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Murales comparso da qualche mese in via Bono sulla facciata di uno dei fatiscenti edifici abbandonati che separano la strada dalla linea del tram. Firmato Stradedarts Alessandro Paolo Mantovani (Art Curator) per la campagna dell’Associazione Europa Donna Italia, movimento che tutela i diritti alla prevenzione e alla cura del tumore al seno. È un’associazione di promozione sociale, indipendente e senza scopo di lucro. È la sede nazionale di Europa Donna Breast Cancer Coalition, movimento di respiro internazionale che rappresenta presso le istituzioni pubbliche i diritti delle donne nella prevenzione e cura del tumore al seno. Fondata nel 1994 a Milano su intuizione dell’oncologo Umberto Veronesi e iniziativa della European School of Oncology, Europa Donna è oggi presente in 47 Paesi. Con l’obiettivo di rispondere efficacemente alle esigenze delle donne prima, durante e dopo la malattia, Europa Donna svolge un’opera di sensibilizzazione sul tumore al seno, proponendosi come il principale movimento di opinione sul tema.
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Si narra l’amara solitudine di eremiti prigionieri dell’attesa dei dardi d’oro di Cupído e della cupidigia di desideri avversi a contemplare le stelle.
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Abbiamo incontrato Giovanna Ricuperati, presidente di Confindustria Bergamo, che ci ha parlato di questa sua nuova esperienza e di come vanno le cose sul nostro territorio. Laureata in economia con lode e specializzazione ad Harvard, nel 1994 ha fondato Multiconsult, società di consulenza marketing, export e comunicazione, e dal 2022 è la prima donna presidente dell’associazione orobica degli industriali.
Anna Donatini Ph. Paolo StroppaCome stanno le imprese bergamasche? Quali sono le prospettive per il 2024?
“Il 2024 si annuncia un anno complicato, che si apre all’insegna di tante incertezze, date dalle variabili legate alle guerre e alle questioni derivanti dalla geopolitica, come i trasporti, la logistica e l’attenzione ai costi energetici che, sebbene siano ritornati a livelli più bassi, rischiano di rialzarsi. A tali problematiche si aggiungono le transizioni in corso, quella digitale e quella della sostenibilità, che hanno già richiesto e richiederanno investimenti importanti per le aziende. Siamo tutti consapevoli che sia una strada obbligata, ma allo stesso modo è necessario prevedere uno spazio di intervento per permettere all’industria di sopravvivere e andare avanti, altrimenti è molto complicato. Nel contempo siamo in un sistema economico di eccezionale valore, con una dimensione di impresa robusta, multi-specializzata, che produce componenti, macchine e impianti con un know-how importantissimo, al servizio di tantissime catene produttive differenti - aspetto che ci condiziona meno quando si verifica una crisi in un determinato settore.
Siamo in un territorio con una visione internazionale importante, siamo inseriti nelle filiere globali del valore e come tali siamo grandi esportatori, con una cifra di circa 20 miliardi, garantendoci una dimensione mondiale che è ormai fondamentale. Possiamo affermare che siamo tra le zone industriali più interessanti d’Italia e d’Europa e questo ci permette di sentirci orgogliosi e forti”.
Certamente le problematiche degli ultimi anni pongono continue difficoltà.
“Sì, negli ultimi tempi abbiamo vissuto un’incertezza continua, da un problema a un altro, e l’imprenditore, che già di suo rischia e ha uno sguardo nel medio lungo termine, fa molta fatica a mantenere questa posizione e deve invece rispondere a continue emergenze, cercando di resistere e adottare soluzioni. Io lo definirei un eroe contemporaneo”.
A proposito della sostenibilità: com’è la situazione bergamasca?
“Sul nostro territorio è già stato fatto molto. Tutto è partito dal 4.0, dove la politica a favore della digitalizzazione e innovazione ha favorito gli investimenti delle imprese e questo ha permesso di raggiungere i numeri e la performance eccezionale del post-pandemia. In seguito, l’incremento dei costi energetici ha spinto le imprese all’efficientamento e sono stati adottati investimenti per efficientare gli edifici, le catene di produzione… Ora ci troviamo di fronte al lavoro previsto dal PNRR e dalle normative europee che portano le aziende, da un lato, a cercare ulteriori soluzioni per affrontare la sostenibilità con un know-how adeguato, dall’altro ad essere protagoniste nel business delle tecnologie al servizio della transizione green e digitale. Concludendo, la sostenibilità si presenta come un’opportunità per le imprese che operano nel settore tecnologico e come un investimento necessario per la sopravvivenza delle singole imprese. In Europa abbiamo visto una posizione fortemente orientata verso obiettivi importanti, che tuttavia non pesa bene le conseguenze sulle filiere e sulle imprese”.
A suo avviso quali sono le necessità di cui ha bisogno la Città e le sfide che deve affrontare?
“Proprio perché siamo in un territorio industriale manifatturiero, con una grande attenzione allo sviluppo, è importante che ogni protagonista dell’ecosistema sia connesso a un obiettivo di crescita comune e sostenibile per tutti. Come dice Andrea Pontremoli, amministratore delegato di Dallara: non esistono aziende competitive in territori non competitivi. Significa che tutti gli stakeholder del territorio devono collaborare e lavorare nella stessa direzione. A partire dalla scuola e dal sistema di formazione, perché le nostre imprese crescono se trovano le risorse adeguate ad affrontare le sfide future. Di conseguenza l’Università diventa un partner imprescindibile - come lo è stato fino ad ora - nella formazione e nella preparazione di percorsi adeguati alle nostre richieste; il mondo degli I.T.S. deve essere strutturato e ancora più presente per formare tecnici nelle manifatture, capaci di sostenere i processi di produzione; le scuole superiori devono supportare la preparazione e l’orientamento dei ragazzi. Naturalmente un altro protagonista del nostro ecosistema è la politica. L’attrattività di un territorio deve orientarsi non solo verso il turismo, che è molto importante, ma anche verso il sistema economico, verso società che possano pensare di venire a investire, installarsi, crescere, innovare e assumere, verso i collaboratori, attuali e futuri, perché possano trovare un ambiente dove stare bene, non solo a livello lavorativo, ma grazie ai trasporti, alle infrastrutture, alla bellezza del paesaggio. Tutto al fine di creare uno sviluppo armonioso e favorevole al territorio, alle persone, ai cittadini, a noi stessi e alle nostre imprese”.
Quali sono i profili più ricercati oggi dalle imprese?
“Abbiamo bisogno di persone a più livelli, stante la tipologia molto varia delle nostre imprese: dall’operaio, che è sempre più una figura connessa a strumenti e macchine digitali; al tecnico che opera sulle macchine e adotta la digitalizzazione come strumento di lavoro importante; al manager e a figure formate a livello universitario che siano capaci di gestire processi e persone. In proposito, l’evoluzione delle nostre piccole e medie imprese passerà dalla managerializzazione, ovvero da quanto saranno capaci di allargarsi e uscire dalla dimensione dell’impresa familiare - un valore eccezionale da custodire - che tuttavia va aperta a contaminazioni, a nuove figure nel management, per riuscire a fare un ulteriore passo avanti e favorire il passaggio generazionale”.
Sul tema dei giovani e lavoro si parla molto di ‘fuga di cervelli’. Anche lei è andata all’estero, ma è tornata: come invogliare i giovani a restare sul territorio?
“Sicuramente lo sviluppo delle imprese e il fatto che possono diventare più efficienti digitalmente e in termini di sostenibilità le renderà più attraenti agli occhi dei giovani, che chiedono sempre più luoghi di lavori rispondenti ai loro valori, criteri, pensieri e ambizioni. In secondo luogo, è un problema di marginalità. Le nostre aziende, per lo più aziende trasformatrici, si trovano in mezzo alla filiera del valore e non hanno in mano il prodotto finito, che consente margini più alti. La ridotta marginalità determina per le imprese una difficoltà a investire maggiormente nel costo del lavoro. Infine, abbiamo un carico fiscale importante sul costo del lavoro. Il tema della riduzione del cuneo fiscale è fondamentale e la distanza con gli altri paesi europei è notevole. Il lavoro c’è, le potenzialità ci sono, ma le condizioni perché i giovani rimangano, in termini di salario, sono un tema che riguarda anche la politica, non solo le imprese”.
Cosa ne pensa della settimana lavorativa corta? Secondo lei sarà veramente possibile?
“Credo che i sogni e le aspettative legittime dei lavoratori debbano trovare equilibrio nella sopravvivenza economica delle imprese. Quanto più le aziende andranno nella direzione di investire nella digitalizzazione, saranno al riparo da questioni demografiche e potranno essere gestite con un minor carico di costi, quanto più saranno in grado di garantire condizioni sempre più favorevoli e attrattive per i dipendenti”.
È la prima presidente donna di Confindustria Bergamo: come si trova a svolgere questo ruolo in un ambiente dove è molto forte la presenza maschile?
“Confindustria è ancora un mondo molto al maschile: non ci sono sufficienti donne nelle aziende, nei ruoli apicali, nei consigli di amministrazione e le imprenditrici sono in minoranza. Penso che introdurre in questo ambiente la dimensione femminile, ovvero un’attenzione non solo ai fatti e ai numeri ma una sensibilità sociale più ampia, dia un grande valore aggiunto. Sono convinta che il mix di genere sia vincente: portarlo a un tavolo abituato a logiche di numeri, produttività e performance, inserendo una visione sociale più allargata, credo sia interessante. Ancora più interessante è il fatto che si tratta della direzione verso cui sta andando il mondo”.
“TUTTO AL FINE DI CREARE UNO SVILUPPO ARMONIOSO E FAVOREVOLE AL TERRITORIO, ALLE PERSONE, AI CITTADINI, A NOI STESSI E ALLE NOSTRE IMPRESE”
Cosa intende?
“Parlo della trasformazione verso una dimensione di ecosistema, in cui le aziende sono in relazione in un modello a rete, dove ognuno è un ganglio e l’impresa è connessa agli altri protagonisti, dalla politica alla società civile, al terzo settore. Questo nuovo ruolo, sancito dalle normative europee, che spingono le imprese a una rendicontazione che tenga sempre più conto di tutte le variabili che ruotano attorno a loro, è rivoluzionario e ha già dentro di sé lo sguardo e la sensibilità tipica delle donne. Forse era il momento di portare il femminile nel mondo dell’industria, perché il cambiamento è in atto. Certamente è complesso, soprattutto a Bergamo, ma siamo in un territorio dove vincono le idee, la progettualità e la capacità di realizzarle; per cui se queste ci sono, sia a livello femminile come maschile, la strada è spianata.
Non è facile, ma dobbiamo arrivare al punto in cui non si percepisce più la differenza tra i generi, perché è normale che sia così, per il numero di persone attorno al tavolo, per la qualità degli argomenti e la capacità di realizzare i progetti”.
Lei è un’imprenditrice di successo e Presidente di Confindustria: come riesce a gestire tutto, avendo una famiglia e tre figlie?
“È una domanda che mi pongo anche io ogni giorno! Naturalmente ho tanti aiuti. Da un lato la mia azienda è piena di persone capaci e competenti che hanno assunto ancora più responsabilità stante la mia ridotta disponibilità; dall’altro lato sono supportata in casa, senza contare che le mie figlie sono ormai grandi.
Comunque, la mia vita è sempre stata così, un unico insieme. Il lavoro, la vita e la famiglia, come per tutti gli imprenditori, sono parte dello stesso tavolo, non si può distinguere troppo”.
Quindi è possibile portare avanti famiglia e carriera.
“È possibile, ma bisogna essere aiutati. Il tema delle donne e il lavoro parte dalla garanzia delle infrastrutture necessarie a poter scegliere di lavorare. Questa è la più grande battaglia: una donna deve poter decidere che, se vuole lavorare e/o avere figli, lo fa perché ci sono infrastrutture che le garantiscono il supporto in questa direzione.
È fondamentale per un paese civile che vuole dare veramente pari opportunità; con “pari opportunità” mi riferisco alle politiche famigliari, perché la maternità non è solo delle donne. Lo è il passaggio della maternità, ma poi diventa un tema delle famiglie e della società. Se vogliamo adottare una politica di natalità dobbiamo mettere in condizione le famiglie di avere quello che serve, prima di tutto le infrastrutture. Lavoro e famiglia non devono essere una scelta, un trade off”.
Un bellissimo messaggio da trasmettere alle donne che pensano di dover scegliere tra lavoro e famiglia, o si trovano costrette a farlo. “Sì, ci dovrebbe essere l’opportunità di poter scegliere entrambe le cose perché in questo modo le persone si realizzano. L’espressione delle persone è a più livelli: essere madre, mettere in campo la propria competenza nel mondo del lavoro, affermarsi. Io sono stata supportata da persone di grande fiducia, che sono cresciute con me, e mio marito mi ha sempre sostenuto: è stato molto importante. Lavoro e famiglia richiedono tanto impegno, ma è una decisione possibile. Se penso al tempo libero non so cosa sia: il mio tempo è impegnato, ma non è pesante.
Certamente è importante recuperare anche spazi per la riflessione, per l’arte, lo svago, la musica, che è fondamentale, ma è fattibile”.
“Il mio papi era così: testardo,‘cocciuto come un mulo’. Era un lottatore, uno che quando si metteva in testa che qualcosa era ingiusto voleva che a tutti i costi gli altri se ne accorgessero; che chi poteva decidere rispetto ai diritti lo facesse e lo facesse nel tempo dovuto; che chi aveva il potere di cambiare le cose si alzasse, si scomodasse, guardasse la realtà in faccia e provasse a prendersene cura. Questo era papà. Quando tutto ciò non avveniva, si arrabbiava come un leone e lottava perché le cose cambiassero; lucido, anche nel carattere sanguigno che lo contraddistingueva. Dovevamo essere in qualche modo lottatori pure noi per stargli di fronte, per provare a ragionare con lui, in quei momenti, per trovare la via giusta, quella che arrivasse dritta al cuore delle questioni e coinvolgesse tutte e tutti, perché così doveva essere: nessuno escluso. Lui, imprenditore attento alla tradizione, ma aperto all’innovazione, sempre al proprio posto nella filiera del gelato artigianale, nel rispetto delle qualità e del ruolo di tutti, come amava dire: produttori, distributori, gelatieri e clienti finali, a cui si deve il diritto al piacere di un cono ben fatto, al servizio di chi il gelato lo sa fare per davvero, senza gli eccessi dell’industria e del profitto. E lo stesso valeva nelle sue aziende, distillati di eccellenze chiamate risorse umane: i suoi adorati collaboratori. Sì, perché non esisteva nulla senza un NOI. Mai. Lo stesso ha fatto nella battaglia per il diritto a una morte giusta, per tutti, nell’abbraccio totale delle cure palliative. Fu qui che negli anni ha portato la lucidità e il rigore che da imprenditore aveva impresso il carattere delle sue aziende. In questo modo, con lo stesso rispetto e la stessa caparbietà, ha dato forma alla sua battaglia per i diritti dei malati. Dapprima, nella lotta contro i tumori, perché la vita lì lo aveva messo ad incontrare in prima persona la fatica e il dolore della malattia oncologica. Poi, sempre più da vicino, al servizio del modello delle cure palliative, già affermate in altre parti d’Europa, che ponevano l’accento su una cura totale, che avvolgesse il paziente e la sua famiglia in un abbraccio capace di lenire il dolore ad ogni livello: fisico, psichico, spirituale e sociale, soprattutto laddove solitudini e povertà non permettevano a tutti una presa in carico efficace. È stato a Bergamo, proprio grazie alla sua testardaggine, che negli anni 2000 ha preso vita il primo Hospice pubblico d’Italia, in Borgo Palazzo, grazie ad un imponente raccolta fondi che ne permise la realizzazione, poi immediatamente regalato all’Ospedale Maggiore di Bergamo, perché fosse chiaro da subito che quel diritto a una cura giusta, totale e amorevole fosse un diritto di tutte e tutti, un servizio gratuito a disposizione dei malati in fase avanzata e delle loro famiglie. Esattamente come aveva vissuto da protagonista il ’68, l’aveva ‘preparato’, come amava dire, con la stessa intensità, in questa lotta per i diritti ha voluto riaffermare il valore di un movimento di comunità che sapesse trasformare e svecchiare la realtà, al servizio dei bisogni primari e profondi delle persone, in particolar modo dei più fragili. La sua era una battaglia di dignità, con una valenza politica esplicita e costante, su ogni fronte. Si definiva un laico, ma chi l’ha conosciuto sa che era molto più ‘cristiano’ di tanti.
Credeva profondamente nel valore della vita e delle sue infinite sfumature, perché della vita e delle persone si innamorava di continuo - chi li ha ricevuti non può dimenticarsi i suoi abbracci appassionati, i suoi baci. E della stessa vita sapeva parlare con autorevolezza anche di fronte ai ‘tromboni’, come li definiva lui, di fronte a chi si arrogava il diritto di proclamare interessi e logiche parziali, incapaci di garantire a tutti un’equa spartizione delle risorse della sanità pubblica, un uso giusto delle indagini diagnostiche e delle offerte terapeutiche, perché “ l’accanimento era un rischio contro cui vigilare sempre”. Profondamente diverse sono le logiche del movimento delle cure palliative: attente a un accompagnamento totale, vicino alle storie e alle case delle persone, nell’assistenza domiciliare integrata anche palliativa, nel rispetto profondo per ogni vita e ogni legame, anche in fine. La legge 38, del 2010, che sancisce il dovere delle regioni di predisporre la rete delle Cure palliative in ogni parte d’Italia, è stata un punto di svolta, un successo anche suo, come dei tanti che hanno lottato per questo accanto a lui. Ma non era un ingenuo e sapeva perfettamente che il più restava da fare, in opposizione alle lobby che remano contro questa battaglia di umanità, che portano avanti logiche che premiano il tecnicismo esasperato, in direzione opposta e contraria alla rivoluzione culturale della palliazione, che implica una cura totale e non accetta sperperi nella sanità pubblica, o inappropriatezze diagnostiche e terapeutiche che alimentano interessi di parte. Se oggi questa battaglia non è più di pochi, ma è diventata un obiettivo di un’intera comunità nazionale, per noi provinciale, da sempre, nel cuore e nelle azioni di tanti, questo è un lascito suo. Lui che era consapevole che la strada è ormai segnata e “ci potranno anche essere deviazioni di percorso e rallentamenti, ma la vittoria è sicura”. Questo era il mio Papà e questa l’autorevolezza con cui parlava delle cose che voleva che accadessero, al più presto: capace di guardare avanti, da imprenditore che vede quel che ancora non c’è, che ha fiducia prima degli altri che le cose accadano, che sa sostenere e incoraggiare anche quando il vento sembra cambiare, che non abbassa mai la guardia. Grazie, papà, per essere qui con noi a lottare, ancora una volta, insieme. E a fare festa, come amavi fare tu, circondato dalle persone che ti volevano bene, che ti stimavano, che si facevano ispirare da te, anche nelle tue mille contraddizioni, perché proprio queste, forse, ci hanno conquistato: ci hanno fatto pensare che in fondo basta volerlo, per somigliarti anche solo un po’, per saper fare la differenza nella storia di un territorio, nella storia delle persone che lo abitano e delle generazioni che verranno. Arrivederci papi”.
A inizio febbraio 2024 abbiamo avuto il piacere di chiacchierare con il Prof. Claudio Ghilardi, Dirigente Scolastico del Liceo Classico Paolo Sarpi di Bergamo. Ecco come è andata.
Negli ultimi anni, i media hanno spesso parlato di “supremazia” del liceo scientifico sul classico, rispetto al numero di iscrizioni. Qual è la percezione odierna?
“È vero, c’è stata una forte affluenza di iscritti al liceo scientifico, ma a quello delle scienze applicate che, pur fregiandosi del titolo di “liceo”, pare più somigliante ad un istituto tecnico, mancando del latino. Quella delle scienze applicate è una moda, per me dovuta al fatto che si tratta di un indirizzo ancora relativamente nuovo (Rif. Gelmini del 2009), che sta erodendo lo scientifico tradizionale. Per nove anni sono stato dirigente dell’Istituto Turoldo: per rafforzare l’attrattiva dello scientifico si era ipotizzato di aprire la sezione scienze applicate, ma alla fine abbiamo scelto di non farlo e secondo me è stata una decisione giusta perché la sua apertura avrebbe comportato l’iscrizione di molti a discapito del liceo tradizionale che in Val Brembana, non essendoci neanche il classico, è l’unica opzione di formazione teorica di alto livello”.
Come è andato quest’anno l’open day?
Se dovesse definire il Sarpi con una sola parola quale sceglierebbe e perché?
“Sublime. Sublime perché il Sarpi è su un colle (quando mi hanno salutato, i colleghi del Turoldo mi hanno detto: “Dalla valle al colle!”), perché il suo edificio evoca la storia e la tradizione ma è vivo, e perché, inoltre, discipline come la filosofia, il latino ed il greco, se studiate con passione, fanno assaporare a livello spirituale esperienze quasi mistiche per la bellezza che è intrinseca in loro”.
“Ho percepito grande interesse, tant’è che lo abbiamo svolto in tre giornate, suddivise in due turni ciascuna, perché la richiesta è stata molto alta, tanto da dover prevedere, causa overbooking, anche una fase di presentazione a distanza, poi non necessaria grazie a delle disdette dell’ultimo minuto. Anche il questionario di feedback, a cui hanno risposto un centinaio tra genitori e ragazzi, ha dato un riscontro assolutamente positivo. Le iscrizioni si chiuderanno questa settimana, ma si può già parlare di un recupero sul numero degli iscritti (140) rispetto allo scorso anno (125), benché non tale da riportare il livello alle annate migliori. Questi dati dipendono, oltre che dal calo demografico, da due fattori: in primis, a Bergamo, il liceo classico ha un problema legato alla reputazione del Sarpi; in secondo luogo, il classico è da sempre una scuola impegnativa, mentre le nuove generazioni seguono più il principio del piacere che del dovere, il percorso più facile. Rispetto a ciò, citerei l’esempio di una nostra alunna di prima, che ha sempre sognato di frequentare il classico ma che, ad un certo punto del suo percorso, ha deciso di passere ad un liceo delle scienze umane, sostenendo di aver scoperto che il latino ed il greco non le piacevano. In realtà, ha in seguito rivelato di essere stata condizionata dalle amiche che frequentavano quella scuola e la spingevano a cambiare, dicendole che era più facile e si studiava meno, pur rimanendo un liceo. Questa ragazza è durata un giorno a scienze umane: è tornata al Sarpi, confessando il reale motivo della scelta, ma aggiungendo di aver subito percepito la differenza di qualità nell’insegnamento delle stesse discipline. Certo, non possiamo considerarla un modello di senso del dovere, ma si è resa conto di cosa avrebbe perso la sua formazione, nonostante l’impegno che richiede. Come dico sempre agli studenti: ciò che vale veramente, costa fatica”.
Quali sono i miti del Sarpi da sfatare? È davvero una scuola fortemente competitiva? Gli insegnanti sono “crudeli”?
“Partiamo dal presupposto che chi si iscrive al Sarpi ha una certa ambizione, perché il classico è sempre stato il liceo che prepara la classe dirigente e ciò si vede anche dalle scelte dei nostri ragazzi alla fine della quinta. Sul clima di competitività, direi che dipende dalle classi ma, per quello che ho potuto osservare in questi mesi, non è un aspetto così esasperato come si potrebbe pensare. Chi viene qui, in genere, era il più bravo della classe alle scuole medie e si trova con tanti altri più bravi della classe, dunque è ovvio che la sfida diventi più stimolante.
“Ciò che vale veramente, costa fatica”
Come in tutte le scuole, ci sono studenti che hanno problemi di ansia, ma più legati alla prestazione personale che non all’ambiente classe: nessuno studente mi ha mai raccontato di un clima di tensione. Gli insegnanti “crudeli” forse c’erano una volta, ma adesso direi di no: li ho conosciuti e sono tutti molto preparati, specialmente quelli di latino e greco, appassionati del loro lavoro, passione che è contagiosa, soprattutto nei ragazzi di prima. Certo, sono esigenti, lo devono essere, se si vuole qualità, ma sono anche molto umani: abbiamo tanti PDP (piano didattico personalizzato) che si mettono in atto con serenità. I docenti si danno veramente da fare, anche per aiutare i casi “difficili”: noto in molti un atteggiamento inclusivo verso gli studenti, non diverso, in effetti, da quello che vedevo al Turoldo. Spesso, forse, il messaggio più sbagliato sul Sarpi è quello dato dagli insegnanti delle medie che non incoraggiano l’iscrizione a questo tipo di liceo, che pure non conoscono, ma si basano sull’immagine del Sarpi”.
