



IN COPERTINA



Q uesto tizio, che risulterà essere già stato più volte acciuffato dalle Forze dell’Ordine e aver dato false generalità, viene sorpreso mentre spaccia dalla Polizia Locale. Scappa in bicicletta, viene rincorso e, dopo una colluttazione, ammanettato. Gli trovano addosso cocaina e hashish. Viene chiuso in camera di sicurezza dove trascorre la notte. La mattina dopo il giudice conferma l’arresto ma lo rimette in circolazione con l’obbligo di dimora. Ssssì! Immaginiamo come possano essere contenti gli uomini che lo hanno arrestato prendendosi anche le botte e che domani se lo ritrovano per strada a spacciare...
R iceviamo e sottoponiamo al giudizio dei lettori.
POLIZIA LOCALE: UN ARRESTO PER SPACCIO DI DROGA ALLA STAZIONE
Nella serata di sabato 8 marzo, gli agenti del Servizio Pronto Intervento e del Nucleo Interventi Sicurezza Urbana del Comando di Polizia Locale di Bergamo, con il supporto dell’Unità Cinofila, hanno svolto un’operazione finalizzata al contrasto dello spaccio di sostanze stupefacenti nelle immediate vicinanze della Stazione autolinee e dell’Urban center.
Durante il servizio, condotto da quattro pattuglie, gli agenti hanno notato un uomo, cittadino di origine nordafricana, M.H., classe 1996, circondato da noti assuntori di sostanze stupefacenti. Alla vista delle pattuglie, l’uomo ha lasciato cadere un involucro – poi risultato contenere droga – e si è dato alla fuga in bicicletta. Gli agenti lo hanno inseguito, bloccandolo in via A. Mai. Una volta fermato, l’uomo ha opposto resistenza agli agenti che sono riusciti a immobilizzarlo e ammanettarlo garantendo la sicurezza propria e dei presenti. Sottoposto a perquisizione personale, M.H. aveva 21 dosi di cocaina e diverse dosi di hashish, per un totale di 7,68 grammi, oltre a materiale per il confezionamento dello stupefacente.
L’individuo è stato quindi arrestato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e resistenza a pubblico ufficiale. È stato inoltre deferito in stato di libertà per false dichiarazioni sull’identità personale e per la sua posizione irregolare sul territorio nazionale.
Accompagnato in Questura per i rilievi foto-dattiloscopici, è emerso che l’uomo in precedenza aveva fornito generalità diverse. Su disposizione del Magistrato di turno, è stato trattenuto nelle camere di sicurezza del Comando della Polizia Locale, in attesa dell’udienza per direttissima che si svolta lunedì 10 marzo dove il giudice ha convalidato l’arresto e disposto la misura cautelare dell’obbligo di dimora in città e in provincia.
Riceviamo in redazione Urgente! ! !
Credo che tu sia una persona dal cuore buono e le informazioni che sto per dirti ora sono la pura verità. Ti giuro in nome di Dio che tutte le informazioni su questo progetto sono vere.
Inizierò presentandomi a te. Mi chiamo Mohamed Abdul Kalam da Gulshan Avenue Dhaka Bangladesh, lavoravo con l'SPDC in Turchia come direttore esecutivo del reparto di produzione/elaborazione dove ho sviluppato una malattia e sono tornato nel mio paese per cure mediche. Dopo diverse diagnosi e operazioni chirurgiche condotte dal mio medico qui in ospedale ha confermato che le mie condizioni sono molto critiche e non posso sopravvivere a causa del suo effetto sul sistema circolatorio del mio corpo. Ho ottenuto il tuo contatto tramite Internet mentre stavo cercando una persona vera e timorata di Dio che mi aiutasse a riattivare e ricevere il mio fondo che ammonta a 26 milioni di euro depositati nella banca Anadolu qui nel mio paese e donare ai meno privilegiati prima della mia morte come confermato dal mio medico.
Sul nostro sito internet potete trovare la versione digitale sfogliabile di questo numero e dei numeri arretrati.
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NOTA: donerai il 70% ai poveri prima della mia morte, mentre riceverai il 30% del fondo totale come compenso per il tuo impegno verso il successo di questo progetto.
Puoi contattarmi tramite la mia email per maggiori dettagli e anche per metterti in contatto con la mia banca in Turchia per i processi di trasferimento dei miei 26 milioni di euro sul tuo conto bancario nel tuo paese. Attendo una tua risposta il prima possibile e che Dio ti benedica di più. Cordiali saluti, Engr. Mohamed Abdul Kalam
Giulia Ceci, Consigliera Comunale di Bergamo, nel nome del padre
Palazzo della Libertà adesso è CULT! Rebranding Puntogel diventa Minetti 1980 Il Museo Nicolis festeggia i 70 anni della Fiat 600 con una chicca
Studio BNC
Marina
Asperti: Fallimenti e crisi d’impresa
Bruno Bozzetto al Rotary Terra di San Marco Autorota presenta la nuova
Subaru Forester
Gli ambasciatori di Gaetano Donizetti riuniti nel Gofo Mistico
Maria Luisa Pacelli diret trice della Carrara ha presentato il nuovo programma
La nuova BMW R 18: la cruiser top dalle radici storiche
Intitolato a Kika Mamoli e Arnaldo Minetti l’Hospice di Borgo Palazzo
Vilnius capitale dell’Estonia la nazione con zero burocrazia
Una mostra per il genio di Gianni Sassi imprenditore culturale milanese
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Da Cindy Sherman a Francesco Vezzoli 80 Artisti Contempo-
Sergio Gandi presenta il restauro della Biblioteca Angelo Mai ed ex Chiesa di San Michele
Che
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Stampato con inchiostri a base vegetale.
Chissà come avrà presolanotiziache sarebbe stata candidataalConsiglioComunalediBergamoe chissàconcheparole papàGianfranco, avvocato,giàvicesindacoepresenza stabile tra i banchi di PalazzoFrizzoniper tredecenni,leavrà confidato di voler rinunciare alla corsa inprimapersonaper lanciare nella mischia propriolei.Dicerto, purappassionatadi politica,dicuiincasa hasentitoparlare ognigiornofinda bambina,nonselo aspettava,almeno noncosìpresto,ancheperchéilbabbo, datempo,eratrai papabiliperlacandidatura a sindaco da contrapporreadElenaCarnevali,scelta cadutapoisuAndrea Pezzotta,dietro pressionidiFranco Tentorio,influencer di Fratelli d’Italia.
Anni trentadue, Giulia Ceci, nata a Milano, infanzia a Mozzo, poi trasferita in centro città e infine in quartiere Finardi, dietro il Santuario di Santa Caterina. Figlia d’arte, genitori entrambi avvocati.
“Prima di tutto è giusto ammettere che le preferenze che ho ricevuto sono in larga parte derivate grazie a mio padre che, nel mondo cattolico liberale, in quello delle associazioni di volontariato ma anche tra gli alpini, il personale della protezione civile, del Tribunale e la gente di Borgo Santa Caterina, è conosciuto e ben voluto per quanto di bello e di buono ha realizzato per la collettività nel corso degli ultimi 30 anni.
La notizia della mia candidatura è stata un fulmine a ciel sereno ma mi ha entusiasmato sin da subito avere l’opportunità di proseguire nel percorso tracciato da lui, tenendo fede ai valori che mi ha trasmesso e ovviamente... con tanti suoi buoni consigli.
Mi sono messa in gioco con grande impegno e dedizione anche se ancora non è facile affrontare con piena cognizione di causa temi impegnativi quali il piano regolatore o il bilancio comunale. Da un lato, essere all’opposizione è una sfida impegnativa, perché significa lavorare con strumenti diversi rispetto alla maggioranza, con il compito di monitorare, proporre e contrastare quando necessario. Dall’altro, è anche una grande opportunità: far parte della minoranza mi permette di approfondire dinamiche amministrative, di analizzare criticamente le scelte della giunta e di farmi portavoce delle esigenze di chi non si sente rappresentato da questa amministrazione”.
Lei davvero pensava che il centrodestra avrebbe vinto?
“Andrea Pezzotta è una persona competente, preparata e stimata, ma andava fatto conoscere agli elettori molto tempo prima. Inoltre, sono stati commessi errori strategici e le divisioni interne non hanno aiutato. Quando si arriva tardi con un candidato poco conosciuto a livello politico, pur se stimatissimo professionista, è difficile colmare il gap. È mancata una proposta forte ed identitaria. La macchina elettorale del centrosinistra si è rivelata più strutturata rispetto al centrodestra grazie, soprattutto, allo sforzo economico che è stato fatto. Durante la campagna elettorale Elena Carnevali era ovunque e il suo staff, dedicato alla comunicazione, è stato eccezionale. Ma rimango convinta del fatto che la sua vittoria sia, per gran parte, merito dell’eredità dei consensi accumulati da Giorgio Gori nei suoi due mandati. Inoltre, la campagna di Pezzotta è stata meno incisiva rispetto a quella della Carnevali, meno radicata nei quartieri e meno efficace nel comunicare un’alternativa amministrativa concreta. La scelta del candidato è stata sicuramente fatta con una logica politica, ma il risultato ha dimostrato che sarebbe stato necessario un profilo più competitivo e una strategia più aggressiva per intercettare quel voto moderato che, in parte, si è disperso o non si è recato alle urne”
Quanto ha influito l’essere donna nella vittoria della Carnevali?
“Viviamo in un momento storico in cui, fortunatamente, si presta sempre più attenzione al ruolo e al valore della donna nella società. Può avere influito ma non tanto come aver avuto l’imprimatur da Gori. La gente ha pensato che ci sarebbe stato un passaggio di testimone senza troppi cambiamenti e non un’amministrazione così sbilanciata a sinistra, in mano al PD di Elly Schlein come quella che ci ritroviamo. Ma adesso forse sta cambiando idea.”
Cosa pensa della precedente amministrazione?
“Gori è stato bravo nel rimodernare la città, realizzando opere molto visibili che hanno creato consenso nella popolazione. Ricordiamoci però che lo Stadio è stato venduto per circa la metà del suo valore, il parcheggio alla Fara è stato portato a termine da Gori ma il progetto risale a circa vent’anni fa, il recupero delle ex caserme Montelungo e Colleoni ha subito diversi rallentamenti e il cantiere è ancora fermo, nonostante a maggio 2024, l’amministrazione avesse annunciato la ripresa dei lavori. La ex fabbrica del Gres, seppur significativo esempio di rigenerazione urbana, ha sollevato diversi dubbi circa la sostenibilità economica a lungo termine. Ha messo in pista il nuovo palazzetto creando numerosi disagi in quanto il piano iniziale è stato cambiato con l’abbattimento del PalaCreberg e la chiusura del Pala Intred così alcune squadre come il Volley Bergamo hanno dovuto trasferirsi altrove facendosi carico di costi aggiuntivi, inoltre il budget è lievitato di oltre 8 milioni rispetto alle previsioni iniziali.
“Latolleranzanonpuò portareallasopportazione diqualsiasicomportamento perchécosìdiventadebolezza”
“Spesso non si affrontano i problemi per paura di creare conflitti. Bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno senza la paura di diventare scomodi”
La nuova Gamec, bellissimo progetto, ma con un costo eccessivo che supera i 22 milioni di euro che ben potevano essere investiti in altre priorità cittadine e ha lasciato la città priva di un Palazzetto dello Sport. Sicuramente bisogna riconoscere il fatto che la precedente amministrazione abbia agevolato la riconversione dell’area dismessa oggi diventata ChorusLife ed abbia collaborato con Regione Lombardia ed altri enti locali al rifacimento del rondò all’uscita dell’autostrada, un intervento però reso possibile da un finanziamento esclusivo della stessa Regione. Di cose ne ha fatte non c’è che dire, ma bisogna essere trasparenti anche nel riportare quello che sta dietro la realizzazione di queste opere. Vorrei, in ogni caso, sottolineare che Gori, rispetto al suo predecessore, ha beneficiato di risorse aggiuntive provenienti dal PNRR e dai fondi stanziati per Bergamo Capitale Italiana della Cultura 2023 senza il tetto del Patto di stabilità”.
Gori: due mandati anche grazie ad un’opposizione molto debole… “Dopo la prima sconfitta di Tentorio, il centrodestra ha attraversato una fase di riorganizzazione, cercando una nuova identità e strategia. La candidatura di Stucchi, fortemente sostenuta da Salvini cinque anni dopo, ha rappresentato un tentativo di rilancio, anche se il risultato elettorale non è stato quello sperato. Questo percorso ha inevitabilmente generato riflessioni e un pizzico di sconforto tra coloro che siedono all’opposizione. Tuttavia, ogni percorso politico offre nuove lezioni e opportunità di crescita. Per me, che mi affaccio ora a questo mondo, è evidente come sia un’esperienza intensa e stimolante ma allo stesso tempo complessa. La sfida è trovare il modo di coniugare efficienza e rapidità nelle risposte, affinché l’azione politica possa realmente incidere sulla vita delle persone. Come diceva Giulio Andreotti, “il potere logora chi non ce l’ha”, ma è proprio nelle sfide più difficili che si trovano le occasioni per costruire un futuro più solido e incisivo”.
Quali dovrebbero essere le priorità di questa amministrazione?
“Sicurezza, viabilità e una maggiore attenzione alle periferie, magari spostando eventi che adesso si svolgono in centro. Ma soprattutto, le persone con le quali mi relaziono, mi dicono che in città si respira un’aria di paura. Risse, accoltellamenti, furti e vandalismi sono all’ordine del giorno e anche a me capita di non sentirmi sicura, soprattutto dopo la rapina che ho subito personalmente ad inizio 2024 in via Verdi, pieno centro cittadino. E direi che non è solo una percezione di insicurezza ma una realtà con la quale dobbiamo fare i conti. So che gli assessori competenti e le Forze dell’Ordine stanno alzando il livello di guardia, ma non bisogna minimizzare e rimandare... Per quel che riguarda il traffico direi che siamo al top della scarsa programmazione dei lavori. La città è paralizzata dai cantieri avviati in contemporanea con ricadute pesanti sulla viabilità cittadina, ma anche sul sistema nervoso. Adesso poi ci si mettono anche i comuni dell’hinterland, vedi Gorle, a complicare la situazione con divieti e deviazioni. Serve una regia che sappia prevedere gli impatti sulla vita cittadina dei lavori pubblici in coordinamento con i comuni limitrofi. Infine, purtroppo non possiamo neppure contare su un servizio di taxi...
Praticamente introvabili, soprattutto dopo una certa ora”.
Solidarietà, accoglienza, tolleranza. Sono valori in cui si riconosce?
“Appartengo all’area liberale di Forza Italia e sono valori in cui credo ma ci sono linee di confine che vanno mantenute. La solidarietà non può creare assistenzialismo ma deve servire per rendere autonome le persone non a creare una dipendenza. Sono d’accordo con l’accoglienza ma che sia legale. La tolleranza non può portare alla sopportazione di qualsiasi comportamento illegale il mancato rispetto delle regole perché così diventa debolezza ed arrendevolezza. Spesso non si affrontano i problemi per paura di creare conflitti”.
Come pensi che gli elettori di centrodestra che hanno votato Gori e Carnevali possano tornare a votare per il proprio schieramento?
“Serve una proposta politica chiara, pragmatica e che ascolti i reali bisogni dei cittadini. La sinistra vive di slogan. Vedrai che Bergamo… stiamo vedendo! Bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno senza la paura di diventare scomodi”. (V.E.Filì)
R isponde alle nostre domande la Dott.ssa Marina Asperti
Da due anni è in vigore il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza che disciplina tutte le situazioni di crisi e di insolvenza e, allo stesso tempo, semplificala gestione di numerose condizioni di difficoltà, al di là della natura del debitore e dell’attività svolta. Dopo due anni, possiamo dire che è stata una buona Legge?
“Dopo due anni dalla sua entrata in vigore, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza rappresenta un significativo passo avanti rispetto al passato. Questa normativa moderna punta all’emersione anticipata della crisi, alla tempestività degli interventi e alla tutela della continuità aziendale. Nonostante alcune iniziali difficoltà applicative, comuni a ogni grande riforma, il bilancio rimane positivo: le imprese oggi riescono ad affrontare la crisi prima che diventi irreversibile. Resta fondamentale renderne l’applicazione più diffusa ed efficace”.
In quali casi si ricorre a questo nuovo strumento?
“Il CCII interviene quando un’impresa affronta una situazione di crisi o insolvenza, ovvero difficoltà finanziarie che ne minacciano la continuità. Lo strumento più innovativo è la composizione negoziata, utilizzabile fin dai primi segnali di squilibrio economico, con l’obiettivo di prevenire un aggravamento della crisi. Le altre procedure già presenti nella precedente normativa concorsuale, come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale, entrano in gioco quando la crisi è più avanzata”.
Cosa si intende per composizione negoziata?
“La composizione negoziata è un percorso volontario e riservato, attivabile dall’imprenditore per favorire trattative dirette con i creditori, supportato da un esperto indipendente nominato dalla Camera di Commercio. Questa soluzione facilita accordi consensuali rapidi ed efficaci, come ristrutturazioni del debito e riorganizzazioni aziendali, evitando lunghe e onerose procedure giudiziarie”.
Quali sono gli effetti concreti per le imprese in crisi e per i creditori?
Gli effetti concreti per le imprese consistono nella possibilità di gestire tempestivamente la crisi con minor impatto traumatico, aumentando così le probabilità di recupero e continuità. Per i creditori, ciò implica migliori possibilità di recuperare i crediti, grazie a un approccio più collaborativo e consapevole favorito dalla maggiore trasparenza garantita dal nuovo quadro normativo”.
Si parla di un salto culturale con l’eliminazione della parola fallimento ma è solo una formalità o segno di un cambiamento?
“Il cambiamento terminologico che sostituisce “fallimento” con “liquidazione giudiziale” non è solo formale ma rappresenta un’evoluzione culturale significativa. Questa modifica elimina lo stigma associato al fallimento, incoraggiando un atteggiamento costruttivo verso le difficoltà aziendali e promuovendo una mentalità imprenditoriale improntata alla responsabilizzazione, alla trasparenza e alla collaborazione”.
Bergamo Via Mazzini, n. 4 tel. 035.2286999 - info@studiobnc.it
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Una serata con Bruno Bozzetto come ospite? Non capita sempre, per cui aderisco volentieri all’invito del Rotary Terra di San Marco pervenuto in redazione tramite il Dr. Maurizio Maggioni, socio entusiasta di questo Club, ultimo nato in città e animato da persone che desiderano ancora mettersi in gioco per migliorare la vita del prossimo.
Conosco Bruno da tanti anni ma le sue narrazioni mi affascinano sempre. Di recente ho letto avidamente ogni pagina della sua bellissima biografia e mi sono lasciato trasportare dalla sua infinita fantasia, in quel suo mondo fatto di disegni animati che adoro fin da bambino, quando nei caroselli comparivano spesso i suoi personaggi.
