Qui Bergamo n.ro 321

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La stagione di prosa del Teatro Donizetti

80° Confcommercio Bergamo

Il ballo della Croce Rossa in piazza Loggia

Il Galà dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà

Autotorino festeggia i sessant’anni

Arturo Brachetti per i 40 anni di Cesvi

Oscar Bianchi, nuovo Presidente nazionale AVIS

Paratico: Scolpire in piazza 2025 e la Grande Turchina

Pepi Merisio, la fotografia gentile

L’erotismo secondo Tinto Brass

Maurizio Cattelan è in città

Una volta erano i matti da legare

Spesso a chi fa il nostro lavoro viene chiesto di occuparsi di qualche questione che sta a cuore a chi ci interpella. Per la maggior parte dei casi si tratta di qualche mancanza da parte delle amministrazioni, qualcuno sull’assenza di sicurezza, altri sul traffico, anche quello di sostanze, oppure per segnalarci qualche altra situazione degna di nota.

Quasi sempre però è tale solo per chi ce lo chiede… Ma in questo caso, il fatto riguarda tutti. È una madre settantenne vedova, sola, senza altri figli se non quello che fin da ragazzo ha perso la testa. Non ho approfondito se la cosa abbia a che vedere con l’assunzione di qualche droga, sta di fatto che il giovane in questione, che poi ha quasi 40 anni, da molto tempo fa dentro e fuori dagli ospedali psichiatrici, quando torna a casa diventa aggressivo verso la madre che è costretta a far intervenire le forze dell’ordine per l’ennesimo TSO, il ricovero, la convalescenza e poi tutto da capo, distruggendo la vecchiaia della malcapitata genitrice. Chissà perché e per come... di certo anche lei avrà magari qualche colpa ma questo non deve essere il motivo per cui la disgraziata debba continuamente subire la violenza del figlio, senza essere in grado di poter far nulla per gestirne i momenti di crisi. Adesso per l’ennesima volta, dalla struttura dov’è ricoverato il figlio, l’hanno chiamata per dirle che non possono tenerlo ancora e che tornerà di nuovo a casa.

Il problema esiste da quando sono stati aboliti per legge, la Basaglia, i manicomi, cioè quei ghetti disumani dove venivano segregate le persone considerate pericolose, sedate anche con l’uso di elettroschok e tenute in condizioni allucinanti, di cui esistono terribili testimonianze.

Dopo la loro chiusura, però, non si sono costruite delle alternative per la gestione delle persone malate di mente. Per cui il peso e la gravità della malattia mentale pesa sulle famiglie, in alcuni casi portandole alla distruzione. Però, per gestire persone disturbate, in grado di essere pericolose per sè stesse e per gli altri, nessuna famiglia è preparata ed in grado di affrontare il problema senza generare altri traumi. I familiari di queste persone, questi particolari care-giver, vivono in una situazione di grande pressione, impossibilitate a condurre una vita serena e quasi mai in grado di affrontare un percorso di accompagnamento al parente in difficoltà. Ma quello che mi ha convinto nell’appello della madre a scrivere queste righe non sono tanto le difficoltà che deve affrontare per aver avuto in sorte un figlio con disturbi mentali ma, piuttosto, per essere lasciata assolutamente sola, disperatamente abbandonata ai suoi problemi senza un supporto su cui davvero poter contare. “Ho bisogno di parlane con altre persone, di chiedere come affrontare le crisi di mio figlio, di essere aiutata invece io, come tanti altri genitori, ci sentiamo dimenticati. Invece mi chiamano per dirmi che me lo riportano a casa e ricomincia l’inferno. Pochi soldi mi dicono, poche strutture adatte al suo caso e poi…. lei è sempre la madre”.

Overturism?

Siamo a conoscenza della grande attrattiva che riveste la nostra città per i turisti che arrivano da ogni parte del mondo ma non pensavamo che la gente arrivasse a tanto pur di visitare Bergamo. Evidentemente i posti negli alberghi e nei B&B sono tutti occupati e così si dorme all’aperto.

Sul nostro sito internet potete trovare la versione digitale sfogliabile di questo numero e dei numeri arretrati.

MA NON È LA STESSA ESPERIENZA

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Vito Emilio Filì

IN QUESTO NUMERO

Cover Story

ChorusLife ‘Dove l’Estate succede’

Preferite la Prosa: eccola! Progamma del Teatro Donizetti

Che Galà! Serata di premiazioni per il torneo di tennis dell’Accademia d.S.p.S.

Cristina Parodi alla festa per i 40 anni di CESVI

80° ConfCommercio Bergamo

Il ballo della Croce Rossa in Piazza Loggia

Plinio Vannini festeggia i 60 anni di Autotorino

Nuovo showroom

Multitermo: la boutique del clima

Castagneta 16 un rifugio nel bosco vicino alla città

Giacomo Grosso

La Nuda

Tanto di Tinto: una mostra sul controverso regista

Tinto Brass

Cattelan è in lasciati Pietro Ghislandi, un grande artista poco valorizzato nella sua Bergamo

Via Bono, 10 - Bergamo

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BERGAMO MAGAZINE

Aut. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992

BRESCIA MAGAZINE

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Fotografie di: Federico Buscarino

Sergio Nessi

Matteo Marioli

Paolo Stroppa

Daniele Trapletti

Hanno collaborato: Anna Donatini

Maurizio Maggioni

Benito Melchionna

Chiara Moretti

Giorgio Paglia

Haim Reitan

Luca Ruggeri

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Informazioni 035.270989

Stampato con inchiostri a base vegetale.

ChorusLife DOVE L’ESTATE SUCCEDE

Sessantaquattro serate gratuite, 103 eventi, due piazze che diventano palcoscenico, e una promessa mantenuta: “Dove l’estate succede” non è la solita festa, ma un progetto culturale vivo, che accende la città e trasforma ogni serata in un’occasione collettiva. Ed è molto più di intrattenimento: è il cuore pulsante della rigenerazione urbana di ChorusLife, il nuovo smart district di Bergamo in via Carlo Serassi, 26 – quartiere Borgo Santa Caterina – che fa della partecipazione il suo centro. È ormai entrata nel vivo la prima stagione estiva di ChorusLife che con “Dove l’estate succede” propone fino ai primi di settembre un cartellone fitto, gratuito e aperto a tutti per animare la città tra ballo, spettacolo, dj set e show per ogni fascia d’età. Un debutto che ha già acceso il cuore del district, ovvero Piazza del Sagittario, diventata il centro delle serate a tema del cartellone di “Dove l’estate succede” che propone un’offerta per tutti i gusti, con un format tematico che scandisce il ritmo delle serate: mercoledì con il ballo liscio e le grandi orchestre, giovedì per i cantautori italiani e i tributi d’autore, venerdì tra dj set e vibrazioni elettroniche, sabato tra spettacoli, famiglie e cover band.

64 SERATE GRATUITE, 103 EVENTI, DUE

PIAZZE CHE DIVENTANO PALCOSCENICO E UN’INTERA ESTATE CHE VIBRA TRA

MUSICA, BALLO, SPETTACOLO E CONVIVIALITÀ

LE SERATE DA NON PERDERE A CHORUSLIFE

27 giugno – Alcatraz

Il leggendario club milanese sbarca a Bergamo con musica live, DJ set e animazione. Una serata evento che apre simbolicamente l’estate.

3 luglio – I migliori che abbiamo

La grande canzone italiana raccontata da un gruppo di autori e interpreti contemporanei. Con Roberta Di Lorenzo.

5 luglio – Soul Explosion

Una band dal vivo con dieci musicisti sul palco guidati da Aba Chiara: uno show potente tra funk, pop, soul e puro intrattenimento.

10 luglio – Il mare nel cassetto: la via di Franco Battiato

Alla riscoperta del grande maestro con la narrazione di Giuseppe De Grassi e un repertorio che unisce elettronica e spiritualità.

17 luglio – Almeno tu nell’universo Omaggio a Mia Martini

Canzoni e ricordi per entrare nell’intimo, passionale e delicato mondo di Mimì.

24 luglio – Roba minima, s’intend!

Canzoni di Enzo Jannacci

Concerto spettacolo del Teatro Ringhiera ispirato all’ironia e all’umanità del grande Enzo.

30 luglio – Luca Bergamini

Una delle orchestre più rappresentative del liscio italiano: ballo, tradizione e grandi successi da pista.

31 luglio – Il Signor G e l’Amore

Tributo a Giorgio Gaber con Rossana Casale

Una delle più eleganti cantanti italiane e la sua jazz band portano uno show per il grande Gaber e la sua visione dell’amore.

8 agosto – Utopia

House, indie dance e techno: un format che ogni sera trasforma la piazza in un’esperienza immersiva.

14 agosto – Nails: le migliori voci femminili della musica rock

La femminilità e il glamour della musica italiana e internazionale in uno show tutto al femminile.

21 agosto – Blues for Pino Omaggio a Pino Daniele

La band originale di Pino Daniele torna in scena con un giovane frontman per rivivere il sound partenopeo tra jazz e soul.

30 agosto – Passo Carràbile

Tributo a Raffaella Carrà

La splendida carriera dell’amatissima icona internazionale rivisitata in uno show con live band e ballerini.

Da sinistra Giulio Mazzoleni, Sergio Gandi, Christophe Sanchez, Paolo Cervini, Fabio Bosatelli, Elena Carnevali

Ma l’estate di ChorusLife raddoppia: Piazza delle Stelle, di fronte alla ChorusLife Arena, sta diventando il nuovo epicentro della movida nightlife under 30. Fino a settembre, infatti, ogni settimana, per tre sere, si alternano sette format bergamaschi tra i più amati dai giovani. Luci stroboscopiche, strutture retroilluminate, un allestimento con estetica da club e la facciata luminosa della ChorusLife Arena come scenografia naturale: il risultato è una location unica, pensata per trasformare la piazza in un dancefloor urbano sotto le stelle. Ad accompagnare la parte live anche un’area food&wine con 400 posti a sedere e il coinvolgimento di brand storici del territorio, tra cui La Marianna, Mimmo e la Latteria Sociale di Branzi. Gli appassionati di vino sono avvisati: la sezione beverage ospita infatti il progetto “Bergamo Wine Experience” con oltre 25 cantine del territorio in rotazione settimanale. Tra intrattenimento, socialità e voglia di vivere nuovi spazi cittadini, “Dove l’estate succede” si inserisce in un percorso più ampio di rigenerazione urbana e partecipazione culturale. E mentre lo smart district si prepara per nuove inaugurazioni in autunno, come la Urban Spa, l’estate a ChorusLife ha già trovato il suo ritmo. Un ritmo che unisce tradizione e futuro, famiglie e ragazzi, centro e periferia. Una nuova estate tutta da vivere e che, davvero, succede. Il programma completo della rassegna “Dove l’estate succede” è consultabile sul sito di ChorusLife: www.choruslife.com

DOVE L’ESTATE SUCCEDE ChorusLife

La rassegna “Dove l’estate succede” è stata presentata lo scorso 16 maggio sulla terrazza panoramica del ristorante L’Angolo con Vista, sul rooftop di ChorusLife. All’incontro hanno preso parte i principali promotori del progetto, a partire da Paolo Cervini, amministratore delegato del Gruppo Polifin, e Fabio Bosatelli, presidente del Gruppo Polifin. Presenti anche Elena Carnevali, sindaca di Bergamo, e Sergio Gandi, vicesindaco e assessore alla Cultura del Comune di Bergamo, che hanno sottolineato il valore della rassegna come nuovo tassello di rigenerazione urbana e culturale. A illustrare la visione artistica e organizzativa del cartellone sono intervenuti Christophe Sanchez, curatore del progetto, Giulio Mazzoleni e Steven Cavagna, responsabili del coordinamento artistico e scenografico, insieme a Fabrizio Camer, regista della proposta gastronomica, in collaborazione con A&F Eventi Gastronomici. L’incontro ha rappresentato un momento di apertura alla città, ribadendo l’obiettivo di ChorusLife: creare uno spazio vivo, accessibile e condiviso, in cui cultura, musica e socialità possano trasformare l’estate in una vera esperienza collettiva.

Grandi attori, grandi registi, grandi testi: con i suoi sette titoli in cartellone la Stagione di Prosa 2025|2026 al Teatro Donizetti si preannuncia all’insegna della spettacolarità e della profondità dei contenuti. L’inizio, dal 6 al 14 dicembre 2025, è affidato a uno spettacolo che rimanda alla tradizione teatrale del nostro paese, nello specifico a quella ligure incarnata da Gilberto Govi e dal suo Pignasecca e Pignaverde, uno dei cavalli di battaglia del celebre comico genovese, ripreso da un travolgente Tullio Solenghi, con progetto scenografico di Davide Livermore. A seguire, dal 17 al 25 gennaio 2026, il Donizetti, con Crisi di nervi, ospiterà per la prima volta una regia di Peter Stein, tornato al suo amato Čechov con i tre famosi atti unici Orso, I danni del tabacco e La domanda di matrimonio, interpretati a rotazione da diversi attori tra i quali spicca Maddalena Crippa.

Altra grande attrice al centro di un classico sarà Lella Costa, che interpreterà Lisistrata per la regia di Serena Sinigaglia: lo spettacolo arriverà a Bergamo, dal 7 al 15 febbraio, dopo il debutto estivo al Teatro Greco di Siracusa.

Il cartellone della Prosa vedrà poi sfilare altri attori e registi di prestigio. Tra questi ultimi, Sergio Rubini appone la sua firma a Il caso Jekyll, scegliendo di mettere in scena il classico della letteratura Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde di Robert Louis Stevenson in una rilettura che trasporta il testo in una ambientazione cinematografica e coinvolgente. In palcoscenico, dal 21 febbraio al 1° marzo, Daniele Russo e altri attori.

Con la compagnia veneta Stivalaccio Teatro, dedita da sempre allo studio e alla rappresentazione della commedia dell’arte, si tornerà quindi, dal 7 al 15 marzo, al teatro di tradizione, con Arlecchino muto per spavento, uno dei canovacci più rappresentati nella Parigi dei primi del Settecento, riproposto per la prima volta in epoca moderna. In aprile, dall’11 al 19, sarà la volta di Gabriele Lavia che, anche nelle vesti di regista, proporrà Lungo viaggio verso la notte, testo con cui Eugene O’Neill vinse il Premio Pulitzer per la drammaturgia nel 1957, mettendo in scena i segreti dolorosi di un microcosmo di una famiglia disfunzionale americana.

Infine, dal 9 al 17 maggio, un’altra protagonista del teatro italiano, Maria Paiato, sarà impegnata in una sfida interpretativa importante, vestendo i panni di uno dei personaggi più crudeli scritti da Shakespeare: Riccardo III.

Alessandro Bergonzoni, ph. Chiara Lucarelli

DI PROSA TEATRO DONIZETTI

PROGRAMMA STAGIONE

Dal 6 al 14 dicembre 2025 | Teatro Donizetti

Da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 15.30

Tullio Solenghi PIGNASECCA E PIGNAVERDE di Emerico Valentinetti

adattamento in due atti di Tullio Solenghi e Margherita Rubino, regia Tullio Solenghi

Dal 17 al 25 gennaio 2026 | Teatro Donizetti

Da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 15.30

CRISI DI NERVI.

Tre atti unici di Anton Čechov, regia Peter Stein adattamento Peter Stein e Carlo Bellamio assistente alla regia Carlo Bellamio interpreti - L’orso: Maddalena Crippa, Alessandro Sampaoli e Sergio Basile - I danni del tabacco: Gianluigi Fogacci - La domanda di matrimonio: Alessandro Averone, Sergio Basile e Emilia Scatigno

Dal 7 al 15 febbraio 2026 | Teatro Donizetti

Da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 15.30 Lella Costa è LISISTRATA da Aristofane traduzione e adattamento Emanuela Aldrovandi regia Serena Sinigaglia, con Lella Costa e (in ordine alfabetico) Marco Brinzi, Francesco Migliaccio, Stefano Orlandi, Pilar Perez Aspa, Giorgia Senesi, Irene Serini

Dal 21 febbraio al 1° marzo 2026 | Teatro Donizetti

Da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 15.30

Daniele Russo: IL CASO JEKYLL

regia Sergio Rubini, da Robert Louis Stevenson adattamento Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini

regia Sergio Rubini, con Daniele Russo, Geno Diana e Pierluigi Corallo, Alfredo Angelici, Angelo Zampieri e Alessia Santalucia

Dal 7 al 15 marzo 2026 | Teatro Donizetti

Da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 15.30

Stivalaccio Teatro:

ARLECCHINO MUTO PER SPAVENTO

Ispirato al canovaccio Arlequin muet par crainte di Luigi Riccoboni, soggetto originale e regia Marco Zoppello, assistente alla regia Francesca Botti con (in ordine alfabetico) Sara Allevi, Marie Coutance, Matteo Cremon, Anna De Franceschi, Michele Mori, Stefano Rota, Pierdomenico Simone, Maria Luisa Zaltron e Marco Zoppello

Dall’11 al 19 aprile 2026 | Teatro Donizetti

Da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 15.30

Gabriele Lavia e Federica Di Martino

LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE

di Eugene O’Neill, traduzione Bruno Fonzi, adattamento Chiara De Marchi, regia Gabriele Lavia . Con Gabriele Lavia e Federica Di Martino, Jacopo Venturiero, Ian Gualdani e Beatrice Ceccherini.

Dal 9 al 17 maggio 2026 | Teatro Donizetti

Da martedì a sabato ore 20.30, domenica ore 15.30

Maria Paiato.: RICCARDO III

di William Shakespeare, riduzione e adattamento

Angela Dematté, regia Andrea Chiodi con Maria Paiato e con Tommaso Cardarelli, Francesca Ciocchetti, Ludovica D’Auria, Giovanna Di Rauso, Giovanni Franzoni, Igor Horvat, Emiliano Masala, Cristiano Moioli, Lorenzo Vio e Carlotta Viscovo

TULLIO SOLENGHI
LELLA COSTA
GABRIELELE LAVIA

ALTRI PERCORSI

Giovedì 4 dicembre 2025, ore 20.30 | Teatro Sociale

Luca Saccoia

NATALE IN CASA CUPIELLO

Spettacolo per attore cum figuris di Eduardo De Filippo, da un’idea di Vincenzo Ambrosino e Luca Saccoia regia Lello Serao, con Luca Saccoia

Giovedì 18 dicembre 2025, ore 20.30 | Teatro Sociale

Ivan Talarico

LA CANTAUTRICE FANTASMA

scritto da Ivan Talarico, canzoni di A.F. e AA. VV. grazie a Roberto Castello e ALDES, Giulia Zeetti produzione Rabidusmile

Giovedì 15 gennaio 2026, ore 20.30 | Teatro Sociale

Carrozzeria Orfeo

SALVEREMO IL MONDO PRIMA DELL’ALBA uno spettacolo di Carrozzeria Orfeo, drammaturgia Gabriele Di Luca, regia Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti e Alessandro Tedeschi, con (in ordine alfabetico) Sebastiano Bronzato, Alice Giroldini, Sergio Romano, Roberto Serpi, Massimiliano Setti e Ivan Zerbinati

Giovedì 5 febbraio 2026, ore 20.30 | Teatro Sociale

Matinée Giovedì 5 e venerdì 6 febbraio 2026, ore 10.30

Giorgio Marchesi

IL FU MATTIA PASCAL

dal romanzo di Luigi Pirandello, adattamento Giorgio Marchesi, regia Giorgio Marchesi e Simonetta Solder con Giorgio Marchesi, musiche scritte ed eseguite dal vivo da Raffele Toninelli

Giovedì 19 febbraio 2026, ore 20.30 | Teatro Donizetti Circo Zoè

DESERANCE di e con Simone Benedetti, Anouck Blanchet, Adrien Fretard, Maria Reis, Chiara Sicoli e Gael Manipoud / Andrea Cerrato musiche Jean Stengel e Diego Zanoli

canto Irene Geninatti / Camilla Corsi direzione tecnica Yoan Breton

Giovedì 5 marzo 2025, ore 20.30 | Teatro Donizetti

Alessandro Bergonzoni

ARRIVANO I DUNQUE

(Avannotti, Sole blu e la storia della giovane Saracinesca), di e con Alessandro Bergonzoni regia Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi

Giovedì 26 marzo 2026, ore 20.30 | Teatro Sociale

Matinée Giovedì 26 marzo 2026, ore 10.30

Usine Baug & Fratelli Maniglio

ILVA FOOTBAL CLUB

ispirato all’omonimo romanzo Ilva Football Club di F. Colucci e L. D’Alò regia e drammaturgia Usine Baug & Fratelli Maniglio con Fabio Maniglio, Luca Maniglio, Ermanno Pingitore, Stefano Rocco e Claudia Russo.