Lei è in carica al Sarpi dallo scorso settembre: come si trova?
“All’inizio è stato un po’ faticoso, perché venivo da una realtà completamente diversa, e forse lo è stato anche per i docenti e gli studenti, visto che ho apportato qualche cambiamento che non è stato subito compreso, ma devo dire che ora mi trovo molto bene. L’organico è tra i più stabili delle scuole bergamasche: ad eccezione di due supplenti, gli insegnanti sono tutti di ruolo, aspetto fondamentale per la loro gestione e per la stabilità dei ragazzi. Sono docenti che non hanno scelto questo mestiere per ripiego, ma perché amano questo lavoro e quello che insegnano”.
È da poco stato eletto presidente dell’ANP di Bergamo: cosa si aspetta da questo incarico?
“Sono stato vicepresidente per sei anni durante il mandato della Prof.ssa Farisè (DS del Liceo Falcone), con cui ho lavorato a stretto contatto: il mio, quindi, sarà un lavoro in continuità. Più che dire quello che mi aspetto io, direi che quello che devo fare è impegnarmi per proseguire il lavoro sulla stessa linea, provando anche a migliorarla”.
Cosa le piace di più del suo lavoro da preside? Cosa le manca della sua vita da insegnante?
“Anche se può sembrare poco credibile, non ho mai voluto fare il preside e fin da piccolo ho sempre desiderato insegnare. Nel 2011, un collega mi ha convinto a partecipare con lui alla prova preselettiva di un concorso per dirigenti, di cui fino a quel momento non sapevo nulla per mancanza di interesse, benché all’epoca fossi coordinatore didattico in una scuola paritaria. Ho partecipato quasi per gioco: non ho seguito corsi, né comprato libri, ho fatto solo qualche quiz online. Ricordo che il giorno della prova, mentre tutti erano agitatissimi, io me la ridevo, tant’è che poi, all’uscita, ad un ragazzo che distribuiva volantini per un corso preparatorio all’esame scritto ho detto di risparmiarne uno. Per me era una faccenda chiusa e non mi sarei interessato all’esito del test se non fosse stato per una collega della scuola statale che, mentre ero a Madrid con una classe, mi ha chiamato dicendomi che ero stato ammesso allo scritto. Incredulo, le ho chiesto di controllare bene, convinto fosse un caso di omonimia. Era tutto vero. Peccato che, dopo la momentanea soddisfazione, sia subentrata l’angoscia: avevo solo due mesi di tempo per preparare gli scritti, temi da otto ore, dove non bastano l’intuizione e la logica, da sempre miei punti forti. Sono stato a lungo combattuto sul partecipare o meno, ma alla fine ho deciso di provare. All’esame sono seguiti due anni di travaglio tra corsi e ricorsi, ma non ho seguito nulla della vicenda: anche stavolta per me il discorso era chiuso. Due anni dopo, la stessa collega mi richiama e mi avverte dell’ammissione all’orale, avviso senza il quale non mi sarei neanche presentato alla convocazione. Ho superato anche quest’ultima prova e mi sono così trovato a fare il preside, senza neanche volerlo. L’insegnamento mi manca tantissimo, tanto da aver pensato di tornare in cattedra, ma è una mossa che non fa parte della mia etica: arrivato a questo punto, credo in una sorta di destino. Mi piacerebbe tantissimo poter insegnare almeno un paio d’ore a settimana: anche se cerco di mantenere un rapporto con i ragazzi, da insegnante è tutta un’altra cosa”.
Il liceo classico prevede tendenzialmente una continuazione degli studi in ambito accademico: avete qualche rapporto con l’Università di Bergamo per avvicinare le classi del triennio al mondo universitario?
“Abbiamo introdotto l’orientamento attivo: i nostri studenti del triennio frequentano quindici ore annuali di lezione all’università; inoltre, i ragazzi seguono diversi seminari di filosofia. La vicinanza fisica favorisce questi rapporti e la frequentazione degli spazi universitari, tra cui quello della mensa, con cui abbiamo una convenzione”.
Da qualche anno avete diversi percorsi tra cui gli studenti possono scegliere…
“Esatto, dalla prima alla quinta abbiamo due potenziamenti: il primo è quello linguistico, con un’ora in più di inglese (offriamo più ore che al linguistico, dove al triennio sono tre, a fronte delle nostre quattro) e con un’offerta che andrà arricchendosi con svariate attività. Il secondo potenziamento, invece, è quello di matematica, che trasformerò in “matematico-scientifico”: un’ora in più di matematica per gli indecisi tra liceo classico o scientifico. Inoltre, per il triennio, abbiamo potenziamenti dal valore altamente formativo, non legati alla classe, ma a gruppi aperti: biomedico, dove si hanno a disposizione tre anni per capire se quella medica è la strada giusta e per prepararsi ai test e ad un futuro in questo campo; beni culturali, dove tra l’altro è prevista un’esperienza di archeo-stage dove gli studenti possono mettere le mani “nella terra”; giuridico-economico, che vede quali formatori professionisti della carriera forense. Con questi percorsi ci apriamo al territorio, visto che gli insegnanti sono tutti esterni: docenti universitari, medici, giudici, avvocati… C’è un contatto molto diretto con la realtà professionale: i ragazzi del terzo indirizzo, ad esempio, hanno potuto assistere a dei processi e visiteranno il carcere di Bollate. Questi percorsi sono stati per me una piacevole scoperta durante gli ultimi due anni, quando sono stato nominato presidente di commissione agli esami di stato proprio qui al Sarpi e ho sentito gli studenti parlarne con entusiasmo.
Le sarebbe piaciuto frequentare il Sarpi?
“Io ho fatto un liceo classico privato, ma ho avuto alcuni docenti che poi hanno insegnato in questa scuola quindi non ci vedo tanta differenza. Direi di sì, anche perché trovo molte similitudini tra il clima che c’è qui e quello che ho respirato io”.
A chi consiglierebbe questo tipo di scuola?
“Io dico sempre: “Non c’è nessuno che non sia portato per qualcosa”. Non c’è una predeterminazione di natura rispetto al frequentare o meno una scuola: al massimo, ci sono delle condizioni per cui si può fare più o meno fatica, ma non perché si sia strutturalmente non adatti. Il Sarpi è quindi una scuola che consiglierei a tutti, studiando senza la preoccupazione di memorizzare per ripetere all’interrogazione, ma capendo i concetti, interiorizzandoli, in modo che il sapere diventi nostro e non qualcosa di esterno che viene riprodotto. Il classico, inoltre, è un liceo che ha latino e greco che allenano fortemente alla logica, forse più della matematica odierna. A me piaceva tradurre queste lingue perché lo paragonavo al gioco del detective, dove hai degli indizi e devi scoprire l’assassino. In sé non servono a niente, ma forniscono le soft skills e potenziano le capacità intellettive: io, ad esempio, ho imparato ad usare il pc negli anni ’80, sfruttando la logica del latino e della filosofia. Ad oggi, mi appaga quando i ragazzi raccontano che le loro conoscenze di mese in mese crescono: le competenze del linguaggio e dell’elaborazione di concetti nuovi forniscono categorie per comprendere la realtà che fanno sentire più competenti poiché consci di avere gli strumenti per affrontare il mondo e le sue sfide con mezzi intellettivi di alta qualità”.
ALLA SCOPERTA DEL LICEO SCIENTIFICO STATALE “FILIPPO LUSSANA”, IN COMPAGNIA DELLA PROF.SSA STEFANIA MAESTRINI, DIRIGENTE SCOLASTICO, E DI DUE STUDENTI DEL QUINTO ANNO, ALESSANDRO ROTA (5aU, SCIENZE APPLICATE) E MATTIA PAVESI (5aH, TRADIZIONALE), ENTRAMBI RAPPRESENTANTI D’ISTITUTO.
Chiara Moretti - ph Paolo Stroppa
Liceo scientifico: indirizzo tradizionale e delle scienze applicate. C’è chi ritiene che quest’ultimo non possa essere considerato realmente un liceo: come ribatte, Preside?
“Io non sono affatto d’accordo con questa affermazione: in entrambi i percorsi si studiano tanta matematica e tanta fisica e, addirittura, nelle scienze applicate si fanno più ore di scienze rispetto a quelle del tradizionale. Credo, quindi, siano assolutamente equiparabili. Certo, la differenza sta nello studio del latino, ma questa è una scelta che si lega alle attitudini dei ragazzi”.
Quindi non ritiene che oggi il latino sia un elemento fondativo rispetto all’istituto “liceo”?
«È chiaro che il liceo è partito con il latino e tutt’ora ne ritengo lo studio importantissimo. L’introduzione, con l’indirizzo scienze applicate, dell’informatica, tuttavia, ha dato vita alla possibilità di un liceo più al passo con i tempi. Sono convinta che tutti e due i percorsi abbiano pari valore, c’è semplicemente stato un ampliamento dell’offerta formativa che offre più opportunità. Il mondo e la società si sono evoluti, si stanno evolvendo, e quindi anche la scuola si è adeguata, per fortuna direi”.
Avete mai pensato di introdurre, come in altri licei scientifici, l’indirizzo sportivo?
“Quello sportivo è un indirizzo che viene autorizzato a livello regionale, con una concessione abbastanza limitata, tant’è che nella bergamasca lo si trova solo all’ “Amaldi” di Alzano, al “Celeri” di Lovere e al “Turoldo” di Zogno. Credo che sia un percorso differente da quello del liceo scientifico come viene normalmente inteso, più limitato nelle scelte che offre, visto lo studio più approfondito di certe discipline. Questo, ovviamente, senza nulla togliergli, dato che raccoglie numerose iscrizioni e incontra le esigenze di tanti ragazzi che hanno attitudini di tipo sportivo. D’altronde, come dico sempre, lo sport e la musica sono sani, per cui ben vengano i ragazzi che li praticano. Per quanto ci riguarda, più che dirigerci verso questo tipo di percorso, però, ci siamo orientati verso le lingue, con un potenziamento dell’inglese, per darci un’impronta più europea”.
Ragazzi, perché avete scelto il Lussana? Rifareste questa scelta?
Mattia: “Per me è una vera e propria tradizione di famiglia: mio nonno lo ha frequentato senza finirlo e così mio padre, che ha cambiato scuola dopo tre anni. Io sono la terza generazione e in teoria ormai dovrei riuscire a concludere! Nutrendo fin da bambino una passione per le materie scientifiche, in terza media le mie opzioni erano il Lussana o il Mascheroni. Fondamentale, per schiarire le idee, è stato l’open day: il clima del Lussana mi è piaciuto fin da subito e continua a piacermi, quindi rifarei assolutamente questa scelta”.
Alessandro: “Anche io ho sempre avuto una predilezione per le discipline scientifiche piuttosto che per quelle umanistiche, ma il vero ago della bilancia tra Mascheroni e Lussana per me è stato mio fratello: ero stanco di essere additato in ogni scuola come “il fratello di” e quindi ho fatto una scelta opposta alla sua, scelta che rifarei ancora!”.
Dunque, non siete stati guidati fin da subito da quello che avreste voluto fare dopo le superiori come spesso accade…
M: “Arrivato in quinta, capisco che è impossibile per un quattordicenne sapere cosa vuol fare nella vita: io, in questi ultimi tre anni, ho cambiato idea tantissime volte e so che da ora alla conclusione del liceo la cambierò ancora. Credo abbia più senso, alla fine delle medie, scegliere la scuola sulla base delle materie per cui ci si sente più portati, senza preoccuparsi troppo di quello che si farà in futuro”.
Come è andato l’open day quest’anno? Si riconferma la tendenza per cui c’è una preferenza per le scienze applicate?
DS: “Generalmente, gli scorsi anni, noi abbiamo sempre avuto parità numerica tra le prime del base e delle scienze applicate. Invece, in effetti, quest’anno c’è stato un aumento delle classi di quest’ultimo indirizzo, che saranno otto a fronte
delle sei del tradizionale, un incremento che spiegherei forse col fatto che il latino spaventa un po’ ma, soprattutto, con il diffondersi dell’idea, per me assolutamente erronea, che scienze applicate sia una scelta più facile”.
A: “Io, ad esempio, avevo iniziato in prima il tradizionale e poi ho deciso di cambiare. Non direi che un indirizzo sia più difficile dell’altro, semplicemente dipende da quello per cui si è più portati, nel mio caso la scienza e l’informatica”.
DS: “Durante gli open day, lo ribadiamo sempre: chi pensa che le scienze applicate siano più facili, sbaglia, fa una scelta sbagliatissima. I ragazzi devono confrontarsi con le materie di studio, come detto da Alessandro, a seconda delle loro inclinazioni e delle loro passioni. Non concordo con chi sostiene che le scienze applicate siano in assoluto più facili dello scientifico base: ci deve essere pari dignità e rispetto dell’utenza”.
In questi ultimi tempi, si sente spesso parlare di intelligenza artificiale: che rapporto avete ed ha la scuola con questa nuova realtà?
A: “L’IA abbiamo iniziato a conoscerla alle soglie della quinta, anno in cui c’è un carico di studio tale che neppure l’IA può colmare. In alcuni casi è utilissima, ci sono sistemi per cui se si registra una lezione, ad esempio, c’è la possibilità di sbobinarla in automatico: in cinque minuti si riesce a fare quello che prima richiedeva cinque ore. Utilizzarla per copiare, come spesso si pensa, magari durante una verifica di matematica, però, mi sembra una cosa abbastanza impossibile”.
M: “Sono d’accordo, anche a me è capitato di usarla a casa durante lo studio, per riassumere un capitolo di un libro, ma non mi fiderei troppo in altri contesti. Oltretutto, se non sottoscrivi un abbonamento, c’è un limite alle operazioni che puoi compiere!”.
DS: “L’IA, chiaramente, come tutte le nuove tecnologie, è importantissima e può essere molto utile. Nella scuola, potrebbe essere uno strumento interessante per spiegare determinate discipline: noi forse compreremo un programma per la matematica basato su l’IA. Il problema sostanziale di questi nuovi strumenti rimane l’utilizzo che se ne fa ma, fortunatamente, fino ad ora, non hanno mai interferito con lo svolgimento di verifiche e prove”.
Ha sempre voluto fare la preside o lo è diventata casualmente? Le manca insegnare? “È successo inaspettatamente, per via di un episodio molto triste: sono stata a lungo vicepreside e un anno, purtroppo, è mancato il mio preside. Mi è stato dato l’incarico di sostituirlo e così a 38 anni sono entrata in quest’altro modo di essere a scuola. Mi piace, certo, però cerco sempre di non perdere il contatto con i ragazzi, di non finire vittima solo delle scartoffie: per me sarebbe un fallimento come persona, perché credo molto nel rapporto con gli altri”.
Ragazzi, come mai avete scelto di proporvi come Rappresentanti d’Istituto?
A: “Questo per noi è il secondo anno: personalmente, mi sono candidato perché mi danno fastidio le persone che si lamentano, ma non fanno nulla per migliorare le cose. Ho notato che nella scuola c’erano alcune situazioni che non mi piacevano e ho deciso di mettermi in gioco, per provare a porvi rimedio. La ricandidatura di quest’anno è stata dettata dal desiderio di portare a termine i tanti progetti già avviati”.
M: “Io sono stato rappresentante della Consulta in terza superiore: il mandato dura due anni ma, pur essendo una bella esperienza, volevo provare anche altro. Per gioco, mi sono candidato come rappresentate con un mio compagno di classe e inaspettatamente sono stato eletto. Credo sia stata tra le più belle esperienza della mia vita, grazie al gruppo che si è formato: con Alessandro, lo scorso anno, eravamo “nemici” in propaganda, quest’anno invece ci siamo uniti e ci hanno riletto insieme. Volevo capire come funzionasse la scuola, anche a livello burocratico: ci sono tante dinamiche diverse, c’è sempre qualcosa da imparare”. DS: “Dal mio punto di vista, questa è un’esperienza dove vedi maturare i ragazzi, li vedi trasformarsi e l’ho notato non solo con loro, ma anche con chi li ha preceduti: è una dimensione molto interessante e formativa”.
Qual è il ricordo più bello che avete in questa scuola o la cosa di cui andate più orgogliosi?
DS: “Nel mio ruolo, da sola non posso fare niente: mi ritengo molto fortunata ad essere dirigente in questo liceo, perché c’è un team di persone che mi dà la possibilità di fare tanto. Le cose belle, costruite insieme, da ricordare sarebbero tante: la sala conferenze creata con un crowdfunding, l’apertura del bar per i ragazzi, il potenziamento d’inglese... questa scuola è un progetto continuo, ci sono tante cose meravigliose: tra le migliori, forse il fatto che stiamo cercando di rendere il Lussana green”.
A: “Di ricordi belli ne ho tantissimi e risalgono tutti per lo più all’anno scorso e alla rappresentanza. Fantastica è stata l’esperienza a Lavarone (TN): tre giorni sulle piste con maestri di sci, dove si incontrano persone di tutta la scuola. Anche la cogestione dello scorso anno è stata bellissima: abbiamo intervistato Pierino Persico, Giorgio Gori e Nello Scavo”.
M: “Condivido tutto quello che ha detto Alessandro, anche perché durante il nostro primo anno qui si è scatenato il Covid e, quindi, fino alla fine della terza abbiamo vissuto la scuola in maniera davvero limitata. La cogestione è stata finora il momento più alto dei miei quattro anni e mezzo al Lussana: alla fine dei tre giorni, ti rendi conto di aver dato tutto e di aver realizzato qualcosa di bello, che dà tanta soddisfazione”.
Un’ultima domanda: a chi consigliereste il Lussana?
M: “A persone che hanno voglia di fare. Qui, come abbiamo detto all’open day, qualsiasi cosa ti piaccia fare, la puoi fare. Siamo l’unica scuola di Bergamo che ha delle commissioni al suo interno, gruppi di lavoro formati da soli studenti che si occupano di qualsiasi tematica, di qualsiasi aspetto, che siano lo sport, le feste, la musica, la biblioteca, la sostenibilità, il volontariato… qualsiasi cosa. Il Lussana prepara bene, i docenti ti aiutano in tutto, sono sempre disponibili. Tutte le persone che conosco che frequentano questo liceo sono felici di essere qui: è una scuola che dà tante possibilità e una scuola così non può essere che quella giusta.
A: “Sicuramente, è una realtà in cui ci si può mettere tanto in gioco, però è una scuola che si può frequentare se piace studiare, perché senza lo studio non si va lontano: chi non ha una predisposizione naturale per la matematica certamente farà più fatica, ma non è impossibile”.
DS: “Sono d’accordo, qui ci sono tante attività per mettersi in gioco: abbiamo, ad esempio, il giornale Quinto Piano, con una redazione di una sessantina di ragazzi, tanti di prima… è un modo per coinvolgere tutti e vincere la timidezza, per conoscersi. Mi verrebbe da dire che il Lussana è davvero una scuola per tutti, perché non tutti, in futuro, devono proseguire studiando matematica. L’impegno fa tanto, ma è normale che ci siano delle difficoltà, non tutti devono avere un 8 nelle materie scientifiche.
“Anche se sono ormai diciannove anni che non insegno più, ricordo che mi piaceva molto e da dirigente cerco lo stesso di essere presente per i miei studenti: non so se ci riesco, ma ci tengo, anche per me stessa”
ACCADEMIA E CONSERVATORIO PAROLA D’ORDINE CONTAMINAZIONE
GIORGIO BERTA, NOMINATO PRESIDENTE DEL POLITECNICO DELLE ARTI DI BERGAMO
Incontriamo Giorgio Berta, nominato a fine gennaio Presidente del Politecnico delle Arti di Bergamo, dal Ministero dell’Università e della Ricerca su indicazione del corpo docenti dello stesso Politecnico. Dottore commercialista con uno studio che conta più di cento persone tra soci e collaboratori, è presidente della Fondazione Donizetti dal 2016, Presidente di Bergamo News, professore universitario, ex-tennista e jazzista per passione. Una vita densa di interessi e attività molto diverse tra loro, tutte affrontate con serietà e dedizione.
È stato designato presidente del Politecnico delle Arti di Bergamo: cosa ci racconta di questo progetto?
“Il politecnico è un unicum nel suo genere in Italia: riunisce l’Accademia delle Belle Arti e il Conservatorio di Bergamo, due realtà con una tradizione importante e un grande sviluppo negli ultimi anni. Attualmente le due entità sono in sedi separate, con più di 1000 studenti; sarebbe auspicabile avere una sede più funzionale alla struttura e ci stiamo riflettendo. Credo che la mia nomina sia legata soprattutto ad alcuni temi da sviluppare: portare fuori l’attività del Politecnico e renderla nota; in secondo luogo, dare ai ragazzi rapporti con la realtà lavorativa, mentre studiano e successivamente.
Sto valutando, grazie alle altre cariche ho attualmente, le possibili sinergie con il territorio e sto provando a capire come far esibire gli studenti e dove esporre le loro opere d’arte. Cerco di fare quel poco che posso per avvicinare i ragazzi al mondo del lavoro”.
La scelta alla base di questo progetto è dovuta a motivi di sostenibilità economica?
“La scelta alla base di questo esperimento - perché di tale si tratta non essendoci altre esperienze precedenti - è data dal fatto che oggi è fondamentale che le arti non restino chiuse in sé stesse. La contaminazione, a mio avviso, è la parola chiave: non solo gli allievi dell’Accademia possono trarre vantaggio dal contatto con gli studenti del Conservatorio ma anche viceversa; nello stesso modo altre istituzioni, come l’Università, possono beneficiarne. Può essere una ricchezza per tutti”.
È anche presidente della Fondazione
Donizetti dal 2016: un bilancio di questi anni?
“L’esperienza della Fondazione Teatro Donizetti ha cambiato in meglio la mia vita e gli ha dato un’accelerazione e uno sviluppo impensabile. Per questo ringrazio di cuore il sindaco Gori di avermi coinvolto. Credo di aver dato tutto quello che potevo affinché il restauro avvenisse nei tempi previsti e perché l’attività del teatro fosse riconosciuta da tutti i bergamaschi e non soltanto; penso di aver messo a disposizione tante energie ma di aver anche ottenuto dei risultati. Non è solo merito mio - continuo a ripeterlo - ma dell’intera struttura, dal dr. Boffelli ai direttori artistici, fino a tutti i collaboratori, che sono prevalentemente giovani e lavorano con grande entusiasmo, condividendo gli obiettivi della Fondazione”.
Ora quali sono le nuove sfide da affrontare?
“Innanzitutto, confermare i risultati ottenuti durante l’anno di Bergamo Brescia Capitale della Cultura: il 2023 non è stato un punto di arrivo ma di partenza. Poi bisogna considerare che un programma culturale di livello richiede impegni finanziari notevoli. Non basta il sostegno del Comune che naturalmente è molto importante, ma è necessario unire le entrate pubbliche con i contributi privati. Fino ad oggi la generosità da parte dei cittadini e delle imprese è stata grande e spero di aver ripagato la loro fiducia; l’augurio è che ci siano sempre vicini perché diversamente la gestione della Fondazione diventerebbe complessa.
GIORGIO BERTA, PRESIDENTE DEL POLITECNICO
Un altro obiettivo, infine, potrebbe essere quello di fare in modo che il ricambio generazionale del pubblico non ci danneggi. In proposito, la Fondazione ha attivato molte iniziative di formazione per i giovani, nella speranza di avvicinare gli spettatori del futuro. Mi sembra che stia funzionando”.
Il suo mandato è in scadenza: intende rinnovarlo?
“Mi sembrerebbe giusto e più che logico che ci sia un avvicendamento alla mia carica; io non sono legato alla posizione, ma rimango a disposizione. Se dovessero offrirmi una nuova nomina per la presidenza ne sarei lusingato, perché significa che è stato fatto un buon lavoro, successivamente ci rifletterei perché gli impegni sono notevoli e ho anche un lavoro da portare avanti.
Recentemente è stato presentato il programma della decima edizione del Donizetti Opera: un traguardo importante.
