Qui Bergamo n.ro 315

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TOG ETH ER FOR LIF E

Red Party Fondazione A.R.M.R.

Roberto Catellani: 40 anni di Puntoluce

79^ Assemblea di Confartigianato Bergamo

Villa Sant’Apollonia, casa di CUltuRA

San Francesco, l’eccellenza della pasticceria

Davide Casati: quando la politica è di casa

Vanna Balestrieri Buelli: ‘Ori tuo facito ostia’

Alla Carrara il premio Art Bonus 2024

Cala il sipario sul 32° Festival Organistico

Dolphin, la BYD ispirata ai delfini

Agim Gruda, dall’Albania alla libertà

Lisetta Carmi, retrospettiva a 100 anni dalla nascita

Più plastica che pesce nei nostri oceani

IN COPERTINA

Luana Piazzalunga e Giuseppe Castagneto con i figli Gaya e Mattia

scegli il gpl la natura ringrazia

NON SOLO ROSE NELL’EREDITÀ DI GORI

IN COPERTINA

Luana Piazzalunga con il marito Giuseppe Castagneto e i figli Gaya e Mattia per Together for Life

RED PARTY 2024

Rinnovato il successo del Red Party della Fondazione A.R.M.R.

PUNTOLUCE

Roberto Catellani dopo 40 anni passa il testimone al figlio Luca

CONFARTIGIANATO BERGAMO

Assemblea Annuale

VILLA SANT’APOLLONIA

Casa di CUltuRA

PASTICCERIA SAN FRANCESCO

Dal 1966 l’eccellenza della pasticceria

Intervista DAVIDE CASATI

Quando la politica è di casa

La sindaca Elena Carnevali, eletta dopo che Giorgio Gori ha già pianificato, con i suoi fidati architetti-assessori, il futuro di Bergamo, facendole trovare nel cassetto bell’e pronto un Piano Regolatore blindato solo da “adottare”, non ha fatto neppure in tempo ad insediarsi che si è trovata travolta da un mare di fango nel vero senso della parola. L’inondazione che ha interessato alcuni quartieri della città ha messo di fronte l’amministrazione a situazioni impreviste, forse imprevedibili, che hanno però evi denziato una grave carenza nella prevenzione dei cosiddetti fenomeni eccezionali che ormai, purtroppo, sono diventati la normalità. Certo, ripensare alla Capitale della Cultura e ai tanti soldi spesi per dare un’immagine scintillante della città e ritrovarsi con il problema di non aver pulito i ca nali sotterranei dove scorrono i torrenti, dimenticando la fondamentale Cultura del territorio, ha fatto incazzare i tanti che si sono trovati con le case allagate. Basteranno i quattrini stanziati a placare gli animi di chi si è trovato in una Valencia in miniatura dove per fortuna non c’è scappato il morto? Bisogna dire che in soccorso degli alluvionati, che hanno dovuto buttare in discarica mobili e automobili, si sono mossi in tanti. Banche, fondazioni, enti pubblici ed aziende private tutte in soccorso all’amministrazione comunale travolta dalle richieste di risarci mento. Ma, soprattutto, siamo certi che sia stato fatto tutto il possibile perchè una cosa del genere non debba ripetersi?

I collettori dei torrenti intubati sotto la città sono delle dimensioni adatte ad eventi estremi che di certo si ripeteranno? Inoltre, non bastasse l’inondazione, ecco che due dei principali enti culturali della vita cittadina si trovano a dover fare i conti con le dimissioni dei rispettivi direttori. Da un lato il Teatro Donizetti che perde Francesco Micheli, per molti un genio, messo in discussione per il semiflop dell’opera su Raffa ella Carrà costata alla Fondazione un occhio della testa. D’altro la Direttrice dell’Accademia Carrara, Martina Bagnoli, scelta solo pochi mesi fa, che la scia la pinacoteca per le divergenze con il General

VANNA

Ori tuo facito ostia

ACCADEMIA CARRARA

Riceve il primo premio nel concorso Art Bonus 2024

Gabriella Messina (foto in alto) lascia il comando della Polizia Locale di Bergamo e al suo posto si insedia Monica Porta (foto sotto).

Un ringraziamento alla prima e auguri di buon lavoro alla nuova arrivata.

Manager, Gianpietro Bonaldi, colpevole secondo la dimissionaria di interferire sulle scelte relative alle mostre e di aver dirottato buona parte del budget alla realizzazione del bistrot. Qualcuno potrà storcere il naso ma la cultura ha bisogno di sostenersi anche con scelte dettate dal marketing. Se la scelta è dare più risorse ai servizi sociali o alla cultura, non vi dubbi: si deve fare in modo che la cultura trovi il modo di autofinanziarsi più che può. Comunque, senza perdere troppo tempo in polemiche nè prestando ascolto più di tanto ai parrucconi di turno, è stata scelta una nuova direttrice e speriamo che tutto torni a funzionare.

RISERVE DELLE TORBIERE Fine mandato per la gestione Bonardi

NUOVA BYD DOLPHIN

Da Autotorino l’elettrica ispirata ai delfini

AUTO SEMPRE VIÙ VECCHIE

Oltre 11 anni l’età media del parco circolante in Lombardia

THE FLAT BY MACAN

Apre a Milano uno spazio innovativo ispirato dalla nuova

Porsche Macan

Infine, ciliegina sulla torta, il cambio al comando della Polizia Municipale dove, al posto di Gabriella Messina che ha portato a termine il suo incarico, è arrivata Monica Porta, e con lei la riorganizzazione che sempre comporta un cambio al vertice. Siamo sicuri che Giorgio Gori sarà disponibile con la nuova Sindaca per tutte le gatte da pelare che le ha lasciato in eredità e che, grazie anche all’ufficio aperto in città, riesca a cogliere ogni buona idea da portare in Europa e da lì dirottare tante opportunità per Bergamo. Sperem! (V.E.F.)

qui Brescia compie vent’anni e 200 numeri pubblicati.

Grazie a tutti quelli di qui Bergamo che ci hanno aiutato a rendere possibile questa impresa che ci rende orgogliosi.

Patrizia Venerucci e Vito Emilio Filì

GUIDA VERSO UN FUTURO SOSTENIBILE

Alleggerimento del peso totale del nuovo telaio, con conseguente riduzione delle emissioni di CO2 durante la vita della vettura

INTERNI S.P.A. Via Paleocapa 3L, ang. Via Paglia, Bergamo T. +39 035 219953 internionline.it | bergamo@internionline.it

TOGETHER FOR LIFE

BERGAMO SEMPRE IN PRIMA

LINEA NELLA LOTTA ALLA

FIBROSI CISTICA

Anche quest’anno sono stati tanti gli imprenditori bergamaschi che hanno risposto con generosità all’appello della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica – ETS (FFC Ricerca). 100.000 euro il ricavato dell’appuntamento charity che andrà a finanziare lo sviluppo di un organ – on-chip (OOC), che simuli le vie aeree umane affette da fibrosi cistica.

Nuova edizione di un appuntamento divenuto ormai abituale e che, in questi nove anni, ha già sostenuto con oltre 500 mila euro di donazioni, diversi progetti scientifici su una delle malattie genetiche più gravi più diffuse in Europa, senza ancora una cura risolutiva. “Gli imprenditori bergamaschi danno respiro alla ricerca”: è questo il claim di “Together for Life”, lo straordinario evento di fundraising che unisce impresa, solidarietà e scienza a supporto della Fondazione per la Ricerca sulla Fibrosi Cistica - ETS. Sono molti gli imprenditori del territorio che hanno risposto all’appello e venerdì 25 ottobre si sono riuniti presso il Portico del Seminario a Calcinate (BG) per una serata all’insegna della speranza: quella di migliorare la durata e la qualità della vita delle persone con la fibrosi cistica, più di 6.000 in Italia. Ad aprire la serata Luana Piazzalunga - Referente Delegazione FFC Ricerca di Bergamo e CEO di Piazzalunga srl, e Giuseppe Castegnato - CEO di Piazzalunga srl, che hanno dichiarato: “Come diceva Madre Teresa di Calcutta, 'Non tutti possiamo fare grandi cose, ma possiamo fare piccole cose con grande amore'. Per me, il miracolo è vedere tanti imprenditori che scelgono di abbracciare i progetti di FFC Ricerca con questa stessa dedizione. Il miracolo è scoprire che, anche nelle difficoltà, la vita ci riserva bellezza e significato. È afferrare il dono del presente, consapevoli che ogni piccolo gesto contribuisce a costruire un futuro migliore. E così, insieme, stiamo costruendo il futuro per chi convive con la fibrosi cistica, attraverso il sostegno alla ricerca e la diffusione della conoscenza di questa malattia”. Molto toccante la testimonianza diretta di Gaya Castagneto che, salita sul palco tra gli applausi, ha raccontanto con spontaneità e disinvoltura la propria esperienza con la malattia, un quotidiano stravolto da innumerevoli gesti quotidiani divenuti ormai abituali che, però, non hanno minimamente scalfito il suo spirito battagliero, segno di una maturità ben superiore alla sua giovane età. FFC Ricerca, assieme alle altre organizzazioni che in Italia si occupano di fibrosi cistica, ha contribuito attivamente a facilitare l’accesso delle persone con FC ai farmaci con costi sostenibili da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Un traguardo raggiunto a luglio 2021, che ha visto il più recente ed efficace modulatore Kaftrio inserito tra i farmaci rimborsabili nel nostro Paese. “Nonostante il continuo miglioramento delle terapie, fra cui i nuovi farmaci modulatori, non si è ancora riusciti a controllare due aspetti critici della fibrosi cistica, cioè l’infiammazione e l’infezione”, ha precisato Nicoletta Pedemonte, Vicedirettore Scientifico di FFC Ricerca. “Sappiamo che la presenza del difetto di base della FC favorisce l’instaurarsi di un circolo vizioso, con episodi di infezione che sostengono un’infiammazione cronica, che a sua volta peggiora ulteriormente l’idratazione dell’epitelio. Questi fenomeni complessi vedono l’interazione di cellule bronchiali, cellule immunitarie e batteri. Fino a poco tempo fa non esisteva la tecnologia per studiare in vitro questi aspetti della patologia. Ora, grazie a progetti come GMSG#FFC1/2023, è possibile ricreare, in laboratorio, dei mini-tessuti respiratori, delle strutture tridimensionali, che consentono di studiare la funzione delle cellule epiteliali anche in presenza di infezioni o di condizioni infiammatorie. Questi modelli ci aiuteranno a far luce su eventi ancora poco conosciuti, permettendo un giorno lo sviluppo di terapie in grado di interrompere quel circolo vizioso così deleterio per le persone con FC”. Dal 2002 a oggi l’attività della Fondazione, grazie al contributo di 5.000 volontari non occasionali coordinati su tutto il territorio nazionale da oltre 160 Delegazioni e Gruppi di sostegno e alla rete di più di 980 ricercatori attivi in più di 196 istituti di ricerca in Italia e all’estero, ha raccolto oltre 40 milioni di euro per promuovere 494 progetti scientifici che hanno contribuito sensibilmente a migliorare la durata e qualità di vita delle persone con fibrosi cistica. Il progetto che quest’anno verrà sostenuto grazie al contributo degli imprenditori bergamaschi sarà la messa a punto di un modello 3D di tessuto respiratorio per studiare l’infiammazione in fibrosi cistica. Nello specifico mira a creare un organ-on-chip che simuli le vie aeree umane FC, utilizzando cellule respiratorie e cellule endoteliali polmonari.

TOGETHER FOR LIFE

Grazie a questa tecnologia, si potrà manipolare il liquido che interagisce con le cellule respiratorie per studiare meglio i meccanismi dell’infiammazione e dell’infezione in fibrosi cistica. Il dispositivo, chiamato FC airway-on-a-chip 2.0, verrà utilizzato anche per testare l’effetto dei farmaci modulatori di CFTR sulla risposta infiammatoria, sia in presenza che in assenza di infezioni batteriche, e per analizzare il comportamento delle cellule immunitarie nella malattia polmonare FC.

“Il finanziamento ha per me un’enorme importanza” - ha commentato Roberto Plebani, ricercatore titolare del progetto - “perché lo sviluppo di questi modelli richiede tante risorse in termini di tempo, lavoro e costi. Mi ha dato anche la possibilità di formarmi all'estero, al Wyss Institute di Harvard (Boston, USA), dove ho acquisito le conoscenze necessarie per implementare il prototipo dell'organon-chip. Il modello così creato sarà utile anche ad altri ricercatori della rete FFC Ricerca, soprattutto per chi ha già attivi studi riguardanti tale tecnologia, per far avanzare le conoscenze sulla fibrosi cistica; e potrà essere di supporto anche in altri campi che necessitano di modelli preclinici umani. Ringrazio infinitamente la Fondazione e il sostegno di Together for life per aver creduto nel progetto dandomi questa possibilità unica”.

Anche Matteo Marzotto, Presidente di FFC Ricerca, ha voluto, attraverso le sue parole, esprimere la sua vicinanza a questa iniziativa: “Together for Life” e la famiglia Piazzalunga sono a tutti gli effetti parte della meravigliosa community di Fondazione Ricerca Fibrosi Cistica. Grazie alla loro formidabile energia e generosità, l’atteso appuntamento con l’imprenditoria bergamasca rappresenta uno dei migliori esempi di quello che si può fare rimanendo uniti con un unico sfidante obiettivo: trovare una cura per tutti, anche per quel 30% di malati ancora orfani di terapia”.

Un evento organizzato in collaborazione con l’azienda Piazzalunga srl e PEO – Comunicazione Culturale e d’Impresa. Together for Life grazie al prezioso sostegno di numerosi sponsor: i Main Partner Piazzalunga Srl, HP23, HP23 Lux, MCM Luxemburg, TAB Italia e i Junior Partner MPI Ecogreen, Cami 2 – Soluzioni logistiche, Roncalli Viaggi Group.

LA DISTANZA DELLA POLITICA 2

Decenni fa per fare politica ti dovevi preparare con cura. Iniziavi dai movimenti giovanili per poi confluire gradatamente nelle sezioni comunali. Ti dovevi dar da fare sul territorio e, se eri capace, ti candidavano alle successive elezioni provinciali. I seggi regionali erano destinati ai pochi che nel tempo erano riusciti a calcare con successo le scene locali dei partiti più grandi. Solo i vertici potevano pensare di arrivare alla Camera dei Deputati o al Senato. In maggioranza erano i cosiddetti Onorevoli di professione, ma in Parlamento erano presenti anche delle eccellenze, poche, della società comune. Poi tutto è cambiato.