Da sempre Altri Percorsi è una finestra aperta sul teatro di ricerca, sull’intreccio fra linguaggi diversi, offrendo così l’opportunità agli spettatori di incontrare diverse esperienze significative del panorama teatrale contemporaneo.Varietà che è data, come consuetudine, anche da nuove proposte: ben cinque titoli dei sette porteranno in rassegna artisti mai ospitati prima. Cinque degli spettacoli in programma sono previsti alTeatro Sociale, mentre altri due saranno rappresentati al Teatro Donizetti.

Partenza a dicembre proprio con due novità: giovedì 4 con Natale in casa Cupiello. Spettacolo per attore cum figuris (Premio della Critica 2023), con Luca Saccoia, nella parte diTommasino, e con lui in scena sette pupi a cui dà anima, voce e carattere, restituendo il testo eduardiano e vivificandone la radice; giovedì 18 con La cantautrice fantasma, spettacolo di teatro-canzone di IvanTalarico, che invita a riflettere sul tema dell’autorialità dell’arte, coinvolgendo il pubblico in un attraversamento del mondo cantautorale italiano.

L’anno nuovo saluterà il ritorno, il 15 gennaio, di Carrozzeria Orfeo: li avevamo lasciati nel 2023 nella cucina di un sottoscala e li ritroviamo ora, con Salveremo il mondo prima dell’alba, su un satellite nello spazio all’interno di una lussuosa clinica specializzata nella cura delle dipendenze contemporanee. Immutato resta lo spirito spregiudicato e brillante della compagnia.

In febbraio, giovedì 5 mattina e sera e il 6 mattina, il bergamasco Giorgio Marchesi riproporrà, con fedeltà al testo che diventa virtuosismo attoriale, uno dei classici pirandelliani: Il fu Mattia Pascal. Sempre in febbraio, il 19, arriverà al Donizetti Circo Zoè, compagnia internazionale che ha tra i propri fondatori due bergamaschi, Simone Benedetti e Diego Zanoli. Nella produzione italofrancese Deserance, Circo Zoè esplora l’archetipo del viaggio, coniugando come sempre altissimo livello di tecnica acrobatica con un’impronta drammaturgica onirica e immaginifica.

Ancora al Donizetti, giovedì 5 marzo, un altro gradito ritorno: quello di Alessandro Bergonzoni, che con Arrivano i dunque (Avannotti, Sole blu e la storia della giovane saracinesca) attraversa, come un funambolo, le parole, per tenere in equilibrio la nostra umanità sempre più a rischio di affondare attorno ad un “tavolo delle trattative”. Bergonzoni è sempre Bergonzoni.

Chiuderà la rassegna, giovedì 26 marzo, matinée e serale, Ilva Football Club, con cui incontreremo per la prima volta Usine Baug e i Fratelli Maniglio: loro è il compito di raccontare, attraverso la narrazione calcistica, le vicende della città diTaranto, strettamente legata alla storia dell’ex Ilva, l’acciaieria più grande e più inquinante d’Europa.

Altri Percorsi è da alcuni anni anche una sorta di palestra per avvicinare al teatro giovani delle scuole superiori, grazie a una offerta di abbonamento pensata appositamente per loro.

80°

CONF COMMERCIO BERGAMO

IL 25 MAGGIO SCORSO UN GRANDE EVENTO IN FIERA PER CELEBRARE QUESTO PRESTIGIOSO TRAGUARDO ANCHE CON LA PREMIAZIONE DELLE ATTIVITÀ STORICHE E LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO CHE RACCONTA L’EVOLUZIONE DEL TERZIARIO DAL 1945 AD OGGi

Confcommercio Bergamo ha festeggiato i suoi 80 anni in Fiera, in Via Lunga. Un video introduttivo ha catapultato i numerosissimi presenti in questa lunga storia nella grande storia, attraverso i grandi avvenimenti mondiali e le rivoluzioni sociali e di costume, che hanno segnato dal secondo dopoguerra gli ultimi 80 anni. A fare gli onori di casa, a fianco del vicepresidente vicario Confcommercio Bergamo e presidente Ente Fiera Promoberg Luciano Patelli e del vicepresidente Cristian Botti, il presidente Confcommercio Bergamo Giovanni Zambonelli che, nel suo discorso, ha sottolineato: “Confcommercio è la casa degli imprenditori che hanno creduto che il proprio lavoro fosse qualcosa più che un lavoro ma una passione da trasmettere ad altri. Sono gli imprenditori che danno anima ai quartieri e illuminano le vetrine. Ma in questi 80 anni le imprese non sono mai state sole. In questo cammino ci sono state a fianco realtà importanti e istituzioni. Il pensiero più grande oggi va ai nostri associati perché questa è la nostra festa, da condividere con il nostro territorio. Una terra a volte dura ma generosa e che offre opportunità spesso uniche. Dobbiamo guardare al futuro, oltre le difficoltà, forti della consapevolezza che il commercio è cultura, relazione e futuro”. Il presidente nazionale Confcommercio Imprese per l’Italia Carlo Sangalli ha raggiunto la platea di circa 600 soci Confcommercio Bergamo con un videomessaggio: “Il primo respiro di libertà di quel lontano 25 aprile 1945 ispirò qualche giorno dopo, il 29 aprile, la fondazione di Confcommercio, una storia di popolo e di imprese che ha i vostri volti e le vostre voci.

E che oggi, oltre al commercio, rappresenta tanti altri settori dal turismo, alle professioni, ai trasporti. I compleanni sono da celebrare non per forma ma per sostanza. Sono un ponte tra passato e futuro, la consapevolezza della nostra identità. Senza memoria del passato saremmo senza radici. Dobbiamo ricordare da dove veniamo e ricordare il futuro con continuità cambiamento ed equilibrio. Confcommercio è fatta da storie di ognuno e ognuno costruisce la storia. La sfida della realtà chiede la capacità di dialogare e costruire ponti al posto dei muri”. Ad accompagnare la giornata il libro a firma di Sergio Cotti, edito da Bolis Edizioni “Una storia tante imprese. 80 anni di commercio, turismo e servizi nella Bergamasca”. Una storia nella storia, con al centro sempre la persona, per tutte le attività che trovano nel servizio la propria connotazione. A Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo, il compito di guardare al futuro. “Nei prossimi anni saremo chiamati a fare uno sforzo straordinario con l’obiettivo di farlo attraverso le persone e le relazioni, che non potranno mai essere sostituiti dall'intelligenza artificiale. Il nostro è un sistema che è stato costruito su un legame forte tra associato e associazione ed è questo il valore cui guarderemo sempre negli anni a venire”.

ph. Sergio Nessi
ph. Milo Bonfanti

LA MAGICA LUCE DELL’UMORISMO

Era venuto ad abitare nel mio paese poco distante dalla città, sapevamo essere di buona famiglia e fu iscritto alle scuole elementari nella mia stessa classe, al quinto anno, al termine del quale c’erano i temutissimi esami. Pietro era rotondetto, non altissimo ma brioso, scattante e simpatico. Aveva gli occhi di un azzurro intenso anche se un po’ a palla. Non era il primo della classe ma aveva fatto presto amicizia con tutti. Dopo quell’anno in classe insieme, non essendoci una particolare amicizia, ci perdemmo di vista, ognuno a rincorrere i suoi guai, ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi...

Ci saremmo ritrovati molti anni più tardi, non al Roxy Bar, ma nella redazione di questo giornale che lo vide in copertina nel Novembre del 1996, con una bella intervista, dove raccontava gli inizi della sua carriera, della quale vi riportiamo alcuni passaggi di seguito. Il suo personaggio, un nuovo Don Camillo che parla con il Padreterno al cellulare, in modo qualche volta provocatorio e irriverente, gli attirò tanta simpatia dal pubblico ma deve aver dato fastidio a qualcuno sul colle e, a mio parere, Pietro nel corso degli anni è sempre stato sminuito dai media locali rispetto alla sua grandezza di geniale ed eclettico artista. (V.E.Filì)

Un pensiero di Bruno Bozzetto, grande amico di Pietro, che collaborava spesso nei doppiaggi dei personaggi dei suoi cartoons, grazie a doti vocali uniche

“Spiritoso,pienodivita,imprevedibile,sempreprontoallabattuta fulminante e a volte anche dissacrante. Questo era Pietro Ghislandi,uncarissimoamicofindagli annisettanta,unmeraviglioso ventriloquo(sivantava,ederaverissimo,dinonmuovereneppure unmuscolofaccialequandodonavalavocealsuopupazzo,cosache nonsapevanoassolutamentefare moltialtrifamosiventriloqui),un attore con cui ho realizzato moltissimicortometraggiemediometraggi,doppiatoreeimitatore favoloso(avevasostituitoperanni ancheladifficileeparticolarissima voce della “Linea” di Osvaldo Cavandoli), caro amico di Leonardo Pieraccioni che lo stimava sinceramente e l’aveva inserito con successoinparecchisuoilavori… Pietroeraquestoemoltissimo altroancora,perchélasuapoliedricaattivitàlofacevaspaziaredal teatro, al cinema, dalla radio alla pubblicità…mapernoierasemplicementel’animadellacompagnia,unamicoconcuieradifficile anchecenareperletropperisatee ildivertimentochesapevasuscitarequandomenotel’aspettavi. Lui avrebbe sicuramente trovato unabattutaesilaranteancheper questotristissimogiorno,perché lui“ciriusciva”.Sempre.Noino. Noinonnesiamocapaci.Eccoperchésiamotristi.Perchésappiamo quantosiaimportantepossedere quellamagicalucedell’umorismo che riesce a illuminare anche i momentipiùbuidellavita.Ma oggiquesta“luce”sièspenta.Un grandeabbraccioPietro”.

PIETRO GHISLANDI

Orson Wells

“Ho

un sogno: interpretare un film che racconti

la vita di Orson Wells… il più grande di tutti e qualcuno trova anche che io gli somigli…”

Tratto dall’intervista pubblicata nel novembre del 1996

“All’inizio era un modo per divertirci tra amici e per conoscere qualche ragazza. Avevo trasformato un grande garage in un minuscolo teatro con il suo angolino per la scena su cui era puntato un occhio di bue. Lo spettacolo fatto di gag e immatura comicità durava dieci minuti, poi venti, poi mezz’ora…. L’estate successiva il trio quelli del Bunker così ci eravamo chiami formato da me Giuseppe Cella ed Oreste Castagna, bussava alle porte di tutti gli imparerai della Rivera romagnola alla ricerca di una scrittura per qualche serata che ci consentisse di raggranellare i soldi per prolungare quella strana vacanza.

La vena artistica in famiglia c’era sempre stata anche mio padre adorava preparare piccoli spettacoli anche se non si sarebbe mai esibito fuori della cerchia degli amici e dei famigliari. Per me e mia sorella quelle piccole rappresentazioni casalinghe erano un vero spasso… ne ricordo la genuinità e la freschezza. Anch’io da piccolo mi esibivo in un’orchestra di piccoli suonatori di fisarmonica. La scuola non era il mio grande amore… terminai il liceo scientifico con scarso impegno dedicandomi invece nel frattempo e con grande trasporto allo studio dei suoni e della musica. Passavo ore a registrare nella mente i rumori, i suoni che sentivo intorno a me e poi cercavo di riprodurli con la voce. Imparavo a miagolare a fare il rumore di un treno, imitavo le voci degli altri, in particolare quelle dei bambini mi esercitavo non appena potevo cercando di scoprire il segreto che consente ai suoni di diventare musica. Iniziai anche a sviluppare le prime tecniche di ventriloquia. Mi iscrissi ad un facoltà di lettere perché in casa volevano fare di me un professore ma la vera passione era il conservatorio dove ho frequentato per quattro anni lezioni di pianoforte e, per guadagnare un po’ di soldi, chiesi di poter fare supplenza presso qualche scuola media. Il primo giorno in cui mi trovai su una pedana da professore con un pubblico di studenti realizzai cosa desideravo di più dalla vita… recitare, catturare l’attenzione della gente, farla divertire.

Esibirmi mi dava una carica ineguagliabile. Il primo giorno di lezione rimasi in silenzio fissando tutti i miei studenti che nel frattempo ne combinavano di tutti i color, come si usa quando arriva in aula url supplente di un professore, quello di educazione musicale, che già solitamente alle scuole medie è trattato con sufficienza. Facevo roteare una matita tra le dita picchiettandone la punta con un ritmo prefetto sulla cattedra… dopo quindici interminabili minuti di frastuono, risate e smargiassate, quello era l’unico suono che si poteva percepire nella stanza. A quel punto finalmente in silenzio comincia produrre altri suoni e a parlare con voci diverse e anche con il sistema ventriloquo… li avevo in pugno: nessuno fiatava più e sebbene parlassi con bassissima nessuno osava ora interrompermi. Così ogni volta prima dell’insegnante saliva in cattedra il cabarettista che con qualche trovata riusciva a rompere il muro… guadagnatosi così la simpatia di quei ragazzi. La musica che fino ad allora era stata la mia grande passione si fondeva ora con un enorme desiderio di calcare le scene.

Tanta gavetta. Serate nei locali su e giù per l’Italia alla ricerca della battuta più forte, della storiella migliore. E poi la pubblicità. I primi anni ho partecipato a decine di provini per spot pubblicitari ma raramente venivo scelto e alla sera davanti alla tv vedevo lo spot per il quale era stato preferito un altro”.

Ciao Pietro... E poi ci troveremo come le stars a bere del whisky al Roxy Bar.... (V.E.F.)

IL GRAN BALLO DELLA CROCE ROSSA

Per celebrare i 160 anni dalla sua fondazione, il Comitato di Brescia della Croce Rossa Italiana ha organizzato il Gran Ballo ottocentesco in piazza Loggia.

Un evento unico e suggestivo per celebrare un traguardo prestigioso. Domenica 25 Maggio Piazza Loggia si è trasformata in una grande sala da ballo a cielo aperto per ospitare il Gran Ballo Ottocentesco e festeggiare i 160 anni del Comitato di Brescia della Croce Rossa. Circa 100 ballerini provenienti da tutta Italia, indossando splendidi costumi d’epoca, hanno animato la piazza con danze ottocentesche, rievocando l’atmosfera del periodo in cui nacque il Comitato bresciano nato nel lontano 26 giugno 1865 quando, per iniziativa dell’Associazione Medica Bresciana e della municipalità, venne costituito dopo quello di Milano, Bergamo e Cremona.

IL GRAN BALLO DELLA

CROCE ROSSA

Un evento imperdibile per rivivere la storia, un’occasione per coinvolgere cittadini e visitatori in un momento di condivisione e partecipazione.

CHE GALÀ!

Un altro successp per il Torneo di tennis organizzato come ogni anno dall’Accademia dello Sport per la Solidarietà culminato nella cena di gala durante la quale sono stati raccolti circa 30 mila euro. L’emozione di Gian Piero Gasperini, la voce di Roby Facchinetti, la consegna dei Golden Vip e la celebrazione del traguardo dei tre milioni in beneficenza dell’Accademia dello Sport per la Solidarietà: è stata una serata dalle grandi emozioni quella di Lunedì 9 Giugno, la perfetta chiusura del cerchio per la 49esima stagione solidale dell’associazione fondata da Giovanni Licini. Di fronte a 600 ospiti, alla presenza delle principali autorità politiche cittadine, provinciali, regionali, nazionali e a personalità del mondo civile, imprenditoriale e sportivo, il compito di aprire le danze è stato affidato proprio a Licini:

I numeri ci hanno dato ragione perché, purtroppo, sono stati portati alla luce oltre 50 casi di patologie gravi, che abbiamo indirizzato velocemente alle strutture più appropriate al fine di effettuare i necessari approfondimenti diagnostici o, addirittura, per interventi d’urgenza. Quindi grazie ai medici, agli infermieri e ai nostri infaticabili volontari senza i quali nulla sarebbe possibile”. IL RITORNO DEL GASP, ROBY FACCHINETTI

“Quarantanovesima edizione: un traguardo importante, reso possibile dalla partecipazione di più di 400 giocatori. Tanto sport, tanta amicizia, tanta solidarietà. E, quest’anno, anche tanta salute. Una convinzione che ci ha portati al progetto ‘Lo Sport è Salute’: in cinque giorni, dal 26 al 30 maggio, abbiamo effettuato oltre 2.300 screening. Quando siamo partiti avevamo previsto mille visite, ma di fronte a tanta richiesta non abbiamo saputo dire di no: ci è costato fatica, è vero, ma non siamo abituati a deludere il nostro territorio e nessuno è rimasto inascoltato. Questo ci ripaga più di ogni altra cosa.

Claudio Trezzi, Sergio Rota, Alessandro Oberti, Laura Tombini, Gianangelo Cattaneo, Alberto Oberti, Danilo Arizzi, Cristina Gasperini, Cristina Radici, Giancarlo Giorgetti, Gian Piero Gasperini, Tullio Gritti, Gigi Cocchetti, Giovanni Licini, Franco Lamera, Alessandro Masera e Marco Bucarelli

Anche quest’anno sono diverse le realtà territoriali sostenute dall’Accademia dello Sport, coinvolte come sempre in progetti concreti: Clinica San Francesco (finanziate quattro nuove linee per la chemioterapia), Cascina Ponchia (acquisto degli arredi per il programma di residenzialità destinato a persone con autismo), Comunità Shalom (sostituzione di tutti gli infissi grazie all’impegno della Pedretti Serramenti), Associazione Italiana Persone Down di Bergamo

e Cosimo

Giovanni Fontana, Comandante Guardia di Finanza, Giovanni Licini, Vincenzo Tomei, Comandante Stato Maggiore Guardia di Finanza, e Cosimo Di Gesù, Comandante Accademia Guardia di Finanza
Gen. Cosimo Di Gesù, Comandante Accademia Guardia di Finanza, Luca Rotondi, Prefetto di Bergamo, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia e Giovanni Licini
Giovanni Fontana, Comandante Guardia di Finanza, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, Luca Rotondi, Prefetto di Bergamo, Giovanni Licini, Maurizio Tespili, Roberto Crugnola, Gian Piero Gasperini, Roby Facchinetti
Di Gesù, Comandante Accademia Guardia di Finanza

CHE GALÀ!