Allora nessuno sapeva chi si celasse dietro quelle mini-serie che realizzava per i clienti della pubblicità televisiva di allora e Bruno così, poteva finanziare i suoi primi cortometraggi e poi i lunghi e i film dal vero come regista. E tantomeno nessuno avrebbe sospettato allora che a spingere il figlio a seguire le proprie aspirazioni artistiche fosse un padre industriale che forse avrebbe preferito un erede in azienda. Era lui, come ricorda Bruno, il genio che ideava e costruiva le macchine allora inesistenti per consentirmi di gestire le riprese dei miei film che avvenivano riprendendo per pochi attimi una sequela infinita di disegni
dove i personaggi, un disegno dopo l’altro, si muovevano e prendevano vita. Oggi Bruno è una star mondiale, maestro del cinema d’animazione e soprattutto impareggiabile nel rendere il suo messaggio universale come lo è la musica, la pittura, la danza. Lo hanno definito il Walt Disney italiano ma Bruno è qualcosa di diverso dall’edulcorato grande americano per il quale come a Hollywood alla fine vivevano tutti felici e contenti.
Nei suoi cortometraggi vengono sintetizzati messaggi ed emozioni che raggiungono subito il cuore e il cervello. Come fossero pillole di provocazione e di saggezza. Bruno contro la guerra, Bruno dalla parte dei deboli, Bruno contro la stupidità del genere umano, Bruno contro la politica corrotta, Bruno contro i pregiudizi, Bruno contro la caccia, Bruno contro la cattiveria che riserviamo agli altri esseri viventi sul pianeta dove siamo stati creati insieme a loro, non diversi da loro. Questa forse la sua più grande battaglia. La difesa degli animali, tutti, dalla formica al coccodrillo, è diventato il tema delle suoi ultimi lavori e anche un suo stile di vita rispettoso e coerente. La serata trascorre in modo piacevole ascoltando qualche aneddoto di Bruno e la sua storia professionale. (V.E.Filì)
Siamo ospiti, nella saletta al primo piano di Life Source, di questo nuovo Club Rotary Terra di San Marco. Lo ha fondato Vilse Antonio Crippa, ingegnere, inventore, industriale oggi immobiliarista, uomo curioso e da sempre affamato di sapere. Poco avvezzo ad esporsi, elegante nei modi, fin dalle prime due parole riconosco in lui il vero spirito del Rotariano.
“Sfatiamo il tormentone che i Rotary si riuniscono in cene eleganti per mostrarsi in vetrina - mi dice - essere qui e credere nei principi di questa associazione internazionale, vuol dire soprattutto mettersi a disposizione di una organizzazione unicamente finalizzata ad intervenire per migliorare la vita degli esseri umani”.
E lui Vilse, ha interpretato l’essere un Rotariano in modo radicale e così appassionato da desiderare di fondare una nuova cellula di quel grande organismo: un nuovo Club. Qualcuno mi suggerisce di farmi invitare per vedere la sede della sua azienda che somiglia ad una galleria di Arte Moderna. Non resisto. Cellulare? Grazie.
Appuntamento fissato. Sul prossimo numero vi raccontiamo tutto di lui, del perchè ha fondato questo nuovo Club e perchè lo ha chiamato Terra di San Marco
Cosa ti ha spinto ad entrare nei Rotary?
Mi ha spinto il desiderio di restituire qualcosa al territorio in cui vivo e lavoro, mettendomi a disposizione di una rete di persone motivate a fare la differenza. Il Rotary rappresenta un’occasione concreta per trasformare valori condivisi in progetti utili e duraturi.
Cosa prevede essere presidente di un Club? Essere presidente significa assumersi la responsabilità di guidare il Club per un anno, coordinando le attività, valorizzando i talenti dei soci e mantenendo un forte spirito di squadra. È un ruolo che richiede visione, ascolto e capacità organizzativa.
Gli obiettivi per il tuo anno di Presidenza?
Ho voluto sviluppare un progetto sulle mura di Bergamo, elemento che unisce il territorio, promuovendo momenti culturali, con una particolare attenzione all'inclusione sociale. L’obiettivo è lasciare un’impronta positiva e coinvolgere il più possibile la comunità.
Pensi che Terra di San Marco sia un po' diverso dagli altri essendo ultimo nato?
Sì, credo che la nostra “giovinezza” sia un punto di forza. Abbiamo portato entusiasmo, nuove idee e una certa libertà di espressione, mantenendo però il rispetto per i valori fondanti del Rotary. Terra di San Marco è un laboratorio in movimento, aperto al cambiamento e al dialogo.
NEL 45° ANNO DALLA FONDAZIONE DI PUNTOGEL, UN REBRANDING STRATEGICO: LA TRANSIZIONE A MINETTI 1980 RAPPRESENTA NON SOLO UN CAMBIO DI NOME, MA UN RAFFORZAMENTO DELLA STORIA E DELLA VISIONE AZIENDALE
Puntogel diventa Minetti 1980 in un mercato che non parla più solo al mondo della gelateria, ma consolida la sua presenza in tutto il settore food. Un cambiamento che rappresenta un importante passo in avanti nella storia dell’azienda, che mantiene inalterati i valori, gli obiettivi e la missione che la guidano sin dal 1980. Un’eredità familiare che guarda al futuro. La storia di Minetti si intreccia con una tradizione iniziata nel 1938, quando Franco Minetti fonda Ostificio Prealpino, azienda pioniera nella produzione di coni, cialde e materie prime di alta qualità per gelaterie. Nel 1980, Arnaldo Minetti, figura riconosciuta nel mondo del gelato artigianale, crea Puntogel a Bergamo, portando avanti un modello di distribuzione dirompente in quanto specializzata anche nella proposta formativa.
Con l’ingresso di Aurora Minetti alla fine degli anni ’90 e il successivo ruolo di Amministratore Unico nel 2015, l’azienda ha continuato a evolversi, non solo consolidando un’identità forte e mantenendo intatti i valori di innovazione e artigianalità, ma anche ampliando il proprio core business aprendosi ai canali della pasticceria, della panificazione, della pizzeria e della ristorazione. E ad aprire il 2025, nel 45° anno dalla fondazione, il cambio di sede con un renaming e un rebranding strategico: la transizione a Minetti 1980 rappresenta non solo un cambio di nome, ma un rafforzamento della visione aziendale. “Si tratta di una trasformazione epocale che ci ha coinvolti tutti, dai nostri collaboratori ai dipendenti, e che inevitabilmente coinvolgerà anche i nostri clienti” - hanno spiegato Aurora Minetti e il Direttore Generale Diego Zanoli in un video dedicato. “Innovazione, democrazia di scelta, formazione, eccellenza nelle materie prime e relazioni autentiche”: questi sono i pilastri che continueranno ad essere il cuore pulsante dell’azienda, che si conferma un punto di riferimento per il settore food. Scopri il nuovo volto di Minetti: www.minetti1980.com
Se volessimo riassumere in una sola parola la nuova Subaru Forester dinamicità sarebbe senza dubbio la scelta migliore. Dopo un restyling studiato in tutti i minimi particolari, infatti, il SUV di casa Subaru ritorna a far parlare di sè per un concentrato di innovazione e novità capaci di stupire alla prima guida. Proprio come è avvenuto durante il nostro test drive, durante il quale guidando nella verdeggiante Astino verso il Monastero, patrimonio di Bergamo, abbiamo avuto la possibilità di testare Subaru Forester su più tracciati: asfalto, fuoristrada e fondo dissestato.
Il risultato? Performance perfette in tutte le situazioni. Come ci ha spiegato infatti Curzio Rota, titolare della Concessionaria Autorota, rivenditore ufficiale per Bergamo. “Subaru Forester si presenta come la compagna ideale per chi sceglie di vivere ogni viaggio in libertà, con la sicurezza e il comfort pensati per tutta la famiglia. Spazi reinventati all’insegna dell’interazione, tecnologie all’avanguardia e un cuore avventuroso: perfetta per chi cerca un’esperienza unica da condividere insieme”. Non solo: la nuova Forester si distingue per un design rinnovato che conferisce un look robusto e contemporaneo: la calandra ridisegnata ed i passaruota esagonali ne esaltano il carattere dinamico e moderno.
Inoltre spazio alle tecnologia: l’ampio display centrale e la connessione wireless per smartphone permettono un utilizzo intuitivo e immediato di tutte le funzioni principali mentre il servizio di navigazione What3Words facilita il raggiungimento di qualsiasi destinazione, anche la più remota. Ma il cuore della nuova Forester resta il motore e-BOXER 2.0l ibrido in grado di assicurare una guida fluida e dinamica, con un’ottimizzazione del cambio Lineartronic CVT e la trazione integrale Symmetrical AWD, garanzia di stabilità e prestazioni eccellenti su ogni tipo di terreno.
Ma le novità non si fermano all’estetica. Subaru ha migliorato l’esperienza di guida con il nuovo sistema EyeSight, ora dotato di telecamera grandangolare monoculare per un raggio d’azione ancora più ampio e ben cinque nuove funzioni che aumentano ulteriormente la sicurezza su strada. A proteggere conducente e passeggeri contribuiscono anche i nove airbag, un elemento che sottolinea l’attenzione di Subaru alla sicurezza. D’impatto anche gli interni, riprogettati per massimizzare il comfort e l’interazione tra i passeggeri.
LA NUOVA
SUBARU FORESTER
A completare il quadro delle innovazioni il nuovo sistema X-MODE, ora ancora più evoluto, utile per affrontare anche le condizioni più difficili, come fango o neve, beneficiando della spinta del motore elettrico. La Subaru Forester si conferma così il SUV perfetto per chi desidera avventura e libertà, senza rinunciare a sicurezza, tecnologia e comfort. Grazie ad Autorota abbiamo vissuto un’esperienza di guida straordinaria alla scoperta di Astino, unendo il piacere del viaggio al fascino di un territorio ricco di storia e natura.
Il Museo Nicolis protagonista a Milano per l’edizione 2025 di #FORUMAutoMotive, uno degli eventi internazionali più attesi nel settore dell’automobile, promosso dal giornalista e fondatore Pierluigi Bonora. Giunto alla sua decima edizione, l’evento ha visto la partecipazione dei principali opinion leader del settore, affrontando temi chiave come il futuro del mercato automotive e i rischi legati al calo di produzione nel nostro Paese, il Green Deal e il piano d’azione UE, oltre alla sicurezza stradale e ai rischi legati alla riduzione della produzione automobilistica in Italia. In questo contesto, il 17 e 18 marzo, il Museo Nicolis ha esposto un vero gioiello della storia dell’automobile: la Fiat 600 D Coupè Viotti del 1965, simbolo del sogno italiano negli anni della rinascita post-bellica. Con oltre 4,9 milioni di esemplari prodotti, la Fiat 600 è stata definita "la più trasformata dagli italiani", un’espressione presa in prestito da una celebre pubblicità. Nata da un progetto innovativo, con motore posteriore raffreddato ad acqua e spazio per quattro persone, questa vettura ha rivoluzionato la mobilità italiana, affiancandosi a icone come la Balilla e la Topolino. Nel pieno del boom economico, divenne l’auto della famiglia italiana, trasformando il modo di viaggiare e segnando un’epoca.
SETTANT’ANNI DI FIAT 600: UN’ICONA DELLA MOBILITÀ ITALIANA
Il Museo Nicolis celebra i 70 anni della Fiat 600 (1955-2025). Presentata ufficialmente al Salone di Ginevra nel 1955 e progettata da Dante Giacosa con l’obiettivo di offrire agli italiani un’auto compatta, accessibile ed efficiente, la Fiat 600 conquistò il cuore degli italiani, diventando simbolo di benessere e libertà.
VITTORINO VIOTTI: UN MAESTRO DELL’ELEGANZA
AUTOMOBILISTICA
La versione D del 1960 introdusse miglioramenti significativi, tra cui un motore potenziato da 767 cm³. Il modello esposto dal Museo Nicolis è una versione speciale: un esclusivo coupé con tetto in tela, firmato dal celebre carrozziere Vittorino Viotti. uno dei più raffinati artigiani del design automobilistico italiano. Attiva fin dagli anni '20, la sua carrozzeria si specializzò nella creazione di modelli esclusivi e di alta qualità, questo esemplare rappresenta perfettamente l’estro creativo e il design italiano dell’epoca che contribuirono a diffondere il made in Italy nel mondo.
UNA STORIA AFFASCINANTE: DAL CONVENTO AL RESTAURO Una curiosità affascinante sulla vettura esposta: prima di essere restaurata da Luciano Nicolis, la Fiat 600 D Coupé Viotti apparteneva a un convento di suore. Un destino insolito per un’auto dalle linee eleganti e dal carattere esuberante, che oggi rivive grazie alla passione e all’impegno del Museo Nicolis.
SILVIA NICOLIS, PRESIDENTE DEL MUSEO NICOLIS
“È un privilegio poter testimoniare la storia del nostro Paese attraverso automobili iconiche. Sono oggetti che raccontano storie, parlano della nostra industria e delle abilità italiane, che ancora oggi ispirano designer e giovani generazioni alla scoperta della bellezza del made in Italy.” Durante la serata Silvia Nicolis è anche intervenuta al microfono di Andrea Agresti, la nota “Iena” di Mediaset. Con questa partecipazione, il Museo Nicolis riafferma il suo impegno nella valorizzazione del patrimonio automobilistico italiano, ricordando che ogni vettura custodisce un pezzo di storia, fatta di innovazione, passione e talento. La Fiat 600, a 70 anni dalla sua nascita, continua a emozionare e a ispirare, testimoniando il genio creativo italiano che ha lasciato un segno indelebile nel mondo dell’automobile. Trovate tutte le informazioni sul sito: www.museonicolis.com
Con la nuova R 18, BMW Motorrad entra nel segmento delle cruiser. Come nessun’altra moto precedente, questo modello rientra a pieno titolo nella tradizione delle moto storiche BMW – sia in termini tecnici che di design. Rifacendosi a modelli famosi come la BMW R 5 dal punto di vista sia tecnologico che visivo, sposta di nuovo l’attenzione sui componenti essenziali della moto: una tecnologia purista e senza orpelli, il motore boxer come fulcro del piacere di guida, unitamente a“buone vibrazioni”. Il design classico della R 18 si combina inoltre con una tecnologia pulita, eppure contemporanea, per dare vita a un affascinante concept generale – offrendo un’esperienza di guida tanto raffinata quanto emozionale.
IL PIÙ POSSENTE MOTORE BOXER BMW A COPPIA ELEVATA DI TUTTI I TEMPI. L’elemento principale della nuova BMW R 18 è un motore boxer bicilindrico di nuova progettazione: il “Big Boxer”. L’aspetto imponente e la tecnologia rispecchiano la continuazione dei motori boxer tradizionali raffreddati ad aria che, per più di settant’anni, hanno offerto una stimolante esperienza di guida fin da quando BMW Motorrad ne iniziò la produzione nel 1923.
Il più possente motore boxer bicilindrico mai usato nella produzione di moto ha una cilindrata di 1802 cc. La potenza massima è di 67 kW (91 CV) a 4750 giri/ min. Da 2000 a 4000 giri/min sono sempre disponibili più di 150 Nm di coppia e questa essenziale potenza di spinta si fonde con un suono pieno e vibrante. Telaio in acciaio con struttura a doppia culla e forcellone posteriore con asse di trasmissione passante che produce l’effetto di un telaio rigido. Il pezzo forte delle sospensioni nella nuova R 18 è un telaio in acciaio con struttura a doppia culla. Il suo design tramanda la vecchia tradizione di BMW Motorrad di questo tipo di telaio. Un’eccellente qualità di fabbricazione e una meticolosa attenzione ai dettagli si rivela anche in caratteristiche non visibili come i giunti saldati tra i tubi in acciaio
e le parti fuse o forgiate. Come la leggendaria BMW R 5, il forcellone posteriore – che sfoggia un altrettanto notevole design – circonda l’asse di trasmissione posteriore in uno stile autentico tramite giunti bullonati. Forcella telescopica con copri forcella, sistema Cantilever della sospensione posteriore, ruote a raggi e freni a disco. Gli elementi delle sospensioni della nuova BMW R 18 sono volutamente privi di opzioni di regolazione elettronica. Al contrario, una forcella telescopica e un sistema di sospensione centrale montato direttamente con ammortizzazione progressiva e precarico della molla regolabile assicurano un controllo superiore delle ruote e un piacevole comfort. Come nella leggendaria BMW R 5, i tubi della forcella telescopica sono incamiciati in copri forcella.
L’impianto frenante della nuova BMW R 18 è costituito da un doppio disco all’anteriore e un singolo al posteriore, a pinza fissa a quattro pistoncini. Al contempo, le ruote a raggi conferiscono alla R18 un aspetto indiscutibilmente elegante.
Equilibrata ergonomia per un ottimo controllo
In linea con la filosofia di BMW Motorrad, la nuova BMW R 18 è caratterizzata da un posizionamento centrale delle pedane poggiapiedi. La posizione classica dietro i cilindri non solo è tipica di BMW, ma consente anche una posizione di guida rilassata e attiva per un perfetto controllo della moto.
Tre modalità di guida
La nuova R 18 offre tre modalità standard di guida: “Rain”, “Roll” e “Rock” – insolito per questo segmento – in modo da adattarsi alle preferenze del singolo guidatore. L’allestimento standard include inoltre l’ASC (Automatic Stability Control, escludibile) che assicura un elevato livello di sicurezza della guida.
Tra gli optional, la retromarcia assistita rende agevoli le manovre, mentre il sistema Hill Start Control facilita le partenze in salita.
La R 18 traspone in modo magistrale lo stile iconico dei tempi andati ai giorni nostri, mantenendo un design purista in numerosi dettagli, principalmente influenzato da modelli classici come la BMW R 5. Non è una coincidenza che gli elementi funzionali e stilistici, come il telaio in acciaio con struttura a doppia culla, il serbatoio a goccia, l’albero di trasmissione a vista e la verniciatura con i filetti (disponibile come opzione di fabbrica) ricordino il leggendario motore boxer del 1936. Anche le componenti classiche della carrozzeria sono in metallo –come si addice a ogni vero classico. Le sospensioni ricordano altrettanto bene la mitica R 5. Insieme al forcellone a doppio braccio e al sistema Cantilever della sospensione posteriore, il concept di telaio rigido della R 5 viene perfettamente trasposto ai giorni nostri in termini estetici.
Una festa nel “golfo mistico” per l’incontro annuale dei sostenitori della Fondazione Teatro Donizetti. I risultati 2024: 53 Ambasciatori di Donizetti e oltre 1,3 milioni di euro dalla raccolta fondi da privati. Prossimi obiettivi: consolidare i risultati conseguiti e raggiungere i 73 donatori
Un’esperienza inusuale da veri professori d’orchestra e artisti del coro ha coinvolto i donatori e i partner della Fondazione Teatro Donizetti, diretti dalla sapiente bacchetta del Maestro Riccardo Frizza, direttore artistico e musicale del festival Donizetti Opera per il triennio 2025-2027. Per una sera gli Ambasciatori di Donizetti si sono seduti tra il cosiddetto “golfo mistico” e il palcoscenico, e hanno dismesso gli abiti da imprenditori e manager per vivere l’esperienza del teatro da una prospettiva inedita. Il Maestro Frizza li ha, infatti, accolti nella dimensione a lui più familiare, quale direttore d’orchestra di fama internazionale, e dal podio li ha guidati in un viaggio musicale e performativo, altamente emozionale e coinvolgente, sulle note dell’aria di Norina “So anch’io la virtù magica” dal Don Pasquale di Gaetano Donizetti, interpretata dal soprano Valentina Maria Fassi accompagnata al pianoforte da Francesco Manessi. Tra un battito di mani e uno di piedi, si è fatta esperienza del Teatro da un punto di vista molto differente da quello a cui si è abituati da spettatori, seduti in platea o nei palchi, lasciandosi trasportare dall’emozione del palcoscenico. Da qui Riccardo Frizza ha preso le mosse per raccontare la sua visione di Leadership Armonica, attingendo anche a qualche nota biografica, che accomuna la figura dell'imprenditore a quella del direttore d’orchestra, per poi affrontare il tema della Vocazione, strettamente legato alla voce e all’ascolto, rivolto alle giovani generazioni. Sono, così, stati illustrati gli obiettivi del prossimo triennio di direzione artistica, che uniscono la costante attenzione e il forte legame tra il Teatro e il territorio a una visione sempre più internazionale per il festival Donizetti Opera.