Oggi per fare politica servono molti soldi e i finanziamenti pubblici in Italia non esistono più. Così il sistema del potere economico e finanziario sceglie dei cavallini da portare avanti con un rapporto consolidato, e obbligato, di dare e avere.

Ciò che conta non è la preparazione professionale, ma la fedeltà allo sponsor. Contestualmente si è fatta avanti anche un’altra schiera di candidati, quelli senza arte nè parte, che vedono un possibile stipendio parlamentare da 15.000 € al mese come un privilegio da poter raggiungere. Sono nati così i movimenti populisti che pescano i candidati tra la gente comune senza alcuna preparazione specifica in materia. Nel frattempo l’interesse per la politica è sciamato e ormai si reca a votare meno della metà degli aventi diritto. Perché i giovani non sono attratti da ambienti vecchi, logorroici e troppo lenti, ma soprattutto sono delusi da gente che spegne in continuazione il loro futuro, millantando false promesse e che viene smentita dalla realtà dei fatti.

FUOCHI DI PAGLIA

di Giorgio Paglia

Ma la cosa più ridicola è che, secondo i dati tecnici, dovremo attingere dalle vecchie fonti fossili e nucleari per produrre l’energia elettrica necessaria a ricaricare tutte queste automobili. Quindi siamo punto e a capo. Ora voliamo dall’altra parte dell’oceano.

L’America prima si è affidata ad un anziano (per non dir di peggio) presidente Biden che non ha saputo affrontare i veri problemi del mondo, conflitti in primis, poi ha eletto un altro vecchio presidente (Trump resterà in carica fino al compimento del suo 82esimo compleanno) per cercare di sistemare le cose che il suo predecessore non ha risolto. In pratica, si cambia la sinistra con la destra, ma alla fine tutto finisce al centro del nulla. In Italia, anche la generazione dei boomer si sta allontanando dai seggi, perché si è stufata di assistere all’inconcludenza assoluta del governare. A fine ottobre nel suo recente e pomposo discorso sul risparmio, il nostro presidente Mattarella (83 anni) si è scordato di tenere in considerazione che, a causa della crisi economica, il 54% delle famiglie italiane non riesce a risparmiare e che il 63% degli italiani non investe nemmeno 1 euro. Per mera mancanza di spazio, evitiamo in questa sede di parlare delle altre false promesse, delle tasse mai abbassate, dei costi sulla casa, dell’imposizione fiscale sul lavoro, della differenza tra l’inflazione reale e quella dichiarata e della burocrazia medioevale.

L’ISTAT a inizio di questo mese ha fornito i dati di settembre sulla produzione industriale: è calata del 4% su base annuale, a causa soprattutto della crisi dell’auto e del tessile. Eppure a sentire il Governo sembrava andasse tutto alla grande! Ma non è solo l’Italia a non saper risolvere i suoi problemi. L’Europa ha dimostrato di essere un baraccone nemmeno capace di analizzare correttamente l’evoluzione tecnologica. Con la scusa dei cambiamenti climatici, tutti ancora da dimostrare, e di una folle politica green, ha portato avanti l’elettrificazione forzata di un parco auto di 300 milioni di autoveicoli, senza chiedersi quali sarebbero state le conseguenze in termini di sicurezza, di smaltimento e di fornitura delle relative batterie.

A tal proposto concludiamo ricordando cosa ha detto il noto industriale del settore alimentare, Giovanni Rana: per rendere operativo negli Stati Uniti, a Chicago, un suo nuovo stabilimento di oltre 20.000 mq ci ha impiegato 6 mesi, dalla evasione di tutte le pratiche pubblico-amministrative alla sua realizzazione; in Italia non gli bastano 7 anni solo per avere le relative autorizzazioni ad iniziare.

Cari politici, avete capito ora quale è la distanza tra le chiacchiere sui palchi e la realtà dei fatti sui marciapiedi?

Ma sì, lo avete certamente compreso e a voi va bene così, perché sapete che quando l’umanità diventa gregge, cerca sempre l’animale capo.

Alla prossima e in alto i cuori leggeri.

Anche su:

Twitter:@Fuochidipaglia

Instagram:@fuochidigio

Anche quest’anno, il Red Party, organizzato dalla Fondazione ARMR per la raccolta di fondi che si trasformano in borse di studio destinate ai riceracatori dell’Istituto Mario Negri, è stato un grande successo. La location scelta, come nel 2023, è stata la Galleria Gres Art 671, in grado di accogliere 350 invitati, accorsi così numerosi anche per l’opportunità di visitare la mostra di Marina Abramović in corso nella struttura di via San Bernardino.

Ph. Sergio Nessi

Daniela Guadalupi, Fondatrice e Presidente della Fondazione ARMR

Generosa come di consueto la risposta alla raccolta fondi che ha raggiunto 52.000 euro, una cifra record. Impeccabile la conduzione della serara da parte di Beppe Mazzoleni, Vicepresidente della Fondazione. Presenti alla serata, tra i molti importanti personaggi dell’imprenditoria e della cultura, anche Elena Carnevali, Sindaca di Bergamo, e Sergio Gandi, Vicesindaco, per testimoniare la vicinanza dell’Amministrazione alla Fondazione ARMR.

Da sempre la Fondazione ARMR presieduta dalla fondatrice Daniela Guadalupi lega la ricerca scientifica con la ricerca artistica e, anche questa volta, ha scelto per il Red Party 2024, la location della Galleria GresArt 671 e di proporre ai suoi invitati la visita in esclusiva alla mostra di un’artista che fa parlare di sè ovunque presenti le sue opere in giro per il mondo.

La mostra “tra respiro e fuoco”, curata da Karol Winiarczyk, celebra il fascino di Marina Abramović per l’opera, e in particolare la sua passione per Maria Callas, che si manifesta in Seven Deaths: un’esperienza cinematografica immersiva che esplora sette scomparse premature subite da Abramović sullo schermo, accompagnate dagli assoli di Maria Callas.

gres art 671 coniuga bellezza e impatto sociale, sviluppando modelli sostenibili che promuovono il benessere collettivo. Un luogo dove andare, scoprire, sperimentare, soggiornare, nato da un ambizioso progetto di riqualificazione urbana promosso dal Gruppo Italmobiliare e dalla Fondazione Pesenti Ets.

Correva l’anno 1998, a due anni dal Duemila, una vera star brillava nel panorama cittadino. Era Puntoluce, la boutique dell’illuminotecnica, dalla cui sempre attraente vetrina, abbiamo impara to a conoscere le creazioni dei lighting designers più famosi, nel momento del loro primo splendore.

Lo Chef di Puntoluce è Roberto Catellani, fratello d’arte di Catellani & Smith, che già allora ci parlava di una nuova Cultura della Luce.

“Non sempre si riescono a cogliere quanti dei nostri comportamenti sono in stretta relazione con la luce nella quale siamo immersi. Una giornata tersa e luminosa ci mette di buon umore, così come il risveglio sotto un cielo coperto ci può deprimere. È questo è solo l’inizio… la luce è presente in tutta la nostra giornata dal momento in cui accendiamo le lampadine sullo specchio del bagno (anche in questo caso dopo una certa età una luce giusta aiuta a non deprimersi, fino a quando non richiudiamo gli occhi per dormire). Durante tutto questo tempo viviamo immersi in luci diverse secondo il tipo di vita che ognuno di noi conduce. Chi in ufficio, chi in fabbrica, chi in un negozio… Tutti comunque circondati, illuminati, immersi nella luce e spesso inconsciamente. Condizionati emotivamente dalla qualità, dal colore e dall’intensità di questo fluido che ci avvolge”. (intervista febbraio 1998)

COMPIE 40 ANNI

PUNTOLUCE,LA CREATURA

DI ROBERTO CATELLANI

A CUI SUBENTRA

IL FIGLIO CARLO

LA CULTURA DELLA LUCE LA LUCE DELLA CULTURA

“La luce non si può descrivere per telefono, né mostrare in modo esaustivo via internet, bisogna esserci dentro, sentirsela intorno e addosso per capire se sia la luce giusta”.

“La Cultura della Luce - prosegue Catellani - ha le sue radici nella fase di progettazione degli spazi abitativi o lavorativi, tenendo conto della necessità di dare un’esposizione alla luce del sole tale che risulti la più adatta per le funzioni a cui la struttura sarà destinata. La luce diventa elemento architettonico, come un materiale da costruzione. Dà l’impressione di appiattire o dare profondità, di alzare o abbassare l’ambiente che, infatti, può essere interpretato in modo assolutamente differente con una buona gestione della luce”. (intervista febbraio 1998)

Oggi alla festa dei suoi 40 anni di attività ritroviamo Roberto Catellani nell’elegante showroom di via Broseta che da una ventina d’anni ha sostituito il precedente affacciato su Porta Nuova e che, come il precedente, è una vetrina del miglior design e dell’innovazione tecnologica nel settore dell’illuminazione.

“Certo il tempo passa - ci confida - quello che predicavo tanti anni fa oggi è una cultura sempre più diffusa. Ho avuto grandi soddisfazioni, sia in Italia, sia all’estero, per aver collaborato con importanti enti museali, amministrazioni di grandi città, teatri, università... Abbiamo illuminato parchi, ponti, stadi e la casa di tanti amici. E, sempre di più, quel semplice gesto di accendere la luce girando l’interruttore, è diventato protagonista delle nostre vite e tutti oggi cerchiamo di vivere… sotto una buona luce. Il mio percorso e tutta l’esperienza accumulata, ma soprattutto la passione per la luce e tutto quello che la riguarda, è diventato sempre più materia di studio per Carlo, mio figlio a cui passo il testimone in azienda”.

“La forza della luce di plasmare gli spazi mi emoziona sempre, interviene Carlo Catellani - è qualcosa che mi affascina profondamente. Ogni ambiente può trasformarsi completamente grazie alla luce: è come se avesse il potere di creare atmosfere e influenzare le nostre percezioni e stati d’animo in modo straordinario. E la cosa diventa ancora più coinvolgente se pensiamo a quanti studi dimostrano il legame stretto tra luce artificiale e benessere psicofisico. Il concetto di Human Centric Lighting, una luce che ruota attorno all’essere umano, mette al centro proprio questo: capire come modulare la luce per rispondere ai nostri bisogni naturali, adattandosi ai ritmi circadiani e migliorando la nostra qualità della vita.

Credo che sia fondamentale, oggi, progettare sistemi di illuminazione che non siano solo funzionali, ma che abbiano un impatto positivo sul nostro equilibrio psicologico e fisiologico. Una luce che cambia durante il giorno, che segue il nostro ciclo naturale, può davvero fare la differenza: riduce lo stress, migliora la concentrazione e ci permette di sentirci più connessi all’ambiente in cui viviamo o lavoriamo. In un certo senso, è come se la luce, oltre a plasmare gli spazi, plasmassi anche il nostro benessere.”

In occasione del rinnovo dello showroom dedicato a Occhio, l’azienda tedesca di illuminazione di alta gamma, Puntoluce ha organizzato un evento speciale per celebrare una nuova cultura della luce. La serata, esclusiva e raffinata, ha visto la partecipazione di architetti, designer e arredatori, che hanno potuto immergersi nell’eleganza e nella tecnologia delle soluzioni luminose firmate Occhio. Tra giochi di luce e ambientazioni studiate nei minimi dettagli, gli ospiti hanno trascorso una piacevole serata all’insegna dell’innovazione e del design, ammirando da vicino la qualità e la filosofia che rendono unica questa eccellenza dell’illuminazione contemporanea.

PUNTOLUCE

Via Broseta, 51/c - Bergamo Tel. 035 250221 info@puntoluce.com

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POLITICANDO

TRUMP PRESIDENTE: UNA SVOLTA EPOCALE

Quando il mondo non va bene ci si deve accontentare di ciò che il Divino ci dà.

Non è poi sempre così, il mondo è capace di cambiare, di avere nuove idee ed il coraggio di cambiare inizia nel momento in cui ci si rende conto che se non si ha il coraggio di fare, non resta che morire.

Deve essere questo che ha spinto il popolo americano a dare un segnale di svolta epocale eleggendo come 47° Presidente Donald Trump, alla faccia del perbenismo di tutti, contro la logica dei sondaggi, sacrificando alcuni dogmi, ma facendo in modo che il mondo capisca.

Cosa dovrebbe capire? Dovremmo capire che questo fatto è una svolta epocale, come la fine della prima guerra mondiale, l’aristocrazia e le monarchie caddero una ad una e la borghesia prese sempre più piede ed il mondo cambiò. Non si capì però, che ogni guerra deve finire con un armistizio onorevole, che accontenti tutti, non lo si fece ed ecco che arrivò la seconda guerra… devastante.

Ora è il caso di fare un armistizio onorevole, convocare immediatamente una Yalta 2, che potrebbe essere tenuta a Roma Caput Mundi e tutti attorno ad un tavolo dare alla politica quel primato che l’economia globalizzata le ha tolto. Penso che Trump sia pronto ad essere l’uomo del cambiamento, colui che fece rispettare gli accordi di Minsk e quelli di Abramo, che non iniziò nessuna guerra durante il suo mandato e che mandò segnali molto chiari: se volete esserci nella guida del mondo dovete erssere primi interpares, non sudditi. Abiamo atteso, noi europei, di sapere chi fosse il vincitore delle elezioni per poi vedere come comportarci, non abbiamo invece pensato a rinnovarci e a preparaci al cambiamento, Ursula 2 ne è la cartina al tornasole. Ora ci toccherà correre per non restare indietro, per non essere umiliati nelle trattative, per capire bene cosa desidereremo esere nel futuro… Potremmo dire che l’Europa si è comportata come gli italiani, invece no, noi italiani abbiamo detto chiaramente che è tempo che l’Europa cambi totalmente, lo abbiamo detto con il voto, lo abbiamo detto non entrando in maggioranza a Bruxelles e in tanti altri modi, vedremo se se ne terrà conto.

Ritengo che non si debba avere paura del futuro, anzi dovremmo essere allegri che finalmente sia finita questa falsa egemonia del comportamento corretto, della revisione della storia, di dover essere tutti uguali e se non lo sei sei un pirla…….

Mi auguro veramente che ora si possa parlare di futuro dei popoli, di indirizzi chiari all’economia, che i bricks siano tenuti in considerazione, che la Cina si metta d’accordo con coloro di cui tengono in mano il loro debito pubblico, che i paesi arabi capiscano che i loro giovani se ne fregano delle guerre

ancestrali e di religione (così dice l’emiro del Qatar), che il medio oriente possa diventare in un decennio una democrazia generale e che l’Iran riceva un messaggio forte e chiaro… Il green obbligatorio non paga, le banche guadagnano sempre di più e gli operai vengono licenziati.