(arredamento di due appartamenti per l’autonomia abitativa in Borgo Santa Caterina), Casa Alzheimer di Fondazione Carisma (adozione della palestra e coinvolgimento di altri benefattori per l’adozione di altre sale e camere), Associazione Diabetici Bergamaschi (acquisto di dotazioni per screening durante gli eventi sportivi), Anmic (sostegno dell’attività di trasporto degli invalidi civili). Ma tra i progetti ce n’è anche uno completamente focalizzato sull’Accademia dello Sport e sull’impatto delle sue iniziative sul territorio: un “caveau digitale ®” realizzato dalla società specializzata Emblème, che creerà un archivio basato sugli asset dell’associazione, tra documenti, premi, cimeli e protagonisti che hanno segnato la storia. Un modo per valorizzare e archiviare in modo professionale ogni singolo pezzettino di storia, compresi aneddoti e personaggi che l’hanno caratterizzata. Negli annali rimarranno ovviamente anche i Golden Vip 2025: Francesco Locati, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII – Golden Vip 2025 all’Eccellenza medica Premio Fondazione Credito Bergamasco, Fabio Bosatelli, imprenditore – Golden Vip 2025 all’Imprenditoria Premio Banca Mediolanum, Miro Radici, imprenditore – Golden Vip 2025 all’Imprenditoria Premio Banca Mediolanum, e Marten De Roon, capitano dell’Atalanta - Golden Vip “Luciana e Gianni Radici”.

Danilo Arizzi, Gianangelo Cattaneo, Luigi Latini, Cristina Radici, Giovanni Licini, Carlos Bernardes, Piero Arcangeli (ritira per conto di Roberto Paratico), Roberta Magri, Cristiano Ferrante, Franco Lamera, Roberto Selini, Michele Magrin, Luca Chiesa e Alessandro Masera
Golden Vip premio Fondazione Credito Bergamasco a Francesco Locati, Direttore Generale Papa Giovanni XXIII: da sx Giovanni Licini, Pasquale Gandolfi, Pres. Prov. di Bergamo, Senatore Massimiliano Romeo, Roberto Perico, Presidente Comitato Territoriale BPM, Elena Carnevali, Sindaca di Bergamo, Claudia Terzi, Assessore di Regione Lombardia, Francesco Locati, Marina Fratus, vicepresidente Fondazione Credito Bergamasco, e Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia
Il Golden Vip Francesco Locati riceve il premio da Marina Fratus
Il Golden Vip Miro Radici riceve il premio da Giovanni Pirovano con Giancarlo Giorgetti
Il Golden Vip Fabio Bosatelli riceve il premio da Corrado Fontana, Emilio Pedretti e Giovanni Pirovano
Foto di gruppo dei Golden Vip: da sx Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, Miro Radici, Francesco Locati, Marten de Roon, Fabio Bosatelli e Giovanni Licini

Il Golden Vip Marten de Roon riceve il premio da Carlo Pellegatti, Angelo Radici e Cristina Radici

Nell’immagine a sinistra Golden Vip premio Luciana e Gianni Radici per lo sport a Marten de Roon: da sx Giovanni Licini, Cosimo Di Gesù, Comandante Accademia Guardia di Finanza, Elena Carnevali, Sindaca di Bergamo, Carlo Pellegatti, giornalista sportivo, Marten de Roon, Angelo Radici, Cristina Radici, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, Claudia Terzi, Assessore di Regione Lombardia, Federica Picchi, Sottosegretario Regione Lombardia, e Mons. Giulio Dellavite, Delegato Vescovile

Poi ecco il momento della prima sorpresa: un video da pelle d’oca dedicato a Gian Piero Gasperini e ai suo grandi successi alla guida dell’Atalanta, che hanno emozionato fino a far diventare gli occhi lucidi anche al diretto interessato. “Insieme abbiamo fatto tante cose belle, sarebbe stato bello vincere anche qualcosa in Italia ma ci siamo fatti con l’Europa e vale di più - ha commentato con la voce rotta dall’emozione Gasperini – La scelta fatta è stata professionale, ovunque porteremo i valori di questa città. C’è stato un tale affetto nei nostri confronti che io non potrò mai staccarmi da questa città. Abbiamo portato tutti i valori di Bergamo, di lavoro, di onestà, di voglia di raggiungere i traguardi. E questo con squadra e società, tutti insieme e non singolarmente. Ed è stato bellissimo, ci rimarrà sempre”. La musica dal vivo di Roby Facchinetti, che si è esibito in “Rinascerò, Rinascerai”, ha accompagnato la serata verso le battute finali: la tradizionale asta solidale ha permesso di rimpinguare la raccolta 2025 a sostegno dei progetti benefici, con un contributo di 29.200 € raggiunto con 4 bottiglie di vino dell’azienda agricola di Gian Piero Gasperini personalizzate dall’artista Andrea Mastrovito, la maglia autografata di Marten De Roon, lo spartito di Rinascerò, Rinascerai, il cd Parsifal e l’autobiografia di Roby Facchinetti tutti autografati.

Golden Vip premio Mediolanum per l’imprenditoria a Miro Radici: da sx Giovanni Licini, Deputato Riccardo Molinari, Luca Rotondi, Prefetto di Bergamo, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, Elena Carnevali, Sindaca di Bergamo, Miro Radici, Giovanni Pirovano, Presidente Banca Mediolanum, Emilio Pedretti e Corrado Fontana di Banca Mediolanum

Golden Vip premio Mediolanum per l’imprenditoria a Fabio Bosatelli: da sx Giovanni Licini, Elena Carnevali, Sindaca di Bergamo, Luca Rotondi, Prefetto di Bergamo, Claudia Terzi, Assessore di Regione Lombardia, Giancarlo Giorgetti, Ministro dell’Economia, Fabio Bosatelli, Corrado Fontana ed Emilio Pedretti di Mediolanum e Giovanni Pirovano, Presidente Banca Mediolanum

Danilo Arizzi, Gianangelo Cattaneo, Cristina Radici, Giovanni Licini. Giancarlo Giorgetti riceve la targa per i tre milioni di euro in beneficenza, Alessandro Masera e Franco Lamera
Antonella Gambarini, Roby Facchinetti, Davide Gasperini, Gian Piero Gasperini, Franco Pedretti, Andrea Nalin, Andrea Mastrovito, Antonella Licini, Giovanni Licini, Gigi Cocchetti e Franco Lamera

AUTOTORINO FA SESSANTA

AUTOTORINO HA FESTEGGIATO I SUOI PRIMI 60 ANNI INAUGURANDO IL NUOVO QUARTIER GENERALE DI COSIO VALTELLINO, IN PROVINCIA DI SONDRIO, ALLA PRESENZA DEL MINISTRO DELL'ECONOMIA, GIANCARLO GIORGETTI.

PRESENTE IN SEI REGIONI

Sessant’anni di storia, un milionee mezzo di veicoli venduti, 3.000 collaboratori e una presenza capillare in sei regioni italiane e oltre confine. Autotorino celebra un anniversario importante, non solo come traguardo aziendale, ma come tappa simbolica di un percorso che incarna l’evoluzione stessa del settore automotive italiano. Un’evoluzione fatta di scelte controcorrente, radicamento territoriale e una visione tecnologicaoggi più attuale che mai.

Inlinea con le sue recenti dichiarazioni sull'importanza disostenere l'industria automobilistica nazionale e di garantire una transizione energetica equilibrata, il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, ha sottolineato durante l'inaugurazione della nuova sede di Cosio Valtellino il valore strategico di imprese capaci di coniugare radicamento territoriale e visione industriale. “Sostenere le imprese ancorate ai territori - ha detto il ministro è una priorità per il sistema Paese. Lo sviluppo non passa solo dai grandi centri, ma anche da realtà imprenditoriali come questa, capaci di generare occupazione, innovazione e valore laddove le radici familiari e industriali coincidono. È questo il tessuto produttivo su cui dobbiamo continuare a investire”.

Fondata nel 1965 a Morbegno, in Valtellina, da Arrigo Vanini, Autotorino è passata dall’acquisto e rivendita di auto usate dei dipendenti Fiat a un modello d’impresa tra i più innovativi del panorama europeo. Dopo la scomparsa prematura del fondatore, nel 1985, la guida è passata al figlio Plinio Vanini, allora appena ventiduenne, che ha saputo trasformare una piccola realtà locale in un gruppo leader del settore, coniugando coraggio imprenditoriale e capacità di adattamento in un mercato in continua evoluzione. La svolta arriva negli anni Novanta, con il trasferimento della sede a Cosio Valtellino e la specializzazione nei veicoli 4x4, ma è nel 2007 che il gruppo inizia la propria espansione extra-provinciale, approdando nella Bergamasca. Da lì, è partita una crescita costante, anche nei periodi più complessi per l’automotive, come la crisi del 2008 e la successiva razionalizzazione della rete distributiva italiana.

Nel 2024 Autotorino ha venduto oltre 73.000 auto, tra nuovo e usato ,registrando un fatturato di 2,68 miliardi di euro. È il 28° dealer in Europa per volumi secondo l’Icdp (International car distribution programme, l’organizzazione internazionale indipendente di ricerca e consulenza specializzata nel settore della distribuzione automobilistica, fondata negli anni Novanta nel Regno Unito) e l’unico italiano nella top 30. La rete conta oggi 70 sedi in Italia e una prima filiale all’estero, a Varsavia, frutto dell’acquisizione della concessionaria Mercedes-Benz nella capitale polacca. Un ingresso nei mercati esteri che segna l’inizio di una nuova fase, dove il modello italiano fondato su prossimità, servizi e ascolto del cliente punta a esportare i propri standard di qualità anche fuori dai confini nazionali.

Plinio Vanini, 62 anni, è alla guida del Gruppo Autotorino dal 1985

LA NUOVA SEDE

Il 2025, oltre a segnarel’anniversario, si apre con l’ampliamento del quartier generale di Cosio Valtellino, che oggi ospita 300 collaboratori su una superficie di 4.000 metri quadri. Un progetto che va oltre l’estetica architettonica, incarnando i valori fondanti delGruppo: sostenibilità, benessere lavorativo, innovazione e impatto positivo sui territori. Lanuova sede non è solo un centro direzionale, ma ilfulcro operativo di un sistema organizzativo distribuito su 24 province e costantemente alimentato da investimenti in formazione e tecnologia.

L’acquisizione della concessionaria Mercedes-Benz di Varsavia rappresenta la prima esperienza del Gruppo oltre i confini italiani, e si aggiunge alla rete che già comprende 70 sedi.

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti era presente all’inaugurazione della nuova sede di Autotorino

METODO COLLAUDATO

Il primo trimestre del 2025 siè chiuso con risultati positivi: 640 milioni di euro difatturato e 19.800 vetture vendute, entrambi increscita del 5% rispetto allo stesso periodo del 2024. In aumento anche il post-vendita, con oltre 55 milioni di euro generati dai servizi officina (+7%) e un +6% nei passaggi in assistenza. Numeriche confermano la solidità del modello adottato da Autotorino: una presenza fisica diffusa sul territorio e un ecosistema digitale evoluto, a partire dalla piattaforma autotorino.it, sempre più centrale nel percorso d’acquisto.

GLI INVESTIMENTI

Per sostenere l’espansione, il Gruppo ha già pianificato 75 milioni di euro diinvestimenti nei prossimi tre anni: 50 milioni saranno destinati all’efficientamento delle strutture esistenti, mentre 25 milioni andranno allo sviluppo di nuove piattaforme digitali e al miglioramento dei processi interni. A tutto questo si affianca unimpegno crescente per la parità di genere, e la volontà di generare valore sociale, ambientale e culturale nei territori in cui opera.

I PROSSIMI 60 ANNI

Sessant’anni dopo quella prima auto usata portata da Torino alla Valtellina, Autotorino continua a viaggiare su una strada che unisce memoria e futuro. Un percorso alimentato da scelte coraggiose, innovazione continua e,soprattutto, da una visione dell’automobile come servizio. Non solo da vendere, ma da accompagnare, manutenere, garantire e rendere accessibile.

ARTURO BRACHETTI PER I 40 ANNI DI CESVI

ph. Sergio Nessi

UN GRANDE EVENTO PER CELEBRARE L'ANNIVERSARIO DELL’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA BERGAMASCA, A SOSTEGNO DEL PROGRAMMA CASE DEL SORRISO IN ITALIA E NEL MONDO

In occasione del 40° anniversario di Fondazione CESVI mercoledì 28 maggio è andato in scena, presso il prestigioso Teatro Donizetti di Bergamo, lo spettacolo “SOLO. The Legend of Quick-Change” del celebre artista internazionale Arturo Brachetti. Un viaggio nella fantasia grazie al trasformismo e alle tante arti di Brachetti, artista unico nel suo genere, dedicato in questa tappa al Programma Case del Sorriso di CESVI e a sostenere il futuro di migliaia di bambini e bambine nel mondo. In questo spettacolo, Arturo Brachetti ha aperto le porte della sua casa, fatta di ricordi e di fantasie: una casa senza luogo e senza tempo, in cui il sopra diventa il sotto e le scale si scendono per salire. “Dentro ciascuno di noi esiste una casa come questa, dove ognuna delle stanze racconta un aspetto diverso del nostro essere.

È una casa segreta, senza presente, passato e futuro, in cui conserviamo i sogni e i desideri” ha recitato Brachetti nel suo spettacolo. L’evento è stato un’occasione straordinaria per coniugare arte, intrattenimento e solidarietà. Infatti, parte del ricavato è stata devoluta a sostegno del Programma Case del Sorriso di CESVI, dedicato a bambini, adolescenti e giovani donne in situazione di emarginazione e disagio in Italia e nel mondo, e finalizzato alla promozione e realizzazione dei loro diritti fondamentali. “Siamo grati ad Arturo Brachetti per aver scelto di essere al nostro fianco in questo speciale momento di festa per i 40 anni di CESVI attraverso la sua arte e la sua poesia sul palco, a sostegno del futuro dei bambini che in Italia e nel mondo sosteniamo attraverso le Case del Sorriso – ha dichiarato Gloria Zavatta, presidente di CESVI. Non poteva esserci artista e spettacolo più adatto di questo per celebrare i sogni e i desideri di tutti quei bambini e bambine che vivono in condizioni di difficoltà e ai quali vogliamo offrire speranza e opportunità per costruire un domani luminoso”. Il programma Case del Sorriso prevede luoghi fisici in cui vengono erogati servizi come il sostegno allo studio, formazione professionale, laboratori sportivi, cibo e supporto psicologico, ma anche progettualità mirate a costruire percorsi di protezione e rendere i soggetti accolti artefici del proprio futuro. CESVI gestisce 7 Case del Sorriso in tutto il mondo e 4 Case del Sorriso in Italia con l’obiettivo di aiutare i bambini e gli adolescenti a costruire un futuro migliore e di opportunità.

LA BOUTIQUE DEL CLIMA

Venerdì 30 maggio 2025 battesimo ufficiale per lo showroom Multitermo di Bergamo in Via Torquato Tasso, 111 in cui gli spazi sono stati completamente ripensati per offrire un’esperienza diretta delle ultime novità di climatizzatori, sistemi idraulici e pompe di calore. L’allestimento, realizzato in partnership con Climamio, permette ai visitatori di scoprire dal vivo non solo le ultime novità disponibili sul mercato, ma anche i prodotti più innovativi e sostenibili, sviluppati nel pieno rispetto dell’ambiente dai marchi di eccellenza Mitsubishi Heavy Industries e Multiwarm. Questa collaborazione con Climamio amplia notevolmente il catalogo prodotti per offrire le soluzioni più adatte a ogni esigenza. “Questo progetto nasce dalla volontà di creare un luogo in cui chiunque entri possa provare la sensazione di capire cosa significhi oggi vivere in ambienti confortevoli ed efficienti dal punto di vista energetico” ha raccontato Roberto Cobildi, Procuratore Generale Multitermo. “È il nostro modo di contribuire a un futuro più sostenibile per il territorio bergamasco, e non solo”. La sostenibilità ambientale è infatti uno dei capisaldi su cui si basa il nuovo concept espositivo, dedicato alle soluzioni per la riqualificazione energetica degli edifici, incluse tutte le tecnologie che permettono di accedere agli incentivi previsti dalle normative nazionali. Quello di Via Torquato Tasso, 111 non è quindi solo uno showroom per il consumatore finale, ma anche per i professionisti del settore perché si propone come vetrina per progettisti e architetti interessati a scoprire le opportunità offerte dalle moderne tecnologie per il comfort climatico e l’efficienza energetica.

JF FROM THE BLOCK LO SPORT

Creare connessioni per il proprio business promuovendo anche il proprio benessere psicofisico e l’emancipazione attraverso lo sport. Questo lo spirito con cui Elisabetta Giazzi e Francesca Fiorini hanno organizzato ‘JF from the block’, l’evento andato in scena lo scorso 27 maggio negli spazi del 27Padel di Boccaleone. Una serata su invito alla quale hanno partecipato ben 150 persone tra professionisti ed imprenditori che dapprima si sono sfidati in tre distinti tornei di padel e, in seguito, si sono concessi una cena all’aperto per fare networking ma, soprattutto, per accrescere la consapevolezza riguardo all’importanza di diffondere lo sport tra le donne. La pratica sportiva, del resto, è un toccasana della nostra salute ed è giusto che anche le donne, spesso alle prese con lavoro e faccende familiari, possano praticarlo con regolarità.

COME VEICOLO DI EMANCIPAZIONE

ph. Sergio Nessi

PRIMA LA SALUTE INFORMAZIONI & CURIOSITÀ

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AFFATICAMANTO PERSISTENTE POST TIA: UN PROBLEMA SOTTOVALUTATO

Contrariamente alla definizione classica di attacco ischemico transitorio (TIA), che presuppone l’assenza di sintomi residui oltre le 24 ore, un nuovo studio pubblicato su Neurology evidenzia come oltre la metà dei pazienti continui a soffrire di affaticamento patologico fino a un anno dalla diagnosi. Questa condizione, spesso trascurata, può avere un impatto significativo sulla qualità della vita e sulla ripresa funzionale.

La ricerca, condotta su 354 pazienti seguiti in una stroke unit specializzata, ha valutato il livello di affaticamento mediante il Multidimensional Fatigue Inventory (MFI-20) e la Fatigue Severity Scale. I dati sono stati raccolti a 14 giorni dalla dimissione (baseline), e successivamente a 3, 6 e 12 mesi. Dei pazienti inizialmente arruolati, 287 hanno completato il questionario al baseline, con un’età media di 70 anni e una prevalenza femminile del 42,5%.

I risultati mostrano una persistenza elevata della fatica nel tempo: il 61,3% dei pazienti presentava affaticamento patologico al baseline, una percentuale che restava stabile intorno al 53% nei successivi controlli. Il livello medio di fatica generale, pur mostrando un lieve calo, si manteneva comunque elevato a 12 mesi (11,1 ± 4,5 sul MFI).

Un dato particolarmente rilevante è che la presenza di lesioni ischemiche acute non era associata alla fatica riferita dai pazienti. Al contrario, un’anamnesi positiva per ansia o depressione risultava essere circa due volte più frequente tra coloro che sperimentavano affaticamento. Inoltre, modelli predittivi che includevano il livello di fatica già rilevato a 14 giorni, insieme a sesso, età e presenza di infarto acuto, erano significativamente più efficaci nel prevedere la sintomatologia a 12 mesi rispetto a quelli privi del dato basale (p < 0.001, LR = 387.30).

