruoli diversi nel mondo degli sviluppi, dell’industria e della finanza. Ho trovato un gruppo immediatamente disponibile a condividere l'impegno nella sensibilizzazione dei bresciani sui percorsi di salute e sulla ricerca scientifica”.
L’attività nella Fondazione è un’attività di volontariato?
“Esatto, non è previsto nessun tipo di ritorno economico, nemmeno in termini di rimborso delle spese eventualmente sostenute. I volontari della Fondazione, ad esempio, durante le charity dinner o eventi simili pagano personalmente la propria quota di adesione. È un impegno assolutamente serio, dove la ricompensa sta nel sapere di fare qualcosa che ci auguriamo possa essere strategico per il futuro dell'umanità”.
La delegazione di Brescia è nata nel 2021: sulla sua creazione ha influito il fatto che il territorio bresciano sia stato duramente colpito dal Covid-19?
“In realtà no: la pandemia, se vogliamo, è stata qualcosa che ci aiuta a certificare alle persone quanto sia effettivamente importante garantire la salute pubblica.
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L’idea della delegazione di Brescia è antecedente al periodo Covid, a causa del quale, chiaramente, abbiamo però dovuto rimandare l’inaugurazione. Le nostre attività sono relativamente recenti, anche se già portano dei risultati di primaria importanza all'interno della Fondazione”.
Il ruolo di responsabile della delegazione cosa comporta?
“Le delegazioni, a livello nazionale, sono più di trentatré e le loro attività ruotano attorno a due punti: il primo prevede l’ideazione sul territorio di momenti di divulgazione scientifica aperti alla cittadinanza, completamente gratuiti. Le tematiche affrontate sono varie: uno degli ultimi incontri che abbiamo organizzato era incentrato sulla felicità, discussa da un punto di vista scientifico. Si è parlato di come il dono in favore degli altri, che non per forza deve essere un dono in denaro, garantisca una quota di serotonina decisamente maggiore rispetto all'acquisto di un bene materiale: la felicità è molto più semplice da raggiungere di quanto si immagini. La seconda parte del mio lavoro, invece, consiste nell’organizzazione delle cene di raccolta fondi, cuore dell'attività di un po’ tutte le delegazioni: senza fondi la ricerca non prosegue e queste cene sono quindi il momento nel quale facciamo appello a tutti i nostri sostenitori per far sì che si possa raggiungere il contributo necessario al finanziamento di due o tre borse di studio per ricercatori. Le borse di studio hanno generalmente un costo di circa di 34 mila euro: lo stipendio del ricercatore, al netto delle tasse ovviamente, è abbastanza modesto, ma fortunatamente queste persone amano il proprio lavoro e si spendono tanto anche per passione”.
Ci sono stati momenti di difficoltà in questi anni di attività nella delegazione? “Non ne ricordo: fortunatamente, nella maggior parte dei casi, nel momento in cui si propone un sostegno in favore di un nome come quello di Umberto Veronesi, oncologo di fama mondiale, troviamo sempre tanta voglia di aderire al progetto. Saltuariamente ci si imbatte in qualcuno che è meno disponibile e che ci crede meno, ma non bisogna mai farsi demotivare da questi sporadici episodi: il risultato è talmente importante che non possiamo farci dissuadere dai tentennamenti di pochi. Brescia, inoltre, ci ha decisamente accolto a braccia aperte, non solo a livello istituzionale, ma anche di cittadinanza: l’incoraggiamento si percepisce sempre”.
E il ricordo migliore legato a questo percorso?
“Il ricordo migliore è la gioia, seguito dall’aver avuto la possibilità di valorizzare ulteriormente i rapporti di amicizia sia all'interno della delegazione, ma anche al di fuori. Questo impegno mi ha consentito di instaurare un numero infinito di relazioni, a livello lavorativo, ma anche personale, relazioni che oggi ritengo essere il dono più importante, oltre alla certezza di aver fatto la mia parte nel mondo scientifico. La soddisfazione più grande, quindi, sta proprio nell’essermi arricchita di rapporti validi con persone che condividono i miei ideali e quelli della Fondazione”.
Vista anche la sua esperienza personale, nell’ambito della ricerca e della prevenzione ci sono delle cause che sente più vicine di altre? “Non direi: sento la ricerca come qualcosa di strategico per l'umanità tutta. Certo, ogni qualvolta si organizza una charity, si identifica un indirizzo specifico: negli ultimi due eventi abbiamo sostenuto la piattaforma PALM (Pediatric Acute Leukemia of Myeloid origin) dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che studia le leucemie infantili. La ricerca però è tutta valida e deve essere sostenuta a tutto tondo perché è la vita delle persone che conta e non ci possono essere malattia di serie A e di serie B. Anche le patologie più rare necessitano di essere indagate per salvare chi oggi non ha una cura a disposizione nelle corsie degli ospedali. Un tema ancora non sufficientemente valorizzato e su cui abbiamo acceso i riflettori, ad esempio, è la prevenzione maschile”.
I media fanno abbastanza per dare risalto alle attività della Fondazione?
“Noi siamo una delegazione fortunata perché sia TeleLombardia, che Radio Number One ci accompagnano da sempre. Naturalmente, poter valorizzare ulteriormente gli eventi di divulgazione scientifica sarebbe importante per la cittadinanza tutta, perché è chiaro che un contatto one-to-one con gli amici non è dirompente quanto un messaggio trasmesso attraverso i media. Se ci fosse maggior apertura alle nostre attività da parte delle testate giornalistiche e delle tv locali sarebbe sicuramente un valore aggiunto, non tanto ai fini della raccolta fondi, quanto per la divulgazione scientifica che il Professor Veronesi desiderava arrivasse al maggior numero di persone possibile. Le persone si possono salvare tramite le proprie abitudini quotidiane, ma su queste abitudini devono essere istruite”.
Giovani, prevenzione e solidarietà: un parere? “È difficile fare una fotografia che identifichi un’intera generazione. All'interno della nostra delegazione ci sono tre giovani che hanno poco più di 30 anni e che si sono dimostrati entusiasti nel diffondere anche tra i loro amici i nostri messaggi. Certo, non vale per tutti: sono stata anche io una ragazza e capisco che nel ricevere l’invito ad una charity dinner ci si possa emozionare più per il ristorante prestigioso, che non per il tema della serata in sé. La spensieratezza della giovane età rende difficile preoccuparsi di ciò che potrebbe capitare in futuro, quindi è comprensibile che, accanto a ragazzi disponibili ed impegnati, ce ne siano altri meno interessati”.
Per concludere: quali sono i prossimi impegni della delegazione? Nel mese di settembre organizzeremo nel bresciano un altro incontro di divulgazione scientifica: stiamo definendo in questi giorni il tema, quindi al momento non posso dire di più. Ovviamente, per la seconda settimana di maggio del 2025, rinnovo l'invito annuale al nostro evento di raccolta fondi, di solito sold out già nelle settimane precedenti. Per concludere ci tengo a spendere un’ultima parola sulla serietà e l’etica della Fondazione Umberto Veronesi: si può fare volontariato in tanti modi, ma la Fondazione ha un primato assoluto in termini di fondi destinati alla ricerca scientifica. Se si dona un euro alla Fondazione, ottanta centesimi arrivano realmente alla ricerca, cosa che in altri ambienti non sempre accade: io ho scelto questa realtà rispetto ad altre proprio perché, conti alla mano, il risultato del lavoro è davvero significativo”.
www.fondazioneveronesi.it/la-fondazione/le-delegazioni/brescia
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come sarà quest’anno.
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L’estate 2023
Non aspettare di scoprire
Giuseppe Remuzzi
Anna Donatini
Dal 2018 Direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, il professore Giuseppe Remuzzi è Laureato in Medicina e specializzato in Ematologia e Nefrologia, diventando primario nel 1999. È professore Ordinario «per chiara fama» dell’Università Statale di Milano, collabora come docente di Nefrologia con diverse università italiane e scrive per il Corriere della Sera. Ci ha raccontato del suo ultimo libro, Le sanguisughe di Giulietta e altre storie sul progresso (e le contraddizioni) della medicina, in occasione della presentazione che si è svolta lo scorso 3 giugno presso la sede della Fondazione A.R.M.R. di Bergamo. Edito a fine aprile da Solferino, il saggio narra vicende ordinarie e straordinarie per spiegare la complessità del progresso in medicina, i giganteschi passi avanti nella scienza ma anche i drammatici passi indietro nella vita reale di medici, infermieri, esami e farmaci.
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LE SANGUISUGHE DI GIULIETTA
Da dove è nata l’ispirazione per scrivere Le sanguisughe di Giulietta?
“Il libro riunisce diverse vicende riguardanti la medicina che ho raccolto nel corso del tempo. Si parla di scienza, di medici, di imprese straordinarie, di infermieri, di vicende che si tingono di giallo come la storia delle prime trasfusioni, del Sistema Sanitario Nazionale, di trapianti, di etica della medicina e altro ancora. A me piace moltissimo scrivere, è una grande passione. Cerco sempre di esprimermi in modo che possa leggere non solo chi ha una cultura scientifica e tengo a raccontare la medicina come se fosse una storia, per avvicinare il lettore all’argomento”.
Lei racconta in questo libro storie sul progresso e le contraddizioni della medicina. Come immagina l'evoluzione della medicina nei prossimi dieci anni e quali sfide ritiene saranno più urgenti da affrontare?
“Stiamo vivendo un momento magico della storia della medicina e nei prossimi anni diverrà ancora più straordinario: già ora osserviamo progressi impensabili come malattie metastatiche che guariscono. Oggi, per esempio, un collega del Consiglio Superiore di Sanità, il prof. Curigliano, ha pubblicato i risultati di uno studio sul tumore della mammella metastatico dove una combinazione di anticorpi monoclonali è in grado di dare una risposta nel 66% dei casi: una notizia straordinaria! Dall’altra parte, abbiamo costi impressionanti da sostenere, come nel caso delle malattie rare; tra le varie, noi ne curiamo una dove prima i bambini morivano nell’arco di sei anni dalla diagnosi o entravano in dialisi: oggi esiste una terapia, ma costa 460.000 euro l’anno! Una cifra altissima, che può sostenere solo il nostro Servizio Sanitario nazionale, almeno finché esisterà. Temo che in futuro avremo sempre più possibilità di terapie, ma riservate per le persone che potranno permettersi questi costi, aumentando il divario tra chi può e non può curarsi. Un altro punto da sottoporre alla nostra attenzione non è quanto riusciremo a far vivere le persone, ma quando fermare le cure. Nel mio libro La scelta parlo proprio di questo tema; noi medici abbiamo bisogno di consentire alla gente di morire bene, aiutarli a non soffrire. Credo che sia fondamentale, un nostro imperativo morale”.
“Saranno i robot a diagnosticare le malattie e perfino a curarci?”: in questo capitolo del suo libro si tocca il tema dell’impatto che avranno le nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale, sulla medicina moderna. Ci sono innovazioni che considera particolarmente promettenti o al contrario preoccupanti?
“La robotica ci assiste già, basti pensare ai sensori nel telefonino e nei vari orologi che dicono come stiamo. In futuro ci sarà sempre meno bisogno di recarsi in ambulatorio perché potremo agire molto in autonomia. Sicuramente la robotica e l’intelligenza artificiale avranno un impatto enorme sulla medicina, ci aiuteranno a curarci da soli, la nostra capacità diagnostica inevitabilmente migliorerà; saranno necessari meno medici, ma ne serviranno soprattutto per le questioni più sofisticate. Consideriamo l’esempio del pilota automatico sugli aerei: a cosa serve il pilota? Eppure, il decollo e l’atterraggio viene ancora eseguito dall’uomo, perché se dovesse verificarsi un guasto o un imprevisto deve esserci qualcuno in grado di risolvere il problema. Questo per dire che avremo sempre bisogno dei medici e il malato avrà sempre la necessità di rapportarsi con il dottore; i dottori, inoltre, dovranno essere ancora più bravi e preparati, per essere all’altezza della robotica”.
Lei racconta nel capitolo conclusivo l’emozione provata quando, a 26 anni, venne a sapere che una sua lettera sarebbe stata pubblicata sul Lancet. Quali sono stati altri momenti così gratificanti della sua carriera? C’è un aneddoto o un'esperienza che ricorda con particolare affetto?
“Non riuscirò mai a dimenticarmi quando, durante un’ordinaria giornata di lavoro in ospedale, ero nell’ufficio di un collega per rubare un breve momento di tranquillità dal trambusto delle numerose chiamate e ricevetti una telefonata da Jerry Kassirer, che mi chiese se volessi far parte del Comitato editoriale del New England Journal of Medicine, il giornale di medicina clinica più importante del mondo. Quasi svenni per l’emozione! Sono stato il primo nefrologo del mondo a fare parte del Comitato e il secondo italiano dopo Attilio Maseri, un cardiologo che svolse tutta la sua carriera a Londra ed era al servizio della regina. Rimasi al Journal dal 1998 al 2013. È stata un’esperienza incredibile per me.
Si fissavano due riunioni all’anno, una a Boston durante l’inverno e una in Europa d’estate: si trattava di tre giorni durante i quali cercavamo di porre domande intelligenti ai medici più brillanti del mondo… Era un compito molto arduo!”,
C’è stato invece un momento particolarmente impegnativo che ha dovuto affrontare?
“Un momento difficile della mia vita di dottore cominciò una sera, quando arrivò una ragazzina che soffriva di un problema che non si riusciva a diagnosticare. La stavamo curando in base ai risultati ottenuti dopo una prima biopsia renale, ma continuava a peggiorare, stava male, non si capiva, fu anche operata; per fortuna c’era il dr. Locatelli. La malattia non andava come ci aspettavamo, così eseguimmo un’altra biopsia, dalla quale uscì un quadro completamente diverso, eravamo spiazzati. Una sera, con grande tristezza, annunciai al padre che non sapevo se si sarebbe risvegliata il mattino dopo. Invece la giovane resistette e piano piano migliorò, entrò in dialisi, poi fece il trapianto e ora sta bene. Ricordo che non volevo le si rovinassero le braccia e chiesi espressamente di non farle la fistola artero-venosa.
È stato un momento particolarmente duro, come ce ne furono altri. D’altra parte, ho ricevuto anche tante soddisfazioni. Credo che questo sia il mestiere più bello del mondo e non avrei saputo fare altro, tranne scrivere”.
Infatti, ha scritto 16 libri ed è anche editorialista del Corriere…
“Scrivo sul Corriere dal 2001, grazie ad Adriano Celentano! Nel corso di una trasmissione, infatti, affermò che aveva paura di essere in coma; in risposta io scrissi una lettera aperta spiegando, con un certo garbo, che gli organi vengono presi ai defunti, non alle persone in coma. Avrei voluto che uscisse su diversi giornali, ma il direttore del Corriere (allora De Bortoli) la volle pubblicare, ma in esclusiva. Così iniziai la mia collaborazione con il quotidiano di via Solferino”.
Giuseppe Remuzzi
Un progetto di ricerca che l'Istituto Mario Negri sta portando avanti a cui Lei tiene in modo particolare?
“Abbiamo sempre lavorato per indurre tolleranza al trapianto, ovvero per fare in modo che il nuovo organo venga accettato dal ricevente, dal momento che uno dei limiti del trapianto è proprio il rigetto, ossia il rifiuto dell’organo ricevuto. Nel capitolo “Morirò presto insieme al mio cuore nuovo” racconto la vicenda di una ragazza di trent’anni morta in seguito agli effetti negativi della terapia immunosoppressiva legata al trapianto. Oggi siamo vicini a una possibile soluzione di queste problematiche, grazie a un progetto finanziato dall’Unione Europea e svolto insieme a un gruppo di studio in Canada e a Barcellona. In questa ricerca proviamo a far sì che certe proteine, liberate durante un’infiammazione o un rigetto, vengano riutilizzate per essere processate dalle cellule del sangue in modo tale che, invece di formarsi cellule che rigettano l’organo, si generino cellule regolatorie, con una funzione di modulare il sistema immunitario, in modo da accettare l’organo trapiantato. Se questa ricerca dovesse andare a buon fine sarebbe un risultato eccezionale”.
Che consiglio darebbe ai giovani medici e ricercatori che si affacciano ora al mondo della medicina?
“Come dicevo, credo che fare il medico e curare i malati sia il mestiere più bello del mondo.
Ai giovani che vogliono intraprendere questa strada dico che bisogna farlo per i pazienti, non per altri fini.
Fondamentale è unire l’osservazione clinica con la ricerca: ogni malato deve diventare un progetto di studio e in questo modo il lavoro è sempre stimolante. La ricerca scientifica significa scoprire cose nuove ed è molto entusiasmante, di conseguenza è importante combinare entrambe le cose. Infine, è molto importante far capire al paziente che la sua salute è la nostra unica preoccupazione; anche se il tempo della visita dura poco, il malato deve percepire che tutta la nostra attenzione è rivolta a lui. Non è una questione di quantità, ma di qualità del tempo dedicato”.
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L’EUROPA CHE NON C’È 2
In Italia l’8 e il 9 giugno si è votato per le elezioni europee. Questo editoriale è però stato scritto qualche giorno prima di tale data e quindi potrete leggere qui di seguito un commento antecedente e non mirato ai risultati delle urne. Vediamo un po’ di dati. Il parlamento europeo è composto da 705 deputati dei 27 Stati membri, di cui gli italiani sono circa una settantina, che restano in carica per 5 anni. Si parlano 24 lingue ufficiali. Poi vi sono 20 commissioni permanenti specializzate in vari settori. Il parlamento europeo occupa circa 8.000 dipendenti e la sua struttura amministrativa costa circa 11 miliardi di euro all’anno.
