Qui Brescia n.ro 142

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LA STORIA Siamo agli inizi del ‘900 e Brescia vede l’insediamento di molte attività industriali. Tra queste la soc. milanese Erba, Curletti e Zironi, promosse nel 1906 l’insediamento di Brescia costituendo la Società Elettrica ed Elettrochimica del Caffaro. Lo stabilimento, alimentato dalla centrale idroelettrica della Caffaro di Bagolino, avviò la produzione nell’area di via Milano. Nel 1966 l’azienda mutò denominazione in Caffaro Spa – Società per l’Industria Chimica ed Elettrochimica del Caffaro. Mediobanca (16,39%), Pechiney-Ugine Kuhlman (16,09%), Finanziaria Pas (6,95%), Gruppo Oronzo de Nora (13,45%) e i gruppi familiari Feltrinelli e Loro formarono il sindacato di controllo. Inglobata da Snia-BPD, fu dal 1985 al 1998 controllata da Fiat e Mediobanca e nel 1998 prima da Cesare Romiti che aveva acquisito le azioni Fiat e in seguito da Luigi Giribaldi e Cornelio Valletto che assunsero il controllo di Snia con un investimento di 200 miliardi di lire. Nel 1999 la Bios (Interbanca-Gnutti) acquistò il 20,5% del capitale, consolidato al 29% nel 2000 e al 50,1% nel 2002. Nel giugno 2004 Snia si scisse in due società: Sorin Spa (tecnologie biomedicali) e Snia Spa (attività chimiche Caffaro), public company. L’insorgere di un periodo di grandi difficoltà produttive e finanziarie ed il sequestro nel 2008 dell’impianto di cloro-soda dello stabilimento Caffaro di Torviscosa, maturò infine il 15 gennaio 2009 in Snia Spa la decisione di sciogliere e porre in liquidazione la società Caffaro. Lo stabilimento storico di Brescia, entrato in attività nel 1906, fu collocato in piena area urbana, a 900 metri circa dal centro storico di Brescia, nella zona ovest e sul lato sud di via Milano, l’antica statale che collegava Brescia con il capoluogo lombardo. La fabbrica si inserì a 300 metri dal centro dell’allora frazione di Borgo San Giovanni-Fiumicello, a ridosso della scuola elementare “Dusi” e nelle adiacenze delle cascine che costellavano i campi a sud-ovest dell’abitato. A pochi metri della futura stazione della ferrovia Brescia-Iseo. Compresa da principio in un’area di 40.000 m2, lo sviluppo produttivo nel secondo dopoguerra la portò ad espandersi fino agli attuali 110.000 m2. Oggi, dunque, occupa quasi per intero l’isolato compreso tra via Milano, via Fiumicello, via Morosini e via Nullo.

COSA PRODUCEVA

La fabbrica nacque essenzialmente per produrre soda caustica (NaOH), composto chimico indispensabile per l’industria dei saponi, dei tessuti e della carta. Il sistema impiegato fu quello elettrolitico, secondo il metodo Kellner-Solvay, con catodo di mercurio e anodo, prima di platino e in seguito di grafite. Al sale (salgemma), tratto dal giacimento siciliano di Porto Empedocle, veniva aggiunta acqua per ottenere la salamoia da introdurre nei bagni elettrolitici da cui ricavare soda caustica. Conseguenza della produzione, anche la decomposizione di idrogeno e cloro. L’esigenza di recuperare il cloro, gas tossico, indusse ad installare un forno di calce a fuoco continuo alimentato da pietrame calcareo di Virle e di Mazzano. La calce combinata col cloro si trasformava così in cloruro di calce, nuovo prodotto chimico commerciabile. Le materie prime essenziali in quei primi anni furono: il sale, l’acqua prelevata in grande quantità (10-12 milioni di m3 l’anno) dalla falda sottostante, la pietra calcarea, l’energia elettrica prodotta dalla centrale del fiume Caffaro ed il mercurio, in parte disperso in ambiente e quindi da integrare. Alla fine degli anni ‘30 la Caffaro si mutò da produttrice di soda caustica, in cui il cloro risultava un sottoprodotto difficilmente riutilizzabile, in industria di composti organici del cloro, spesso sostanze molto tossiche, cancerogene, non degradabili e accumulabili nella catena alimentare.

monsanto e il Policlorobifenile - pcb

La conversione produttiva, ebbe un’anticipazione negli anni della Prima guerra mondiale, con l’installazione di un impianto per la produzione del monoclorbenzolo. Ma fu a partire dal 1938, che i PCB divennero i prodotti che per circa mezzo secolo caratterizzarono maggiormente l’industria. Fu la Monsanto negli anni ‘20 a brevettare i PCB. La multinazionale americana concesse l’uso del brevetto dietro adeguato compenso di royalties ad un’azienda per ognuno dei principali paesi industrializzati (Giappone, Germania, Inghilterra, Francia, Italia e Spagna). In Italia fu assegnato, appunto, alla Caffaro e a Brescia di fatto entrò in funzione a pieno regime il primo impianto cloro-soda nazionale.


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