In conclusione, l’affaticamento patologico rappresenta una sequele clinica frequente e duratura dopo TIA, non correlata alla gravità della lesione cerebrale acuta ma verosimilmente connessa a fattori psicologici preesistenti. La rilevazione precoce della fatica potrebbe consentire di identificare i pazienti a rischio e attivare interventi di supporto mirati.

Dr. Haim Reitan

Direttore Sanitario

Studio Medici Associati

ICTUS ISCHEMICO: AUMENTANO I DECESSI IN CASA E LE DISUGUAGLIANZE SANITARIE

Un’analisi retrospettiva pubblicata su Plos One ha rivelato un cambiamento significativo nei modelli di mortalità per ictus ischemico negli Stati Uniti, con un aumento dei decessi in casa e persistenti disparità legate all’area geografica e all’etnia. Lo studio, basato sui dati del CDC WONDER (Wide-ranging Online Data for Epidemiologic Research), ha esplorato l’evoluzione dei luoghi di morte tra i pazienti colpiti da ictus ischemico, evidenziando profonde implicazioni per l’assistenza di fine vita. Utilizzando tassi di mortalità aggiustati per età secondo la popolazione standard del 2000, i ricercatori hanno osservato un aumento costante dei decessi per ictus ischemico a partire dal 2009 in tutte le aree, con incrementi più marcati nelle zone non metropolitane. Parallelamente, è emerso uno spostamento progressivo del luogo del decesso: un numero crescente di pazienti muore a casa, piuttosto che in strutture sanitarie ospedaliere. Le disparità razziali e geografiche risultano particolarmente evidenti. Le persone nere o afroamericane e i residenti in contesti rurali sono risultati più esposti alla possibilità di morire in ambienti con minore specializzazione, un dato che riflette barriere persistenti nell’accesso a cure adeguate di fine vita. La mancanza di risorse sanitarie specialistiche in ambito rurale e le diseguaglianze strutturali che colpiscono le minoranze etniche contribuiscono in modo rilevante a questa disparità. Secondo gli autori, questi trend segnalano un cambiamento culturale nelle preferenze per il luogo del decesso, ma sottolineano anche un fallimento del sistema nel garantire equità nell’accesso alle cure per l’ictus. È quindi necessario approfondire le cause alla base di tali mutamenti e implementare strategie mirate per migliorare la qualità e l’equità dell’assistenza alla fine della vita, soprattutto nei gruppi più vulnerabili.

IDENTIFICATI SETTE GENI

CHIAVE PER GENERARE STAMINALI

EMATOPOIETICHE IN VITRO

La generazione in vitro di cellule staminali ematopoietiche (HSC) rappresenta da anni un obiettivo fondamentale per la medicina rigenerativa, vista la capacità unica di queste cellule di riformare a lungo termine tutte le linee ematiche. Tuttavia, nonostante i progressi scientifici, non esiste ancora un protocollo standard, efficiente e riproducibile per ottenere vere HSC da cellule staminali pluripotenti. Uno studio recentemente pubblicato su Blood propone un approccio per identificare i fattori endogeni determinanti per la specificazione delle HSC. I ricercatori hanno condotto uno screening attivatore CRISPR su larga scala durante la differenziazione mesodermica di cellule staminali embrionali murine (mESC).

In seguito alla differenziazione in vitro, i precursori mesodermici KDR+ sono stati trapiantati in topi immunodeficienti NSG, sia primari che secondari. Questa strategia ha portato all’identificazione di sette geni (Spata2, Aass, Dctd, Eif4enif1, Guca1a, Eya2, Net1) la cui attivazione durante la specificazione mesodermica favorisce la generazione di cellule staminali e progenitrici ematopoietiche (HSPC) funzionali.

Le cellule ottenute hanno dimostrato la capacità di engraftment seriale e di dare origine a tutte le linee ematiche — eritroide, mieloide e linfocitaria T e B — in vivo, confermando la loro identità funzionale. L’analisi tramite RNA sequencing a singola cellula ha inoltre mostrato che l’attivazione di questi sette geni indirizza lo sviluppo degli embrioidi verso un programma intraembrionale, aumentando il numero di progenitori mesodermici capaci di generare HSC definitive. Lo studio evidenzia l’importanza della fase di specificazione dei foglietti embrionali nella generazione di cellule staminali del sangue e fornisce nuovi elementi molecolari per sviluppare strategie più efficaci nella produzione in vitro di HSC.

LINEE GUIDA CANADESI PER MIGLIORARE

LA GESTIONE DELL’IPERTENSIONE

Il Canada, un tempo all’avanguardia nella gestione dell’ipertensione, ha registrato negli ultimi anni un preoccupante regresso nei tassi di trattamento e controllo della pressione arteriosa. Per contrastare questa tendenza, CMAJ (Canadian Medical Association Journal) ha pubblicato nuove linee guida focalizzate sulla medicina di famiglia, con l’obiettivo di migliorare la gestione dell’ipertensione nella popolazione adulta. Le raccomandazioni sono il frutto di un processo metodologico rigoroso basato sui framework GRADE e ADAPTE, sviluppato secondo gli standard AGREE II per la qualità e il reporting delle linee guida cliniche. Il comitato di lavoro era composto prevalentemente da medici di medicina generale, con il contributo di pazienti, metodologi e specialisti dell’ipertensione. È stato inoltre garantito un attento controllo dei conflitti di interesse secondo i principi del Guidelines International Network. Il documento propone nove raccomandazioni suddivise in due aree principali: diagnosi e trattamento. Sul fronte diagnostico, viene sottolineata l’importanza di un approccio standardizzato alla misurazione della pressione arteriosa e alla conferma della diagnosi.

Le nuove linee guida definiscono l’ipertensione come una pressione arteriosa pari o superiore a 130/80 mm Hg, in linea con l’evoluzione della letteratura internazionale. Per quanto riguarda il trattamento, si raccomanda di mirare a un valore pressorio sistolico inferiore a 130 mm Hg. Viene inoltre promosso un approccio terapeutico integrato che include cambiamenti nello stile di vita e una guida progressiva alla scelta dei farmaci antipertensivi più adatti, secondo un algoritmo semplificato e basato su evidenze. ùLe raccomandazioni sono state armonizzate con il modello HEARTS dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, con l’obiettivo di favorire un’implementazione efficace e sostenibile a livello di cure primarie. L’intento dichiarato delle nuove linee guida è quello di innalzare nuovamente gli standard di cura per l’ipertensione nel contesto canadese, contribuendo così alla riduzione del rischio cardiovascolare e della mortalità nella popolazione adulta.

OSCAR BIANCHI

Oscar Bianchi è il nuovo presidente di AVIS Nazionale, dopo due mandati come presidente di AVIS Regionale Lombardia, succede a Gianpietro Briola e rimarrà in carica per quattro anni. 53enne, sposato con due figlie, nelle scorse settimane era stato nominato anche presidente di CSVnet Lombardia, la Confederazione regionale dei centri di servizio per il volontariato del territorio lombardo.

Da molti anni lei è ai vertici prima locali poi regionali dell’Associazione Italiana dei Volontari Sangue. Come ha iniziato ad interessarsi all’Avis?

“Il mio percorso in AVIS nasce da una storia personale che mi ha segnato profondamente. Quando mia figlia si ammalò da piccola, fu una donazione di sangue a salvarle la vita. In quel momento, ho sentito con forza che non potevo restare fermo. Dovevo fare qualcosa per restituire quel dono inestimabile che avevo ricevuto. Da lì, passo dopo passo, il mio impegno è cresciuto: prima a livello locale, poi provinciale, regionale, e oggi nazionale. Non per ambizione, ma per convinzione. Perché quando il dono ti tocca nel profondo, non puoi più ignorarne il valore”.

Perché ha deciso di abbracciarne la missione?

“Perché la missione di AVIS è quanto di più alto, concreto e necessario possa esistere: garantire ogni giorno il sangue a chi ne ha bisogno. È un gesto semplice, ma di un impatto straordinario: salva vite, unisce le persone, rafforza il senso di comunità. Donare sangue significa credere in una società dove ci si prende cura gli uni degli altri, senza conoscere chi sarà il beneficiario, senza chiedere nulla in cambio. Significa essere cittadini responsabili e solidali. È questa la bellezza di AVIS: un volontariato silenzioso ma potentissimo”.

Quali positività e quali negatività pensa di lasciare in eredità al suo successore?

“Lascio un’associazione viva, radicata, sempre più riconosciuta come interlocutore autorevole nei confronti delle istituzioni sanitarie e politiche, a livello regionale e nazionale. Durante il mio mandato abbiamo rafforzato i rapporti con Regione Lombardia e con AREU, rinnovato le convenzioni, lavorato su formazione, digitalizzazione, comunicazione. I numeri parlano chiaro: donazioni stabili (oltre 466.000), 273.797 soci, un trend di donatori in lieve crescita.

Ma restano alcune sfide irrisolte: il calo dei nuovi iscritti (-11,26% nel 2024), la difficoltà a rinnovare la dirigenza associativa, una burocrazia ancora troppo pesante. Lascio quindi anche alcune criticità, che richiederanno coraggio e visione. Ma le lascio ad un nuovo presidente molto valido e preparato, che ha dichiarato di volersi muovere in continuità con la linea strategica delineata fino ad ora”.

Continuerà il suo impegno all’interno dell’Avis?

“Sì, e in maniera ancora più intensa. L’elezione alla Presidenza di AVIS Nazionale è per me un onore immenso, ma anche una responsabilità che accolgo con umiltà e determinazione. Porterò con me il patrimonio di esperienze maturato in Lombardia, il legame stretto con i territori, la consapevolezza che ogni sede, anche la più piccola, è un presidio fondamentale. Il mio impegno sarà volto a rafforzare la rete nazionale, a favorire il dialogo, a innovare mantenendo saldi i nostri valori”.

Quali sono i problemi che oggi affronta un’associazione senza scopo di lucro al servizio del paese?

“I problemi sono numerosi, e comuni a tutto il terzo settore. In primis, il ricambio generazionale: dobbiamo formare, motivare, accompagnare i giovani, non solo come donatori ma come dirigenti del futuro. Poi la burocrazia, che rischia di soffocare l’entusiasmo dei volontari. E infine la sostenibilità economica, che ci impone di essere sempre più strategici, trasparenti, efficaci. Per affrontare queste sfide, servono competenze, alleanze, visione. E serve tornare a mettere al centro il “perché” del nostro agire: il dono”.

Bergamasco, laureato in Economia e Commercio e in Giurisprudenza, ricopre il ruolo di responsabile d’area all’interno di un importante istituto di credito. Da sempre attivo nel mondo del volontariato, è stato in passato sia presidente di AVIS Provinciale Bergamo che di CSV Bergamo ETS.

Nella foto sopra con l’Assessore Regionale Guido Bertolaso mentre in quella sotto riceve il premio Rosa Camuna di Regione Lombardia

OSCAR BIANCHI

I donatori sono costanti o in diminuzione?

“I donatori sono sostanzialmente stabili (+0,97% nel 2024), ma non possiamo accontentarci. Il dato che ci preoccupa di più è il calo dei nuovi iscritti, un segnale chiaro che ci dice che dobbiamo rinnovare linguaggi, strumenti, forme di ingaggio. Le campagne sui social, i progetti con i giovani, la presenza nelle scuole sono fondamentali per invertire la rotta. La donazione non è solo un atto medico, è un gesto sociale, culturale, educativo”.

Chi si rivolge a voi? Sia strutture ospedaliere pubbliche, sia private? Il trattamento è lo stesso?

“AVIS non è un destinatario del sangue, ma un soggetto a cui spetta la chiamata del donatore, che per legge può essere effettuata solamente da associazioni non a scopo di lucro. Vi sono in Regione Lombardia 20 unità di raccolta associative, che operano in convenzione con le ASST. Le tariffe di rimborso per l’attività di raccolta sono stabilite a livello ministeriale e non variano in base al soggetto convenzionato. Un risultato di cui vado particolarmente fiero, e che ha segnato l’ultimo mandato, è la stipula della prima convenzione unica regionale con Regione Lombardia: un accordo storico, che ha permesso di uniformare diritti e doveri per tutte le Avis lombarde che svolgono raccolta. Oggi, grazie a questa intesa, possiamo garantire parità di trattamento, chiarezza nei rapporti e valorizzazione del ruolo del volontariato associativo su tutto il territorio regionale. Lavoriamo ogni giorno affinché il volontariato non sia solo un fornitore, ma un partner del sistema sanitario”.

DOPO OTTO ANNI

ALLA GUIDA DELL’ AVIS COMUNALE DI LEGNANO, COLAVITO

SARÀ AL TIMONE DELL’ASSOCIAZIONE REGIONALE PER IL PROSSIMO QUADRIENNIO

“Ci può descrivere il percorso che fa il sangue prelevato ai donatori?

“Il sangue donato viene raccolto in unità di raccolta associative o ospedali convenzionati, sottoposto a rigorosi controlli, e poi lavorato nei centri trasfusionali. Da lì, viene distribuito alle strutture sanitarie secondo necessità. È un processo delicato, garantito da normative stringenti e dalla collaborazione continua con il sistema sanitario. Oggi, con l’integrazione dei dati nel Fascicolo Sanitario Elettronico e con i nuovi sistemi informativi in fase di avvio, possiamo rendere il percorso ancora più efficiente e tracciabile. Il nostro impegno è anche su questo fronte”.

Un bilancio personale di questi anni al vertice di Avis Lombardia

PIERANGELO

COLAVITO È IL NUOVO

PRESIDENTE DI AVIS

REGIONALE LOMBARDIA

“Sono stati anni intensi, sfidanti, meravigliosi. Abbiamo affrontato la pandemia, innovato la governance, rafforzato la formazione, dato voce ai giovani. Ma soprattutto, ho conosciuto persone straordinarie: volontari silenziosi, medici appassionati, donatori al primo gesto e veterani che non si fermano mai. È grazie a loro che oggi posso dire, con orgoglio, che AVIS Lombardia è più forte, più unita, più preparata. Lascio la Presidenza Regionale con gratitudine, ma con lo sguardo avanti. Il futuro ci chiama, e noi siamo pronti a rispondere, ancora una volta, con un gesto semplice ma rivoluzionario: il dono”.

Pierangelo Colavito, 52 anni, originario di Rescaldina (MI), è il nuovo presidente di Avis Regionale Lombardia. Con alle spalle una lunga esperienza associativa e umana maturata sul territorio, Colavito raccoglie il testimone da Oscar Bianchi, con l’impegno di portare avanti, in uno spirito di continuità, i valori e i progetti che hanno caratterizzato il precedente mandato. Dopo otto anni alla guida dell’Avis Comunale di Legnano, sarà ora al timone dell’associazione regionale per il prossimo quadriennio. Il legame di Pierangelo Colavito con Avis affonda le radici nel 1993, quando sceglie di diventare donatore. Da allora, si dedica al mondo del volontariato entrando, nel 2009, a far parte del consiglio direttivo di Avis Comunale Legnano, realtà che ha guidato negli ultimi due mandati. Proprio grazie alla presenza di un’unità di raccolta interna, questa esperienza gli ha permesso di conoscere da vicino ogni aspetto della vita associativa: dalla gestione operativa della raccolta, fino all’organizzazione delle sedi che si dedicano alla chiamata dei donatori. Pierangelo Colavito indica come prioritari la tutela della gratuità del dono, il rafforzamento della donazione di plasma e l’attenzione al coinvolgimento dei giovani e al ricambio generazionale all’interno dell’associazione.

IL PROGETTO CASTAGNETA16 NASCE CON L’AMBIZIONE DI REALIZZARE UN COMPLESSO RESIDENZIALE DI ELEVATA QUALITÀ SIA ARCHITETTONICA SIA AMBIENTALE, PERFETTAMEN -

TE INSERITO NEL CONTESTO NATURALISTICO DEL PARCO DEI COLLI DI BERGAMO, IN UNA POSIZIONE DAVVERO PRIVILEGIATA: IMMERSO NEL VERDE E NELLA QUIETE, A POCHI PASSI DA CITTÀ ALTA E A POCHI MINUTI DAL CENTRO DI BERGAMO

UN RIFUGIO NEL BOSCO VICINO ALLA CITTÀ

Castagneta16, un progetto firmato dall’Architetto Roberto Crespi, che fa dialogare il verde del Parco dei Colli con l’intervento architettonico.

La via Castagneta, su cui si affaccia l’intervento, rappresenta uno dei luoghi più affascinanti e riservati di Bergamo: una zona collinare luminosa, panoramica e poco trafficata, apprezzata da chi cerca una dimensione abitativa autentica, elegante, e al riparo dal caos urbano. Siamo nel cuore del Parco dei Colli, ma al tempo stesso a due passi da tutto. È proprio questa combinazione di natura, bellezza e accessibilità a rendere il progetto unico nel panorama immobiliare cittadino.

L’intervento prevede la realizzazione di sei unità abitative di pregio, distribuite su due livelli fuori terra, con autorimesse e spazi accessori al piano interrato. Ogni unità gode di ampie superfici, soluzioni architettoniche curate, balconi profondi o giardini privati, e soprattutto una straordinaria flessibilità compositiva e progettuale.

SEI UNITÀ DI GRANDE PREGIO

L’intervento prevede la realizzazione di sei unità abitative di pregio, distribuite su due livelli fuori terra, con autorimesse e spazi accessori al piano interrato. Ogni unità gode di ampie superfici, soluzioni architettoniche curate, balconi profondi o giardini privati, e soprattutto una straordinaria flessibilità compositiva e progettuale.

SEI PROPOSTE D’AUTORE

Le sei unità previste rappresentano sei proposte d’autore, ciascuna studiata e disegnata in ogni dettaglio da un interior designer da noi incaricato. Tuttavia, non si tratta di soluzioni vincolanti: ogni acquirente ha la possibilità di reinterpretare completamente gli spazi, modificare layout, finiture, materiali e impianti, fino a fondere più unità in un’unica residenza di grandi dimensioni, come attici esclusivi con terrazze panoramiche e piscina privata, oppure ville cielo-terra con giardini di rappresentanza.

PERCORSO SARTORIALE

Per offrire un servizio all’altezza delle aspettative di un pubblico esigente e raffinato, ci avvaliamo di una rete di partner selezionati nel mondo delle forniture di alta gamma: showroom specializzati, boutique del design e fornitori abituati a lavorare su progetti high-end, che accolgono i nostri clienti per accompagnarli nella scelta dei materiali, delle soluzioni tecniche e degli elementi d’arredo. L’esperienza di personalizzazione diventa così un percorso sartoriale, esclusivo e su misura.

SOSTENIBILITÀ

E BENESSERE ABITATIVO

Soluzioni costruttive e impiantistiche all’avanguardia, con l’obiettivo la classe energetica A4. La filosofia del progetto unisce sostenibilità, benessere abitativo e qualità del costruire: grande attenzione è stata data all’integrazione paesaggistica, all’efficienza energetica e all’impiego di materiali naturali e durevoli. Il linguaggio architettonico è contemporaneo ma misurato, e dialoga con il contesto storico e naturalistico della zona.