Invece la spesa dell’Unione Europea per il periodo 20212027 è stimata in circa 825 miliardi di euro. La sua istituzione più importante è la Banca Centrale Europea (BCE) che conta oltre 5.000 dipendenti e che ha un capitale di 10.825 miliardi di euro, sottoscritto dalle banche centrali di tutti gli Stati UE. Insomma un carrozzone mastodontico. A parte la moneta unica, che comunque non è in vigore in tutta la UE (6 nazioni non sono nell’area euro), il senso di comunanza della Comunità negli ultimi anni si è fortemente affievolito. Sono troppi nel tempo gli interventi a capocchia che la UE ha imposto ai vari membri e tra quelli recenti ricordiamo la data del 2035, in cui si potranno vendere solo auto elettriche e la direttiva “case green” che prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero entro il 2028, mentre tutti quelli esistenti dovranno raggiungere la classe E entro il 1 gennaio 2030 e la classe D entro il 2033. Anche per il riscaldamento domestico dal 2035 sarà vietato l’utilizzo di combustibili fossili (metano incluso). Per gli italiani quest’ultimo giochetto può costare oltre 1.000 miliardi di €. La domanda nasce spontanea: chi pagherà? Il problema è che quando qualcuno vive in palazzi dorati con stipendi base di 10mila euro al mese, esclusi rimborsi e indennità, oltre a circa 10mila euro al mese per un contributo alle spese generali e ai costi di vitto e alloggio, perde il contatto con la realtà quotidiana. Dimenticavo, un europarlamentare, anche con un solo mandato, ottiene a 63 anni una pensione di 1.750 euro lordi al mese, alla faccia di chi a 70 anni in Italia deve ancora lavorare per raggiungere la piena pensione. Poi ci si lamenta
FUOCHI DI PAGLIA
di Giorgio Paglia
se la gente non va più a votare! Non è una questione di disillusione, ma di disgusto per una presa in giro politica che è diventata epocale. È partita all’inizio degli anni 2000 con l’introduzione dell’euro, dove un marco (che valeva 900 lire) è stato cambiato ad un euro, mentre gli italiani hanno dovuto sborsare quasi 2.000 lire per acquistare lo stesso euro. È continuata con leggi assurde e balzelli ridicoli che non tenevano conto di una logica quotidiana, progettuale e sostenibile. Basti pensare che con l’abolizione del motore endotermico a favore dell’elettrico (un flop commerciale e un errore clamoroso che ci lega mani e piedi alla Cina), si agevolano le imprese asiatiche e si affossano le fabbriche automobilistiche europee. Senza contare che non si è ancora capito chi produrrà lo sproposito di energia elettrica che serve per continuare a ricaricare i circa 300 milioni di auto che circolano in Europa. E come è stata affrontata la guerra tra Russia e Ucraina, che dura da oltre due anni? Una politica UE arrogante e terribilmente costosa (a marzo di quest’anno si stimano in oltre 1,3 miliardi di € le sole sovvenzioni italiane all’Ucraina) ha pienamente dimostrato la miopia delle scelte europee e i gravissimi danni economici che le sanzioni hanno causato a noi occidentali, piuttosto che ai russi. Per non parlare dell’inflazione e dei tassi d’interesse che la BCE mantiene ancora alti per un dictat tedesco e che sta arricchendo all’inverosimile solo le banche. Il vero problema è che il popolo europeo è stanco di questi continui giochetti di potere condotti da dilettanti allo sbaraglio ed esternati come svolte storiche, che non portano risultati, aumentano le spese e stanno oltremodo impoverendo la gente. Avete notato che i politici ormai parlano con un linguaggio fantasioso di argomenti che non solo non interessano più, ma che non vengono nemmeno compresi? Detto questo, auguri alla vecchia Unione Europea, che non vive di sicuro nello spirito dei suoi popoli, ma che alberga solo nei palazzi dorati di Bruxelles.
Alla prossima e in alto i cuori leggeri.
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il Veronelli
LUIGI VERONELLI
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A 20 ANNI DALLA SCOMPARSA, APRE, ALL’EX CONVENTO DEI NEVERI A BARIANO (BG), IL LUOGO FISICO E SIMBOLICO CHE ACCOGLIE E RACCOGLIE IL CUORE DEL PATRIMONIO CULTURALE DI LUIGI VERONELLI, CELEBRE GIORNALISTA-SCRITTORE E VIVACE PROTAGONISTA DELLA CULTURA MATERIALE DELLA SECONDA METÀ DEL ‘900. IN UN FASCINOSO CONTESTO ARCHEOLOGICO E ARTISTICO, 6 GLI AMBIENTI: L’ARCHIVIO DOCUMENTALE, LA BIBLIOTECA CON OLTRE 6.500 VOLUMI, LA CANTINA CON CIRCA 12 MILA BOTTIGLIE, LO STUDIO (LA SUA “FUCINA”), LA SALA ASSAGGI E UNA CAFFETTERIA. PROPOSITO: FAR VIVERE LA MEMORIA E FAR CONOSCERE IL PENSIERO DI UNA DELLE FIGURE PIÙ AUTOREVOLI PER LA CRESCITA DELLA CULTURA MATERIALE NEL NOSTRO PAESE.
Nasce all’ex Convento dei Neveri a Bariano (BG) “Il Veronelli”, il luogo, fisico e simbolico, che accoglie e raccoglie il cuore del patrimonio culturale di Luigi Veronelli, padre indiscusso della critica enologica e gastronomica italiana. “Il Veronelli” è un nuovo spazio permanente, ma, soprattutto un’esperienza conoscitiva, evocativa e sensoriale che, attraverso libri, oggetti, bottiglie, immagini, e grazie anche all’ausilio di materiali della fortunata mostra “Camminare la terra”, narra l’esaltante vicenda umana, professionale e intellettuale del celebre giornalista-scrittore. Scomparso 20 anni fa, ha lasciato un'eredità immensa.
LUIGI VERONELLI. Nato a Milano nel 1926, cresciuto in famiglia benestante con il culto della buona tavola, e “anarchico dal 1946”, Luigi Veronelli fa della scrittura il fulcro della sua attività: editore (dal 1956 al 1962 e, di nuovo, dal 1989 al 2004), giornalista, scrittore, in circa cinquant’anni di attività conta 6 testate di sua fondazione e/o direzione, collaborazioni continuative con 4 quotidiani – a partire da Il Giorno, per cui scrisse, in particolare, le celebri cronache per il Giro d’Italia a tema gastronomico ed enoico – e con 12 periodici nazionali, e circa 70 libri scritti con diverse case editrici, vantando traduzioni in Francia, Germania, Spagna, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone.
il Veronelli
La prima pubblicazione, nel 1961, è I vini d’Italia, la prima opera, dopo oltre quattro secoli, che tenti un inventario del patrimonio vinicolo italiano. È anche autore di due enciclopedie e di varie edizioni di cataloghi e guide, tra cui la Guida Oro I Vini di Veronelli pubblicata ancora oggi dal Seminario Permanente Luigi Veronelli, da lui fondato per promuovere cibo e vino come fatti di cultura. Ma non solo scrittura: nel 1960 esordisce in televisione nel rotocalco Personalità. Segue, dal 1971, la co-conduzione di Colazione allo studio 7 e di A tavola alle 7 con Ave Ninchi, con cui introduce la prima sfida cucinaria in televisione tra cuochi amatoriali. Nel 1979 realizza, con Nichi Stefi, il Viaggio sentimentale nell’Italia dei vini, un antesignano docufilm di denuncia sullo stato della viticoltura e, in generale, dell’Italia agricola. IL DIRE
E IL FARE VERONELLIANO
Luigi Veronelli è stato il primo a scrivere di vino e di cibo “per lavoro”, inventando un nuovo tipo di giornalismo: scrive per diretta esperienza a contatto con produttori, ristoratori, artigiani, da cui era fortemente stimato, coniando e utilizzando un linguaggio del tutto nuovo, colto, ricercato e raffinato. Riporta alla luce il termine vignaiolo, le sue descrizioni sensoriali costituiscono un patrimonio semantico unico, e inventa, tra le altre, la celebre espressione Vino da meditazione, per indicare quei vini da gustare per sé soli. Non si rivolge mai a un pubblico indefinito, ma sempre al singolo individuo, con il pronome “tu”.
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Cerca il dialogo con il lettore, lo coinvolge, lo interroga. Costruisce e offre una seria e documentata informazione a lettori e telespettatori che si sono avvicinati a quella che lui stesso definiva “la cultura della terra e della tavola”, non limitandosi a informare, ma spendendosi per sensibilizzare, per un’agricoltura di qualità e responsabile, e per un consumo critico (individuale) e salubre. È sempre stato a fianco dei vignaioli e degli agricoltori, nelle rivendicazioni per il riconoscimento, anche sociale, del loro lavoro. Si batte per l’introduzione, in etichetta, del nome del vigneto; sdogana, non senza polemiche, l’ingresso di “vini cru” nei supermercati; ispira il Primo congresso mondiale degli scrittori del vino. Negli ultimi anni della sua vita si fa ancora più agguerrita la difesa delle produzioni alimentari di qualità: propone l’istituzione delle De.Co. (Denominazioni Comunali) e stende il lungimirante manifesto L’olio secondo Veronelli contro il monopolio delle multinazionali nel mercato dell’olio d’oliva. IL VERONELLI.
“Il Veronelli” propone un inedito racconto della figura di Luigi Veronelli, autore molto prolifico, sperimentatore di linguaggi, ideatore di format editoriali innovativi che hanno segnato la cultura materiale nel nostro paese, mobilitatore di coscienze. Una carriera di cinquant’anni, l’incessante lavoro e le acerrime battaglie a favore della qualità hanno determinato la rinascita del vino e delle produzioni agroalimentari italiane. Il percorso espositivo si compone dell’archivio, con una selezione ragionata di materiali, tra documentazione cartacea e mediatica, per conoscere l’approccio e il metodo di lavoro veronelliani; la biblioteca con circa 6.500 volumi a tema cucina, vino, distillati, civiltà contadina, impreziosita da una selezione di testi da bibliofilo; la riproduzione del suo studio; la cantina, ricostruita conforme all’originaria della sua casa in Bergamo alta, che accoglie circa 12.000 bottiglie; la sala assaggi, l’ambiente in cui “ascoltare i vini”, circondati dagli scritti veronelliani sulla degustazione e dal celebre scatto di Toni Thorimbert. A completare il percorso, una caffetteria con i disegni realizzati per Alessi, i pannelli con nomi e menu dei ristoranti che parteciparono al campionato gastronomico lombardo ideato con Gianni Brera negli anni 60, le ricette di alcuni suoi cocktail…
“Il Veronelli” occupa due piani, più il sottoterra, nell’ala ottocentesca direttamente collegata all’ex-Convento dei Neveri a Bariano (Bergamo), sito di sorprendente valore archeologico, storico e artistico (con testimonianze che datano dall’epoca romana in poi), ristrutturato e riadattato a struttura ricettiva.
Un contesto che incarna appieno la visione “sincretica” veronelliana della vita e dell’uomo, ovvero il fluire e l’intersecarsi continui di cultura, storia, arte, lettere, bellezza, tradizione, relazioni, cibo, vino…
il Veronelli
“Con Luigi Veronelli nasce la critica enogastronomica in Italia. Le sue intuizioni hanno marcato il miglior destino del comparto vitivinicolo italiano dal secondo Novecento in poi. “Il Veronelli” nasce per continuare la sistemazione organica dei suoi materiali (iniziata nel 2010), per far conoscere il suo pensiero, per mantenerne viva la memoria. Una memoria non, o non solo, celebrativa, ma trampolino per agire secondo due dei suoi must: “fare nuovo” e “festeggiare la vita”. Il Veronelli vuole infine offrire spunti di riflessione, avvicinare a una visione del mondo, mostrare che l’opera veronelliana è di forte attualità. Proprio per ciò, si propone d’essere sia un luogo dinamico, animato da eventi (propri e, per chi vuole, di soggetti terzi esterni) sia aperto alle persone (studenti, studiosi, operatori, appassionati) interessate ad approfondire la conoscenza del celebre giornalista-scrittore e, attraverso lui, della cultura enogastronomica e materiale italiana” ha spiegato Gian Arturo Rota, responsabile de Il Veronelli.
“Camminare la terra” per Luigi Veronelli significava mettere al centro il rapporto tra natura e cultura, perché da lì si sviluppano la conoscenza, l’arte, la scienza. Il vino e il cibo, per Gino, rappresentano le forme più altre del nostro “camminare la terra”, perché possiedono tutte quelle qualità per le quali ha senso parlare di “opera” della creatività e della progettualità umane. La persona al centro, anche con le sue imperfezioni, perché la ricerca della verità appartiene a un processo infinito di approssimazione, di cui noi siamo sempre i protagonisti: il vino migliore e autentico, come affermava Veronelli, è il risultato di questo processo che non avrà mai termine», commenta Aldo Colonetti, filosofo, storico e teorico dell'arte, del design e dell'architettura, tra i curatori, nel 2015, della grande mostra “Luigi Veronelli - Camminare la Terra”.
“Quello di Luigi Veronelli è un messaggio di estrema attualità ancora oggi: parlava di terra, sapere, competenze, collaborazione, educazione ad un consumo consapevole. Parlava di futuro. È stato, sopra ogni cosa, un innovatore e un precursore. Il suo enorme lavoro al fianco di produttori e ristoratori, e la sua opera di divulgazione e sensibilizzazione delle persone, hanno contribuito a far diventare il vino e, più in generale, le produzioni agroalimentari e la cucina italiana di qualità, apprezzate in tutto il mondo, come oggi le conosciamo. Per questo, ringraziamo i promotori del progetto Il Veronelli, che non mancheremo di sostenere perché con loro condividiamo orgogliosamente il compito di tenere vivi e di far conoscere anche alle nuove generazioni la memoria e il pensiero di Luigi Veronelli, che costituiscono innegabilmente parte integrante del patrimonio culturale del nostro Paese” ha raccontato Angela Maculan, Presidente del Seminario Permanente Luigi Veronelli.
“Il Veronelli” è visitabile su prenotazione, con visite guidate (a pagamento e modalità da definire).
Per informazioni: www.ilveronelli.it
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Nicolas Suardi, proprietario ex Convento dei Neveri, Angela Maculan, Presidente del Seminario Permanente Luigi Veronelli, Gian Arturo Rota, responsabile de Il Veronelli, Aldo Colonetti, filosofo storico e teorico
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CERESOLI UTENSILI: FIDUCIA NEL TEAM, SUCCESSO NEL FUTURO
Ttommaso Revera
PER CELEBRARE IL 60° DELL’AZIENDA DI COMUN NUOVO SPECIALIZZATA NELLA PROGETTAZIONE E COSTRUZIONE DI UTENSILI SPECIALI A DISEGNO È STATO SCELTO SAN SIRO, LA SCALA DEL CALCIO, PERCHÉ NEL LAVORO COSÌ COME NELLO SPORT È IL GIOCO DI SQUADRA CHE CONSENTE DI CONSEGUIRE GRANDI RISULTATI
Non è la prima volta che Corrado Ceresoli, Presidente della Ceresoli Utensili, e Monica Arioldi, Responsabile dell’area amministrativa ma con la passione per l’organizzazione degli eventi, ci stupiscono con effetti speciali organizzando iniziative di team building allo scopo di festeggiare una ricorrenza e consolidare i rapporti umani e professionali tra dipendenti, clienti e fornitori abituali attraverso un complesso di attività ludiche, formative ed esperienziali volte a favorire la comunicazione e l’affiatamento.
Dopo l’indimenticata giornata vissuta a Maranello il 10 maggio di cinque anni fa in occasione del 55° anniversario di questa affermata realtà industriale di Comun Nuovo, abbiamo avuto il privilegio di vivere in prima persona un altro grande evento studiato nei minimi dettagli. La location prescelta per brindare al 60° anniversario è stata niente meno che la scala del calcio, lo stadio Giuseppe Meazza, che il 21 maggio è stato vestito a festa con i colori dell’azienda orobica che ha visto il proprio logo proiettato su maxischermo, insegne e cartelloni pubblicitari posti a bordo campo.
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“60 anni di storia sono qui presenti con noi” ha commentato un emozionato Corrado Cresoli rivolgendosi alla numerosa platea radunata in Tribuna Autorità (primo anello rosso) per i saluti che hanno dato il via alla giornata. “Una storia iniziata grazie a mio padre, il Cav. Carlo Ceresoli presente all’evento, mia madre Angelina Locatelli e ai miei fratelli Diego e Omar, con cui ha preso le redini dell’azienda, e che è arrivata fino ai giorni nostri. Poter essere qui a celebrare un traguardo importante come quello dei 60 anni sul mercato con i nostri prodotti (utensili speciali per l’industria meccanica), i nostri servizi (riaffilatura e rivestimento) e soprattutto i nostri clienti (che quando li osservo vedo in primis degli amici) è un grande motivo d’orgoglio” ha concluso.
E, coerentemente alla location che ha fatto da sfondo a questo importante anniversario, il filmato aziendale celebrativo trasmesso sul maxischermo del Meazza non poteva che rimarcare la metafora dello sport applicata al mondo del lavoro: senza un affiatato gioco di squadra è impossibile conquistare simili traguardi. Passione, determinazione ed impegno sono doti imprescindibili, nello sport così come nel lavoro, anche per superare i fisiologici momenti di difficoltà. Valori incarnati appieno da un grandissimo ospite a sorpresa, Beppe Bergomi, campione del mondo nel 1982 e bandiera dell’Inter che ha incuriosito la platea con aneddoti e racconti tratti dalla sua esperienza calcistica ventennale.
CERESOLI UTENSILI:
NEL TEAM, SUCCESSO NEL FUTURO 30
FIDUCIA
“Nella vita - ha raccontato un acclamatissimo ‘Zio’ - nessuno ti regala niente: per ottenere qualcosa bisogna fare fatica. Attraverso le difficoltà, infatti, si cresce e quanto fatto dalla Ceresoli Utensili dimostra l’importanza della squadra”. Un team composto oggi da oltre 30 persone ognuna con competenze e professionalità specifiche.
Il ricco programma dell’evento non si è esaurito con l’esclusivo pranzo organizzato nella Sala Executive del Meazza con affaccio diretto sul campo - condito prima da un combattutissimo quiz con in palio maglie storiche dell’Inter autografate dallo Zio e poi da due divertentissime esibizioni di Alessandra Ierse nei panni de La Bruna (l’instancabile lavoratrice bergamasca) e Jolanda (l’ex prostituta un po’ svampita) - ma è proseguito con alcune chicche certamente non banali: la visita al San Siro Museum, equamente diviso tra i colori rossoneri e quelli nerazzurri, a cui ha fatto seguito il tour negli spogliatoi di Milan e Inter sino all’arrivo in campo: sensazioni uniche che per sportivi e non, hanno suscitato emozioni davvero molto intense.