Si gira il mondo in 24 ore, ma non si conosce il nome del paese vicino a noi, siamo in connessione continua, ma non parliamo più con gli amici accanto a noi.

Andiamo con i missili di Musck su Marte, ma non portiamo l’acqua in Africa, combattiamo il cortisolo per non ingrassare, ma non portiamo il pane e la moringa ai più poveri. Siamo realmente sani di mente? Pensiamo che solo Trump sia un deficiente?

Un piccolo esmpio le nostre città: le abbiamo riempite di turisti, gli aeroporti straboccano, gli affitti aumentano a dismisura, come il conto salato dei ristoranti, degli alberghi, dei trasporti pubblici (che mancano quando servono) e poi ci lamentiamo se gli stessi abitanti delle città scappano.

Certo che si, scappano perché ci avete preso per i fondelli, avete fatto cassetto e ve ne siete fregati, della viabilità, della vivvibilità, dell’introduzione ante tempo di incentivi per i residenti… Ecco un piccolo esempio dell’economia che ha stravolto la politica, una politica attuata da amministrazioni di sinistra che non hanno tenuto conto di cosa sarebbe successo, ma era tutto scritto.

Dio mio Dio mio, dacci la forza di riflettere, di smettere di parlare e ragionare per partito preso, porta i giovani a ragionare, a leggere la storia, a confrontarsi non solo nei titoli dei post, ma nei contenuti. Dai forza tra poco ci sarà’ Natale, vediamo se porterà qualcosa di buono, magari la neve nei momenti e nei posti giusti, evitando le catastrofi come quella di Valencia (speriamo che non sia vero che tutto sia stato causato dall’uomo e dai venti provenienti dal Marocco), ma se così fosse…. Fermiamoci un attimo a riflettere.

La democrazia è una cosa seria, rispettiamo pertanto il volere del popolo, qualunque esso sia e tentiamo una sana e costruttiva collaborazione per migliorare ciò che è possibile. Ad majora

ECOGRAFIA: MEGLIO NON AVERE DUBBI

Che cos’è l’ecografia?

L’ecografia è una metodica diagnostica non invasiva che utilizzando ultrasuoni (onde sonore) emessi da particolari sonde appoggiate sulla pelle del paziente, consente di visualizzare organi, ghiandole, vasi sanguigni, strutture sottocutanee ed anche strutture muscolari e tendinee in numerose parti del corpo. Durante l’esecuzione dell’ecografia, l’area da esaminare viene inumidita con un apposito gel, non tossico, che consente una migliore trasmissione degli ultrasuoni attraverso il corpo umano.

L’ecografia costituisce uno dei primi approcci allo studio del corpo umano, fatta eccezione della parte scheletrica e delle strutture interne alla scatola cranica. Gli ultrasuoni, infatti, non sono in grado di studiare le strutture ossee. Le ecografie sono, invece, molto utilizzate per lo studio del collo (tiroide, linfonodi), dell’addome (fegato, reni, milza, pancreas, eccetera), della pelvi (vescica, utero, ovaie, prostata), delle vene e delle arterie (carotidi, aorta, eccetera), dell’apparato muscolare (muscoli, tendini, legamenti).

L’ecografia non prevede emissione di radiazione di tipo X. Può essere, pertanto, effettuata con una certa frequenza qualora si rilevi la necessità di eseguire ripetute indagini in presenza di patologie note a scopo di monitoraggio.

79^ ASSEMBLEA PUBBLICA DI CONFARTIGIANATO BERGAMO

IMPRESE ARTIGIANE IN PRIMA LINEA PER UNA VERA ED EFFICACE INCLUSIONE LAVORATIVA

Le imprese artigiane, e le associazioni di categoria come Confartigianato, sono e saranno in prima linea nel favorire una vera inclusione lavorativa dei migranti, trasformando una sfida demografica in un’opportunità per il futuro dell’Italia. Perché un percorso di integrazione, se ben gestito, non solo aiuta a risolvere la mancanza di personale di cui le imprese soffrono, ma arricchisce anche il tessuto imprenditoriale con nuove competenze e prospettive. Questo il messaggio emerso, lunedì 28 ottobre, in occasione della 79^ Assemblea Pubblica di Confartigianato Imprese Bergamo che si è tenuta presso il Teatro Donizetti (in una gremita Sala della Musica “Tremaglia”), alla presenza del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli.

L’Assemblea, dal titolo “DIVERSITÀ DI SVILUPPO. L’impatto dell’inclusione nelle PMI italiane”, si è focalizzata su un tema di grande rilevanza: l’inclusione dei lavoratori stranieri nelle imprese artigiane e PMI. Mai come oggi, infatti, il mondo produttivo si trova a dover affrontare una sfida strategica: come integrare lavoratori stranieri per colmare il gap occupazionale, risolvere la carenza di manodopera qualificata e valorizzare le competenze disponibili. Dopo l’esecuzione dell’Inno nazionale da parte dei giovani allievi del Politecnico

ph. Sergio Nessi

le Arti, i lavori sono stati aperti dal direttore Stefano Maroni che ha ricordato come l’obiettivo dell’Assemblea sia quello di mettere al centro dell’attenzione il tema dell’integrazione dei lavoratori stranieri nelle imprese, quale risposta al problema della carenza di manodopera. L’Assemblea è quindi entrata nel vivo con la relazione del presidente Giacinto Giambellini, seguita dagli interventi istituzionali di Elena Carnevali, Sindaco di Bergamo, Claudia Maria Terzi, Assessore alle Infrastrutture e opere pubbliche Regione Lombardia, Pasquale Gandolfi, Presidente della Provincia di Bergamo, Carlo Mazzoleni, Presidente della Camera di commercio di Bergamo, Sergio Cavalieri, Rettore dell’Università degli studi di Bergamo, don Cristiano Re, delegato vescovile per la Vita Sociale. Presenti anche il consigliere regionale  Giovanni Malanchini, i deputati del Parlamento italiano Rebecca Frassini e Vinicio Peluffo, e gli europarlamentari Lara Magoni e Giorgio Gori. Al termine dell’Assemblea la parola è tornata al direttore Stefano Maroni, per la presentazione del Bilancio Sociale e di Sostenibilità 2023.

VILLA SANT’APOLLONIA CASA DI CU ltu RA

CONTINUA IL VIAGGIO

NELL’ARTE A VILLA

SANT’APOLLONIA

CASA DI CULTURA

Anche quest’anno Villa Sant’Apollonia, oltre che clinica odontoiatrica e di chirurgia plastica-estetica, si trasforma in luogo d’arte e cultura. Ed è in questo contesto, infatti, che si inserisce la 2^ edizione della rassegna “Casa di CUltuRA”, che ogni anno promuove artisti del territorio bergamasco e non solo.

Così, venerdì 25 ottobre, abbiamo conosciuto Clarita Kuo, l’artista taiwanese che ha presentato la sua mostra personale ad un vasto pubblico, particolarmente coinvolto dalla sua storia, dalle sue fonti di ispirazione e dalle sue opere.

ABSTRACT JOURNEYS

Nella sua personale l’artista ci permette di immergerci nel potere del colore e delle forme. Perché è solo quando questi due elementi convergono che le possibilità di creare pittura diventano illimitate. L’arte si rivela un processo che inizia con un’emozione o un sentimento, ma cerca poi il suo compimento ultimo sulla tela. Ogni dipinto insomma consente a Clarita di dare forma a qualcosa che sta al di là delle parole.

Per questo ne ha fatto il mezzo di espressione a lei più intimo, permettendole di comunicare la sua profondità di percezione a tutti coloro che ne appezzano le opere. La sua arte così è sempre un invito a unirsi a lei in questo raffinato eppure intenso viaggio artistico.

INGRESSO LIBERO

Paolo e Giorgio Toffanetti, rispettivamente Direttore Amministrativo e Direttore Generale di Clinica Villa Sant’Apollonia, sono lieti di contribuire alla divulgazione dell’arte e invitano tutto il pubblico a visitare la mostra.

VILLA SANT’APOLLONIA

Bergamo Via Giovanni Motta, 37 Telefono: 035 347172

villasantapollonia.it

SAN FRANCESCO DAL 1966 L’ECCELLENZA DELLA PASTICCERIA

NATALE È ALLE PORTE: FATEVI INGOLOSIRE

DALLE PROPOSTE IDEATE

DALLA PASTICCERIA

SAN FRANCESCO IN VISTA

DELLE FESTIVITÀ

NATALIZIE

La pasticceria San Francesco dispone di un laboratorio artigianale interno presso il quale, dal 1966, vengono realizzati prodotti dolciari d'eccellenza. I mastri pasticceri vi mettono a disposizione la loro esperienza nella creazione di torte personalizzate, dolci su ordinazione, panettoni artigianali e molto altro. Ma non solo: offre anche un servizio di bar caffetteria con caffè e cappuccini, spremute d'arancia, succhi di frutta biologici da degustare con prodotti dolciari artigianali per una colazione all'insegna della qualità.

Dal 1966 Pasticceria San Francesco mette a disposizione solo il meglio di prodotti di pasticceria artigianale realizzati con processi di lievitazione naturale e ingredienti genuini a km 0. La qualità dei prodotti, coniugata alla professionalità dello staff, hanno fatto di questa realtà una pasticceria artigianale d’eccellenza, un vero punto di riferimento per Bergamo e provincia.

Prime colazioni

Pasticceria San Francesco è la location ideale nella quale gustare un'ampia scelta di pasticceria artigianale, brioche fresche di giornata, mignon e pasticcini per prime colazioni di qualità. Affidandovi alla professionalità dello staff  potrete inoltre richiedere la realizzazione di dolci tipici bergamaschi e torte personalizzate per cerimonie, compleanni o eventi speciali.

Ampio assortimento di mignon e pasticceria italiana

Un riferimento per tutti gli amanti di prodotti di pasticceria e mignon preparati come si faceva un tempo: con tutta la cura e l'attenzione per la scelta di materie prime di qualità.

Cake design artigianale

Pasticceria San Francesco è specializzata nella realizzazione di pasticceria artigianale, pasticcini secchi, uova pasquali, briosche e mignon per tutti i gusti. I suoi pasticceri mettono inoltre a disposizione la loro esperienza offrendovi il servizio di cake design artigianale per torte personalizzate in base a ogni esigenza. La mission dello staff è quella di offrirvi solo il meglio di prodotti di caffetteria e pasticceria oltre a preparazioni salate, stuzzichini e un'accurata selezione di birre, vini locali e grappe di qualità.

Pasticcini e pasticceria secca

Presso la Pasticceria San Francesco verrete accolti in una location curata nel minimo dettaglio nella quale potrete degustare pasticcini, pasticceria secca, dolci tipici e solo il meglio della pasticceria italiana.

Cocktails e apertivi

Lo staff vi mette inoltre a disposizione un'accurata selezione di preparazioni salate e stuzzichini per accompagnare gustosi aperitivi a base di cocktails, birre artigianali e vini locali doc.

Consegna a domicilio e servizio catering

Pasticceria San Francesco è al vostro fianco offrendovi inoltre il servizio di consegna a domicilio di dolci, torte di compleanno e confezioni regalo a base di praline. Lo staff  vi offre, inoltre, il servizio di catering per eventi a base di prodotti dolci o salati preparati artigianalmente.

Pasticceria San Francesco Via IV Novembre, 2 Bergamo Tel. 035 259522

pasticceriasanfrancesco@virgilio.it www.pasticceriasanfrancesco.com

Danilo Bonora, titolare Pasticceria San Francesco

CONOSCIAMO

PIÙ DA VICINO UN ALTRO PROFESSIONISTA DI PERFORM

SPORT MEDICAL

CENTER CHE SI OC-

CUPA DI MEDICINA

FUNZIONALE INTE-

GRATA E NUTRIZIONE BIOLOGICA

L’unicità è il presupposto della Medicina Funzionale

Una volta individuato il personal trainer di fiducia per il raggiungimento degli obiettivi sportivi che ci siamo prefissati e il professionista più adatto per le nostre esigenze psico-fisiche, è consigliabile affidarsi anche a qualcuno di qualificato per star bene e sentirsi in forma durante il percorso che ci separa dal conseguimento del risultato sperato. Perform Sport Medical Center offre ai propri clienti anche la possibilità di affidarsi ad un consulente - il Dott. Andrea Pedrocchi, medico chirurgo specializzato in Medicina Funzionale Integrata e Nutrizione Biologica - grazie al quale curare disturbi di tipo funzionale che non trovano soluzione con un approccio medico tradizionale. “Lo sportivo, prima di tutto, è una persona. E noi di Perform siamo in grado di supportare chiunque desideri raggiungere degli obiettivi: da chi si cimenta per la prima volta con la pratica sportiva, a chi, invece, fa dello sport la propria professione. Chi si rivolge a me lo fa principalmente per migliorare le proprie performance ma, per contribuire al raggiungimento di questo obiettivo, devo agire prima sulla persona”. Coliti, gastriti, cistiti, dermatiti, allergie cutanee e respiratorie, cefalee ed emicranie, sinusiti, disturbi mestruali, menopausa, disturbi dell’umore, sovrappeso e obesità sono le problematiche più frequenti segnalate dai miei pazienti ma il concetto di medicina funzionale è molto più ampio. “Offre la possibilità di spiegare la causa o le cause di un problema di salute, senza doversi focalizzare sul sintomo, cercando di riportare l’organismo all’equilibrio precedente l’insorgenza della sintomatologia, andando a ripristinare la corretta attività degli organi implicati nel disturbo”.

Anche l’alimentazione riveste un ruolo cruciale nel benessere delle persone: “Sì ma tutti, pur sapendolo, preferiscono svicolare. Tutto ciò che richiede impegno e dedizione, nella società del tutto e subito, viene solitamente accantonato. Cambiare il proprio stile di vita e mantenerne uno corretto, infatti, richiede un impegno quotidiano. Il mio approccio è utilizzare la nutrizione come strumento terapeutico; per predisporre piani di dimagrimento/nutrizionali ci sono altre figure professionali nel nostro team. Se una persona ha delle intolleranze alimentari che provocano sintomi, infiammazioni e squilibri, per esempio, io ne curo la causa”. Rispetto alla medicina convenzionale quanto è riconosciuta oggi la medicina funzionale? “È ancora un po’ osteggiata (come del resto le tecnologie biomediche, la medicina naturale, l’agopuntura ecc.) perché funziona e perché cura le persone. Nonostante questo aspetto, l’interesse dell’utenza verso quest’ambito della medicina cresce proprio perché sono le persone a richiederlo visto che la medicina tradizionale, in alcune circostanze, non trova le risposte adeguate”.