“Sì, e il bilancio di questi dieci anni è nettamente positivo. Grazie a un’attività scientifica di grande livello siamo riusciti a far capire chi è Donizetti e, per merito di Francesco Micheli e di tutto il suo staff, l’abbiamo fatto amare a chi non era vicino al mondo dell’opera.
I numeri del festival sono sempre stati crescenti; la programmazione in alcuni casi è coraggiosa, ma spesso nel coraggio abbiamo trovato una linea di condivisione e apprezzamento. I risultati sono stati raggiunti grazie anche all’Assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti, che ci ha sempre sostenuto e lasciato autonomia”.
Non c’è solo il festival dedicato a Donizetti, ma anche il festival Jazz e la stagione di prosa.
“Abbiamo un festival jazz di grandissimo livello, riconosciuto a livello internazionale, tanto che il direttore artistico di quest’anno è Joe Lovano, una delle massime espressioni artistiche della musica americana.
Riguardo la prosa, l’anno prossimo aumenteremo ulteriormente il numero di repliche dal momento che tutte le serate sono esaurite.
Sia la lirica, che il jazz e la prosa hanno un fattore comune che ci consente di riempire il teatro, sempre. Abbiamo ampliato la gamma delle proposte, con le lezioni di storia, i concerti il sabato pomeriggio, con ottimi riscontri. Bisogna riflettere su come operare in futuro, perché se tutto è sold out significa che esiste una forte domanda, con un’offerta forse insufficiente”.
L’ambiente dello spettacolo e la sua professione sono due mondi che sembrano agli antipodi: come si trova a conciliare e vivere entrambe le realtà?
“Mi trovo benissimo, per merito dei miei collaboratori che mi consentono di potermi dedicare a temi non legati al mondo della professione, a cui ho dedicato tutta la mia vita negli ultimi quarant’anni anni.
Inizio presto la mattina e finisco tardi la sera, con grande gioia delle persone accanto a me, che tuttavia, vedendo come sono contento, mi sostengono. Soprattutto Claudia. Penso, inoltre, che le esperienze vissute in campi non strettamente connessi al mio lavoro mi abbiano facilitato in termini di relazioni e di sensibilità nell’affrontare certi argomenti.
Infine, la varietà delle attività aiuta a non fossilizzare la mente e non annoiarsi, l’avvicendarsi delle materie da trattare è stimolante. Naturalmente qualche sacrificio si deve fare: per esempio, mi rammarica non suonare più”.
Quindi ha sempre amato la musica?
“Sì, da quando ho 12 anni. Mio padre, bravissimo pianista, mi ha trasmesso la passione per il jazz. La musica è il mio hobby principale, che ho cercato di coltivare anche come musicista - nonostante non abbia un grande talento! Ho vissuto un bellissimo periodo con la Bb band, un gruppo creato tra amici con cui ho suonato per circa 10 anni; è stata un’esperienza straordinaria e fortemente formativa».
È stata una nuova e impegnativa sfida professionale che in collaborazione con Pievani Studio ha portato alla realizzazione di un edificio nel cuore di Caravaggio completamente nuovo, che tenendo conto del contesto circostante, fonde insieme elementi tradizionali e contemporanei dando vita a un edificio classico ma attuale e moderno, capace di amalgamarsi perfettamente con il paesaggio urbano.
ARCHITETTO SPECIALIZZATO IN INTERIOR DESIGN, SONIA PAVESI CI HA RACCONTATO UNO DEI SUOI LAVORI PIÙ RECENTI, LA PROGETTAZIONE DELLO STUDIO MEDICO ODONTOIATRICO DEL DR. BIETTI A CARAVAGGIO.
L’ABBIAMO INCONTRATA NEL SUO STUDIO E SHOW-ROOM A BERGAMO IN VIA BORGO S. CATERINA 7, DOVE CON PASSIONE CREA E RINNOVA GLI AMBIENTI PIÙ DIVERSI: CASE, APPARTAMENTI, STUDI PROFESSIONALI, NEGOZI E VILLE, CON UNO STILE CLASSICO, MA DALL’ANIMA CONTEMPORANEA. LA DECORAZIONE D’INTERNI E IL GUSTO PER LA CASA, DEL RESTO, SONO UNA PASSIONE DI FAMIGLIA, CHE SI TRAMANDA DA ORMAI QUATTRO GENERAZIONI.
“Ci siamo sempre occupati di progettazione di interni e decorazione, soprattutto in ambito residenziale; in questo caso il committente ha voluto che gestissi l’intero iter progettuale dello stabile, dalla costruzione fino alla realizzazione, in stretta collaborazione con Pievanoi Studio - spiega l’architetto - seguendo il cantiere in ogni fase, fino al design di interni ed alla realizzazione del giardino, al fine di ottenere uno stile che rappresentasse l’identità del suo nuovo studio odontoiatrico coniugando la componente estetica alle indispensabili esigenze pratiche.”
L’edificio è su tre livelli: al piano terra, si sviluppa l’area extraclinica composta dalla sala d’attesa, la reception, l’amministrazione, due studi privati, i servizi per i pazienti e disabili, un’area relax per il personale; al primo piano nell’area clinica si trovano 4 studi operativi in cui il “riunito” la poltrona su cui si accomoda il paziente, rappresenta il cuore dello studio odontoiatrico, attorno al quale si svolge tutta l’attività del dentista, sala sterilizzazione, sala ritocchi, sala radiologica e bagno per il personale mentre al piano interrato ci sono gli spogliatoi con le rispettive zone di servizio, una sala riunioni, la sala macchine ripostiglio e archivio. Dalla reception si accede al primo piano attraverso una scala realizzata con un parapetto in ferro dipinto a mano, una finitura micacea che si ripropone anche sulle porte dell’ascensore e nel serramento che gli fa da sfondo.
I materiali impiegati sono pochi ma fortemente caratterizzanti: il pavimento in gres effetto ardesia, sintesi ideale tra design contemporaneo e performance tecniche, si sposa con in rivestimento in legno di rovere ad esagoni tridimensionali che pone in contrasto il blocco centrale della reception rivestito in gres personalizzato dalla targa in ferro con il logo retroilluminato dello studio. Le porte scorrevoli del primo piano hanno il telaio in alluminio color antracite ed il pannello interno in vetro satinato, porte e serramenti in legno sono grigio perla.
Tra i colori dominanti che caratterizzano tutto lo studio, abbandonando il bianco freddo e impersonale tipico degli ambulatori tradizionali, la scelta condivisa come leitmotiv dello studio è stata il bordeux, colore caldo e vitale in grado di indurre il buon umore ed eliminare l’ansia; riproposto sui riuniti, nelle poltroncine della sala d’attesa e della sala riunioni, negli accessori delle scrivanie, negli armadietti degli spogliatoi lo ritroviamo anche sui camici, bandane, mascherine e accessori dello staff. Al fine di valorizzare spazio e materiali la luce gioca un ruolo fondamentale; sono state scelte sorgenti luminose a led negli ambienti medici per garantire il comfort visivo e luci calde negli ambienti di attesa, accettazione e amministrazione. “L’esito finale del progetto è stato ottenuto grazie anche all’ottima e proficua collaborazione di molti professionisti e maestranze; - conclude l’architetto - basti pensare alla velocità di esecuzione del cantiere, partito nell’aprile 2022 e conclusosi nel mese di agosto del 2023.”
La reazione da parte dei pazienti una volta arrivati nella nuova struttura è stata di totale apprezzamento.
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Se potessimo usare un termine per definire la nuova Subaru Crosstrek la parola giusta sarebbe “azione”. Perché mettersi alla guida di questa neonata creazione della famosa casa automobilistica giapponese è una vera e propria experience a tutta grinta e versatilità. Perfetta per la città o per le avventure all'aria aperta, Crosstrek regala divertimento ed emozioni uniche in ogni viaggio. Nel nostro “tour” per le vie di Bergamo e Città Alta abbiamo potuto assaporare tutte questa caratteristiche che, chilometro dopo chilometro, sono apparse sempre più evidenti, in un crescendo di emozioni a tutto sprint. Tutto questo rubando gli sguardi dei passanti, colpiti dal design deciso e grintoso, determinato da un frontale solido con dettagli ricercati. Una vera e propria “bellezza on the road” accompagnata anche delle più recenti tecnologie di sicurezza Subaru, una dinamica di guida migliorata di Crosstrek in grado di offrire un comfort senza compromessi su qualsiasi strada.
E parlando di tecnologia impossibile non menzionare le super prestazioni dettate dal motore Boxer Subaru che grazie al sistema e-BOXER Subaru regola il rapporto di utilizzo tra il motore a iniezione diretta da 2.0 litri e il motore elettrico, per adattarsi alle diverse condizioni di guida. Abbinato al Lineartronic, risulta ancora più silenzioso, fluido e potente per una guida confortevole e piacevole in molte situazioni. Caratteristica chiave il posizionamento del motore, posto molto in basso, in modo tale da contribuire a una migliore distribuzione del peso del veicolo. Tutto questo per una guida audace, sportiva ma allo allo stesso tempo confortevole e silenziosa, anche sulle strade più impervie. Il motore e-BOXER di nuova generazione combina il propulsore BOXER benzina con un motore elettrico per una coppia potente e immediata e un'accelerazione reattiva e naturale. Esso compete con i veicoli a benzina di classe superiore in fatto di accelerazione, offrendo quindi prestazioni emozionanti e una guida sicura su strade fangose o sconnesse.
Il motore elettrico compatto ad alte prestazioni consente un’accelerazione rapida e reattiva in fase di crociera o a seguito di un rallentamento, permettendo una guida in città comoda e senza stress, anche nel traffico intenso. Fattore chiave per la nuova Subaru Crosstrek è inoltre la sicurezza: i più recenti sistemi installati offrono a tutti, dai neopatentati ai più esperti, una guida divertente e sicura in ogni situazione. Ne è esempio l'EyeSight 1 di nuova generazione, un sistema radar anteriore e luci di svolta a LED in grado di ridurre il rischio di incidenti con auto,
ciclisti e pedoni agli incroci. Inoltre, posizionato sul lato interno del sedile del conducente trova posto l’airbag SRS 2 in grado di prevenire la collisione tra gli occupanti anteriori in caso di incidente. Non è da meno l’equipaggiamento: Subaru Crosstek vanta infatti tantissimi accessori sinonimo di qualità, funzionalità e con infinite possibilità di personalizzazione. Tantissime le caratteristiche ed i plus elencati, tali da rendere questa nuova Subaru Crosstrek un vero e proprio un sogno ad occhi aperti. Noi l’abbiamo provata, ora tocca a voi!
Shampoo acconciature di Sorisole in occasione dei suoi 40 anni di attività ringrazia tutti coloro che ci hanno seguito e continueranno a farlo con immenso affetto. È stata una fantastica serata organizzata da Verygoodhabit che ha fatto da sfondo alle numerose clienti presenti rendendo l’occasione ancor più speciale
Organizzazione by VeryGoodHabit 333-5074854
Catering By Binomio Dalmine Gadget MB guarnizioni
L’uomo cerca sempre di dare un senso alla vita, fino alla sua morte che è in effetti l’implosione di tutti i sensi. Oggi siamo nell’era della tecnica e il senso della vita sembra essere solamente quello tecnologico. Pensiamo ad esempio ai telefonini, chiamati anche cellulari come il furgone che trasporta i detenuti, che oggi connettono tutti. Se li guardiamo in un’ottica psicologica, dimostrano l’incapacità moderna di reggere l’assenza. In pratica siamo diventati una risposta immediata agli altri e quando questa risposta non arriva subito, subentra l’angoscia e l’ansia. Non ce ne siamo accorti, ma così abbiamo perso la nostra libertà. Nell’epoca moderna riceviamo in un giorno le stesse informazioni che un uomo del Rinascimento riceveva in tutta la sua vita e le informazioni arrivano soprattutto sui nostri smartphone. Come? Attraverso una rete capillare di antenne 5G che rimbalzano le onde elettromagnetiche fino al nostro telefonino. Sono reti veloci che utilizzano tre fasce di frequenze (basse, medie e alte). Le alte frequenze hanno la capacità di trasportare moltissimi dati per unità di tempo, ma hanno una portata limitata e fanno fatica ad attraversare gli ostacoli. Commercialmente però le onde millimetriche, ad alta frequenza e ad altissima velocità, rendono gli smartphone più performanti e quindi più appetibili per la clientela. Allora le compagnie telefoniche devono installare numerosissimi ripetitori per riuscire a creare una copertura radio efficiente. Sono brutti tralicci metallici, alti più di 30 metri, che possono essere installati, a norma di legge, ad una distanza di soli 20 metri dalle abitazioni. Ed ecco il problema. In questa sede non vi parlerò degli effetti sull’organismo umano nel tempo delle emissioni elettromagnetiche dei 5G, cosa che gli scienziati stanno ancora studiando, ma dell’impatto ambientale sul paesaggio di queste orribili antenne. Viviamo nel paese più bello del mondo, con un patrimonio artistico unico, ma agli italiani sembra importare davvero poco. Suvvia, siamo nell’era della tecnica, non della bellezza monumentale!
Il governo Conte ha promulgato delle leggi che agevolano e permettono l’installazione dei tralicci praticamente dappertutto e senza che la popolazione possa concretamente opporvisi. Perché così dice l’Europa (la solita tiritela), che prevede al 100% il cablaggio della fibra ottica e la copertura 5G entro il 2030. Ma ci sono delle assurdità concettuali. Tipo che lo stesso traliccio, un vero e proprio ecomostro, non sia utilizzabile da più compagnie telefoniche, ma che ognuna si possa costruire il suo ripetitore anche a pochissima distanza da quello della concorrenza. Magari su un comodo terreno privato, in modo che i canoni di affitto del suolo non vadano a beneficio dell’intera collettività, ma solo di una singola persona (o azienda) che magari non è nemmeno residente in quel Comune. E il problema non riguarda unicamente i centri urbani, ma anche intere aree naturali e paesaggistiche, dove avvengono disboscamenti e sbancamenti vari per fare posto alle piazzole in cemento che supportano i ripetitori e i relativi vani accessori. Per i tralicci sembra non valere nemmeno la Paesaggistica che dipende dalla Regione e che invece impone vincoli durissimi per le costruzioni delle civili abitazioni. Contestualmente i giovani non sembrano essere molto preoccupati dallo spuntare di questa prateria di funghi metallici, perché la vedono come un miglioramento delle performance dei loro smartphone con le tacche del segnale che vanno goduriosamente a fondo scala. Ma gli operatori immobiliari dicono che un traliccio 5G collocato nei pressi di una abitazione, può far perdere oltre il 20% del valore di vendita. E questo i Boomer, che le hanno comperate con il sudore della fronte, lo sanno bene. Comunque, tutti zitti che suona il telefono e a presto riveder nuove antenne!
Alla prossima e in alto i cuori leggeri.
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Alessandro Lischetti, Responsabile della filiale Autotorino di Bergamo
Nel panorama automobilistico in continua evoluzione, un nuovo protagonista ha fatto il suo debutto sulla scena: BeBeep, il rivoluzionario brand dell’usato by Autotorino. Si tratta di un progetto che mira a distinguersi dalle realtà già presenti grazie alla professionalità e al servizio strutturato e di qualità, dando valore all’auto usata, semplificandone l’acquisto in termini di accessibilità e garanzia. BeBeep, un nome di per sé curioso, che però racconta già molto del suo DNA; ricorda due colpetti di clacson che richiamano l’attenzione del cliente, in modo garbato e non fastidioso, quello che fa una vettura quando arriva e vuole farsi notare. Un brand ‘dinamico’, nell’immagine come nei contenuti, improntato al digitale, ma con un’ampia presenza fisica in tutte le 70 filiali Autotorino.
Così BeBeep diventa la risposta che Autotorino dà ad un mercato dell’usato in costante crescita, come dimostrano i dati: nel 2023 si registra un netto aumento dei passaggi di proprietà a livello nazionale (+6,6% 2023 vs 2022), con le auto usate diesel (46,5%) e benzina (36,8%) tra le più ricercate dagli italiani, con un incremento sul 2022 rispettivamente di +4,8% e +3,7%. Questo trend di crescita è confermato anche in provincia di Bergamo con un +6.5% rispetto allo scorso anno e, allargando la lettura dei Dati dell’Area Professionale Statistica ACI, anche in Lombardia, dove si registra un ancora più trainante +8,1%.
“Con BeBeep ampliamo le soluzioni dedicate ai nostri clienti, soprattutto per l’approccio, frutto dell’esperienza di oltre cinquant’anni di Autotorino e di servizi in continuo affinamento. Così BeBeep diventa il modo con cui valorizzare ulteriormente tutto questo patrimonio di esperienza acquisito negli anni, trasformando l’usato in un vero e proprio brand al pari di tutti gli altri ufficialmente rappresentati sul nuovo - commenta Alessandro Lischetti, Responsabile della Filiale Autotorino di Bergamo - In questo contesto, vengono ancor più valorizzate le formule d’acquisto a tutela della tranquillità del cliente, tutte ‘Made in Autotorino’, come Soddisfatto e Rimborsato o come le soluzioni All-Inclusive specifiche per l’usato, con le estensioni di garanzia a chilometri illimitati di Soddisfatto e Garantito”.
L’USATO CHE SUONA BENE
La proposition di BeBeep è dominata dalla qualità del prodotto e del servizio; dalla selezione delle migliori autovetture usate (con uno stock che supera le 3.000 vetture, con tipologie di modello e alimentazione che soddisfano le più ampie esigenze), dalla garanzia estendibile fino a 48 mesi alle diverse possibilità di finanziamento, fino alla proposta di nuove ed innovative modalità d’acquisto all-inclusive, tutte espressamente declinate sulle specifiche del mondo dell’usato. Dall’altra l’attenzione si focalizza sul cliente, per garantire un supporto improntato all’approccio consulenziale, fondamentale nella scelta dell’auto più rispondente in base sia ai gusti, sia alle esigenze di un target sempre più consapevole ed esigente.
Da sinistra: Alessandro Ballan, Gabor Deak, Antonio Bevilacqua, Beppe Colleoni e Renato D’Aprile. (ph. NB Agency)
PRESENTATO IL TEAM MBH BANK – COLPACK BALLAN CSB, UN PROGETTO INTERNAZIONALE PER LA CRESCITA DEI TALENTI DEL FUTURO.
Il 14 febbraio u.s. è stato presentato, presso il Life Source Hotel di Bergamo, il nuovo Team MBH Bank - Colpack Ballan CSB, formazione Continental, che ha annunciato il suo passaggio al professionismo nel 2025. Il team ha una storia ultra trentennale e negli anni ha visto oltre 1500 atleti indossare questa maglia. Il legame con il territorio è forte anche quello con la famiglia Gimondi infatti Norma Gimondi era alla presentazione del team.
La novità, che balza agli occhi dalla denominazione è l’ingresso del nuovo partner ungherese MBH Bank, la banca più diffusa in Ungheria e che impiega 9.000 persone.
A fare gli onori di casa il team manager,Antonio Bevilacqua, che ha così ringraziato ufficialmente Beppe Colleoni, e l’azienda Colpack, per i tanti anni al fianco del team.
Presente a Bergamo Gabor Deak, che guida la cordata ungherese che ha avviato il nuovo progetto di sviluppo ciclistico. Un disegno che vede coinvolti anche i corridori ungheresi della categoria Junior, già presenti allo stage di Calpe (Spagna).
“Ringrazio Beppe Colleoni per tutti questi anni insieme. Sia chiaro non è un addio - le prime parole di un emozionato Bevilacqua - e diamo il benvenuto a Gabor Deak (di MBH Bank) nel nostro gruppo.Voglio sottolineare come in questi anni, grazie a Colleoni e gli altri partner ci sia stata data l’opportunità di salire in cima al mondo. Abbiamo ancora negli occhi la vittoria mondiale, in pista, con Filippo Ganna e la Parigi Roubaix U23. Inoltre, il titolo Mondiale U23 strada di Filippo Baroncini ed il Giro d’Italia U23 con Juan Ayuso, nel 2021. Ricordo infine che alle Olimpiadi di Rio eravamo presenti con 3 atleti su 4 del quartetto”.
Beppe Colleoni ha rivissuto alcuni momenti tra le lacrime, dopo aver ricevuto la maglia di Campione Europeo, recentemente conquistata in pista, direttamente da Matteo Bianchi.“Il ciclismo è lo sport che da sempre mi appassiona e Antonio è sempre stato vicino a me ed alla mia famiglia. Lo ringrazio e ci prepariamo alla nuova avventura insieme”.
MBH BANK
È poi toccato a Gabor Deak : “Siamo fiduciosi che questa partnership rafforzerà la posizione del Team MBH Bank Colpack Ballan CSB in Italia e siamo convinti che avrà anche un impatto internazionale, poiché, grazie alla cooperazione in essere, i ciclisti ungheresi potranno allenarsi e crescere in questa categoria di alto livello, portando così il ciclismo ungherese ad uno step successivo.”
SIMONI E ZOLTAN
Sul palco anche Gilberto Simoni e Zoltan Bebto, che hanno lavorato alla buona riuscita della partnership. In particolare l’ex scalatore trentino sarà il coordinatore del progetto Junior.
BALLAN E CSB:
Sono intervenuti anche Alessandro Ballan, della Ballan SPA, e Renato D’Aprile della CSB, Commerciale Siderurgica Bresciana.
“Per noi è il 5° anno - dichiara Alessandro Ballan - ed abbiamo visto crescere tanti talenti. Ci sarebbe piaciuto trattenerli nel team per più tempo, ma il ciclismo ora viaggia veloce. Abbiamo lavorato bene nello scouting e ripartiamo motivati. Ogni anno è una nuova sfida”.
GLI ATLETI: A prendere la parola anche le stelle tel team a partire dal capitano Sergio Meris “Punto alle corse dure con tante salite. Per me è un anno decisivo”. Suggestiva l’accoppiata di ruote veloci formata da Samuel Quaranta ed Edoardo Cipollni (figlio e nipote di Ivan Quaranta e Mario Cipollini). Attesa anche per Matteo Ambrosini, vincitore di Capodanno 2023. “Sento di aver lavorato bene, punto alle gare internazionali”.
La stella ungherese è invece Mark Valent, campione nazionale U23 nel 2023: “Non vedo l’ora che arrivi l’inizio delle gare. Gareggiare in Italia è una grande opportunità per tutti noi ungheresi”.
Renato D’Aprile: “Il ciclismo ci ha saputo emozionare e questo è il nostro terzo anno. Un mondo che ci ha pian piano appassionato. La nostra è un’azienda vende materiale siderurgico e potremmo trovare affinità di business con i nuovo partner ungheresi”.
I TECNICI: I Direttori Sportivi Gianluca Valoti, Flavio Miozzo, Davide Martinelli e Beppe Dileo hanno poi introdotto la squadra. “Un gruppo giovane, motivato e completo per competere su tutti i terreni. Faremo un calendario internazionale e ci siamo preparati con scrupolo in visita del calendario internazionale”.
ROSSELLA DILEO: I ringraziamenti finali sono toccati all’anima organizzativa del team, Rossella Dileo. “Affrontiamo una sfida ambiziosa. Il nostro pensiero è per i ragazzi, che affronteranno una stagione impegnativa e per tutti quelli che ci supportano: sponsor, tecnici, volontari, accompagnatori e tutte le figure professionali che compongono un team”.