ESCLUSIVITÀ IN UNA POSIZIONE SENZA PARAGONI

Il target a cui ci rivolgiamo è alto e consapevole, formato da professionisti, famiglie e investitori che desiderano un’abitazione esclusiva in una posizione senza paragoni, con standard qualitativi elevati e una forte componente valoriale legata al benessere, al verde e alla qualità della vita.

Ad oggi il progetto ha ottenuto tutte le autorizzazioni necessarie (Parco dei Colli, Soprintendenza, Comune di Bergamo) e ci stiamo avviando verso la fase esecutiva. La demolizione degli edifici esistenti è prevista nel corso dell’estate, con una previsione di consegna delle unità per fine 2026 circa.

Il luogo perfetto per vivere con la famiglia: circondati dalla natura, per godere del silenzio della riservatezza e, insieme, della vicinanza a tutti i servizi della città.

Una piscina condominiale panoramica sulla copertura dell’edificio e una palestra attrezzata a disposizione dei residenti;

Il sogno di vivere lontani dallo stress ma a due passi da tutto quello che vi può servire in una dimora pensata prima di tutto per il benessere di chi la abiterà, con soluzioni tecnologicamente avanzate per una completa e sostenibile integrazione nell’ambiente.

SCOLPIRE IN PIAZZA

RASSEGNA BIENNALE

D’ARTE, CULTURA E TRADIZIONE DELLA

PIETRA ARENARIA

DI PARATICO

Da Domenica 6 a Domenica 13 Luglio, presso il piazzale adiacente alla ex Stazione Ferroviaria di Paratico, si svolgerà il 16° Simposio Scolpire in Piazza, dal tema “Un lago è il tratto più bello ed espressivo del paesaggio. È l’occhio della terra, a guardare nel quale l’osservatore misura la profondità della propria natura”.

Per la 16^ edizione della manifestazione si è individuata l’esigenza che le opere artistiche vengano inserite armonicamente nell’ambiente, in uno spazio dedicato che, una volta completato, si aggiungerà ai percorsi già esistenti sul territorio comunale. Il tema dell’opera prende spunto, a livello puramente ispirativo, dall’estratto di un testo di Henry David Thoreau, che ogni scultore sarà libero di interpretare ed elaborare, nella creazione della sua opera, secondo il proprio sentire artistico.Domenica 13 luglio alle ore 18:00, il Simposio si chiuderà con la consegna dei riconoscimenti nella Sala Consiliare di Paratico.

LA GRANDE TURCHINA

Avrei voluto raccontarvi una storia ma poi le storie sono diventate tre. Partiamo da molti anni fa quando uno scultore propose al comune di Paratico di organizzare una manifestazione di scultura “live”. Cioè, gli scultori scelti per concorso, avrebbero poi realizzato le loro opere direttamente sul posto, in una piazza del paese, in tre-quattro giorni, durante i quali il Comune li avrebbe ospitati. In seguito vengono scelti e premiati con somme simboliche i vincitori e, in cambio, le opere realizzate rimanevano al Comune.

“Quando ci hanno proposto di fornire i blocchi di arenaria per la manifestazione l’idea ci convinse subito e con mio padre demmo vita quel sodalizio che ogni due anni ci vede al fianco dell’amministrazione di Paratico. Non sospettavamo che il successo di ‘Scolpire in piazza’ avrebbe generato nel corso degli anni un vero e proprio museo all’aperto diffuso tra le vie e le piazze del paese e, tra le tante bellezze per cui il paese è amato, di certo anche le sculture fanno la loro parte, in centro, sul lungolago, ma anche nelle periferie. Da vedere di sicuro il Viale dei Volti dove sono posate alcune tra le più significative opere realizzate nel tempo.

Beppe Ministrini, titolare di Pietra di Sarnico Cave, fornitore da sempre pro bono dei blocchi di Arenaria che gli artisti trasformeranno in sculture che andranno ad unirsi alle altre sparse per Paratico.

Qui fotografato con il blocco più grande mai estratto dalla sua cava.

LA GRANDE TURCHINA

Chi ci parla è Giuseppe Ministrini, titolare della cava di pietra di Sarnico, che appunto da sedici edizioni, quindi più di trent’anni essendo biennale, mette a disposizione la materia grezza su cui gli artisti si cimenteranno. Quest’anno si rinnova il simposio e 5 artisti sono pronti a trasformare i bozzetti presentati in opere tridimensionali ricavando la personale idea di ognuno dalla grezza arenaria a suon di scalpello, anche quello elettrico o ad aria compressa. La creazione on site è comunque un bel rischio. Non si può sbagliare e neppure fare una brutta figura realizzando una scultura che resterà per decenni nelle vie e nelle piazze di Paratico con tanto di targa con titolo, anno a autore. Un modo per declinare l’arte con le risorse del territorio che, vivaddio non sono solo da bere. Come la pietra che non si coltiva, non si beve ma si estrae e si modella ed è della seconda storia che vi racconto.

Quando si dice lavoro duro si parla di spaccare le pietre ma per la gente che le estrae dalle falde delle montagne è il lavoro più bello del mondo. Incontro Alessandro, un omone che ricorda i visigoti, alto grosso muscoloso abbronzato e con un occhio vivo e curioso. “Ho sempre avuto attrazione - mi confida - per il lavoro che trasforma la roccia estratta da sottoterra in manufatti che sono sempre opere d’arte siano esse la soglia di un’abitazione o il busto di un condottiero, un portale o una fontana. L’uomo prende materia grezza dalla generosità della natura e la plasma a suo piacimento apprezzandone la forza, l’energia che contiene, la fredda bellezza minerale, la tenace resistenza che oppone al volere dell’essere umano, a cui cede, venendo scolpita, per prendere la forma pensata”.

Siamo nella cava di arenaria di Paratico dove da generazioni la famiglia di Beppe Ministrini estrae i blocchi di pietra di Sarnico che, nei secoli, sono stati utilizzati per una quantità incredibile di manufatti. La vena grigio azzurrina di questa pietra si è generata milioni di anni fa quando la pressione dei ghiacciai ha stritolato le rocce fino a renderle sabbia finissima, che si è compattata sotto il peso enorme delle altre masse che si sono via via stratificate creando le colline moreniche a sud del Sebino.

“Mio bisnonno e anche suo padre lavoravano qui e forse anche prima la mia famiglia ha vissuto estraendo la pietra da questa montagna con concessioni che si perdono nella notte dei tempi, come la prime estrazioni effettuate già in epoca romana. La facilità nella lavorazione e la particolare colorazione ne hanno fatto la pietra utilizzata nella realizzazione di facciate, scalinate, ponti, rivestimenti, sculture, pavimentazioni. Bergamo Alta conserva alcuni dei migliori lavori realizzati con questa pietra i cui blocchi una volta venivano trasportati dalla cava a valle da grandi carri trainati da buoi. Lascio immaginare le peripezie per arrivare a 30 chilometri di distanza. Oggi il grande lavoro lo fanno le macchine mentre una volta erano le braccia e i picconi a spaccare i blocchi estratti con la dinamite o con il filo che li tagliava. In questa cava lavoravano anche 200 persone. Poi la tecnologia e l’utilizzo di potenti escavatori ha reso tutto più semplice. Anche la lavorazione si è specializzata con spessori sempre più sottili. Nella scultura viene molto apprezzata la nostra pietra per la facile lavorazione e la particolare tonalità”.

A questo punto le storie diventano tre. La prima quella di scolpire in Piazza poi quella della cava e infine la Grande Turchina che non è una nuova fata.

Mentre scrivo queste righe apro le immagini che ho scattato gironzolando senza nessuno in giro, un sabato mattina.

Mi rendo conto che nelle foto che ritraggono la vena che viene cavata c’è una particolare sfumatura azzurra. Mi sembra troppo marcata e mi messaggio con Beppe chiedendo se fosse qualche strano effetto delle mie riprese o se invece… In effetti abbiamo trovato una vena compressa sotto altri strati di arenaria grigia, dalla tonalità decisamente azzurra. Non è la prima volta in assoluto e ha anche un nome: la Grande Turchina. Quelli di un volta la chiamavano il fondel in dialetto perché di grana molto fine e di particolare compattezza.

La facciata di Porta S.Agostino rivestita con la Pietra arenaria di Sarnico è solo una delle tante opere realizzate con questo materiale a Bergamo alta.

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DATE A CESARE QUEL CHE È DI CESARE

Frase storica e nobile, recitata da un Gesù che non volle farsi prendere in castagna, dicendo così che le leggi vanno rispettate e applicate, sino a quando qualcosa non cambierà. Mantenere lo Status Quo per non attivare la belligeranza che non avrebbe sortito effetti positivi, sia per il popolo ebraico, ma soprattutto per i rapporti “internazionali” vigenti in quel momento, più di 2000 anni fa. Oggi con il risultato del Referendum , abbiamo vissuto la stessa cosa. Il Cesare, oltre allo Stato, alle leggi costituzionali vigenti, ai rapporti differenziati tra elezioni politiche ed Istituzioni Referendarie, potremmo citare i giornalisti. Certo perché con la grande disinformazione attuata dalla stampa, cose di risonanza non appropiate e stravolgimento partisan della legge costituzionale, hanno invitato i meno preparati, culturalmente politicamente ed emotivamente, ad andare a votare invece che astenersi, millantando civiltà, democrazia, antifascismo, etc.Anche se avessero avuto ragione e non l’avevano, analizzando i dati a bocce ferme, vediamo che il 30% dei 50 milioni di elettori è andato ai seggi, il 70% no. Per cui democraticamente il referendum è abortito e la democrazia popolare ha decretato il verdetto incontrovertibile. Nel 30% dei votanti, per i 4 quesiti riguardanti il lavoro, l’85% è stato per il sì ed il 15% per il no. In totale nemmeno il corpo elettivo dei dipendenti non si è presentato al voto, snobbando i sindacati e la sinistra in toto. Ulteriormente, nei votanti il 15% ha detto no, per cui una sonora batosta che ha premiato Renzi e la Sinistra al potere in quegli anni della riforma del lavoro. Cioè cattivi maestri aiutati da cattivi consiglieri, sostenuti dai nuovi potentati di sinistra, che hanno tentato un colpo di stato intrapartitico, non riuscito. Oddio, pur supportati dalla stampa, dalla Chiesa, da tutti e di più di tutto. In un Paese normale e democratico, come direbbero loro, questi leader dovrebbero dimettersi, lasciare i loro incarichi, anche parlamentari, perché hanno offeso il Parlamento, tentando il colpo di mano per esentarlo. Se poi analizziamo il quesito riguardante l’immigrazione, del 30% che si è presentato, solo il 65% ha detto sì; il 35% ha detto NO, per cui è chiaro che il Popolo Italiano, si è presentato in modo bipartisan a questo Referendum, bocciando sonoramente questo tentativo di colpire al cuore uno Stato che fatica a farsi rispettare, a governare con i mezzi che ha, a programmare il futuro di questa società. Per fortuna gli over 50 sono andati a votare NO, fronteggiando gli ingenui e giovani elettori che, non sapendo nulla di politica, hanno votato in massa per i Sì. Forse dovrebbero leggere e studiare di più, ma davvero. Poi il colpo di mano della manifestazione Pro Palestina a Roma, durante il silenzio elettorale o i cartelloni per il Sì esposti allo Zoo di Berlino, a Bergamo, ex Piazzale Degli Alpini, (mio padre Alpino del 5°, battaglione Morbegno, classe 1918, si rivolterà

nella tomba di certo), facendo finta di niente, il campo largo di sinistra, ha parlato e manifestato tutto il tempo per il Sì ai Referendum. Incredibile, ma vero. Tutto ciò non è servito a vincere, bensì a perdere con disonore. Vedremo, il tempo è galantuomo!! Dare colpa al sistema non serve, chiedere di abbassare il quorum meno che meno, si dovrebbe alzare di molto il numero delle firme da raccogliere, fare un giorno solo di votazione e solo per i Referendum, senza mischiare le cose con elezioni spurie. Senza i ballottaggi, si presume un 7- 8 % in meno di votanti, per cui evvai con il conto finale. Per cui oggi mi sento orgoglioso di essere Italiano, sono fiero della risposta del Popolo Italiano, sono certo che dopo questa lezione d’onore e la vergogna della gogna mediatica mandata in onda contro il Presidente del Consiglio dei Ministri e la seconda carica dello Stato, il Presidente del Senato, molto o forse tutto cambierà. Senza una Sinistra matura e preparata, non faziosa ed ignorante dei Dettami Costituzionali e Democratici, non potremo avere una vera maturazione della Destra, che di tutto sta facendo, per salvare questa Nazione che dal colpo di Stato di Manipulite 1992 ad oggi, ha ben fronteggiato con “Resilienza” l’arroganza del potere di Sinistra e della Magistratura. Libertà, Libertà, Libertà, nel rispetto delle regole comuni. Impariamo dagli errori e dalla storia, altrimenti non andremo avanti per molto, ricordiamoci: Ucraina, Palestina, Sud Sudan, Yemen, Siria, ONU che non esiste, OMS imbelle, Bricks in crescita, Cina incontrollabile, USA da “ iberi tutti”, ma soprattutto una UE inesistente che urla al riarmo e non alla riorganizzazione, pensa di mettere la Germania a fare da locomotiva cosìcchè dopo un 1914, un 1939, avremo quasi certamente un 2026 ... pensate voi di cosa parliamo.

Filosofia, ci vuole Filosofia, ci vogliono filosofi che guardino avanti, lungamente avanti, al dopodomani non all’oggi, altrimenti …. Ad Majora

POLITICANDO
di Maurizio Maggioni

A poco più di due mesi dall’inaugurazione dei due interventi espositivi dedicati a Giovanni Battista Gigola e a Giuseppe Bezzuoli, Comune di Brescia, Fondazione Brescia Musei e Ateneo di Scienze, Lettere e Arti presentano oggi una nuova e originale declinazione del format PTM Andata e Ritorno con il quale dal 2019 Fondazione Brescia Musei trasforma le “partenze”, collegate alle richieste di prestito, in “arrivi” di opere ospiti. Le opere protagoniste di questa nuova edizione (che occupa i posti 16 e 17 nel registro di questa iniziativa) sono il Noli me tangere di Ludovico Mazzolino e La Nuda di Giacomo Grosso. Con questo nuovo appuntamento il modello – che nel corso degli anni ha permesso di creare inedite occasioni di dialogo tra la Collezione permanente e opere di Diego Velázquez, Giacomo Ceruti, Lorenzo Lotto, per citarne alcune – si arricchisce di una significativa novità, articolandosi per la prima volta su due sedi espositive: la Pinacoteca Tosio Martinengo e palazzo Tosio, un tempo suntuosa dimora in cui il conte Paolo Tosio, con la moglie Paola Bergonzi, raccolse il nucleo originario della quadreria civica bresciana e oggi sede appunto dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia.

In questo caso la sala VI della Pinacoteca Tosio Martinengo — dedicata alla pittura di Moretto, Savoldo e Lotto — e palazzo Tosio vedono la temporanea assenza di due opere (l’Adorazione dei pastori di Lorenzo Lotto, del 1530, e Torquato Tasso legge il suo poema alla corte di Ferrara di Francesco Podesti, del 1842) che figureranno insieme ad altre anch’esse in partenza da Brescia alla mostra “Ricchezza. Dilemma perenne” (6 giugno – 9 novembre 2025), realizzata a cura di Alessio Geretti e ospitata presso la Casa delle Esposizioni di Illegio (UD). L’occasione si trasforma nell’opportunità di presentare al pubblico due opere delle collezioni civiche solitamente conservate nei depositi, ora eccezionalmente accessibili fino al 16 novembre. Presso la Pinacoteca Tosio Martinengo è esposto il prezioso Noli me tangere di Ludovico Mazzolino, già incluso lo scorso anno nella mostra “Il Cinquecento a Ferrara. Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso” realizzata al palazzo dei Diamanti di Ferrara a cura di Vittorio Sgarbi e Michele Danieli. Il confronto tra le opere di Moretto e Savoldo che abitualmente popolano la sala VI della Pinacoteca e l’opera dell’artista ferrarese – un pittore noto per la sua capacità di combinare spunti variegati con un approccio originale, talvolta eccentrico, ma sempre supportato da un patente raffinatezza pittorica — dà conto della grande vivacità e varietà della scena artistica padana nella prima metà del XVI secolo, nella quale la comune matrice veneta si stempera nella molteplicità dei caratteri territoriali e individuali.

Giacomo Grosso LA NUDA ANDATA E RITORNO

Il dipinto La Nuda, custodito nelle collezioni dei Musei Civici bresciani, è una replica fedelissima e di grande qualità, realizzata a inizio Novecento, di un’opera del 1896 conservata ora alla Galleria d’Arte Moderna di Torino: l’autore di entrambe è Giacomo Grosso (Cambiano, 1860-Torino, 1938), un pittore molto stimato per la sua abilità nella resa naturalistica della realtà. Con la sua produzione, Grosso si fece interprete dello stile di vita della borghesia — torinese in particolare — restituendone i gusti, la mentalità, le convenzioni sociali, ma anche le contraddizioni profonde: l’opera e la sua storia in particolare testimoniano con evidenza un fenomeno di costume ottocentesco, strettamente correlato alla rappresentazione della nudità femminile. Una giovane donna, distesa di spalle in una posa seduttiva, dissimula con grazia lo sforzo compiuto per torcere il busto e rivolgere uno sguardo languido verso l’osservatore. Il soggetto messo a punto dall’artista è esplicitamente sensuale, non si tratta di una delle tante Veneri sdraiate a cui ci hanno abituato secoli di storia dell’arte occidentale, ma semplicemente di una modella, di un corpo femminile costruito, seppur rielaborando colti riferimenti, come oggetto di contemplazione, compiacimento, privato di sovrastrutture simboliche.

A palazzo Tosio, invece, trova spazio La Nuda di Giacomo Grosso, un dipinto emblematico del gusto collezionistico borghese di fine Ottocento: non risulta a oggi che l’opera (esposta a Torino nel 1990 e proprio a Illegio, UD, nel 2023) sia stata presentata a Brescia almeno negli ultimi 35 anni. Si tratta di una replica autografa eseguita dal piemontese Giacomo Grosso a inizio Novecento sulla scorta del dipinto presentato alla Triennale di Torino nel 1896, oggi conservato alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea del capoluogo piemontese. L’opera riflette la sensibilità culturale e i costumi del tardo Ottocento: attraverso la sua esplicita sensualità, essa esemplifica una fase significativa nell’evoluzione della pittura di nudo. La presenza di questo dipinto nelle sale di palazzo Tosio conferma e rafforza la sinergia tra Fondazione Brescia Musei e Ateneo di Brescia, rinnovando l’impegno congiunto nella valorizzazione del patrimonio culturale della città. Le due esposizioni dossier sono entrambe accompagnate da un quaderno edito per i tipi di Fondazione Brescia Musei, che sarà distribuito gratuitamente a tutti i visitatori di entrambe le sedi espositive durante la tenuta degli eventi. I testi si devono a Michele Danieli, per Ludovico Mazzolino, e a Giulia Paletti per Giacomo Grosso; il progetto grafico è di Maria Repossi, che ha firmato anche l’identità visiva dei due progetti. L’esposizione de La Nuda di Giacomo Grosso è parte delle iniziative organizzate da Fondazione Brescia Musei nell’ambito della Rete dell’Ottocento Lombardo.