PRIMA LA SALUTE INFORMAZIONI & CURIOSITÀ

DEPRESSIONE: GLI ITALIANI LA TEMONO, MA NON LA CONSIDERANO UNA MALATTIA

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato un allarme globale; la depressione sarà la principale causa di disabilità nel mondo e, entro il 2030, diventerà la malattia mentale più diffusa. Solo in Italia sono oltre 3,5 milioni le persone che soffrono di disturbi depressivi e le diagnosi, negli ultimi anni – in particolare nel periodo post Covid – sono aumentate del 30%. Eppure, tre nostri concittadini su quattro sono ancora convinti che la depressione non sia una malattia, ma uno “stato temporaneo” e che “capiti a tutti di sentirsi depressi di tanto in tanto”, sottovalutando la gravità del disturbo. Due italiani su tre pensano infatti che sia sufficiente distrarsi e fare qualcosa di divertente e coinvolgente, mentre il 67% degli intervistati crede che cambiare lo stile di vita, eliminando i possibili fattori scatenanti, sia una soluzione per affrontare la depressione. Questi dati emergono con chiarezza da un’indagine realizzata da SWG in occasione della Giornata Mondiale della Salute Mentale (10 ottobre), con il supporto di Johnson & Johnson Innovative Medicine.

Un panorama complesso

Nonostante la percezione generale della depressione come uno “stato d’animo” e non come una patologia, la conoscenza dichiarata dei sintomi che la accompagnano risulta molto elevata: perdita di interesse nelle attività quotidiane (86%), difficoltà nelle relazioni sociali (88%), bassa autostima (78%), problemi legati al sonno (81%), variazioni nell’appetito (77%), stanchezza cronica (73%), difficoltà di concentrazione (69%). Tuttavia il 63% degli intervistati, in presenza di questi sintomi, preferisce attendere un po’ di tempo per capire se si tratta di una fase passeggera.

Di fronte al dubbio che qualcuno soffra di depressione, inoltre, solo una persona su due crede che ci si dovrebbe rivolgere ad uno psicologo o al proprio medico di famiglia, e il 35% degli intervistati crede che sia sufficiente rivolgersi ad amici o familiari.

“Molti italiani riconoscono l’importanza di affrontare le malattie mentali e la depressione – la più diffusa tra queste – attraverso un percorso terapeutico, ma pur-

Dr. Haim Reitan

2

Direttore Sanitario Studio Medici Associati

troppo molti di essi evitano di rivolgersi ad uno Specialista della Salute Mentale, per paura dello stigma sociale - sottolinea Felicia Giagnotti, presidente di Fondazione Progetto Itaca ETS - Come Associazione avvertiamo quindi l’urgenza di sensibilizzare l’opinione pubblica e offrire supporto concreto a chi combatte quotidianamente contro la depressione ed altre malattie psichiatriche, promuovendo una corretta informazione e un adeguato accesso alle cure.

Il nostro impegno è orientato ad offrire maggiore supporto a pazienti e caregiver perché superino lo stigma e non abbiano paura di chiedere aiuto”. Il dato che accomuna tutti: la depressione fa paura L’indagine SWG ha messo in luce un aspetto interessante, che merita una riflessione nell’ottica di una maggiore consapevolezza della patologia. Il 79% degli intervistati dichiara di essere fortemente spaventato dalla depressione e il 19% la percepisce come una condizione senza via d’uscita. Quasi il 90% riconosce inoltre l’impatto significativo che la malattia ha sulle relazioni personali, causando conseguenze gravi nei rapporti di coppia, nelle amicizie, nelle dinamiche lavorative e persino nell’educazione scolastica.

L’ITALIA IN PRIMA LINEA CON IL DOCUMENTO DI CONSENSO CICERONE

L’Italia è uno dei paesi in cui la ricerca sullo sviluppo di dispositivi robotici per la riabilitazione ha conosciuto il maggiore incremento negli ultimi anni e in cui è già presente un grande numero di dispositivi nelle strutture sanitarie. Dopo tre anni di lavoro, i promotori Simfer (Società italiana di Medicina fisica e riabilitativa) e Sirn (Società italiana di Riabilitazione neurologica) hanno presentato al ministero della Salute un documento su questo tema che ha coinvolto di centinaia di studiosi e diverrà un punto di riferimento ineludibile anche per gli altri Paesi. È il documento di consenso “Cicerone” (in allegato), frutto della Conferenza di consenso sulla riabilitazione assistita da robot e dispositivi elettromeccanici per le persone con disabilità di origine neurologica, che ha ricevuto il supporto scientifico e logistico dell’Istituto superiore di sanità. «Cicerone è un’iniziativa per ora unica, nel suo genere - spiega la presidente di Simfer, Giovanna Beretta -. Nel nostro Paese queste tecnologie sono incluse nei Livelli essenziali di assistenza dal 2017, con l’inserimento nel nomenclatore delle prestazioni specialistiche riabilitative erogabili dal Ssn. Purtroppo, queste disposizioni non sono ancora state compiutamente applicate, anche per la mancanza di indicazioni uniformi sulle modalità operative con cui inserirle nella pratica clinica corrente». «È proprio questo uno dei motivi che hanno portato all’organizzazione della Conferenza», aggiunge Stefano Paolucci, presidente Sirn. «Si sono rilevate disomogeneità e discrepanze nei criteri e nelle metodologie pratiche di impiego clinico di queste tecnologie, nei contesti organizzativi in cui esse sono erogate, nella valutazione dei loro esiti. Mancava in sostanza un quadro complessivo e condiviso di riferimento, che possa chiarire i molti diversi aspetti di cui tener conto perché queste tecnologie siano integrate nell’offerta riabilitativa in modo efficace, stabile, sicuro ed accettabile da parte di tutti i diversi soggetti coinvolti». Proprio dare una iniziale risposta a questi problemi, la Simfer e la Sirn hanno promosso l’organizzazione della Conferenza, che si è tenuta il 23 e il 28 ottobre 2020. Dopo la celebrazione, gli esperti della Giuria hanno lavorato sulla grande mole di documentazione scientifica messa loro a disposizione per elaborare il documento conclusivo. Sulla base dell’accurata raccolta documentale da parte di nove gruppi di lavoro, e dopo numerosi incontri di approfondimento, la giuria multidisciplinare di esperti ha elaborato il documento conclusivo, riguardante: definizioni e criteri di classificazione dei dispositivi; il loro impiego clinico nelle più frequenti condizioni disabilitanti di origine neurologica; i modelli teorici di riferimento per lo sviluppo e l’utilizzo clinico e le prospettive della formazione e della ricerca; i contesti organizzativi appropriati per il loro impiego; gli aspetti normativi e le implicazioni sociali, etiche e giuridiche. Il lavoro preparatorio di raccolta documentale, analisi e discussione è durato come detto circa tre anni, superando le molte difficoltà dovute all’epidemia di Covid 19, e ha visto il coinvolgimento di circa duecento persone fra clinici, ricercatori, programmatori, amministratori, utenti e loro famigliari, esperti in ambito tecnologico, giuridico e bioetico, esponenti del mondo della produzione.

BERE CAFFÈ DECAFFEINATO: ECCO LE CONSEGUENZE PER LA GLICEMIA E

COLESTEROLO

Uno degli aspetti più discussi sul caffè decaffeinato è il suo effetto sulla glicemia. Studi scientifici hanno dimostrato che, a differenza del caffè normale, il caffè decaffeinato non sembra causare un aumento significativo dei livelli di glucosio nel sangue. Questo è un punto a favore per chi soffre di diabete o deve monitorare attentamente i propri livelli di zucchero nel sangue. Il caffè tradizionale con caffeina può talvolta influenzare la risposta insulinica, causando picchi glicemici in alcune persone. Tuttavia, il decaffeinato, grazie alla rimozione della caffeina, offre un’alternativa che può risultare meno impattante per la gestione della glicemia. Alcune ricerche suggeriscono che i polifenoli presenti nel caffè, anche in quello decaffeinato, possano contribuire a migliorare la sensibilità all’insulina, promuovendo un metabolismo del glucosio più equilibrato.

Passando al colesterolo, il caffè decaffeinato offre alcuni benefici interessanti. Diversi studi hanno evidenziato che il consumo di caffè tradizionale, soprattutto quando preparato con metodi che non filtrano bene i diterpeni (composti oleosi come il cafestolo e il kahweol), può aumentare i livelli di colesterolo LDL, noto come colesterolo “cattivo”. Il caffè decaffeinato, invece, contiene generalmente una quantità inferiore di questi composti, rendendolo potenzialmente più sicuro per chi ha necessità di mantenere sotto controllo i livelli di colesterolo. Gli studi hanno anche suggerito che il consumo di caffè decaffeinato possa contribuire a migliorare il profilo lipidico grazie alla presenza di antiossidanti. Questi composti aiutano a combattere i radicali liberi e possono contribuire a prevenire l’ossidazione del colesterolo LDL, riducendo così il rischio di formazione di placche arteriose.

con Aurora Minetti

PROGRAMMA

Gennaio/Maggio 2025

09.01

Un viaggio tra semifreddi e decori al cioccolato

Docente: Gianni Clapis

Partner: Opera Prima

27.01

Fritti

Docente: Stefano Barbato

Partner: Irca

03.02

Novità del Sigep

Docente: Gianni Clapis

10.02

Pasticceria Fredda

Partner: Giuso

17.02

Gelato chetogenico e slow food

Docente: Michele Rotolo

Partner: Città del Gelato

17.03

Uova di Pasqua

Docente: Marta Giorgetti

Partner: Carma/Callebaut

24.03

Un viaggio autentico tra colombe classiche e non

Docente: Andrea Pagano

Partner: Molino Merano

31.03

Un viaggio tra lieviti naturali e crusche fermentate

Docente: Ezio Marinato

Partner: Molino Merano

07.04

Il cioccolato e le sue creme di base

Docente: Davide Malizia

Partner: Irca

28.04

Pizza napoletana e romana

Docente: Diego Vitagliano

Partner: Molino Grassi

26.05

La pasticceria salutista

Docente: Luca Montarsino

Il laboratorio dei saperi e dei sapori: formarsi per aprirsi a nuove opportunità

Già definite le masterclass organizzate da Puntogel per promuovere e sensibilizzare un diverso modo di fare cultura ma, soprattutto, per consentire ai professionisti della filiera (B2B) di aprirsi e leggere la complessità non come un ostacolo insormontabile ma come un’opportunità enorme da cogliere

Completato il programma dedicato alla formazione di Puntogel anche con gli appuntamenti previsti per il primo semestre del 2025. Un nuovo ciclo di incontri gratuiti rivolti ai professionisti della filiera (B2B) che si svolgeranno presso il nuovo headquarterdi Puntogel in una sala demo che è passata dagli attuali 150 mq ai 750 della nuova.

“Sarà una stagione formativa estremamente interessante - ci ha raccontato Aurora Minetti, Amministratore Unico di Puntogel Srl - perché abbiamo scelto di dedicarci in modo verticale, come consuetudine negli ultimi anni, a diversi cluster merceologici (gelateria, pasticceria, panificazione e ristorazione) che da sempre connotano la nostra attività. La prerogativa di questa nuova tornata di corsi è che, per ciascun appuntamento, è contemplata un’apertura trasversale verso attività attigue alla materia oggetto di approfondimento. Un conto, infatti, è offrire al gelatiere dei corsi qualificanti e specializzati, un altro se, sempre all’interno degli stessi corsi, gli offriamo l’opportunità di sperimentarsi in segmenti attigui al suo ambito di competenza. Il nostro scopo non è tanto e solo quello di aiutare il professionista ad affinare le proprie conoscenze ma anche ad aprirsi, facendogli superare quella concezione statica che troppo spesso condiziona la visione del professionista. Ancor di più oggi in cui le stagioni sono diventate estremamente variabili ed indefinite. In Puntogel, da diversi anni, abbiamo avviato il progetto di destagionalizzazione e, in virtù dei risultati conseguiti nei vari cluster, si tratta di un’esperienza che intendiamo trasferire anche ai nostri clienti in occasione di queste iniziative”. Iscrizioni obbligatorie per professionisti con P.IVA.: www.puntogel.com/corsi

40 ANNI DI ECCELLENZA E INNOVAZIONE

IL 27 SETTEMBRE SCORSO L’AZIENDA DI GIULIANO BAGLIONI HA CELEBRATO IL 40° ANNIVERSARIO DALLA SUA NASCITA, UN TRAGUARDO IMPORTANTE CHE TESTIMONIA LA CRESCITA COSTANTE E L’IMPEGNO DI QUESTA INTRAPRENDENTE REALTÀ PRODUTTIVA NELL’OFFRIRE SOLUZIONI AVANZATE E INNOVATIVE PER L’INDUSTRIA MANIFATTURIERA

Tommaso Revera

Quando i sogni diventano realtà. Ripercorrere la storia imprenditoriale di Giuliano Baglioni, Presidente e Amministratore Delegato di Automazioni Industriali Srl, per certi versi, ti mette voglia di metter a frutto quel progetto che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha pensato di realizzare. Ma che poi, in preda ad incertezze e preoccupazioni, non ha mai sviluppato riponendolo nel cassetto o, peggio, confinandolo nel dimenticaio. Ecco per Giuliano non è stato così: da quando era bambino nutre una passione sconfinata per gli automatismi, per tutto ciò che è elettrico e per le componenti pneumatiche al punto che, archiviati in fretta i tre anni di studi presso un centro di formazione professionale (l’unico, al tempo, che poteva permettersi la sua famiglia) inizia un incessante e generoso porta a porta tra le industrie sparse a Lumezzane in cerca dell’imprenditore che potesse dar fiducia alle sue idee e, soprattutto, alla sua visione. Con niente di più che una Vespa 50 Special e un grande sogno: era guidato dall’entusiasmo e dal desiderio di mettersi alla prova non solo per superare le asperità che la vita ti mette di fronte ma anche per dimostrare a se stesso che i sogni possono diventare realtà.

È così che è iniziato il suo percorso imprenditoriale?

“Proprio così: 40 anni fa, nel 1984 quando ero giovane e non avevo un soldo in tasca. Lumezzane ai tempi era già un territorio produttivo molto fiorente e così, in una piccola cantina, anche grazie alla cassetta di ferri acquistata a rate, ebbe inizio la mia avventura imprenditoriale con un’azienda artigiana specializzata nella manutenzione di macchinari industriali”.