GLI OSPITI: La giornata è stata aperta dall’intervento del Presidente della FCI, Cordiano Dagnoni, e dal Commissario Straordinario della Lega Ciclismo, Cesare Di Cintio. In sala anche Norma Gimondi e diversi campioni come Ivan Gotti, Eddy Mazzoleni, Mirko Celestino, Claudio Corti, Davide Cassani, i CT Marino Amadori e Marco Velo. (a cura di V.Visciglio)
PIÙ FORTI PER CRESCEREA2A CONTINUA AD INVESTIRE IN UN PRIMATO ITALIANO PER LA LEADERSHIP TECNOLOGICA IN EUROPA
BRESCIA SI CONFERMA MODELLO PER LA DECARBONIZZAZIONE: INAUGURATA UNA NUOVA TECNOLOGIA CHE RENDE L’IMPIANTO DI VIA MALTA ANCORA PIÙ EFFICIENTE E SOSTENIBILE
INVESTITI CIRCA 110 MILIONI PER RECUPERARE IL CALORE DAI FUMI DEL CAMINO, 45 MILIONI SOLO PER ABBATTERE LE EMISSIONI
A PARITÀ DI RIFIUTI TRATTATI, ENERGIA TERMICA ULTERIORE PER 12.500 FAMIGLIE. LE EMISSIONI, GIÀ AMPIAMENTE SOTTO I LIMITI DI LEGGE, SUBIRANNO UN NUOVO TAGLIO DEL 40%
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IL TERMOUTILIZZATORE EVITA L’EMISSIONE DI OLTRE 830MILA TONNELLATE DI CO2 L’ANNO, PARI ALL’ANIDRIDE CARBONICA ASSORBITA DA 5 MILIONI DI ALBERI
Mettere l’energia in circolo, così da non sprecare nulla, recuperando ogni calore di scarto che possa contribuire alla decarbonizzazione del teleriscaldamento della città. Questo l’obiettivo raggiunto da A2A a Brescia attraverso un investimento di circa 110 milioni di euro per rendere il termoutilizzatore ancora più efficiente e sostenibile, di cui 45 destinati agli impianti che consentono un ulteriore taglio delle emissioni. Grazie a una tecnologia innovativa sarà possibile generare energia termica in più per 12.500 famiglie a parità di rifiuti trattati, riducendo così l’uso del gas per alimentare la rete del teleriscaldamento e portando il rendimento dell’impianto vicino al 100% (dall’84% al 98%). La soluzione è stata inaugurata nei giorni scorsi dall’Amministratore Delegato di A2A Renato Mazzoncini alla presenza delle istituzioni: Laura Castelletti, Sindaca di Brescia; Attilio Fontana, Presidente Regione Lombardia ed Emanuele Moraschini, Presidente Provincia di Brescia.
“Questa tecnologia si aggiunge ai numerosi progetti realizzati negli ultimi anni per rendere sempre più efficiente il sistema ambiente-energia di Brescia. Grazie ai livelli di raccolta differenziata raggiunti e al recupero di energia dai rifiuti non riciclabili, la città ha azzerato il conferimento in discarica - ha spiegato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A. Con la nuova linea fumi, che massimizza l’efficienza del termoutilizzatore, incrementiamo l’energia termica prodotta dal TU destinata al riscaldamento delle famiglie bresciane. Un progetto che conferma l’impegno di A2A per la decarbonizzazione del tessuto urbano e il riutilizzo dell’energia disponibile sul territorio.
Stiamo lavorando affinché il teleriscaldamento utilizzi sempre più il calore di scarto dei grandi impianti industriali per riscaldare senza produrre CO2. Un modello di circolarità che vede Brescia apripista ma che vogliamo esportare negli altri territori”. “Nel 1992, in consiglio comunale, ho votato a favore della realizzazione del termoutilizzatore di Brescia, proposto dall’allora Asm - ha ricordato la Sindaca di Brescia Laura Castelletti. Una scelta che, come è stato per il teleriscaldamento e la metropolitana, testimonia la lungimiranza del buon governo della città. Questo impianto, avviato nel 1998, ha consentito alla città di azzerare il conferimento dei rifiuti in discarica e avviare il percorso di decarbonizzazione del teleriscaldamento, altro fiore all’occhiello della città. Un percorso che oggi fa un nuovo significativo passo in avanti. In questi anni, come Amministrazione e come azionisti di A2A, abbiamo sempre spinto l’azienda a investire per rendere la città più competitiva e sostenibile.Vogliamo che A2A sia al nostro fianco nella sfida epocale per fare di Brescia una capitale verde europea. I problemi, lo sappiamo, non mancano. Ma la strada imboccata è quella giusta. Riscaldare e fornire energia grazie ai rifiuti vuol dire evitare l’emissione di grandi quantità di CO2. Oggi, mentre molti territori italiani sono ancora costretti ad esportare i propri rifiuti, Brescia si pone come modello nazionale di sostenibilità ed economia circolare”.
“Brescia si conferma territorio di innovazione – ha commentato il Presidente della Provincia di Brescia Emanuele Moraschini. Il progetto che A2A inaugura oggi consentirà di riscaldare 12.500 appartamenti senza usare fonti fossili, tagliando ancora di più le emissioni in atmosfera.
Un esempio di economia circolare tanto più prezioso in un territorio come il nostro, alle prese con i problemi del cambiamento climatico e dell’inquinamento dell’aria. Unire una gestione virtuosa dei rifiuti e un sistema come il teleriscaldamento è stata una felice intuizione che pone Brescia tra le capitali della sostenibilità”.
Quello che 50 anni fa è nato come un laboratorio, con la prima rete di teleriscaldamento in Italia, oggi è il modello Brescia: un sistema integrato energia-ambiente in grado di coniugare produzione di energia elettrica e calore, teleriscaldamento e gestione del ciclo dei rifiuti, azzerando il ricorso alla discarica. Un processo virtuoso che è stato ulteriormente migliorato. Si è infatti concluso il progetto di "flue gas cleaning" con l’avvio su tutte le tre linee dei nuovi sistemi di trattamento fumi e recupero di energia che consentiranno di immettere nella rete di teleriscaldamento 164 GWh/anno di calore aggiuntivo ad impatto ambientale nullo, massimizzando il rendimento dell’impianto e restituendo ai cittadini la quasi totalità dell’energia potenziale contenuta nei rifiuti sotto forma di energia elettrica e termica. Una best practice sul fronte della transizione ecologica che, oltre a rimettere in circolo il calore presente nei fumi, taglierà ulteriormente le emissioni, i cui valori, già ampiamente sotto la soglia di legge, saranno mediamente ridotti del 40%.
Se il modello Brescia, dove tutti i rifiuti vengono recuperati o come materia o come energia e nulla va in discarica, fosse applicato anche al resto del Paese, l’Italia farebbe un passo avanti nella transizione ecologica. L’Italia deve infatti ancora colmare un gap impiantistico nella gestione dei rifiuti: oggi smaltisce circa il 19% dei propri rifiuti in discarica, un valore lontano dal target europeo del 10% fissato per il 2035, mentre a Brescia si è raggiunto lo 0%.
La politica a livello globale - e per ciò intendo quella internazionale, quella nazionale, ma soprattutto quella regionale per giungere a quella cittadina, è in continua e veloce evoluzione.
Dobbiamo pensare che i macrosistemi coinvolgono tutto, cioè il nostro pensiero si articola pervicacemente verso quanto di meglio ci possa capitare.
Parlare di guerra in Ucraina, di attacchi ai navigli nel Mar Rosso, della geopolitica in Medio Oriente o della democrazia in bilico negli USA, ci porta sovente a considerare gli affari di casa nostra come fossero secondari.
È però un errore! Infatti, non solo sono vitali per noi, ma anche per il posizionamento del nostro Paese all’interno degli schemi di cui abbiamo accennato.
Se la svolta verso la destra-centro italiana si è confermata con le elezioni in Abruzzo, dopo il passo falso in Sardegna - che però ha fatto ben capire che servono scelte giuste sugli uomini - allora possiamo pensare che, anche a giugno, alle elezioni europee, vi sarà la conferma di questo trend.
I partiti dovranno identificare i candidati giusti, i migliori da presentare agli elettori, con programmi non mirabolanti, ma allineati a quelli dei partiti e o coalizioni che li esprimeranno.
Ormai è finito il tempo delle promesse inattuabili, si devono fare scelte specifiche, come decidere se rimanere schiavi della burocrazia e della globalizzazione che ha portato al disastro che stiamo vedendo in termini generali, oppure cercare il cambiamento, mettendo l’Europa prima di ogni altra cosa. Da decenni diciamo che serve un ministro degli esteri europeo ed un esercito, oltre alla BCE, in sintonia con gli interessi occidentali sì, ma specificatamente per ciò che è il nostro credo europeo. Il vero problema è che noi dovremmo essere liberi di difendere i nostri nteressi ed i nostri ideali e non essere sudditi di alleanze alle quali apparteniamo ma dove non contiamo nulla. La politica deve tornare alla centralità delle scelte, non subirne solo gli interessi.
liberi non sarà più sufficiente, si dovrà parlare di tre stati? Gaza, Cisgiordania, Israele? Ma chi garantirà per gli accordi? L’ONU?… Mi viene da ridere…. I paesi arabi?…Aiuto! Le grandi potenze…? Cina? Usa? Russia?
Ma se abbiamo voluto questa guerra economica di potere e interessi uno contro l’altro, se non abbiamo identificato i responsabili del Covid e abbiamo assolto l’OMS, se nessuno è mai colpevole dove vogliamo andare?
Nemmeno il Papa può parlare, perché la bandiera deve essere per forza giallo-blu... Accordi precisi vi erano da almeno 10 anni e non sono stati rispettati, come quelli di camp David o di Abramo e come troppi altri ancora.
Smettiamola di fare gli struzzi, tornando a noi italiani, non facciamo finta che tutto possa cambiare per non cambiare nulla.
I ridicoli portavoce del campo largo o santo che sia, coloro che inneggiano alla brigatista Balzerani (onore per le idee mai rinnegate, ma stava dalla parte giusta?), coloro che scelgono candidati deboli e poi si stracciano le vesti… Facciamo in modo di scegliere meglio, magari anche persone, passatemi il termine, “nemiche” ma capaci.
Una Yalta due è più che necessaria, non finirò mai di dirlo, altrimenti i problemi non si risolveranno mai, se non con gravi sofferenze dei popoli interessati.
Vi sembra normale ciò che sta accadendo a Gaza? Vi sembra normale che qualcuno faccia il lavoro sporco per noi e che la comunità internazionale non sia in grado di porre fine ad una pulizia etnica e politica? Che poi faccia il “nostro gioco”, ben venga, ma forse non dovevamo giungere a tanto. Hamas non doveva prendere il potere che ha avuto grazie ai Paesi Arabi che giocano su due, anzi tre, tavoli e noi abbocchiamo sempre schiavi del dio (minuscolo) Denaro (maiuscolo)… dal calcio a tutto il resto.
Nessun ostaggio tornerà a casa, nessuno deve poter parlare, molti bambini moriranno ancora e forse pensare a due stati distinti e
Una scelta di campo per riportare il popolo a votare. Ormai, siamo al 50% ed oltre di non votanti. Ci vanno solo quelli che stanno in “squadra” e invece dovremmo andare tutti, come succedeva sino alla fine del secolo scorso. Possibile che il mondo non possa cambiare in meglio? Basta non aver paura di professare le proprie idee, di non farsi omologare, di partecipare e spingersi oltre.
Grazie ai candidati che sino a ieri non esistevano ed oggi si vogliono prendere responsabilità politiche, onore a coloro che li sostengono... Però, dovrebbero essere anche un po’ accattivanti, concreti, convincenti... essereun po’ “oltre il giardino”, come diceva Chance il giardiere nel famoso film interpretato dal grande Peter Sellers.
In questo anno avremo molti appuntamenti elettorali: regioni, città, comuni, oltre a quelli internazionali. In Russia si vota questo mese, in Europa a giugno e negli Stati Uniti a novembre.
Peccato che solo una minima parte del mondo è democratico: 48 paesi, sui193 accreditati all’ONU. Per cui le nostre scelte sono sempre minoritarie e…. allora vincono sempre e solo gli interessi economici.
Biden vs Trump, Putini vs ???, Xi Jinping vs ???????? A voi ben capire come siamo messi.
Tra poco, molto probabilmente, finirà anche la monarchia più vecchia del mondo. Le cose cambiano i tempi cambiano e inevitabilemte cambiamo un po’ anche noi.
Un sincero invito a partecipare, come diceva Giorgio Gaber, il grande, “la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”.
LA FAMIGLIA CEREA HA SOSTENUTO IL RESTAURO DI DUE IMPORTANTI TELE DELLA PINACOTECA
CITTADINA ISPIRATE ALL’UNIVERSO DEL CIBO
Nella foto in alto, in piedi da sinistra: Enrico, Rossella e Roberto Cerea.
Seduti Gianpietro Bonaldi, GM di Accademia Carrara, mamma Bruna e Francesco Cerea
Nel 2023, l’anno della Cultura, due eccellenze bergamasche, Accademia Carrara e la famiglia Cerea-da Vittorio si sono incontrate e hanno collaborato al restauro di due opere del museo. Bellezza, prendersi cura e gusto, sono declinazioni di un modo di pensare e agire quotidiano che accomunano queste due realtà.
“Canestra di agrumi, castagne, corbezzoli e alzatina metallica con dolcetti” e “Fruttiera di porcellana, piatto con limone e alzatina con prugne” di Francesco Codino, sono le due tele, realizzate nel XVII secolo, di cui la famiglia Cerea ha finanziato il restauro. Una scelta non causale considerata il loro intimo legame con l’arte della tavola.
“Questi due dipinti - spiega Chicco Cerea, Chef di DaVittorio - rappresentano la bellezza e la vivacità che caratterizza anche il nostro mondo. Quando li abbiamo visti per la prima volta, subito ci si sono illuminati gli occhi perché al loro interno abbiamo trovato l’ispirazione per nuove ricette. Il nome originale dell’artista inoltre, Franz Godin in tedesco, ci fa pensare al godimento, ciò che cerchiamo di restituire ogni giorno, a tutti i nostri ospiti.
Francesco Codino “Canestra di agrumi, castagne, corbezzoli e alzatina metallica con dolcetti”Collaborare, poi, con la Carrara è stato un onore, un vero piacere. È questo il museo della nostra città, è un’eccellenza in Italia e nel mondo, si è generata un’intesa forte tra noi.”.
La partnership con la Fondazione Accademia Carrara avvalora la naturale inclinazione del Gruppo Da Vittorio nella promozione della cultura dell’haute cuisine e al tempo stesso la spiccata vocazione della Carrara ad essere attore protagonista non “solo” della scena culturale e artistica ma anche di quella dove si concretizzano relazioni strategiche tra impresa e istituzione museale. Un abbinamento che valorizza entrambe, che da forza e capacità di sviluppare iniziative virtuose.
“Valorizzare il patrimonio della Carrara - ci racconta Gianpietro Bonaldi, General Manager di Fondazione Accademia Carrara - significa prendersene cura, conservarlo e renderlo accessibile a pubblici sempre nuovi. Siamo un museo aperto, vivace, contemporaneo nella sua capacità di parlare a tutti, forte di una progettualità sviluppata da altissime competenze e da consolidate relazioni con tutto il mondo. Aprire le porte del museo è un valore irrinunciabile, che ci impegna costantemente e che passa anche attraverso partnership come quella con Da Vittorio. La Carrara e la famiglia Cerea lavorano entrambe su una dimensione internazionale partendo, con consapevolezza, da Bergamo dove restano le loro radici e il loro cuore. È questo un altro elemento che le accomuna e che porterà, ne sono convinto, a future nuove collaborazioni”.
Un’ameba potenzialmente pericolosa è stata collegata a 10 casi di infezione “mangia cervello” negli Stati Uniti, legata a lavaggi nasali effettuati con acqua di rubinetto non sterile. Come riportato dai centri specializzati americani, gli individui colpiti sarebbero in prevalenza pazienti anziani e con problemi immunitari e i casi evidenziati sarebbero avvenuti nell’arco di 30 anni. I sintomi determinati dall’ameba sono vari, spaziando da malattie cutanee a condizioni cerebrali gravi, motivo per il quale gli esperti di tutto il mondo stanno raccomandando alcune buone pratiche per evitare i possibili rischi.
Come si prende l’ameba mangia cervello: cosa dicono gli esperti
L’ameba in questione si chiama Acanthamoeba e attualmente i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti stanno indagando su 10 casi di infezione da parte di questo organismo nel cervello.
L’ipotesi è che nei casi analizzati, riguardanti 7 uomini e 3 donne, l’attacco sia avvenuto a causa della cattiva pratica di effettuare lavaggi nasali con acqua di rubinetto, in modo ripetuto per mesi o addirittura anni.
Chi rischia l’infezione da ameba mangia cervello
Le infezioni allo studio avrebbero riguardato, in particolare, quasi tutte persone anziane o con sistema immunitario deficitario. Sono in particolare tali tipologie di pazienti, quindi, a ricevere le raccomandazioni da parte degli esperti per scongiurare ogni possibile rischio.
Sebbene il collegamento non sia ancora ufficialmente confermato, i CDC si sono espressi contro l’uso di acqua non bollita per i lavaggi nasali, soprattutto per le persone immunodepresse, al fine di prevenire tali infezioni invasive.
I sintomi dell’ameba mangia cervello
Gli attacchi da parte di amebe sembrano aver avuto un’impennata nell’ultimo decennio, con alcuni casi anche molto recenti che hanno innalzato il livello d’attenzione in merito. I sintomi generati dall’ameba Acanthamoeba possono includere mal di testa, febbre, rigidità del collo, nausea e vomito. Le infezioni in seguito possono progredire verso condizioni più gravi, come encefalite. La diagnosi richiede test specifici, mentre la cura coinvolge farmaci antinfiammatori e antimicrobici, ma le infezioni cerebrali sono spesso fatali. Le precauzioni da adottare sono semplici: l’uso di acqua sterilizzata o bollita per i lavaggi nasali, oltre a evitare contatti con acque non trattate, specialmente per gli immunocompromessi.
Dr. Haim Reitan Direttore Sanitario Studio Medici Associati
Una diagnosi precoce è in grado di influenzare in maniera decisiva la prognosi e la qualità di vita. Marzo e aprile sono i mesi ideali per sottoporsi alla mappatura dei nei, un esame diagnostico non invasivo che permette di individuare il melanoma. Fonte: Repubblica Salute
Diversi studi clinici hanno documentato scarsi effetti della supplementazione con magnesio nei crampi, a meno che non sia riscontrata una sua carenza con un esame del sangue.
Fonte: Corriere Salute
Dormire almeno 7-8 ore per notte è fondamentale per la salute psico-fisica di ogni individuo. Un sogno quasi irrealizzabile, quello del riposo salutare, per oltre 13 milioni di italiani. Una persona su sette, infatti, soffre di questo problema cronico, una vera e propria patologia, mentre a una su 5 è successo almeno una volta di fare i conti con la difficoltà ad addormentarsi, seppur per un breve periodo di solito legato a particolari momenti della vita (un lutto, una separazione, la perdita del lavoro, ecc.).
Fonte: IlSole24Ore Salute
Per la prima volta è stato creato in laboratorio un organoide d'osso, ovvero una riproduzione tridimensionale del tessuto cartilagineo e osseo umano, utilizzando cellule staminali scheletriche di pazienti con la sindrome di Hurler. Lo scopo è quello di studiare i meccanismi e sperimentare trattamenti più efficaci per curare questa malattia genetica rara pediatrica. La sindrome di Hurler colpisce un bambino su 100mila in Europa. Fonte: Sky TG24
I risultati di uno studio coordinato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Cnr hanno dimostrato che è possibile ridurre la massa del carcinoma colon-rettale agendo su un complesso proteico noto come coesina. I dati ottenuti potrebbero favorire lo sviluppo di nuove cure antitumorali. I risultati, pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, sono stati possibili grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. Fonte: InSalute News
Si chiama 'Deep Lung' ed è un programma basato su algoritmi di deep learning sviluppato dalla fondazione catalana Eurecat per monitorare, sulla base di Tac polmonari fatte sui pazienti, ad esempio coloro che si sottopongono a uno screening, i noduli sospetti e valutarne i cambiamenti, per rilevarne con maggiore accuratezza e in tempi più brevi l'eventuale malignità, e contribuire in questo modo alla diagnosi tempestiva del tumore. Fonte: Ansa Salute
SONO Cresce l'allarme per questo farmaco oppiaceo impiegato in medicina che negli Usa si è trasformato in uno stupefacente di potenza letale. Si tratta di un analgesico con una potenza di almeno 80 volte superiore a quella della morfina. Il Fentanyl ed i suoi derivati sono utilizzati sia in medicina sia in veterinaria. Il fentanyl, oltre alla sua azione analgesica, provoca stordimento ed euforia, quest'ultima meno marcata rispetto a quella causata da eroina e morfina. Viene chiamata "la droga degli zombie" per la capacità di trasformare chi la assume in "morti che camminano". Ancora più potenti sono altri oppiacei sintetici simili al fentanyl (alfa-metil fentanyl e il 3-metilfentanyl) e sintetizzati illegalmente, che risultano addirittura 100mila volte più forti della morfina. Fonte: TGCOM24
Sguardi sdoppiati di celebri ritratti femminili come La Fornarina di Raffaello, Bia de’ Medici del Bronzino o ancora la Signora con ermellino di El Greco; organze imbottite e decorate con parole di oro colato; trapunte di ciniglia, filo di nylon o di metallo e perline; carte da lucido materiche: la mostra All in one - fino al 24 marzo alla Triennale di Milano - espone quattro cicli di lavori realizzati fra il 1980 e il 2023 da Mariella Bettineschi, mettendo in luce l’incessante processo inventivo di quest’artista eclettica, in continua sperimentazione ed evoluzione. Originaria di Brescia, classe 1948, Mariella Bettineschi frequenta il Liceo Artistico e si diploma presso l'Accademia di Belle Arti Giacomo Carrara di Bergamo nel 1970.
Il corpus dei suoi lavori non può essere racchiuso in una definizione lineare: la sua poetica si connota sia per la capacità di sperimentazione sui materiali che per la ricerca di linguaggio, che conduce l’osservatore a riflessioni sulla storia dell’arte e sulla centralità del ruolo della donna, attraverso diversi media, quali pittura, scultura, disegno, collage, fotografia, digital painting. Artista femminista, ha partecipato a mostre collettive e personali in istituzioni pubbliche e private internazionali in tutto il mondo: da Bergamo a Venezia, New York, Parigi, Roma, Londra, Detroit, San Gimignano, Modena, Turku (Finlandia), Milano, Berlino.
In questo momento alla Triennale di Milano è in corso la sua mostra All in One. Quali opere raccoglie?
“Inaugurata il 28 febbraio e visitabile fino al 24 marzo la mia mostra All in One, a cura di Paola Ugolini, comprende quattro gruppi di lavori realizzati fra il 1980 e il 2023: un viaggio che attraversa alcune stagioni della mia ricerca.
Sono esposte le serie Morbidi e Piumari (1980-1981) organze imbottite di fiocco o di piume, decorate con parole di oro colato o trapunte di ciniglia, filo di nylon o di metallo; i Tesori (1985) semplici carte da lucido che – lavorate e trattate con catramina, acquaragia e strati di colature di pigmenti dorati a caldo – diventano materiche; infine L’era successiva, serie che nasce nel 2008 (ed è ancora in corso) quando inizio a sperimentare lo sdoppiamento fotografico di Nature, Biblioteche e Ritratti femminili. In queste immagini decido di spostare l’attenzione dal presente al futuro, in un tempo dove tutti i parametri stanno cambiando e sono necessari sguardi nuovi”.
Lei si definisce un’artista femminista: in che termini?
“Sono un’artista femminista perché sono una donna e un’artista. Non c’è altra scelta”.
Nelle sue opere la figura femminile è centrale: cosa ne pensa dell’essere donna oggi?
“Per le donne che vivono nei paesi con democrazie liberali alcune tappe sono state raggiunte, dopo il lungo cammino verso l’emancipazione e finalmente la liberazione. Sono diritti da difendere ogni giorno perché possiamo ricadere nelle situazioni nelle quali vivono molte donne nel mondo”.
Ci racconta della sua collaborazione con Dior?
“È stata una grande esperienza, molto emozionante. Un giorno di febbraio del 2022, mi ha telefonato Paola Ugolini, importante critica romana, dicendomi che era con Maria Grazia Chiuri, Direttrice Artistica di Dior, e stavano pensando, per la sfilata della collezione Prêt-à-Porter Autunno/ Inverno 2022-2023, nel Padiglione Dior nei Jardin des Tuileries di Parigi, di installare una grande “quadreria militante” con i miei Ritratti. La parola militante ha capovolto il concetto tradizionale di quadreria e ha dato un senso potente al concetto. 210 Ritratti con gli occhi raddoppiati, stampati grandi anche fino a tre metri, hanno invaso completamente lo spazio creando un’installazione stupefacente, al punto che il pubblico continuava a girare per guardarli e non si decideva a sedersi per assistere alla sfilata”.