“Andata e Ritorno” si conferma ancora una volta un format di grande efficacia che, dal 2019, ha saputo creare occasioni importanti per riscoprire opere delle nostre collezioni, accogliendo al contempo capolavori che dialogano con il nostro patrimonio permanente. Particolarmente preziosa si è rivelata, in questa occasione, la collaborazione tra Ateneo di Brescia e Fondazione Brescia Musei: una sinergia capace di unire le forze per valorizzare al meglio il nostro patrimonio artistico.

ANDATA E RITORNO

Ludovico Mazzolino, Noli me tangere Nel 1942, alla morte dell’imprenditore Angelo Minola, le sue figlie Emma e Amalia decisero di donare al Comune di Brescia la collezione di dipinti raccolta dal padre, seguendo le sue volontà testamentarie. Tra i quadri più importanti vi era il Noli me tangere, attribuito correttamente a Ludovico Mazzolino, artista bresciano del primo Cinquecento, riconosciuto come uno degli artisti più originali del suo tempo.

La scena, che rappresenta Maddalena che riconosce Gesù risorto nel sepolcro vuoto, è ricca di simbolismi ed è calata in un’atmosfera sospesa tra dramma e favola: un vento misterioso gonfia le vesti, solleva il sudario di Cristo e la manica di Maddalena, rivelando un’elegante tonalità azzurra. I due personaggi sono vicini, ma la distanza tra loro è incolmabile: Gesù ha un gesto deciso, mentre Maddalena risponde con un movimento incerto, quasi dubbioso. Tanta è l’efficacia di questo dialogo muto, che gli attributi iconografici quasi scompaiono: il vasetto di unguento che pure occupa il primo piano sembra miniaturizzato, poco più che un giocattolo, la zappa che Gesù appoggia sulla spalla è molto sottile e appare decisamente inadeguata a qualsiasi lavoro agricolo. La scena si arricchisce di un episodio sullo sfondo, quello di Gesù che incontra i discepoli sulla via di Emmaus - che ha tutto l’aspetto di un castello medievale, arroccato sulla sommità di una montagna e quasi sospeso tra le nubi -, creando un quadro complesso e ricco di significati. Siamo in pieno Rinascimento, un’epoca dominata dalla riscoperta della classicità, con le sue regole proporzionali e la sua ricerca di armonia. Esisteva, tuttavia, una pattuglia di artisti ai quali queste regole sembravano costrizioni troppo rigide. Girolamo Romanino a Brescia, Altobello Melone a Cremona, Amico Aspertini a Bologna cercavano ispirazioni e punti di riferimento diversi. A Ferrara, è sicuramente Mazzolino a opporre maggiore resistenza alle novità che risalivano dall’Italia centrale, al protoclassicismo che Perugino stava esportando a nord degli Appennini. Tra gli elementi che caratterizzano la produzione artistica di Mazzolino vi è un’ammirazione sconfinata per Albrecht Dürer, dal quale il ferrarese trae il gusto per la narrazione vivace, la curiosità inesauribile che lo porta a indagare oggetti, stoffe e paesaggi, nonché una espressività mai allineata con la serena imperturbabilità classica. In secondo luogo, il contatto con le opere giovanili di Giorgione: l’esempio del grande pittore veneziano - così importante anche per i coevi maestri bresciani - permette a Mazzolino di ambientare le sue figure in paesaggi moderni dai colori saturi e profondi

Ludovico Mazzolino NOLI ME TANGERE

“L'esposizione temporanea - ha detto Stefano Karadjov, Direttore Fondazione Brescia Musei - degli "Andata e Ritorno" Mazzolino e Grosso, che inaugura oggi in Pinacoteca Tosio Martinengo e Palazzo Tosio, consente di comprendere, attraverso uno scorcio attraverso le nostre Collezioni abitualmente non visibili al pubblico, la ricchezza di un patrimonio museale costantemente alimentato, come acque di risorgiva, dai depositi museali che ricorsivamente con il format Andata e Ritorno portano alla superficie nuove energie, nuovi stimoli artistici e scientifici su cui instaurare preziose collaborazioni con nuovi collaboratori come Michele Danieli o valorizzare i nostri conservatori come Giulia Paletti. Mi rende particolarmente felice che queste due occasioni siano figlie l'una della mostra dedicata al Rinascimento bresciano, che fu posta in dialogo con quella sul Cinquecento ferrarese, e l'altra dell'orizzonte Ottocentesco cui guardiamo sempre con crescente interesse nella cura dei progetti connessi alla Rete dei Musei dell'Ottocento Lombard”.

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FUOCHI DI PAGLIA

di Giorgio Paglia

IL DEGRADO DEL DOMANI

Se provassimo a parlare del domani con un giovane e avessimo un minimo di sensibilità, ci sentiremmo affranti e pervasi da rimorsi di coscienza. Infatti per la prima volta siamo di fronte ad una generazione che sta peggio economicamente, e non solo, rispetto a quella precedente. Possiamo incontrare ragazzi con contratti semestrali da stagista da 600 € al mese, oppure laureati con esperienza a cui vengono proposti lavori a termine da 1200 € mensili, o in alternativa offerta l’apertura di una incerta Partita Iva.

Eppure se ascoltate il main stream sembra che si navighi nell’età dell’oro dell’economia italiana. Ma è davvero così? Vediamo qualche dato per capire meglio. Negli anni 80, quando la mia generazione era giovane, il rapporto debito pubblico/PIL era al di sotto del 57%, mentre oggi supera il 135%. Ciò significa una montagna di denaro statale che se ne va per pagare gli interessi: qualcosa come 80 miliardi di euro all’anno. La spesa pubblica è rimasta abbastanza costante: era nell’80 intorno al 29% del PIL, oggi è al 32%. Negli anni 80 la tassazione media per i redditi da lavoro dipendente era al 20-30% e l’IVA era al 18%. Il carico fiscale complessivo, comprensivo di imposte dirette e indirette, si attestava intorno al 35% e all’epoca era già considerato alto rispetto agli standard internazionali. Oggi l’Iva è al 22%, i salari sono tassati al 47,1% e la tassazione complessiva è salita al 42,6%. Sempre negli anni 80, l’energia elettrica in Italia costava circa 200 lire al KwH (cioè 0,10 €/ KwH), oggi costa il 60% in più, anche grazie al referendum del 1987 che ha fatto chiudere le nostre centrali nucleari, ma ci ha lasciati liberi di spendere per il nucleare estero il 50% in più.

Nel 1980 la benzina aveva raggiunto un prezzo record di 850 lire al litro (0,43 € tasse incluse), oggi alla pompa ci vuole quasi il quadruplo. Negli ultimi 20 anni il prezzo delle auto è raddoppiato e per comperare una Panda ci vogliono almeno 10 stipendi di un giovane lavoratore. Per acquistare una appartamento in questo periodo sono necessari circa 12 anni di retribuzione media che è il triplo di quello necessario negli anni 80. Poi un grande cambiamento è avvenuto il primo gennaio del 2002, quando l’Italia è entrata nell’Euro con un cambio assurdo di 1.936 lire per euro. Di fatto nel giro di pochi anni, importanti fenomeni speculativi, mai contrastati, hanno portato il cambio reale a 1 € = 1.000 lire, dimezzando di fatto il potere di acquisto dei salari e delle pensioni. Oggi la disoccupazione giovanile rasenta il 20% e di conseguenza i giovani sono costretti a fuggire all’estero nella misura di 100.000 unità all’anno, di cui la maggior parte emigra dal Nord. In compenso la società è cambiata con l’arrivo di milioni di migranti regolari e non. Al di là della realtà mediatica falsamente dipinta di rosa, nel 2025 il tasso di povertà assoluta in Italia ha raggiunto il 10% degli individui, che significa quasi 6 milioni di persone, ovvero l’8,4% delle famiglie. In pratica il sano ceto medio, motore dell’economia degli anni ottanta, non esiste più. In questo oscuro scenario abbiamo ancora il coraggio di lamentarci se i ragazzi vivono sui social, si ubriacano la sera e si allontanano sempre di più dalla politica, dimenticando che è semplicemente la conseguenza inevitabile del mondo che gli abbiamo lasciato. Così in un futuro che va sempre più degradandosi, punteggiato da guerre e da incertezze di ogni tipo, sorgono nuove paure giovanili quali quelle relative alle relazioni sociali, alle difficoltà economiche, alla precarietà lavorativa, all’incertezza, al cambiamento troppo veloce e alla mancanza di veri esempi valoriali. Tanta roba, eh? Insomma viviamo in una Italia e anche in una vecchia Europa colme di minacce più che di promesse positive. Allora un anziano consapevole, che in coscienza sa di aver contribuito a far fallire il sistema paese, può solo augurare a questa gioventù di essere autentica e di prendersi cura di se stessa, sfruttando almeno la tecnologia: quella sì, che evolve e migliora di continuo! Poi sul resto è meglio calare un velo triste e pietoso. Alla prossima e in alto i cuori leggeri.

Anche su: Twitter:@Fuochdipaglia Instagram:@fuochidigio

ECHI DI STRADE PERDUTE

Fondazione MIA presenta ad Astino la mostra dedicata all’opera di Roberto Salbitani, tra gli artefici di quel ripensamento della nostra fotografia che ha posto come centro d’indagine il paesaggio scardinandone ogni visione precostituita. Dopo anni di silenzio, che hanno fatto di Roberto Salbitani un maestro in ombra della fotografia italiana, l’autore torna con un importante libro e una mostra dal titolo: Echi di strade perdute. L’esposizione propone 52 immagini in bianco e nero, molte delle quali inedite, dove protagonista è il paesaggio urbano, tra i segni della metropoli, dal centro alle periferie, fino agli spazi intermedi e dimenticati tra città e campagna. Una ricerca da sempre al centro della sua opera artistica, a cominciare dal progetto e dal libro La città invasa, tra i libri più significativi degli anni Settanta, di cui la mostra espone diverse immagini. In queste fotografie l’autore mostra quella frammentazione della visione tipica della vita metropolitana, nella quale i manifesti pubblicitari, le vetrine, gli specchi - anche quelli retrovisori delle automobili -, i diversi ostacoli che si frappongono alla veduta unitaria di una scena o di un edificio divengono motivo primario della ripresa, nella restituzione della sensazione labirintica che pervade la vita di ogni abitante di ogni città del mondo. Le strade che percorre Salbitani sono perdute ma non smarrite e le sue immagini ci restituiscono l’eco dei suoi passi, del suo cammino, che da sempre procede, anche artisticamente, «in direzione ostinata e contraria». Le sue immagini, insieme visionarie e naturalistiche, sono un invito a rileggere il visivo, a cercare gli elementi primi del fare fotografia. Scrive Corrado Benigni nel testo del libro che accompagna la mostra: “Un artista – lontano da appartenenze a gruppi, scuole, tendenze – che ha saputo formulare chiaramente l’idea di una fotografia non più costretta entro i confini dei “generi”, delle funzioni illustrative, dei processi produttivi, quanto piuttosto rivolta a una ricerca di verità e di esperienza. […] La sua tecnica (un bianco e nero denso, come se fosse realizzato con il carboncino) coincide con la filosofia racchiusa nell’immagine. Per Salbitani l’arte e la sua pratica sono, infatti, tutt’uno con la vita. Forse anche per questo le sue fotografie raggiungono un mirabile equilibrio tra immediatezza della percezione e chiarezza della rappresentazione”.

FONDAZIONE MIA presenta

ROBERTO SALBITANI

ECHI DI STRADE PEDUTE

A cura di Corrado Benigni

Fino al 16 novembre 2025

Monastero di Astino, Bergamo

In occasione della mostra è stato realizzato il volume bilingue, italiano e inglese, pubblicato da ELECTA che riunisce 154 immagini. Con testi di Corrado Benigni e Roberto Salbitani

Orari di apertura mostra: martedì: 18.00 – 21.00

mercoledì: 18.00 – 21.00

https://www.fondazionemia.it/

giovedì: 18.00 – 21.00

venerdì: 18.00 – 21.00

sabato: 9.30 – 12.30 / 14.00

21.00 domenica: 9.30 – 13.00 / 14.00 – 21.00

Per informazioni: Fondazione MIA, tel. 035 211355 info@fondazionemia it | www.fondazionemia.it

TANTO DI TINTO

L’EROTISMO SECONDO TINTO BRASS. MOSTRA FOTOGRAFICA FRUIBILE SINO AL

7 SETTEMBRE 2025 PRESSO LA CAVALLERIZZA –CENTRO DELLA FOTOGRAFIA ITALIANA, BRESCIA

Un omaggio a Tinto Brass, uno dei protagonisti più controversi del cinema nazionale e internazionale: è questo lo spirito di TANTO DI TINTO. L’erotismo secondo Tinto Brass, la mostra fotografica ospitata negli spazi della Cavallerizza a Brescia, dal 13 giugno finoal 7 settembre 2025. L’iniziativa è promossa dal Centro della Fotografia Italiana, in collaborazione con il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei, nell’ambito dell’ottava edizione del Brescia Photo Festival, dedicata quest’anno al tema Archivi. Il progetto si sviluppa attraverso le immagini di Gianfranco Salis, fotografo che da oltre quarant’anni condivide con il regista veneziano un intenso sodalizio artistico. Il percorso espositivo ripercorre il periodo erotico della produzione brassiana – da La chiave (1983) a Hotel Courbet (2009) – contraddistinto da una rappresentazione gioiosa, ironica e liberatoria della sensualità femminile.

“Il mio culto estremo dello stile – sostiene il regista – implica un disilluso nichilismo nei confronti di una realtà sempre più degradata e conformista. Un radicato pessimismo verso i valori consacrati, il Potere e la morale corrente. In definitiva, verso il mondo così com’è che, se non posso cambiare, voglio almeno rendere più abitabile grazie allo splendore della forma e delle forme. Nella convinzione che solo il significante può dare un senso, un significato, al non senso della realtà. Perciò “il culo è lo specchio dell’anima” – così sintetizzo la mia poetica – racchiude il senso e il contenuto del mio cinema, riconoscendo al suo stampo le stesse valenze di quel paese utopico che speravo emergesse, ma poi non è emerso”.

Una raccolta di oltre cento scatti – molti dei quali mai mostrati al pubblico – documenta il percorso creativo di Brass, tra fotografie di scena e momenti fuori dal set, offrendo uno sguardo originale sull’esperienza umana e artistica che ha animato la sua produzione cinematografica. Una sezione speciale è dedicata a Tenera è la carne, film rimasto incompiuto a causa della scomparsa del produttore dopo sole tre settimane di riprese. Le immagini raccolte da Salis durante quel breve periodo restituiscono la forza visiva di un’opera mai terminata, ma ancora viva nella memoria del regista. Completa l’allestimento una selezione di manifesti cinematografici, testimoni dell’evoluzione grafica e comunicativa dell’universo brassiano, tra suggestioni visive, provocazione e libertà espressiva. La mostra è curata da Renato Corsini, direttore artistico del Centro della Fotografia Italiana, e da Caterina Varzi, curatrice dell’Archivio Tinto Brass e della valorizzazione della sua opera.

INIZIATIVA INSERITA

NELL’AMBITO DI “ARCHIVI”, VIII EDIZIONE DEL BRESCIA PHOTO FESTIVAL. OLTRE CENTO SCATTI RACCONTANO QUARANT’ANNI DI CINEMA TRA EROS, IRONIA E PROVOCAZIONE

Gianfranco Salis, Anna Ammirati sul set del film Monella, 1998
Courtesy Archivio Tinto Brass
Gianfranco Salis, Stefania Sandrelli sul set del film La chiave, 1973
Courtesy Archivio Tinto Brass
Gianfranco Salis, Serena Grandi sul set del film Miranda, 1985
Courtesy Archivio Tinto Brass
Gianfranco Salis, Claudia Koll sul set del film Così fan tutte, 1992
Courtesy Archivio Tinto Brass

CATTELAN È IN CITTÀ

MAURIZIO CATTELAN

SEASONS

Fino al 26 ottobre 2025

Bergamo

Dal 7 giugno la GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo presenta il quarto ciclo de Il Biennale delle Orobie - Pensare come una montagna, il programma che coinvolge le comunità del territorio grazie alla partecipazione di artiste e artisti internazionali.

A Bergamo, tra Città Alta e Città Bassa, sarà presentata Seasons, la mostra diffusa che Maurizio Cattelan ha ideato appositamente per questa occasione, con cinque lavori esposti in un percorso che si snoda in quattro sedi. Il Linificio e Canapificio Nazionale di Villa d’Almè ospiterà la performance Spin and Break Free di Cecilia Bengolea, mentre nei comuni di Dossena e Roncobello saranno presentati i lavori di Julius von Bismarck e Francesco Pedrini. In contemporanea, lo Spazio Zero della GAMeC ospiterà la mostra di EX. (Andrea Cassi e Michele Versaci), che anticipa la realizzazione del nuovo Bivacco Aldo Frattini sulle Alpi Orobie, immaginato come una sede esterna della GAMeC in alta quota.

UNA

COME

DELLE OROBIE QUARTO CICLO DI EVENTI GIUGNO –SETTEMBRE 2025

IL

La mostra Seasons di Maurizio Cattelan (Padova, 1960) si sviluppa come un percorso visivo nella città di Bergamo che stimola una riflessione sulla ciclicità della vita e della storia, sulle generazioni, sull’ascesa e sulla caduta dei valori e sulle trasformazioni dell’individuo e della società.

Il titolo della mostra è un chiaro riferimento alle stagioni, simboli universali di passaggio e rinnovamento: un invito a riflettere sul divenire del tempo, ma anche un’esortazione a vivere la realtà nella sua complessità e drammaticità attraverso l’arte, che non si limita a rappresentare il mondo, ma lo interpreta, lo problematizza e lo trasforma.

Il percorso espositivo si snoda in quattro sedi e presenta al pubblico cinque lavori: Palazzo della Ragione, in Piazza Vecchia, accoglie November (2023); alla GAMeC, in via San Tomaso, sono esposte Empire (2025), e No (2021); la scultura Bones (2025) è allestita nel vicino Ex Oratorio di San Lupo, mentre One (2025) – installazione site-specific prodotta in collaborazione con il Comune di Bergamo – si erge nella storica Rotonda dei Mille, nel cuore di Bergamo Bassa.

BONES (2025)

A giocare un ruolo significativo nel percorso è l’immagine dell’aquila – animale simbolo della montagna e della natura incontaminata – divenuta, sino dall’antichità, espressione di potere, dominio e brama espansionistica. Allestita nell’Ex Oratorio di San Lupo grazie alla collaborazione con Fondazione e Museo Diocesano Adriano Bernareggi, Bones sfida questa tradizione simbolica, presentando l’aquila nella sua forma più pura e vulnerabile: il suo corpo giace a terra con le ali spiegate, come un’icona di sconfitta, un emblema di potenza, sovranità e autorità, evocando la crisi dei valori imperiali e la rottura di un legame con i ritmi della natura. Il materiale nobile con cui è prodotta, il marmo statuario Michelangelo, utilizzato da secoli per celebrare trionfi e immortali virtù, viene ora impiegato per cristallizzare un momento di caduta, rendendolo eterno e quindi ineludibile.