Si sono, inoltre, condivisi alcuni numeri importanti per la Fondazione, per voce del Presidente Giorgio Berta e del Direttore generale Massimo Boffelli che, insieme alla Direttrice artistica della Stagione di Prosa Maria Grazia Panigada e di Roberto Valentino in rappresentanza di Joe Lovano, direttore artistico di Bergamo Jazz, hanno ricordato che nel solo 2024 il Teatro ha accolto oltre 100mila spettatori per le sue stagioni, con oltre 7.500 abbonati, 160 giornate di spettacolo e più di 20mila ragazzi e bambini coinvolti nei progetti education.
Fondamentale il supporto dei privati che, su circa 7 milioni di ricavi, contribuiscono con oltre il 18% delle risorse, in uno scenario generale in cui i fondi pubblici sono in calo e rendono le attività di fundraising essenziali per il sostegno e la crescita delle attività della Fondazione. L’obiettivo è mantenere alto il livello dell’offerta culturale e artistica grazie a una solida partnership con il mondo imprenditoriale e incrementare ancora di più le attività e il prestigio internazionale della Fondazione Teatro Donizetti.
La serata è stata occasione per un primo bilancio, a un anno dalla presentazione, del nuovo progetto Ambasciatori di Donizetti, l’iniziativa di sostegno alle attività della Fondazione che ha l’obiettivo di radunare attorno al Teatro e alla figura di Gaetano Donizetti 73 imprese, una per ogni opera del maestro. Nel 2024, oltre a partner istituzionali e sponsor, 53 aziende sono diventate Ambasciatori di Donizetti, con una raccolta fondi complessiva pari a oltre 1,3 milioni di euro. Un’eccellenza a livello nazionale per la dimensione delle attività del Teatro cittadino. Centrale lo strumento dell’Art Bonus, che grazie al credito d’imposta del 65% dell’importo donato permette alle imprese di impegnarsi abbinando mecenatismo e risparmio fiscale.
A testimonianza di questo l’Art Bonus dal 2014, anno della sua introduzione, ad oggi ha generato a livello nazionale risorse pari a oltre 1 miliardo di euro, con la Lombardia in testa per ammontare donato. Il Presidente Giorgio Berta ha sottolineato: “Il Teatro è una grande azienda, una vera e propria industria culturale, per molti versi simile a tante delle imprese bergamasche: impiega più di 40 persone continuativamente, oltre a figure artistiche e tecniche. Propone attività a ciclo continuo per quasi 365 giorni l’anno e ha un significativo impatto sull’economia e sulla società bergamasca, anche grazie all’indotto generato”. E ha concluso il Direttore generale Massimo Boffelli: “Il Teatro Donizetti, ancor di più dopo il completamento del restauro, è punto di riferimento per la cittadinanza e casa della cultura di Bergamo, aperto non solo al numerosissimo pubblico ma anche ai tanti partner che qui trovano occasioni e modalità uniche e coinvolgenti per conciliare attività imprenditoriale e meraviglia dello spettacolo, come da tradizione del teatro all’italiana”. Giorgio Berta, Presidente
Ogni giorno ci tocca leggere tutto ed il contrario di tutto, il mondo è molto strano, ma la storia invece ci insegna tante cose, solo che sta a noi capire e volerla osservare.
Negli anni ’70 vi era una sinistra pacifista, attiva su tutti i fronti, che però uccideva studenti innocenti come Ramelli a Milano e altri a Roma, a Padova… Poi iniziarono ad uccidere giudici, militari, giornalisti, docenti universitari, in nome della Libertà e contro ogni tipo di guerra (allora c’era il Vietnam). Sappiamo bene come andò a finire!!
Ora la sinistra si dice ancora pacifista, ma vuole a tutti i costi che le guerre non finiscano mai, iniziando da quella in Ucraina per passare da quella di Gaza e per finire nel Golfo Persico.
Per giustificare tutto ciò vota a favore di un esercito europeo universale, che richiederà una spesa minima del 5% del nostro PIL per sempre, non solo una tantum, ciò imporrà la necessità di avere un esercito italiano con un numero di effettivi non inferiore 120-130 mila, una revisione totale del nostro armamento, ma soprattutto ci vorranno non meno di 5-7 anni per organizzare il tutto.
Si dovrà modificare la Costituzione Europea, farla votare da tutti i 27 paesi, ma soprattutto dovrà essere integrata con le forze NATO e soprattutto ONU. Vi sarà un impoverimento dei servizi essenziali per la salute e l’assistenza in generale, comprese le pensioni. Pensate che ciò sarà possibile? Non scherziamo per cortesia.
La cosa bella nelle boutade di Trump è che finalmente il vaso di Pandora si è scoperchiato: l’Europa Unita non esiste e finalmente ci si rende conto che per essere gli Stati Uniti d’Europa dobbiamo riformare e rifondare tutto. Certo che se democraticamente affossiamo le elezioni nei paesi che non la pensano come il Potere, allora ciccia.
Altro che pensare alle automobili green, alla forma delle banane, alle grandezze dei piselli… Non siamo nemmeno riusciti ad avere le stesse prese della corrente, cosa pretendiamo??
Aspettiamo che Micron ci rifili 300 testate nucleari obsolete (aggiornate al 1994/5 con ultimi esperimenti avvenuti segretamente nel ’92) e con la Legione Straniera pronta a marciare perché non possono mandare l’esercito regolare. Poi arriveranno i commandos inglesi con le loro testate… Ma scusate, cosa c’entrano con l’Europa Unita se non ne fanno più parte? Sono la “testa di legno” degli USA?
Speriamo che tutto ciò riesca a farci riflettere su chi siamo realmente e dove vorremmo andare.
La situazione ridicola è che la sinistra pacifista è diventata guerrafondaia e la destra, contrariamente a ciò che il pensiero comune descrive, è realista e capisce che se siamo giunti sino a qua è perché la politica liberal degli Obama, dei Clinton, dei Biden, ma anche dei Busch è fallita, totalmente.
Invece di procedere con il G7 più 1, cioè la Russia, come avvenne a Pratica di Mare, si è deciso di allontanarla, appoggiandoci alla Cina, che è sempre più pericolosamente vicina.
I paesi occidentali noi compresi ci siamo fatti finanziare dalla Cina i nostri debiti pubblici, Stati Uniti in testa, abbiamo ceduto loro l’Africa e il Medio Oriente mentre agli Arabi abbiamo lasciato via libera ed una serie di lettere di credito, ed eccoci qui.
Un pragmatico, spregiudicato e già almeno due volte aggredito a pistolettate, ci porta a capire cosa sia realmente la politica: solo l’interesse delle nazioni più forti. Ci ha fatto capire il perché delle guerre moderne,
che in fondo sono le stesse ragioni di quelle vecchie, ne più ne meno.
L’Europa è il vaso di coccio tra i vasi di ferro, Usa, Cina, Russia e Paesi Arabi, tutto il resto è noia.
Mancava solo che il Papa stesse male… I suoi ragazzi non sono in grado di agire diplomaticamente perché senza il comando dello Spirito Santo non sanno che fare, se non predicare la Pace.
Una pace giusta e duratura si troverà solo se Francia e Germania (che stanno malissimo, la smetteranno di ragionare come se esistessero ancora i loro imperi. Ricordiamoci che uno finì a sant’Elena mentre gli altri dopo il trattato di Versailles, finirono a Norimberga.
Sperando che non si debba assistere a breve ad una Dallas 2, di Kennediana memoria, per mettere fine a questo difficile rinnovamento epocale, mi auguro che gli uomini di buon senso lavorino insieme per ricreare un nuovo ordine mondiale, che inizi dalla riforma dell’ONU organismo obsoleto ed inesistente, ma soprattutto mettendo in secondo piano il lucro singolare di ogni Stato a fronte, invece, di un interesse generale che finalmente metta fine alla globalizzazione e a tutti quegli orpelli burocratici che ci hanno portato a questo punto.
Essere in mano ai Turchi agli Iraniani ed al Qatar non fa bene a nessuno, non possiamo prescindere da chi siamo e cosa potremmo essere noi europei e soprattutto noi italiani. Un solo esempio: Machiavelli docet.
Ma soprattutto, se a Roma venne l’apostolo Pietro appunto circa 2000 anni fa, ci sarà stato pure un perché.
Coraggio, che le fazioni politiche di casa nostra si confrontino lealmente e definiscano una linea comune per tutelare le nuove generazioni, le quali ignoranti della storia e della geografia, non capiscono nemmeno la più elementare questione politica e non hanno mai sofferto di nulla. Ma se soffrissero un pochino potrebbero crescere? Avrebbero ideali da trasferire a quei pochi figli che metteranno al mondo? Non lo so, vorrei per loro tutto il bene, ma devono svegliarsi, agire, lottare, organizzarsi, studiare la storia, leggere i giornali e non solo il cellulare, viaggiare e capire dove viaggiano….. La vedo dura, ma forse sarà possibile cambiare il mondo proprio grazie ad un terribile Trump (eletto democraticamente per la seconda volta) ed ad un Musk (legalmente il più ricco del mondo) che a differenza dei suoi colleghi subdoli (a voi mettere i nomi) ci ha messo la faccia e, spero per entrambi, che non debbano rimetterci la vita. Sarebbe una sconfitta per il Mondo intero.
L’ecografia è una metodica diagnostica non invasiva che utilizzando ultrasuoni (onde sonore) emessi da particolari sonde appoggiate sulla pelle del paziente, consente di visualizzare organi, ghiandole, vasi sanguigni, strutture sottocutanee ed anche strutture muscolari e tendinee in numerose parti del corpo. Durante l’esecuzione dell’ecografia, l’area da esaminare viene inumidita con un apposito gel, non tossico, che consente una migliore trasmissione degli ultrasuoni attraverso il corpo umano.
L’ecografia costituisce uno dei primi approcci allo studio del corpo umano, fatta eccezione della parte scheletrica e delle strutture interne alla scatola cranica. Gli ultrasuoni, infatti, non sono in grado di studiare le strutture ossee. Le ecografie sono, invece, molto utilizzate per lo studio del collo (tiroide, linfonodi), dell’addome (fegato, reni, milza, pancreas, eccetera), della pelvi (vescica, utero, ovaie, prostata), delle vene e delle arterie (carotidi, aorta, eccetera), dell’apparato muscolare (muscoli, tendini, legamenti).
L’ecografia non prevede emissione di radiazione di tipo X. Può essere, pertanto, effettuata con una certa frequenza qualora si rilevi la necessità di eseguire ripetute indagini in presenza di patologie note a scopo di monitoraggio. Bergamo
Il cancro al pancreas è uno dei tumori più letali al mondo, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 13%. Questa prognosi sfavorevole è dovuta sia alla diagnosi tardiva che alla straordinaria capacità del tumore di adattarsi e resistere alle terapie. Ora, uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Verona, dell’Università di Glasgow e del Botton-Champalimaud Pancreatic Cancer Centre ha scoperto un fattore nascosto alla base di questa adattabilità: il DNA extracromosomico (ecDNA).
Il team ha scoperto che alcune cellule del cancro pancreatico acquisiscono un importante vantaggio di sopravvivenza perché contengono copie di geni critici per il cancro, come MYC, su frammenti circolari di DNA che esistono al di fuori dei cromosomi, le strutture che contengono la maggior parte del nostro materiale genetico. Conosciuti come ecDNA, questi elementi genetici fluttuano nel nucleo della cellula, permettendo alle cellule tumorali di aumentare rapidamente l’espressione genica, modificare la loro forma e sopravvivere in ambienti altrimenti ostili. “Il cancro al pancreas è spesso chiamato un “killer silenzioso” perché è difficile da rilevare fino a
quando è troppo tardi - ha affermato Peter Bailey, coautore corrispondente e direttore della Ricerca traslazionale al Botton-Champalimaud Pancreatic Cancer Centre -. Sappiamo che parte della sua letalità deriva dalla capacità delle cellule tumorali di “cambiare forma” sotto stress. Il nostro studio dimostra che l’ecDNA gioca un ruolo chiave in questo processo”.
I ricercatori hanno scoperto che l’ecDNA è sorprendentemente comune nei tumori pancreatici, in particolare per oncogeni come MYC, che stimolano la crescita e il metabolismo del cancro. «Abbiamo osservato una grande variabilità nel numero di copie di MYC quando questo gene si trovava sull’ecDNA - ha spiegato Elena Fiorini, co-prima autrice e ricercatrice senior all’università di Verona -. Alcune cellule trasportavano decine, o addirittura centinaia, di copie extra di MYC, conferendo loro un vantaggio di crescita significativo in determinate condizioni».
“È, di fatto, una strategia di “scommessa sulla diversità” - ha aggiunto Daniel Schreyer, co-primo autore ed ex dottorando all’Università di Glasgow -. All’interno dello stesso tumore si formano gruppi di cellule con livelli molto alti di MYC, che risultano vantaggiosi in determinate condizioni, mentre altre cellule con meno copie potrebbero adattarsi meglio a un ambiente diverso”.
SMOG IN LOMBARDIA: NUOVO
STUDIO RIVELA GLI EFFETTI DEVASTANTI DELL’INQUINAMENTO SUL CERVELLO
Un’esposizione anche di breve durata alle polveri sottili compromette l’attenzione, la produttività e l’intelligenza emotiva. Una condizione simile alla “nebbia cognitiva” descritta nei pazienti con Long Covid.
Le implicazioni di questi risultati vanno ben oltre la sfera individuale. “La scarsa qualità dell’aria incide direttamente sulla produttività e sulla crescita economica, in un’epoca in cui l’eccellenza cognitiva è essenziale”, osserva Francis Pope, dell’Università di Birmingham. Un declino delle capacità cognitive potrebbe tradursi in un rallentamento dell’innovazione e in una maggiore difficoltà nel prendere decisioni strategiche
Cosa si intende per Fisiatria?
“Il fisiatra è il medico chirurgo che si occupa della riabilitazione dopo aver conseguito la specializzazione in medicina fisica e riabilitativa. È in sostanza la persona che cerca con il suo team di aiutare un paziente che ha subito una lesione a recuperare la sua autonomia il più possibile. Il fisiatra si occupa di rieducare, riabilitare e rendere la vita al paziente più simile possibile o migliore rispetto alla condizione precedente l’evento acuto. Faccio degli esempi: pazienti che hanno subito lesioni ischemiche, pazienti a cui è stato diagnosticata una malattia neurologica degenerativa o ancora pazienti che hanno subito un infarto o un intervento ortopedico”.
Cosa la differenzia dalla Fisioterapia?
“Il fisioterapista è una figura delle professioni sanitarie. Non è un medico ma occupa un posto di primo piano all'interno del team riabilitativo insieme ad altre figure come quella del logopedista, dello psicologo, del neuropsicologo, della terapista occupazionale, dell’infermiere o del tecnico ortopedico”.
Quando ci si deve rivolgere ad un Fisiatra? Quali nuove tecnologie vengono utilizzate in Fisiatria (Biostimolazione, Onde d’urto ecc.)?
“Le tecnologie che si possono utilizzare in riabilitazione sono molteplici: dalla robotica a tutti gli elettromedicali che i lettori per certo conoscono. Tali tecnologie sono costantemente in continuo miglioramento per quanto concerne la loro efficienza e la loro praticità nei confronti delle esigenze dei pazienti”.
È importante la personalizzazione delle terapie?
“La personalizzazione delle terapie è fondamentale specialmente in riabilitazione. L’aderenza alla terapia e il successo di tale terapia in riabilitazione deve passare assolutamente da una piena valutazione di ogni terapia proposta al paziente per valutarne la fattibilità la collaborazione e l’ingaggio che si riesce a stabilire con il paziente”.
La ricetta della longevità secondo lo scienziato Tasciotti: “Mangiate meno. E occhio alla solitudine, fa perdere una decina d'anni di vita”. Tornato dopo 15 anni dagli Stati Uniti ora dirige il primo Laboratorio di longevità umana all’Irccs San Raffaele di Roma. Voleva fare il documentarista, da bambino sognava di essere come David Attemborough, ma a rapirlo anziché la Savana Africana sono stati cellule e batteri osservati sotto la lente del microscopio. Ennio Tasciotti fa lo scienziato, è di Latina ma dopo il liceo ha iniziato il suo viaggio in giro per il mondo, di ricerca in ricerca. Ora è tornato in Italia e la sua nuova sfida è quella della longevità e dell'invecchiamento in salute. Ennio Tasciotti ha fondato e dirige lo Human longevity program presso l'Irccs San Raffaele di Roma. Laureato in Biologia molecolare alla Normale di Pisa, ha lavorato per 15 anni in Texas, diventando professore di Medicina rigenerativa e dirigendo il Centro di Medicina Biomimetica, da lui fondato nel 2015 al Methodist Hospital Research Institute di Houston. Nel 2024 è stato inserito dalla Stanford University nel top 1% degli scienziati più influenti al mondo per le sue scoperte sul ruolo dell'infiammazione e del sistema immunitario nella riparazione di organi e tessuti..
Come si può migliorare la qualità della vita nelle persone non più giovani?
“Prevenzione e adeguati stili di vita, seguire semplici regole che ci dicono di mangiare meno, come dicevano i nonni: il miglior cibo è quello che non si è mangiato. La restrizione calorica, lo dimostrano tutti gli studi, è salutare: mangi il 20% in meno e guadagni il 30% in qualità della vita”.
Qual è un nemico della salute a cui non pensiamo spesso?
“La solitudine, per questo dobbiamo dedicare alla parte cognitiva ed emotiva delle persone la stessa attenzione che mettiamo negli altri ambiti classici della medicina. Ci sono studi lunghi 30 anni che esaminano l'aspettativa di vita di chi è solo e di chi è sposato, si perdono una decina d'anni di vita quando si resta soli, quasi quanto si perde a causa del fumo”.
Si parla sempre di più di Silver economy
“Sarà la nuova economia, nel 2050 più del 35% della popolazione sarà over 65, ci sarà tutto un mercato legato ai bisogni di quella parte di società da soddisfare. Se non ci prepareremo ad affrontare questo cambiamento il sistema sanitario rischierà di scoppiare, non avremo i fondi sufficienti per far fronte alle necessità. Dobbiamo far capire alle persone che la salute è nelle loro mani”.