Quale tecnica predilige tra le diverse che utilizza? Sceglie prima l’idea o il materiale/ la tecnica da utilizzare?
“Non ci sono regole, tutto avviene simultaneamente: l’idea chiede una tecnica o un materiale per incarnarsi o un materiale fa scaturire l’idea”. Lei ha alle spalle una carriera molto importante e ha incontrato grandi artisti: com’è cambiato il mondo dell’arte contemporanea oggi? Spesso è un ambiente percepito come qualcosa di difficile da avvicinare: cosa ne pensa?
“L’arte non è mai stata per il grande pubblico, ha sempre richiesto passione, curiosità, informazione. L’arte occupa uno spazio profondo, silenzioso. Guarda e vede il presente e lo racconta, quel presente che pochi sanno leggere e che decodificheranno solo quando sarà passato. Ecco il grande ruolo dell’arte, raccontare il presente! Se imparassimo a guardare cosa fanno gli artisti, potremmo capire cosa tutti noi stiamo vivendo”.
Un artista o un movimento che predilige?
“Se potessi pensare ad un mio museo ideale partirei dalle Korai greche, passerei al Bronzino, a Picasso, Duchamp, Brancusi, Fontana fino a Paolini”.
Ha vissuto all’estero e con le sue opere d’arte ha viaggiato in tutto il mondo: qual è la sua città preferita?
“Le città che conosco meglio, anche perché hanno ospitato il mio lavoro, sono Milano, Roma, Parigi, Londra, Berlino, New York. La città nella quale mi sento più a casa è New York”.
ABBRACCIO DELLA CROCE 2023, tecnica mista su tela 150x190 cm
Si inaugurerà sabato 23 marzo 2024, presso il Palazzo Storico del Credito Bergamasco, la prima tappa della mostra itinerante dedicata a Maurizio Bonfanti, talentuoso artista bergamasco. L’esposizione, curata da Angelo Piazzoli e Tarcisio Tironi, resterà aperta fino al 3 maggio 2024 ed è articolata in due sezioni collocate nel Salone Principale (otto monumentali dipinti) e in Loggiato (bozzetti preparatori). Dato il rilevante valore artistico, culturale e spirituale della iniziativa, Fondazione Creberg ha inserito la mostra nel programma delle “Settimane della Cultura 2024”, organizzate dall’Ufficio per la Pastorale della Cultura e degli Istituti culturali della Diocesi di Bergamo.
Maurizio Bonfanti, artista serio e rigoroso, ha scelto Palazzo Creberg per l’esposizione delle nuove opere dedicate alla rivisitazione della sua storica Passio. “Quando nel settembre 2022, proposi a Bonfanti una nuova collaborazione dopo la mostra “Limen” (che organizzammo con lui, a Palazzo Creberg, nel 2016) - ha spiegato Angelo Piazzoli, Presidente della Fondazione Credito Bergamasco - mai avrei pensato che la mia suggestione lo avrebbe indotto ad affrontare un impegno di così rilevante spessore umano e artistico: il rivedere, adeguandola alle nuove urgenze dello spirito e alla evoluzione della sua tecnica, la raccolta Passio, realizzata tra il 2005 e il 2006, al tempo esposta in ambiti di assoluto prestigio, ora allocata presso il Seminario Vescovile di Bergamo”. “Passio parte seconda”. Così potrebbero essere definite le otto monumentali tele realizzate nel 2023 da Maurizio Bonfanti, che saranno esposte a Palazzo Creberg in una mostra curata da Angelo Piazzoli e Tarcisio Tironi, aperta dal 23 marzo al 3 maggio 2024 e distinta in due sezioni: nel Salone Principale saranno collocati i grandi dipinti, in Loggiato saranno visibili gli otto bozzetti preparatori.
“L’intero ciclo – evidenzia l’artista – ripete in sequenza gli stessi soggetti che realizzai nel 2005. Dopo aver completato il polittico di Marne, avevo allora in progetto di dipingere la Passione di Cristo, escludendo il percorso tradizionale della Via Crucis e chiesi a don Sergio Colombo, che da tempo seguiva con infinita discrezione il mio lavoro in studio, l’indicazione di una sequenza possibile. Mi suggerì sette “stazioni” (L’ultima Cena, Il Getsemani, Il Processo, L‘abbraccio alla croce, Il Golgota, la Deposizione e il Sepolcro). Ci aggiunsi la figura di Giuda”.
Le nostre mostre itineranti - spiega il Presidente di Fondazione Crebergoltre un centinaio gli interventi promossi e realizzati direttamente nell’ultimo decennio – intendono essere connotate da arte, vita, pensiero, riflessione. Per questo è necessario ci sia un “idem sentire” con l’artista prescelto: arte intesa come etica ed estetica, dedita ad approfondire i misteri esistenziali della vita e della morte, del tempo che fugge, del Creato che stiamo distruggendo”. A tutti i visitatori verrà consegnato, come sempre gratuitamente, il catalogo edito dalla Fondazione Credito Bergamasco con testi di Maurizio Bonfanti, Alberto Carrara, Angelo Piazzoli, Tarcisio Tironi.
L’esposizione “Passio” rimarrà aperta al pubblico dal 23 marzo al 3 maggio 2024 con accesso libero e gratuito (dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 13.00). La mostra proseguirà a Romano di Lombardia e a Grumello del Monte.
È prevista una apertura straordinaria di Palazzo Creberg (Largo Porta Nuova 2, Bergamo) per sabato 23 marzo 2024 dalle ore 15.00 alle ore 19.00 con ingresso libero. In tale occasione l’esposizione verrà presentata, nel Salone Principale, alle ore 17.00; successivamente, per chi lo vorrà, sarà possibile dialogare con l’artista e i curatori fino alla chiusura del Palazzo (ore 19.00).
GETSEMANI 2023, tecnica mista su carta intelata, 230 x110 cm IL PROCESSO 2023, tecnica mista su carta intelata 230 x 170 cm GIUDA 2023, tecnica mista su carta intelata, 198x 140 cmMOSTRA AL FANTONI HUB FINO AL 30 MARZO
Via Camozzi – Passaggio via Sora, Bergamo
Una collezione Jazz: questo il tema della nuova mostra presso il Fantoni Hub, lo spazio gestito dalla Scuola d’Arte Fantoni, grazie alla disponibilità della Provincia di Bergamo. La mostra aperta dal 13 al 30 marzo è realizzata in collaborazione con l’Associazione CollegaMenti (www.collegamenti.eu), vedrà esposte le opere di 3 artisti con diversità, guidati nella loro attività artistica dall’arteterapeuta Lianne Schreuder. Una mostra speciale allestita appositamente in concomitanza con il Bergamo Jazz Festival.
COLLEGAMENTI
L’arte è uno strumento importante per aiutare le persone ad uscire dal guscio della disabilità. La pittura attiva la capacità di espressione e comunicazione. Per questo la Scuola d’Arte Fantoni ormai da tempo ha dato ospitalità all’Atelier Arte e Diversità. Esito naturale della collaborazione la mostra Colori ed Emozioni l’anno passato e ora questa speciale Collezione Jazz. Il luogo protetto dell’atelier permette all’artista di comprendere, in maniera personale, elementi di vita quotidiana attraverso la pittura, che, tra tutti gli stimoli confusionali, lo aiuta a trovare sicurezza.
Questa Collezione Jazz animerà lo spazio del Fantoni Hub con una serie dipinti ad acrilico su tela e una particolare reinterpretazione della Poltrona di Alessandro Mendini, diventata una vera Poltrona Jazz. Questa riedizione dell’originale seduta presenta la tradizionale struttura in legno intagliato e dipinto a mano. Così, dopo i grandi nomi dell’arte contemporanea internazionale è toccato a noi, artisti diversamente abili, decorare secondo il nostro gusto questa icona del ventesimo secolo. La sua decorazione infatti è avvenuta “di concerto”: I nostri artisti hanno dipinto insieme, come in un Jam- session nel jazz. Ognuno contribuisce spontaneamente con i suoi strumenti, fanno emergere un capolavoro dove ogni artista suona la propria nota. Mendini aveva pensato la poltrona proprio come “una tela bianca” per ispirare gli artisti a cercare i confini delle possibilità, ad andare oltre il convenzionale. Per gli artisti di Collegamenti è diventato il loro veicolo per uscire dal guscio della disabilità e viaggiare nel mondo dell’arte. Questo pezzo dal carattere forte verrà esposto nella vetrina verso via Camozzi, ma grazie ad un sistema di specchi potrà essere visualizzata su tutti i lati. Quindici i quadri esposti realizzati da Marco Delprato, Walter Falletta, Andrea Fogaccia –(Fogy) che si sono ispirati a fotografie di concerti di edizioni di Bergamo Jazz. “Siamo orgogliosi - ha raccontato l’arteterapeuta Lianne Schreuder - che il periodo di apertura della mostra coincida con quello del Bergamo Jazz Festival, potendo così condividere la nostra arte con amanti del Jazz e con chiunque ama la Nota Diversa. I dipinti in esposizione sono stati realizzati nell’arco di circa tre anni, da tre artisti dotati di grande sensibilità. Ci proponiamo dunque di presentarli come artisti, non solo come non come ragazzi con diversità”.
Mercoledì e Venerdì 13, 15, 20, 22 Marzo 15.30 - 18.30
Sabato e Domenica 16,17, 22, 23, 30 Marzo 15.00 - 19.00 www.collegamenti.eu - info@collegamenti.eu
Per il Liceo Fantoni Elisa Gaetani Lisco ha ritirato emozionata il premio direttamente dalle mani di Troy Armour presidente dell’Associazione organizzatrice, con lei anche Emma Ambrosioni e Luca Quartini.
Junk Kouture, iniziato più di 10 anni fa come un piccolo concorso di moda indipendente per le scuole medie e superiori, nel nord-ovest dell’Irlanda, ha coinvolto fino ad oggi oltre 350.000 studenti, divenendo il più grande evento di educazione per la eco sostenibilità per i giovani di tutto il mondo.
Il Liceo artistico Andrea Fantoni ha partecipato con regolarità negli ultimi anni. Anche tutta la collezione 2024 è stata frutto di mesi di lavoro che hanno consentito di creare capi unici, inconsueti e tutti realizzati con materiali di riciclo: «Come passo iniziale – spiega la professoressa Anna Bulla, coordinatrice del progetto – i ragazzi sono stati invitati a riflettere su questo contest al cui centro sta l’attività di riciclo. Si è fatta poi un’analisi dei materiali selezionati e delle loro caratteristiche. Dalla materia si è passati alla fase teorica con la produzione dei veri e propri bozzetti degli abiti».
Ph: ALESSANDRO VILLA (abito)
Trasferta a Montecarlo con successo quella degli allievi delle classi seconde del Liceo Artistico della Scuola d’Arte Andrea Fantoni che pochi giorni fa hanno partecipato alla finale internazionale del contest Junk Kouture 2024.
Gli allievi della Scuola Fantoni si sono aggiudicati il Milan Designer of the year, primo premio categoria Italia (uno dei più prestigiosi), confrontandosi con concorrenti di assoluto valore.
La mission del contest Junk Kouture.è quella di spirare la creatività degli adolescenti, ed aumentare la loro consapevolezza verso la sostenibilità, attraverso la creazione di design straordinari con materiali ordinari e trascurati.
Concorso ma non solo perché i due giorni monegaschi sono stati per i ragazzi occasione di formazione tra laboratori creativi e prove per la sfilata, attività di team building con altri giovani stranieri, confronto con giovani di altre nazioni.
In occasione della XIII Edizione di MIA PHOTO FAIR, la prima e più importante fiera d’arte dedicata alla fotografia in Italia, in programma all’ALLIANZ MiCo MILANO CONGRESSI dall’11 al 14 aprile 2024, Tallulah Studio Art presenta BECAUSE YOU ARE A WOMAN. Un progetto speciale, a cura di Patrizia Madau e Rebecca Delmenico, sviluppato attraverso l’accostamento visivo di quattro artisti della fotografia: Dina Goldstein, Maurizio Forcella, Keila Guilarte e Donatella Izzo. Ciascuno di loro esprime con stili differenti l’identità femminile e il suo cambiamento.
BECAUSE YOU ARE A WOMAN è lo sguardo sulle donne, il racconto delle loro suggestioni etiche, morali, amorali, contemporanee e i relativi contrasti sociali e culturali. Nella prospettiva di questi artisti la donna si libera di tutta una serie di imposizioni legate alla cultura occidentale, dove bellezza, giovinezza e ricchezza, veicolate da una perfetta apparenza, sono sinonimo di felicità. Una narrazione sull’universo femminile dove le donne vengono celebrate per la forza che dimostrano quotidianamente, per il loro essere indipendente di fronte alle sfide poste dalla contemporaneità.
Dina Goldstein (Tel Aviv, 1969) è nota a livello internazionale per le sue serie fotografiche, che si sviluppano in elaborate tableaux, in cui l’artista, con un linguaggio pop e irriverente, muove una critica sociale mostrando la propria versione degli archetipi della cultura di massa occidentale. Con le sue graffianti opere, Dina Goldstein affronta il cambiamento sotto diversi aspetti. Attraverso un racconto ironico e tagliente nella serie “In the Dollhouse” la fotografa scoperchia i lati oscuri di una dinamica ormai tossica nel rapporto di coppia, quella tra Barbie e Ken, caratterizzata dall’apparenza e dalla finzione. Con “The Fallen Princess” invece, abbatte il falso mito del “vissero per sempre felici e contenti”, creato da Disney ad uso e consumo di intere generazioni, ricontestualizzando le eroine Disney per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle sfide della società contemporanea.
Con “The Last Supper” dalla serie “God of Suburbia”, si affronta il cambiamento che la società dovrebbe avere nei confronti delle persone in difficoltà. Nella ricostruzione della cena più famosa della storia religiosa, la Goldstein rappresenta gli apostoli di Gesù come appartenenti a una gang del Downtown Eastside di Vancouver, luogo noto per essere tra i più malfamati e disagiati del Canada. Invece di un banchetto, troviamo lattine di birra vuote e zuppe in ciotole di plastica.
Le donne di Maurizio Forcella (Premio Arte Cairo Editore 2023), sovvertono l’estetica dell’apparenza, decostruendo l’idea di un’estetica contemporanea, dove tutto deve apparire in maniera perfetta, levigata e senza incrinature. Nei suoi ritratti l’artista cerca quell’imperfezione che da sempre è fonte di creatività e innovazione, e la racconta attraverso i volti sinceri, segnati dal tempo. Occhi chiusi, volti rugosi, niente sguardi ammiccanti, né filtri camuffanti: queste sono le signore sognanti di Forcella. Donne gentili, libere che hanno riaffermato per tutte il diritto alla diversità. La lavorazione, affidata alle cosiddette AI-TTI (Ar7ficial Intelligence Text-To-Image), permette di elaborare contenuti fotografici intervenendo su aspetti estetici caratterizzanti e grazie ad un preciso lavoro di post-produzione i risultati sono quelli di una fotografia pittorica.
Il reportage di Keila Guilarte “I mille volti dell’Uganda” è stato realizzato in collaborazione con l’associazione To Get There, l'ETS (Ente Terzo Settore) fondata da Massimo Leonardelli e Piero Piazzi, con l’intento di aiutare le persone in difficoltà. Lo sguardo della fotografa cubana ci porta in mezzo a una realtà fatta di povertà e indigenza estrema, incontrando al tempo stesso la forza, la speranza, l’energia e l’attaccamento alla vita di questa popolazione caratterizzata dalla grande dignità. Scatti in bianco e nero, poetici ed evocativi raccontano gli sguardi inconsapevoli dei bambini e omaggiano soprattutto la personalità femminile ugandese, mostrata nella consuetudine di donne, madri e lavoratrici dalla grande tempra e fede.
Donatella Izzo nelle opere “Silent Time” e “She Wanted”dalla serie “No Portrait”, mostra l’anti-ritratto della donna in una società basata sull’apparenza e sulla moda dell’essere perfetti a tutti i costi attraverso i selfie, i filtri e i social. La vera rivoluzione è mostrarsi per quello che si è con le proprie fragilità e imperfezioni, anche dal punto di vista psicologico. Nelle opere della Izzo il viso è parzialmente nascosto per sottolineare l’idea dell’imperfezione che rende unici e fa sì che le personalità emergano scavando nell’io più profondo, andando oltre la superficie.
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In the moment of now non è solo il titolo della prima edizione di Bergamo Jazz Festival che porta la sua firma, ma è anche un suo principio di vita:
“Bisogna vivere nel momento presente, per sentire e capire da dove sei arrivato e progettare dove vuoi andare”
Definito “uno dei più grandi musicisti jazz della storia” dal New York Times, Joe Lovano è nato nel 1952 a Cleveland, Ohio, da una famiglia di origini siciliane; si è avvicinato alla musica e al jazz grazie al padre Tony “Big T” Lovano, barbiere di giorno e musicista di notte, che gi trasmise la sua passione per il sassofono.
Tra i più illustri protagonisti della scena jazzistica internazionale, è considerato uno dei massimi specialisti odierni del sax tenore, ma suona anche altri tipi di sassofoni, oltre a clarinetto, flauto e batteria. Vincitore di un premio Grammy Awards e di numerosi altri prestigiosi riconoscimenti, nella sua carriera ha inciso e collaborato con i migliori jazzisti contemporanei: John Scofield, Herbie Hancock, Elvin Jones, Charlie Haden, Michel Petrucciani, Tom Harrell, McCoy Tyner, Ornette Coleman e molti altri.
Joe Lovano è stato più volte ospite di Bergamo Jazz e da quest’anno è incaricato della Direzione Artistica: nel 1991, in qualità di componente del quartetto di John Scofield; nel 1994 con un proprio quartetto; nel 1995 con il progetto “Broadway Music” di Paul Motian; nel 1998 in trio con Bill Frisell e Paul Motian; nel 2001 quale special guest del trio del pianista giapponese Yosuke Yamashita; nel 2016 con il suo Classic Quartet. Abbiamo avuto la fortuna di chiacchiere con questo grande artista a pochi giorni dall’inizio del festival: dalle sue parole emerge una profonda passione per il jazz, mentre la luce nel suo sguardo trasmette un autentico entusiasmo per la sua attività, rivelando un musicista costantemente alla ricerca di nuovi stimoli per arricchire ed ampliare lo spettro della propria arte.
Si tratta della Prima edizione di Bergamo Jazz Festival che porta la sua firma: cosa ha voluto trasmettere?
“Il Jazz è una forza vitale e in ogni momento della storia della musica ci sono nuove generazioni che si ispirano e si influenzano a vicenda.
Nel programma ho voluto veramente focalizzarmi su alcuni musicisti che oggi sono tra i più espressivi, sia come individui che in quanto artisti nel mondo del jazz e della musica; artisti che vivono il momento (In the Moment of Now) per proiettarsi verso il futuro, ognuno a modo proprio. Il jazz trae ispirazione da altri generi, dalle influenze internazionali, dagli scambi culturali e io vorrei cercare di trasmettere questo feeling”.
Avendo già suonato a Bergamo diverse volte, esisteva già un contatto con la nostra Città, ma per quali ragioni ha accettato la direzione del Bergamo Jazz Festival?
“Ricevere la proposta di dirigere questo festival è stato un onore e ne sono stato molto felice. Inoltre, è un privilegio lavorare con questo incredibile team, che ha una profonda passione per la musica; è raro collaborare con persone così capaci e motivate. Naturalmente ho la fortuna di avere altre occasioni per dare il mio contributo nella direzione e programmazione di festival ed eventi, come alla Knitting Factory di New York o al Village Vanguard, dove ultimamente ho presentato alcune band sotto la mia guida. Ogni volta che suoni o contribuisci a diffondere la benedizione della musica, è un momento di grande gioia. Avere la possibilità di farlo a Bergamo, per diverse sere consecutive, è meraviglioso”.
Uno dei primi appuntamenti del festival, il 20 marzo, è la proiezione del lungometraggio Lovano Supreme, che Franco Maresco ha girato su di lei in Sicilia. Sente un legame speciale con l’Italia?
“Tutto è successo un po’ per caso. Il film è stato presentato fuori concorso durante l’edizione 2023 del Festival del Cinema di Locarno; il 20 marzo sarà la seconda volta che viene trasmesso in Italia, grazie alla collaborazione con Lab80.
Le riprese sono cominciate nel 2017, quando mi recai a Palermo per un concerto in occasione del 50° anniversario dalla morte di John Coltrane. Fu straordinario suonare in quella circostanza alcune delle composizioni più memorabili di Coltrane, con il Salvatore Bonafede Trio.
Da quel concerto il lungometraggio successivamente si è trasformato in un racconto della storia della mia famiglia, delle mie radici, della storia del jazz, dell’America, del contributo dei musicisti italiani alla musica jazz, fin dai primi tempi, a New Orleans, Chicago, New York. Io sono originario di Cleveland, dove mio padre era un sassofonista di spicco della scena jazz e per questo la mia giovinezza è stata ricca di musica straordinaria. Ho avuto la fortuna di crescere con la musica e con persone che hanno fatto la storia della musica. Basti pensare che mio padre ha avuto la fortuna di ascoltare dal vivo Charlie Parker, Lester Young, John Coltrane, Miles Davis…
Abdullah Ibrahim
È cresciuto in una casa traboccante di musica, con suo padre sassofonista: il suo percorso nella musica era un destino naturale…
Nel corso degli anni sono diversi i musicisti di origine italiana che hanno lasciato una traccia importante, tra questi il grande sassofonista Sal Nistico della band di Woody Herman negli anni Sessanta. Io mi unii alla band di Herman dieci anni dopo, raccogliendo un’eredità molto forte. Avevo 23 anni e sentii un’enorme responsabilità nel prendere il suo posto.
Negli States, c’è un vero e filone di jazzisti - e sassofonisti! - italo-americani e io sono sempre stato molto orgoglioso di far parte di questa tradizione”.
Che ricordi ha dei nonni siciliani?
“Tutti i miei quattro nonni erano di origine siciliana, venivano da due paesini della provincia di Messina, Alcara Li Fusi e Cesarò. Purtroppo, non ho mai conosciuto i miei nonni, ma ho bellissimi ricordi delle mie nonne: momenti di musica, bei sentimenti riguardo l’Italia e l’essere italiani, un ambiente casalingo ricco di cibo buono, amore e passione”.
C’è un altro collegamento in comune con il nostro territorio: è stato insegnante di Francesca Remigi, musicista originaria di Albino...
“Sì, Francesca è una straordinaria musicista, compositrice e batterista con una visione molto chiara della musica e di chi è lei. È stato un piacere lavorare con lei al Global Jazz Institute di Boston, insieme a Danilo Perez e John Patitucci, che tra l’altro fanno parte del programma del festival quest’anno, con Adam Cruz. Al Berklee College of Music di Boston, dove insegno, ho spesso il piacere e l’occasione di incontraregiovani e talentuosi musicisti.”
Che consiglio darebbe ai giovani musicisti in cerca della loro strada?
“Fondamentale è avere davvero passione e amore per il proprio lavoro. Quello che fai trae ispirazione da ciò che altri hanno fatto prima di te; in ogni momento ti confronti con la musica di altri artisti, con chi è venuto prima, con i più giovani, con le persone della tua età…
IN QUESTE PAGINE ED IN QUELLE PRECEDENTI ALCUNI DEI PARTECIPANTI ALL’EDIZIONE 2024 DI BERGAMO JAZZ
Il mondo del jazz è multigenerazionale e ascoltare gli altri ti mantiene sempre giovane. Avere la possibilità di studiare le composizioni dei grandi maestri, inoltre, aiuta a capire come sei e quanto puoi imparare dal passato, per riuscire a essere veramente te stesso nel momento presente – In the Moment of Now. Bisogna vivere nel momento presente, per capire da dove vieni e dove vuoi andare”.
La contaminazione è vitale per mantenere viva la musica e la creatività…
“Certo. Io continuo sempre a sviluppare idee, suono con nuovi ensemble e scrivo musica che si ispira ai luoghi che ho visitato. Viaggiare è importante per capire chi sei, dove sei stato e questo ti permette di suonare sempre con un approccio nuovo e con occhi diversi.”
Lei ha avuto una carriera straordinaria, incluso il conferimento di un Grammy. Un momento speciale del suo percorso che vuole condividere con noi?