Il lavoro è stato ispirato dalla visione dell’aquila commissionata nel 1939 dalla Dalmine – al tempo acciaieria di Stato – allo scultore Giannino Castiglioni per la decorazione del ceppo commemorativo del discorso tenuto da Benito Mussolini nel 1919 agli operai dell’azienda in “sciopero creativo”, evento che avrebbe dato origine alla costituzione dei Fasci di combattimento. Dopo la guerra l’aquila fu trasferita nel giardino della colonia estiva dell’azienda a Castione della Presolana, in Val Seriana, ai piedi della montagna più iconica delle Orobie. Perso il riferimento al regime, nel nuovo contesto l’aquila si era trovata a rappresentare i più alti valori della natura selvaggia e della libertà. Con la chiusura della Colonia l’aquila è tornata nei depositi della Dalmine SpA. La scelta del luogo espositivo non è neutra: un tempo sede cimiteriale, l’Oratorio di San Lupo è infatti da secoli uno spazio di liminalità: fra vita e morte, fra pubblico e segreto, fra devozione e oblio. Il titolo dell’opera, Bones, “ossa” in italiano, amplifica la tensione tra apparenza e significato: le ossa rimandano alla morte, alla decomposizione, ma sono anche ciò che dà struttura, sostegno. In questo senso, l’aquila non è solo abbattuta: è anche smascherata. È ridotta alla sua verità ultima, liberata dal peso delle ideologie.

EMPIRE (2025)

Il secondo lavoro prodotto per la mostra, presentato alla GAMeC, riflette su un potere che non si concretizza mai ed esplora la tensione tra l’ambizione di costruire e conquistare e l’impossibilità di agire in un contesto che limita ogni azione.

Un mattone di terracotta su cui è incisa la parola “EMPIRE” – che richiama immediatamente l’idea di potere, dominio e costruzione di strutture – è intrappolato in una bottiglia di vetro, a suggerire un potenziale atto di ribellione che non riesce a prendere forma, un desiderio di rottura che non si compie, una rivoluzione senza esito. L’accostamento tra la solidità del mattone – simbolo di forza e potere – e la fragilità del vetro – simbolo di trasparenza ma anche di contenimento – genera un contrasto profondo. L’impero evocato è uno spazio mentale o politico che non si realizza, una costruzione che resta sogno o minaccia mai concretizzata.

La scultura gioca anche su un altro livello interpretativo: quello del messaggio nella bottiglia, di un segnale lanciato verso un futuro incerto. Sebbene potenzialmente potente, il messaggio rimane isolato, protetto ma inaccessibile, simbolo di un’incompiuta comunicazione, di una storia che non verrà mai raccontata o che rimarrà sconosciuta. Il lavoro mette così in scena un conflitto tra forza e fragilità, tra volontà e limite, in una riflessione sul fallimento delle utopie e sull’inazione che paralizza.

NO (2021)

Il terzo lavoro, esposto nelle sale del museo, nasce dalla rielaborazione dell’iconica scultura Him (2001), in cui Maurizio Cattelan rappresentava Adolf Hitler inginocchiato in preghiera, con il volto rivolto verso l’alto in un gesto ambiguo, tra supplica e finzione. La figura, modellata con fattezze infantili, evoca a prima vista l’immagine innocente di un bambino, generando un cortocircuito visivo ed emotivo nel momento in cui lo spettatore riconosce l’identità del soggetto. La scelta di coprire il volto – scaturita da una richiesta di censura in occasione di una mostra in Cina – è ambigua: è al tempo stesso una forma di punizione e di protezione. Protezione dello spettatore dal trauma, ma anche del soggetto dal giudizio. Così, No interrompe il circuito del riconoscimento visivo , negando al volto la possibilità di diventare icona. L’occultamento diviene il fulcro dell’opera: il sacchetto non è solo un atto di censura, ma un dispositivo che sposta il focus su ciò che non si mostra, che diventa più inquietante di ciò che si vede.

ONE (2025)

L’ultimo lavoro in mostra è One, un’installazione ideata da Maurizio Cattelan per la Rotonda dei Mille, uno dei luoghi più noti di Bergamo Bassa. Sulle spalle di Garibaldi Cattelan posiziona un bambino che, con le dita della mano destra, mima una pistola: un gesto ambiguo che oscilla tra il gioco infantile e un accenno di affermazione, resistenza o potenziale ribellione, ma che può anche essere letto anche come un tentativo di interrogare le responsabilità delle nuove generazioni di fronte alla memoria e alle contraddizioni della storia. In equilibrio tra leggerezza e tensione, One apre a una doppia prospettiva: pubblica e personale. Da un lato, è un intervento che stimola un confronto con il passato nazionale; dall’altro, racconta la relazione tra generazioni. Chi è questo “Uno” evocato dal titolo? Un nipote che gioca sulle spalle del nonno? Un piccolo vandalo? Un ribelle? Ci si riferisce all’individualità del singolo o a una forza collettiva unitaria, come i Mille guidati da Garibaldi? È dunque un nuovo simbolo di unità? O una nuova generazione che si fa gioco di vecchi valori? In questo contesto, Cattelan sembra suggerire quanto sia importante non dimenticare la storia, ma ancora di più saperla rileggere e interpretare. numento e contro-monumento, gesto di continuità e atto di scarto.

NOVEMBER (2023)

Nella Sala delle Capriate del Palazzo della Ragione, dal 2018 sede estiva della GAMeC nel cuore di Bergamo Alta, è allestita l’opera November: una scultura che stimola una riflessione sul nostro rapporto con la marginalità, la giustizia, la decadenza, ma anche sul senso di libertà che, talvolta, i più deboli e vulnerabili possono incarnare.

Realizzata nel 2023 in marmo statuario Michelangelo, la scultura raffigura un senzatetto sdraiato su una panchina, con i pantaloni slacciati, in un momento di estrema vulnerabilità. L’uomo si sta urinando addosso, come testimonia la presenza di acqua sul pavimento, un dettaglio che non solo amplifica la dimensione di realismo della scultura, ma accentua anche la sensazione di disagio, di distanza dalle norme socialmente condivise, di estraneità.

L’urina diventa allora la traccia di un’esistenza, di un corpo che continua a vivere seppure, almeno apparentemente, nella sua dimensione più fisica, insinuando l’idea che il gesto compiuto dall’uomo possa potenzialmente costituire un atto di affermazione di sé. Il volto dell’homeless è quello di Lucio, amico e storico collaboratore di Maurizio Cattelan; un omaggio che introduce nell’opera una dimensione intima, mettendo in luce il legame tra l’artista e il suo soggetto, ma anche il tema universale della marginalità sociale.

La scelta di collocare l’opera all’interno del Palazzo della Ragione di Bergamo è significativa: la grande Sala delle Capriate, che in passato ospitava le assemblee cittadine medievali per poi divenire in seguito un tribunale sotto la Repubblica di Venezia, porta con sé il peso della giustizia, ma anche della sua assenza, della discriminazione e dell’ingiustizia. Il cortocircuito che inevitabilmente si crea interroga il nostro rapporto con le strutture di potere, le leggi e i valori che determinano chi ha diritto di stare nella società e chi viene relegato ai margini perché ritenuto “non conforme”.

FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA

ANNUNCIATI I VINCITORI DEL WORLD PRESS PHOTO

2025: AL FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA ETICA DI LODI L’UNICA TAPPA LOMBARDA DELLA MOSTRA ITINERANTE

Anche quest’anno è arrivato il momento tanto atteso dell’annuncio dei vincitori del World Press Photo. Indetto dalla World Press Photo Foundation, il concorso internazionale di fotogiornalismo e fotografia documentaria più conosciuto al mondo, quest’anno celebra il suo 70° anniversario. Lodi sarà l’unica città lombarda ad ospitare una tappa del suo tour itinerante che porterà la mostra in oltre 60 location nel mondo. Quasi 150 immagini che arrivano dai 5 continenti per raccontare storie incredibili.

Tutto è iniziato nel 1955, quando un gruppo di fotografi olandesi organizzò la prima edizione. Da allora, l'iniziativa ha acquistato slancio fino a diventare il concorso fotografico più prestigioso al mondo e la mostra di fotogiornalismo più visitata. I lavori premiati sono stati scelti tra le 59.320 immagini inviate da 3.778 fotografi provenienti da 141 paesi del mondo: si tratta di progetti realizzati in maniera indipendente o per conto delle maggiori testate internazionali, come The New York Times, Associated Press, TIME, Agence France Presse e NPR.

La mostra del World Press Photo sarà presente nel ricco programma ufficiale del Festival della Fotografia Etica di Lodi, alla sua sedicesima edizione, che si svolgerà dal 27 settembre al 26 ottobre 2025. Evento di carattere internazionale con la presenza di oltre 80 fotografi, tra cui i vincitori del World Press Photo, la manifestazione tornerà a raccontare il nostro mondo in continuo e veloce cambiamento, di cui la fotografia congela il momento per aiutarci a comprenderne le cause e gli effetti delle sfide globali contemporanee. Anche quest’anno il concorso è sostenuto da FUJIFILM Corporation, partner strategico del World Press Photo.

Il Festival della Fotografia Etica

Nato nel 2010 il Festival ha l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico su temi sociali di grande rilevanza attraverso la fotografia. Promuove il potere delle immagini nel denunciare ingiustizie e rafforza il dialogo tra etica, comunicazione e fotografia. Un ricco programma di oltre 20 mostre di fotoreporter internazionali, si accompagna a incontri, visite guidate, talk d’autore, presentazioni di libri, letture portfolio e progetti educational. Il Festival organizza inoltre il World Report Award, un concorso che sostiene fotografi impegnati nel reportage sociale. Oltre all’evento annuale, l’organizzazione amplifica le storie raccontate dai fotografi attraverso il Travelling Festival, mostre ideate e prodotte e Lodi che viaggiano per l’Italia.

Bente Stachowske per Nyodeema Foundation
Karol Grygoruk per Minority Rights
Bente Stachowske per Nyodeema Foundation

Organizzazione indipendente senza scopo di lucro la Fondazione del World Press Photo rafforza il potere del fotogiornalismo e della fotografia documentaria attraverso la comprensione e l’approfondimento della tematiche globali più urgenti.Ogni anno la mostra itinerante dei vincitori del concorso raggiunge milioni di persone in tutto il mondo, con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico sempre più ampio.

Lodi, sedi varie 27 settembre 26 ottobre 2025

www.festivaldellafotografiaetica.it

Foundation Gianmarco Sicuro per EMERGENCY
Gianmarco Sicuro per EMERGENCY
Lorendo Foddai per ASD Roma Blind Football
Lorendo Foddai per ASD Roma Blind Football

Raccontare la Mille Miglia da un altro punto di vista: un omaggio ai meccanici, il cui lavoro silenzioso è da sempre fondamentale per la riuscita della gara. È questo l’obiettivo della nuova mostra della fotografa di fama internazionale Elizabeth Ann Kahane. “Heart Of The Race. Master Mechanics of the Mille Miglia” è baperta al pubblico da giovedì 29 maggio fino al 31 ottobre negli spazi della stessa istituzione museale di viale della Bornata.

All’inaugurazione della mostra sono intervenuti, oltre a Kahane, la sindaca Laura Castelletti e il noto giornalista e personaggio televisivo americano Donald Osborne. Per l’artista sarà la seconda esposizione sulla celebre gara: la prima fu nel 2022 con la mostra “Front Row Seat”. Lungo i cinque giorni della Mille Miglia 2024, Kahane, insieme al suo team (composto da un lighting designer, un assistente fotografo, un autista e una giornalista), ha seguito la carovana lungo la penisola, creando uno “studio fotografico” all’aperto, documentando riparazioni su strada e catturando lo spirito dei meccanici nei momenti cruciali. L’artista ha confessato di essere molto felice. “La passione è l’unica forza trainante per diventare un meccanico di successo alla Mille Miglia. - ha dichiarato in sede di inaugurazione - Quasi tutti si sono appassionati alla riparazione delle auto durante l’infanzia. Spesso è stato un parente a ispirarli”. E ancora “Per i meccanici della zona di Brescia il legame con la Mille Miglia è profondo, essendo cresciuti con la gara, che fa parte del loro patrimonio e del loro Dna culturale. Ciò è riconosciuto da molti piloti internazionali decidendo di tenere le loro auto d’epoca presso le officine meccaniche bresciane per averne cura tutto l’anno e prepararle per la gara. I meccanici sono la linfa vitale di questa corsa”. Kahane ha chiesto alla comunità bresciana di unirsi a lei per accendere finalmente i riflettori sui Meccanici della Mille Miglia, che sono il vero “cuore della gara” (heart of the race).

Donald Osborne ha commentato: “Il rally storico che oggi onora la memoria della ‘Mille Miglia di velocità’ del passato è ancora un’esperienza epica, che richiede il massimo in termini di preparazione, attenzione e resistenza. La preparazione è davvero la chiave. Avendo partecipato alla Mille Miglia quattro volte, so cosa serve per arrivare fino in fondo. Elizabeth Kahane non solo condivide questa consapevolezza, ma riesce, grazie al suo talento creativo intuitivo ed espressivo, a catturare l’essenza di questo evento unico. Il focus è su coloro che condividono l’immediatezza del rivivere la storia e seguire le orme dei veri eroi. Il progetto di Elizabeth valorizza in modo brillante alle persone ‘dietro le quinte”.

EREMO DI SANTA CATERINA DEL SASSO

COLLEGAMENTO DIRETTO VIA LAGO

ALL’EREMO DI SANTA CATERINA DEL SASSO

Da mese di giugno è attivo il nuovo collegamento diretto fra Laveno Mombello e Santa Caterina del Sasso - una delle più importanti realtà storico-culturali e il monumento più visitato sulla sponda lombarda del lago - per accompagnare i turisti che da tutta Italia e, sempre più, dall’Europa e dagli Stati Uniti scelgono il territorio di Varese e le coste del Lago Maggiore come loro destinazione.

Un’opportunità in più per un territorio che si caratterizza per una proposta di esperienze di turismo culturale, sportivo e attento alla sostenibilità dei luoghi. La sponda lombarda del Lago Maggiore, infatti, sta vivendo una vivace fase di sviluppo territoriale, legata in modo particolare al cosiddetto “turismo lento” e “turismo esperienziale” che incoraggiano a vivere il territorio in maniera approfondita e che offrono esperienze di connessione con la cultura, la storia e la natura locale.

Sono state circa 2,9 milioni le presenze dei turisti nella provincia di Varese nel 2024 con un aumento del 16% rispetto al 2023; sono inoltre aumentate le presenze dall’estero: 1,9 milioni con un +20% sul 2023 con turisti in arrivo principalmente da Germania (20%), Stati Uniti (10%) e Francia (8%).

Il nuovo servizio prevede la possibilità di raggiungere Santa Caterina in circa 20 minuti di navigazione da Laveno Mombello rispetto all’attuale collegamento che individua lo scalo di Stresa, sulla sponda piemontese, come unico hub di partenza verso Santa Caterina.

COMUNICATO

Collegamento diretto all’Eremo di Santa

inizia la stagione territorio di Varese

Fondazione Varese

COMUNICATO STAMPA

diretto via lago Santa Caterina del

stagione estiva del Varese

Varese Welcome e

Fino al 14 settembre saranno disponibili tre collegamenti diretti pomeridiani per raggiungere l’Eremo di Santa Caterina. Dopo questa prima stagione sperimentale, la Fondazione Varese Welcome e la Gestione Governativa Navigazione Laghi avvieranno una fase di valutazione per considerare la possibilità di inserire stabilmente il collegamento a livello strutturale nel programma di esercizio della Navigazione Lago Maggiore.

In questo contesto, Laveno Mombello rappresenta un importante elemento di raccordo per raggiungere l’Eremo di Santa Caterina del Sasso in modo agevole grazie all’integrazione treno-traghetto. Sarà, infatti, introdotto a breve - grazie alla definizione di un accordo fra la Gestione Governativa e Trenord - il biglietto integrato che consentirà di raggiungere Laveno Mombello da qualsiasi città della Lombardia e, via battello, Santa Caterina del Sasso. Sarà quindi possibile arrivare all’Eremo, in modo veloce, solo con i mezzi pubblici, per esempio dal centro di Milano.

Inoltre, per la Stagione Estiva 2025 verranno proposte una serie di esperienze da vivere sul Lago Maggiore proprio a partire dal collegamento diretto Laveno Mombello – Santa Caterina del Sasso valorizzando il patrimonio enogastronomico, culturale e paesaggistico del territorio.

DOVE UNDERARMS EXPERIENCE

Dove Underarms Experience, la prima mostra evento immersiva interamente dedicata alla celebrazione delle ascelle. Presentata a Milano presso Spazio Tenoha, Via Vigevano 18, dal 16 al 17 maggio, Underarms Experience proponeva un percorso esperienziale concentrato per la prima volta sulle storie che le ascelle hanno da raccontare, rivelando come questa parte del corpo, apparentemente uguale in tutti, nasconda in realtà unicità, esperienze e necessità differenti.

L'obiettivo duplice: sensibilizzare sulle diverse problematiche che possono interessare questa zona del corpo e presentare le soluzioni innovative di Dove Advanced Care in una chiave artistica del tutto inaspettata. Una volta entrati, i visitatori avevano modo di approfondire questa tecnologia in modo sorprendente, tra giochi di luci e installazioni luminose. Il viaggio esperienziale prevedeva un’area educational, dove era possibile conoscere le diverse esigenze della pelle delle ascelle, osservarla da vicino ed esplorarla attraverso le sue stratificazioni e complessità.

Le ascelle raggiungono la loro massima espressione nella sala espositiva, che mette in mostra 15 scatti autentici di donne reali e delle loro ascelle, realizzati da tre talentuose fotografe di Istituto Italiano di Fotografia. Ciascuna le interpreta con un linguaggio visivo differente, dando vita a una narrazione tutta al femminile fatta di stili e prospettive diverse e arricchenti. Le immagini sono riprodotte in formato extra-large, creando un impatto visivo sorprendente che trasforma le ascelle nelle vere protagoniste dello spazio, restituendo valore alla loro unicità.

GIUSEPPE GRADELLA LA DISTANZA NECESSARIA

A cura di Walter Borghisani

Mangano Galleria D’Arte Via Grado, 6 - Cremona Dal 28 Giugno al 26 Settembre

Mangano Galleria d'Arte è lieta di presentare "La distanza necessaria", mostra personale di Giuseppe Gradella, un’indagine sulla relazione tra soggetto e fotografo. “La distanza necessaria” esplora il concetto di distanza in fotografia, intesa non solo come elemento tecnico, ma come strumento espressivo, etico ed emotivo. Attraverso le opere di Giuseppe Gradella, fotografo italiano dallo stile onirico e pittorico, l’esposizione propone una riflessione sulla relazione tra fotografo e soggetto, tra intimità e distacco, tra osservatore e immagine.

Gradella, noto per i suoi ritratti sospesi nel tempo e le atmosfere eteree, utilizza spesso superfici riflettenti, filtri e distorsioni visive per introdurre un “diaframma” simbolico tra sé e il soggetto, instaurando un dialogo silenzioso e introspettivo. Le sue composizioni equilibrate, la palette cromatica desaturata e l’uso sapiente della luce evocano suggestioni pittoriche, rimandando a maestri rinascimentali e fiamminghi. La mostra si sviluppa tra fotografia di architettura e ritratto, indagando il modo in cui la distanza - reale o metaforica - possa veicolare significati, stati d’animo e percezioni dello spazio.