AD UN ANNO DALLA SUA SCOMPARSA, UNA FOLLA COMMOSSA E ATTENTA HA RICORDATO ARNALDO MINETTI, L’“IMPRENDITORE ETICO”, ALLA GUIDA, CON PASSIONE E DETERMINAZIONE, PER 35 ANNI DELL’ASSOCIAZIONE CURE PALLIATIVE. IL SUO NOME DA OGGI SI AGGIUNGE ALL’HOSPICE DELL’ASST PAPA GIOVANNI XXIII DI BORGO PALAZZO, GIÀ INTITOLATO A KIKA MAMOLI, LA SUA AMATA MOGLIE SCOMPARSA NEL 2005
Una doppia intitolazione “Hospice Kika Mamoli e Arnaldo Minetti” come simbolo del legame per l’amata moglie scomparsa nel 2005, ma anche della stima, riconoscenza e affetto da parte delle Istituzioni e delle tante persone verso due figure che hanno profondamente segnato la storia delle cure palliative a Bergamo e in Italia. Erano infatti gli anni ’90 quando, accomunati dall’impegno nel volontariato e dalla fiducia verso le cure palliative e il diritto a non soffrire anche di fronte alle malattie più gravi, Kika Mamoli e Arnaldo Minetti, oltre a promuovere cure palliative domiciliari, iniziarono a pensare ad un luogo in cui i malati in una specifica fase della loro vita potessero ricevere cure, attenzioni e dedizione. Iniziò così un’imponente raccolta fondi, promossa dall’Associazione Cure Palliative, a cui parteciparono moltissime realtà locali, imprese, istituzioni, professionisti e tanti cittadini per realizzare l’Hospice di Borgo Palazzo, che, una volta completato, venne immediatamente donato agli allora Ospedali Riuniti di Bergamo, perché fosse un’opera afferente al Servizio Sanitario Nazionale. L’Hospice venne così inaugurato il 22 dicembre 2000, divenendo il primo Hospice pubblico in Italia e il primo in assoluto in provincia di Bergamo. Il direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII Francesco Locati ha sottolineato l’importante ruolo dell’Associazione Cure Palliative Odv-Ets, che dal 1989 offre supporto a migliaia di pazienti: “Con la scomparsa di Arnaldo Minetti, Bergamo ha perso una figura di spicco del volontariato locale: la collaborazione della nostra ASST con l’Associazione Cure Palliative è proseguita senza interruzioni grazie all’infaticabile figlia Aurora che ne ha raccolto il testimone. Con l’Associazione Cure Palliative collaboriamo attivamente fin dalla sua nascita, cioè da 36 anni, e anche grazie a loro continuiamo ad offrire cura e assistenza ai malati inguaribili in fase avanzata di malattia, seguiti a domicilio o ricoverati, e ai loro famigliari”. Alla cerimonia di intitolazione ha partecipato la sindaca di Bergamo Elena Carnevali che ha ricordato: “Oggi rendiamo omaggio a una figura straordinaria, Arnaldo Minetti, un amico di lunga data e un pioniere testardo che ha dedicato la sua vita alla battaglia per il diritto alla cura senza dolore e alla dignità del fine vita. L’Hospice di Borgo Palazzo, tra i primi esempi in Italia, fu realizzato raccogliendo i fondi necessari grazie all’Associazione Cure Palliative, di cui lui e sua moglie Kika Mamoli furono i fondatori, e poi volutamente donato agli Ospedali Riuniti perché fosse patrimonio pubblico e accessibile a tutti. Con l’intitolazione di oggi, questa struttura porta anche il suo nome, segno tangibile dell’impegno che lui e sua moglie Kika Mamoli hanno profuso per garantire a ogni persona malata rispetto, cura e umanità fino all’ultimo”. “Essere qui oggi - ha commentato Aurora Minetti, Presidente Associazione Cure Palliative Odv-Ets - rappresenta il compimento di un importantissimo percorso che non poteva non vedere assieme KIKA e ARNALDO, pionieri infaticabili di quel diritto troppo spesso maltrattato, chiamato Diritto alla Salute, nonostante a Bergamo, il nostro Papa Giovanni, spicchi per essere tra le migliori eccellenze d’Italia e in Eurorpa. L’Hospice di Borgo Palazzo, da oggi porterà il loro nome, per non dimenticare, ma soprattutto per ricordarci tutti che di strada da fare assieme per garantire qualità di vita e fine vita, qui e sul territorio, ne abbiamo ancora tanta ed è solo grazie al contributo di tutti, pubblico, privato e no profit, in continua dialettica tra loro, che potremo dirci davvero arrivati (per poi iniziare, da buoni bergamaschi, nuovi progetti)”.
FONDAZIONE ACCADEMIA
CARRARA PRESENTA IL PRO -
GRAMMA PER IL BIENNIO 20252026: PROGETTI ESPOSITIVI ED
EDITORIALI INCENTRATI SULLA
COLLEZIONE, SUI GRANDI
MAESTRI E GRANDI TEMI FINO
A CAPITOLI MENO CONOSCIUTI
CHE PERMETTONO DI SCOPRI-
RE OPERE E STORIE INEDITE
MARIA LUISA PACELLI,
DIRETTRICE
DELLA FONDAZIONE ACCADEMIA CARRARA
“Arrivare a presentare in così breve tempo dal mio insediamento un programma biennale, cosa che poche istituzioni italiane sono in grado di fare, è stata una sfida tanto per me, quanto per i colleghi, oltre che un'importante risposta ai molti cambiamenti che hanno interessato il museo prima del mio arrivo. Si è trattato di una vera e propria maratona che, da ora in avanti, ci consentirà di lavorare sinergicamente su una molteplicità di obiettivi, in grado di abbracciare nel loro complesso le diverse necessità correlate al “Mondo Carrara” sempre partendo dalla conservazione e dalla valorizzazione del nostro patrimonio”.
Operazioni di tutela e valorizzazione dentro Lorenzo Lotto; un percorso fotografico che racconta la pittura e il territorio in chiave contemporanea, con Axel Hütte; prestigiosi prestiti da istituzioni nazionali e internazionali e riscoperta del patrimonio con la pittura su pietra; la tanto attesa riunione del mazzo dei Tarocchi, accompagnata dal racconto della loro storia e della loro fortuna nei secoli; la celebrazione di Giacomo Carrara che, nel 1796, partendo dalla sua passione di collezionista e conoscitore, diede vita al Museo, noto nel mondo come ‘Casa del Collezionismo’; l’importanza delle pubblicazioni scientifiche per la donazione Zeri e l’avvio del lavoro dedicato alle opere cinquecentesche. Il programma si arricchisce, oltreché delle tante attività quotidiane della Carrara tra studio, conservazione, restauri, servizi educativi, comunicazione anche di progetti speciali, compresi quelli previsti nei Giardini PwC, lo spazio green che si prepara a vivere la sua prima stagione primaverile ed estiva nel 2025. MONDO CARRARA conferma la volontà del museo di essere uno spazio inclusivo e sempre più accessibile per tutti i pubblici, dai bambini alle famiglie, dai ragazzi agli adulti, attento alla fragilità e all’arte come cura e benessere.
Lorenzo Lotto, Madonna col Bambino e i santi Giuseppe, Bernardino da Siena, Giovanni Battista, Antonio Abate e cinque angeli, nota come pala di San Bernardino, 1521, olio su tela,287 x 268 cm, chiesa di San Bernardino in via Pignolo, Bergamo
Dalla pala di San Bernardino alle fotografie di Axel Hütte dall’11 aprile al 31 agosto. A cura di Maria Luisa Pacelli con Filippo Maggia - mostra fotografica
Nel 500° anno dalla partenza di Lorenzo Lotto (1480 – 1556/1557) dalla città di Bergamo, si avvia da Accademia Carrara il progetto realizzato in collaborazione con Comune e Diocesi di Bergamo, Parrocchia di Sant’Alessandro della Croce e Fondazione Adriano Bernareggi, dedicato alla tutela della pala di San Bernardino e finalizzato al sostegno dell’omonima chiesa bergamasca, chiusa da mesi e bisognosa di restauri. Il capolavoro di Lotto sarà ospitato in Carrara, istituzione che conserva uno dei più importati corpus del pittore veneziano e, successivamente da settembre a febbraio 2026, presso la nuova sede del Museo Diocesano. L’iniziativa sottolinea la missione e il ruolo sociale della Carrara, garantendo la conservazione dell'opera e rendendola accessibile al pubblico. Oltre a partecipare attivamente ai bisogni della comunità, il museo contribuisce anche economicamente ai lavori per la chiesa, sia con una donazione indipendente sia con la destinazione di parte del ricavato dei biglietti d’ingresso (1 euro). In concomitanza alla presenza della pala di San Bernardino nelle sale del museo, Accademia Carrara presenta una mostra fotografica di Axel Hütte (1951), dedicata a opere di Lorenzo Lotto presenti a Bergamo e sul territorio. L’esposizione di uno dei più importanti rappresentanti della Scuola di Düsseldorf, a cura di Filippo Maggia, è allestita al primo piano. Per questo progetto, Hütte ha lavorato con il grande formato ritornando più volte nei medesimi luoghi in differenti periodi dell’anno. La selezione proposta è una sintesi dell’interpretazione dei dipinti di Lotto con la memoria dei luoghi in cui questi sono conservati, in un tempo che invita lo spettatore alla contemplazione di quella che è un’opera nell’opera.
ARTE NATURA
Pittura su pietra tra Cinque e Seicento 10 ottobre 2025 – 6 gennaio 2026 - A cura di Patrizia Cavazzini
Accademia Carrara presenta il progetto dedicato alla pittura su pietra, dalla sua nascita con Sebastiano del Piombo fino al suo declino nel Seicento. La mostra, che si basa sul rapporto tra natura e artificio, racconta la storia, poco nota, di questa straordinaria tecnica che ha affascinato artisti come Paolo Veronese, Jacopo Bassano, Palma il Giovane, Antonio Tempesta e Salvator Rosa. Grazie a importanti prestiti da istituzioni nazionali e internazionali, come Galleria Borghese, Opificio delle Pietre Dure, Gallerie degli Uffizi, Palazzo Barberini oltre a Museo del Prado di Madrid, Museum of Fine Arts di Budapest e da collezioni private, il percorso espositivo è suddiviso in tre sezioni: le pietre scure, le pietre venate e le produzioni di lusso. Arte e Natura rappresenta anche un'opportunità di studio e, in alcuni casi, di scoperta della collezione di Accademia Carrara: per questa occasione, alcune opere in deposito sono state restaurate. Il pubblico è invitato a scoprire il legame tra soggetto e supporto, non sempre evidente, distinguendo l’opera della natura da quella dell’artista, esaminando le luci che si riflettono nella pietra o la attraversano, modificando l’immagine e conferendole significati, interrogandosi sulla collaborazione tra pittori e scalpellini o gioiellieri che preparavano le pietre. La bellezza dei materiali, la sensibilità degli artisti nell’utilizzarli, il loro mutare a seconda delle condizioni di luce, sono parte della meraviglia di questa mostra. All’interno della mostra è previsto un progetto espositivo, realizzato ad hoc, per i più piccoli, che avrà uno spazio dedicato e sarà realizzato dai Servizi Educativi della Carrara.
Antonio Tempesta, Adorazione dei Magi, 1605-1620, olio su alabastro, 28,5 x 55,8 cm, Galleria Borghese, Roma
Conoscitore, collezionista, mecenate
Autunno 2026 - Primavera 2027
A cura di Maria Luisa Pacelli, Paolo Plebani e Giulia Zaccariotto
Dall'autunno 2026 alla primavera 2027 è in programma un progetto dedicato al fondatore Giacomo Carrara (Bergamo, 1714-1796), curato da Maria Luisa Pacelli, Paolo Plebani e Giulia Zaccariotto. Opere solitamente esposte lungo il percorso museale entreranno in dialogo con altre conservate nei depositi. Un progetto che mette al centro la collezione e, anche grazie a prestiti mirati, restituisce e valorizza la figura del conte Carrara: grande conoscitore d’arte ed erudito, collezionista di dipinti, disegni, stampe, medaglie, calchi di gemme e antichità, dedito agli studi storico artistici e all’ambizioso progetto – poi realizzato - di dotare la sua città di un’istituzione museale ed educativa dedicata alle arti.
Vittore Ghislandi
detto Fra Galgario, Ritratto del conte Giacomo Carrara, 1737, olio su tela, 89 x 74 cm.
Accademia Carrara, Bergamo
Le origini, le carte, la fortuna 27 febbraio – 2 giugno 2026
A cura di Paolo Plebani
Un progetto atteso da tempo: la riunione più importante mai realizzata del mazzo dei tarocchi Colleoni, custodito da Accademia Carrara, The Morgan Library di New York e una collezione privata bergamasca. In mostra, l’eccezionale opportunità di vedere insieme le 74 carte realizzate da Bonifacio Bembo e da Antonio Cicognara e di approfondirne la storia, indagandone la committenza, gli artisti, le affascinanti decorazioni e le tecniche esecutive, anche alla luce delle analisi scientifiche recentemente condotte. L’esposizione esplora inoltre la storia del genere lungo un arco temporale di sei secoli: dalle origini, all'inizio del Quattrocento, ai nostri giorni, grazie a straordinari prestiti nazionali e internazionali. Nati come gioco e svago aristocratico e diventati con l’avvento della stampa divertimento per tutti, i tarocchi si sono trasformati in una tecnica per la divinazione del futuro, raggiungendo una sorprendente fortuna.
Antonio Cicognara, Il Mondo, 1455-1460, tempera, argento e oro su carta, 176 x 87 mm, Accademia Carrara, Bergamo
Nel 2025 è prevista la pubblicazione del catalogo dedicato alla collezioni di sculture donata da Federico Zeri. L’ultimo episodio della lunga amicizia tra lo storico dell’arte e Accademia Carrara fu la decisione di Zeri, già maturata alla fine degli anni Ottanta, ma espressa ufficialmente nel testamento, di donare al museo bergamasco la propria raccolta di sculture, un nucleo di 46 opere. Il lascito divenne effettivo dopo la sua morte, nel 1998.
Anche per il biennio 2025-2026 prosegue l’attività di restauro sulle opere della Carrara, stimolata da catalogazioni scientifiche, prestiti per le mostre, nuovi studi e scoperte, oltre a periodiche campagne di verifica dello stato di conservazione del patrimonio. Il restauro, spesso finanziato con il sostegno dei privati, è anche uno strumento di conoscenza indispensabile nella continua riscoperta e valorizzazione del patrimonio di Accademia Carrara.
Inaugurati nel settembre 2024 con il sostegno di PwC, i Giardini si preparano a vivere per la prima volta la stagione primaverile e l’estate 2025. Uno spazio verde di condivisione, oltre 3.000 metri quadri adiacenti alla storica sede museale, che si anima con un ricco palinsesto di iniziative. Unione di natura e cultura, memoria e presente, arte e architettura ma anche territorio, buon cibo e accoglienza, grazie alle speciali proposte di Bù Bistrot in Carrara.
“Tutto il team della Carrara ha lavorato intensamente per arrivare a presentare questo programma biennale che mostra, in modo chiaro, le intenzioni dell’istituzione: la centralità del patrimonio, la forte relazione con il territorio e lo sguardo internazionale che ne caratterizza ogni pensiero. Ci attende un futuro ambizioso, impegnativo e sfidante, che sarà anche di successo nella misura in cui Fondazione Accademia Carrara saprà coinvolgere, ancora una volta, i diversi pubblici, le associazioni, le imprese e le istituzioni alla più attiva partecipazione”.
Gianpietro Bonaldi, General Manager Fondazione Accademia Carrara
LO SCARABEO, EDIZIONI D’ARTE, NASCE NEL 1987
UNENDO LA COMPETENZA COLLEZIONISTICA, L’A -
MORE PER L’ILLUSTRAZIONE E IL GUSTO PER L’IM -
MAGINE DEI FONDATORI MARIO PIGNATIELLO E PIE -
TRO ALLIGO, A CUI OGGI SI AFFIANCA LA GIOVANE
EDITRICE: SOPHIA PIGNATIELLO
In trentacinque anni di attività, la casa editrice è diventata leader mondiale nel campo dei Tarocchi, proponendo mazzi straordinari e innovativi, firmati da alcuni tra i più grandi artisti di questo secolo (Corrado Roi, Paolo Eleuteri Serpieri, Milo Manara, Guido Crepax, Ferenc Pinter, Sergio Toppi e molti altri) e integrando la propria eccellenza grafica con una sempre attenta ricerca storica e simbolica. Ai grandi maestri della grafica si sono aggiunti di volta in volta straordinari talenti delle nuove generazioni come Fabio Listrani e Loputyn. Tra i mazzi di Tarocchi più iconici ci sono i Golden Art Nouveau, i preferiti dalla celebrata attrice Anya Taylor, protagonista della serie tv “Regina di Scacchi”, il libro “Alice in Wonderland” illustrato dal grande Paolo Barbieri e il mazzo “Symbolic Soul Tarot” dell’artista visuale torinese Elisa Seitzinger.
Nel mondo delle Carte da Gioco, Lo Scarabeo si presenta con mazzi da collezione di qualità museale, integrando le illustrazioni di fantasia con le riproduzioni filologiche di carte antiche, insolite e rare. Il marchio “Lo Scarabeo” è riconosciuto in tutto il mondo nel settore dei Tarocchi, della divinazione e della New Age e negli Stati Uniti è noto grazie alla partnership con Llewellyn, il più grande editore New Age del mondo. La particolare cura dell’immagine è protagonista anche della saggistica dell’editore, soprattutto nel settore del fumetto, dei libri di favole e nelle edizioni monografiche sui grandi illustratori e fumettisti italiani. È proprio l’amore per l’illustrazione, il disegno e la “letteratura disegnata” che ha contrassegnato l’evoluzione de Lo Scarabeo: un avvincente percorso che muove dalle allegorie dei Tarocchi in tantissime edizioni di assoluto prestigio per arrivare ai più celebrati protagonisti del fumetto popolare e d’autore e ai suggestivi volumi illustrati.
Informazioni e catalogo su: www.loscarabeo.com
Da Palazzo Barberini a Casa Museo Zani. Fino al 25 Maggio 2025
Correva l’anno 1765 quando, alla corte di Francia, Luigi XV nominò François Boucher primo pittore del re. Una carriera a dir poco leggendaria, punteggiata da traguardi come la vittoria del Prix de Rome nel 1723, le nomine ad accademico, professore, rettore e infine direttore dell’Académie Royale de Peinture et de Sculpture, e l’intreccio di rapporti privilegiati come quelli con Madame de Pompadour, la favorita del re che prendeva lezioni di disegno proprio dal pittore, e col marchese di Marigny, direttore del Bâtiments du Roi.
La produzione pittorica di François Boucher (Parigi 1703 – 1770) e del più talentuoso dei suoi allievi, Jean Honoré Fragonard (Grasse 1732-Parigi 1806) è protagonista nella Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani con una mostra che incanta per l’eleganza, la leggerezza e la preziosità delle opere di due tra i più leggendari pittori francesi del Settecento. Il progetto espositivo è frutto di un’inedita collaborazione tra la Casa Museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani, diretta da Massimiliano Capella, e le Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini e Galleria Corsini di Roma. L’incontro consente di celebrare i due grandi autori francesi non solo come geniali figuristi ma anche come eccellenti paesaggisti ed interpreti dell’armonia tra figure e natura circostante, secondo i dettami del mito di Arcadia, in voga tra gli artisti nella Francia della metà del Settecento.