Vorrei condividere quello che ho provato il weekend dell’8 e 9 marzo scorso a New York, quando ho suonato come solista con gli amici della Jazz at Lincoln Center Orchestra e con Wynton Marsalis, in occasione di un concerto dedicato a Wayne Shorter.
Tutti i brani erano masterpieces di Wayne Shorter arrangiati dai bravissimi strumentisti della band: ho provato una grande emozione, è stato davvero speciale suonare da solista, interpretare la musica di Wayne, essere presentato in quel modo da Wynton Marsalis…
Il giorno successivo, sabato 9 marzo, Ornette Coleman avrebbe compiuto 94 anni e prima del concerto ho ascoltato a lungo i suoi brani e un pezzo di Wayne, Storm. Durante il concerto, la sera, ho suonato lasciandomi trasportare dal flow, ispirato da entrambi questi grandi musicisti: i sentimenti e l’emozione che ho provato sono stati persino maggiori della sera precedente. Ogni vibrazione sonora era pervasa da qualcosa di spirituale.
Ora sono veramente felice ed entusiasta di venire a Bergamo per il Jazz Festival e non vedo l’ora di sentire gli artisti in programma. Nella pagina accanto la Violoncellista Ana Carla Maza (C)CristobalAlvarez
In questa pagina dall’alto Joe Lovano, al centro batterista Don Moye (foto Gianfranco Grilli) e qui a sinisrta John Scofield (ECM Records)
Tassoni è un marchio storico tra i più amati e longevi d’Italia scelto dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy per la mostra “Identitalia, The Iconic Italian Brands” dedicata ad alcuni tra i più importanti marchi, che hanno fatto e continuano a fare la storia del Paese.
La mostra nata per celebrare i 140 anni dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, curata dai professori Carlo Martino e Francesco Zurlo, docenti di Design all’Università La Sapienza di Roma e al Politecnico di Milano, è stata inaugurata 1l 13 febbraio a Palazzo Piacentini, sede del Ministero delle Imprese e del Made in Italy alla presenza del ministro Adolfo Urso. L’iniziativa coinvolge oltre 100 aziende simbolo del Made in Italy che fanno parte del vivere quotidiano in settori che vanno dall'abbigliamento alla cura della persona, passando per arredamento, automotive e agroalimentare. Attraverso disegni originali, pezzi rappresentativi, fotografie e documenti storici, i visitatori vengono accompagnati nelle diverse fasi della giornata: risveglio, mattinata, pomeriggio, sera e notte.
La storia di Tassoni, e in particolare della sua famosa Cedrata, infatti ha accompagnato non solo il processo di sviluppo industriale italiano, ma anche quello del costume e della comunicazione. A partire dagli anni ‘20 Tassoni ha intuito la necessità di far conoscere la marca partendo da manifesti futuristi per arrivare al Carosello. Lo spot televisivo di Cedrata Tassoni degli anni’70, con protagonista Mina e il suo jingle “Quante cose al mondo puoi fare, costruire, inventare, ma trova un minuto per me. Per voi e per gli amici,Tassoni”, ha rappresentato uno degli esempi di massima longevità della pubblicità italiana fino al 2023 con il lancio di un nuovo spot che rappresenta la nuova era Tassoni all’insegna del lusso di osare.
Tassoni è una storica azienda italiana nata a metà Settecento e divenuta farmacia nel 1793 a Salò sul Lago di Garda, dove ancora oggi si trovano la sede e la produzione. Dal 2021 è entrata a far parte del Gruppo Lunelli. Nel corso dei suoi 230 anni di storia Tassoni è diventato un marchio noto ed evocativo, entrato a far parte dell’immaginario collettivo e del patrimonio culturale italiano. Artigianalità, filiera corta e Made in Italy sono i punti di forza su cui si basa il successo dell’azienda, riconosciuta come una delle poche realtà del settore che produce da sempre al suo interno gli aromi, esclusivamente naturali. Fiore all’occhiello è la Cedrata Tassoni, luxury soft drink italiano per eccellenza, prodotta con aromi naturali estratti da cedri Diamante di Calabria. La nuova collezione, realizzata con il prezioso contributo del Mastro Erborista Tassoni, approda alla mixology e propone: Tonica al Cedro, Tonica Superfine, Soda La Classica, Ginger Beer, Ginger Ale, Chinotto Bio, Sambuco Bio e un Distilled Dry Gin d’autore con essenza di Cedro Diamante.
A cura di
Daniela Degl’Innocenti ed Enrica Morini
Fondazione Museo del Tessuto
Via Puccetti 3, Prato museodeltessuto.it
Con la grande mostra Walter Albini. Il talento, lo stilista, a cura di Daniela Degl’Innocenti ed Enrica Morini, la Fondazione Museo del Tessuto di Prato dal 23 marzo al 22 settembre 2024 rende omaggio al genio dello stilista e pioniere assoluto del Made in Italy Walter Albini (1941-1983), a poco più di quarant’anni dalla sua prematura scomparsa.
Walter Albini. Il talento, lo stilista vuole offrire una rilettura di tutto il percorso professionale di un protagonista della moda italiana tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, nata da un lungo lavoro di ricerca condotto dalle curatrici allo scopo di delineare un ritratto dello stilista, per molti quasi sconosciuto. Per la prima volta la mostra affianca a materiali grafici – disegni, bozzetti, schizzi, fotografie, riviste di moda e documenti d’archivio – moltissimi abiti, accessori e tessuti spesso inediti e mai esposti, permettendo così di ricostruire l’intera storia creativa di Albini, dalle prime esperienze come illustratore e disegnatore di moda alle ultime collezioni degli anni Ottanta.
Punto di partenza per la realizzazione del progetto è stata la Collezione Walter Albini del Museo del Tessuto, acquisita grazie a una cospicua donazione di Paolo Rinaldi, collaboratore di Albini, pervenuta tra il 2014 e il 2016: un patrimonio che comprende oltre 1.700 oggetti tra bijou, bozzetti, disegni, fotografie, documenti, libri, abiti e tessuti appartenuti allo stilista, che documentano gli interessi, la creatività e la grande capacità progettuale dello stilista.
Tra i celebri fotografi che hanno dato accesso ai loro archivi per la mostra e il catalogo si ricordano Maria Vittoria Backhaus, Archivio Alfa Castaldi, Archivio Ballo&Ballo, Fiorenzo Niccoli, Franco Bottino - Archivio Storico Fondazione Fiera Milano, Fondazione Gian Paolo Barbieri, Aldo Liverani.
UNA GRANDE MOSTRA CHE ATTRAVERSO PIÙ DI 300 OGGETTI, MOLTI DEI QUALI INEDITI, TRA DISEGNI, FOTOGRAFIE, BIJOU, TESSUTI E ABITI, RACCONTA OLTRE UN VENTENNIO DI PRODUZIONE DI UN PIONIERE ASSOLUTO DEL MADE IN ITALY, STILISTA, PADRE NOBILE DEL PRÊT-À-PORTER E DEL TOTAL LOOK
Alejandro González Rodríguez
Fino al 28 aprile 2024
Orari di apertura
Da giovedì a domenica, dalle 18:00 alle 21:00
Chiusura il 30, 31 marzo e il 25 aprile
Ingresso libero
L’associazione CARME è lieta di presentare SELF ME, mostra personale di Alejandro González Rodríguez, un lavoro sulla ricerca dell’identità nell’epoca dei social media, in programma dal 14 marzo al 28 aprile presso la sede dell’Associazione, l’ex chiesa SS. Filippo e Giacomo, in via battaglie 61/1- Brescia.
Attraverso una galleria di ritratti dipinti e installazioni site-specific, l’artista spagnolo invita il pubblico a guardarsi letteralmente allo specchio e a riflettere sulle proprie dinamiche di comportamento sociale, evidenziando l’ossessione con cui si cerca di perpetuare la propria esistenza nella rappresentazione idealizzata di sé sui social media.
Con uno sguardo ironico, provocatorio e decisamente drammatico, Rodríguez ricerca una propria grottesca bellezza attraverso la pittura, dipingendo soggetti alterati, dai tratti distorti, per metterci in guardia sulle conseguenze dell’eccessiva autocontemplazione o autocommiserazione.
L’artista mette a confronto la ricerca dell’immortalità attraverso le gesta eroiche e le conquiste dell’antichità, con gli insignificanti gesti autoreferenziali e le esibizioni pubbliche digitali della nostra epoca.
L’auto-rappresentazione, lo sfrenato egocentrismo, il vacuo racconto di sé diventano un antidoto alla solitudine, alla mancanza di prospettive, e il timore del rapido passare del tempo amplifica il tentativo silenziosamente disperato di non cadere nell’oblio dei viventi.
Nato a Tarragona, Spagna, nel 1974, Alejandro Rodríguez González è un rinomato artista visivo che ha fatto di Berlino la sua base creativa e ispiratrice dal 2005.
Quale sarà l’impatto dell’intelligenza artificiale nella progettazione architettonica? Quali i benefici? E come si stanno muovendo gli studi? L’American Institute of Architects (Aia), ossia la più grande community mondiale di architetti e professionisti del design (con oltre 98mila membri) ha di recente effettuato un sondaggio da cui è emerso che se da un lato ad oggi solo il 5% dei professionisti utilizza l’AI – si sale al 10% nel caso dei grandi studi con fatturati annui oltre 5 milioni di dollari – dall’altro il 40% si dice interessato a esplorare il potenziale e il 90% stima un aumento dell’uso dell’intelligenza artificiale da qui ai prossimi tre anni, di cui il 27% in modo significativo. Entrando più nel dettaglio il 38% indica al primo posto applicazioni e soluzioni per attività di progettazione e design, il 35% per il marketing e il business development, il 34% per la compliance e il 28% per la selezione di materiali da costruzione e altri prodotti.
Il dibattito si sta concentrando in particolare sulla questione ambientale, ossia su quanto l’AI possa accelerare, nell’ambito della progettazione, gli obiettivi in termini di abbattimento delle emissioni. Il settore delle costruzioni è responsabile di circa un terzo delle emissioni globali di gas serra. L’Unep (l’Agenzia Onu per l’ambiente) e GlobalAbc (la Global Alliance for Buildings and Construction) hanno contribuito a definire gli obiettivi di decarbonizzazione: entro il 2030 il settore dell’edilizia e delle costruzioni dovrà dimezzare le proprie emissioni e il 100% dei nuovi edifici dovrà essere a zero emissioni di carbonio ed entro il 2050 dovranno essere azzerate le emissioni in tutto il ciclo di vita. Le applicazioni software emergenti basate sull’AI vengono già utilizzate per ottimizzare la produzione di cemento e acciaio con l’obiettivo di ridurre i combustibili e abbattere le proporzioni di clinker. E l’AI sta già contribuendo a rivoluzionare le miscele di calcestruzzo e ad accelerare lo studio di nuovi materiali.
Numerosi i progetti e gli studi che si stanno portando avanti per verificare l’impatto concreto dell’AI in urbanistica e architettura. Paolo Santi, Principal Research Scientist al Senseable City Lab del Mit di Boston, ha pubblicato di recente un articolo di approfondimento su Nature Computational Science che analizza i risultati di un test effettuato da un team di urbanisti e scienziati dell’informazione dell’Università Tsinghua in Cina. La base di partenza è la cosiddetta “città dei 15 minuti” ossia un modello ideale di città a misura d’uomo in cui gli abitanti abbiano a disposizione tutti i servizi considerati essenziali a una distanza dalle loro abitazioni quantificata in massimo 15 minuti. Il team ha addestrato un’intelligenza artificiale per ottenere un progetto di città ideale inserendo fra i parametri determinanti anche la presenza di parchi, piste ciclabili e luoghi di intrattenimento. E si è ottenuto un modello su cui poi impiantare la progettazione definitiva. Un risultato considerato eccezionale soprattutto in termini di tempistiche: «L’efficienza è stata migliorata del 12% e del 5% rispetto a un flusso di lavoro completamente umano», spiega Santi sottolineando che lo studio dimostra la fattibilità di un flusso di lavoro integrato uomo-AI per la pianificazione della disposizione spaziale.
E, ancora, l’Index Lab del Politecnico di Milano ha appena svelato un algoritmo di intelligenza artificiale, simile a ChatGpt, che promette di rivoluzionare il mondo del design e dell’architettura, portando anche alla realizzazione di materiali con l’ausilio della robotica. «Basandosi su database composti da milioni di elementi, l’algoritmo è capace di creare cosiddetti pattern che i progettisti possono usare per effettuare lavorazioni, anche in piccola scala» spiega Pierpaolo Ruttico, founder e managing director di IndexLab. Il progetto interamente made in Italy conta sulla collaborazione di Fanuc, azienda che opera nel campo della robotica. Il prossimo step è far “comunicare” l’AI con un robot che realizza manufatti per velocizzare la realizzazione dei progetti.
Negli studi di architettura e progettazione si stanno facendo strada una serie di strumenti basati sull’AI: Autodesk ha lanciato tutta una serie di piattaforme e strumenti e fra le soluzioni più in voga ci sono anche Archistar, Midjourney. E l’intelligenza artificiale sta impattando anche sulle piattaforme Bim, ossia quelle per la modellazione delle informazioni sugli edifici, ottimizzando l’allocazione delle risorse, identificando potenziali conflitti, garantendo la conformità alle normative, snellendo il processo di costruzione e riducendo al minimo gli errori.
NATURALISTICO
RIVOLTO AGLI STUDENTI DEGLI ISTITUTI SUPERIORI DI II GRADO
CLASSI II, III, IV, V
QUARTA EDIZIONE
29 LUGLIO01 AGOSTO
RIFUGIO MADONNA DELLE NEVI -
MEZZOLDO (BG)
ELEMENTI DI ECOLOGIA
AMBIENTE ALPINO
TECNICHE DI MONITORAGGIO DI FAUNA E FLORA
PAESAGGI MONTANI
CONSERVAZIONE ALPI
OROBIE
TERRITORIO
ESPERIENZE DI GRUPPO ➳•�
INFORMAZIONI campo.nat@legambientebergamo.it
Lo studio con sede tra Treviso e Londra chiude il percorso dedicato alle scuole, che diventano spazi aperti. I progetti pilota in Veneto, Piemonte e Friuli. I rendering in 3D di Cervignano: i dettagli del progetto finanziato con 7,5 milioni dal Miur. Maria Alessandra Segantini: “Sperimentati layout scolastici circolari e un kit di montaggio che permette di smantellare l’edificio a fine vita riciclando i materiali costruttivi”.
Prototipi di scuole circolari che costruiscono comunità, la visione di C+S Architects diventa realtà: approvato il progetto dell'Istituto Tecnico Malignani. Firmato da Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini di C+S Architects, studio con sede tra Treviso e Londra e recentemente premiato come miglior studio di architettura italiano, il progetto per il nuovo Istituto Tecnico Malignani di Cervignano del Friuli è uno dei tre prototipi di scuole circolari che lo studio ha recentemente sviluppato nell'ambito del proprio programma di ricerca sulla progettazione scolastica. Tutti e tre sono edifici NZEB, (Nearly Zero Energy Building, ovvero un edificio ad elevata efficienza energetica), e sono prototipi per tutti i livelli di istruzione: un asilo nido per il Comune di Venaria Reale, in provincia di Torino, una scuola primaria a Conegliano (Treviso) e una scuola secondaria a Cervignano del Friuli (Udine). Questi prototipi sono tutti in costruzione. In Friuli sarà il Ministero dell’Istruzione, che ha finanziato il progetto, a gestire la gara d’appalto. Sono stati sperimentati nuovi layout scolastici circolari, differenti per le tre fasi di crescita dei ragazzi e costruttivamente, un kit di montaggio che permette di costruire l’edificio ‘a secco’ e smantellarlo a fine vita riciclandone i materiali costruttivi.
Il progetto per l’Istituto Tecnico Malignani a Cervignano del Friuli
Il nuovo Istituto Malignani di Cervignano del Friuli, recentemente approvato dal Comune, ospiterà due sezioni dell'ISIS Malignani, per 2.800 mq che saranno completate sul terreno adiacente inclusi tutti gli impianti sportivi. La scuola comprende 10 aule con una capacità totale di 250 studenti.
La dimensione delle aule è più generosa di quanto previsto dalla normativa (54 mq per aula anziché 49 mq) in quanto l'esperienza di C+S nella progettazione di edifici scolastici considera questa scelta un valore aggiunto alle potenzialità didattiche e alla possibilità di conformare lo spazio dell'aula posizionando i banchi in modo variabile a seconda della tipologia di lezione. La forma circolare è storicamente un elemento di centralità e coesione sociale in ogni cultura.
Uno spazio centrale, aperto e circolare diventa una piazza interna coperta che è il centro del layout. Su questo spazio a doppia altezza, inondato di luce zenitale e coperto da un'elegante struttura in acciaio, si affacciano le aule e quelle funzioni pubbliche, che possono essere aperte alla comunità dopo l'orario scolastico: un auditorium polivalente, una piccola biblioteca, un’aula studio e i laboratori.
Questi ultimi, disposti al piano terra, hanno il potenziale per diventare micro-incubatori chenin grado di connettere gli studenti alle industrie locali, grazie all’organizzazione di laboratori e attività da svolgere durante o dopo l’orario scolastico. Lo spazio della piazza interna al piano terra è stato pensato per gli studenti come luogo di incontro informale, dove trascorrere del tempo studiando, scambiando esperienze o semplicemente rilassandosi.
Mauritius, la perla dell’Oceano Indiano, non smette mai di stupire anche i visitatori più affezionati. Una vacanza sola non basta per scoprire tutti i tesori che custodisce: le spiagge da sogno, l’entroterra lussureggiante, le deliziose pietanze da accompagnare a soft drink, birra o rum, i siti patrimonio UNESCO, le eccellenti strutture ricettive con servizi di qualità e le molteplici tradizioni, che testimoniano una storia tanto ricca quanto varia, ancora tangibile nella stessa essenza dell’isola e nelle persone che la abitano. L’incontro “diacronico” tra Africa, Asia ed Europa (attraverso flussi migratori e domini coloniali) ha contribuito significativamente a dare forma a Mauritius in termini sia culturali che paesaggistici. Tanto che, al fascino dell’isola tropicale si aggiungono elementi, che a prima vista, parrebbero estranei al contesto: chi si aspetterebbe, infatti, di trovare dei castelli a Mauritius? Naturalmente, non si parla di torri merlate e passaggi segreti ma del senso più ampio della parola francese Château, che si riferisce non solo alle dimore di re e regine, ma anche lussuose proprietà legate alla produzione di vino o altri alcoolici. Più specificamente, a Mauritius, queste dimore erano spesso le abitazioni dei possidenti che gestivano la coltivazione di canna da zucchero, per la produzione di zucchero e rum.
Le Domaine de Labourdonnais
Questa proprietà è nota per l’omonimo castello (Château de Labourdonnais, appunto), costruito tra il 1856 e il 1859 e abitato per oltre 150 anni. L'accesso alla villa è spettacolare, con un ombreggiato viale alberato che conduce all’ingresso dello Chateau. L’edificio è in stile neoclassico, con il piano terra rialzato e un'ampia veranda che lo avvolge. La carta da parati meravigliosamente dettagliata della sala da pranzo è intervallata da grandi mobili in teak e legno nero, su cui campeggiano enormi barattoli usati per marinare il pesce e la carne nella dispensa; entrando nelle varie stanze il profumo delle spezie e quello del legno ammantano gli ambienti e rendono l’atmosfera ancora più inebriante. Al piano superiore, oltre ad ammirare l'elegante camera da letto, è possibile scoprire più a fondo la storia della proprietà. La tenuta è circondata da frutteti e giardini paesaggistici da scoprire passeggiando. Per riprendere le forze, La Table du Château (proprio a fianco dell’edificio principale, serve piatti preparati con frutta e verdura raccolta nella tenuta. In alternativa, la caffetteria La Terrasse offre opzioni per pranzi più leggeri. È possibile, inoltre, acquistare marmellate e rum preparati con i frutti della tenuta.
Le Château de Bel Ombre
Questa iconica dimora coloniale (XIX secolo) oggi riconvertita in hotel e ristorante è costruita nello stesso stile dello storico Treasury Building di Port Louis ed evoca scene di altri tempi. Accedendo alla tenuta ciò che colpisce maggiormente lo sguardo è il maestoso albero di baniano adiacente alla veranda, testimone silenzioso della storia della regione: si racconta che abbia 200 anni. L’interno della dimora rispecchia la regalità preannunciata dal baniano: è infatti caratterizzato da mobili antichi e tavoli con raffinati servizi in porcellana, che trasmettono un senso di accoglienza ed eleganza, in sintonia con la storia dell’edificio e il suo attuale uso. Tutto intorno, il verde rigoglioso dei magnifici giardini alla francese abbraccia questa meravigliosa proprietà.
Mauritius si trova nell’Oceano Indiano, a circa 800 km a est del Madagascar. Quest’isola vulcanica è nota per il calore umano della sua popolazione multiculturale, per le bianche spiagge e per gli hotel di lusso. Grazie al clima tropicale, lungo la costa persino durante le stagioni più fresche (in particolare da maggio a settembre) le temperature scendono raramente al di sotto dei 22°C; Mauritius è dunque la meta perfetta per un viaggio in qualunque periodo dell’anno. L’isola è inoltre la destinazione ideale per gli amanti degli sport acquatici, i golfisti, gli escursionisti, gli amanti della cultura, per chi è in cerca di relax nelle spa, per chi è in luna di miele e per le famiglie. Mauritius, con capitale Port Louis, conta 1.3 milioni di abitanti, compresi quelli dell’isola di Rodrigues. Tre religioni coesistono in armonia: l’induismo, l’islam e il cristianesimo. La lingua amministrativa è l’inglese, ma anche il francese e il creolo sono utilizzate quotidianamente.
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Il brand californiano presenta i modelli elettrici SR MY24 e DSR MY24: per una guida evoluta, adatta ai neopatentati e pronta per l'upgrade alla patente A
Zero Motorcycles, leader innovativo nel settore delle due ruote elettriche, si impegna costantemente a offrire nuove soluzioni avanzate e sostenibili per avvicinarsi sempre di più a chi decide di abbracciare la mobilità del futuro. In questa ottica, l'azienda di santa Cruz è orgogliosa di presentare l'innovativa funzionalità introdotta nei modelli SR MY24 e DSR MY24 - già svelata a livello globale durante l'ultima edizione di EICMA -, progettata per elevare le prestazioni delle moto in parallelo all'esperienza di guida del conducente.
Inizialmente immatricolati per la patente A2, con una potenza a libretto limitata a 35kW, i modelli SR e DSR offrono una soluzione innovativa per i neopatentati. Se dopo due anni di guida, come consentito dalle recenti normative sulle patenti, i conducenti con patente A2 dovessero passare alla patente A "libera" sostenendo una prova pratica, non sarebbero vincolati a continuare a guidare una moto meno potente (rispetto alle caratteristiche consentite dalla patente A) o a pensare di doverla sostituire con un modello più prestante. Grazie a una sofisticata gestione elettronica del motore, le Zero SR MY24 e DSR MY24 possono essere agevolmente potenziate oltre il limite dei 35kW. Ciò consente ai proprietari di effettuare la transizione dalle prestazioni consentite con la patente A2 a quelle permesse con la patente A senza la necessità di cambiare moto: le moto Zero Motorcycles si evolvono insieme all'esperienza di guida dei loro proprietari.
La nuova DSR MY24 di Zero Motorcycles è la proposta dedicata ai neopatentati, sviluppata sulla rinomata piattaforma della DSR/X, la moto di punta nel segmento dual sport di Zero Motorcycles. Questo modello offre caratteristiche di coppia uniche nel mercato, con un valore costante di 170 Nm, garantendo un'esperienza di guida potente ed emozionante, sia su strada che fuoristrada.
Velocità massima di 150 km/h, la DSR MY24 si distingue per le sue prestazioni avanzate e la versatilità. Queste specifiche tecniche rendono la DSR la moto ideale per soddisfare le esigenze di una varietà di motociclisti, dalla guida quotidiana in città alle avventure fuoristrada. La garanzia estesa di 5 anni su batteria e parti della moto sottolinea l'impegno di Zero Motorcycles nella qualità e affidabilità dei propri prodotti, offrendo ai motociclisti una soluzione di mobilità elettrica avanzata e a lungo termine. La DSR MY24 è proposta nel colore Silver a partire da € 19.890
La DSR MY24 è stata progettata per offrire prestazioni all'avanguardia, grazie a un aggiornamento software agevole, effettuabile presso i rivenditori ufficiali Zero Motorcycles, questa moto può essere potenziata per i possessori di patente A, raggiungendo una coppia eccezionale di 195 Nm.