Superati i fisiologici momenti di difficoltà iniziale, inizia ad assumere e, nel 1999, fa il suo primo, vero, investimento…

“Sì, l’acquisto di un’area produttiva di circa 1.100 mq nel comune di origine, Lumezzane. A nove anni più tardi, invece, risale il trasferimento a Nave, nell’attuale sede dell’azienda, grazie all’acquisizione di un’area riconvertita per accogliere prima la nostra produzione e, in seguito, anche gli uffici di rappresentanza e di progettazione”.

Oggi la sua azienda è divenuta una delle realtà più importanti di integratori italiani di robot antropomorfi (ben 1.600 i robot distribuiti in 4 continenti e oltre 90 le celle robotizzate prodotte ogni anno). Originariamente qual era la sua idea?

“L’idea è stata quella di offrire alle imprese dei supporti robotici per semplificare alcune operazioni produttive ottimizzando così i tempi di produzione. La robotica l’ho approcciata nel 1995, quando ancora non se ne intuivano le potenzialità: allora nacquero i primi sistemi di visione guida robot. Insieme all’Università di Pavia, chiarendo le specifiche tecniche, feci sviluppare il primo DRS, Drive Robot System. Da lì a poco ci fu il boom dell’automazione…”.

Il vostro mercato di riferimento è ormai internazionale ma a quali settori si rivolge prevalentemente?

“A tutte quelle aziende - dai paesi dell’Unione Europea passando dagli Stati Uniti, dal Canada, dall’Australia, da Israele alla Cina, dalla Thailandia al Giappone, dal Brasile al Regno Unito, dalla Svizzera alla Bielorussia - che operano in ambito di automotive, rubinetterie, valvolame e presse. Oltre a fornire un prodotto chiavi in mano, Automazioni Industriali è particolarmente attiva nel post-vendita garantendo ai propri clienti un’assistenza continua e preparata grazie ai continui aggiornamenti interni del personale”.

Una presenza globale sul mercato grazie a cui avete raggiunto un grande livello di internazionalizzazione, non è così?

“L’apertura nel 2023 della Industrial Automation corp. in Ohio negli USA, divisione completamente dedicata al service, testimonia da un lato il grande livello di internazionalizzazione e dall’altro l’importanza per l’azienda di offrire un servizio di eccellenza anche nel post-vendita. Fanno parte di questa realtà le due divisioni Robotic Division e Forging Division: la prima si occupa prevalentemente di service mentre la seconda di presse elettriche per lo stampaggio a caldo”.

Una volta conseguito il successo non vi siete seduti sugli allori ma, al contrario, avete fatto in modo di autoalimentarvi senza dipendere da nessuno, sbaglio?

“Proprio così. Facciamo progettazione meccanica, elettrica e software per cui, per tutte le automazioni che lanciamo sul mercato, produciamo noi non solo il software ma anche le componenti. In generale, operare nell’ambito dell’automazione industriale, garantisce una crescita indicativa a due cifre tutti gli anni (nell’ordine del +20%). Mai avrei pensato, 40 anni dopo le mie scorribande in valle, di disporre di una sede di proprietà di oltre 10.000 metri quadrati, di 100 risorse umane (dall’età media di 40 anni) e di sfiorare i quasi 25 milioni di fatturato”.

In questa bella storia imprenditoriale quanto ha inciso il contributo di sua moglie Alessandra e dei suoi cognati? “Un grazie speciale lo devo a mia moglie Alessandra (riferimento in azienda per tutto ciò che attiene alla amministrazione e alla finanza) che ha creduto in me quando il futuro era ancora incerto, e ai miei cognati Giovanni e Piergiorgio (preposti all’area commerciale), che mi hanno accompagnato con dedizione, trasformando questo sogno in una realtà condivisa. Ho ricevuto un supporto incondizionato per cui sarò loro per sempre grato.

L’area produttiva di via Castagnotta a Nave, acquistata nel 2008 e divenuta il nuovo headquarter dell’azienda, è sviluppata su una superficie totale di 10.000 metri quadrati, di cui 1.000 dedicati agli uffici, alla progettazione e alla produzione

Un grande motivo d’orgoglio è stato anche l’ingresso in azienda di due dei miei figli (il terzo è a capo di uno studio di architettura in città) e di mia nipote Marta”.

Un sentimento di gratitudine che nutre anche per il suo staff…

“Un ringraziamento lo devo anche a tutte le maestranze in quanto anche loro hanno contribuito con la loro lealtà, la loro fedeltà, la loro tenacia e anche la loro pazienza… Ma soprattutto con il loro credo verso l’azienda e verso la mia persona. Non è stato facile, ma ogni sacrificio, ogni sfida superata, ci ha portato qui, oggi. Vedere come è cresciuta l’azienda, come siamo riusciti a costruire qualcosa di duraturo e prezioso, mi riempie di orgoglio. L’azienda è comunità di vita, il luogo dove passiamo la maggior parte del nostro tempo e qui ci sono le persone con le quali condividi il tuo tempo: i muri si costruiscono, i macchinari si acquistano ma le persone, quelle, te le devi conquistare”.

Dopo un’ascesa così rapida quale sono le sensazioni che animano il suo presente?

“Per me è come il primo giorno, uguale e identico. Quando parlo di automazione, sento lo stesso ‘brivido’ di 40 anni fa ma adesso mia moglie ed i miei figli mi tengono un filo più a freno. Ma questa è la mia vita: l’impresa così come il lavoro sono scalfiti nel mio DNA”.

La commessa che più di altre è stata motivo d’orgoglio per lei?

“Quella che verrà. Per me tutti i clienti sono importanti allo stesso modo. Quelli ‘interni’, ovvero quelli che lavorano vicino a te, sono quelli più importanti”.

In un’epoca in cui è difficile trovare profili adeguati per l’industria, quanto incide la passione e il trasporto con cui ancora oggi affronta il suo quotidiano?

“Sicuramente tanto. I giovani di oggi questo spirito non ce l’hanno, non tanto e non solo per demerito loro, ma perché sono cambiati i tempi, i ritmi, gli interessi che come famiglie mettiamo al servizio dei ragazzi. Presiedo la Fondazione Benedetto Castelli, nata nel 2015 e operante all’interno della rete degli istituti tecnici del nostro territorio per supportare le scuole nel rinnovamento dei laboratori, delle tecnologie, dei materiali da offrire ai giovani e per erogare formazione (150 ore all’anno ad ogni singolo programmatore di robotica e 70 ore per i tecnici montatori meccanici, elettrici, progettisti e ai vari uffici interni, ufficio acquisti, amministrazione, vendite). Incontrando spesso gli studenti, anche grazie ai nostri open day aziendali, mi accorgo di come spesso non abbiano minimamente la cognizione di cosa sia un’impresa e di come sia strutturata. L’aspetto che trovo più gratificante di questa attività non è tanto l’assunzione di questi ragazzi nella mia azienda ma il privilegio di contribuire nel trovare la loro vera vocazione professionale”.

AUTOMAZIONI INDUSTRIALI s.r.l. Via Castagnotta, 8  Nave (BS) Tel. 030 8925563 www.autind.com

DAVIDE CASATI

QUANDO LA POLITICA È DI CASA

DOPO L’EXPLOIT ALLE ELEZIONI REGIONALI DELLO SCORSO ANNO, DOVE HA OTTENUTO UN NUMERO RECORD DI PREFERENZE, RITROVIAMO DAVIDE CASATI, CONSIGLIERE REGIONALE DELLA LOMBARDIA IN RAPPRESENTANZA DEL PARTITO DEMOCRATICO

Tommaso Revera Ph. Paolo stroppa

Assessore, vicesindaco e sindaco. Il tutto in “soli” quattro mandati, quasi 20 anni, da quando di anni ne aveva solo 19. L’ascesa in politica di Davide Casati è metaforicamente paragonabile ad una squadra di calcio partita dai dilettanti che, dopo quattro promozioni consecutive, approda nel calcio che conta, quello dei professionisti. Ma non contento, nel mezzo di un’impegnata attività amministrativa, ha pensato bene di cimentarsi con la politica vecchia maniera, quella del partito, iniziando tra le fila del neonato PD di Walter Veltroni prima come coordinatore dei giovani e poi in qualità di segretario provinciale. L’ultima ciliegina della sua fulminea ascesa politica, l’ingresso trionfale nel Consiglio Regionale della Lombardia, da ormai trent’anni saldamente nelle mani del centrodestra, dove guarda tutti dall’alto delle sue 14.817 preferenze, un record assoluto per un candidato bergamasco superato solamente dai 35.761 voti conseguiti nella stessa tornata elettorale da Emilio Del Bono, collega di partito, nonché Sindaco uscente di Brescia.

La predilezione per la politica l’hai assorbita in famiglia viste e considerate le esperienze di tuo padre Arrigo e tuo zio Annibale?

“Chi lo sa. Quel che è certo è che la politica è stata di casa. L’esperienza di mio zio da sindaco, dal 1975 al 1985, non l’ho proprio vissuta (non era ancora nato, ndr) rispetto a quella di papà, condotta dal 1985 al 1995, di cui ho solo alcuni ricordi. Sicuramente certe cose si trasmettono anche inconsapevolmente. Non a caso, già da quando frequentavo le scuole elementari e medie, venivo spesso preso come riferimento avendo una naturale predisposizione per i ruoli di portavoce/rappresentante. Crescendo, poi, ho sempre ricoperto ruoli di responsabilità per cui questa mia naturale inclinazione è andata via via consolidandosi. Senza che nessuno, ci tengo a dirlo, mi spingesse in questa direzione, anzi…”.

Sei cresciuto politicamente a Scanzorosciate dove hai fatto prima l’assessore (dal 2004 al 2009) poi il vicesindaco (dal 2009 al 2014) e, infine, il Sindaco (dal 2014 e per ben due mandati). A giudicare dai risultati, la tua abilità amministrativa è stata apprezzata… “Avevo 19 anni e ho ricoperto il ruolo di amministratore per altrettanti 19 anni. Che dire: è stata indubbiamente l’esperienza formativa per me più importante, indimenticabile e che ricordo ancora con affetto. Una vera palestra, politica, amministrativa ed umana. Conoscere più da vicino i problemi delle persone ti consente di sintonizzarti meglio sui veri bisogni di una comunità. Questo è un aspetto molto importante perché, quando fai politica, il rischio di soffermarti su problematiche che non investono il quotidiano delle persone è molto alto. Ho imparato, inoltre, che le persone spesso non chiedono la luna ma chiedono ascolto, prossimità, empatia e cose semplici. E poi la bellezza di poter risolvere i problemi: fare politica significa assumersi delle responsabilità e prendere delle decisioni nell’interesse di una comunità”.

La tua ascesa è culminata nel 2018 quando, il 24 novembre, sei stato eletto segretario provinciale del PD, ruolo ricoperto per quasi 5 anni. Che tipo di esperienza è stata? Quanto è stato difficile coordinare un partito in cui, da sempre, coesistono molteplici anime?

“Sì, anche se il primo impegno politico l’ho avuto dieci anni prima, nel 2008, quando da semplice amministratore locale, mi ero avvicinato al neonato PD di Walter Veltroni. Essendo allora un under 30, mi impegnai nella giovanile e ne divenni il coordinatore provinciale. In quel momento ho iniziato a respirare davvero la vita del partito, la prima esperienza politica diversa dall’amministratore e dalla vita comunale. A fine 2018 arrivò l’elezione come segretario provinciale, un passaggio significativo in cui ho ricoperto un ruolo importante che mi ha dato modo di misurarmi con la politica non solo amministrativa e soprattutto a livello sovracomunale”.

In cosa si differenzia principalmente l’attività politica di amministratore da quella di partito?

“Cambiano i tempi di risposta e la concretezza “percepita” dalle persone. Più l’istituzione è grande e più i tempi necessari per assumere decisioni, cambiare leggi o regolamenti, sono lunghi. Serve molta pazienza e questo a volte si “scontra” con il bisogno di risposte immediate. Se amministrando un Comune bene o male ce la fai, in altri contesti (vedi in Regione dove sono ora) tutto richiede molta più pazienza e mediazione. In secondo luogo, più sali di livello, più i bisogni delle persone di cui l’istituzione si prendere cura aumentano. L’attività di partito è molto diversa, ha il compito di costruire una visione, fare delle proposte che poi vanno concretizzate nelle istituzioni. E facendo parte di un partito plurale come il PD, da sempre contraddistinto dalla vocazione di rappresentare sensibilità diverse, tenere insieme questa pluralità richiede inevitabilmente tanta pazienza, mediazione ed ascolto. Far parte di un partito ‘identitario’, come per intenderci quelli che si attestano oggi al 3-5% e dove tutti la pensano allo stesso modo quasi su tutto, è certamente più facile ma decisamente meno stimolante per incidere nelle scelte”.

Sei stato eletto in Consiglio Regionale nel 2023 con ben 14.817 preferenze, secondo solo ad Emilio Del Bono, Sindaco di Brescia uscente. Come riuscite a farvi valere in una Regione governata dalla destra dal 1995?!

“Le preferenze ricevute sono state il frutto non di una campagna elettorale di

Da Scanzorosciate al Pirellone senza tralasciare la vita nel partito dove si è fatto le ossa ricoprendo prima l’incarico di coordinatore provinciale dei giovani democratici e, in seguito, il ruolo di segretario provinciale del Partito Democratico

QUANDO LA POLITICA È DI CASA

un mese ma di un lavoro durato vent’anni. Sicuramente il lavoro in veste di Sindaco ha contribuito a farmi conoscere a livello locale e poi quello svolto all’interno del partito mi ha consentito di essere attivo anche al di fuori dei confini comunali. È stato indubbiamente un risultato importante: per Bergamo è stato il record di preferenze raccolte negli ultimi quindici anni. Un exploit che da un lato mi ha gratificato e dall’altro ulteriormente responsabilizzato nel contesto di una votazione, quella regionale, dove il PD non è certo il primo partito”.

In Regione fai parte di tre commissioni: sanità, welfare&casa e formazione&lavoro. Puoi descrivere il progetto più importante per ciascuna area di cui ti sei fatto promotore?