La piccola giardiniera, emblema della spensieratezza ricercata dalla corte reale francese, la cui frivolezza attirò le critiche di Denis Diderot, rappresenta alla perfezione il clima di crescente laicizzazione ed il gusto del secolo che il capolavoro di Boucher incarna pienamente. Immersa nella natura e con fiori appena colti, l’ideale bellezza femminile dell’epoca è raffigurata nelle sembianze di una pastorella seducente, ingenua solo in apparenza. L’incarnato è porcellanato, le forme aggraziate sotto un vaporoso abito di seta alla moda, mentre guarda a sinistra, oltre la scena, forse attratta dall’amato nascosto nel bosco. Sempre dalle Gallerie romane, le tele Il mattino e La sera, coeve, immortalano il medesimo luogo nei pressi di Beauvais, dove sorgeva l’arazzeria diretta dal pittore. Emerge la ricerca dell’armonia tra uomo e natura, e l’influenza esercitata su Boucher della pittura olandese.
François Boucher (Parigi 1703 – 1770)
Allegoria della Terra, 1741 olio su tela 83 x 76 cm
Cellatica (Bs), Casa Museo Zani, Fondazione Paolo e Carolina Zani
L’ALLEGORIA DELLA TERRA: DALLE STANZE
DEL RE LUIGI XV A CASA MUSEO ZANI
L’Allegoria della Terra, raffigurante due cupidi addormentati e un terzo con un intreccio di tralci di vite, firmato e datato 1741, ci porta direttamente alla corte di Luigi XV. Parte di un gruppo di quattro pendants ognuno dedicato ad un elemento naturale - acqua, aria, terra e fuoco - la tela ovale, fu commissionata a Boucher per decorare gli interni del castello reale di Choisy. Curiosamente, il re sembra non aver acquisito tutti e quattro i dipinti originali, ma solo l’Allegoria della Terra e l’Allegoria dell’Aria. Dell’Allegoria dell’acqua e del fuoco non v’è traccia negli inventari reali, né oggi è nota la loro collocazione.
ALLA CORTE DEL RE
François Boucher (Parigi 1703 – 1770)
Venere nella fucina di Vulcano, 1746-1747 olio su tela
96 x 130 cm
Cellatica (Bs), Casa Museo Zani, Fondazione
Paolo e Carolina Zani
In occasione della mostra, le due tele Zani di Boucher sono state oggetto di indagini diagnostiche che hanno portato all’emersione di alcuni interessanti ripensamenti in corso d’opera, come il diverso gesto di Venere nell’indirizzarsi a Vulcano. Sono inoltre emersi i “segreti di bottega” circa la realizzazione dei rinomati timbri dei rosa e dei carnati: il celebre rosa Pompadour, ispirato dalla Favorita di Luigi XV, era ottenuto con una miscela perfetta di bianco di piombo, vermiglione finemente macinato, parti di lacca rossa carminio e pigmento giallo.
Parte della collezione permanente di Casa Museo Zani Venere nella fucina di Vulcano è il dipinto di Boucher più scenografico e imponente oggi conservato in una collezione italiana. Anche la sua storia ci riporta alla corte di re Luigi XV e appare inoltre strettamente legata a quella di un altro dipinto di Boucher, oggi custodito al Musée du Louvre. Nel catalogo del Salon parigino dell’agosto 1746 si legge infatti che Boucher avrebbe dovuto esporre un dipinto ovale con soggetto Venere che ordina a Vulcano delle armi per Enea, ispirato all’Eneide di Virgilio. L’anno successivo, nel 1747, Boucher espose al Salon parigino un altro dipinto, ovale, rappresentante la fucina di Vulcano, quest’ultimo unanimemente considerato quello destinato alla camera da letto del re, a Marly. Studi e perizie condotti da parte della critica più attenta sono concordi nell’ipotizzare che, visti i numerosi pentimenti rivelati dalle indagini scientifiche, il dipinto ora in collezione Zani costituirebbe la prima versione. Dopo di essa venne realizzata quella del Louvre, come riporta la studiosa francese Françoise Joulie, “fatta di getto dopo una prima versione originale lavorata più lentamente e con più esitazioni”.
Completa il percorso Annette a vent’anni, vero gioiello della produzione pittorica di Jean Honoré Fragonard che, come il suo maestro Boucher, vinse il Prix de Rome nel 1753 ed eseguì numerosi incarichi alla corte del re. Fulgido esempio di quella pittura di carattere allegorico e intrisa di riferimenti maliziosi in perfetto stile rococò tanto apprezzati alla corte di Luigi XV e Luigi XVI, l’opera raffigura la vicenda narrata in uno dei Racconti Morali del noto illuminista Jean-François Marmontel. La storia è quella di Annette e Lubino, due cugini belgi rimasti orfani dall’età di otto anni, cresciuti in comunione con la natura. I due pastorelli, s’innamorarono ed ebbero un figlio, scatenando lo scandalo di chi considerava incestuoso il loro amore. La tela, originariamente pendant della scena con Annette a quindici anni, oggi perduta, è documentata fin dal Settecento quando si trovava nella collezione di Vassal de Saint Hubert (dal 1722) e, successivamente, in quella del Visconte.
Jean Honoré Fragonard Annette a 20anni Barberini Corsini
Via Fantasina 8 – Cellatica (Brescia) www.fondazionezani.com
In considerazione del fatto che la Casa Museo Fondazione Zani costituisce una delle raccolte d’arte Barocca più rilevanti d’Italia, le opere dei due tra i più leggendari pittori francesi del Settecento sono poste in dialogo con le oltre 1200 opere, sculture e complementi d’arredo di epoca sei e settecentesca che punteggiano i suntuosi ambienti della Casa Museo e lo scenografico giardino che la circonda. Tra questi, in continuo rimando a quella corte del Re che titola la mostra, anche la coppia di Cigni dorati appartenuti a Madame Pompadour, parte di una serie di otto pezzi realizzati attorno al 1755 su disegno di Lazare Duvaux e destinati alla toilette dell’appartamento della favorita di Luigi XV all’hotel d’Evreux, l’attuale palazzo dell’Eliseo. Paolo Zani li acquisì nel 2002.
CASA MUSEO FONDAZIONE PAOLO E CAROLINA ZANI
Aperta al pubblico dal 2020, la Casa Museo Fondazione Paolo e Carolina Zani conserva ed espone oltre 1200 opere, arredi e oggetti d’arte applicata raccolti dall’imprenditore e collezionista bresciano Paolo Zani, in oltre trent’anni di appassionata ricerca sul mercato antiquario. L’arte barocca veneziana, romana e francese costituisce il corpus principale della collezione Zani. L’altro nucleo portante della raccolta è quello della pittura veneziana. Ne sono un esempio i dipinti di Canaletto, Tiepolo, Guardi, Longhi, Boucher, le sculture del genovese Filippo Parodi e romane dei Della Porta, accanto a preziosi arredi barocchi e rococò principalmente francesi e veneziani e straordinari oggetti d’arte applicata del XVII e XVIII secolo. Accanto ai capolavori di pittura, scultura e arte applicata custoditi negli ambienti interni della Casa Museo sono inoltre presenti 400 opere esposte nello scenografico giardino che circonda la villa. La tutela, la conservazione e la valorizzazione della Casa Museo è lo scopo principale della Fondazione intitolata a Paolo e Carolina Zani.
La Fondazione ha inoltre l’obiettivo di sostenere la cultura in generale, attraverso l’elargizione di contributi specifici destinati alla formazione dei giovani, mediante l’istituzione di premi e borse di studio.
LA MOSTRA PRESENTATA PRESSO
IL FANTONI HUB DI VIA CAMOZZI A BERGAMO
Valeria Pontoglio, artista affermata anche a livello internazionale ed ex allieva della Scuola d’Arte A. Fantoni.
I suoi dipinti ad acrilico colpiscono per il potente uso del colore.
Diplomata alla Scuola d’Arte Fantoni, Valeria Pontoglio è un’artista che fa riferimento all’espressionismo, ama il lato emotivo della realtà e raccontarlo con quel che l’anima vede. Nonostante i lavori di Valeria Pontoglio si ricordino per il cromatismo acceso delle sue narrazioni è il disegno, la vera chiave di lettura, il punto di partenza di ogni quadro, perché permette di comprendere appieno il rapporto tra idea, soggetto, narrazione, parola, che poi esplode nella pittura. La sua pittura si presenta con colori accesi e piatti, la linea nera e tratti decisi. Dietro ad immagini di immediata leggibilità, è sottintesa una narrazione più profonda, i suoi lavori si popolano di metafore visive e racchiudono concetti filosofici, letterari e mitologici.
L’ARTISTA
Dopo il diploma alla Scuola d’Arte Andrea Fantoni di Bergamo, Pontoglio si è diplomata all’Istituto d’Arte Paolo Toschi di Parma. La prima personale a Bergamo nel ‘95, poi Milano, Cremona, Graz in Austria, Parigi, Panama City, Londra, Genova, il Principato di Monaco, Udine, Salisburgo, Pavia, Monaco di Baviera, Berlino e altro ancora. Nel 2017 ha realizzato su commissione il mosaico per facciata della Chiesa parrocchiale di Montello sul tema “I Santi d’Europa” e successivamente nel 2023 le 10 vetrate della sacrestia. Tanti i riconoscimenti della carriera ed è stata finalista del “Premio Arte” nel 2005.
FINO AL 4 MAGGIO 2025, PALAZZO REALE DI MI -
LANO OSPITA PER LA PRIMA VOLTA AL MONDO
LA MOSTRA “DA CINDY
SHERMAN A FRANCESCO
VEZZOLI. 80 ARTISTI
CONTEMPORANEI”, CON
150 OPERE DI 80 GRANDI
ARTISTI CONTEMPORA -
NEI DI TUTTO IL MONDO Manzelli
Promossa da Comune di Milano –Cultura, da Palazzo Reale e dalla Fondazione Giuseppe Iannaccone, con la produzione esecutiva di Arthemisia, la mostra è a cura di Daniele Fenaroli con la consulenza scientifica di Vincenzo de Bellis, e rappresenta un’occasione unica per esplorare i temi della contemporaneità attraverso il punto di vista degli artisti tra i più noti a livello internazionale. Allestita in 11 sale, poste al piano terra di Palazzo Reale, l’esposizione dedica lo spazio in apertura a Cindy Sherman, artista emblematica, i cui 6 lavori aprono un’immediata riflessione sull’identità femminile, sul corpo e la sua libera disponibilità e ci introducono in un percorso i cui temi cruciali – dall’identità di genere a quelle legate alla cultura o alle tradizioni di appartenenza – sono indagati e rappresentati secondo la sensibilità di ogni artista presente.
A seguire artisti come Nan Goldin, Mattew Barney e Kiki Smith, Francis Alys, Elizabeth Peyton, Francesco Vezzoli e Dana Schutz, fino a Jennifer Packer e Hayv Kahraman, e molti altri. L’insieme delle opere esposte evoca all’interno di ogni sala un motivo, una tendenza o un tema centrale nella produzione artistica contemporanea: dalla riflessione sul corpo, all’identità di genere e all’orientamento sessuale, ai diritti civili e ad ogni qualsivoglia ricerca di libertà, a temi quali la solitudine, l’introspezione, l’indagine sulle dinamiche di gruppo e di società, lo sfaldamento degli archetipi culturali, fino ad aprirsi sul terreno che fa collidere – ora creando aperture ora chiusure – il mondo naturale con quello artificiale, spesso, frutto dell’uomo contemporaneo.
"La mostra invita i visitatori a intraprendere un viaggio attraverso le molteplici espressioni dell’arte contemporanea, capace di interrogare la nostra società e il nostro tempo con sguardi sempre nuovi – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi.
DA CINDY SHERMAN A FRANCESCO VEZZOLI. 80 ARTISTI
Le opere in esposizione esplorano tematiche cruciali come l’identità, il corpo, la memoria collettiva e il rapporto tra realtà e immaginario, restituendo un panorama artistico che riflette e interpreta la complessità del presente.
Grazie alla straordinaria selezione di opere e artisti invitati, Palazzo Reale si conferma luogo di confronto e scoperta, arricchendo il programma della Milano Art Week con questo nuovo progetto”. Questi temi e motivi che si rincorrono costantemente all’interno del percorso espositivo, sono tenuti insieme dal duplice registro reale-immaginario che attraversa tutta la mostra: un viaggio tra sogno e realtà in cui l’allegoria, la mitologia e la leggenda da una parte e la storia, la politica e la società dall’altra si confrontano e intrecciano continuamente.
La mostra rappresenta uno sguardo sulla ricerca artistica del recente passato e del presente, ed è anche un’occasione per riflettere sull’importanza del collezionismo privato nella storia dell’arte. “È meraviglioso guardare la storia dell'arte e vedere – ha dichiarato Giuseppe Iannaccone, Presidente della Fondazione Giuseppe Iannaccone – come gli artisti abbiano sempre esplorato i sentimenti, le emozioni, i piaceri e i tormenti degli esseri umani.
Un'epoca segue l'altra, gli artisti si adattano ai fattori sociali ed economici della scena mutevole, inventando nuove forme di poesia; ma il cuore umano resta lo stesso e riesco a vedere un'essenza comune, una componente poetica condivisa, in ogni periodo dell'arte”.
La mostra, parte del programma della edizione 2025 di Milano Art Week, vede come sponsor Deutsche Bank, Spada Partners e Atitech; come sponsor tecnico Open Care - Servizi per l'arte, ARTE Generali - Agenzia Milano Teodorico, Tenuta Sarno 1860, Donnachiara – Montefalcione e Petilia – Altavilla Irpina; come media partner IGP Decaux e come mobility partner Frecciarossa Treno Ufficiale. Catalogo edito da Allemandi.
Data la forte valenza sociale per i temi trattati quali i diritti fondamentali, la parità di genere, la non discriminazione e l'inclusione sociale, la mostra ha ottenuto per la cerimonia di apertura del 6 marzo l’alto patrocinio del Parlamento europeo.
Artisti: Miles Aldridge, Erwin Blumenfeld, Guy Bourdin, Juno Calypso, Walter Chandoha, Harold Edgerton, Hassan Hajjaj, Hiro, Ouka Leele, Yevonde Middleton, Arnold Odermatt, Ruth Ossai, Martin Parr, Pierre e Gilles, Alex Prager, Adrienne Raquel, Sandy Skoglund, Toiletpaper, William Wegman.
A cura di: Maurizio Cattelan e Sam Stourdzé
FINO AL 9 GIUGNO
VILLA MEDICI, ROMA
Giallo limone, blu intenso, rosso vivo e arancione brillante: i colori come terapia. Ecco il programma vitaminico della nuova mostra dell’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, CHROMOTHERAPIA. La fotografia a colori che rende felici. Di scena dal 28 febbraio al 9 giugno 2025, la mostra che vede come curatori Maurizio Cattelan e Sam Stourdzé, ripercorre la storia della fotografia a colori lungo tutto il XX secolo attraverso lo sguardo acuto di 19 artisti. L’itinerario espositivo, articolato in 7 sezioni, ci trasporta in mondi vibranti e saturi in cui il colore colpisce la retina e mette in gioco l’intelletto.
Spesso denigrata e raramente presa sul serio, la fotografia a colori ha in realtà permesso agli fotografi di sbizzarrirsi, di mettere mano alla loro tavolozza per ridipingere il mondo. Sono in tanti a essersi liberati dai vincoli documentaristici del mezzo fotografico per esplorare le comuni radici dell’immagine e dell’immaginario, flirtando con il pop, il surrealismo, il bling, il kitsch e il barocco. La conquista del colore in fotografia segue di poco l’invenzione del mezzo con i primi esperimenti a scopo scientifico a metà del XIX secolo. Nel 1907 fu messo a punto il primo procedimento fotografico industriale a colori grazie all’autochrome, creato dai fratelli Lumière. È l’inizio di un secolo di sperimentazione cromatica: dalle scene ordinarie alle riflessioni filosofiche e politiche, il colore trascende il semplice strumento per diventare elemento narrativo essenziale.
Tutte queste innovazioni del quotidiano rivelano un’immagine surreale, iperreale che reinventa i generi - dalla natura morta al ritratto – offrendo una visione gioiosa e colorata del mondo. Tra gli artisti in mostra, William Wegman (1943, Holyoke, USA) immortala con tenerezza i suoi cani, trasformando i simpatici amici a quattro zampe in icone artistiche, Juno Calypso (1989, Londra, UK) stravolge le convenzioni visive del cinema e della pubblicità per mettere in discussione le imposizioni che affliggono la femminilità, mentre Arnold Odermatt (1925, Oberdorf – 2021, Stans, CH), fotografo poliziotto, documenta gli incidenti stradali in composizioni meticolose, dove la poesia si sostituisce al dramma; e Walter Chandoha (1920, Bayonne – 2019, Annandale, USA), soprannominato "The Cat Photographer", rivela una qualità umana nei gatti che fotografa su sfondi saturi, trasformando questi animali domestici in icone fotografiche. Ouka Leele (1957-2022, Madrid), dal canto suo, utilizza toni vibranti per cogliere la liberazione dei corpi nel contesto della rivoluzione culturale e sociale della Movida, e Martin Parr (1952, Epsom, UK), grande testimone dei nostri paradossi contemporanei, dirige il suo obiettivo su vassoi di patatine fritte, suggerendo ironicamente la bulimia del mondo moderno. Negli anni dieci del Duemila, il magazine Toiletpaper, ideato da Maurizio Cattelan (1960, Padova, IT) e Pierpaolo Ferrari (1971, Milano), al tempo stesso erede e precursore, degno discendente di questi artisti e assolutamente trasgressivo, dialoga e si nutre di questa piccola storia sfavillante e cromatica.
Che si tratti di amplificare i dettagli di una scena quotidiana, di ridefinire i codici di bellezza delle riviste o di immortalare soggetti impegnati, la fotografia a colori offre una visione intensamente cromatica del mondo. Tale varietà di sguardi e di pratiche rivela un comune filo conduttore: la volontà di mostrare le cose in modo diverso, infondendo nelle immagini la vita e l’emozione che solo il colore può trasmettere.
MaurizioCattelanèunodeiprincipaliartistiitalianidellascenacontemporanea. Da oltre trent’anni, le sue opere mettono in luce i paradossi della società e offrono una riflessione acuta sugli scenari politici e culturali. Attraverso l’uso di immagini iconiche e di un linguaggio visivo caustico, le sue creazioni provocano un vivace dibattito pubblico, stimolando uno spirito di partecipazione collettiva.PerCHROMOTHERAPIA,MaurizioCattelanaggiungeunanuovafrecciaalsuo arco e diventa curatore di mostra.
Sam Stourdzé è specialista dell’immagine contemporanea e del rapporto tra arte, fotografia e cinema. Curatore di mostre è anche autore di innumerevoli opere di riferimento. Dal 2020, dirige l’Accademia di Francia a Roma –Villa Medici, di cui in passato è stato borsista. In precedenza è stato direttore dei Rencontresd’Arlesedelmuséedel’ÉlyséediLosanna,nonchéredattorecapodella rivistadifotografiaELSE.