Con un'autonomia nel ciclo urbano di 249 km e una
Upgrade della SR MY24: flessibilità e personalizzazione
Anche la SR MY24, una naked elettrica parte della gamma Street di Zero Motorcycles, è disponibile di serie nella configurazione per chi ha conseguito la patente A2. Tuttavia, offre la possibilità di un upgrade in vista del passaggio alla patente A. Rimane così la moto elettrica più flessibile e personalizzabile sul mercato, con la capacità di effettuare un upgrade sia della batteria, sia della potenza installata.
La SR MY24, con un'autonomia nel ciclo urbano di 253 km, una coppia massima di 140 Nm e una velocità massima di 150 km/h, offre prestazioni eccezionali. Inoltre, la moto è coperta da una garanzia di 5 anni sia per il pacco batteria sia per le parti, conferendo tranquillità e affidabilità ai guidatori. La SR MY24 è proposta nei colori Black Effect e Ruby a partire da € 18.865.
SPRING / SUMMER 2024
Juicy Couture, il brand nato a Los Angeles, irrompe in tutta la sua sfrontatezza con Heartbreak Motel, la nuova campagna Spring Summer 2024 ispirata al viaggio on the road a stelle e strisce. Celebre per aver inaugurato lo stile comfy-cool sfoggiato dalle icone fashion Y2K, il marchio è oggi ritornato alla ribalta più prorompente che mai, complice il nostalgico ritorno degli anni 00 sulle passerelle e non solo.
Viaggiando attraverso il deserto meridionale dell’America e abbracciando le influenze western, la collezione primavera/estate mostra l’atteggiamento sfrontato delle ragazze Juicy on the road. Le celebri grafiche dallo stile U.S.A., ispirate alle insegne dei diners e dei motel, sono state reinventate per aggiornare l’iconico logo Juicy, mentre i tessuti in spugna riecheggiano il caldo e secco clima del deserto. Le palette riflettono le tonalità itineranti dell’arida natura selvaggia di giorno, arrivando fino ai toni accesi e caldi del tramonto, in un succoso e irresistibile cocktail di colori.
Scattata a Los Angeles, questa campagna è quindi un tributo alle radici del regno di Juicy che ripercorre le tappe che hanno consacrato il brand icona del panorama fashion, grazie alle celebrities che sfoggiavano le tute in pubblico. La cultura dei paparazzi promuoveva così Juicy Couture e i tabloid erano una passerella per le collezioni di ogni stagione. A cura di V. Visciglio
Per informazioni: www.juicycouture.co.uk
In una parola cibo fresco e naturale per sentirsi leggeri. Se ancora non ci siete stati lo consigliamo a chi desidera alimentarsi in maniera sana, preferendo ingredienti biologici e naturali ed un’ampia selezione di estratti di frutta.
Tre le regole base di questo locale: freschezza dei prodotti, alimentazione salutare, fantasia nel composizioni proposte. La maggior parte degli alimenti è cucinata al vapore. Polpette di riso, spinaci mandorle e grana, leggerissime sostanziose, ma anche pollo al curry proposto con verdure o quinoa con avocado salmone e fagioli. sono solo alcune delle proposte presenti nel menù. Piatti preparati mantenendo intatte le proprietà nutritive degli ingredienti provenienti da campi coltivati biologicamente. Grande cura anche nella proposta di zuppe e vellutate prive di latte per evitare intolleranze. Cucina a vista per un concetto di onestà nei confronti del cliente che deve vedere come tutto viene preparato.
Il packaging, dalle insalate ai tramezzini fino alle zuppe, è già perfetto per l’asporto e il microonde così è possibile ordinare telefonicamente i prodotti e poi passare a ritirarli. Molto varia la scelta dalle insalate con le mele così come di alcuni piatti: dalla polenta di amaranto e legumi ai pizzoccheri di pasta di grano saraceno cotti a vapore proposti con coste, verze, patate, salvia, Branzi stagionato, grana riserva e olio extravergine d’oliva sino ai freschissimi smoothies.
Una grande differenza la fanno gli estratti di verdura energizzanti o disintossicanti che vengono preparati con cura, non centrifugati, in pochi istanti ma lavorati con un estrattore a freddo che permette di realizzare bevande, gli estratti appunto, dove le materie prime mantengono tutte le loro proprietà.
L'editto di Saint Cloud del 12 giugno 1804, applicato anche in Italia a seguito delle conquiste napoleoniche, vietava la tumulazione dei defunti all'interno delle chiese e prevedeva che le aree cimiteriali fossero edificate al di fuori delle mura cittadine. Tre cimiteri vennero quindi aperti a Bergamo nel 1810: uno nella zona di Santa Lucia,poi via Nullo, un altro in Valverde e il terzo nella piana di San Maurizio. Il primo, dimostratosi inadatto, venne chiuso dopo pochi anni e sostituito dal nuovo camposanto di San Giorgio alla Malpensata. Nel 1892, per motivi anche igienici, la città decise di sopprimere i tre cimiteri ed accorparli in una struttura unica, ampliando il camposanto di San Maurizio (dove oggi persiste il cimitero dei bambini).
Secondo il bando l'ingresso monumentale, doveva servire da famedio e ospitare un atrio/peristilio, le sale di necroscopia e di osservazione, gli uffici del custode e di contabilità, due entrate a porticato, l'alloggio del custode e del capo seppellitore e una cappella per i riti funebri. L'architetto milanese Ernesto Pirovano vinse il bando per la realizzazione del nuovo cimitero - nonostante un preventivo ben superiore alle 150.000 lire previste. L'esproprio dei terreni impegnò l'amministrazione fino al 1900, quando prese avvio il cantiere. I lavori si dimostrarono difficoltosi e furono sospesi nel 1905 per riprendere nel 1910, ora affidati all'impresa edile dello stesso Pirovano, per concludersi nel 1913. Le prime sepolture nella nuova struttura iniziarono nel 1904. Negli stessi anni viene realizzato il primo tempio crematorio della città, che ha cessato la sua funzione con l'inaugurazione del nuovo crematorio, sorto nell'area est del cimitero. Nel secondo dopoguerra venne modificata la struttura della cappella e costruito l'avancorpo ad est, su progetto dell'Ufficio Tecnico Comunale. Pirovano progetta una struttura in stile eclettico, con un ingresso monumentale sovrastato dal Famedio, dove sono raccolte le spoglie dei bergamaschi più illustri, tra cui il letterato Ciro Caversazzi, il politico Angelo Mazzi, i compositori Antonio Cagnoni e Alessandro Nini, e il maestro Gianandrea Gavazzeni. Oltre a loro, riposano al cimitero monumentale di Bergamo il sociologo e politico cattolico Nicolò Rezzara (1848-1915), l'aviatore Antonio Locatelli (1895-1936), il premio Nobel per la chimica Giulio Natta, lo stilista Nicola Trussardi, Giulia Gabrieli (1997-2011), il calciatore Piermario Morosini (1986-2012), l'artista Trento Longaretti (1916-2017).
Abbiamo chiesto a Roberto Catellani, Lighiting designer di fama internazionale e titolare di Puntoluce, di pensare all’illuminazione del Monumento e queste sono le immagini che gentilmente ci ha mandato. Una luce calda non tanto per spettacolarizzare ma esclusivamante per esaltarne la particolarissima struttura architettonica: una vera opera d’arte.
1. Il mondo globalizzato verso il caos
Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.
(Winston Churchill)
Benito Melchionna
Procuratore emerito della Repubblica
SDa più parti si parla apertamente di “caoslandia” per indicare che la nostra beneamata Terra si trova ormai in bilico nel bel mezzo del disordine planetario. Non a caso infatti, nel febbraio 2024, il segretario generale dell’ONU Antonio Guterres ha dichiarato ufficialmente che “il nostro mondo sta entrando in un’era di caos”. Lanciando così l’allarme di fronte ai grandi sconvolgimenti e ai terribili conflitti che da diverso tempo divampano tra opposte nazioni di “confine”, causando morti e distruzioni; tutto ciò al “soldo” della finanza di guerra, che produce ed esporta armamenti per miliardi e miliardi di dollari. Si tratta di situazione “disarmante”, che dimostra anzitutto il fallimento del nuovo ordine mondiale “bipolare” est-ovest, illusoriamente preconizzato nel secondo dopoguerra; previsione però finora attuata solo in parte dalle democrazie (?) occidentali sotto l’egemonia - oggi in crisi - della superpotenza USA.
Corriamo intanto il forte rischio che le tante guerre “a pezzettini”, oggi in atto, possano presto dar luogo alla terza (…ultima!) guerra mondiale “atomica”, minaccia peraltro già circolante sui social.
In ogni caso, senza farsi troppe illusioni, chi studia il travagliato percorso storico delle diverse civiltà umane prende atto che qualsiasi processo di sviluppo e/o di progresso è sempre alimentato da feroci lotte tra i singoli e tra i gruppi contrapposti di “prossimità”; tutti spinti dalla avidità verso la conquista violenta dei beni e delle risorse materiali funzionali all’esercizio del potere sugli altri.
Tale ingovernabile disordine, ora reso più evidente dalle ampie potenzialità offerte dalla tecnocrazia (armi comprese), è dunque considerato diretta conseguenza dell’antica concezione “antropocentrica”. La quale pone appunto l’uomo - con il suo egoismo - al centro di tutto, legittimandolo quindi ad appropriarsi di qualsiasi risorsa disponibile, ad uso e consumo esclusivo della propria casa (eco-nomia).
Trascurando invece di considerare che, come giustamente suggerisce e ora addirittura esige la visione “biocentrica”, il primato deve essere attribuito ai diversi beni della casa comune (eco-logia).
È di tutta evidenza infatti che le limitate e ormai residue risorse della biosfera (acqua, aria, suolo) sono indispensabili a tenere ancora in piedi le svariate forme di vita, che sempre più premono sul pianeta. Il quale risulta attualmente “rimpicciolito” per effetto della globalizzazione, che ha virtualmente interconnesso i continenti, isolando nel contempo i popoli tra loro.
Intanto la dittatura del consumismo, imposto da mode smodate e diffuso dai mass media e dai messaggi ingannevoli della comunicazione pubblicitaria e della propaganda politica manipolata, continua a creare il caos e a fare scempio di quel che resta tra le lusinghe del materialismo usa-e-getta.
Da ciò consegue l’“eco-cidio” che sta portando a morire il complesso equilibrio naturale, come ad es. dimostra il progressivo surriscaldamento del clima; fenomeno quest’ultimo che causa tra l’altro forzate destabilizzanti migrazioni di masse verso geografie ancora “vivibili”.
2. La comunicazione come “rete sociale”
Le scienze applicate hanno da tempo sperimentato che gli esseri umani sono il risultato di una identità complessa, costruita nel corso dei secoli in base all’adattamento biologico e ambientale, che ha reso ogni individuo - pur nella stessa catena di natura - differenziato dagli altri. Tale caratteristica si mostra come una complicatissima “rete” che collega e intreccia tra loro: a)- la materia organica corporea individuale; b)- la psiche o anima, ossia l’energia che sollecita e movimenta la vita interiore attraverso la sfera cerebrale, i sentimenti, le emozioni, ecc.; c)lo spirito, inteso come principio immateriale attivo, spesso considerato immortale o di origine divina e che si manifesta come vita e coscienza. Tale intricato fenomeno bioenergetico è certamente compreso da chi esplora scientificamente il “come” della nascita e dello sviluppo dell’universo di cui siamo parte. Mentre - come affermava l’astrofisica Margherita Hack (1922-2013) - nessuno è in grado di spiegare il “perché”, cioè il senso e il destino degli spazi siderali e del movimento cosmico che procedono ancora dal caos primordiale; salvo poi a immaginare il provvidenziale intervento di un Dio creatore e ordinatore.
Comunque, oltre a doversi misurare con se stesso nell’intricato ginepraio delle “reti” sopra citate, ogni uomo - in quanto animale sociale - deve altresì fare i conti con la realtà del resto del mondo, ossia con i diversi mutevoli contesti ambientali che lo circondano e lo condizionano, nonché con i propri simili e con gli altri esseri viventi, con i quali viene inevitabilmente a contatto.
Per passare dunque dall’io al noi e per superare i limiti e le fragilità dell’ego, appare di fondamentale importanza riuscire a realizzare ed armonizzare le diversità genetiche e socio-culturali presenti sulla terra. Tale obiettivo può tuttavia realizzarsi solo attivando appropriate “reti sociali”, in grado di integrare le “comunità” di persone e i relativi “corpi sociali intermedi” (associazioni, istituzioni, ecc.), che si formano e si avvicendano nel passaggio delle diverse civiltà.
A loro volta, i suddetti “collegamenti” - in base alle informazioni somministrate (buone o cattive) - alimentano le “relazioni umane”. Le quali trovano la loro fonte primaria appunto nell’intreccio della “comunicazione-informazione-formazione”, che nel loro insieme “rappresentano” e rafforzano le identità collettive condivise. Queste ultime si esprimono poi in forme differenziate, tutte finalizzate a creare un tessuto sociale coeso e solidaristico.
Non a caso, infatti, la convivenza sostenibile e pacifica che anima la nostra Costituzione, è fondata sul principio di pari dignità di tutti i cittadini (art. 3). Dignità che si esercita in primis con la libera manifestazione del pensiero (art.21), che consente di partecipare - all’insegna dell’uguaglianza davanti alla legge - ad assolvere in concreto ai doveri inderogabili di “reciprocità” e di “solidarietà politica, economica e sociale” (art.2). Nasce da qui l’esigenza istintiva del linguaggio, sostanzialmente attivato attraverso l’uso della lingua. La parola (verbo in latino e lógos in greco) è infatti concepita come privilegio divino esclusivo dell’uomo, come ci ricordano i Vangeli: “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” (Giovanni, Prologo, 1-3).
Appunto per questo la comunicazione è anzitutto affidata al linguaggio che, come annota Alessandro Manzoni , “è stato lavorato dagli uomini per intendersi tra loro, non per ingannarsi a vicenda “.
Il linguaggio si esprime peraltro secondo modalità differenziate, a cominciare da quella che caratterizza il movimento istintivo del corpo.
Il quale si atteggia e si manifesta in particolare con la mimica facciale e il movimento delle mani, che indicano all’esterno consenso, dissenso o intenti menzogneri rispetto al pensiero o allo stato d’animo del soggetto interessato. Senza infine trascurare il linguaggio dei simboli (dal greco, contrassegno in sintesi), i quali rappresentano - tutti con efficace suggestione seduttiva - attraverso la grafica e le più svariate forme (bandiere e simili), entità e valori astratti, religiosi, politici, ecc.
3. La comunicazione - informazione “deviata”
La transizione verso l’era digitale ha trasformato il modo del nostro stare al mondo, proiettandoci nel regno del virtuale, dove ci ritroviamo connessi e nel contempo isolati. Di conseguenza, sono profondamente cambiate le relazioni sociali, sostituite dalle presunte “amicizie” liquide e fredde via social, che di fatto ci lasciano in braccio a “passioni tristi” solo di tipo utilitaristico, confondendo così gli strumenti tecnologici con i valori e gli scopi ideali dell’esistenza. Qualcuno rimpiange perciò le solide reti sociali - ora relegate in soffitta - che i nostri antenati sapevano intrecciare e consumare nella prossimità attraverso “passioni calde” (nel bene e nel male).
Le citate epocali rapide trasformazioni influenzano direttamente - tramite le nuove potenzialità - i progetti e le caratteristiche etiche e pratiche che informano e formano le persone e la stessa società. Perciò, con l’avvento e la diffusione della telematica, e ora ancor più dell’intelligenza artificiale (IA), i mezzi o strumenti di comunicazione (stampa, tv, radio, videoclip, ecc.) vengono in generale etichettati come telecrazia. Appunto per indicare il potere rappresentato da tali strumenti con la loro capacità di manovrare, condizionare e manipolare - anche con l’apporto di prezzolati influencer - le opinioni dei “teledipendenti”, con particolare riferimento al mezzo televisivo.
Siffatto potere, concentrato nelle mani di pochi avidi faccendieri, usa ricorrere alla informazione deviata o depistata (fake news, deepfake, video fasulli, ecc.) per mantenere diffusa l’ignoranza idonea a sopprimere la capacità critica dei cittadini (elettori e/o consumatori), trasformandoli in sudditi.
Pertanto, l’assenza di visioni culturali favorisce le spinte disgregatrici che dividono la geopolitica, sì che in mezzo mondo dominano ormai dittature e finte democrazie dispotiche, all’insegna del populismo-sovranismo. Nel confuso contesto della “povertà virtuale” trovano altresì facile diffusione la criminalità ordinaria e in particolare quella organizzata di stampo mafioso (eco-mafie, ecc.), assai poco contrastata dall’assenza di una auspicata “antimafia sociale” e di educazione alla legalità, trascurata sia in famiglia che a scuola. Ora, con l’irruzione di IA, il già complicato mondo del post-umano si interroga - tra entusiasmi e timori - sui confini che separano le strutture artificiali (robot e simili) dall’uomo secondo natura (intelligenza creativa, libero arbitrio, ecc.).
Intanto, qualche perplessità suscita già l’utilizzo del metaverso; con particolare riguardo al microchip impiantato nel cervello umano, in grado di “misurare” il pensiero attraverso la mappatura delle onde cerebrali e delle frequenze elettromagnetiche, così da governare e trasferire all’esterno l’energia e le passioni più segrete.
Per questo i signori di ChatGpt si impegnano a etichettare, con marcatori ben visibili, i contenuti creati con gli strumenti di IA, al fine di stabilire il netto confine rispetto ai “contenuti” umani.
Per questo l’UE, per prima al mondo, con l’AI Act - Regolamento approvato il 13 marzo 2024 - ha disciplinato con apposita monumentale normativa, lo sviluppo, l’immissione sul mercato e l’uso corretto dei sistemi di IA, al fine di contrastare la disinformazione e di garantire il delicato equilibrio tra spinta all’innovazione e tutela dei diritti umani, della democrazia e della sostenibilità ambientale.
Aut. Tribunale di Bergamo n°3 del 22/01/1992
Aut. Tribunale di Brescia n°18 del 22/04/2004
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Fotografie di: Maurizio Belometti
Federico Buscarino
Sergio Nessi
Matteo Marioli
Paolo Stroppa
Daniele Trapletti
Hanno collaborato:
Anna Donatini
Tiziana Genise
Maurizio Maggioni
Benito Melchionna
Chiara Moretti
Giorgio Paglia
Haim Reitan
NELLE PROSSIME PAGINE ABBIAMO SINTETIZZATO LE PRINCIPALI REALIZZAZIONI
DELL’AMMINISTRAZIONE DI GIORGIO GORI E DELLA SUA GIUNTA.
PROBABILMENTE CI SIAMO DIMENTICATI MOLTE COSE
MA QUESTA È LA NOSTRA CLASSIFICA DELLE PIÙ MERITEVOLI DI ESSERE RICORDATE
1 - L’ABBRACCIO DELLE MURA
3 luglio 2016
Circa 11.500 persone si sono ritrovate lungo le Mura di Bergamo, stabilendo due nuovi World Guinness Record, per spingere la candidatura delle Mura veneziane a patrimonio dell’UNESCO.
2 - LE MURA DI BERGAMO PATRIMONIOUNESCO
9 luglio 2017
L’assemblea UNESCO di Cracovia ufficializza l’ingresso delle Mura di Bergamo e delle opere di difesa veneziane nella lista del patrimonio dell’Umanità. L’opera di valorizzazione che ne consegue, consente all’Amministrazione di rimettere a nuovo parti dei muretti, di concedere le casermette di porta Garibaldi all’Associazione Orobicambiente (che si occupa della pulizia delle Mura), di sistemare il baluardo di Valverde, di aprire il passaggio della Cannoniera, di realizzare la mostra Panorama Mura.
4 - BERGAMO CITTÀ CREATIVA UNESCO PER LA GASTRONOMIA
30 ottobre 2019
Un altro riconoscimento per Bergamo: la città diviene Città Creativa UNESCO per la gastronomia, a sottolineare il valore dell’arte casearia sul territorio bergamasco. La città entra quindi in un network mondiale delle Città Creative e costruisce un distretto della gastronomia con le italiane Alba e Parma.
3 - BERGAMO E BRESCIA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 2023
20 gennaio 2023
Per un anno Bergamo e Brescia sono Capitale Italiana della Cultura. La candidatura, presentata congiuntamente dalle due città nel 2020, all’uscita dalla prima ondata pandemica, è stata appoggiata prima dalle ANCI e dalle città italiane, poi dal Parlamento. Le due città realizzano oltre 2000 iniziative, attirando 11,6 milioni di visitatori lungo l’arco dell’anno.
Due anni di lavori per sistemare il rondò dell’A4, l’ingresso a Bergamo dall’autostrada Milano-Venezia.
L’opera, finanziata dal Governo Renzi attraverso il Patto per la Lombardia, ha previsto nuovi svincoli in ogni direzione e il coinvolgimento di Regione e Provincia di Bergamo.
L’assetto precedente era stato determinato dai lavori realizzati per il mondiale di calcio di Italia ’90.
17 febbraio 2023
Light is Life accende la Capitale della Cultura: 340mila presenze si registrano in Città Alta per la Festa delle Luci organizzata con A2A a Bergamo per la Capitale. 12 installazioni artistiche in 9 diversi luoghi del centro storico richiamano visitatori da tutta la Lombardia per una due settimane che accende l’anno della cultura di Bergamo.
29 maggio 2023
Viene aperto il sovrappasso del rondò delle Valli, quello che consente di collegare la Val Seriana direttamente con via delle Valli e la circonvallazione interna della città. Un’opera la cui realizzazione era stata prevista, ma senza mai darne corso, dall’amministrazione Veneziani, nel 2003.
21 aprile 2015
La città lancia VisitBergamo, la nuova veste dell’ente di promozione turistica di Bergamo e provincia. I risultati sono davvero notevoli: un nuovo portale d’informazione e una comunicazione efficace macina record su record, consentendo di accrescere i visitatori a Bergamo del +70% rispetto al 2014. Nel 2023 i visitatori stranieri superano quelli italiani su tutto il territorio provinciale.
9 - PIAZZA MASCHERONI E PIAZZA CITTADELLA LIBERE DALLE AUTO
11 dicembre 2014 e 8 giugno 2023
Due piazze storiche di Città Alta, da decenni utilizzate come aree di sosta delle auto, vengono liberate dal parcheggio e tornano ai cittadini. Piazza Mascheroni diverrà spazio vissuto con dehors e attività commerciali, in piazza Cittadella trovano spazio le installazioni di Light is Life e di Christmas Design. Piazza Cittadella viene completamente ripavimentata.
11 - UN NUOVO STADIO PER L’ATALANTA 2019-2024
Il Comune di Bergamo ha venduto lo stadio di Bergamo all’Atalanta, chiudendo una vicenda, quella dello stadio nuovo di Bergamo, che si protraeva da anni nel dibattito cittadino. Nel 2019 è partito il cantiere del Gewiss Stadium, cantiere che si chiuderà nel settembre/ottobre 2024 con la realizzazione della curva Morosini e la sistemazione degli spazi intorno al Lazzaretto e a piazzale Goisis. La scelta di mantenere lo stadio in città, ha salvato decine di migliaia di metri quadrati di verde del parco agricolo a sud della città.
10 - LA GUARDIA DI FINANZA
AGLI EX OSPEDALI RIUNITI
27 ottobre 2021
Dopo un lungo lavoro di sistemazione, gli ex Ospedali Riuniti divengono la nuova sede dell’Accademia Nazionale della Guardia di Finanza. Un’operazione da quasi 100milioni di euro, che consente di dare una nuova funzione all’ex ospedale, di sistemare Largo Barozzi, parte di via dello Statuto e della piazzetta Santa Lucia, e di realizzare la nuova sede dei servizi sociali e un polo civico dentro gli spazi dell’ex anatomia.