“Per la commissione welfare&casa sto seguendo da vicino il tema della disabilità, anche alla luce dei tagli regionali che erano previsti e che, anche grazie alle nostre battaglie, sono stati per fortuna azzerati. Esistono in quest’ambito delle buone leggi ma che non vengono attuate per cui, anche in virtù della crescita esponenziale dei bisogni, la sfida vera è dare il mio contributo per far sì che lo siano per sostenere le persone più fragili. In questa commissione si parla anche di politiche per la casa: facilitarne l’accesso, anche in relazione all’aumento del costo della vita, è una priorità soprattutto per le nuove generazioni. Per la commissione sanità, invece, i temi su cui ci stiamo battendo sono quelli noti: carenza di personale, abbattimento delle liste d’attesa e riequilibrio del rapporto tra sanità pubblica e sanità privata con una Regione che eserciti meglio il ruolo di programmazione. Per la commissione formazione&lavoro, infine, la sfida più grossa è come migliorare il rapporto tra il mondo della formazione con quello dell’impresa per ridurre il mismatch tra domanda e offerta; una condizione per cui si assiste ad una mancata corrispondenza della domanda di lavoro da parte delle imprese con l’offerta di lavoro da parte dei lavoratori che oggi si attesta al 47% di disallineamento”.

Recentemente hai partecipato all’evento benefico, Together for life, tradizionalmente organizzato per raccogliere fondi contro la fibrosi cistica. Cosa può fare Regione Lombardia per questo scopo?

“Lo step 1 è stato il mio ordine del giorno approvato poco prima dell’estate che impegna la Regione a sostenere le campagne di comunicazione e sensibilizzazione su questa malattia rara. L’obiettivo per il 2025 è proseguire quanto intrapreso a settembre, quando abbiamo illuminato anche il Pirellone, Palazzo Lombardia e anche la nostra Porta San Giacomo a Bergamo, per potenziare questa azione di supporto. Un modo per rendere più forte la presenza di Regione Lombardia su questo tema e per evidenziare che questa malattia, purtroppo, esiste e che 1 persona su 30 senza saperlo è portatrice sana. Il secondo obiettivo, che stiamo cercando di capire più in prospettiva, è arrivare ad offrire ai lombardi degli screening gratuiti o con un costo calmierato per intercettare il portatore sano di fibrosi cistica”.

Allargando lo sguardo sul mondo, la tua opinione sull’elezione di Donald Trump?

“Speravo vincesse Kamala Harris ma il popolo ha sempre ragione, in particolare quando un candidato vince in maniera così netta. È la riconferma che il centrosinistra, a livello mondiale, ha perso il rapporto con il popolo e non è più popolare. Questa è l’amara e vera conclusione sulla quale bisogna ragionare per cambiare registro, e bisogna farlo alla svelta e con urgenza”.

Come giudichi la leadership di Giorgia Meloni nel nostro Paese e come, invece, valuti l’opposizione di Elly Schlein?

“Giorgia Meloni è sicuramente una leader e sa il fatto suo, pur non condividendone valori e ideali. E penso non stia dando le risposte che servono a questo Paese. Anche rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale sta realizzando davvero poco. Uno dei suoi limiti sono diverse delle persone che ha indicato nel governo: persone che non hanno quella esperienza necessaria per assumere ruoli così importanti, a maggior ragione in una fase così complicata per il nostro Paese. Elly Schlein ed il PD stanno cercando di costruire un’opposizione chiara mettendo al centro i temi della sanità, del lavoro e della scuola e provando a costruire una coalizione alternativa credibile con le altre forze politiche; un percorso che si sta mostrando molto difficile e questo rischia di essere un punto di forza per la destra.

Favorevole o contrario ad un’alleanza con il movimento 5 Stelle?

“Bisogna essere pragmatici in questi casi. Tutto ruota attorno all’attuale legge elettorale: con il sistema in essere, il rapporto con il Movimento 5 Stelle (così come con AVS e con l’ex Terzo Polo) è inevitabile perché altrimenti le elezioni non si vincono. Con un sistema proporzionale, invece, cambierebbe tutto”.

Perché per la corsa al Pirellone il centrosinistra propende sempre per outsider (vedi Umberto Ambrosoli, Giorgio Gori solo 6 anni dopo dal suo debutto in politica) o per candidati che sembrano già delle vittime sacrificali ancora prima del voto?

“Il voto regionale, a mio avviso, è un voto tutto politico a dispetto di quello che magari avviene nei Comuni. Finché il centrosinistra non verrà percepito come alternativa politica credibile a livello nazionale, il risultato sarà quello degli ultimi trent’anni. Stiamo perdendo da sempre in Lombardia sia perché al nord il centrosinistra, fatta eccezione per l’anno delle elezioni europee del 2014 (in cui però non c’erano le elezioni regionali), non è competitivo, sia perché bisogna prepararsi alle elezioni regionali molto tempo prima e non a ridosso delle urne. Per sovvertire questo trend, stiamo già lavorando al 2025, anno in cui lanceremo il ‘Laboratorio Lombardia 2028’ dove insieme ad Emilio Del Bono, attuale vicepresidente del Consiglio Regionale, i consiglieri regionali di centrosinistra e i partiti provinciali e regionali inizieranno un lavoro nelle dodici province per raccontare la Lombardia che noi vogliamo: efficiente, sostenibile e attenta ai bisogni dei lombardi. Oltre a questo, però, servirà che a livello nazionale, non solo in Lombardia e al nord, il centrosinistra riconquisti la credibilità perduta”.

A Bergamo, come avvenuto l’anno prima a Brescia, il PD è stato il primo partito alle ultime amministrative e ciò ha portato l’elezione di Elena Carnevali. Te lo aspettavi?

“L’eredità raccolta è importante e impegnativa, nel senso che i dieci anni della giunta Gori sono stati molto positivi; Elena è una persona determinata, piena di energia e ha vinto molto bene le elezioni per cui sono

Davide Casati con Elena Carnevali il giorno dell’elezione a

certo possa aprire un nuovo ciclo. Considerato il suo background, immagino possa essere un mandato più orientato a ricucire i rapporti nei quartieri e tra le fasce più fragili. Un modus operandi più improntato sulla vicinanza, sulla prossimità e sull’attenzione alle fragilità e al sociale senza però perdere di vista quell’innovazione, quell’attrattività e vocazione internazionale, cha Gori ha costruito”.

Il 30 agosto ti sei sposato con Francesca Alborghetti, originaria di Boccaleone in città. Possiamo dire che se c’è una macchia nel duplice mandato di Giorgio Gori quella riguarda proprio questo quartiere che si è sentito - e mi vien da dire a ragione - un po’ abbandonato rispetto a questioni cruciali in termini di viabilità come il sottopasso ferroviario e il treno per Orio?

“Su questo tema devo riconoscere che Elena ha dimostrato coraggio e capacità di ascolto: ci ha messo la faccia subito e questo, anche in campagna elettorale, è stato apprezzato visto il lusinghiero 51% ottenuto dal centrosinistra in quel quartiere che, qualche mal di pancia, l’aveva manifestato. Per non distanziare le persone dalla politica è indispensabile porsi in ascolto e, a volte, avere anche il coraggio di dire cose scomode ma senza mai voltarsi dall’altra parte”.

Giudicando il tuo excursus e alla luce dell’esiguo ricambio generazionale della politica è così improbabile pensarti tra qualche anno a capo del Partito Democratico?

“Non mi sono mai posto limiti sul mio impegno, e continuerò a dare il mio contributo dove serve e sarà utile. Ragiono sempre “step by step” perché la gavetta è importante; prima assessore, vicesindaco e infine Sindaco, poi coordinatore dei giovani democratici e segretario provinciale del PD. Ora che sono approdato in Regione come Consigliere darò il massimo per questo e magari anche per il prossimo mandato. Poi se servirà il mio contributo in contesti diversi e le persone mi daranno fiducia, non mi tirerò di certo indietro per altri ruoli bergamaschi, regionali o nazionali”.

Sindaca di Bergamo

ORI TUO FACITO OSTIA

Un’elegante signora di campagna. Nata a Cremona, infanzia in una grande casa in mezzo ai campi del nonno proprietario di grandi estensioni di terreno, dove viveva con sette fratelli, i genitori e tre sorelle del padre. Laureata alla Bocconi, oggi imprenditrice, proprietaria della tenuta La Rocchetta e di Castel Merlo a Villongo, conosco, Vanna Balestrieri Buelli, ad una cena con amici e la sua simpatia ma più ancora l’energia che trasmette insieme ai suoi ricordi, mi incuriosiscono e tra un sorso di vino e l’atro, mi racconta la sua vita il mistero di una scritta in latino.

V.E.Filì - ph Sergio Nessi

VANNA BALESTRIERI BUELLI

“Sono cremonese, anche se la mia famiglia, i Balestrieri erano originari di Parma. Ho vissuto in una casa di campagna molto grande in compagnia di una famiglia numerosa. Eravamo in tanti: sette, fra fratelli e sorelle, più i miei genitori e tre zie, sorelle di mio padre che vivevano con noi. Papà era proprietario di tante campagne, grandi appezzamenti coltivati a cereali con sei cascine e relative famiglie di contadini che lavoravano per lui. Sono del ’39 e sono andata a scuola nel ’46, in una piccola scuola di paese e poi in città per frequentare le medie in collegio come esterna, la sera tornavo a casa in quanto distavo solo quattro chilometri.

Dopo le medie ho chiesto di finire il ginnasio alla scuola pubblica… Non ne potevo più di stare con le suore ma mio padre non era dello stesso avviso e mi ripropose il collegio. Avevo sedici anni e non lo trovai divertente e, visto che a Firenze c’era una mia sorella sposata, le chiesi ospitalità e lei fu felice di accogliermi. A Firenze c’era il bellissimo Educandato Statale nella Villa Medicea di Poggio Imperiale dove ho frequentato i tre anni del liceo. Quando sono tornata a casa con il mio diploma, mi chiesero se volessi andare all’università. Volevo laurearmi in lingue per le quali ero portata, anche per quelle antiche come latino e greco, ma bisognava iscriversi alla Bocconi a Milano. Mio padre mi propose il solito bel collegio… Era molto preoccupato… diceva: ‘Cosa farai a Milano di notte tutta sola????’

Per fortuna la Bocconi aveva un pensionato dove quell’anno si erano iscritti anche figli di amici suoi e quindi riuscii a trasferirmi nella metropoli. Tutto tranquillo, un buon periodo e tanto studio però, quando mi mancavano solo tre esami alla laurea, ho incontrato mio marito”.

Come lo ha incontrato?

“Il caso volle che, dopo averlo conosciuto e frequentato da ragazzina a casa di mia nonna, lo rincontrai per caso dopo quindici anni in una sala da ballo. Ero stata tre anni al pensionato della Bocconi dove eravamo in trecento e si mangiava malissimo e quando riuscii a convincere mio padre, ottenni di poter prendere in affitto un piccolo appartamento che condividevo con una ragazza di Brescia, molto sveglia, dalla memoria eccezionale e con la quale davamo esami a spron battuto. C’era un tipo che la corteggiava e una sera, mentre stavamo preparando gli esami di giugno, ci venne a trovare per invitarci a prendere un gelato. Pensammo che una pausa ci avrebbe giovato e scendemmo in strada quasi in pigiama. Lui però oltre al gelato ci voleva portare a ballare e si diresse verso la gelateria Vally che ai tempi aveva i tavolini all’aperto e faceva musica. Ma era chiusa. Così al nostro amico venne l’idea di andare in un nuovo locale appena aperto e si diceva molto ben frequentato.

Non c’era l’orchestra, era tutto buio ed era una delle prime discoteche di Milano. Quando ci riconoscemmo l’un l’altro, lui aveva sette anni in più di me, trascorse la sera coprendomi di complimenti. Alla fine cedetti alla sua insistenza e gli lasciai il mio numero di telefono. All’inizio del nostro fidanzamento, essendo figli di amici, eravamo molto imbarazzati e decisamente riservati: il primo bacio arrivò a Cortina dopo tre mesi. Nel ’61 ci siamo fidanzati ufficialmente; lui era del ‘32 aveva già un’età matura e i suoceri non vedevano l’ora di avere dei nipotini, tanto che mi convinsero ad interrompere l’Università per sposarmi. Quando il mio primo figlio ha compiuto tre anni, ho ripreso gli studi e ho portato a termine la laurea”.

Da un lato l’amore che si frappone tra lei e l’agognata laurea, poi la determinazione nel riprendere gli studi…

“Sono del segno del Toro con ascendente in Leone. Il Toro è la persistenza, il Leone lo sprint… Mi sono laureata con il pancione in attesa del secondo figlio. Non potevo dare dare gli esami orali e scritti insieme e ne dovetti preparare sei, ma alla fine sono riuscita a dare la tesi e a laurearmi”.

Mi parli di suo marito.

“Andrea Buelli era un uomo elegante, molto intelligente, come suo padre, il quale, quando nel ‘25 il fascismo rese possibile l’avvento delle assicurazioni, decise di cambiare vita: quella del gentiluomo di campagna gli andava stretta. Aveva avuto in eredità la Rocchetta con dieci ettari di terra divisa in tre cascinette ma non era il tipo per fare l’agricoltore. Rinunciò agli allevamenti e si dedicò alla sua nuova impresa come assicuratore aprendo la prima agenzia dell’INA di Monza. Aveva un piccolo studio e una segretaria, oggi quell’agenzia che va avanti con i miei figli conta 1.200 dipendenti. Nel ‘35, quando iniziò la nuova impresa, ci voleva qualcuno per mandare avanti la proprietà e, provando un grande affetto per il suo fratello di latte, figlio della donna che gli aveva fatto da nutrice, lo assunse come fattore.

VANNA BALESTRIERI BUELLI

Fu proprio lui ad informarlo che il Conte Grumelli Pedrocca era intenzionato a cedere Castel Merlo che confinava con la tenuta della Rocchetta. Decise di comprarlo e fece anche un buon affare perché nessuno era disposto ad acquistarlo. La terrà morenica di queste parti è buona per il vino ma la vite viene su con fatica. La terra è tritura di ghiacciaio sempre mista a sassi. Quindi vino ottimo ma in quantità scarsa”.

Che ne fu del Castello?

“Vi venne sistemata una famiglia, padre e madre con due figli e le relative famiglie che lo hanno abitato e lo hanno tenuto bene”.

Lo aveva già restaurato Grumelli Pedrocca?