La Villa Reale e i giardini pubblici di via Palestro da oggi appartengono al Comune di Milano. Si è infatti concluso l’iter del federalismo culturale grazie al quale l’Agenzia del Demanio ha trasferito la proprietà all’amministrazione comunale, che gestisce questi beni dello Stato dal 1920 e continuerà a sviluppare il percorso di valorizzazione intrapreso da oltre un secolo. La Villa Reale è uno dei principali monumenti del neoclassicismo milanese che ospita la Galleria Municipale di Arte Moderna (GAM) e il Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC), uno degli spazi pubblici di maggiore rilievo di Milano. Del complesso fanno parte anche una palazzina indipendente e l’ampio parco della Villa, il “Giardino della Villa Belgiojoso Bonaparte”, di grande valore storico e ambientale. Il programma di valorizzazione, presentato dal Comune all’Agenzia del Demanio e al Ministero della Cultura, assicura la continuità della fruizione degli spazi e la creazione di nuovi servizi culturali anche grazie al recupero della palazzina. La tutela e la conservazione dell’intero complesso sarà attuata grazie alla programmazione di interventi di cura e manutenzione.
Il Federalismo culturale è lo strumento che permette agli Enti Territoriali di richiedere allo Stato il trasferimento a titolo gratuito di beni immobili tutelati dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio con l’obiettivo di valorizzarli a vantaggio della collettività. Gli stessi Enti indicano le finalità di utilizzo nonché la disponibilità delle risorse finanziarie che intendono impiegare per la trasformazione dei beni richiesti. L’attuazione del trasferimento rientra tra le attività di valorizzazione economica, sociale, culturale e ambientale del patrimonio immobiliare pubblico che l’Agenzia del Demanio sostiene, promuovendo azioni sinergiche e funzionali allo sviluppo sostenibile dei territori, anche in riferimento ai processi di transizione ecologica e digitale, in stretta collaborazione con le strutture centrali e territoriali del Ministero della Cultura. La norma di riferimento (art.5, co.5 D.Lgs. n.85/2010) è ispirata a logiche di migliore
gestione dei beni vincolati nell’interesse della collettività, con l’obiettivo di carattere generale di garantirne la “massima valorizzazione funzionale”. L’obiettivo primario è riutilizzare i beni con nuove funzioni, in linea con più ampi progetti di rigenerazione urbana attivi sul territorio, conservando la natura di demanio pubblico e mantenendo gli immobili assoggettati alla disciplina di tutela e salvaguardia del Codice dei beni culturali e del paesaggio, attivando contestualmente una forma concreta di sussidiarietà tra lo Stato centrale e le Autonomie locali. Al fine di attivare le procedure previste dalla norma e garantirne un’applicazione omogenea e coordinata su tutto il territorio nazionale, le strutture centrali e territoriali del Ministero della Cultura e dell’Agenzia del Demanio operano da anni in sinergia e hanno realizzato congiuntamente una Guida all'attuazione del Federalismo culturale.
Il 28 febbraio scorso, nello studio ovale della Casa Bianca, è avvenuto uno scontro epocale tra Trump e Zelensky. Al di là dei modi, il significato lo si può riassumere in tre punti: l’Ucraina ha perso la guerra, Putin ha vinto, l’Europa è un vassallo che non conta più niente. Ma l’amara verità è un’altra: la UE ha sbagliato tutte le sue scelte politiche, passate e presenti, ed ora viene messa irrimediabilmente in un angolo. Il ragionamento assurdo che l’Unione Europea ha portato avanti ottusamente per tre anni è stato quello di credere di poter sconfiggere per interposta persona una grande potenza militare come la Russia. Così la Russia non solo ha demolito l’Ucraina, ma ha anche piegato gli Stati Uniti di Biden e ha destabilizzato l’intera Europa. La cosa scandalosa per tutto l’Occidente è l’aver iniziato una guerra che, partita da certi circoli americani, è poi proseguita con la certezza che sarebbe finita male. E questo non ce l’hanno mai detto, anzi hanno persino emarginato chi osava sollevare dei dubbi. Infatti l’unico modo per battere Putin, come 80 anni fa per Hitler, sarebbe stato quello di dare inizio ad un vero e proprio conflitto mondiale. Invece, con i nostri tentennamenti, abbiamo spinto la Russia tra le braccia di Pechino, dell’India e di altri paesi anti occidentali. Infatti era semplicemente assurdo pensare che, armando fino ai denti la piccola Ucraina, questa avrebbe potuto battere un colosso mondiale. Era tutta propaganda, con una narrazione fantastica, che ha rasentato lo scandaloso e che non ha cercato di prevenire questa tragedia fatta di centinaia di migliaia di morti e di distruzione totale di un’intera nazione. Eppure c’erano gli accordi di Minsk del febbraio 2015 da perseguire, sottoscritti anche da Germania e Francia, un protocollo che però è andato fallito per l’assenza di un’analisi seria e preventiva da parte di tutti. Adesso l’Europa è in braghe di tela, perché Putin può ancora schierare il suo grande esercito con i relativi armamenti, mentre gli europei non hanno nemmeno una milizia comune e hanno il portafoglio vuoto. E poi ce li vedete nel 2025 i giovani europei che entusiasti partono per il fronte? Tutta ipocrisia del Vecchio Continente! La crisi Ucraina ha avuto anche dei pesanti effetti economici sulla UE, causati soprattutto dall’aumento indiscriminato dei costi energetici, con gravi
di Giorgio Paglia
ripercussioni su famiglie e imprese. Si è così sviluppata, di conseguenza, un’inflazione insostenibile. Ma la crisi europea parte dal lontano. Pensiamo solo all’aver abbracciato ciecamente per decenni il globalismo, che ha arricchito i paesi extra europei e che ha affossato le imprese UE. Una serie di fattori hanno nel tempo condotto al disastro attuale. Ne riassumiamo solo alcuni: 1) la crisi finanziaria del 2008 con la caduta delle grandi banche e l’aumento del debito pubblico da cui, nel 2010, si dà l’avvio all’aumento dei tassi d’interesse; 2) l’adozione di politiche di austerità folli con tagli alla spesa pubblica, con un aumento delle tasse e con riforme sbagliate del mercato del lavoro; 3) le disparità economiche tra i vari paesi della UE, imposte dalle politiche monetarie centralizzate della Banca Centrale Europea; 4) una bassa crescita economica con la susseguente stagnazione, influenzata da una cronica mancanza di investimenti, da una bassa domanda interna, da una scarsità di innovazione tecnologica e dal declino demografico; 5) la Brexit del 2020, con l’uscita del Regno Unito, che ha creato incertezze e che ha avuto ripercussioni sui mercati, sulle relazioni commerciali e sulle dinamiche delle politiche interne. Per non parlare della gestione del Covid che ha avuto un impatto economico devastante su tutta la UE, che soprattutto ha esacerbato le disuguaglianze e che ha aumentato il debito pubblico. Infine ciò che devasta il sistema nervoso è vedere ancora oggi i burocrati europei portare avanti lo sfaldamento della cultura occidentale, lasciando spazio a ideologie confusionarie, fluide e woke, aprendo le porte alla tolleranza totale nei confronti di un’immigrazione clandestina e non regolamentata. Tutto ciò ha abbattuto gli ultimi valori sociali europei consolidati da secoli. Quindi un’Europa debole, debolissima, divisiva e lontano dalla realtà, in una deriva irreversibile alla stregua degli antichi imperi che sono crollati di fronte al lassismo interno e alla forza crescente dei barbari precedentemente annessi. Così va il mondo e per capirlo bastava leggere la storia, che però più nessuno nemmeno studia.
Alla prossima e in alto i cuori leggeri.
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Se vi è sfuggita, vi raccontiamo della mostra allestita presso ADI Design Museum a Milano che ha offerto uno sguardo trasversale sulla multiforme attività di Sassi - discografico, editore, fotografo, art director, pubblicitario, ideatore di eventi culturali internazionali - punto di riferimento imprescindibile della cultura italiana tra gli anni ’60 e gli anni ’90. L’esposizione curata da Aldo Colonetti, organizzata da ADI Design Museum in collaborazione con Fondazione Mudima e messa in scena da Studio Azzurro – ospita centinaia di materiali originali, opere d’arte, manifesti, riviste, libri, film, dischi, documentari, installazioni, in grado di testimoniare l’ineguagliabile capacità di Sassi di ridefinire i confini culturali di un’epoca, di abbattere le tradizionali barriere tra i generi e di creare connessioni inedite tra discipline. Tra segni, parole, immagini e suoni, il progetto espositivo vuole mettere ordine nell’avventura personale e collettiva di Sassi e, storicizzandola, rintracciarne gli elementi e le suggestioni che ancora oggi possano stimolare riflessioni sul presente. Gianni Sassi è stato una figura centrale della scena culturale d’avanguardia italiana, esponente di un periodo storico caratterizzato da un intenso fermento creativo e sperimentale. Attento osservatore delle tensioni politiche e sociali dell’Italia a partire dagli anni Sessanta, Sassi ha intercettato e interpretato il desiderio di cambiamento e sperimentazione che animava le giovani generazioni, accanto a lui sempre presenti, dall’inizio delle sue attività, alcuni protagonisti della cultura, in primo luogo Gino Di Maggio, Sergio Albergoni, Marco Maria Sigiani, l’artista Gianni Emilio Simonetti, immancabile il mitico “Lucky Bar”, dove verso sera il cenacolo si ricomponeva per dialogare e progettare nuove iniziative.
UNA GRANDE MOSTRA HA CELEBRATO ALL’ADI DESIGN MUSEUM DI MILANO, IL GENIO CREATIVO DELL’IMPRENDITORE CULTURALE MILANESE
L’esperienza di Sassi è stata quella di un intellettuale "pratico", capace sul piano dell’organizzazione culturale, di creare un sistema prolifico di relazioni da cui si sono sviluppate tutte le più importanti manifestazioni che hanno reso Milano un punto di riferimento culturale internazionale come il festival “Milano Poesia” o innovativi progetti editoriali di riviste quali "Alfabeta", “La Gola" o “SE - scienza esperienza”. Con un’intelligenza visionaria, ha contribuito a costruire una vivace scena culturale dove la musica, intesa come linguaggio universale e strumento di aggregazione, diventava il cuore pulsante di nuove forme di espressione politica. Sassi ha collaborato con artisti di fama mondiale come John Cage, Demetrio Stratos, Franco Battiato e il movimento Fluxus, è stato l’ideatore della casa discografica “Cramps”, un vero e proprio laboratorio artistico d’avanguardia, capace di tradurre in musica le tensioni socio-politiche del tempo. Attiva sino al 1980 ha prodotto, tra gli altri gli Area, Eugenio Finardi, gli Skiantos, Alberto Camerini, Claudio Rocchi.
Il percorso espositivo, suddiviso in cinque sezioni, ripercorre l’impresa culturale di Sassi, mettendone in evidenza le intuizioni sagaci, le irriverenti provocazioni, gli arditi cortocircuiti mediatici in grado di generare nuovi linguaggi e inediti strumenti di comunicazione. La prima parte della mostra è dedicata alla grafica: una grande proiezione a pavimento introduce i visitatori nel mondo delle pubblicazioni di Gianni Sassi, raccontato attraverso la caduta di caratteri tipografici, che si animano toccando il suolo, e attraverso l’esposizione di manifesti e copertine, come quelle del mensile di informazione culturale “Alfabeta” (1979-1988).
La seconda sezione, dedicata al cibo, ospita la maquette animata in scala della mitica mostra “Gli Stili del Corpo. il cibo e i suoi simboli nel XX secolo” (Milano, Rotonda della Besana, 1988) che esplorava il corpo e le sue trasformazioni tra inizio Novecento e gli anni Ottanta, indagando le complessità simboliche del rapporto corpo-cibo. Esposte anche le copertine de “La Gola. Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale” (1982-1986) che, per la prima vota in Italia, ha esplorato il mondo enogastronomico in maniera interdisciplinare, esaltandone la portata culturale, storica e sociale.
La visita prosegue con una sala dedicata all'arte e ai rapporti di Gianni Sassi con gli artisti: sei monitor sincronizzati trasmettono le voci di dodici artiste e artisti che si rac¬contano attraverso il proprio lavoro, documentato sulle pareti da fotografie e manifesti.
Si passa poi alla musica, e in particolar modo alla storia della leggendaria etichetta discografica “Cramps”: saranno esposti due “pianoforti preparati” (Ben Vautier e Arman per Pianofortissimo, Mudima, 1990) e una selezione di dodici vinili della Cramps con altrettanti brani ascoltabili in cuffia. Chiude il percorso un omaggio al festival Milano Poesia, rassegna di poesia, musica, video, performance, danza e teatro, che tra il 1984 e il 1992 è stato un vero e proprio punto di riferimento mondiale della sperimentazione artistica. Una proiezione video raccoglie alcuni dei momenti salienti della manifestazione, che vedeva esibirsi celebri artisti e poeti, italiani e internazionali, insieme a giovani esordienti.
Nel ricordo di Milano Poesia, nasce il sodalizio con il Corriere della Sera, che vedrà il ritorno dell'iniziativa “Il mese della Poesia” sulle pagine del supplemento La Lettura nel mese di marzo, in concomitanza della Giornata mondiale della poesia del 21 marzo.
Con il patrocinio del Comune di Milano e il sostegno di Fondazione Cariplo, la mostra sarà accompagnata da un ricco public program di incontri, tavole rotonde, proiezioni di film e presentazioni di libri, ai quali parteciperanno personaggi di rilievo del panorama culturale nazionale. Gli appuntamenti si svolgeranno tutti i sabati, dall’1 al 22 marzo.
Gianni Sassi
(Varese, 8 ottobre 1938 – Milano, 14 marzo 1993) è stato un produttore discografico, imprenditore, pubblicitario, editore e fotografo italiano. Inizia l’attività nel 1963 fondando a Milano, con Sergio Albergoni, l’agenzia di grafica pubblicitaria Studio Al.Sa. Lo studio, con un’intuizione in anticipo sui tempi, riprendeva tecniche e modi dell’avanguardia per trasferirli nel campo della comunicazione commerciale (fece scalpore il manifesto del divano Busnelli con un giovane Franco Battiato). Con Al.Sa. Sassi progetta per il marchio Busnelli Caleidoscopio (1969), semestrale di cultura, design e produzione del mobile e cura per Iris Ceramiche Humus (1971), quadrimestrale di cultura e arte ceramica. In campo discografico l’agenzia crea le copertine di alcuni progetti musicali italiani, come quelle degli Area e i primi album di Franco Battiato - oltre a numerose copertine dell’etichetta discografica Bla Bla e tutte quelle della Cramps. Nel 1967 fonda con Daniela Palazzoli, Gianni Emilio Simonetti e Sergio Albergoni la ED912, casa editrice che pubblica la rivista d’arte, cultura underground e contestazione giovanile Bit. Nel 1971 fonda, in società con Franco Mamone e Sergio Albergoni, l’etichetta discografica indipendente Cramps.
Dal 1979 Sassi pubblica, prima come art director e poi come direttore, la rivista Alfabeta: mensile di informazione culturale, che nell’arco di un decennio riunisce un nutrito gruppo di intellettuali (tra cui Nanni Balestrini, Umberto Eco, Gino Di Maggio, Antonio Porta, Paolo Volponi, Maria Corti, Pier Aldo Rovatti, Francesco Leonetti). Al 1982 risale l’inizio della collaborazione di Sassi con l’ARCI (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana), e con il tabloid La Gola (di cui fu art director). È stato inoltre organizzatore di numerosi convegni e festival di carattere internazionale, tra i quali Guerra alla Guerra (1982), Polyphonix (1983), Milano Poesia (1984-1992). La mostra è realizzata con il patrocinio del Comune di Milano e il sostegno di Fondazione Cariplo.
A PALAZZO REALE A MILANO FINO AL 22 GIUGNO, UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI E COMPLETE RETROSPETTIVE
MAI DEDICATE A LEONOR FINI (BUENOS AIRES, 1907PARIGI, 1996), UN VIAGGIO NELL’UNIVERSO VISIONARIO E RIBELLE DELL’ARTISTA ITALO-ARGENTINA
A distanza di quasi un secolo dalla sua prima personale d’esordio a Milano negli spazi privati della Galleria Barbaroux nel 1929, Leonor Fini torna in città con una mostra che vuole celebrare l’eclettismo e il genio di un’artista poliedrica, in un percorso intellettuale che intreccia Italia e Francia, ricostruendo le tappe principali della sua carriera artistica e le influenze che hanno plasmato la sua visione. L’esposizione rappresenta un momento cruciale per riscoprire la figura di Fini, restituendo nuova luce al suo lavoro e rivelandone il carattere più profondo, oggi più che mai influente. Leonor Fini ha affrontato, solitaria e da ribelle, i temi della società contemporanea, spaziando dalla messa in discussione del genere e dell’identità ai modelli consolidati di famiglia, mascolinità e femminilità. I suoi dipinti sono popolati da figure femminili potenti, sfingi, donne-gatto e uomini ambigui, avvolti in atmosfere misteriose e a tratti inquietanti, dove dominano l’enigma e il tragico. Esplorazioni psicoanalitiche ispirate dalle letture di Freud, che si manifestano attraverso le rappresentazioni del sogno e dell'inconscio.
In un percorso che include circa 100 opere, tra cui 70 dipinti, disegni, fotografie, costumi, libri e video, la retrospettiva propone un’approfondita rilettura in chiave contemporanea dell’intera opera di Leonor Fini che ha attraversato da protagonista la scena culturale europea dagli anni Trenta del Novecento sino alla fine del secolo, lavorando a un immaginario formale dal tono onirico, unico anche tra le esperienze surrealiste.
La mostra Io sono Leonor Fini, attraverso 9 sezioni tematiche, si addentra nell’immaginario dell’artista rivelandone fonti e influenze, dalla cultura mitteleuropea di Trieste - città connotata dalla presenza di intellettuali come James Joyce, Rainer Maria Rilke o Italo Svevo - ai grandi maestri del passato, come Piero della Francesca, Michelangelo e i pittori manieristi. Da loro Fini assorbì le lezioni sul colore e sulla figura umana, utilizzandole per veicolare messaggi rivoluzionari.
A ispirare il mondo interiore di Leonor Fini è il contatto con il Surrealismo e con la sua cerchia di artisti e intellettuali, tra cui figurano Max Ernst, Salvador Dalí, Man Ray, Jean Cocteau, Georges Bataille. Complice anche la lettura degli scritti di Freud, Fini esplora gli spazi della mente e del sogno, da cui scaturiscono motivi mitologici e fantastici. Pur non aderendo mai ufficialmente al movimento surrealista, l’artista italo-argentina vi contribuisce con una spinta classicista, frutto della sua formazione italiana e dello studio del Rinascimento. In un mondo prevalentemente maschile, dal quale prende presto le distanze, Leonor Fini con la sua personalità eccentrica e provocatoria ha percorso in solitaria la via dell’arte, lontano da convenzioni e regole. Fini ha elaborato un linguaggio complesso e simbolico, arricchito dalle sue continue incursioni nel mondo del teatro, del cinema, della moda, della letteratura, che la vedono protagonista in veste di scenografa, costumista, scrittrice e illustratrice. La mostra è accompagnata da un catalogo completo, che raccoglie tutte le opere esposte e include saggi dei curatori e di studiosi internazionali. Saranno inoltre presenti testi scritti dalla stessa Leonor Fini, che offriranno uno sguardo intimo sul dialogo tra la sua arte visiva e la sua dimensione letteraria.