12
UNA NUOVA STAZIONE EUROPEA PER BERGAMO 2024-2026
Il tavolo OCSE dl sistema bergamasco ha individuato come priorità del territorio la trasformazione della vecchia stazione di Bergamo in un hub europeo intermodale. Il PNRR ha dato concretezza all’operazione, finanziando l’opera, che prevede una nuova struttura che si sviluppa sopra il piano della ferrovia e consente di ricucire la parte nord con la parte sud della città. I lavori sono ufficialmente partiti nel mese di febbraio 2024, saranno completati entro il 2026. Bergamo ha una stazione realizzata a metà dell’800, solamente adeguata a inizio 2015.
-Il collegamento tra la stazione di Bergamo e l’Aeroporto di Orio al Serio è un’altra delle priorità indicate dal tavolo per la competitività del territorio bergamasco e che è stata finanziata con una quota di fondi PNRR. Si parla di un collegamento di mobilità sostenibile tra la città e l’aeroporto ormai da molti anni, ma l’infrastruttura ha avuto un’accelerazione durante gli anni dell’Amministrazione. Son stati trovati i fondi per realizzarla, è stata iniziata e completata la progettazione, sono partiti i lavori di costruzione della stazione nei pressi degli arrivi dell’aeroporto. Sarà fondamentale ora che Regione Lombardia individui un modello di servizio adatto alle esigenze della città e dei 16milioni di passeggeri che transitano dal Caravaggio, 3° scalo italiano.
Una nuova linea di tram collegherà la stazione di Bergamo a Villa d’Almè, passando per Ponteranica, Sorisole, Petosino e Almè. La nuova linea T2 punta a collegare il capoluogo con l’hinterland nel nord ovest della città lungo un percorso ricavato sul sedime della antica ferrovia per la Valle Brembana: sgraverà di parte del traffico la strada che si immette in città e garantirà a un bacino di 160mila persone spostamenti green verso (e da) lo stadio e il centro di Bergamo.
Si chiama Cli.C. Bergamo, è il piano di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico messo in campo dal Comune di Bergamo. Lavori ai sistemi idraulici della città per gestire le acque meteoriche, de pavimentazione di spazi prima asfaltati, creazione di zone umide, di aree d’ombra, la prevenzione del dissesto idrogeologico nell’alveo del fiume Morla, sono tante le azioni messe in campo per rileggere la città e ripensarla alla luce delle condizioni climatiche sempre più orientate verso eventi di tipo estremo (bombe d’acqua e bolle di calore, ecc).
2017-2024
La storia è nota. Nel 2004 il Sindaco Veneziani firma i provvedimenti che danno avvio al cantiere per la realizzazione di un parcheggio in via Fara, in Città Alta. Nel 2007 la collina sotto la Rocca cede, per via di una costruzione difforme rispetto al progetto originale; poi più nulla, l’Amministrazione per anni se ne disinteressa del tutto. Nel 2017 si sbloccano i lavori, il parcheggio diventa per visitatori, riparte il cantiere. Nonostante problemi con ben 2 imprese e le proteste di un agguerrito comitato, il cantiere va avanti. Nella primavera 2024 sarà inaugurato e rivoluzionerà il modo di recarsi in Città Alta.
APRILE 2019
La Torre dei Venti è dello Stato, non del Comune. Ma è un simbolo della città, con la sua posizione strategica, in ingresso dall’autostrada A4. Il Sindaco ne ha fatta una questione personale, quella della riaccensione della scritta luminosa BERGAMO che sormonta la torre e quella di realizzare un sistema di illuminazione che valorizzasse l’edificio.
18 - IL RESTAURO DI CASA SUARDI
2022-2024
Era stata messa in vendita ma una raccolta di firme ne ha scongiurato la cessione. Si decide di sistemarla e destinare i suoi spazi all’ampliamento della biblioteca Mai, con nuovi servizi, aule per la lettura e il restauro dei libri. Casa Suardi, ex sede universitaria di piazza Vecchia, torna alla città e alla fruizione pubblica, una delle eredità tangibili del progetto della Capitale della Cultura.
20 - DOPO QUASI UN SECOLO SI RINNOVA IL CENTRO PIACENTINIANO
2017-2023
Vi ricordate l’asfalto rattoppato davanti al teatro Donizetti? E il parcheggio selvaggio di piazza Matteotti? E le “aiuole” lungo il Sentierino? Ecco, così si presentava prima il centro di Bergamo Bassa. Prima del concorso internazionale per individuare un progetto di sistemazione, prima dei cantieri di ben 4 lotti di intervento, prima della liberazione dalle auto di piazza Matteotti, prima della posa della nuova illuminazione monumentale, della pulizia della torre dei Caduti, dei nuovi spazi verdi, ecc.
19 - IL RESTAURO DEL TEATRO DONIZETTI
2017-2020
Da anni il Teatro Donizetti non era a norma. Tanto che il Sindaco doveva firmare una deroga per il suo utilizzo prima di ogni spettacolo. Gori ha prima raccolto 19milioni di euro per poterlo sistemare (da enti pubblici e privati) e poi ha dato il via al cantiere di tre anni che lo ha rimodernato e reso più funzionale, restituendo alla città il suo più importante teatro.
2020-2023
Era chiuso da decenni ormai l’ex Albergo Diurno, uno spazio interrato concepito come bunker antiaereo durante la guerra e divenuto poi spazio per svago e attività commerciali durante tutti gli anni ’60 e ’70. Il Comune ha lavorato perché il demanio abbassasse il prezzo degli spazi, vincolati dalla Soprintendenza, e perché si trovasse un privato interessato ad acquisirlo e rimetterlo in funzione. Poi è stato il momento del cantiere, prima in superficie, per sistemare piazza Dante (con il taglio degli alberi che ha generato diverse proteste) e poi sotto terra, per rimettere a nuovo questo strategico spazio della città.
PER LA PRIMA VOLTA DALLA SUA ISTITUZIONE 12 LUGLIO 2021
Per la prima volta dal 1977 il Parco dei Colli amplia i propri confini. L’iter è stato lungo: dal dicembre 2018, con l’invio della prima istanza di ampliamento del Parco dei Colli a Regione Lombardia, sono passati oltre 3 anni. L’accorpamento di queste aree rappresenta il primo importante tassello verso la realizzazione di una vera e propria “cintura verde” che abbraccerà a sud la città collegandosi all’ambito collinare e che potrà poi essere inserita nel Parco dei Colli con un successivo e ulteriore ampliamento, per la valorizzazione agricola e ricreativa di quelle aree.
22 - IL NUOVO PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO: BERGAMO PIÙ VERDE 2023-2024
La Giunta ha approvato lunedì 2 ottobre l’adozione del Piano di Governo del Territorio, la serie di documenti che definiranno lo sviluppo di Bergamo da qui ai prossimi dieci anni. La Bergamo di domani sarà più sostenibile, più inclusiva e più attrattiva: su queste tre direttrici principali si è sviluppato il lavoro che ha portato alla stesura del nuovo Piano di Governo del Territorio, composto da ben 130 documenti diversi. La centralità del tema Casa, il taglio di oltre un milione di metri quadrati di edificabilità, l’istituzione del Parco delle Piane Agricole a sud della città, le trasformazioni di Porta Sud e della Reggiani: questi i principali contenuti di una visione di città attrattiva ed europea.
Durante l’Amministrazione Gori sono stati realizzati e inaugurati diversi nuovi parchi in città: dall’Ermanno Olmi in Malpensata al parco Garofalo di Valtesse, dal parco delle fragole a Colognola agli orti urbani e alla piazza verde del quartiere Carnovali. Tanti altri sono stati messi a posto e riqualificati, con funzioni chiare e riconoscibili.
Durante i due mandati di Gori la ciclabilità ha avuto un ruolo centrale nelle politiche di mobilità dolce della città. Sono state realizzate oltre 15km in più di piste ciclabili, sono stati messi a sistema i percorsi esistenti in città, anche attraverso una cartellonistica ad hoc. Sono state realizzate anche 4 passerelle ciclabili sulla circonvallazione cittadina, corsie ciclabili a integrazione della rete ciclabile cittadina, rilanciato il sistema di bike sharing, costruite due velo stazioni, posati i bike box e realizzato un nuovo portale, www.bergamoinbicicletta.it, che raccoglie tutte le iniziative dedicate alle due ruote.
Da settembre del 2014 è attivo nel Comune di Bergamo l’ufficio di progettazione europea, che ha come scopo principale quello di attrarre fondi UE verso la città creando un ulteriore fonte di finanziamento per le opere e gli interventi ad investimento. Nel corso del 2022 e del 2023 i fondi europei stanziati per Bergamo, in maniera diretta o indiretta, valgono circa 2 piani delle opere pubbliche.
Bergamo si è arricchita di due nuovi spazi per la cultura in due quartieri periferici, San Tomaso de’ Calvi e Celadina: GresArt, contenitore per l’arte contemporanea e la cultura realizzato da Italmobiliare, e Daste, realizzato dal Comune di Bergamo nell’ex centrale elettrica di via Daste e Spalenga, rappresentano due nuovi centri pulsanti della cultura in città.
Spostare il mercato in via Spino per realizzare il nuovo parco della Malpensata: un’area verde di 11.687 metri quadrati che ospita un campo da basket e pallavolo, un’area parkour, realizzata in collaborazione con Uisp e l’Associazione ParkourWave, e un bar con un’area ristoro e sale civiche. Demolire il pala ghiaccio, bonificare l’area, realizzare un nuovo palazzetto per gli sport rotellistici. Realizzare un nuovo parco con un’area avventura in via Mozart. Rimettere a nuovo il centro civico di via Furietti. Una nuova rotatoria su via don Bosco, una su via Autostrada. Prevedere parcheggi per residenti in alcune vie interne del quartiere. Collegare il quartiere a Campagnola con una passerella. Questo è il piano di rilancio del quartiere di Malpensata, quartiere per troppo tempo snobbato e trascurato.
Realizzato un nuovo parcheggio alla Malpensata. Dopo decenni di abbandono, è arrivata l’ora che ha fatto dell’area dell’ex gasometro, già bonificata, un mega parcheggio da 298 posti auto destinato in larga parte ai pendolari.
30 - RIAPRIRE L’ACCADEMIA CARRARA, AMPLIARLA E AFFACCIARLA SULLA NUOVA PIAZZA CARRARA
L’Accademia Carrara era chiusa per lavori. Da anni. Viene riaperta nel 2015 con una festa di grande suggestione, coinvolgendo il TTB davanti a quasi 5.000 persone. Gori e i suoi poi lavorano alla piazza, uno spazio nuovo e di qualità che la mette in connessione con la GAMeC. Non finisce qui: si lavora al riallestimento dell’Accademia, in occasione di Bergamo Brescia Capitale della Cultura. E si lavora anche alla sistemazione dei giardini, che saranno pronti per la primavera 2024. E i risultati, in termini di visitatori, si vedono.
L’ex monastero di Astino, diroccato per tanti anni, torna alla città: la Fondazione MIA ha molto lavorato, anche stimolata dal Comune di Bergamo, nel restauro del monastero, un piano ambizioso, che ha coinvolto tutta la vallata. La ciclabile, il parcheggio pubblico, la cascina convento, la Valle della Biodiversità dell’Orto Botanico sono tutte parte del piano di sistemazione di uno spazio che nel 2021 è stato scelto come “Paesaggio d’Europa”.
Dall’intuizione del cavalier Bosatelli nasce la riqualificazione dell’area ex OTE, tra via Bianzana e via Serassi. Qui sorgeranno albergo, 100 appartamenti in locazione, parcheggi, percorsi sportivi e verdi, ma soprattutto una grande arena per lo spettacolo da oltre 6000 posti. Grazie a questa nuova realizzazione, è stato possibile demolire l’ex Palacreberg, ormai superato e assorbito dalla programmazione della nuova Arena, e prevedere la costruzione di un nuovo palasport, alla Cittadella dello Sport.
Sono partiti i lavori per la nuova sede della GAMeC a Bergamo, che troverà posto nel vecchio Palazzetto dello Sport riqualificato dallo studio C + S di Carlo Cappai e Maria Alessandra Segantini in circa due anni di cantiere. Per la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo si prevedono spazi espositivi triplicati e interventi anche nello spazio urbano che circonda l’edificio per migliorarne l’accesso: il tutto per un investimento complessivo di 18 milioni di euro, di cui oltre 6,4 provenienti da un finanziamento PNRR nell’ambito del bando rigenerazione urbana. Intesa Sanpaolo, nell’ambito del proprio Progetto Cultura, contribuisce con 6 milioni di euro in modalità Art Bonus.
Prima Bergamo non aveva un festival legato al suo più importante compositore. La scelta di Francesco Micheli e lo spazio dedicato a Donizetti - anche attraverso la partecipatissima Donizetti Night - ha riportato attenzione e pubblico sul grande compositore bergamasco, in una delle operazioni culturali più significative per la città e dal grande richiamo internazionale.
35 - DEMOLIZIONE DEL RUDERE DELL’EX CENTRO SERVIZI
Il centro Servizi, edificio acquistato da Vitali Spa, è da sempre abbandonato: 20 mila metri quadri, dotati di 8 ascensori, incompiuti da oltre 28 anni, da quando cioè il cantiere voluto dal Ministero si è interrotto. Costato 100 miliardi di vecchie lire, era stato pensato come archivio in grado di ospitare i modelli 730 e 740 cartacei dell’intera Lombardia. Un piano reso poi evidentemente inutile dall’avvento delle tecnologie digitali. Con l’accordo raggiunto tra Bergamo, Orio e Azzano con i due principali attori proprietari delle aree, è stata avviata la demolizione dell’enorme rudere, oltre alle future funzioni della zona.
Il Comune di Bergamo ha adottato, grazie alla transizione digitale, uno sportello telematico che consente ai cittadini di compilare online i propri procedimenti e inviarli per via telematica agli uffici comunali competenti. Sono circa 600 i moduli digitali messi a disposizione dallo sportello telematico dei Comune, coprendo così tutte le aree amministrative; dal 2019, le pratiche arrivate per via telematica sono arrivate a quota 172.123 di cui 43.143 giunte nel 2023.
36 - LINEE ELETTRICHE, NUOVA AREA DI SOSTA PER BUS TURISTICI E BIGLIETTAZIONE ELETTRONICA ATB
Diverse sono le novità e le innovazioni messe in campo da ATB per quel che riguarda il trasporto pubblico in città, come le corse serali sulla linea 6 e 8, il potenziamento della linea 1, l’istituzione della linea elettrica C, la nuova area di sosta per i bus turistici, ma anche le pensiline smart e la nuova bigliettazione elettronica.
38 - IL PIANO PER GLI ORTI URBANI, IL G7 E IL TAVOLO PER L’AGRICOLTURA
L’agricoltura ha avuto un ruolo centrale in questi 10 anni. Anche se non tutti se ne sono accorti. L’Amministrazione ha lanciato un piano per realizzare orti urbani in tanti quartieri della città (Colognola, Celadina, Monterosso, Carnovali, Villaggio degli Sposi, ecc) che si inscrive in una politica più ampia di valorizzazione dell’agricoltura. Il festival agricoltura, i mercatini dei produttori, il G7 dell’agricoltura sono tutte facce della stessa medaglia e non è un caso se nel nuovo PGT il ritorno dell’agricoltura nella cintura a sud della città è un tema centrale del futuro della città.
37 DIGITALIZZAZIONE DI OLTRE 600 SERVIZI AL CITTADINO39 - SISTEMAZIONE E CONCERTI PIAZZALE ALPINI
Decisa la sistemazione di piazzale Alpini per costruire uno spazio in grado di ospitare iniziative su scala cittadina. Nel 2020, al termine della riqualificazione, è stato avviato un piano che ha consentito di organizzare oltre 100 concerti e molte altre iniziative nell’area (compresi due feste di capodanno), attirando più di 150mila persone nell’area.
Borgo Santa Caterina è stata oggetto di particolari attenzioni durante l’Amministrazione Gori. Prima il regolamento – valevole per tutta la città – per riequilibrare il rapporto tra esercizi commerciali e residenti, poi la previsione di uno spazio di somministrazione estiva al parco Goisis, la sistemazione di tutta la pavimentazione della via, infine l’allargamento del marciapiede di sinistra, per meglio posare i dehor dei locali lungo la via.
Il Distretto Urbano del Commercio si amplia per la prima volta e ingloba Città Alta, Borgo Santa Caterina e Borgo Palazzo. Da qui nascono le iniziative di valorizzazione del commercio cittadino, le feste di via, lo sbarazzo per il commercio del centro, i corsi di digitalizzazione, le piattaforme di prenotazione e consegna a domicilio utilizzate durante l’emergenza covid19. Per non parlare delle iniziative del Natale, dalle installazioni luminose alla ruota panoramica, dall’albero di Natale alla filodiffusione per le vie di Città Alta.
40 - LA SISTEMAZIONE DI P.LE MARCONI E LA NUOVA STAZIONE
Gori ha lavorato nel 2015 per cambiare il volto dello spazio della stazione. Il progetto di vasche verdi firmato da Ines Lobo è stato realizzato lungo piazzale Marconi e, entro il 2026, anche la stazione sarà completamente rinnovata, grazie a un progetto di Cino Zucchi che consentirà a Bergamo di avere un polo intermodale di stile europeo, di poter avere una nuova stazione e, infine, di ricucire la parte sud a quella nord della città.
43 - LA GESTIONE DEL COVID19, IL BANDO RINASCIMENTO, LA RETE DEI 1.000 VOLONTARI E LA REALIZZAZIONE DEL BOSCO DELLA MEMORIA
Una delle cose per cui Giorgio Gori sarà ricordato è la gestione dell’emergenza covid19. La costruzione di una rete di volontari, ben 1000, che hanno portato spesa e conforto nelle case dei bergamaschi, le mascherine recuperate e distribuite gratuitamente, il bando Rinascimento per puntellare le attività commerciali della città, le telefonate a casa dei cittadini son un pezzo di un impegno che culminerà nel piano Bergamo 2020, un documento che definiva la visione della Bergamo che si adatta alla pandemia. Il Bosco della Memoria sarà il monumento voluto e costruito per ricordare le oltre 700 vittime cittadine del virus.
45 - IL GRANDE PIANO DI RILANCIO DELLE STRUTTURE SPORTIVE
Dal palasport all’IceLab, dallo stadio al nuovo palasport che sorgerà nel quartiere di Celadina, dal nuovo pala ghiaccio IceLab al palazzetto per gli sport rotellistici, dalla palestra per la scherma di Loreto al nuovo campo Utili (i cui lavori sono appena partiti), dall’upgrade del bocciodromo all’intervento di sistemazione - grazie all’Università di Bergamo - del centro tennis di Loreto, dalla nuova palestra di San
44 - IL PIANO PER IL RINNOVARE LE SCUOLE
Avviato un piano di profondo rinnovamento dell’edilizia scolastica comunale cittadina. Circa 21milioni di euro hanno preso la strada di Bergamo nell’ambito dei progetti di rinnovamento delle scuole previsti grazie al PNRR. A questi si aggiungono alcuni altri milioni di euro per il piano Spazi_are, fondi europei di gestione regionale destinati a cambiare i servizi della parte nord della città.
Tomaso ai tanti campi da calcio di quartiere rimessi a nuovo, in questi anni abbiamo sono state date risposte concrete per la sistemazione e l’ammodernamento praticamente della totalità del patrimonio di impianti sportivi della città, creando le condizioni per una crescita del movimento sportivo bergamasco. Il prossimo a partire sarà il centro sportivo Italcementi, il cui piano di rinnovamento è già stato approvato da Gori e dall’Amministrazione
Era una delle promesse di Gori in campagna elettorale, ci è riuscito. L’approvazione del Piano di Zonizzazione Acustica Aeroportuale segna una tappa fondamentale nel processo di equilibrio con il territorio limitrofo l’aeroporto, portando Colognola fuori dalla zona di rispetto aeroportuale, riducendo il rumore sulle aree residenziali della città.
Con la chiusura delle circoscrizioni, l’amministrazione comunale lancia l’esperienza delle Reti di Quartiere, un processo sperimentato alla fine degli anni ’90 sotto la spinta di alcuni cittadini che hanno sentito l’esigenza di ripartire dalle relazioni sociali vive e responsabili e rilanciato nel 2016. Le Reti di Quartiere attive sul territorio sono 24 e raccolgono più di 330 realtà partecipanti tra associazioni, gruppi di cittadini, comitati, parrocchie e oratori, realtà del volontariato, istituti comprensivi, cooperative, polisportive e istituzioni e servizi non comunali.
49 - ESTENSIONE DELLE AREE VIDEO SORVEGLIATE, LE UNITÀ CINOFILE,
Le telecamere della videosorveglianza passano da una settantina a quasi 200, disseminate su oltre 130 punti di osservazione; la Polizia Locale ha per la prima volta unità cinofile contro lo spaccio, sono istituite le unità mobili di quartiere. Ma sono davvero tante le innovazioni in tema sicurezza realizzate negli anni, dalle Guardie Giurate che si muovono di notte quando i vigili non sono in servizio, al police control per la verifica di mezzi pesanti e categorie ambientali dei veicoli.
48 - UNIVERSITÀ E IL PIANO
DEL SUO SVILUPPO IN CITTÀ
Gori ha sempre individuato nell’università uno dei principali motori dello sviluppo della Città: all’Unibg è stata venduta la sede di via Salvecchio, è stato completamente rimesso a nuovo il Complesso monumentale di Sant’Agostino, si lavora per realizzare nuovi spazi nell’ex Guardia di Finanza in via Statuto, alla Montelungo e recuperare la ex Reggiani.
Esattamente il 5 dicembre 2021 Bergamo è stata nominata prima Capitale Italiana del Volontariato. Per tutto il 2022 dalle mura della città e per le strade di tutta la provincia ha preso vita una nuova stagione del volontariato.
51 - L RECUPERO DELLA CASCINA PONCHIA E DELL’EX ASILO PRINCIPE DI NAPOLI
Il Comune rilancia cascina Ponchia (i lavori sono in corso), a Monterosso, dove si prevede la realizzazione di una nuova sede dello Spazio Autismo; e l’ex principe di Napoli, asilo ormai chiuso da anni in via Pignolo. Per quest’ultimo i lavori sono previsti entro la primavera, per realizzare uno spazio sullo stile della Cascina Cuccagna di Milano.
52 - EX MANGIMI MORETTI, EX ITALCEMENTI, PARCO OVEST 1 E 2, EX ISMES
Tante le operazioni urbanistiche su aree dismesse, tutti interventi destinati a cambiare il volto di tanti luoghi della città. Dai Mangimi Moretti nel quartiere di Campagnola all’ex Italcementi di via Madonna della Neve, dal Parco Ovest 1 e 2 (un’area verde di oltre 150mila mq è divenuta gloriosamente pubblica) all’ex Ismes alla caserma Ligobbi.
54 - UN GRANDE PIANO DI DIFESA DELLA MOBILITÀ DELLE AREE STORICHE DELLA CITTÀ
Le ZTL negli ultimi dieci anni si sono rafforzate e si estese, tutte video sorvegliate. Il piano consente di rivedere la mobilità di via Pignolo, di sostituire le pattuglie della Polizia Locale ai varchi di Città Alta con telecamere elettroniche, di realizzare una ZTL in piazza Matteotti, di proteggere al meglio nelle ore serali via San Bernardino e via Borgo Palazzo.
Il progetto “Bergamo Città Zona 30”, a cui Bergamo lavora dalla fine del 2020, prevede che circa l’80 per cento delle strade urbane, cioè tutte quelle di quartiere, vengano incluse in una grande zona a velocità regolata, per migliorare non solo la sicurezza stradale, ma anche per ridurre le emissioni derivanti dal traffico veicolare nelle aree residenziali. L’idea, in definitiva, è invertire la logica del codice della strada, considerando i 30 all’ora come regola e i 50 un’eccezione, non per contrastare l’uso dell’auto, ma l’uso improprio dell’auto.
53 - LA VIA DELLE SORELLE E LA CICLOVIA DI BERGAMO E BRESCIA
Bergamo e Brescia collegate da un cammino e da una pista ciclabile. Questa è la visione di collegamento dolce tra le due città. Il cammino è già incluso nelle guide del territorio di Bergamo, manca la ciclovia, ma arriverà in primavera 2024.
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