CERESOLI UTENSILI Srl Via Marconi, 52 - Comun Nuovo (BG) Tel. 035 595064 info@ceresoli.it - www.ceresoli.it
Il Convivio CORNOLTI - DA VITTORIO
IL 20 MAGGIO, PRESSO LA CANTALUPA (DA VITTORIO), SI È TENUTA L’ANNUALE SERATA DI BENEFICIENZA DELLA BOUTIQUE ENOGASTRONOMICA CORNOLTI DI SORISOLE. LA RACCOLTA FONDI È STATA REALIZZATA IN FAVORE DELLA FONDAZIONE PER LA RICERCA SULLA FIBROSI CISTICA - ONLUS
Lo scorso 20 maggio, nella suggestiva location della Cantalupa di Brusaporto, la famiglia Cornolti insieme a diversi artigiani del Made in Italy tra cui il Prosciuttificio Sant’Ilario, uno dei migliori produttori di crudo di Parma, Dok dall’Ava, produttore del prosciutto Nebrodok, il prosciutto crudo dai suini neri dei monti Nebrodi, il Caseificio il Fiorino, produttore del Pecorino Riserva del Fondatore, il formaggio più premiato al mondo, Doa Gin, gin prodotto a Bracca che si è contraddistinto a livello internazionale diventando protagonista di diversi premi, Le Corne, vino del nostro territorio, precisamente di Grumello del Monte, Catellani & Smith, designer di lampade conosciute ed apprezzate in tutto il mondo, il Gelato Contadino, giovane artigiano del gelato di Bergamo, Icefactory, produttore di ghiaccio confezionato certificato, e Manzoni Auto hanno dato vita al Convivio 2024, un evento benefico per raccogliere fondi in favore della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica Onlus. All’evento, oltre all’aperitivo iniziale, sono stati presentati i mini casoncelli con ripieno ricotta e spinaci, pasta fresca della boutique Cornolti, accompagnati da una spuma di parmigiano reggiano ed un ristretto di sugo di arrosto. Grandi novità e sorprese ci aspettano per l’edizione 2025.
WINS AGAIN
A VENTICINQUE ANNI DI DISTANZA DALLA PRIMA ELEZIONE I CITTADINI DI PARATICO
LO SCELGONO ANCORA COME SINDACO
Non sono documentato per affermare che si tratti di un record in assoluto ma, la rielezione a sindaco di Paratico di Carlo Tengattini, è qualcosa da consegnare alla storia dello splendido paese affacciato sul Sebino. Breve riassunto. Il Tengattini si candida per la prima volta nell’ultimo anno del secolo scorso e centra la sua prima vittoria con soli 7 voti di vantaggio sulla cricca di avversari, da sempre alla guida del paese. Trascorsi cinque anni, nel 2004, dopo aver intrapreso una mole incredibile di lavori pubblici che cambiano, radicalmente in meglio, il volto del paese, viene riconfermato con una maggioranza schiacciante di voti. Nel 2009, non potendo essere eletto per la terza volta consecutiva, lascia il posto alla sua fedelissima vice, Giulia Venturi, mantenendo per sé la carica di vicesindaco. Nel 2014, si ricandida e viene nuovamente eletto per un altro quinquennio. Nel 2019, ritenendo di aver fatto tutto ciò che si era ripromesso, lascia l’amministrazione e fa confluire i voti su Giambattista Ministrini, suo braccio destro nell’ultimo mandato, il quale viene eletto con la solenne promessa di proseguire nella direzione tracciata negli ultimi vent’anni: cura del territorio, sicurezza e inclusione.
L’ormai ex sindaco si tiene da parte ma, sin dai primi mesi, il suo erede sembra prendere strade diverse da quanto concordato. Lui si concede molte vacanze e in giro per città e paesi a visitare musei e pinacoteche. Guarda, annota, sperimenta quanto di meglio facciano i sindaci di altri luoghi. Finalmente tanto riposo e un po’ di tempo per la moglie, di certo trascurata per i tanti anni da sindaco, h24, sette giorni su sette, capodanno compreso. Quando ritorna dai suoi viaggi, la sua presenza sembra quella di un fantasma: cammina per ore in lungo e in largo per ogni contrada. Si ferma a parlare con tutti e tutti lo riconoscono e gli confidano gioie e dolori. Dal lavoro del suo erede arrivano più dolori che gioie. Il paese, come tutti, ha attraversato il periodo della pandemia, il turismo si è fermato, le imprese edili messe in pausa… Decisamente un periodo difficile che, però, non doveva giustificare la scelta di non curare il verde, trascurare la pulizia delle strade e degli spazi pubblici o di chiudere i rubinetti ai servizi sociali utili alle persone più in difficoltà e che tanta attenzione avevano avuto da parte di Giulia Venturi ai tempi della sua presenza in Municipio. Inoltre, la vendita di alcuni terreni del Comune, assolutamente da evitare secondo Tengattini, realizzata per agevolare gli interessi di privati, ha portato il vecchio sindaco al limite della sopportazione. Vedersi rovinare il lavoro di vent’anni, per di più da uno messo lì da lui… non è sopportabile.
Prima tenta una ricomposizione con la “sua” vecchia compagine, in seguito, ricevuto un secco diniego per una pace concordata su un programma condiviso, dissotterra l’ascia di guerra per scendere di nuovo in campo e chiedere ancora una volta ai Paraticesi di fidarsi di lui.
Ha scritto una lettera a tutte le famiglie del paese nella quale si scusava (caso raro) di aver messo l’amministrazione nelle mani di una persona irresponsabile che rischia di farci scivolare su una brutta china.
La gente è incredula ma capisce al volo, del resto le cose che denuncia il “vecchio sindaco” come lui stesso si definisce nella lettera, sono sotto agli occhi di tutti. Il primo cittadino Giambattista Ministrini è decisamente assente, nessuno lo ha mai visto. Molti non sanno neppure chi sia. Era stato eletto sulla fiducia, chiesta per lui dal Tengattini agli elettori della sua parte.
CARLO TENGATTINI
Nessuno capirà mai perché Ministrini ha preferito cambiare rotta rispetto agli impegni presi, ma è stato evidente che, una volta insediato con la fascia tricolore, ha voltato le spalle al suo mentore, provocando anche le dimissioni di un assessore.
Dopo la lettera che preannunciava la ridiscesa in campo del Tengattini ha cercato di dare una ripulita alle piazze e una tagliata alle siepi. Nessuno gli ha creduto.
I vecchi compagni di viaggio di Carlo hanno preferito rimanere attaccati alla poltrona, sulla quale li aveva messi lui, fiduciosi che il passato non sarebbe tornato, che avrebbero vinto di nuovo. Invece i paraticesi non hanno dimenticato e soprattutto hanno visto con i loro occhi la deriva verso il basso che aveva preso l’Amministrazione comunale. E più di tutto hanno apprezzato la lettera di scuse per aver messo quella persona in un posto dove non avrebbe dovuto stare.
Il tracollo del Ministrini e della sua lista è stato totale, uno schiaffo davvero sonoro, anche perché è stato surclassato anche da una terza lista capeggiata da Clara Alberti. Una sconfitta che dovrebbe insegnare molto sull’arroganza di chi con una fascia tricolore sulla giacca si monta la testa.
(V.E.Filì)
STRANO CASO PARATICO/2
LO
CARLO TENGATTINI
EMOZIONE ITALIANA NEL MONDO
RENATO
ZAGHINI, PRESIDENTE CONSORZIO
Settant’anni e continuare a guardare al futuro. É la ricetta di vita del Consorzio Tutela Grana Padano, nato il 18 giugno 1954 con la stesura dello Statuto stipulato e depositato a Lodi, dove secondo testi storici si produceva il rinomato “grana lodesano”, prodotto con latte fresco decremato secondo la ricetta creata intorno al 1135 dai monaci benedettini di Chiaravalle. Infatti Federlatte - la Federazione Latterie Cooperative - ed Assolatte, l’Associazione delle Industrie Lattiero-Casearie, insieme crearono il Consorzio per la tutela del Formaggio Grana Padano, per riunire tutti i produttori, gli stagionatori e i commercianti del formaggio DOP che oggi è il più consumato nel mondo, con 5.456.500 forme prodotte lo scorso anno ed un export di 2.481.891 forme (+ 6,55% vs 2022), pari al 48,2% della produzione marchiata. A motivare quella scelta la passione per il territorio, il desiderio di salvaguardare l’esperienza e la competenza tramandate da generazioni e l’ambizione di valorizzare una filiera fondata sul sapere e sul saper-fare, unica e irripetibile. Nel 1996 il GRANA PADANO ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta da parte dell'Unione Europea e quindi sono mutati i compiti del Consorzio di Tutela. Dal 24 aprile 2002 con decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali svolge le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e di cura generale degli interessi relativi a Grana Padano nella sua natura di prodotto DOP, ovvero a Denominazione di Origine Protetta. Inoltre realizza contrassegni, marchi o brevetti, svolge attività promo-pubblicitaria e ricerche, tecniche e di mercato, per favorire il progresso dei metodi e dei mezzi di produzione e di commercializzazione del GRANA PADANO e anche in sede giudiziaria esercita azioni, a difesa della denominazione, dei segni distintivi e delle privative consortili in genere e per prevenire o reprimere inadempimenti e/o atti dei Consorziati e/o di terzi lesivi degli interessi del Consorzio e/o dei Consorziati.
GRANA PADANO: IL CONSORZIO FESTEGGIA I 70 ANNI GUARDANDO A NUOVI ORIZZONTI
IN TERMINI DI QUALITÀ E SOSTENIBILITÀ
GRANA PADANO
Del Consorzio fanno parte 127 aziende produttrici con 137 caseifici produttori e 148 stagionatori. Sono inoltre autorizzate a confezionare Grana Padano in porzioni e alla grattugiatura 200 aziende, mentre 19 sono quelle autorizzate ad usare la DOP in prodotti composti, elaborati e trasformati (CET). L’intera filiera produttiva del prodotto a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo coinvolge 50mila persone e nel 2023 ha lavorato circa 2.858.093,638 tonnellate di latte munto in 3.835 stalle. Nel periodo gennaio - maggio 2024 sono state già prodotte 2.659.774 forme, con + 3,11% rispetto allo stesso periodo del 2023. Il Consorzio ha sede a San Martino della Battaglia, località nel territorio di Desenzano del Garda, in provincia di Brescia; si trova quindi nel cuore della zona di produzione del Grana Padano, che si estende lungo tutta la pianura Padana e comprende 34 province dal Piemonte al Veneto, dalla provincia di Trento a quella di Piacenza; la produzione effettiva è oggi concentrata in 13 province.
“Il Consorzio è nato per conservare un patrimonio che è anche culturale – ha sottolineato il suo presidente Renato Zaghini. Oggi è anche un luogo di promozione della sostenibilità produttiva ed un presidio a tutela della qualità della vita, dell’ambiente, del diritto di tutti ad essere garantiti sempre più e sempre meglio sul cibo che scelgono. Quindi, il settantesimo compleanno è un passo in avanti e primo di molti altri, non solo quindi un traguardo”.
“Siamo l’emozione italiana nel mondo, come ci dicono i dati delle esportazioni, e vogliamo continuare ad esserlo per la responsabilità che i risultati raggiunti ci impongono – ha aggiunto il Direttore Generale, Stefano Berni. Siamo sponsor dei Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali MILANO CORTINA 2026, un onore che ci chiama ad accogliere gli atleti ed il pubblico, ma a raggiungerli già oggi con un messaggio di gioia, di lealtà e di orgoglio. Ad oggi il proseguimento delle attività e degli scopi del Consorzio sono sanciti, con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e della sovranità alimentare, fino al 31 dicembre 2054. Ma come il Grana Padano DOP viene da molto più lontano, dai monaci di Chiaravalle ai quali siamo molto legati, il suo Consorzio di Tutela saprà proseguire a lungo verso il futuro”.
L’ente di tutela fu fondato il 18 giugno del 1954 da Federlatte e Assolatte
STEFANO BERNI, DIRETTORE GENERALE CONSORZIO GRANA PADANO
Del Consorzio Tutela Grana Padano fanno parte 129 aziende di lavorazione, che gestiscono 137 caseifici produttivi, 149 stagionatori e 200 preconfezionatori. Nel 2023 sono state lavorate 5.456.500 forme con un aumento del 4,69% rispetto all’anno precedente, pari a 211.830,742 tonnellate (+4,84%), trasformando circa 2.858.093,638 tonnellate di latte munto in 3.835 stalle. L’intera filiera produttiva del prodotto a denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo conta così su 50mila persone coinvolte. Nel periodo gennaio - maggio 2024 sono state lavorate 2.659.774 forme, con + 3,11% rispetto allo stesso periodo del 2023. In crescita anche l’export. Nel 2023 sono state commercializzate all’estero 2.481.891 forme (+ 6,55% vs 2022), pari a 94.846,4362 tons e al 48,2% della produzione marchiata. Nel 2023 la produzione lorda vendibile di formaggio consumo è stata di 3.700.000.000 euro, ripartita tra Italia con 1.750.000.000 euro ed estero con 1.950.000.000. Queste performance confermano il Grana Padano il formaggio DOP più consumato nel mondo.
Dal 1954 il Consorzio Tutela Grana Padano garantisce il rispetto della ricetta tradizionale e la sua alta qualità riconoscibile e ritrovabile in ogni singola forma prodotta. Il 24 aprile 2002 un decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali ha riconosciuto al Consorzio le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi a Grana Padano nella sua natura di prodotto DOP, ovvero a Denominazione di Origine Protetta.
Il Consorzio Tutela Grana Padano ha scritto molte pagine della sua storia con le parole della solidarietà e del sostegno forte e costante verso il mondo del volontariato per iniziative in tutto il mondo. Non è un caso, dunque, la nascita della Fondazione Grana Padano che, dal 13 dicembre 2022, persegue finalità civiche e una politica di sostenibilità attr averso azioni responsabili rivolte alla comunità in cui opera. Insieme al Consorzio tutela Grana Padano, la Fondazione, mediante il coinvolgimento dei suoi consorziati e dei suoi stakeholder, si pone l’obiettivo di realizzare progetti di valore riconosciuto, in contesti di bisogno. La missione della Fondazione, la cui sede è a Milano presso l’Abbazia di Chiaravalle dove i monaci Cistercensi nell’anno mille inventarono il Grana Padano, è quella di realizzare attività concrete di protezione del territorio, del benessere sociale ed ambientale, di sostegno nel campo dell’arte e della cultura.
Consorzio Tutela Grana Padano
4 36 36 36
EMOZIONE ITALIANA NEL MONDO
Via 24 Giugno, 8 Desenzano del Garda (BS) www.granapadano.it
GREEN GARDEN SOUK 2024
GRANDE SUCCESSO PER L’EDIZIONE 2024 DELL’EVENTO ORGANIZZATO DA L’ALEBERETA RELAIS & CHATEAUX PER THE CIRCLE ITALIA ONLUS
Nell’incantevole cornice della Franciacorta, L’Albereta Relais & Chateaux ha aperto le sue porte agli amici di The Circle Italia Onlus per festeggiare insieme il trentesimo anniversario del suo Souk e per unire le forze a favore dell’associazione. “Fare bene, fa bene” è stato il claim dell’evento, che si è svolto con un duplice appuntamento: sabato 25 maggio, il Charity Party e domenica 26 maggio, il consueto Souk. Questa edizione ha esaltato le eccellenze del made in Italy, ospitando più di cinquanta espositori che hanno proposto una vasta gamma di prodotti: accessori, abbigliamento, gioielli, home design, bellezza, borse, cappelli, pigiami, kimono, prodotti beauty, creazioni innovative e alto artigianato nati dal recupero e riuso di materie prime. Tra gli espositori anche La Bottega di Mariella, boutique di Giovanna Tedeschi all’interno del Relais, e il corner monobrand #solocosebelle e Chenot Espace con i prodotti del centro medicale. Durante la giornata del 26, c’è stato spazio per la "chiacchierata di merito" condotta da Adelaide Corbetta, presidente di The Circle Italia Onlus, sui progetti dedicati a bambine, ragazze e donne. Tra le protagoniste dell'incontro l'artista Adriana Albertini, l'artist producer Marcella Ferrari, la Fashion News & Sustainability Editor di Vogue Italia Elisa Pervinca Bellini e, ovviamente, la padrona di casa Carmen Moretti de Rosa. L’edizione di quest’anno ha ribadito l’importanza della sostenibilità e dell’eccellenza artigianale, confermando il Souk de L'Albereta come un evento di riferimento per chi desidera coniugare il piacere del bello con l’impegno sociale.
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BRESCIA FOR CHARITY
ph. Andrea Sandri
AZIENDE, IMPRENDITORI E ISTITUZIONI INSIEME A SOSTEGNO DELLE ASSOCIAZIONI BENEFICHE DEL TERRITORIO
Brescia for Charity, l’iniziativa benefica che coinvolge l'intera comunità bresciana, è partita il 1° maggio ed è proseguita fino al 6 giugno. Il progetto, promosso dal Rotary Club Sud Ovest Maclodio in collaborazione con il Comune di Brescia, si fonda sulla collaborazione tra aziende, imprenditori e istituzioni per raggiungere una causa comune: raccogliere fondi per dieci importanti associazioni del territorio, con l'ambizioso obiettivo di raggiungere la somma di 250mila euro e sensibilizzare la cittadinanza sul sostegno al terzo settore. Durante le sei settimane di attività, Brescia è stata il palcoscenico di una serie di eventi e iniziative mirati a coinvolgere attivamente la comunità e a diffondere la cultura del far bene, sostenendo dieci associazioni benefiche di grande valore per il territorio, come: 1000 Passi per Brescia, Ail Brescia, associazione Obiettivo Sorriso, associazione Brescia Respiro (Bresp), Carolina Zani Melanoma Foundation, Croce Bianca di Brescia, Fondazione Ant di Brescia, Fondazione Nadia Toffa, La Zebra Onlus e Via Etica.