ORARI: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e
LA MOSTRA, A CURA DI TERE ARCQ E CARLOS MARTÍN, È PROMOSSA DAL COMUNE DI MILANO - CULTURA E PRODOTTA DA PALAZZO REALE E MONDOMOSTRE, CON IL SUPPORTO DELL’ESTATE DI LEONOR FINI
domenica 10:00 –19:30. Giovedì 10:00 –22:30. Lunedì chiuso Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. BIGLIETTI Open € 17,00 | Intero € 15,00 | Ridotto € 13,00 - 10,00 | Scuole € 6,00 (Esclusa prevendita. Audioguida inclusa) www.palazzorealemilano.it
Inaugurata venerdì 24 gennaio a Torino, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, la mostra Giro di posta. Primo Levi, le Germanie, l’Europa, promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi e curata da Domenico Scarpa. Realizzata con documenti in gran parte inediti, Giro di posta offre una vasta rete di carteggi privati che soltanto oggi diventano pubblici, e che raccontano l’Europa e la Germania divise in due. A tessere la trama sono gli interlocutori tedeschi e germanofoni di Levi, ma non soltanto loro. Le corrispondenze esposte – messaggi scarabocchiati a matita su fogli di fortuna o impeccabili lettere battute a macchina su carta intestata – attraversano quasi mezzo secolo di storia europea.
Auschwitz, esperienza di cui Levi non smise mai di indagare i segreti e i significati, è il fuoco geometrico della vicenda. Se questo è un uomo suonava fin dal titolo come una domanda rivolta al lettore, ma i fatti del libro erano avvenuti in tedesco e per mano di tedeschi, e dunque a loro quella domanda doveva arrivare. Nel 1959 fu avviata finalmente la traduzione del libro in tedesco, che uscì nel 1961, lo stesso anno in cui venne costruito il Muro di Berlino. Da quel momento in poi, una «intricata rete epistolare» mise Primo Levi in contatto con un gran numero di interlocutori notevoli: lettrici e lettori comuni, lettori che erano anche scrittori, ex compagni di Lager, e persino qualcuno che in Auschwitz stava «dall’altra parte». Conoscendo Levi, non c’è da meravigliarsi che tra i suoi corrispondenti lo attraessero in particolare i più lontani per mentalità o per geografia.
Il «giro di posta» del titolo si presenta insomma come un’ampia discussione sulla Shoah e sul suo posto in un’Europa da ricostruire dopo la guerra, ma ben presto divisa in due blocchi contrapposti. E si presenta come una rete per molte ragioni: perché ci sono circuiti di posta dove una stessa lettera viene spedita a più destinatari per sollecitarli a dire la loro; perché copre come un reticolato aree della Germania a Est e a Ovest, sconfinando in ulteriori paesi; perché vi si intrecciano le quattro lingue – l’italiano, il francese, l’inglese e il tedesco – adoperate da Levi. La mostra – con ingresso incluso nel biglietto del museo – è stata realizzata nell’ambito del progetto LeviNeT, coordinato presso l’Università di Ferrara da Martina Mengoni, curatrice del volume Primo Levi. Il carteggio con Heinz Riedt edito da Einaudi. Il progetto, finanziato dallo European Research Council, prevede di qui al 2027 la pubblicazione progressiva in open access (www.levinet.eu, sito già attivo) delle corrispondenze “tedesche” di Levi. Il progetto di allestimento è a cura di Gianfranco Cavaglià e Annarita Bertorello; Ars Media per il progetto grafico e di comunicazione visiva.
La mostra comprende cinque sezioni: 1. Primo Levi. Un precoce pensiero europeo; 2. Hermann Langbein. Un uomo formidabile; 3. Heinz Riedt. Un tedesco anomalo; 4. Giro di posta (è quella che dà il titolo all'intero allestimento); 5. Le lettrici e i lettori. L’allestimento prevede un percorso di accessibilità per il pubblico con disabilità visiva: saranno presenti mappe e QR-code tattili, tramite i quali sarà possibile accedere dal proprio dispositivo mobile a contenuti audio per ciascuna sezione. In occasione dell’inaugurazione della mostra, il Centro Internazionale di Studi Primo Levi in collaborazione con Poste Italiane ha realizzato un annullo filatelico dedicato: per il giorno dell’inaugurazione e il successivo giorno di apertura al pubblico, presso Palazzo Madama due ufficiali di Poste Italiane saranno lieti di apporre il timbro sulle cartoline filateliche anch’esse realizzate per l’occasione, con francobollo selezionato a tema.
Primo Levi
Foto di proprietà famiglia Levi
Il Centro Internazionale di Studi Primo
Levi rivolge le sue attività di ricerca a tutti i lettori e studiosi dello scrittore torinese, presenti in ogni parte del mondo. Ha sede a Torino, la città dove Levi ha vissuto, e raccoglie le edizioni delle sue opere, le numerose traduzioni pubblicate in decine di lingue, la bibliografia critica e ogni forma di documentazione sulla sua figura e sulla ricezione dell’opera. Il Centro offre inoltre un sostegno alle ricerche degli studiosi e realizza proprie iniziative. Il Centro è un’associazione costituita nel 2008, i cui soci sono la Regione Piemonte, il Comune e la Città metropolitana di Torino, l’Università di Torino, la Comunità Ebraica di Torino, l’Associazione Amici del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, i figli di Primo Levi.
IL MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO DI BOLOGNA OSPITERÀ FINO AL 30 GIUGNO 2025, LA MOSTRA CHE GUEVARA TÚ Y TODOS, UN VIAGGIO NELLA STORIA E NELLA VITA DI UN UOMO CHE HA SEGNATO PROFONDAMENTE L’IMMAGINARIO COLLETTIVO DI INTERE GENERAZIONI, DIVENENDO L’ICONA STESSA DEL RIVOLUZIONARIO: ERNESTO GUEVARA DE LA SERNA, UNIVERSALMENTE CONOSCIUTO COME CHE GUEVARA
Gli spazi del museo bolognese accoglieranno una significativa parte del vasto repertorio fotografico e documentaristico inedito dell’archivio del Centros de Estudios Che Guevara a L’Avana. La mostra offrirà al pubblico l’opportunità di esplorare, grazie a strumenti digitali e interattivi, i momenti cruciali della vita di Che Guevara, permettendo di scoprire la sua umanità, i suoi ideali e i suoi legami affettivi. Saranno contestualizzati gli eventi storici e geopolitici di un periodo cruciale, dagli inizi degli anni ’50 alla fine degli anni ‘60 che ha profondamente influenzato più generazioni.
IL SIGNIFICATO DEL TITOLO: TÚ Y TODOS
Il titolo della mostra, tú y todos, riprende un verso intenso e toccante di una poesia che Che Guevara scrisse alla moglie Aleida prima della sua partenza per la Bolivia, dove fu catturato e assassinato il 9 ottobre 1967, dopo un lungo interrogatorio.
Questo titolo sottolinea l’intento della mostra: restituire una dimensione intima e consapevole alla figura di Ernesto Che Guevara, distaccandola dal mito del guerrigliero intransigente e senza paura, costruito dai media dell’epoca, sia a favore che contro a seconda dello schieramento politico di appartenenza. La mostra racconterà l’uomo, il personaggio politico e il contesto storico in cui visse, attraverso oltre 2.000 documenti inediti, tra cui lettere, appunti, diari, fotografie scattate da lui stesso, immagini ufficiali e private, scritti autografi e video dell’epoca.
UNA NARRAZIONE IMMERSIVA
La mostra si apre con una sfida simbolica per il visitatore: superare una “linea gialla”. Una parete a fasce mobili, retroproiettata, mostra immagini edulcorate degli anni ’50 – provenienti da Hollywood, dalla moda e dalla pubblicità delle grandi imprese consumistiche – che all’avvicinarsi del pubblico si dissolvono, rivelando un’altra realtà: quella della povertà, delle malattie, delle ingiustizie sociali e della mancanza di libertà, con un semplice passo riviviamo lo sconcerto del giovane Ernesto di fronte alla sofferenza degli ultimi e degli emarginati nei suoi viaggi in America Latina prima di diventare “Il Che”.
Rientrando in Argentina, Ernesto annota: “Il personaggio che ha scritto questi appunti è morto quando è tornato a posare i piedi sulla terra d’Argentina, e colui che li riordina li ripulisce: “io”, non sono io; perlomeno non si tratta dello stesso io interiore.
Quel vagare senza meta per la nostra “Maiuscola America” mi ha cambiato più di quanto credessi”. (Ernesto Guevara in Notas de viaje. 1952). Superata questa soglia, il visitatore intraprende un viaggio nella vita di Ernesto Guevara, divenuto “El Che”. Centinaia di pensieri, diari e lettere permetteranno di esplorare in modo approfondito una delle personalità più complesse e influenti del XX secolo. La narrazione si snoda lungo una linea temporale arricchita da immagini storiche, filmati e registrazioni di discorsi, dal 1959 – “Anno della Liberazione” di Cuba – fino al 1967, l’anno della missione in Bolivia, l’ultima avventura. Tre installazioni speciali, disseminate lungo il percorso, permettono al pubblico di incontrare non solo il personaggio storico, ma anche l’uomo, con le sue riflessioni e le sue emozioni.
La mostra, ideata e realizzata da SIMMETRICO Cultura, è curata da Daniele Zambelli, Flavio Andreini, Camilo Guevara e Maria del Carmen Ariet Garcia, con una colonna sonora originale composta da Andrea Guerra. È prodotta da Alma e dal Centro de Estudios Che Guevara, il cui archivio è riconosciuto patrimonio di interesse “Memoria del Mondo” dell’UNESCO nel 2013, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, l’Università IULM e il Settore Musei Civici | Museo Civico Archeologico Bologna, con il patrocinio del Comune di Bologna.
La realizzazione del progetto ha visto la stretta collaborazione della moglie di Che Guevara, Aleida March, e del figlio Camilo Guevara, scomparso nel 2022, a cui l’intero progetto espositivo è dedicato.
La mostra si conclude con un’installazione multidimensionale, realizzata dall’artista americano Michael Murphy, pioniere della Perceptual Art. L’opera, intitolata Che: ritratto di Ernesto Guevara, è una ricostruzione tridimensionale del celebre ritratto del Che, capace di trasformarsi nella sua altrettanto iconica firma.
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L’Estonia ha raggiunto un traguardo straordinario digitalizzando il 100% dei suoi servizi governativi. Da dicembre 2024, ogni servizio - anche la richiesta di divorzio - può essere completato online, segnando una nuova era nella governance centrata sul cittadino, posizionando il paese come leader globale nella governance digitale ponendosi come punto di riferimento per le nazioni di tutto il mondo.
L’Estonia ha riconquistato l’indipendenza proprio quando ha avuto inizio la rivoluzione di Internet. Con il calo dei prezzi dei computer e la loro maggiore accessibilità, e con la rapida espansione della tecnologia delle comunicazioni e di Internet, il paese si è trovato nella posizione ideale per sfruttare questi cambiamenti. Nei primi anni ’90, la tecnologia dell’Estonia era arretrata, ma questo rappresentava anche un’opportunità: il paese non era vincolato da tecnologie obsolete che avrebbero potuto ostacolare la transizione verso le nuove tecnologie. La spinta dell’Estonia verso la digitalizzazione è anche una risposta pragmatica alla sua popolazione sparsa sul territorio. Sebbene vivere tra foreste e oltre 2000 isole sia affascinante, fornire servizi pubblici è costoso. La governance digitale consente un’erogazione efficiente dei servizi nelle aree remote, dove l’istituzione di infrastrutture tradizionali può essere più impegnativa.
“L’Estonia è con me, ovunque”, ha dichiarato Kersti Kaljulaid, ex President of Estonia. “Che si tratti di firmare documenti statali dall’Antartide o di votare su un autobus in Lussemburgo, non mi sono mai sentita tagliata fuori come cittadina, indipendentemente dal luogo in cui sono stata. L’Estonia ha dimostrato che la burocrazia che molti accettano come inevitabile non è necessaria: l’abbiamo risolta. Continuiamo a impegnarci per essere all’avanguardia nella costruzione di un futuro digitale ancora più fluido”.
L’ultimo servizio a essere digitalizzato è stato il divorzio, un processo complesso ed emotivamente sensibile. Con la messa online di questo servizio, l’Estonia ha dimostrato la sua capacità di innovare anche in settori che richiedono sfumature e attenzione. Le coppie possono ora presentare le domande in formato digitale, accedere a moduli precompilati e concludere il divorzio con il minimo stress. Dal suo lancio, il 53% delle domande di divorzio sono già state presentate online, a dimostrazione dell’efficienza e della comodità del servizio.
Tallinn è la capitale dell'Estonia, che si affaccia sul Mar Baltico. Centro culturale del Paese, è caratterizzata da un nucleo storico fortificato con stradine di ciottoli, al cui interno si trovano caffè e negozi. Qui sorge anche la torre difensiva, Kiek in de Kök, del XV secolo. Il municipio gotico, costruito nel XIII secolo e affiancato da una torre di 64 m, si affaccia sulla storica piazza centrale di Tallinn. La chiesa di San Nicola, del XIII secolo, è uno dei monumenti principali, dove sono esposti vari oggetti di arte religiosa.
Per visitare l’Estonia ci sono voli low cost da Orio al Serio; la vita in Estonia costa come da noi (più o meno). Molteplici le soluzioni con hotel o case in affitto.
Clima rigidino quasi una deicna di gradi di meno in media rispetto a noi: per chi non sopporta il caldo va benissimo! (d’estate max 20-22°)
“La digitalizzazione del divorzio riflette l’impegno dell’ Estonia a rendere più semplici e accessibili anche gli eventi più complessi della vita. Non si tratta solo di tecnologia, ma di creare servizi che rispondano alle esigenze delle persone in momenti difficili”, ha dichiarato Enel Pungas, capo del Dipartimento per i Servizi Demografici del Ministero degli Interni estone.
Il servizio prevede un periodo di riflessione obbligatorio di 30 giorni, per garantire un processo decisionale ponderato. Fornisce inoltre strumenti per la divisione dei beni coniugali e offre una guida per le famiglie che si trovano a gestire gli accordi di custodia, rafforzando l’impegno dello Stato verso soluzioni incentrate sull’utente. Oltre al divorzio, la governance digitale dell’Estonia ha visto un’adesione significativa, con l’85% delle registrazioni di nascita e il 56% delle domande di matrimonio ora completate digitalmente.
100% di servizi online: L’Estonia ha eliminato la burocrazia grazie a soluzioni digitali senza soluzione di continuità con innovazioni scalabili: il modello di e-government dell’Estonia è aperto all’adozione in tutto il mondo, offrendo strumenti e sistemi che qualsiasi nazione può implementare. L’Estonia dà la priorità alla semplicità e all’accessibilità, dando potere ai cittadini e garantendo al contempo sicurezza e trasparenza.
L’Estonia è leader mondiale nell’innovazione digitale e pioniere dell’e-governance. Integrando tecnologia, trasparenza ed efficienza, ha creato una delle nazioni digitali più sofisticate al mondo. Il Paese offre eccezionali opportunità per gli affari, l’innovazione ed il turismo.
e-Estonia mette in mostra l’innovativa società digitale estone, pioniera dell’e-governance, dell’e-residency e delle soluzioni digitali all’avanguardia.
Trade with Estonia collega le imprese a un’economia dinamica e orientata all’innovazione, fornendo accesso ai mercati globali.
Visit Estonia mette in evidenza l’Estonia come una destinazione in cui natura e cultura incontrano l’innovazione, offrendo ai viaggiatori una miscela unica di fascino medievale, meravigliosi paesaggi naturali e città moderne.
IL VIAGGIO SOSTENIBILE TRA BRESCIA E BERGAMO ORA È IN UN LIBRO
Promosso dai Comuni di Brescia e Bergamo, dalle Province di Brescia e Bergamo, ideato, progettato e coordinato dall’Associazione Slow Ride Italy, "La Via delle Sorelle" non è solo un percorso escursionistico, ma un vero e proprio viaggio nella natura, nella cultura e nelle comunità locali, inaugurato nell’anno di “Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023”. Ora, grazie alla nuova guida edita da Ediciclo, uno dei principali player di guide nel turismo outdoor, questa esperienza unica ha uno strumento in più di valorizzazione a disposizione di tutti gli amanti del turismo lento e sostenibile.
UN CAMMINO TRA NATURA, ARTE E CULTURA
Il cammino de "La Via delle Sorelle" è un’arteria verde che collega le due città lombarde, svelando un volto inaspettato e sorprendente del territorio. Il percorso attraversa paesaggi suggestivi e inaspettati, aree vinicole di pregio, parchi naturali, siti UNESCO e antiche vie di comunicazione, offrendo un'esperienza autentica lontana dalle rotte turistiche più battute. Bidirezionale, nei suoi 130 chilometri, oltre ai due capoluoghi Brescia e Bergamo, il percorso attraversa 34 comuni, sviluppandosi sulla fascia che collega le due città e province. Le tappe consigliate per farlo interamente a piedi sono sei, ciascuna con una media di 20-25 chilometri, ma ogni camminatore potrà comunque modulare tempo e lunghezza giornalieri in base al proprio grado di allenamento. Ogni tappa ha comunque delle specificità, naturali e culturali, tale da essere vissuta anche come gita giornaliera e del weekend.
UN CAMMINO SEMPRE PIÙ VIVO: NUMERI E IMPATTO
Dalla sua inaugurazione, oltre 1.600 camminatori hanno percorso La Via delle Sorelle, entrando in contatto con le comunità locali e il ricco patrimonio storico, artistico e naturale delle due città e province. Il percorso è impreziosito da installazioni di land art, come gli arazzi di lana di Laura Renna, le opere del Bosco dell’Arte, curate dall’Associazione Artisti Bresciani, e l’installazione immersiva Al tuo passo dell’artista Claudia Losi. Il cammino può inoltre contare su una rete di accoglienza che coinvolge oltre 100 strutture, tra B&B, agriturismi e ristoranti, associazioni del territorio che offrono prezzi calmierati ai camminatori in possesso di credenziale che può essere richiesta direttamente sul sito. La credenziale, oltre a sostenere la manutenzione de La Via delle Sorelle, vale come biglietto di ingresso alla Riserva del Torbiere del Sebino, a cui sono destinati una parte dei proventi.
IL PERCORSO PER MTB E GRAVEL
Nel 2025 è stato anche realizzato un percorso dedicato a MTB e gravel, pensato per ciclisti con esperienza tecnica e sportiva. La Via delle Sorelle in gravel nasce dalla crescente richiesta di appassionati che desiderano affrontare il cammino su due ruote. Il nuovo tracciato segue il più fedelmente possibile il percorso escursionistico, con alcune varianti studiate per garantirne la ciclabilità. Questa iniziativa contribuirà a potenziare il pubblico delle due ruote, affiancandosi alla Ciclovia della Cultura e offrendo un'esperienza ancora più ampia agli amanti dell’outdoor.