“No, praticamente l’ho restaurato io. Quando sono arrivata nel ’66 ormai mio suocero era in pensione e veniva un paio di volte al mese da Monza. In quegli anni si iniziava a parlare di Franciacorta ed il fenomeno mi incuriosiva. Sapevo che il vino che avremmo potuto produrre da questa parte sarebbe stato molto meglio, magari con una produzione limitata ma… con le nostre colline affacciate al sole…

Con la dipartita del fattore arrivato alla pensione vennero dismessi del tutto gli allevamenti di bestiame e mio marito era convinto che il vino che faceva il contadino con l’uva coltivata su qualche nostra ripa non fosse buono. Ma il vino del contadino era cattivo perché lo metteva nelle botti marce del bisnonno. Lo sfidai a comprare una botte nuova pulita. Il vino di quella botte non era Moët & Chandon ma neanche l’aceto che ci propinava il fattore. Abbiamo tirato su le viti e abbiamo cominciato a produrre il vino che è risultato buonissimo. Tant’è vero che dopo cinque anni abbiamo riempito 5mila bottiglie e abbiamo partecipato al Vinitaly, quasi per scherzo, dove invece ci hanno conferito una medaglia d’argento per lo spumante metodo classico che abbiamo presentato insieme al rosso e al bianco. Da allora abbiamo ricevuto 18 riconoscimenti al Vinitaly, 5 medaglie d’oro al Meraner e 4 medaglie a Emozioni dal Mondo”.

Avete riportato Castel Merlo allo splendore di un tempo... “Abbiamo deciso di restaurare questo posto perché lo meritava e si prestava per attività collaterali alla cantina. Ci sono voluti cinque anni di lacrime e sangue e le sette camere progettate le abbiamo avute pronte nel 2016 in occasione dell’installazione di Christo. Una vera impresa, anche perchè dopo la morte di mio marito, mi sono trovata a dover mandare avanti tutto da sola e sono stata così indaffarata da non aver ancora metabolizzato la sua dipartita e a volte mi chiedo se sia morto davvero... Ma le voglio raccontare un aneddoto: un giorno grattando sotto vari strati di pittura nella sala dove siamo ora, sono emerse le decorazioni che abbiamo riportato alla luce. Erano state realizzate nel seicento e ricoperte nel tempo con 19 strati di pittura. Ho scoperto così che il Castello era tutto affrescato e pensiamo di far riemergere altri reperti in un prossimo futuro nonostante le ingenti spese che ciò comporterà.

Sulla sommità di una porta che era stata murata è emersa una scritta in latino che, pur con i miei approfonditi studi, non riuscivo a capire perchè si trovasse su quella porta. Una sera, incuriosita da una Bibbia del seicento scritta in latino, per puro caso mi sono imbattuta nella stessa frase ‘ori tuo facito ostia’ e ne ho compreso il significato”.

Castel Merlo e le sue vigne

ASSOCIAZIONE CURE PALLIATIVE DAL 1989 SEMPRE AL VOSTRO FIANCO

CONOSCIAMO

PIÙ DA VICINO LE

ATTIVITÀ PROMOSSE

DALL’ASSOCIAZIONE CURE PALLIATIVE ODV

A seguito dell’improvvisa scomparsa del nostro Presidente, dott. Arnaldo Minetti, colui che fondò, con Kika Mamoli, l’Associazione Cure Palliative Odv, si chiude (e si apre) un percorso particolarmente importante e fondamentale anche per gli anni a seguire. Quando, infatti, lui e Kika iniziarono questa incredibile battaglia di civiltà, in Italia le cure palliative non esistevano, così come non vi erano Hospice. Da allora molto è cambiato, anche e soprattutto grazie al loro impegno e quello di tantissimi di noi, fatto certamente di azioni concrete sul nostro territorio, ma fatto anche di fitte tessiture di relazioni volte a portare il tema della morte e del morire all’attenzione pubblica nazionale, quale argomento da non demandare, bensì da prendere in carico. Oltre al raggiungimento di grandi traguardi, come la realizzazione del primo Hospice pubblico in Italia, poiché donato immediatamente agli Ospedali Riuniti di Bergamo perché divenisse un servizio universale, fondamentali furono la promozione delle cure palliative domiciliari e della terapia del dolore sul nostro territorio, fino ad allora penalizzato dall’assenza di reti organizzate di operatori che potessero agire al domicilio in aiuto dei tanti malati con diagnosi infausta lasciati senza assistenza. Grazie ai tanti anni spesi come membro del Direttivo della Federazione italiana di Cure Palliative, Arnaldo si prodigò senza remore affinché le cure palliative e la terapia del dolore venissero tutelate da una legge, divenuta poi legge 38 nel 2010, così come le stesse potessero essere introdotte nei LEA (livelli essenziali di assistenza): era il 12 gennaio del 2017.

Per giungere, era il 22 Dicembre del 2017, alla legge 29 sulle Disposizioni Anticipate di trattamento-DAT: un altro importante pilastro verso la realizzazione di una cultura della cura personalizzata, nel rispetto innanzitutto della dignità della persona e quindi anche delle sue volontà. E arrivare, finalmente, con decorrenza dell’anno accademico 2021-2022, all’istituzione della Scuola di Specializzazione in “Medicina e Cure Palliative” e l’introduzione del Corso di Cure Palliative pediatriche nell’ambito dei corsi obbligatori della Scuola di Specializzazione in pediatria. Passaggi importantissimi, se pensati nella logica della promozione di una cultura innanzitutto civica, e quindi anche sanitaria e assistenziale, che metta al centro del proprio interesse il malato e il suo benessere psicologico, sociale, spirituale e fisico, ancor prima della sua patologia. La scelta fortemente condivisa da parte di tutti i membri del Consiglio Direttivo è stata quella della continuità: ovvero, garantire la medesima linea programmatica di chi fondò l’Associazione Cure Palliative Odv, potenziandone il più possibile valori e azioni.

“Mai come oggi - ci ha spiegato la Dott.ssa

Aurora Minetti, Presidente Associazione Cure Palliative Odv - a fronte di un SSN fortemente in crisi, sentiamo la necessità di muoverci a tutela di quel diritto inalienabile tracciato nella nostra Costituzione che prevede che ogni cittadino italiano veda garantito il suo Diritto alla Salute, come definito dall’art. 32. Le Cure Palliative rappresentano uno straordinario esempio di come ci si possa muovere in tal senso, considerando la persona quale unica e irripetibile, così come unici e irripetibili sono la sua storia di vita, i suoi pensieri, i suoi desideri e quindi i suoi bisogni di cura. Da garantire e tutelare, sempre ovunque e comunque. Per la miglior qualità di cura e assistenza dei malati inguaribili e dei loro famigliari. Questo è ciò per cui continueremo a batterci, convintamente e senza incertezze. Una delle frasi più care a mio padre considerava la necessità di “mantenere sempre i piedi per terra, senza smettere di sognare”. L’Hospice, e tutto ciò che abbiamo conquistato, è nato da un grande sogno: oggi rappresenta una realtà consolidata, grazie a cui si è riusciti a dare il via perché strutture come la nostra fossero garantite dal nostro SSN in tutta Italia. L’invito che, in veste di nuova Presidente dell’Associazione Cure Palliative Odv mi sento di fare a ogni bergamasco è pertanto questo: “continuiamo a sognare, perché i nostri più alti desideri si possano realizzare!”. In memoria di mio padre Arnaldo Minetti. In memoria di Kika Mamoli. E in memoria di tutte le persone che grazie al nostro operato hanno trovato dignità di cura e vicinanza in uno dei passaggi più delicati del nostro percorso terreno: il fine vita”.

dall’Associazione Cure Palliative in programma l’11 Dicembre p.v.

Per info e iscrizioni: www.associazionecurepalliative.it

Tutti i nostri lettori sono invitati alla cena di Natale organizzata

PREMIO ART BONUS 2024 TRIONFA ACCADEMIA CARRARA

LA CERIMONIA PRESSO

IL MINISTERO DELLA CULTURA A ROMA

Una vittoria conseguita grazie alle tantissime persone che hanno dimostrato con il loro voto affetto, ammirazione e appartenenza verso Accademia Carrara e, in particolare, al progetto di riallestimento protagonista del 2023, anno in cui Bergamo è stata Capitale Italiana della Cultura insieme a Brescia. Il grande progetto di riallestimento degli interni del Museo ha coinvolto la collezione permanente, oltre alla riqualificazione degli spazi espositivi per le mostre temporanee e si è completato nel 2024 con l'apertura del suo nuovo spazio verde, i Giardini PwC.

Giunto alla sua ottava edizione, il Concorso Art Bonus 2024 è una iniziativa del Ministero della Cultura (MiC) e di ALES S.p.A in collaborazione con Promo PA Fondazione. Istituito nel 2016, Art Bonus prevede un credito d'imposta per le erogazioni liberali in denaro con il fine di sensibilizzare i cittadini del Paese a sostenere le istituzioni culturali e a diffondere la cultura della donazione a favore di importanti progetti nell'ambito della cultura. Ogni anno sul portale governativo Art Bonus vengono selezionati i progetti che nell’ultimo anno hanno chiuso con successo una propria raccolta fondi Art Bonus. I partecipanti vengono successivamente inseriti nella pagina del sito dedicata al concorso dove avvengono le votazioni nella prima fase, cui segue una finale sui canali social di Art Bonus. L'edizione 2024 ha coinvolto 381 progetti, 40 dei quali hanno partecipato all'ultima votazione sulle pagine Facebook e Instagram, per un totale di 224.239 voti. Il prestigioso riconoscimento rispecchia l'orientamento di Fondazione Accademia Carrara che dalla sua nascita è improntata su una sinergia tra istituzione culturale e privato, soprattutto grazie alla consolidata collaborazione con una serie di partner, vicini ai valori espressi dal Museo. Questo virtuoso rapporto manifesta il grande impegno di Accademia Carrara nelle attività di conservazione, ricerca e studio, restauro e promozione, oltre al costante impegno in proposte didattiche, servizi al pubblico e attività di comunicazione che dimostrano la vivacità di un museo contemporaneo.

Elena Carnevali, presidente di Fondazione Accademia Carrara e sindaca di Bergamo, insieme a Gianpietro Bonaldi, General Manager di Accademia Carrara, ha ritirato il Premio Art Bonus 2024 per la categoria "Beni e luoghi della Cultura", dopo la vittoria annunciata lo scorso marzo grazie a un numero straordinario di voti: 26.585. Un traguardo collettivo raggiunto grazie ai tanti sostenitori e amanti dell'arte coronato dalla cerimonia di premiazione tenutasi martedì 12 novembre presso il Ministero della Cultura a Roma, alla presenza del Sottosegretario di Stato MiC Gianmarco Mazzi.

“Essersi aggiudicati il primo posto al Concorso Art Bonus 2024 nella categoria “Beni e luoghi della Cultura” - con 26.585 voti, staccando di ben 17.000 voti il secondo classificato, le Biblioteche Civiche Torinesi, dimostra il profondo legame che la Carrara ha con la tutta la città. Il risultato che ci ha premiato è frutto non solo dei tanti sostenitori e appassionati d’arte ma anche delle persone che vedono nel nostro Museo un luogo di tutti, accessibile e molto frequentato.  Questo premio inoltre rafforza il concetto che oggi è alla base di una istituzione culturale che per crescere, fare innovazione, essere presente negli scenari internazionali non può fare affidamento solo sulle risorse pubbliche. La cultura e la conservazione del patrimonio artistico necessitano di un approccio partecipativo che veda il coinvolgimento attivo di tutti i settori della società e del mondo imprenditoriale. Le donazioni private non sostituiscono ma si integrano con il contributo pubblico, creando un sistema di finanziamento che si basa su una virtuosa partnership pubblico privata. L'Art Bonus rappresenta quindi un esempio concreto di come questa collaborazione possa generare benefici per il Museo nel promuovere il valore dell'arte e della cultura”. Elena Carnevali presidente Fondazione Accademia Carrara e sindaca di Bergamo

“I mecenati sono una straordinaria opportunità, fanno volare i nostri progetti. Per questo è importante continuare nella direzione tracciata in questi anni da Fondazione Accademia Carrara, in cui l'istituzione culturale dialoga in modo costruttivo con il privato. Il premio ricevuto oggi sottolinea una volta di più questa virtuosa quanto necessaria vicinanza”. Gianpietro Bonaldi General Manager Fondazione Accademia Carrara

“Accademia Carrara è il prestigioso scrigno d’arte della nostra città, con uno sguardo sul mondo. Essere al suo fianco è un onore e un piacere. La sua capacità di creare relazioni anche con il mondo dell’impresa è coinvolgente e ci ricorda come la bellezza sia un valore universale e come sia motivante, e doveroso, prendersene cura”. Ruggero Barzaghi presidente Metano Nord

“Sostenere Fondazione Accademia Carrara è per noi un atto di responsabilità e passione. La responsabilità di concorrere alla valorizzazione della storia di questa Istituzione e la passione di sostenerne l’azione presente. A questo abbiniamo l’entusiasmo di una partnership che trova ogni giorno il modo per rinnovarsi facendoci sentire all’interno di un grande progetto, attraverso la capacità di costruire legami intelligenti col mondo dell’impresa”. Attilio Brambilla vicepresidente Alfaparf Group

“Siamo immensamente orgogliosi che Accademia Carrara abbia ricevuto il premio Art Bonus 2024, un traguardo che testimonia l’eccellenza e l’impegno bergamasco per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano. Questo successo è anche frutto del sostegno e della collaborazione di Confartigianato Imprese Bergamo e dei suoi 13.000 associati, simbolo del legame indissolubile tra Arte e Artigianato, due mondi che si fondono nella creazione di bellezza e valore. Confartigianato Imprese Bergamo rappresenta con orgoglio le imprese artigiane, custodi di un sapere che, come l’Arte, si tramanda e si rinnova contribuendo in modo essenziale al nostro patrimonio artistico, culturale ed economico. La nostra partecipazione alla Fondazione è espressione di questa sinergia, che ci vede impegnati a promuovere la Cultura e l’Arte come pilastri della nostra identità e del nostro futuro”. Giacinto Giambellini presidente Confartigianato Imprese Bergamo “Siamo davvero orgogliosi di questo primato raggiunto insieme nella categoria “Beni e luoghi della cultura”. Come Humanitas crediamo nel valore dell’arte e della cultura quale rafforzamento della nostra identità e come elemento di promozione del territorio e della comunità. Una condivisione di intenti che, ricordiamo, si è tradotta anche ne “La Carrara in Humanitas” e i progetti “La cura e la Bellezza” e “Opere in Parole”: per la prima volta in Italia e non solo, i dipinti del Museo sono ‘usciti’ dalle loro sale e entrati nei nostri ospedali Gavazzeni e Castelli attraverso ingrandimenti di dettagli a tutta parete che consentono una immersione emozionale nel dipinto. L’arte e la bellezza sono infatti uno strumento per migliorare la salute e il benessere delle persone e contribuiscono a sostenere i percorsi di cura”. Alessandro Liguori amministratore delegato e direttore generale Humanitas Gavazzeni e Castelli

“ArtBonusèunostrumentofondamentaleper lavalorizzazionedella culturaedellospettacolo inItalia:noncredoche possaesisteresperanzaperlanostracultura conilsoloappoggiodel sostegnopubblico. Lanostraazionevadirezionatasullerisorse private,dicuiilnostro Paeseèricco,conesempi virtuosilungotuttala penisola”.