L’iniziativa ha visto un coinvolgimento attivo di importanti imprese e attività commerciali del territorio a conferma della sincera vicinanza con cui la comunità bresciana ha risposto all’iniziativa. Brescia for Charity si è concluso con un grande evento ospitato in piazza Loggia, luogo simbolo della storia e della vita della città, e, al suo interno, sono state annunciate le donazioni complessive raccolte durante le settimane di iniziativa. Spettacolo e musica perfettamente coniugate sul grande palco allestito. A condurre la serata l’influencer, comico e tiktoker bresciano Mattia Stanga, già presentatore dell’ultima edizione del Prima Festival di Sanremo, e Maddalena Damini, giornalista e direttrice artistica di Radio Bresciasette. La serata è stata inoltre arricchita dalla partecipazione di diversi ospiti e artisti speciali, che hanno abbracciato la causa e che si sono esibiti sul palco con la loro arte.
BRESCIA FOR CHARITY
Stiamo parlando di Gianluca Fubelli, attore e comico noto con il nome d’arte “Scintilla”, Paolo Migone, comico e cabarettista, Vincenzo Regis, comico e intrattenitore, Saturnino, uno dei migliori bassisti internazionali che collabora con Lorenzo Jovanotti, Andrea Casta, il violinista elettrico più famoso d’Italia, Deborah Iurato, cantante e vincitrice della tredicesima edizione di “Amici di Maria De Filippi”, Manuel Ciancarelli, cantante Pop/R&B che ha partecipato a X Factor e The Voice e che ha appena terminato un tour sold out in tutta Italia, Daniel Posniak, cantante emergente bresciano che si è esibito ad Area Sanremo 2023 e, infine, la DaFamily Dance & Arts, celebre scuola di danza specializzata negli stili street e commerciali. Si esibiranno, infine, i ragazzi dell’associazione Obiettivo Sorriso.
Un evento speciale per i primi 20 anni di Rotary Club Sud Ovest Maclodio
Rotary Club Brescia Sud Ovest Maclodio è stato fondato nel 2004 a Brescia e, da allora, si adopera nel volontariato, in continuità con lo spirito rotariano internazionale, per offrire sostegno laddove ve ne sia necessità, unito nella volontà del servire. In questi 20 anni di attività sul territorio, si è adoperato per la raccolta di fondi di oltre 2 milioni di euro, sostenendo iniziative e attività benefiche.
“Il progetto è promosso dal Rotary Brescia Sud/Ovest Maclodio, che ho l'onore di guidare in questo 2024, anno in cui ricorre il 20°anniversario dalla sua fondazione - ha affermato il Presidente Marco Gambarini. Ed è proprio in un anno così importante per il nostro club che Brescia For Charity celebra lo spirito rotariano donando alla beneficenza una longevità diversa ed espandendo la platea dei beneficiari. Oltre alle dieci associazioni selezionate, il progetto si dona all’intera città, a rappresentare una matrice che in futuro potrà essere utilizzata per sostenere altre iniziative benefiche”.
Brescia for Charity intende rappresentare un modello innovativo di supporto al territorio, capace di far evolvere la collaborazione tra istituzioni, privati, imprese ed attività commerciali orientata alla solidarietà con un concomitante sviluppo del welfare territoriale.
“L’evento incarna un sistema virtuoso di collaborazione tra soggetti diversi - ha commentato Andrea Venturelli, Presidente del Comitato organizzatore di Brescia for Charity - Il territorio assume quindi un’immagine unica, con una cooperazione reciproca tra le diverse figure di cui si compone, generando supporto e sostegno all’intera comunità”.
“Banca Valsabbina è onorata di essere Title Partner del progetto Brescia for Charity - ha dichiara to Ruggero Valli, Responsabile della Comunicazione di Banca Valsabbina - Crediamo nei valori della comunità e siamo impegnati a supportare cause locali in grado di fare davvero la differenza. Questa partnership è un ulteriore segno della nostra volontà di aiutare chi ne ha più bisogno, riflettendo la dedizione a promuovere la solidarietà e a migliorare il benessere della società nella quale viviamo. Siamo orgogliosi di contribuire anche a questa nobile causa e attendiamo con entusiasmo di constatare il sicuro impatto positivo che riuscirà ad avere”.
“Brescia è una città generosa e solidale, sempre pronta ad aiutare chi è in difficoltà”, ha detto la sindaca di Brescia Laura Castelletti. “In questi anni ho visto nascere e crescere numerose realtà associative, impegnate sul territorio e capaci di fare rete per raggiungere grandi risultati. Non mi stupisce, quindi, ma mi riempie d’orgoglio vedere quanto la nostra città, ancora una volta, si sia spesa e impegnata per rendere concreta la solidarietà. Certo, l’obiettivo da raggiungere è impegnativo ma insieme possiamo fare molto”.
UN FIUME DI FILOSOFIA
di Anna Donatini
Filosofi lungo l'Oglio è un festival che si svolge nei mesi di giugno e luglio, con appuntamenti in 21 comuni italiani tra le province di Brescia, Bergamo e Mantova. Nato nel 2006, con soli cinque appuntamenti, si è ampliato negli anni affrontando temi esistenziali e proponendo nuove domande e risposte attraverso dibattiti e lezioni magistrali dei filosofi più importanti del panorama contemporaneo. Gli incontri si svolgono in vari luoghi suggestivi, come piazze, castelli e chiese, seguendo idealmente il corso del Fiume Oglio; tutti ruotano intorno a un tema centrale che cambia ogni anno. Unico nel suo genere, il Festival è stato insignito dell’EFFE (Europe for Festivals, Festivals for Europe) Label: un riconoscimento volto a rappresentare oltre 43 paesi europei attraverso i festival che si distinguono per l’alta qualità artistica e per il significativo impatto a livello locale, nazionale e internazionale. Ce ne parla Francesca Nodari, ideatrice, fondatrice, direttrice scientifica, vera e propria anima della manifestazione. Laureata in Filosofia all’Università degli studi di Parma e specializzata in Filosofia e linguaggi della modernità nell’Ateneo di Trento, Francesca Nodari ha conseguito, sotto la guida del Prof. Bernhard Casper, il Dottorato di ricerca in Filosofia presso l’Università degli Studi di Trieste. Ha collaborato con la facoltà di Filosofia dell’Università Milano-Bicocca e ha conseguito l’abilitazione nazionale nel settore di Filosofia morale nel novembre 2014. Tra i numerosi e prestigiosi premi ricevuti, si annovera il titolo di Cavaliere dell’Ordine Al Merito della Repubblica Italiana nel 2019 e il recentissimo «Premio Rosa Camuna 2024», assegnato lo scorso 29 maggio.
Le è appena stato conferito il Premio Rosa Camuna, complimenti... “Dopo 19 anni di festival è una bella soddisfazione ed è significativo non solo per me, ma per tutta la squadra, i relatori, il pubblico. È molto importante il riconoscimento e la valorizzazione della cultura da parte della Regione”.
Ha già ricevuto premi di valore, tra cui il «Premio Donne Leader 2012», il «Premio Donne che ce l’hanno fatta» nel 2015 e l’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine Al Merito della Repubblica Italiana nel 2019.
“Sicuramente il Cavalierato della Repubblica è stato il riconoscimento più emozionante e commuovente, ma tutti i premi sono stati motivo di grande gioia; ogni volta costituiscono una buona iniezione di fiducia”.
Nella società odierna, definita superficiale e senza capacità di riflessione, premiare un festival di filosofia è un segnale considerevole per dimostrare che non esiste solo l’esteriorità...
“È vero che in tanti ambiti regna una grande superficialità, ma se si offrono contenuti di valore e di alta divulgazione culturale, le persone rispondono. Osservo una grande fame di cultura, non intesa come qualcosa di elitario, ma come una richiesta che proviene dalla gente, nella sua differenziazione, che ha bisogno di strumenti per capire un presente sempre più complesso come il nostro”.
Com’è il vostro pubblico? C’è partecipazione giovanile?
“Il nostro è un pubblico trasversale, per età, scolarizzazione, provenienza, che in parte è anche extra regionale e internazionale.
I giovani sono presenti e ne abbiamo perfino registrato un incremento; un dato molto positivo, che va a sfatare il luogo comune per cui i ragazzi non sono interessati a questo tipo di eventi. Magari si fatica a coinvolgerli, ma una volta che assaporano l’offerta proposta, tornano volentieri”.
FRANCESCA NODARI
Come è nato il Festival Filosofi lungo l'Oglio?
“È nato da una mia scommessa. Io non sono un’organizzatrice di eventi, ma una filosofa. Quando iniziai tutti mi dicevano che ero una visionaria, che alla gente del nostro territorio non importava la filosofia perché sono persone concrete. Ho voluto provare lo stesso e nel 2006 è nato Filosofi lungo l’Oglio, una prima manifestazione di 5 incontri in provincia di Brescia, poi abbiamo istituito la Fondazione e infine è arrivato il Festival vero e proprio. Serve molta perseveranza, passione e spirito di sacrificio perché le difficoltà e le incomprensioni non sono mancate. Devo un grazie enorme ai miei maestri, in primis Bernard Casper, scomparso due anni fa, ma anche tutti gli altri grandi pensatori che sono venuti al festival, lasciando la loro testimonianza e incoraggiandomi sempre ad andare avanti. È stato fondamentale. Così come ringrazio tutti gli eccellenti filosofi che hanno partecipato e partecipano; credono nella validità della mia idea e sono presenti grazie a un rapporto di fiducia e stima, di cui sono molto molto onorata”.
UN FIUME DI FILOSOFIA
Siete giunti a diciannove edizioni e l’anno scorso avete inaugurato la sede della Fondazione.
“Nel 2023 abbiamo inaugurato la sede della Fondazione, ricavata da un’antica stalla degli equini – commissionata nell’Ottocento dalla dinastia dei Martinengo – ed ora recuperata secondo la pratica del retrofitting. L’idea è che possa diventare un polo culturale della vasta area circostante per gli oltre 30 comuni limitrofi. Ora stiamo riflettendo sulla prossima edizione, che celebra i vent’anni del festival, una ricorrenza che teniamo a festeggiare e onorare”.
Vuole segnalarmi qualcosa di particolare sull’edizione in corso?
“Il calendario propone un panel di relatori e relatrici di grande rilievo; pertanto, è difficile suggerire un evento a favore di un altro. Da Massimo Recalcati a Massimo Cacciari, da Francesca Rigotti a Stefano Zamagni, da Enzo Bianchi a Umberto Galimberti, da Maria Rita Parsi a Danielle Cohen Levinas, sono tutti nomi autorevoli.
Tengo molto alla pluralità degli ospiti e voglio dare spazio a tutte le posizioni, così come non manca l’attenzione alle voci femminili: per esempio, abbiamo un alto prelato come Mons. Vincenzo Paglia e il talmudista come Haim Baharier o ancora due teologhe, Giuseppina De Simone e Isabella Guanzini; mentre per la prima volta sarà presente Francesca Romana Recchia. L’11 luglio è in programma l’incontro Desiderio malato, dedicato alla violenza di genere, per provare a fare il punto su questo tema per noi molto serio, che costituisce una vera e propria ferita”.
Ci sono stati momenti particolare che vuole condividere di questi 19 anni o un ricordo che le sta a cuore?
“Ce ne sono tantissimi. Commuovente il momento in cui abbiamo premiato il mio maestro Bernard Casper nel 2012, in occasione del suo libro Il pensiero dialogico; era felicissimo, anche perché avevamo appena istituito il premio ed è stata una vera sorpresa. In un'altra occasione, sempre Casper, che era il maggiore filosofo della religione in Europa e un grande appassionato di storia dell’arte, in un angolo della sagrestia della Chiesa di Travagliato posò gli occhi su un quadro un po’ impolverato, scoprendo che si trattava di un’opera di Civerchio! Seguirono studi e approfondimenti e ora il quadro - Salita al Calvario - è esposto in uno degli altari laterali della Chiesa; a Bernard Casper fu conferita la cittadinanza onoraria da parte del Comune di Travagliato. È stato un momento altissimo, che mostra come la cultura chiama la cultura; da uno sguardo è nata una scoperta, è stato un incrocio straordinario”.
Il festival è sostenuto e patrocinato da molti comuni locali: la manifestazione ha avuto ritorni positivi anche per loro, in termini di visite e riscoperta del territorio?
“Le caratteristiche del festival sono due: la prima essere itinerante, ovvero cambiare luogo e relatore ad ogni appuntamento; la seconda - non meno importante - è il binomio luogo e pensiero, ossia sforzarsi di trovare sempre delle quinte di un certo livello, che consentano al pubblico di unire le parole del filosofo alla conoscenza di una bellezza, di un patrimonio storico della zona. Si promuove il territorio attraverso la cultura; la scoperta di una chiesa, di una piazza, di una dimora, affascina moltissimo e ha un ritorno di immagine molto importante per i nostri partner. Le realtà locali vivono il nostro evento con molta attesa, entusiasmo, collaborazione, spirito di squadra”.
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FRANCESCA NODARI
NUOVO POLO DELLO SPORT A BRESCIA:
LA CITTADELLA DELLA GINNASTICA ARTISTICA E L’IMPIANTO INDOOR DI ATLETICA LEGGERA PROGETTO CMR CURA I PROGETTI DI STRUTTURE E IMPIANTI MECCANICI
Iniziati i lavori per la realizzazione del nuovo centro per la preparazione olimpica alla disciplina della ginnastica artistica femminile e del palazzetto dello sport per atletica leggera promossi dal Comune di Brescia e da Brescia Infrastrutture. Questi interventi, entrambi parzialmente finanziati con fondi PNRR e inseriti nel quartiere di San Polino, sono tesi a posizionare Brescia come capitale italiana di queste discipline. La palestra della Cittadella della ginnastica artistica (che mira a ottenere il riconoscimento da FGI, Federazione Ginnastica d’Italia) sarà sede degli allenamenti della società di ginnastica artistica locale e anche di stage della nazionale e di squadre internazionali, mentre il palazzetto sarà il secondo impianto indoor più grande d’Italia, dopo quello di Ancona.
In entrambi gli interventi a Progetto CMR, società di progettazione integrata che nel 2024 compie 30 anni di attività, parte del Gruppo Progetto CMR International, è affidata la parte di strutture e impianti meccanici.
LA CITTADELLA DELLA GINNASTICA
ARTISTICA
La palestra, di oltre 1.200 mq, sarà un “impianto sportivo d’esercizio”, dove poter svolgere tutte le attività propedeutiche, formative e/o di mantenimento delle discipline sportive regolamentate dalle FSN e DSA, in linea con la normativa CONI. La struttura è prefabbricata e ospita in copertura un impianto fotovoltaico mascherato. Lo spazio della palestra è in collegamento diretto con la foresteria attraverso porte vetrate che conducono all’area degli spogliatoi – 4 locali per 80 atlete, 2 per gli istruttori – e dell’infermeria. È prevista anche una seconda palestra di 117 mq preposta alle attività di riscaldamento muscolare, con accesso dalla palestra principale e in diretto collegamento con gli spogliatoi e con l’infermeria.
IMPIANTO DI INDOOR PER ATLETICA LEGGERA
Il Palazzetto dello sport di 7.400 mq sorgerà a fianco dell'attuale Centro outdoor "Gabre Gabric" e del centro sportivo "Azeglio Vicini". Il progetto prevede una struttura in grado di ospitare discipline di atletica leggera, arrampicata e arti marziali, alla quale sarà affiancato un parcheggio esterno.
Le tribune per il pubblico potranno accogliere più di 1.100 spettatori, per ospitare eventi sportivi di carattere nazionale. Al centro della struttura una pista ovale di atletica leggera di 4.200 metri quadri di superficie a sei corsie per i 200 metri, rifinita con una pavimentazione in gomma ad alte prestazioni. Saranno presenti, inoltre, un doppio rettilineo con pedane e fosse di atterraggio con la sabbia per il salto in lungo e il salto triplo, una pista rettilinea centrale per le gare di velocità e un rettilineo per il salto con l'asta. La nuova struttura, connessa all'impianto esistente, potrà contare su quattro spogliatoi per 80 atleti, locali di infermeria e primo soccorso, nonché spazi accessori. Il fabbisogno energetico dell'edificio, in classe NZEB, sarà soddisfatto attraverso impianti alimentati da fonti rinnovabili, quali impianti fotovoltaici installati in copertura e teleriscaldamento cittadino. Saranno inoltre utilizzati sistemi di isolamento termico adeguati e sistemi impiantistici ad alte prestazioni, mentre la ventilazione meccanica limiterà la dispersione termica, il rumore, il consumo di energia e l'ingresso dall'esterno di agenti inquinanti.
Progetto CMR, fondata nel 1994 e parte del Gruppo Progetto CMR, è tra le principali società italiane specializzate nella progettazione integrata –architettura, ingegneria e design. Grazie a un team multidisciplinare di oltre 200 professionisti di 20 nazionalità – architetti, ingegneri, esperti di pianificazione degli spazi, project manager, designer, esperti di sostenibilità e tecnici – la società, con sede a Milano e uffici in diverse città nel Mondo, a partire da un’attenta analisi delle esigenze della committenza, segue il progetto in tutte le sue fasi, dal concept fino alla realizzazione, e fornisce consulenze che spaziano dall’architettura alla pianificazione urbana, dal design di prodotto al disegno degli interni. Progetto CMR è inoltre partner di EANEuropean Architect Network. www.progettocmr.com Linkedin: @progettocmr Instagram: @progettocmr
IL 24 GIUGNO
All’armadio dell’architetto bresciano Franco Scaglia il «Red Dot Award»
C’è la mano e la creatività di un bresciano dietro il progetto della linea di armadi «Futura Wood», che ha conquistato il Red Dot Award Product design 2024. È l’architetto Franco Scaglia, titolare dell’omonimo Studio di architettura in città, che, per Fit Interiors di Longiano (Forlì-Cesena), specializzata in arredamento per palestre e centri benessere, ha progettato uno speciale armadio-spogliatoio di lusso, col quale l’azienda romagnola si è aggiudicata il prestigioso premio. Il perfetto equilibrio tra estetica e funzionalità ha convinto la giuria che ha premiato il design unico di un armadio-spogliatoio che coniuga il fascino del legno alla resistenza dell’alluminio. “Siamo uno studio di architettura bresciano da 25 anni specializzato nella progettazione di Wellness Club, SPA ma anche uffici e spazi aperti al pubblico” - ci ha raccontato l’Arch. Franco Scaglia. “Specializzazione nata con la realizzazione di Studios Body and Soul Factory in via Stretta a Brescia che ci ha portato a progettare poi non solo in molte città d’Italia ma anche in Russia, UK, Svizzera e Portogallo.