Anche l’allestimento gioca un ruolo attivo, mantenendo una “sufficiente lontananza” tra le opere per stimolare nello spettatore un’esperienza di visione più intima e riflessiva, in sintonia con l’universo visivo di Gradella. La mostra resterà aperta con i seguenti orari: lunedì - venerdì, ore 16:30-18:30. Tutte le mattine, sabato e domenica su appuntamento. Tel. 0372 413333 - info@manganoarte.it - www.mangano.art

Osserviamo a lungo le fotografie di Pepi Merisio: prima l’una, poi l’altra; alla fine tutte insieme. Chiudiamo il volume e ci appoggiamo allo schienale: vogliamo riflettere. Ci deve essere, per le immagini viste, un elemento legante che vada oltre le definizioni che abbiamo già letto o sentito. Il fatto che Merisio abbia raccontato la civiltà contadina e montanara rappresenta un dato scontato: è così. Che poi i soggetti trattati siano individui senza nome e senza storia è un fatto ancor più conclamato. I meriti del fotografo, però, vanno oltre, e di molto. Forse partono da una consapevolezza antica, respirata nelle terre conosciute sin dall’infanzia, ma no: non basta. Probabilmente deve essere chiamata in causa la concretezza “bergamasca”, quella dove il tempo misura il valore delle azioni. E poi, c’è dell'altro? Evidentemente, pensiamo, una cultura religiosa profonda, dove l’uomo si confronta continuamente con se stesso e le proprie opere, con onestà. Ecco, sì: ci siamo. Riapriamo il volume. Ci accorgiamo che i soggetti, i paesaggi, gli oggetti, sono tutti più vicini. Merisio ha concesso a noi la sua conoscenza, i sentimenti che lo animavano. Ogni immagine racchiude un racconto, esprimendo anche un sentimento, un’emozione, una forte suggestione. Ci sono così passati davanti gioia, dolore, fatica, sacrificio, persino amore, senza che il fotografo abbia edulcorato nulla. Non è un girone dantesco, quello che vediamo, e nemmeno il luogo della bellezza nostalgica di quanto è stato. Le persone che incontriamo sono senza nome e senza storia, ma ne stanno costruendo l’elemento portante, che poi è la vita. Merisio tratta tutti con rispetto. Lo fa nelle sue valli e pure nel corso dei viaggi intrapresi un po’ dovunque in Italia. Cerca, e trova, i medesimi racconti; perché i senza nome sono tali in ogni luogo. Meglio salvarne la dignità, quindi, rendendola palese a chi guarderà. a parlare a utti dando loro del “lei”, pacatamente. È un fatto di educazione, lldella fotografia gentile.

Giovanni Gazzaneo che così scrive: “Il suo è un canto all’umanità fatto di immagini che colgono l’amore, il lavoro, l’amicizia, il gioco, l’attesa, la gioia, la preghiera. Un canto di terra e cielo, vita e morte. Ecco il segreto di Merisio: la capacità di raccogliere gli estremi (e quindi il tutto) in uno sguardo”.

Quando hai iniziato a fotografare e perché?

“A quindici anni circa, con la macchina di mio padre. Il mio è stato un inizio da autodidatta, che col tempo mi ha fatto entrare nel mondo amatoriale. Ricordo quando mi recavo ad Albissola. Nella vicina Savona vi era un negozio che vendeva fotocamere, di fronte alle vetrine rimanevo estasiato”.

Quando arrivi al professionismo?

“Nel 1962. L’anno dopo sarei entrato nello staff di Epoca, forse la rivista d’immagini italiana per eccellenza”.

La tua è stata passione per la fotografia?

“Sì. Essendo free lance, però, dovevo correre, stando attento alle opportunità”.

La passione è stata importante?

“Io sono vissuto di passioni e la fortuna mi ha aiutato. Amavo i lunghi viaggi e col Papa ne ho vissuto uno lunghissimo. Occorre però fare una considerazione: come tutti i lombardi, ero “tarantolato” dal lavoro. Le maggiori soddisfazioni le trovavo nell’impegno quotidiano”.

Fotograficamente, come ti definiresti?

“Un documentarista umano. Sento un legame forte con quanto ho di fronte. La fotografia non è arte, o almeno non solo. Serve per documentare, raccontando peraltro”.

Qual è la qualità più importante per un fotografo documentarista quale sei?

“Prevedere ciò che accadrà.È così per tutti i ritratti ambientati. Occorre capire la logica del momento: bisogna intuire. La delusione più grande nasce quando credi di aver previsto tutto, ma in realtà non accade nulla. La tua idea si dissolve. Questo vale per la gente che vuoi ritrarre, ma pure per la luce. Ricordo un tramonto che cercai il giorno dopo: non c’era più. Ci sono dei momenti che accadono una sola volta, e basta”.

Bianco e nero o colore?

“La risposta è ovvia: bianco & nero. Non voglio parlare male del colore, però. Anche lì mi sono trovato bene, specialmente di fronte a quei soggetti per i quali il cromatismo era essenziale”.

C’è tra le tue una fotografia che ami particolarmente? La preferita?

“Ce ne sono alcune, forse tre o quattro: la donna col fieno in testa (Cogne, 1960); la luce della Stazione Centrale, che mi racconta molto; Il ponte di barche sul Po (a Spessa, Pavia, 1972), le chiatte sul Naviglio, a Milano; gli operai sulle ancore nel porto di Genova (oggi andrebbero tutti in galera)”.

Hai osservato dei fotografi che ti abbiano ispirato?

“Per primo metterei Henri Cartier Bresson. Lui mi ha fatto capire come la vita, e quindi l’uomo, sia quanto di più importante da fotografare. Non potevo continuare a ritrarre soggetti inanimati, come in realtà facevo agli inizi. Mi piace ricordare un altro “grande” autore: Pietro Donzelli, profondo conoscitore della fotografia italiana, nonché curatore e organizzatore di mostre.

PEPI MERISIO

LA FOTOGRAFIA GENTILE

Oggi non vediamo quasi nulla di suo. De Biasi era un collega, ma molto bravo come fotografo, universale direi. La sua dipartita è stata una perdita. Alla fine, ma non per ultimo, voglio citare Gianni Berengo Gardin. Abbiamo prodotto dei libri insieme. Il direttore del Touring diceva di lui: “Berengo non è un fotografo, ma un bene culturale”.

Dopo tanti anni di carriera, c’è un progetto rimasto indietro e che vorresti portare a termine?

“Ho il rammarico per tante idee che avrei voluto finalizzare, ma che oggi sono irrealizzabili. Mi sarebbe piaciuto lavorare di più sul Veneto e anche sulle Dolomiti, ma gli ambienti che desideravo raccontare non esistono più, si sono persi dopo gli anni ’60”.

Perché ci piacciono tanto gli anni ’60?

“C’era tutto, pur nella modestia: l’orologiaio, lo stagnaio e via dicendo. Si percepiva un senso completo della vita, a Milano e pure nei paesi, in provincia. Oggi siamo americani, però superficiali. In certe parti degli USA vivono più tranquillamente di noi”.

Stampavi le tue fotografie?

“Certo, allora essere un fotografo voleva dire stampare: faceva parte della sua vita. Arrivavi a casa col rullino, sviluppavi e ingrandivi. Quello era il mestiere, non sempre considerato al meglio”.

In che senso?

“A Caravaggio c’è un Santuario, frequentato dai pellegrini. Tanti fotografi si radunavano lì per ritrarli. Ce ne era uno con la gobba. Quando dissi a mio padre che intendevo lavorare da fotografo, lui mi disse: “Te feret mia el gubin?”. Questa era la sua considerazione per il mestiere. Il Papa, Paolo VI, forse la pensava diversamente. Il suo segretario mi esortava spesso perché mi facessi da parte: “Si nasconda, vada a meditare”. Sua Santità invece diceva: “Merisio, venga fuori”, e si metteva a chiacchierare con me”.

Potessi scegliere, che fotografia scatteresti domani?

“Tante, anche in posti dove sono già stato, come quelli del Po. Il paesaggio del grande fiume mi è rimasto dentro, perché aspro e duro alla vita”.

Il Po pare essere un soggetto difficile … “Vero, perché il suo paesaggio è interno. Quando ne esci, tutto cambia: sei di fronte alla pianura. Non puoi guardare il Po come osservi l’Adda. Anche il barcaiolo vive al di fuori del fiume. Per navigare, deve scendere l’argine; e lì rimane solo un orizzonte d’acqua”.

Col tuo lavoro ti sei concentrato sulla civiltà contadina e montanara, quella fatta di gente senza nome. Credi di aver tralasciato altri generi?

“Fotografare, a livello professionale, è anche una questione di conoscenze, di contatti, di editori. Non escludo né demonizzo altri generi. Nel mio mondo, la clientela voleva ciò che ho portato alla luce”.

Nessun rimpianto, quindi …

“No, anzi. Il mio racconto si è sviluppato tra i soggetti che preferivo: situazioni che non esistono più, se non nelle immagini che ho prodotto”.

Potessi farti un augurio da solo, cosa ti diresti?

“Vorrei scattare una fotografia fresca, dove all’interno possa esservi tutto”.

SPAZIO BART

Sabato 17 maggio, allo Spazio Bart di Dalmine, presso Az  Chimica, si è tenuta la mostra Pop-up dell’artista Andrea Fumagalli (Andy dei Bluvertigo), curata da Marco Fioretti e orchestrata da Andrea Bracchi e Luca Austoni che hanno saputo valorizzare la contaminazione tra arte, musica e sperimentazione visiva.

L’esposizione, caratterizzata da opere dai colori fluo e accesi, ha attirato un vastissimo pubblico. Le tele, illuminate da luci UV, hanno creato un effetto visivo spettacolare dando vita ad un’atmosfera davvero surreale e affascinante. Andy ha interagito con affabilità con i presenti, condividendo il suo universo creativo tra arte, musica e design. (Valentina Visciglio)

È stato inaugurato all’inizio del mese scorso il nuovo parco apistico “Città, Api, Piante e Persone”, un progetto innovativo e sostenibile che segna un nuovo settore nella Valle della Biodiversità dell’Orto Botanico di Astino. La Valle della Biodiversità, che nasce dall’accordo di programma tra Comune di Bergamo, Fondazione Mia, Parco dei Colli, Regione Lombardia, compie quindi un nuovo passo in avanti.

Il progetto del Parco apistico “Città, Api, Piante e Persone” elaborato dal Comune di Bergamo, cofinanziato dalla Fondazione Banco del Monte di Lombardia con un contributo di 100.000 euro e sostenuto da Rotary Club Bergamo Terra di San Marco, ha permesso di trasformare uno spazio terrazzato – un tempo coltivato a vigneto e da tempo in stato di abbandono – in un luogo dedicato alla conoscenza della flora e alla tutela degli insetti impollinatori, oltre al rapporto tra uomo e api. Il parco si estende su una superficie di quasi 1.000 metri quadrati, resa nuovamente fruibile grazie a interventi di recupero e valorizzazione del paesaggio interpretato dall'architetto paesaggista Filippo Piva. Il nuovo parco apistico propone un vero e proprio percorso didattico: antichi terrazzamenti sono stati rimodellati e arricchiti con piante da siepe e piante erbacee attrattive per api e altri impollinatori, su cui l'Orto Botanico invita a soffermarsi.

All’interno di parcelle gradonate, delimitate da pali di castagno, sono state trapiantate una novantina di nuove specie mellifere di prateria, di margine boschivo, di macchia, arbusti ed erbacee perenni gradite agli impollinatori perché fonti di nettare e di polline. Accanto a queste zone, sono state inserite parcelle dedicate a specie di coltivo particolarmente attrattive per le api, come la facelia, il grano saraceno, la camomilla, la senape. Non mancano specie mediterranee ed ornamentali che possono ispirare i visitatori affinché anche i giardini privati o i terrazzi diventino fonte di cibo per gli impollinatori.

"L'impollinazione è un fenomeno di grande rilievo, mette in relazione piante e animali, garantisce il funzionamento degli ecosistemi, la sopravvivenza delle specie e la qualità delle infrastrutture verdi, anche in città. Questo è uno dei messaggi del parco apistico che non a caso è intitolato 'Città, api, piante e persone': più specie di fiori e di insetti ci sono, meglio è per tutti – ha affermato il direttore dell'Orto Botanico Gabriele Rinaldi. Il nuovo settore nella Valle della Biodiversità ha proprio lo scopo di invitare il cittadino ad allenare lo sguardo verso queste presenze e ai fenomeni che le rendono possibili: le parole chiave sono coevoluzione, comunicazione animale, infrastrutture verdi biodiverse, prati a sfalcio ridotto, città sempre più verdi e fiorite".

Il percorso di visita è stato integrato nel contesto paesaggistico esistente, con interventi che rispettano la tradizione costruttiva locale, con materiali naturali e un progressivo inerbimento naturale.

Il percorso didattico è arricchito da 7 pannelli bifacciali realizzati da studenti dell'Accademia di Brera di Milano sotto la guida della professoressa Paola Manusardi, a partire dai testi del direttore dell'Orto Botanico. Un viaggio nella storia dell’apicoltura è suggerito dall’esposizione di 6 arnie storiche e moderne, da quelle cosiddette irrazionali come il tronco cavo o la cesta, fino alle più recenti e razionali come la Dadant, la Top Bar o la Az slovena, inserite in un contesto evolutivo e temporale che racconta la lunga relazione tra uomo e ape.

Nel Parco c’è anche un beehotel realizzato da volontari dell'Orto Botanico, dedicato alla nidificazione degli insetti, realizzato anche con materiali di recupero provenienti dal parco stesso. In un altro settore della Valle della Biodiversità da anni a scopo didattico sono presenti tre arnie con famiglie di api, a dimostrazione che con il rispetto dovuto e un po' di attenzione, la coesistenza pacifica tra i circa 20.000 visitatori annui e almeno il doppio del numero di api è possibile.

Nelle prossime settimane verranno programmate visite agli alveari anche per famiglie con bambini, che verranno dotati di apposite tutine, laboratori per la costruzione di beehotel, lezioni sul rapporto flora e impollinatori e su come realizzare aiuole amiche degli impollinatori.

Per informazioni: www.ortobotanicodibergamo.it

IL PARCO DELLE API

INAUGURATO IL NUOVO

PARCO APISTICO

NELLA VALLE DELLA

Proseguelacollaborazione conLucaRuggeri,daun latoilsuopercorsoconla malattia,difronteisuoi ricordiealcune riflessionisullavita.

SECOND LIFE AGAIN

Sono Luca Ruggeri malato di SLA dal 2015.Non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario e muovo solo gli occhi che mi consentono di comunicare con un tablet oculare.

IL TEMPO PASSA, LA SLA NO

A distanza di quattro anni sto ancora facendo infusioni e, nonostante la mia tenacia, la SLA è progredita. Si è presa quasi tutto, mi è rimasto un filo di voce, ma so che tra non molto perderò anche quella. Il mio vivere resterà appeso a qualche battito di palpebra davanti a un tablet. Non capirò mai quanto e se mi avesse davvero aiutato il farmaco giapponese, ma nel frattempo è stato approvato in tutto il mondo - anche in Italia, ma io per l’ennesima volta non ho diritto a riceverlo perché viene dato solo agli ammalati con diagnosi non superiore ai due anni.

Neanche la somministrazione sono riuscito a regolarizzare, praticamente dopo quattro anni sono ancora un fuorilegge. Quando la vita ti gira le spalle, sembra diventare una penitenza, una condanna da scontare, pare di essere completamente avvolti nel buio; ti aggrappi a tutto, a un affetto, a una amicizia, alla fiducia nel tuo medico e alle parole incoraggianti del tuo psicologo. Pensi a un miracolo e ti sforzi di credere che esista un dio che ti possa aiutare, all’illusione di fermare la malattia andando in capo al mondo a provare una cura che non dà garanzie; partecipi a tutte le sperimentazioni possibili, tutto pur di alimentare la speranza e rivedere un po’ di luce.

Sono sempre stato un realista, molto pragmatico, ma durante questi anni di guerra alla mia SLA sono cambiato, mi consegno ai sogni, alle illusioni, mi lascio andare alla morbidezza dei sentimenti, mi faccio coccolare dagli affetti non per sfuggire alla realtà, ma per viverla in un modo diverso, piacevole, anche perché sono emozioni e momenti che non ho ricevuto nella mia prima vita, quella in cui credevo di avere tutto. In questi anni di malattia non ho rimpianti, rifarei tutto quello che ho fatto, anche il viaggio della speranza in Giappone e sarei pronto a ripartire se ci fosse l’occasione di prolungare la vita. Io sono stato fortunato nel mio viaggio ho trovato persone serie e probabilmente una cura magari non molto efficace ma non dannosa, ma molti ammalati che hanno avuto diagnosi infauste come la mia, tentano di capovolgere il destino con questi viaggi della speranza andando incontro a imbroglioni e carogne che si arricchiscono approfittando della nostra disperazione e per molti questo viaggio si trasforma nell’ultimo. La mia strada non è finita ho un meraviglioso appuntamento con la vita, tra qualche mese dovrò accompagnare mia figlia all’altare, la SLA aspetterà.

“Ho scritto questo libro non per i malati, come me loro sanno già tutto, ma per voi... A coloro che camminano senza sforzo, parlano senza difficoltà, mangiano senza fatica e respirano senza pensieri. Possa questo libro aprire gli occhi sulla fortuna di una vita che diamo per scontata, risvegliando la gratitudine per ogni singolo passo, ogni parola, ogni boccone, ogni respiro.

Postfazione "Cosa è la SLA" a cura della dottoressa psicoterapeuta Lidia Gazzi L'ebook è disponibile su: https://www.librerie.coop/libri/ 9791281546714-il-gatto-del-presidente-multimage/

Il ricavato dalle vendite del libro sono destinati all’Associazione Viva la Vita Italia

CINESI? NO GRAZIE

Fra tutte le etnie che sono arrivate in Italia la peggiore è la comunità cinese.

I cinesi avvelenano l’economia, sono silenziosi e non si sa quanti sono, i corpi dei loro defunti non si sa che fine fanno, mangiano cani e gatti. Un mio amico albanese mi raccontò che diversi anni fa una nave di profughi cinesi attraccò nel porto di Durazzo e la notte seguente sparirono dalla città tutti i cani randagi e liberi.

I cinesi acquistano le nostre attività in contanti di dubbia provenienza, creano una loro economia e non acquistano nulla dai nativi, anzi. Gli fanno concorrenza con dei prezzi bassissimi, frutto dello sfruttamento della loro stessa gente, che lavora un sacco di ore sottopagata e vive mangia e dorme nello stesso posto di lavoro di pochissimi mq.

Cosa fanno qui, solo danni al nostro commercio e così si sono comportati in tutte le nazioni dove sono immigrati creando città cinesi dentro la stessa città dove sono immigrati, cioè integrazione zero assoluto!

DA 80 ANNI AL FIANCO DELLE IMPRESE

Una storia di Valori e Persone

Era il 19 maggio 1945 quando un gruppo di artigiani bergamaschi si unì per dare voce, dignità e futuro al proprio lavoro. Così nacque

l’Associazione Artigiani di Bergamo, poi divenuta

Confartigianato Imprese Bergamo.

Oggi, ottant’anni dopo, quel sogno è diventato una realtà solida e rappresentativa, radicata nel territorio e proiettata verso il domani.

Una comunità che ogni giorno sostiene l’impresa “a valore artigiano”, valorizza il sapere delle mani e l’intelligenza del fare, mette al centro le persone e promuove un modo di fare impresa etico, competente e innovativo.

80 anni insieme alle Imprese

E con la stessa Passione, continuiamo a costruire il Futuro!

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