LA GUIDA: UN COMPAGNO DI VIAGGIO
Pubblicata da Ediciclo, la guida "La Via delle Sorelle" fornisce tutte le informazioni utili per affrontare il cammino con consapevolezza e preparazione. Tra i contenuti: descrizione dettagliata degli itinerari tappa per tappa; mappe in scala 1:65.000 e profili altimetrici chiari; box di approfondimento storico, naturalistico e culturale; informazioni tecniche, segnaletica e tracce GPS scaricabili. E ancora appendici dedicate al percorrere la Via delle Sorelle anche in Gravel e MTB. Il volume è stato scritto e curato da Alessia Marsigalia, giornalista, e Alessio Guitti, fotografo, volontari dell’Associazione Slow Ride Italy che gestisce il cammino con l'obiettivo di promuovere un turismo più consapevole e rispettoso dell’ambiente.
La guida "La Via delle Sorelle" è disponibile nelle librerie, negli store online, negli infopoint di Bergamo e Brescia e sul sito di Ediciclo
La Biblioteca Civica Angelo Mai, fondata nel 1768 grazie al lascito del cardinale Furietti e aperta al pubblico nel 1771, rappresenta una delle principali biblioteche storiche italiane di conservazione. Custode della secolare memoria scritta della città, la biblioteca nel corso del tempo si è arricchita di pregevoli collezioni grazie alla liberalità e allo spirito civico di enti e privati cittadini.
Oggi la biblioteca Mai, con un patrimonio bibliografico e archivistico di oltre 700.000 documenti, figura tra le più prestigiose biblioteche storiche comunali, tra le prime in Italia per la ricchezza e la qualità delle sue raccolte e la variegata tipologia di materiali conservati, condividendo questo primato con illustri realtà tra cui la biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna, la biblioteca Malatestiana di Cesena e la biblioteca Queriniana di Brescia. Oltre a custodire un inestimabile patrimonio documentario, l’edificio stesso è di alto valore architettonico. Dal 1958, il complesso si è arricchito dell’adiacente ex Chiesa di San Michele all’Arco, che oggi ospita parte del patrimonio bibliografico della Biblioteca. Gli imponenti scaffali metallici che occupano l’intero volume della Chiesa custodiscono l’emeroteca e parte del patrimonio di cui la Mai si è arricchita nel tempo. Tuttavia, entrambi gli edifici necessitano di interventi urgenti per adeguarsi alle normative di sicurezza e risolvere criticità strutturali legate al tempo e alla mancanza di manutenzione adeguata.
Le priorità dell’intervento
Il programma approvato pone particolare attenzione al raggiungimento dei requisiti di sicurezza e in particolare sull’adeguamento alle normative antincendio. Una delle principali criticità da affrontare è il sovraccarico degli edifici, causato dalla presenza di materiali documentari fuori norma rispetto agli standard di sicurezza. Oltre alla messa in sicurezza, il progetto prevede interventi sistemici sulle componenti strutturali (rinnovo degli arredi e delle scaffalature di tipo ignifugo) e decorative, sugli impianti tecnologici. L’obiettivo è salvaguardare le caratteristiche architettoniche e artistiche degli edifici, garantendo al contempo una maggiore fruibilità da parte degli utenti. L’intervento richiede una pianificazione per fasi, data l’interdipendenza funzionale e strutturale tra la Biblioteca Angelo Mai e l’ex Chiesa di San Michele. Non è possibile procedere con il restauro di uno degli edifici senza coinvolgere anche l’altro, né senza individuare spazi alternativi per il temporaneo trasferimento del materiale bibliografico. Il primo passo sarà lo svuotamento dell’ex Chiesa di San Michele, necessario per ridurre i rischi legati al sovraccarico e consentire l’avvio dei lavori. Parallelamente, saranno valutate strategie per la razionalizzazione delle raccolte conservate, nel rispetto delle normative vigenti.
Non si è mai capito perchè un piccolo gioiello di Bergamo Alta sia stato sacrificato e precluso alla visita per destinarlo ad archivio della Biblioteca
I l piano d’intervento in più fasi
FASE 1 - Svuotamento dell’ex Chiesa di San Michele all’Arco (2025)
Nel dicembre 2024 è stato avviato lo svuotamento dell’ex Chiesa, che attualmente ospita circa 260 tonnellate di documenti. Questo materiale sarà distribuito in quattro sedi temporanee: spazi interni alla Biblioteca Angelo Mai, parte dell’ex Ateneo di Scienze Lettere e Arti, locali in via Tasso (ex sede ISREC) e un deposito in via Presolana. Nonostante lo spostamento in altre sedi, il materiale oggetto di trasferimento resterà fruibile al pubblico e ordinariamente consultabile presso la biblioteca Mai, previa richiesta. Il costo di questa prima fase è di 450.000 euro.
FASE 1 Bis - Progettazione degli interventi per la Biblioteca Civica Angelo Mai (2026) Questa fase, prevista per il 2026, prevede la progettazione interna ed esterna per l’adeguamento, restauro e valorizzazione della Biblioteca. Questo intervento avrà un costo di 450.000 euro e comprenderà la definizione di un progetto antincendio, che sarà sviluppato in accordo con i vincoli imposti dalle Soprintendenze competenti.
Sergio Gandi, Assessore alla Cultura del Comune di Bergamo
FASE 2 - Restauro e valorizzazione degli edifici (20252029)
La seconda e più impegnativa fase, con un investimento stimato di circa 12 milioni di euro, si concentrerà sull’esecuzione dei lavori di adeguamento e restauro. Gli interventi includeranno: Adeguamento antincendio e restauro della Biblioteca Angelo Mai. Recupero architettonico, decorativo e funzionale dell’ex Chiesa di San Michele all’Arco, che una volta conclusa l’operazione di restauro e valorizzazione sarà restituita alla comunità come luogo di conservazione e fruizione del patrimonio culturale. Le operazioni saranno sottoposte all’approvazione della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Bergamo e Brescia e della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, che assicureranno la compatibilità degli interventi con i vincoli di tutela. Come richiesto dalla Soprintendenza archivistica libraria della Regione Lombardia, il materiale bibliografico trasferito dalla biblioteca Mai e dall’ex chiesta di San Michele all’Arco, tornerà alla sede originaria una volta completati i lavori garantendo la continuità della sua funzione conservativa e culturale. “La Mai, una delle più prestigiose biblioteche storiche italiane di conservazione, rappresenta un’assoluta eccellenza per la nostra città non solo per la ricchezza del patrimonio che custodisce, ma anche per la capacità di attrarre e accogliere un numero importante di visitatori e studiosi che ne apprezzano sempre più bellezza e valore. Sono stati infatti ben 29.000 gli ingressi nel 2024, in crescita rispetto ai 26.000 del 2023, l’anno speciale di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura. Alla Biblioteca, e all’ex Chiesa di San Michele all’Arco, questa Amministrazione ha scelto di dedicare prioritaria attenzione con un programma importante e necessario di adeguamento, restauro e valorizzazione che è già iniziato con l’avvio dello svuotamento di San Michele e il trasferimento dei volumi lì presenti in alcune delle sedi individuate. Un progetto impegnativo, sia dal un punto di vista organizzativo che economico, che si svolgerà lungo i cinque anni di mandato, al quale faremo fronte attraverso il reperimento di risorse all’interno del bilancio comunale e all’esterno con bandi e finanziamenti che andremo ad individuare. Questo intervento si inserisce in un complessivo disegno che vedrà la Mai aprirsi sempre più alla città e ai cittadini con un’immagine rinnovata a partire dalla prossima inaugurazione dell’Atrio Scamozziano che riserverà interessanti sorprese" ha dichiarato l’Assessore alla Cultura Sergio Gandi.
QUINTUPLICANO GLI SPAZI DE LA CASA DI LEO, ESEMPIO UNICO IN ITALIA DI ACCOGLIENZA E CURA DEI PICCOLI MALATI: PIÙ SERVIZI PER I BAMBINI E PER LE LORO FAMIGLIE. NON SOLO SPAZI MA ANCHE CURE, AMORE, RELAZIONE E COLLABORAZIONE
Sono stati svelati sabato 22 febbraio, a Treviolo, i nuovi spazi di “Leo diventa grande”, il progetto di ampliamento che riguarda l’attuale sede de La Casa di Leo, una struttura unica in Italia che offre accoglienza alle famiglie con figli in cura presso l’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo che necessitano di lunghi periodi di ospedalizzazione, mettendo a disposizione un ambiente sereno e confortevole per poter affrontare l’esperienza della malattia.
Fondata a gennaio 2018, da marzo 2018 a dicembre 2024 La Casa di Leo ha ospitato oltre 180 famiglie e registrato complessivamente più di 250 ingressi, affermandosi come un modello innovativo di housing sociale pediatrico, temporaneo e condiviso.
La struttura è stata progettata per consentire a genitori e bambini di vivere in un ambiente familiare e adatto alle loro esigenze, con spazi comuni per la socializzazione, unità abitative private ed elevati standard di sostenibilità ambientale. Il cuore pulsante del progetto risiede nell’impegno costante di oltre 240 volontari, che garantiscono agli ospiti non solo ospitalità e assistenza, ma anche calore umano e vicinanza. Dopo la posa della prima pietra a novembre 2023, il progetto di espansione è oggi una realtà: con la nuova area di 3.600 m² totali, pronta per essere arredata e attivata, La Casa di Leo quintuplica le sue dimensioni, introducendo importanti spazi per migliorare i propri servizi, favorendo il benessere fisico e psicologico dei bambini e delle loro famiglie.
“Non vi nascondiamo che sono stati anni faticosi per La Casa di Leo − hanno dichiarato Susanna Berlendis e Michele Morghen, mamma e papà di LEO e membri del Comitato Direttivo Eos Aps −. L’attività ordinaria di accoglienza delle famiglie doveva proseguire e, parallelamente, abbiamo investito energie nell’ampliamento. Abbiamo chiesto un regalo a tutti e cioè quello di poter fare questa inaugurazione nel mese di febbraio. Sappiamo che ha richiesto maggiore sforzo, ma desideriamo ringraziarvi di cuore per questo regalo. Il 3 febbraio 2025 Leo avrebbe compiuto 20 anni, e questo è il regalo che tutti insieme gli stiamo facendo. Il 17 febbraio sono 10 anni che Leo è volato in cielo. Lui è la bussola che ci guida ogni giorno, il cuore di tutto questo. Grazie a questo importante ampliamento, potremo accogliere ancora più famiglie e donare loro un po’ di serenità mentre affrontano la malattia dei loro bambini. E mentre non smettiamo di guardare avanti, di “combattere”, ti sentiamo tanto vicino. Quindi, grazie Leo”. I nuovi ambienti comprendono: tre appartamenti per pazienti dimessi dall’ospedale che necessitano di un ambiente protetto, contribuendo a ridurre la pressione sull’ASST Papa Giovanni XXIII; dieci nuove camere; due playroom, pensate per offrire ai bambini momenti di gioco e spensieratezza; una palestra, accessibile anche a utenti esterni; un ambulatorio, dove le risorse dell’ospedale Papa Giovanni potranno offrire parte del percorso di assistenza sanitaria direttamente in struttura.
Presenti all’inaugurazione in via Aldo Moro, 47, Treviolo, il Presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, il Presidente della Provincia di Bergamo e Sindaco del Comune di Treviolo, Pasquale Gandolfi, la Sindaca di Bergamo, Elena Carnevali, il Direttore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII, Francesco Locati, e Susanna Berlendis e Michele Morghen, mamma e papà di LEO e membri del Comitato Direttivo Eos Aps. Insieme a loro sono intervenuti anche Alessandra Locatelli, Ministro per la Famiglia e le Disabilità, e Guido Bertolaso, Assessore al Welfare di Regione Lombardia, attraverso un videomessaggio.
La Casa di Leo non è solo un alloggio temporaneo, una residenza a cui appoggiarsi nel momento del ricovero del proprio figlio all’Ospedale Papa Giovanni XXIII. La Casa di Leo è un luogo in cui ritrovare la forza e la tranquillità necessarie per affrontare l’esperienza della malattia e restituire al bambino serenità.
La Casa di Leo è un progetto di Eos aps. La Casa di Leo è Accoglienza, Calore Umano, Casa.
È possibile visitare i nuovi interni de La Casa di Leo in via Aldo Moro, 47, Treviolo (BG). Per maggiori informazioni sulle attività de La Casa di Leo e sulle modalità di donazione per sostenere il progetto, è possibile contattare il numero +39 035 0400130
Il Monastero di San Pietro in Lamosa è un complesso architettonico dalla storia millenaria. Immerso nella tranquillità della natura, è in posizione elevata e dominante a occidente del paese di Provaglio d’Iseo sulla distesa delle Torbiere, da sempre chiamate "Lame" e ciò spiega perché si dice "in Lamosa". Furono due fratelli, Ambrogio e Oprando, «di nazione Longobarda» come essi dichiararono, a donare nel dicembre 1083 al Monastero benedettino di Cluny una chiesetta con tutti i beni di cui la dotarono a suffragio delle loro anime. Dodici anni dopo era già sorto il contiguo Monastero che, nel 1147, divenne Priorato cluniacense. La chiesetta originaria era già stata ampliata, come attestano le diverse murature esterne. Accanto alla primitiva absidiola del XI secolo si era aggiunta la navatella laterale romanica. Nuovi ampliamenti vennero eseguiti nel XIII secolo nella parte che risulta oggi incorniciata in cotto e altri ancora nel Cinquecento con l'elevazione dell'abside centrale e dell'ultima cappella. Una lapide in latino ricorda il passaggio, avvenuto nel 1536, della Chiesa ai Canonici Regolari di S. Salvatore che
officiavano a San Giovanni in Brescia. Oggi il complesso religioso è costituito dalla navata centrale, da quella laterale a nord, con quattro cappelle, e dal campanile. A sud della Chiesa si apre il Chiostro. La navata maggiore termina con un coro ad abside fiancheggiato da due altari barocchi insediati in due absidiole. I pilastri e le pareti sono parzialmente coperti di affreschi in buono stato. Negli anni Sessanta e Settanta del nostro secolo il complesso ha subito gravi danni provocati, oltre che dalle intemperie, anche da atti vandalici.
Attualmente il Monastero, complesso composto di edifici religiosi e civili, è per in parte di proprietà privata; la Chiesa e l’antistante Cimiterium sono stati donati nel 1983 alla Parrocchia di Provaglio e una porzione del complesso monumentale è stata acquistata dal Comune di Provaglio d’Iseo nel 2000. Di quest’ultima fanno parte alcune sale l’Oratorio dei Disciplini (oggi nota come Sala dei Disciplini) di epoca barocca con importanti affreschi primo-cinquecenteschi e il maestoso crocifisso, il piccolo chiostro interno, un auditorium /sala convegni e un intricato susseguirsi di stanze che conduce alla piccionaia. Al piano interrato una sala polifunzionale utilizzata come sala studio, sala esposizioni e spazio per organizzazione di eventi culturali.
Proseguelacollaborazione conLucaRuggeri,daun latoilsuopercorsoconla malattia,difronteisuoi ricordiealcune riflessionisullavita.
di Luca Ruggeri
Sono Luca Ruggeri malato di SLA non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario e muovo solo gli occhi che mi consentono di comunicare con un tablet oculare.
Quando vado a fare le mie passeggiate non perdo mai l’occasione di fermarmi sul ponte e godere la vista del mio lago a ripescare qualche ricordo. Questo ponte unisce Paratico a Sarnico, la provincia di Brescia a quella di Bergamo. Un ponte utilizzato già centinaia di anni fa. Si racconta che per attraversarlo si pagasse una tassa “Paratia” da cui deriva il nome del mio paese Paratico. Durante la fine della seconda guerra mondiale fu preso di mira ed attaccato da aerei americani per frenare la ritirata dei nazisti. Mio padre aveva sette anni e durante un attacco fu ferito ad un piede. Raccolto da un passante fu portato in ospedale al momento occupato dai tedeschi. I loro medici lo curarono bene. La famiglia di mio padre era nativa e residente nella palazzina attaccata al ponte. Era una famiglia numerosa ed io da piccolo ascoltavo i loro racconti, rimanevo quasi ipnotizzato, attento ad ogni parola, immaginavo di vivere quei momenti. Racconti di vicende legate alla guerra, con storie di partigiani nascosti sulle colline, di fascisti, di civili, di povera gente che di solito paga il conto più caro, dalla fame al dolore per la perdita di persone care, anche storie di persone che si volevano bene, che si dividevano quel poco che c’era.
C’erano giorni che, a causa di problemi familiari, venivo affidato alla nonna paterna che abitava proprio vicino al ponte. Io rimanevo poco in casa con mia nonna Vittoria, ma da bambino irrequieto e un po’ selvaggio dovevo uscire e me ne andavo sul ponte a cercare tracce della guerra passata.
Oltre a quei segni mi piaceva osservare i pesci che passavano sotto il ponte, nel punto dove il lago ritorna a essere fiume. Questi pesci si chiamano cavedani, poco richiesti e difficili da cucinare e per questo snobbati dai pescatori. Li osservavo a lungo, mi piaceva seguire i loro movimenti. Era bello stare sul ponte, mi regalava spensieratezza. Quando ora faccio i miei giretti in carrozzina, mi fermo e guardo ancora se vedo i segni della guerra, ma il ponte è stato ricoperto dalla ristrutturazione, i parenti sono in cielo da anni ed il tempo non si ferma mai. I pesci sono scomparsi, forse per l’inquinamento, forse colpa dei numerosi cigni che si mangiano i piccoli, oppure pescati per hobby. Mi viene facile il paragone con i miei motoneuroni che m’abbandonano, spariscono senza un perché, aumentando la mia disabilità. Due cose sono rimaste uguali: ho gli stessi occhi lucidi che avevo da piccolo e la stessa meravigliosa vista del mio lago che, verso il tramonto, in autunno, prende i riflessi di colore arancio che coinvolgono anche le nuvole, creando un contrasto fra il cielo azzurro ed il verde delle colline, e tutto si riflette nell’acqua formando un bellissimo insieme di colori. È un poco malinconico ma anche rasserenante, dona un senso di pace, d’infinito che crea godimento e voglia di ritorno. Magari un giorno i pesci potrebbero farmi una sorpresa e tornare... ed il mio corpo tornare a muoversi, ancora e ancora, e ancora...
In California sta bruciando tutto. Per forza, sono case costruite con il legno e il truciolato (poco più del cartone). Se piove un po’ di più del solito si sciolgono come il gelato, se c’è il vento un po’ più forte del solito volano via!
Se devi andare a fare pipì che ti sbagli a farla fuori dal water rischi di trovarti al piano di sotto!
Quando miglioreranno?
Noi italiani siamo più furbi, costruiamo col cemento e mattoni, ma ahimè costruiamo sui margini di torrenti, fiumi, laghi e mare così ad ogni bomba d’acqua, cosa ormai frequente, succede qualche disastro!
Durante i primi anni del duemila abbiamo costruito un sacco di case, senza un minimo di criterio. Abbiamo riempito i paesi di cemento costruendo, salvo pochi casi, come negli anni sessanta. Case senza un minimo di coibentazione, senza l’uso di materiali riciclati, senza dispositivi per il recupero di energia e calore.
Ci voleva così poco a dare delle direttive diverse con un protocollo da rispettare. Invece si è pensato solo al guadagno facile e ora, la maggioranza dei proprietari, deve finire ancora di pagare il mutuo acceso per la casa e non può spendere per le migliorie in fatto di risparmio energetico e altre cose utili per il recupero del calore.
La casa oltre ad avere il minimo impatto sull’ambiente, deve essere anche produttrice di energia non uno spreco della stessa!
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