CONSEGNATO
IL PREMIO È STATO
IN
GERMANIA
Su richiesta di Fit Interior, azienda di Longiano (Forlì) specializzata nella produzione di arredi per Wellness Club, abbiamo disegnato nel 2022 un nuovo armadio per spogliatoi di top Club, destinato soprattutto al mercato extra europeo. Al progetto hanno collaborato in modo importante oltre che Mariaelena Scaglia ed Ezia Ventura, che sono parte essenziale dello studio, anche l'architetto Edda Giancola. Andato in produzione lo scorso anno l’armadio ha avuto una ottima risposta dal mercato, sia del Wellness che degli Hotel, e l’azienda (Fit Interior) ha deciso di partecipare ad uno dei concorsi di design più importanti a livello internazionale; il RED DOT AWARD. Dopo aver superato le prime fasi di selezione, la serie Futura ha così conquistato il primo premio di categoria ufficializzato in occasione del Galà di Essen, in Germania, che ha avuto luogo il 24 giugno scorso.
Per noi come studio - ha concluso l’Arch. Scaglia - una grande soddisfazione vista l’importanza dei marchi e dei designers premiati nei vari anni ma anche uno stimolo a continuare a far crescere, soprattutto nel mondo Wellness, la cultura del disegno e dello stile sempre però legato al massimo della funzionalità. Nostri progetti Wellness sono stati premiati anche da BATIMAT, concorso internazionale a Mosca, per il progetto Virgin Active Corso Como Collection e da FLORIM 4 ARCHITECTS (Project of the Year 2015) con il progetto Virgin Active Torino Collection”.
Frìo, 90 Wonderland, It's Over
Brescia:
SUMMER ON MY MIND
Il weekend, soprattutto d'estate e in primavera, si sa, inizia prima. Ecco perché l'idea giusta è viverlo al MOLO - Brescia, con il party Frìo, weekend calling. È una festa scatenata per chi studia o lavora e ha voglia di rilassarsi con gli amici con il giusto sound. In altre parole, Frìo è vivere l’estate.
L'idea giusta, durante l'estate '24, a Brescia e non solo, dal giovedì al sabato è scatenarsi al MOLO, che questa stagione ha scelto uno slogan che dà allegria. Summer on my mind. Alcuni party sono ancora top secret, come è gusto che sia prima di ogni nuova stagione, ma la sostanza c'è. Eccome. Il giovedì è Frìo, il party che rinfresca l'estate con eventi ad alto tasso di stile. Il venerdì mette in scena tutti i party più hot del pianeta (isole comprese). Il sabato è invece dedicato alla family degli artisti del MOLO, ma spesso arrivano anche guest italiani o internazionali. La sostanza è che da tempo MOLO - Brescia, gestito da chi ha portato al successo nel tempo sia Circus beatclub a Brescia (che ha appena compiuto 25 anni di successi), sia River a Soncino (CR), fa ballare con stile. Perché il team coordinato da Antonio Gregori sa il fatto suo. Per questo questo spazio è ormai un riferimento, anche tra gli addetti ai lavori.
MOLO
N. 3, BRESCIA INFOLINE, WHATSAPP: +39 333 210 5400 A4: BRESCIA OVEST, ZONA MULTISALA OZ WWW.MOLOBRESCIA.COM
VIA SORBANELLA
OGGI CHE IL BENESSERE PSICOFISICO FA PARTE ORMAI DELLA
NOSTRA CULTURA E DEL NOSTRO QUOTIDIANO, LA PROPOSTA
PERFORM CHE INTEGRA ALLENAMENTO
PER IL BENESSERE, NUTRIZIONE, MEDICINA
FUNZIONALE, FISIOTERAPIA E RIABILITAZIONE, OTTIMIZZAZIONE
DELLE PERFORMANCE
SPORTIVA E DI VITA, RISCUOTE SEMPRE PIÙ CONSENSI
il tuo partner per un migliore stile di vita
Il mese scorso vi abbiamo presentato il modello vincente proposto da Perform Sport Medical Center, nato nel 2015 e con sede a Bergamo in via Furietti al civico 10. Ora diamo spazio a coloro che compongono la squadra partendo da Giacomo Milesi, CEO, Direttore e Referente dell’area Competition.
“Sono in Perform dall’apertura, insieme a Francesco Vaccariello sono uno dei suoi soci fondatori” - ci ha raccontato Giacomo. “Mi sono sempre occupato di dirigere il centro cercando, soprattutto all’inizio, di lavorare come figura di personal trainer. Nel tempo l’attività, aumentando gli staff e le aree di lavoro, è diventata via via più complessa per cui mi sono concentrato più sugli aspetti dirigenziali del centro.
Perform è un centro medico sportivo che vuole trovare l’algoritmo perfetto per il benessere della persona a 360°. Attraverso i servizi delle nostre aree (medical, training, coaching, competition) vogliamo offrire un servizio integrato con dei check periodici in ogni area affinché la persona possa trovare il proprio percorso unico e ideale per raggiungere e mantenere gli obiettivi desiderati.
A discapito di come inizialmente venivano apprezzati - erano tempi in cui il mercato era monopolizzato da centri fitness di grandissime dimensioni divenuti poi palestre low cost - ci rivolgiamo a tutta la popolazione: bambini e anziani, uomini e donne non solamente sportivi anche se la nostra estrazione è quella della performance e dello sport. Io vengo dal mondo Atalanta, Francesco non ha bisogno di presentazioni, il nostro psicologo sportivo ha lavorato in Superbike… Tutti i soci fondatori di Perform provengono dal mondo del professionismo e dalla competenza e dal nostro credo abbiamo identificato e sviluppato la nostra proposta.
“Perform oggi è questo e molto altro!” - ha concluso Milesi: “Ha tante progettualità corollarie. Infatti, anche attraverso la nostra società YOURBESTRAINER, che è coinvolta nei progetti sportivi sul territorio, siamo riusciti ad accrescere la nostra audience e a creare progetti sociali e benefici a Bergamo e provincia. La nostra mission a breve termine è migliorare il progetto Perform ampliandone gli spazi di lavoro e sviluppo. A medio termine stiamo lavorando sul progetto del potenziale franchising cercando di creare un modello ordinato e fluido che rispecchi al meglio, la nostra volontà di integrità morale, la nostra vision e la fisiolofia del modello Perform”.
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Via A. Furietti, 10 Bergamo - Tel: 035 310871 - www.performsmc.it MEDICAL - TRAINING - COACHING - COMPETITION
IL VALORE DEL CAPITALE UMANO Puntogel
PUNTOGEL, AZIENDA
FAMILIARE BERGAMASCA
LEADER IN LOMBARDIA NELLA
DISTRIBUZIONE DI PRODOTTI PER GELATERIE, PASTICCERIE, PANETTERIE, PIZZERIE E RISTORANTI, HA DECISO DI PREMIARE I SUOI DIPENDENTI
CON UN ABBONAMENTO DI 2
ANNI ALLO SPORT PIU’ CLUB
RESORT. UN FRINGE BENEFIT SPECIALE CHE VUOLE UNIRE
BENESSERE FISICO, MENTALE E AGGREGAZIONE SOCIALE
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Prima ancora che leader, Puntogel è un sistema organizzativo fatto di persone, storie di vita, competenza, passione e grande rispetto e dedizione per ciò che esprime. Non è un caso, quindi, se dopo una storia di oltre 40 anni nel campo della gelateria, da tre generazioni, Puntogel sia riuscita ad evolversi ed espandersi nei segmenti attigui, senza mai tradire la propria identità. “Competenza, anima e cuore da sempre ispirano il nostro operato” ci ha raccontato Aurora Minetti, Amministratore Unico di Puntogel Srl, coadiuvata dalla preziosa collaborazione di Diego Zanoli, suo compagno di vita nonché direttore generale. “Tre qualità che ben si sposano con i tre elementi cardine della nostra visione: storicità, identità e orientamento al futuro”. Ciò che per certi versi sorprende è stata l’espansione di questa realtà nata nel 1980 e divenuta oggi a tutti gli effetti un gruppo industriale. Con la sola forza familiare e senza l’apporto di nessun fondo d’investimento straniero (che nel settore della ristorazione tricolore sta compiendo importanti acquisizioni) è riuscita a strutturarsi mantenendo intatti i valori originari. “Non ci siamo mai snaturati - ha proseguito Aurora Minetti -valorizzando così la nostra specificità e riuscendo sempre a porre grande attenzione alle relazioni umane”. Un approccio che negli anni ha pagato e che ha consolidato il rapporto con i propri dipendenti, considerati in primis capitale umano prima ancora che risorse.
“La ricerca della qualità dei nostri prodotti è per noi direttamente proporzionale alla qualità di vita dei nostri collaboratori e dei nostri clienti”. Non sorprendono, pertanto, iniziative di welfare estremamente gratificanti come l’abbonamento gratuito di due anni ad uno dei più rinomati centri sportivi resort della città omaggiato di recente a tutti i dipendenti del gruppo. “Si tratta di un benefit pensato per incentivare un vero e proprio cambiamento nelle abitudini di vita dei nostri collaboratori, includendo anche coloro che non lavorano vicino alla nostra sede di Longuelo e che non riescono a tornare a casa nelle due ore di tempo della pausa pranzo. È ormai provato, del resto, che sport e relax facciano bene al fisico, alla mente e all’umore così come alle relazioni, promuovendo aggregazione e socialità tra colleghi”. Un’iniziativa che segue i significativi investimenti sostenuti per la formazione dei propri dipendenti attraverso corsi di Team Building e Comunicazione durante le ore di lavoro, diversificati per obiettivi e funzioni. Attività fortemente volute dalla Dirigenza, coinvolta anch’essa in questi percorsi, a riprova che per crescere bene sia necessaria la collaborazione di tutti.
Molto sentito è anche il tema dell’inclusività che si concretizza in un vero e proprio progetto sociale, attivo ormai da anni all’interno di Ostificio Alpino, altra azienda del gruppo Minetti. Un’esperienza che punta a facilitare l’inserimento delle persone fragili nei contesti lavorativi, grazie all’accompagnamento di tutor e di staff esperto.
Via G. Rossini, 6/A Bergamo Tel. 035 260360 info@puntogel.com www.puntogel.com
ph. Matteo Zanardi
OPERATI DAL ROBOT
AL PAPA GIOVANNI XXIII È ARRIVATO IL SECONDO ROBOT CON IL PRIMO ROBOT ORMAI UTILIZZATO AL MASSIMO DELLE POSSIBILITÀ, L’INVESTIMENTO PERMETTERÀ DI AUMENTARE IL NUMERO DI INTERVENTI. NEL 2024 SONO INIZIATI AL PAPA GIOVANNI XXIII, UNICO CENTRO IN PROVINCIA, GLI INTERVENTI CON IL ROBOT ANCHE PER PATOLOGIE DEL FEGATO, DEL PANCREAS E DEL POLMONE
Luigi Da Pozzo, Professore di Urologia all’Università di Milano Bicocca, Direttore del Dipartimento Chirurgico dell’ASST Papa Giovanni XXIII
Il secondo robot dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è stato installato lunedì 3 giugno 2024. L’acquisizione di un ulteriore sistema robotico si è resa necessaria perché, dopo tre anni e mezzo di attività, è stata raggiunta ormai la saturazione massima delle possibilità di utilizzo della unica piattaforma robotica in dotazione.
Sono stati 183 gli interventi con il robot nel 2024 (fino a venerdì 24 maggio compreso). Il trend è superiore al risultato del 2023 (393 interventi). Per questo l’anno scorso Regione Lombardia ha approvato un ulteriore finanziamento per rendere possibile il raddoppio dei sistemi robotici all’Ospedale di Bergamo.
Il secondo robot si rende necessario anche perché due nuove équipe hanno avviato il programma di chirurgia robotica nei primi mesi del 2024. La Chirurgia generale 3 - trapianti addominali ha effettuato i primi interventi - con il chirurgo Marco Zambelli alla console di comando del robot, coadiuvato dal Direttore Domenico Pinelli - per trattare tumori al fegato benigno a rischio evolutivo, neoformazioni della colecisti sospetta per malignità e cisti benigne alla milza. A partire da aprile ha avviato l’attività anche la Chirurgia toracica, per il trattamento di neoplasie benigne e maligne del polmone e del mediastino. Alla console del robot opera il Direttore Alessandro Lucianetti coadiuvato da Eliseo Passera. Il Papa Giovanni XXIII è l’unico centro in provincia di Bergamo ad effettuare interventi con il robot per fegato, pancreas e polmone. Salgono così a sei le équipe in grado di realizzare interventi mininvasivi con la piattaforma robotica. Le due nuove Unità coinvolte fanno seguito alla ormai consolidata attività chirurgica da parte dell’Urologia, della Ginecologia e Ostetricia, della Chirurgia generale e della Chirurgia pediatrica.
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“È per me fonte di grande soddisfazione - ha dichiarato Luigi Da Pozzo, Professore di Urologia all’Università di Milano Bicocca, Direttore del Dipartimento Chirurgico dell’ASST Papa Giovanni XXIII - vedere coronato con questa prestigiosa seconda acquisizione il lungo e faticoso percorso intrapreso in quest’ultimo decennio per mantenere gli standard chirurgici della nostra azienda all’avanguardia e al passo con gli aggiornamenti tecnologici.
In Urologia vedo ora la possibilità di ampliare ulteriormente il numero e la tipologia di procedure chirurgiche che potranno essere affrontate in maniera mininvasiva. Poter operare con tecnica robotica non è solo una opportunità in campo urologico, ma una vera e propria necessità.
Nuovo robot da sinistra
Maurizio Cheli (pediatrica)
Marco Zambelli (epatobiliare e pancreatica)
Alessandro Lucianetti (toracica)
Roberto Manfredi (generale)
Luigi Da Pozzo (urologia)
Adriano Bellia (ginecologia).
“In qualità di Direttore di Dipartimento di Chirurgia sono felice di avere insistito e lavorato per diffondere le tecniche robotiche a molte altre specialità chirurgiche. E proprio in questi ambiti vedremo grandi sviluppi nel prossimo futuro. Abbiamo giocato di anticipo. Ringrazio le Direzioni, presenti e passate, per avere fortemente creduto ed essersi grandemente impegnate nel progetto”.
Mauro Moreno, Direttore sanitario dell’ASST Papa Giovanni XXIII ha aggiunto “Per ospitare il ‘nuovo arrivato’ è stata allestita, all’interno delle aree che ospitano le sale chirurgiche, una sezione interamente dedicata alla chirurgia robotica. Questa soluzione permetterà di sfruttare le sinergie tra le professionalità in grado di operare con il robot, oltre a una migliore gestione logistica. Il nuovo ‘blocco robotico’ ha reso necessaria una riorganizzazione dell’attuale turnazione di sala operatoria, che ha coinvolto anche altre équipe chirurgiche. A loro va il ringraziamento della Direzione per la disponibilità dimostrata al questo importante progetto di aggiornamento tecnologico”.
MITICO SILVIO CON L’ABBRONZATISSIMO OBAMA
Queste immagini hanno davvero fatto il giro del mondo e testimoniano i giorni in cui nel 2019 venne organizzato il G8 a l’Aquila degli Abruzzi dopo la devastazione causata dal terremoto. Belometti, di Foto San Marco di Villongo, che abbiamo già conosciuto per i suoi reportage dalla Bosnia, in guerra e dopo la guerra e più recentemente per quello realizzato durante il Covid, ha proposto con una mostra a Sarnico, purtroppo rimasta aperta solo per tre giorni, gli scatti realizzati seguendo Berlusconi ed i suoi illustrissimi ospiti nel summit organizzato dall’Italia nella città abruzzese.
Nel 2009 il G8 comprendeva anche la Federazione Russa che aveva inviato al summit Dmitrij Anatoli Medvedev che nella foto se la ride con la sig.ra Merkel ripresa di spalle. È lo stesso che un giorno sì e l’altro anche, minaccia l’occidente di un attacco nucleare. Da notare anche il look del povero (si fa per dire) Gheddafi e quel brillantone di Sárközy che ne decreterà la fine bombardando la sua casa in combutta con gli Stati Uniti
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L’INSUFFICIENZA CARDIACA LASCIA
‘MEMORIA DELLO STRESS’ NELLE CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE
PRIMA
LA SALUTE
INFORMAZIONI & CURIOSITÀ
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Lo stress provocato dall’insufficienza cardiaca viene ‘ricordato’ dall’organismo. E questo fenomeno sarebbe alla base dell’insufficienza cardiaca ricorrente. È quanto evidenziano, su Science Immunology, alcuni ricercatori giapponesi guidati da Katsuhito Fujiu, dell’Università di Tokyo. Secondo il gruppo di studio l’insufficienza cardiaca lascia una ‘memoria dello stress’ in forma di cambiamenti a livello del DNA delle cellule staminali emopoietiche. In particolare, come evidenziato dal team su modelli animali, una via di segnalazione chiave, il fattore di crescita trasformante beta (TGF-beta), viene “soppressa” nelle cellule staminali ematopoietiche durante l’insufficienza cardiaca, influenzando negativamente la produzione di macrofagi, che sono cellule immunitarie.
Dopo aver eseguito un trapianto di midollo in animali sani da animali che avevano sofferto di insufficienza cardiaca, i ricercatori hanno scoperto che le cellule staminali continuavano a produrre cellule immunitarie non funzionanti e che gli animali trapiantati sviluppavano, successivamente, insufficienza cardiaca con conseguenti danni agli organi.
Migliorare i livelli di TGF-beta, invece, potrebbe aprire nuove strade per il trattamento dell’insufficienza cardiaca ricorrente, mentre rilevare l’accumulo della ‘memoria da stress’ potrebbe fornire un sistema di alert precoce per questa patologia cardiaca. “
Sebbene vari altri tipi di stress possano imprimere questa ‘memoria dello stress’ nelle cellule emopoietiche, riteniamo che quello indotto dall’insufficienza cardiaca sia particolarmente significativo”, conclude Fujiu. Fonte: Science Immunology 2024
Dr. Haim Reitan
Direttore Sanitario
Studio Medici Associati
CICLO MESTRUALE: SI ABBASSA
L’ETÀ DEL MENARCA
Il Canadian Journal of Psychiatry ha pubblicato le line guida cliniche aggiornate del Canadian Network for Mood and Anxiety Treatment (CANMAT) sulla depressione. Si tratta delle raccomandazioni più utilizzate al mondo. La nuova versione delle linee guida integra le prove scientifiche più recenti e i progressi nella cura della depressione. La loro ultima edizione è datata 2016. L’aggiornamento è stato condotto da ricercatori dell’Università della British Columbia e dell’Università di Toronto, insieme a un gruppo di oltre 40 esperti clinici e partner di pazienti.
Il documento affronta otto aree tematiche principali che mappano il percorso di cura del paziente, dalla valutazione e diagnosi, fino alla scelta del trattamento e delle strategie per prevenire le recidive. Le raccomandazioni sono organizzate in base al livello di evidenza a supporto di ciascuna terapia e a fattori quali sicurezza, tollerabilità e fattibilità dei trattamenti. Il documento, inoltre, fornisce una guida per aiutare gli operatori sanitari nella scelta della opzione terapeutica più opportuna, con particolare attenzione al processo decisionale da svolgere in collaborazione con il paziente. Infine, offre indicazioni su come integrare alle terapie interventi sullo stile di vita (esercizio fisico, alimentazione e sonno).
“Le linee guida evidenziano l’importanza di collaborare con i pazienti nelle decisioni di cura e di fornire un approccio terapeutico personalizzato che consideri attentamente le esigenze, le preferenze e la storia del trattamento di una persona”, conclude Raymond Lam, co-autore principale del documento.
Fonte: The Canadian Journal of Psychiatry 2024
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GLI EFFETTI DEL SOLE SULLA
SALUTE VISIVA
E I PRINCIPALI RISCHI
Ora che arriva il bel tempo si ha più voglia di stare all'aria aperta e di prendere un po' di sole, ma bisogna sempre fare attenzione e proteggersi in modo adeguato perché le radiazioni UV sono dannose non solo per la pelle, anche per gli occhi. Secondo gli specialisti di www.clinicabaviera.it, una delle più importanti aziende oftalmologiche in Europa, l'esposizione diretta e prolungata ai raggi ultravioletti può avere effetti gravi e potenzialmente irreversibili sulla salute visiva. Adottare misure di protezione adeguate è quindi fondamentale per prevenire i danni agli occhi e preservarne la salute a lungo termine.
I raggi ultravioletti B sono in gran parte assorbiti dallo strato di ozono ma quelli A e C arrivano sulla Terra in misura maggiore, soprattutto in estate. L’esposizione a questi raggi può avere effetti gravi, che vanno dalle irritazioni temporanee fino a malattie croniche e debilitanti. Una protezione adeguata, con l'uso di occhiali da sole con protezione UV, indossando cappelli o berretti che forniscono ombra aggiuntiva
e riducono la quantità di radiazioni che raggiungono gli occhi, limitando l'esposizione diretta al sole, specialmente nelle ore di picco, usando protezioni solari, in particolare se si svolgono attività specifiche come lavori all'aperto o se si sta in acqua, sono essenziali per preservare la salute degli occhi. Per questo motivo, gli esperti di Clinica Baviera spiegano i principali rischi che si corrono e gli effetti che può avere il sole sulla salute visiva:
1. Fotocongiuntivite è un'infiammazione della congiuntiva, la membrana mucosa che ricopre l'occhio e l'interno delle palpebre. Si manifesta con arrossamento, irritazione e sensazione di sabbietta negli occhi come conseguenza di un'esposizione prolungata e diretta al sole.
2. La cataratta è un annebbiamento del cristallino, la lente interna dell'occhio, che può portare a visione offuscata e anche alla cecità, se non viene trattata correttamente. L'esposizione prolungata ai raggi UV aumenta il rischio di sviluppare la cataratta, poiché i raggi possono causare danni al cristallino che si sommano nel corso del tempo.
3. La Fotocheratite è una bruciatura della cornea causata dalla luce ultravioletta.Viene descritta come una “scottatura” dell'occhio che può essere molto dolorosa e provocare lacrimazione e sensibilità alla luce. Di solito si risolve da sola nel giro di pochi giorni evitando l'uso di dispositivi elettronici, l'esposizione alla luce intensa e favorendo il riposo degli occhi, ma se i sintomi sono gravi o persistenti è importante rivolgersi a un medico per non aggravare il danno oculare.
4. Lo pterigio è una crescita anomala di tessuto nella congiuntiva che può estendersi sulla cornea e compromettere la visione. È un tumore benigno che, se arriva a compromettere la vista, può richiedere un intervento chirurgico. È comune nelle persone che trascorrono molto tempo all'aperto, esposte al sole, al vento e alla polvere. Lo pterigio può causare arrossamenti, irritazioni e, nei casi più gravi, offuscamento della vista.
5. Degenerazione maculare senile (AMD) è una malattia che colpisce la macula, la parte centrale della retina responsabile della visione centrale nitida. È causata da un accumulo di “drusen”, che sono depositi cellulari che l'organismo non riesce a espellere. È un problema oculare di solito correlato all'età, ma alcune abitudini negative possono accelerarne lo sviluppo: come l'esposizione prolungata e non protetta alla luce solare, che contribuisce a danneggiare la retina e aumenta il rischio di AMD, una delle principali cause di cecità nelle persone di età superiore ai 60 anni.
6. Cancro della pelle intorno agli occhi. La pelle del contorno occhi è molto delicata e suscettibile ai danni dei raggi UV. L'esposizione al sole senza un'adeguata protezione può aumentare il rischio di cancro della pelle, tra cui il carcinoma basocellulare, il carcinoma squamocellulare e il melanoma delle palpebre e delle aree circostanti. A differenza di altre parti della pelle, l'area intorno agli occhi non viene protetta con creme solari per paura che la crema finisca negli occhi, ma è un'area molto delicata che dovrebbe essere protetta come il resto del viso, magari con una crema specifica.
7. Il melanoma oculare è simile al cancro della pelle intorno agli occhi, con la differenza che, invece di essere localizzato nella pelle, è localizzato in uno dei tessuti dell'occhio. Il melanoma è un tipo di cancro che colpisce i melanociti, che sono le cellule responsabili della produzione di melanina.
8. La pinguecola è un nodulo che compare all'interno dell'occhio. Si tratta di un tumore benigno che cresce in modo irregolare e può causare fastidio agli occhi e difficoltà visive. È un problema più comune nelle persone di età superiore ai 50 anni ma l'esposizione diretta e continua ai raggi ultravioletti è uno dei fattori scatenanti più frequenti.
9. Fotofobia. L'eccessiva esposizione alla luce solare intensa può provocare un aumento della sensibilità alla luce, fenomeno noto come fotofobia. Può causare fastidio o dolore agli occhi quando ci si trova in ambienti luminosi.
10. I nei oculari o nevi appaiono sull'occhio proprio come sulla pelle. Sono concentrazioni di melanociti che possono comparire sull'iride o sulla sclera. Non sono necessariamente maligni ma devono essere controllati frequentemente.
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ECOGRAFIA: MEGLIO NON AVERE DUBBI
Che cos’è l’ecografia?
L’ecografia è una metodica diagnostica non invasiva che utilizzando ultrasuoni (onde sonore) emessi da particolari sonde appoggiate sulla pelle del paziente, consente di visualizzare organi, ghiandole, vasi sanguigni, strutture sottocutanee ed anche strutture muscolari e tendinee in numerose parti del corpo. Durante l’esecuzione dell’ecografia, l’area da esaminare viene inumidita con un apposito gel, non tossico, che consente una migliore trasmissione degli ultrasuoni attraverso il corpo umano.
L’ecografia costituisce uno dei primi approcci allo studio del corpo umano, fatta eccezione della parte scheletrica e delle strutture interne alla scatola cranica. Gli ultrasuoni, infatti, non sono in grado di studiare le strutture ossee. Le ecografie sono, invece, molto utilizzate per lo studio del collo (tiroide, linfonodi), dell’addome (fegato, reni, milza, pancreas, eccetera), della pelvi (vescica, utero, ovaie, prostata), delle vene e delle arterie (carotidi, aorta, eccetera), dell’apparato muscolare (muscoli, tendini, legamenti).
L’ecografia non prevede emissione di radiazione di tipo X. Può essere, pertanto, effettuata con una certa frequenza qualora si rilevi la necessità di eseguire ripetute indagini in presenza di patologie note a scopo di monitoraggio.
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Brembo è Educational partner di Accademia Carrara per il triennio 2024-2026, a sostegno dei progetti e delle attività educative e didattiche proposte da La Carrara Educazione, pensate per scoprire il museo sin da bambini e viverlo come luogo famigliare anche da adulti. La Carrara vanta una lunga tradizione nella didattica museale, che con la nascita della Fondazione si è rinnovata e rafforzata grazie all’istituzione di un dipartimento interamente dedicato all’educazione, all’accoglienza dei pubblici e attivo anche nella ricerca in questo specifico ambito. Dal 2016, La Carrara Educazione costruisce relazioni e progetti dedicati alle diverse tipologie di visitatori, con proposte per le scuole di ogni ordine e grado, per le famiglie, le bambine e i bambini, per gli adulti e le persone con fragilità e disabilità. Al cuore di ogni progetto c’è il patrimonio dell’Accademia Carrara, eredità culturale che i cittadini sono chiamati a vivere da protagonisti.
CRESCERE in MUSEO
BREMBO SOSTIENE
LA CARRARA EDUCAZIONE 58
Le persone, ognuna con le proprie caratteristiche e i propri vissuti, sono quindi al centro dell’azione educativa del museo, che si mette al servizio della comunità per contribuire al suo benessere. La Carrara Educazione lavora per costruire con e per le persone attività sartoriali per la conoscenza del museo e delle mostre temporanee, rivolgendo una specifica attenzione alle nuove generazioni: visite e laboratori progettati per alunni e studenti dalla scuola dell’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado; PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento); attività in classe e incontri di formazione per insegnanti. Dall’inizio dell’anno scolastico e fino al campus estivo, l’Accademia Carrara è un luogo amichevole in cui tornare e ritornare. Le proposte dedicate alle famiglie sono pensate per scoprire nel museo uno spazio accogliente in cui incontrarsi, confrontarsi, fare e crescere insieme.
L’impegno dei partner a sostegno delle attività culturali è sempre più importante sia per un costruttivo rapporto tra pubblico e privato sia per maggiore consapevolezza da parte delle aziende del valore della Responsabilità Sociale d’Impresa per il proprio rafforzamento.
CRESCERE in MUSEO
La partnership tra Brembo e Fondazione Accademia Carrara, a favore de La Carrara Educazione, testimonia la rilevanza che possono assumere i privati per la creazione e lo sviluppo di progetti culturali con interesse sociale, aprendo le porte del museo e contribuendo a renderlo sempre più accessibile, inclusivo e innovativo.
“Brembo condivide con Fondazione Accademia Carrara non solo uno stretto legame con il territorio di Bergamo, ma anche l’impegno per lo sviluppo di progetti che abbiano valore sociale per la comunità in cui siamo presenti” - ha commentato Cristina Bombassei, Chief CSR Officer di Brembo. “Va in questa direzione il nostro sostegno alle attività dedicate alla didattica di La Carrara Educazione, un ambito a cui teniamo molto perché coinvolge i più giovani, avvicinandoli alla bellezza dell’arte e incoraggiando la loro curiosità verso il mondo”.
“Siamo felici e onorati che Brembo, punta di diamante della manifattura e della tecnologia italiana nel mondo, abbia scelto di sostenerne le iniziative educative di Fondazione Accademia Carrara. La fiducia che Brembo ripone nel nostro museo, come luogo di formazione, dimostra l’importanza di pensare al futuro partendo dal passato e trasformare così eredità di ieri nel patrimonio di domani” - hanno affermato Martina Bagnoli, Direttrice di Fondazione Accademia Carrara e Gianpietro Bonaldi, General Manager di Fondazione Accademia Carrara.
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THE MUSEUM IS PRESENT 2024
Attività per bambine e bambini dai 6 agli 11 anni. È tornato il campus estivo dell’Accademia Carrara e della GAMeC, con un calendario ricco di laboratori, sperimentazioni e scoperte. Bambine e bambini dai 6 agli 11 anni sono accolti ogni mattina da educatori ed educatrici museali, che aprono loro le porte dei musei per condurli in un divertente, colorato e appassionato viaggio nell’arte e nel tempo.
Orari e informazioni
Dal 10 giugno al 26 luglio e dal 26 agosto al 6 settembre 2024. L’iscrizione s’intende settimanale, dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 17.30. Anche quest’anno è possibile fermarsi per la pausa, portando il proprio pranzo al sacco o richiedendo il servizio catering a cura di Golosidea. Dalle 12.30 alle 13.30 è prevista assistenza nello spazio dedicato alla consumazione del pranzo. Per ulteriori informazioni: www.lacarrara.it/evento/ the-museum-is-present-2024 - servizieducativi@lacarrara.it
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METTI UNA SERA NELLA PIAZZETTA DI VILLASIMIUS
UN INVITO? UNA PROPOSTA.
LUIGI FERRARA IN VACANZA IN SARDEGNA SEI ANNI FA INVENTA UN FESTIVAL DIVENTATO
UNO DEGLI APPUNTAMENTI CULTURALI PIÙ INTERESSANTI DELL’ESTATE ISOLANA
LUIGI FERRARA FONDATORE
DEL FESTIVAL DI VILLASIMIUS
Pochi mesi fa era stato in copertina come testimonial della campagna di Accademia Carrara e in quell’occasione ci aveva raccontato qualcosa della 6a edizione del Festival della Marina di Villasimius che da quest’anno, e per un triennio, vedrà all’opera la nuova direttrice artistica Francesca Serafini.
“Un paradiso di bellezza come Villasimius non può fare a meno della cultura ed è per questa ragione che ho pensato di organizzare il Festival che vede sul palco scrittori, giornalisti, attori, registi, artisti, filosofi creativi e pensatori di varia estrazione, che portano ad ogni edizione una ventata di pensieri innovativi, visioni del futuro, parole in libertà. Confesso che trascorrendo le vacanze ogni anno in quello splendido posto un po’ mi mancavano proposte culturali che chiudessero il cerchio, tra la bellezza del paesaggio ed il mondo della cultura e delle arti.
FRANCESCA SERAFINI
DIRETTRICE ARTISTICA
DEL FESTIVAL
Quando ho cominciato a pensare al programma del festival, per tenere a bada l’emozione e definire una linea per le scelte che volevo precise e rispondenti a un disegno (per certi versi si trattava anche qui di scrivere una storia, come quelle a cui lavoro per i libri e i film), mi è venuto in soccorso il ricordo di uno scambio tra David Foster Wallace e David Lipsky (nel libro-intervista Come diventare sé stessi). Quello in cui Wallace paragona l’intrattenimento alle caramelle e la cultura al cibo.
Dice Wallace: “nel cibo c’è qualcosa di profondamente vitale che nelle caramelle manca”. Danno un effetto gradevole sulle prime, ma non nutrono. E in definitiva anestetizzano i sapori creando una dipendenza, sempre da intendersi orientata alla fuga: dai nostri affanni, certo; ma anche dalla consapevolezza necessaria (che sia quella a perseguire i principi di un’alimentazione corretta, o a comprendere qualcosa in più di noi e del tempo che viviamo).
Questa riflessione mi è stata utile per chiarirmi da subito – tenuto conto del contesto vacanziero della manifestazione – che forse ci si sarebbe aspettati delle caramelle. E però anche il fatto che volevo di più. Volevo – esagerando – del cibo che lasciasse un buon sapore come le caramelle. Nella fattispecie: delle serate piacevoli che continuassero a nutrire nel tempo, magari incoraggiando i partecipanti alla ricerca a casa di un film, un libro, una canzone, sentiti citare durante gl’incontri.
E così ho cominciato a stilare una lista di nomi, pensando ad artiste e artisti che in tempi diversi mi hanno divertita e commossa (emozionata è la parola): e nutrita, appunto. Tutti – spaziando tra letteratura, cinema e musica – con una loro precisa idea di arte e di rigore nella forma, che è tutto quello che c’è da sapere sull’arte, poi, per me.
Volevo un’alternanza di voci, diverse anche nei suoni (di diverse provenienze regionali, quindi), e negli stili; e però, nelle diversità, tutte con una poetica personale e profonda, riconoscibile in mezzo a tante altre. Volevo offrire al pubblico l’opportunità di entrare nelle loro officine, in un percorso di ritratti e conversazioni non limitate alla presentazione di opere in promozione, per regalare una tregua dalla frenesia del mercato e i suoi tempi a cortissimo raggio.
DI ACCADEMIA CARRARA
La sua vicinanza all’Accademia Carrara, la sua perseverante passione per l’arte, manifestatasi in varie occasoni e con varie iniziative, è stata premiata e Giorgio Gori, da presidente della Fondazione Accademia Carrara, lo ha nominato formalmente membro dell’Advisory Board in seguito alla delibera che ne prevede la costituzione. Cosí come vuole lo statuto della Fondazione stessa.
Ma quali compiti avrà questo nuovo organismo?
Lo abbiamo chiesto al diretto interessato :
“L’ Advisory Board di un museo e dunque anche quello della Carrara è una sorta di “incubatore di pensiero”, sul modello anglosassone, con funzioni consultive che, in carica per il perodo previsto dallo statuto, supporta il Museo nell’attuazione delle linee strategiche e nel reperimento di risorse. Penso che, un museo importante e prestigioso come l’ Accademia Carrara, abbia fatto bene a completare il suo modello di governance dotandosi ora di un advisory board che per sue caratteristiche dovrà essere portatore di contributi di pensiero utili a sviluppare un confronto virtuoso con il Consiglio di Amministrazione cui è affidata la responsabilità della gestione e che può contare su di una direzione del museo e di uno staff di prim’ordine.
La sera del 13 luglio alle ore 21.30, il premio Oscar Paolo Sorrentino, reduce dai dieci minuti di applausi a Cannes per il suo Parthenope, inaugurerà l’edizione 2024 del Festival della Marina di Villasimius. Sette appuntamenti serali, a ingresso gratuito, in cui si alterneranno ritratti e conversazioni, tra artiste e artisti del mondo della letteratura, del cinema e della musica, secondo un percorso disegnato dalla nuova direttrice artistica Francesca Serafini.
La piazzetta del porto turistico di Villasimius tornerà anche quest’anno a essere il palcoscenico naturale della rassegna organizzata dall’Associazione MARINEDICULTURA con il Patrocinio del Comune di Villasimius, a cui quest’anno si aggiunge quello della Regione Sardegna.
Si partirà dunque Sabato 13 luglio con Paolo Sorrentino. Il Sorrentino scrittore, però. Che non ci parlerà solo del suo cinema (un cinema dove la scrittura conta molto, del resto). Ma che per una volta lascerà il proscenio ai suoi libri – bellissimi – in un dialogo con la direttrice del Festival. Venerdì 19 luglio sarà invece la volta di Sandro Veronesi (due Strega, un Campiello, e svariati altri premi), in una conversazione a partire dalla sua formazione di architetto, per sapere se è davvero così diverso progettare un ponte rispetto a una storia. E se le storie non sono forse ponti per farci ritrovare tutti al centro, da una sponda all’altra.
Domenica 21 luglio saremo tra i primi in Italia a incontrare la vincitrice o il vincitore del Premio Strega 2024, che verrà assegnato nella serata del 4 luglio. In una conversazione con Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci che organizza il premio.
Sabato 27 luglio saranno protagonisti della serata Alessandro Borghi e Luca Marinelli, due attori David di Donatello che con il loro talento stanno illuminando il nostro cinema, portandolo anche fuori dai confini nazionali.
Domenica 28 luglio si renderà omaggio alla Sardegna, da sempre madre di grandi autori (da Grazia Deledda a Giuseppe Dessì, solo per fare due nomi), in una conversazione tra Milena Agus e Alessandro De Roma, che ci proporranno un viaggio attraverso i libri della loro formazione: un’avventura affascinante anche per chi potrà portarsi a casa preziosi consigli di lettura per le vacanze in corso.
Sabato 3 agosto il premio Campiello 2016 Simona Vinci sarà protagonista di una conversazione con Giordano Meacci (finalista allo Strega 2016, e vincitore di numerosi premi tra cui il Flaiano nel 2018). Un viaggio affascinante tra i loro libri e la letteratura che li ha formati.
Infine, la rassegna si ricollega nel titolo - La grande bellezza - all’incontro che l’aveva aperta. Domenica 4 agosto Dori Ghezzi ripercorrerà le tappe della sua attività di cantante da solista e in coppia con Wess e ci racconterà una sua privatissima storia della musica, insieme al suo amore per Fabrizio De André e la Sardegna, in un dialogo con Valentina Bellè (Nastro d’Argento 2023 e tra le European Shoting stars a Berlino 2024), che nel 2018 ha indossato i suoi panni nel film Fabrizio De André: Principe libero. Un confronto tra artiste di età e àmbito diverso per capire se è così diverso interpretare un ruolo in un film o una canzone mentre si canta. Tutto, davvero, di grande bellezza.
Il Festival, nato da un’idea di Luigi Ferrara e organizzato in collaborazione con Ornella Bramani, da quest’anno si avvale della direzione artistica di Francesca Serafini, scrittrice, sceneggiatrice e giurata in numerosi premi, tra cui dall’edizione 2024, per restare in Sardegna, il Giuseppe Dessì. Il Festival ha ottenuto il Patrocinio e il contributo del Comune di Villasimius, il Patrocinio della Regione Sardegna (è in attesa a giorni dell’esito del richiesto Patrocinio al Ministero della Cultura) e il sostegno di MAG, Sicuritalia, Queryo, Alarm System, Surrau,Tanka Village, Hotel Cala Caterina, Hotel Su Sergenti, Falkensteiner Resort Capo Boi, Acqua e Sale e viene realizzato con la collaborazione del Consorzio Turistico di Villasimius, della libreria Hemingway e grazie al determinante contributo della Marina di Villasimius Srl, società organizzatrice e sede ospitante dell’iniziativa.
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LUIGI FERRARA MEMBRO DELL’ADVISORY BOARD
METTI UNA SERA NELLA PIAZZETTA DI VILLASIMIUS
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FUOCHI DI PAGLIA
di Giorgio Paglia
L’EUROPA CHE NON C’E’
In Italia l’8 e il 9 giugno si è votato per le elezioni europee. Questo editoriale è però stato scritto qualche giorno prima di tale data e quindi potrete leggere qui di seguito un commento antecedente e non mirato ai risultati delle urne. Vediamo un po’ di dati. Il parlamento europeo è composto da 705 deputati dei 27 Stati membri, di cui gli italiani sono circa una settantina, che restano in carica per 5 anni. Si parlano 24 lingue ufficiali. Poi vi sono 20 commissioni permanenti specializzate in vari settori. Il parlamento europeo occupa circa 8.000 dipendenti e la sua struttura amministrativa costa circa 11 miliardi di euro all’anno.
Invece la spesa dell’Unione Europea per il periodo 20212027 è stimata in circa 825 miliardi di euro. La sua istituzione più importante è la Banca Centrale Europea (BCE) che conta oltre 5.000 dipendenti e che ha un capitale di 10.825 miliardi di euro, sottoscritto dalle banche centrali di tutti gli Stati UE. Insomma un carrozzone mastodontico. A parte la moneta unica, che comunque non è in vigore in tutta la UE (6 nazioni non sono nell’area euro), il senso di comunanza della Comunità negli ultimi anni si è fortemente affievolito. Sono troppi nel tempo gli interventi a capocchia che la UE ha imposto ai vari membri e tra quelli recenti ricordiamo la data del 2035, in cui si potranno vendere solo auto elettriche e la direttiva “case green” che prevede che tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero entro il 2028, mentre tutti quelli esistenti dovranno raggiungere la classe E entro il 1 gennaio 2030 e la classe D entro il 2033. Anche per il riscaldamento domestico dal 2035 sarà vietato l’utilizzo di combustibili fossili (metano incluso). Per gli italiani quest’ultimo giochetto può costare oltre 1.000 miliardi di €. La domanda nasce spontanea: chi pagherà? Il problema è che quando qualcuno vive in palazzi dorati con stipendi base di 10mila euro al mese, esclusi rimborsi e indennità, oltre a circa 10mila euro al mese per un contributo alle spese generali e ai costi di vitto e alloggio, perde il contatto con la realtà quotidiana. Dimenticavo, un europarlamentare, anche con un solo mandato, ottiene a 63 anni una pensione di 1.750 euro lordi al mese, alla faccia di chi a 70 anni in Italia deve ancora lavorare per raggiungere la piena pensione. Poi ci si lamenta
se la gente non va più a votare! Non è una questione di disillusione, ma di disgusto per una presa in giro politica che è diventata epocale. È partita all’inizio degli anni 2000 con l’introduzione dell’euro, dove un marco (che valeva 900 lire) è stato cambiato ad un euro, mentre gli italiani hanno dovuto sborsare quasi 2.000 lire per acquistare lo stesso euro. È continuata con leggi assurde e balzelli ridicoli che non tenevano conto di una logica quotidiana, progettuale e sostenibile. Basti pensare che con l’abolizione del motore endotermico a favore dell’elettrico (un flop commerciale e un errore clamoroso che ci lega mani e piedi alla Cina), si agevolano le imprese asiatiche e si affossano le fabbriche automobilistiche europee. Senza contare che non si è ancora capito chi produrrà lo sproposito di energia elettrica che serve per continuare a ricaricare i circa 300 milioni di auto che circolano in Europa. E come è stata affrontata la guerra tra Russia e Ucraina, che dura da oltre due anni? Una politica UE arrogante e terribilmente costosa (a marzo di quest’anno si stimano in oltre 1,3 miliardi di € le sole sovvenzioni italiane all’Ucraina) ha pienamente dimostrato la miopia delle scelte europee e i gravissimi danni economici che le sanzioni hanno causato a noi occidentali, piuttosto che ai russi. Per non parlare dell’inflazione e dei tassi d’interesse che la BCE mantiene ancora alti per un dictat tedesco e che sta arricchendo all’inverosimile solo le banche. Il vero problema è che il popolo europeo è stanco di questi continui giochetti di potere condotti da dilettanti allo sbaraglio ed esternati come svolte storiche, che non portano risultati, aumentano le spese e stanno oltremodo impoverendo la gente. Avete notato che i politici ormai parlano con un linguaggio fantasioso di argomenti che non solo non interessano più, ma che non vengono nemmeno compresi? Detto questo, auguri alla vecchia Unione Europea, che non vive di sicuro nello spirito dei suoi popoli, ma che alberga solo nei palazzi dorati di Bruxelles.
Alla prossima e in alto i cuori leggeri.
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Zona blu:
TRASFORMARE ESPERIENZE
ONCOLOGICHE IN FATTORI DI LONGEVITÀ
ZONA BLU è una community di Donne imprenditrici e libere professioniste, nata da un’idea di Sara Nozza Bielli e Paola Cavagna, che condividono i valori della compassione, impegno sociale e sostegno reciproco e che vogliono diffondere con energia e gioia il valore delle esperienze per ingaggiare le persone nel loro percorso di salute e di longevità attiva invitandole a scoprire la propria “Zona Blu”. “Evento Zero” ha visto Michela Patrini presentare il progetto che, nella serata dell’8 giugno, ha riunito un centinaio di partecipanti tra aziende sponsor ed invitati, nella storica cornice di [SETTECENTO] Ristorante e Hotel dell’hinterland di Bergamo, partner sostenitore. Una serata di intense emozioni con le testimonianze di Vatinee Suvimol, Michela Patrini, Laura Castoldi, Sara Oppedisano, Angela Cammarota e Savina Baschenis sul valore delle esperienze di ex pazienti e specialiste nella valorizzazione di sé . Ospite speciale, la Dott.ssa Myriam Mazza, farmacista, cosmetologa e fondatrice del progetto “Ricomincio da me”. Omar Fantini, conduttore e comico TV, ha intrattenuto gli ospiti durante la cena di gala. L’incasso dell’evento è stato devoluto ad AOB, Associazione Oncologica Bergamasca, per sostenere le attività di volontariato a favore delle donne presso gli Ospedali Papa Giovanni XXIII di Bergamo e San Giovanni Bianco.
GUARDATI SEI BELLISSIMA.
Il Progetto “Guardati sei Bellissima” vuole dare alle pazienti oncologiche e alle donne che vivono il cambiamento provocato da cure ed interventi, un aiuto ad abbracciare le metamorfosi del loro corpo con i Laboratori per la Consulenza d’Immagine a 360°, assolutamente innovativo perché ideato da ex pazienti per le pazienti, che metta a loro disposizione professioniste della Consulenza d’immagine, della Dermocosmesi, del Make Up e del Cancer coaching. “Durante il nostro percorso abbiamo visto quanto sia importante per le donne, soprattutto quando affette da patologie, ritrovare la fiducia in se stesse attraverso la cura dell’aspetto fisico”. Questo migliora l’autostima, ma può anche influenzare positivamente l’ingaggio della persona nel suo percorso di salute, le relazioni, il tono dell’umore, con benefici che vanno ben oltre l’estetica. Le tecniche di valorizzazione personale dovrebbero essere considerate come terapie complementari nelle cure oncologiche perché offrono alle persone strumenti per gestire al meglio i cambiamenti fisici, ridurre lo stress e migliorare la qualità della vita durante un periodo così delicato. Cosa cerchiamo? Strutture sanitarie pubbliche e private selezionate, medici che credano nell’engagement del paziente come strumento per un’alleanza terapeutica efficace ed offrano uno spazio per i Laboratori, che saranno tenuti da professioniste di settore selezionate da ex pazienti per le pazienti sia della struttura stessa che esterne.
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BARBARA MAZZALI
ASSESSORE
AL TURISMO, MARKETING
TERRITORIALE
E MODA DI REGIONE
LOMBARDIA
TUTTI IN BICI ATEMÙ 68
I dati della scorsa estate dicono che è Temù, nel Bresciano, il Comune italiano più attrattivo da un punto di vista cicloturistico. Seguono, rispettivamente in seconda e terza posizione, Dobbiaco (Bolzano) e Tuoro sul Trasimeno (Perugia). È quanto emerge dal quarto Rapporto sul Cicloturismo italiano, ‘Viaggiare con le bici 2024’, elaborato da ISNART (Istituto Nazionale Ricerche Turistiche), UnionCamere e Legambiente. Nel report si precisa che la metodologia utilizzata è la 'Location Intelligence', focalizzata sul cluster cicloturistico, con dati di traffico e navigazione raccolti nei mesi di luglio ed agosto 2023, analizzati con una geolocalizzazione che ha coinvolto oltre mille Comuni ad alta vocazione turistica sull’intero territorio nazionale.
Per ciascuna regione è stato quindi individuato il Comune dove essi sono stati maggiormente rilevati nel periodo di riferimento (luglio e agosto 2023). Di qui il luogo più capace di attirare chi pratica cicloturismo in Italia: Temù, Brescia. L’analisi indica inoltre che le regioni più accoglienti da un punto di vista cicloturistico sono Trentino-Alto Adige, Abruzzo, Lombardia, Veneto, Toscana, Marche ed Emilia-Romagna.
IL BRESCIANO, PARADISO DEI CICLISTI
SUI PERCORSI DEI CAMPIONI
“La provincia di Brescia è una meta amatissima dai ciclisti, per itinerari che attraversano montagne e costeggiano laghi e non stupisce il podio assegnato a Temù, piccolo borgo a 1.144metri di quota, circondato da prati e boschi, ‘sotto gli occhi’ delle maestose cime dell’Adamello. Un territorio che comprende il Parco Nazionale dello Stelvio e il Parco dell’Adamello che d’estate diventa il ‘paradiso’ degli amanti della mountain bike”.
Chi ci parla è Barbara Mazzali, assessore al Turismo, Marketing Territoriale e Moda di Regione Lombardia.
"Il percorso di 22 chilometri che conduce da Temù Passo Gavia - ci spiega - è una delle iconiche salite del ‘Giro d’Italia’, un tracciato non alla portata di tutti, ma pieno di fascino e capace di attrarre tanti bikers, che oltre a praticare il loro sport preferito godono della vista di panorami spettacolari”.
S ulla base delle risultanze dello studio ‘Viaggiare con le bici 2024’ di ISNART, Unioncamere e Legambiente, a livello nazionale sono quasi 57 milioni le presenze cicloturistiche rilevate in Italia nel 2023. Il dato corrisponde al 6,7% del totale delle presenze di viaggiatori registrate in Italia e indica una crescita del 4% rispetto al 2019, anno d'oro del turismo italiano. Da un punto di vista economico, i numeri si traducono in 5,5 miliardi di euro, un giro d’affari che vede un aumento del 35% rispetto al 2022 e del 19% rispetto al 2019.
CICLOTURISMO. LA SCORSA ESTATE TEMU’ (BRESCIA) PRIMO COMUNE ITALIANO PER CAPACITÀ ATTRATTIVA ‘A DUE RUOTE’
LOMBARDIA TERZA REGIONE TRA LE PIÙ ‘ACCOGLIENTI’ PER GLI APPASSIONATI DELLE 2 RUOTE
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LAVORI DI CONSOLIDAMENTO PER LA DIGA IN FONDO AL SEBINO
PROSEGUONO I LAVORI DI MANUTENZIONE
E CONSOLIDAMENTO GENERALE DELLA DIGA
COSTRUITA LA DOVE IL LAGO FINISCE PER DIVENTARE DI NUOVO FIUME OGLIO
Diga mobile a traverso, questa la definizione tecnica che compare nei primi documenti ufficiali risalenti al 1904 e che argomentano sull’utilità di costruire un solido sbarramento là dove il Lago d’Iseo diventa di nuovo Fiume Oglio. Il problema della regolazione del livello del lago è stato cruciale da sempre provocando spesso tafferugli tra i pescatori e i contadini che ricevevano l’acqua per irrigare i campi a valle del lago. Fu un’opera mastodontica anche per i tempi in cui venne realizzata. Come si evince dai documenti i primi progetti risalgono agli inizi del secolo ma dovettero passare molti anni per vedere l’inizio dei lavori, su progetto del prof. gaetano Ganassini, che iniziarono nel novembre del 1931 per terminare due anni dopo con l’impiego di 900 persone. Misura 124 m di lunghezza e consta di una traversa formata da 4 luci di 15 m ciascuna, separate da piloni di cemento alti 13 m e larghi 2,5 m. Il 6 novembre del ’33 venne inaugurata e da allora svolge egregiamente il ruolo a cui è stata destinata, cioè regolare il flusso dell’acqua per impedire che il lago possa esondare o rimanere in secca, e al tempo stesso lasciar defluire l’acqua nel fiume in maniera controllata costantemente. Oggi arrivata alla soglia dei novant’anni è oggetto di lavori di manutenzione e consolidamento, finanziati dal PNRR che vedono impegnati ingegneri e operai da alcuni mesi.
La diga costruita negli anni 30 del secolo scorso per regolare il livello del Lago d’Iseo. Alla sua sinistra la centrale elettrica e a desta l’inizio della Roggia Fusia che porta l’acqua del lago nelle camapagne dei paesi della bassa bresciana
La mancanza di una regolazione del deflusso delle acque del lago provocava spesso esondazioni nei comuni rivieraschi. Nella foto il ponte tra Sarnico e Paratico visto dalla sponda bergamasca allagata
Le prime operazioni prevedevano di deviare il percorso delle acque con delle paratie costruite con tronchi, teli e pietre, come si vede nella foto sotto. Prusciugata una porzione dell’alveo del fiume, si poteva realizzare il basamento in cemento armato che avrebe sostenuto la struttura della diga.
Questo il luogo dove sorgerà la diga vista dalla sponda bergamasca dove oggi c’è il Lido Fosio
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Con l’utilizzo di grosse pompe si provvedeva a mantenerere all’asciutto la parte sulla quale veniva realizzata la prima gettata della futura diga. In alto a sinistra si nota una piccola imbarcazione che era adibita al trasbordare la gente attraversando il fiume del dalla sponda di Fosio a quella di Paratico dove era già stata costruita la ferrovia che portava a Palazzolo.
Deviato il corso del fiume i lavori proseguirono con la costruzione della prima pila della futura diga. Un grande cassone di cemento armato che venne riempito con materiali provenienti dalla vicina cava che si nota di fronte situata nel comune di Paratico.
Non furono poche le difficoltà che si incontrarono nella costruzione dell’imponente struttura ma il regime voleva finire i lavori in tempi brevi e alla fine venne data una vera accelerazione, utilizzando fino a 900 operai.
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Nell’immagine in alto la diga è terminata con i cinque piloni alti 13 metri con una base di 2,5 metri per lato che delimitano e sorreggono le paratie mobili che regolano il deflusso delle acque del lago.
A sinistra della diga è stata inoltre realizzata una canalizzazione forzata che serve a muovere le turbine di una piccola centrale elettrica in funzione ancora oggi. A sinistra la targa che il regime fascista volle apporre al centro della passerella che unisce in alto i piloni della diga, il 22 maggio 1937 quando venne redatto il trattato di Sarnico che stabiliva le competenze e le spettanze delle acque del lago, mettendo fine per sempre alle contese. Ora dopo aver compiuto novant’anni di onorato servizio è fatta oggetto di lavori di controllo e consolidamento
Il Consorzio dell’Oglio, che si occupa della regolazione dei livelli del lago d’Iseo e delle portate di acqua del fiume emissario, prevede un intervento da circa 10 milioni di euro che una volta terminati i lavori, permetterà di avere un’infrastruttura completamente nuova, dotata di sistemi elettromeccanici per la chiusura delle paratie in sostituzione di quelli idraulici.
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Sono Luca Ruggeri malato di SLA dal 2015; non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario e muovo solo gli occhi che mi consentono di comunicare con un tablet oculare. Un’amica mi ha dedicato una poesia
Sei qui nelle increspature del lago che raccolgono l’acqua più alta.
Sei nei chiaroscuri che slittano tra monti e paesi, con le valli aperte che accolgono il cielo
Ti incontro ogni volta che alzo gli occhi e guardo tutta la bellezza del mondo che mi invita ad amare ogni più piccola cosa
Tutto ti contiene e mi chiama. Tutto si spalanca e mi chiama. tutto scivola dall’alto da dove tu osservi e mi dici niente è perduto, tutto va e torna.
E ora ti scava un piccolo bulbo di bene che tu semini col tuo sorriso. Qui è la vita
Qui è l’amore che resta
Luca ti posso sentire nel fruscio dell’aria dentro le foglie. E ti posso sentire nel silenzio che fa cerchi sul lago. Luca, il tuo nome sto imparando a farlo crescere in me, è il nome del cielo che incontra la terra e mi insegna a donare e mi fa vibrare il cuore (Iole)
2 SECOND LIFE AGAIN
di Luca Ruggeri
L’ILLUSIONE GIAPPONESE: FIDUCIA
È da poco che ho ricevuto la diagnosi di SLA, sono giorni difficili per me e la mia famiglia, il neurologo è stato chiaro, cure non ne esistono ma la scienza spinge molto. Stiamo tutti i giorni su internet alla ricerca di qualche notizia e ne troviamo una interessante: in Giappone è stato approvato un farmaco (Edavarone) che dovrebbe rallentare la progressione della malattia. La tentazione di andare a provare è forte, anche perché adesso sono ancora in buone condizioni fisiche a parte una mano e un po’ di debolezza generale. Ma servono più informazioni, così prendo appuntamento con i migliori neurologi che si occupano di SLA a Brescia, a Milano e a Torino. Visite che costano molto sia economicamente che psicologicamente. Trovo questi luminari molto preparati sulla malattia, ma completamente impotenti su una possibile cura. Quello che più mi delude è che non hanno informazioni sul farmaco giapponese, anzi diffidano della notizia e mi invitano a non andare a provare definendo tutto come ridicolo e senza efficacia.
Torno da queste visite sempre sconsolato. Ma non mollo e tramite un malato di Roma, che era appena tornato dal viaggio della speranza in Giappone, ricevo informazioni sul nome della clinica e sul neurologo primario che si chiama Yoshino. Nelle email che scambio proprio con il primario, le sue parole mi fanno una bella impressione di persona seria, non promette miracoli e dice che dovrò soggiornare per circa un mese, naturalmente tutto a mie spese, compresa la cura. Per i malati di SLA giapponesi la cura è invecena spese della loro sanità pubblica.
Nella mia famiglia ci sono pareri contrastanti, come fare a dargli torto: Yoshino, oltre a essere primario della clinica, è anche uno dei proprietari e qualche dubbio c’è. L’ultima parola spetta a me e decido di andare.
Data della partenza 1° gennaio 2016, mi accompagna mio fratello Diego. Dopo aver festeggiato il capodanno con gli amici e avere fatto l’ultimo brindisi al nuovo annosicuramente il brindisi più speranzoso della mia vita -, Stefano e Elena, i miei cognati, sempre pronti a dare una mano quando c’è bisogno, mi accompagnano all’aeroporto. Un ultimo saluto a tutti e dopo qualche ora mi trovo in aereo sopra la Siberia. Non è il mio primo viaggio lungo, ma questo sembra interminabile. Non riesco a dormire e osservo i numerosi passeggeri giapponesi, immobili, silenziosi, con gli occhi, sembrano finti, verrebbe la tentazione di toccarli per capire se siano caldi o freddi. All’arrivo all’aeroporto di Tokyo ci sarà l’interprete e guida Toshi, segno di riconoscimento la sciarpa giallorossa della Roma, che il malato romano ha regalato a Toshi e che indosserà al collo. Toshi è una persona allegra, intelligente, molto disponibile, ama l’Italia dove ha studiato ed è molto orgoglioso di essere giapponese, non riesco a dargli un’età ma avrà circa 50 anni. Stare con Toshi è bello, lui ci spiega tutto il suo sapere del Giappone e di Tokyo, purtroppo non c’è tutti i giorni e dobbiamo sfruttare la sua presenza per le visite con Yoshino alla clinica.
La clinica è piccola e si occupa solo di SLA, c’è una palestra dove riesco a fare un po’ di fisioterapia, ci vado tutti i giorni tranne la domenica e mi somministrano una flebo col farmaco che dura circa un’ora. A metà settimana mi visita Yoshino e ogni due giorni ho il prelievo del sangue per verificare che vada tutto bene. La clinica dista dal nostro hotel un’ora di metro, resta in periferia, e dopo la metro abbiamo circa un km di cammino.
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SECOND LIFE AGAIN
TOKYO
Per la prima volta vedo nella clinica i malati di SLA in fase molto avanzata, mi fanno tanta impressione, resto terrorizzato e incredulo del fatto che anch’io diventerò così. È nei trasferimenti alla clinica in metro che tocco i momenti più angoscianti: nonostante la preziosa presenza di mio fratello mi sento terribilmente solo, circondato da persone completamente diverse, immobili, silenziose. Mentre ascolto il freddo rumore meccanico delle porte del treno che si aprono e si chiudono, la sensazione che la vita mi stia lasciando prevale su tutto, i pensieri volano dispersi, spaesati, senza meta, guidati dalla paura. Leggo sul cellulare alcuni versi del vangelo che secondo mia zia Norma che me li ha dettati, dovrebbero rincuorarmi; dopo alcuni giorni li imparo a memoria ma l’angoscia non mi lascia mai.
Tokyo è una città moderna, piena di grattacieli e pochi palazzi storici, ci sono alcuni templi quasi tutti immersi nelle poche aree verdi, il nostro hotel è nel quartiere di Asakusa dove c è un tempio antico tutto in legno e molto colorato, dedicato alla misericordia dove la notte è tutto illuminato. Dalla finestra della camera si vede il suo contrasto con i grattacieli che creano un’atmosfera surreale, quasi da fantascienza. Passo parecchio tempo prima di andare a dormire a osservare quella meraviglia, perché prendere sonno mi è molto difficile
I giorni passano velocemente, arriva la visita di controllo della seconda settimana. Le visite con Yoshino Toshi e mio fratello sono quasi divertenti. Yoshino è felicissimo di avermi come paziente e mi ripete più volte che lui ha seguito le sperimentazioni di persona, è sui malati in fase iniziale dove il farmaco ha avuto una buona efficacia. Aggiunge che tra alcune settimane andrà negli Stati Uniti per presentare gli studi, con buone possibilità che l’Edaravone venga approvato. Spesso le traduzioni di Toshi ci fanno sorridere e la visita sembra diventare un incontro tra vecchi amici.
La visita va bene, tollero bene il farmaco e addirittura nelle prove di forza (che eseguono con degli strumenti molto semplici ma che in Italia nelle neurologie ancora non esistono) sembra che io sia leggermente migliorato. Da questo momento in poi il mio stato d’animo cambia: sento uno spirito diverso, il Giappone diventa un piacevole luogo turistico e i giapponesi i miei fratelli. Con le indicazioni di Toshi visitiamo tutti i migliori quartieri di Tokyo, andiamo al mercato del pesce che è il più grande del mondo, sulle due torri panoramiche, allo zoo a vedere il Panda Gigante che sprigiona una fantastica simpatia; staresti lì tutto il giorno a guardare! Riusciamo anche a vedere un incontro di Sumo che è lo sport più seguito, una specie di lotta tra ciccioni in mutande, per noi molto ridicoli; andiamo a mangiare in molti locali tipici e ci lanciamo ad assaggiare i loro piatti, alcuni molto buoni, altri totalmente fuori dai sapori italiani.
RIENTRO
Ormai siamo agli ultimi giorni di permanenza e dobbiamo organizzare il viaggio di ritorno col farmaco in valigia. Le infusioni tramite vena continueranno quando sarò a casa; la terapia è per sempre e prevede l’infusione di due fiale al giorno dentro la fisiologica per cinque volte a settimana. Dobbiamo portarci il massimo consentito dalle leggi internazionali, la terapia per tre mesi equivale a 120 fiale. Non è così facile, le regole dicono che dobbiamo avere: 1) la prescrizione medica del dottor Yoshino scritta in giapponese e in inglese, con descrizione della posologia e delle modalità di uso del farmaco, con la fattura e la ricevuta di pagamento, 2) il permesso scritto in inglese dell’ambasciata italiana di Tokyo; 3) la richiesta italiana con prescrizione medica del dottore che richiede il farmaco per me, con la definizione di “Farmaco salvavita” su carta timbrata della struttura in cui esercita.
Yoshino, il medico della clinica di Tokio che ha preso in cura Luca Ruggeri con un farmaco a innovativo ancora non importato in Italia
DIFFICOLTÀ BUROCRATICHE
Tutto appare fattibile meno che sul punto tre, infatti nessun medico che mi segue firmerà rischiando complicazioni sul fatto che questo farmaco è approvato solo in Giappone; come posso dargli torto, se non fosse che sono gli stessi medici che avevano detto di volermi aiutare, definendomi coraggioso. Forse quello che manca a loro è proprio il coraggio di aiutare un disperato!
Con un po’ di fortuna un medico coraggioso lo troviamo, tramite le conoscenze di mia figlia. Non lo conosco fino a quel momento, so che ha avuto un’esperienza simile alla mia con sua moglie, capisce la mia situazione e fa la prescrizione senza paura e senza chiedere nulla.
Ho voglia di tornare a casa ad abbracciare le mie donne, salutiamo tutti alla clinica e andiamo a pranzo con Toshi, mi promette che si prenderà carico lui di spedirmi il farmaco in Italia ogni tre mesi. Ogni spedizione costa circa tremila euro e oltre alle 120 fiale comprende lo sdoganamento italiano, le spese di trasporto e una cifra sconosciuta che si tiene Toshi. Tornato a casa trovo altri problemi, per le infusioni serve un infermiere e la richiesta medica che come al solito essendo infusioni di un farmaco non approvato nessuno me lo somministra, anche qua devo fare le cose in modo irregolare e chiedere a un’infermiera in pensione, amica di famiglia con una predisposizione a fare del bene, che ringrazierò per sempre per la sua disponibilità.
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Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.
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(Winston Churchill)
LUPUS IN FABULA
Benito Melchionna
Procuratore emerito della Repubblica
IL MATRIMONIO DI “UN’ORA” E IL “DIVORZIO” DI GARIBALDI
PROSEGUE IL RACCONTO DI ALCUNI PARTICOLARI DELLA VITA
SENTIMENTALE DECISAMENTE MOVIMENTATA DI GIUSEPPE
GARIBALDI L’EROE DEI DUE MONDI
Seconda parte
3. Il matrimonio di “un’ora” con Giuseppina Raimondi
Se l’eroe dei Due Mondi fu indubbiamente grande stratega nei campi di battaglia, egli si dimostrò spesso molto ingenuo in politica e un po’ pasticcione in amore. Giuseppina (Maria Carolina Giuseppa) Raimondi, nata a Fino Mornasco (CO) il 17 marzo 1841 (morirà nel 1918 all’età di 77 anni) e registrata come “figlia di ignoti”, venne riconosciuta come figlia naturale ma non legittimata dal marchese Giorgio Raimondi Mantica Odescalchi.
La marchesina, dal carattere forte e temerario, era un bel tipetto che piaceva agli uomini sin da quando, a dodici anni, aveva cominciato ad avventurarsi in flirt liberi e spregiudicati. Si era inoltre imposta quale ardimentosa “pasionaria”, prestando volontariato per dare aiuto ai patrioti lombardi nella loro rischiosa lotta contro il dominio austriaco. Garibaldi la conobbe nel giugno 1859 a Robarello - Varese, mentre lei accompagnava in calesse - che nascondeva un carico di fucili per i patrioti - un sacerdote libertario. Il generale se ne innamorò prontamente, ma la ragazza non corrispose, anche perché era già legata sentimentalmente a due giovani ufficiali, il maggiore Carlo Rovelli (suo cugino) e il tenente dei Cavalleggeri di Saluzzo, il ricco vitaiolo bergamasco Luigi Caroli, detto Gigio.
Date però le insistenze dell’innamorato generale (pur confuso nella complicata gestione in contemporanea - non c’erano ancora gli sms! - di ben quattro relazioni: (la bolognese Pepoli, Speranza von Schwartz, Battistina Rovelli e la Raimondi), ma soprattutto per coprire (da parte Raimondi) il fatto che Giuseppina aveva appena scoperto di essere incinta (ad opera di Caroli?), prese corpo l’idea del matrimonio. Questo progetto era del resto favorito con entusiasmo dallo stesso marchese Raimondi, a sua volta fervido patriota e coetaneo di Garibaldi, che si prefiggeva di poter in tal modo soddisfare le sue ambizioni alla nomina senatoria. Garibaldi dunque, dopo l’armistizio di Villafranca (11 luglio 1859) tra Napoleone III e Francesco Giuseppe, avendo finalmente ottenuto nella stessa estate del 1859 il certificato di stato libero dal matrimonio con Anita, nel dicembre fu ospitato - in previsione del matrimonio - nella villa Raimondi a Fino Mornasco; in quel rilassato e fastoso ambiente egli intrattenne rapporti intimi con Giuseppina, la quale - secondo talune dicerie - continuava nel contempo ad incontrare furtivamente di notte il suo amato Gigio.
La cerimonia venne quindi celebrata il 24 gennaio 1860 nella chiesa privata del parco secolare di Villa Raimondi, alla presenza di oltre 200 esponenti della migliore aristocrazia risorgimentale milanese e comasca.
Al termine della funzione, lo sposo fu avvicinato sul sagrato della chiesa da uno sconosciuto (Carlo Rovelli, Gigio Caroli?) che frettolosamente gli consegnò una missiva “anonima”, secondo la migliore tradizione.
GIUSEPPINA RAIMONDI, SECONDA MOGLIE DI GIUSEPPE GARIBALDI
RIPUDIATA SOLO DOPO UN’ORA DAL MATRIMONIO
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LUPUS IN FABULA
La lettera in questione - mai più rinvenuta - rivelava che la Raimondi era incinta e che aveva mantenuto relazioni con altri uomini anche nel momento immediatamente precedente le nozze.
Alle adirate rimostranze del generale, la sposa non ebbe difficoltà ad ammettere quelle circostanze, per cui si narra che Garibaldi l’abbia apostrofata con la frase “Signora, siete una puttana!”.
Si racconta anche che Giuseppina abbia a sua volta replicato con l’espressione “Pensavo di essermi sacrificata per un eroe, invece non siete che uno zoticone”. Furioso e indignato per la beffa subìta, Garibaldi ripudiò immediatamente la moglie, piantandola in asso (come aveva fatto Teseo con Arianna nell’isola greca di Nasso), senza neppure spedirle il famoso “libellum repudii” del divorzio di diritto romano. Egli si allontanò precipitosamente a cavallo, tra la costernazione e lo scandalo degli invitati, e da allora non rivide mai più la sposa che lo aveva così platealmente “imbrogliato”.
La notizia di quel matrimonio durato meno di un’ora, per comprensibili ragioni, ebbe una diffusione soft presso i giornali e presso l’opinione pubblica dell’epoca, per cui quel racconto risulta ancora oggi poco tramandato.
Il fatto fu tuttavia motivo di ilarità, tant’è che, ad esempio, si vuole che lo stesso Cavour (Torino 1810 - 1861), abbia “riso assai” rispetto a quell’aneddoto; si dice anche che Vittorio Emanuele II (Torino 1820 - Roma 1878) abbia a sua volta preso le distanze, sbottando: “doveva fare la prova non dopo, ma prima del matrimonio”.
Intanto Garibaldi, affranto e deluso, dopo essere rientrato a Caprera, forse proprio per riprendersi dallo smacco, si era presto deciso a guidare la spedizione dei Mille, salpata infatti da Quarto la notte dal 5 al 6 maggio 1860. Naturalmente il generale rifiutò con sdegno di ammettere il Caroli a far parte della spedizione. Il giovane ufficiale seguì quindi il garibaldino bergamasco Francesco Nullo in Polonia, ma mal gliene incolse perché fu fatto prigioniero dai russi e spedito ai lavori forzati in Siberia, dove morì trentenne nel 1865. Giuseppina a sua volta, nell’agosto del 1860, aveva partorito un bambino morto; ma, a seguito di varie vicissitudini, anche lei subito dopo l’annullamento del chiacchierato matrimonio, potè sposare il cognato, il nobile patriota e avvocato Lodovico Mancini, dal quale ebbe l’unica figlia, Nina Mancini. Segue sul prossimo numero il quarto capitolo
4. L’urgenza di cassare quella “larva” di matrimonio
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