GianmarcoMazzi Sottosegretariodi StatoMiC

Fabio Galessi, Direttore Artistico del Festival

32° FESTIVAL ORGANISTICO

CITTÀ DI BERGAMO

Olivier Vernet e Cédric Meckler www.youtube.com/live/fCr_OOjwqlk

Il sesto e conclusivo appuntamento della ricca edizione 2024 del Festival Organistico cittadino ha avuto luogo venerdì 25 ottobre nella Cattedrale con un concerto a due organi e a quattro mani, prima volta nella storia del Festival, all’insegna di rare partiture barocche e cangianti trascrizioni sinfoniche. Protagonista il Duo francese composto da Olivier Vernet, titolare della Cattedrale del Principato di Monaco, e Cédric Meckler, musicista e scienziato, autore d’importanti studi in ambito musicale. Il programma prevedeva brani a due organi e a quattro mani di J.S.Bach, suo figlio Johann Christian, Paul Dukas (l’Apprendista Stregone) e Maurice Ravel (Boléro), utilizzando entrambi i magnifici organi lo storico Felice Bossi del 1842 e il sinfonico Pietro Corna 2010.

Nell’introdurre la serata, Fabio Galessi, Direttore Artistico del Festival, ha ringraziato gli sponsor, in particolare Tenaris Dalmine e la Fondazione Banca Popolare di Bergamo, oltre a Regione, Provincia e Comune di Bergamo, e ha voluto sottolineare il successo planetario della manifestazione presente da qualche edizione anche su You Tube in diretta streaming (link qui sopra).

VERNET –

Dal 2006 il duo organistico Vernet-Meckler incanta il pubblico di tutto il mondo promuovendo un nuovo repertorio di musica per organo a quattro mani attraverso brillanti esecuzioni e numerose registrazioni premiate dalla critica. Olivier e Cédric suonano anche la tastiera elettronica, accoppiando gli strumenti in tutte le possibili combinazioni. Oltre all’attività concertistica il duo dedica molto tempo alla ricerca e allo sviluppo del repertorio di duetti d’organo. Diversi compositori hanno scritto pezzi dedicati appositamente a loro. Hanno anche curato le partiture delle loro trascrizioni (Rameau in La Sinfonie d’Orphée, Bach e musica sinfonica francese in Lyrebird Music) e realizzato un’edizione critica di Neptune di Holst (Planets op.32), nella versione inedita per duetto d’organo del compositore.

Il presidente dell’Associazione Vecchia Bergamo, Maurizio Maggioni, che da 32 anni dà vita al Festival Organistico oggi conosciuto in tutto il mondo, ha voluto ricordare la vicinanza del Festival al progetto End Polio Now del Rotary International, al quale era dedicata la serata. “Grazie al grande impegno dei rotariani di tutto il mondo - ha detto - è stato possibile vaccinare 2 miliardi di persone e la poliomielite è quasi scomparsa, tranne in rari casi come in questo momento a Gaza, dove sta intervenendo il CESVI, un’associazione di cui Bergamo deve andare fiera per la testimonianza di solidarietà della nostra terra che viene portata in tutto il mondo”.

“Manca solo un pezzettino e, grazie alle vaccinazioni, la lotta contro la Polio sarà vinta - ha ribadito il Governatore del distretto 2042 Carlo Fracuelli, presente al concerto. “L’ultimo miglio per evitare che in nessun luogo al mondo si possa radicare di nuovo la terribile malattia”.

Carlo Fraquelli
Maurizio Maggioni

LA GOVERNACE DELLE TORBIERE

Flavio Bonardi arriva alla fine del suo primo mandato da Presidente dell’Ente con risultati lusinghieri e una sua riconferma sarebbe prevedibile ma non tutti la pensano così, anche alla luce dei risultati elettorali che hanno portato i nuovi sindaci alla ribalta. Ad esprimenrsi su una eventuale conferma saranno quelli dei tre comuni che si affacciano sulle Torbiere e cioè Iseo, Corte Franca e Provaglio d’Iseo oltre a Provincia e Comunità Montana del Sebino.

Comunque vadano le cose Flavio Bonardi ha di recente presentato una circostanziata relazione di fine mandato della gestione degli ultimi 5 anni, alla presenza del consigliere Luca Romele e del Direttore Nicola Della Torre.

“È normale che - dice Flavio Bonardi - avviato un progetto e arrivati a fine di un’esperienza, si pensi ad un momento di verifica. Siamo giunti alla fine del mandato del Consiglio di Gestione dell’Ente Riserva Naturale Torbiere del Sebino e da qui possiamo affermare che l’importanza di un bilancio è da leggersi nella verifica di una strada intrapresa per una corretta e reale visione del futuro! Il Consiglio di Gestione ha mantenuto in questi anni una grande attenzione verso la cura del territorio, dando risposte concrete alle criticità presenti in Riserva e tante sono state le attività svolte in primis per la salvaguardia della Biodiversità. Questa strada – ha continuato il presidente in scadenza di mandato - all’inizio non era così ben delineata come potevamo immaginarla; è una strada che è andata strutturandosi man mano che si snocciolavano quotidianamente i problemi, mano a mano che la nostra Riserva proseguiva il suo cammino verso una naturale e sempre auspicabile evoluzione. Fatti saldi i principi fondamentali che ci hanno spinto verso quest’impegno, spesso ci è capitato di dover intraprendere percorsi e sentieri nuovi e diversi rispetto a quanto avevamo immaginato.”.

“L’Ente durante questi anni – ha affermato il Direttore Nicola Della Torre - si è impegnato attivamente ad implementare diverse azioni per il incentivare il volontariato e la partecipazione: approvazione del Regolamento relativo alle attività dei singoli volontari (ad oggi sono 19 i volontari iscritti); partecipazione al Programma del Servizio Civile Universale ospitando negli anni n. 2 persone e nel 2025 ne ospiteremo n. 3!”.

L’educazione ambientale è da sempre stata un pilastro portante delle politiche dell’Ente. Il Consiglio di Gestione in questi cinque anni si è impegnato a migliorarle e ad implementare nuove iniziative in modo sistemico, dedicate anche agli adulti. Lo studio e la ricerca sono uno dei pilastri fondanti della Riserva Naturale e in questi anni sono stati fondamentali gli interventi attuati grazie al lavoro del Comitato Tecnico Scientifico che, annualmente, ha presentato alla collettività un report dei monitoraggi della flora e della fauna della Riserva stessa.

“È fondamentale rileggere la mappa del percorso – ha concluso il Presidente Flavio Bonardi - per poi allungare lo sguardo verso quel che sarà in futuro. È necessario capire se abbiamo in mano gli strumenti per una attenta navigazione, se le risorse umane che con noi stanno percorrendo il viaggio sono ancora così cariche di energia ed idee. Dobbiamo capire se la nostra istituzione stia raggiungendo il suo obbiettivo primario: tutelare e valorizzare la conservazione delle specie animali, vegetali e dei boschi per la difesa degli equilibri ecologici ed idrogeologici.Per questo insomma è necessario un bilancio di fine mandato da discutere e rileggere con tutte le forze in viaggio con noi, con chi a suo modo ci ha aiutato a portare questo importante bagaglio che ci è stato affidato dalla Comunità della Riserva!”. Il Presidente, a nome del Consiglio di Gestione, vista la scadenza per il rinnovo della Governance, ha poi dato la disponibilità a poter continuare anche per i prossimi cinque anni.

Negli ultimi 5 anni sono stati investiti circa € 713.000,00 per interventi di manutenzione dei sentieri e del verde (di cui € 230.000,00 risorse proprie, € 453.000,00 finanziamenti Regionali e € 30.000,00 finanziamenti Provincia di Brescia).

Sono stati investiti circa € 500.00,00 per interventi di conservazione e ripristini ambientali e sono stati destinati € 45.000,00 per azioni di divulgazione ed informazione. Più di 1.300 persone si sono iscritte alle iniziative rivolte agli adulti svolte dal 2023 al 2024!

Impossibile dare i numeri relativi alle ore di volontariato svolte in Riserva negli ultimi cinque anni; sono state tante le persone che ci hanno dedicato il proprio tempo per attività di vigilanza, di ripristino ambientale e per l’apertura del Centro Accoglienza Visitatori.

FLAVIO BONARDI

DOLPHIN LA BYD ISPIRATA AI DELFINI

AUTOTORINO CI INVITA PER UN TEST DRIVE ALLA SCOPERTA DELLA DOLPHIN, LA FULL ELECTRIC COMPATTA DI BYD CON TUTTE LE CARTE IN REGOLA PER CONQUISTARE IL SUO SEGMENTO DI MERCATO PER L’OTTIMO RAPPORTO QUALITÀ - PREZZO

Già alla prima occhiata se ne apprezza il design accurato in ogni particolare: BYD Dolphin adotta il nuovo concetto di design “Ocean aesthetics” che si rivolge agli automobilisti di tutte le latitudini. Il profilo sofisticato della carrozzeria, unito a linee nette e particolari sinuosi, le donano un aspetto sobriamente elegante. Chi l’ha disegnata, racconta di essersi ispirato per i fari anteriori e posteriori al movimento dei delfini quando saltano fuori dall’acqua. Seduti al volante tutto viene controllato in maniera elettronica. La posizione dei sedili in pelle vegana, il pulsante di accensione, il selettore per la marcia avanti e per la retro, che si aziona con un dito. Al centro una consolle con generoso monitor, che crea un ambiente di guida dinamico mentre tiene sotto controllo ogni aspetto della vettura e mostra ciò che vedono le telecamere anteriori e posteriori, che vi suggeriscono anche cosa fare quando siete in manovra. Sopra il volante un piccolo cruscotto con le info più rilevanti sul dispendio di energia e il chilometraggio fino alla prossima ricarica. Segna 375 km, il pieno ne consente 420 in condizioni normali. Soliti i comandi per frecce e fari ben collocati.

La posizione di guida è confortevole e si apprezza subito lo spirito vivace del propulsore elettrico: appena si pigia sul pedale la Dolphin mette in mostra la sua verve. Nessuna perdita di aderenza e una progressione gradevole e molto silenziosa. Pronta e sicura la frenata, così come la ripartenza da fermi. Ottima nella prova cittadina, silenziosa, facilmente parcheggiabile grazie ad un’ottima visibilità e alle telecamere. Tre modalità di guida attivabili con un rotore al centro del tunnel sono Eco, Normal e Sport che modifica l’erogazione della potenza e il carico su volante e acceleratore. (V.E.F.)

La BYD Dolphin è dotata di batteria Blade fino a 60,4 kWh con chimica litio ferro-fosfato (LFP), un motore elettrico fino a 204 CV, trazione anteriore, autonomia WLTP di 427 km e un prezzo interessante.

4,29 metri di lunghezza, 1,77 metri di larghezza e un'altezza di 1,57 metri, la BYD Dolphin rientra a piano diritto tra le segmento B elettriche, proponendo forme e proporzioni in linea con le concorrenti.

L'abitacolo della Dolphin sfrutta l'architettura e-Platform 3.0 di BYD, lo stesso della Atto 3, per offrire ampio spazio per le gambe dei passeggeri posteriori, ma anche un bagagliaio con volume variabile da 345 a 1.310 litri con i sedili posteriori ripiegati.

Il motore sincrono a magneti permanenti è di produzione interna BYD, ha un’efficienza dell’89%, eroga 150 kW di potenza (204 CV) e 290 Nm di coppia ed integra tutti gli otto elementi del powertrain elettrico.

Il pacco batteria Blade è inglobato nella parte inferiore del pianale (a vantaggio dell’ottimizzazione dello spazio a bordo) ha una composizione chimica litio ferro-fosfato (LFP) e due diversi "tagli" di capacità: 44,9 kWh e 60,4 kWh.

Lo sportello della presa di ricarica è sul passaruota anteriore destro e permette di ricaricare a diverse velocità a seconda delle versioni. La variante con batteria da 44,9 kWh può raggiungere una potenza di 60 kW in corrente continua, mentre la 60,4 kWh arriva a 88 kW, con picchi da 100 kW (dal 30 all'80% in 29 minuti). La ricarica in corrente alternata è di serie a quota 11 kW (7 kW sulla 44,9 kWh).

Gli interni sono ampiamente personalizzabili in diversi colori come i sedili, traforati e rivestiti in ecopelle che hanno colori a contrasto, mentre i poggiatesta integrati offrono una piacevole sensazione di sportività.

Ideato da Porsche Italia in collaborazione con Lux Entertainment - i creatori del Balloon Museum - il progetto coinvolge artisti contemporanei di fama internazionale. Un ambiente di 2.000 metri quadri nello Scalo Farini, che animerà Milano per sei mesi. Arte, design, musica e convivialità si fondono in un'unica esperienza. Uno spazio di design dove l'arte si fonde con l'inaspettato, un luogo in cui ogni dettaglio è una sorpresa.

INNOVATIVO ISPIRATO DALLA NUOVA PORSCHE MACAN

THE FLAT BY MACAN THE UNEXPECTED APRE

Si chiama The Flat by Macan, il primo spazio leisure dall’anima inflatable ideato da Porsche Italia in collaborazione con Lux Entertainment, che ha aperto le sue porte il 24 ottobre a Milano. A ispirare questo progetto, unico nel suo genere, sono la nuova Porsche Macan 100% elettrica e il suo riconoscibile colore Provence. Proprio come la vettura da cui prende ispirazione, The Flat by Macan incarna uno spirito sofisticato e all'avanguardia, in continua evoluzione.

Una ridefinizione contemporanea del concetto di casa Perché "The Flat"? Il nome evoca la familiarità e l'intimità di un appartamento privato, reinterpretato in chiave gonfiabile (inFLATable) per creare un'esperienza immersiva e originale. Uno spazio di 2.000 metri quadri nella più contemporanea Milano di Scalo Farini, con cocktail bar e ristorante, dove arte, design, musica e convivialità si fondono in un'unica esperienza.

Curatore di The Flat by Macan è il Balloon Museum, format unanimemente riconosciuto come successo planetario presente con 4 mostre itineranti sull’inflatable art in Europa, America e Asia. Per The Flat, Balloon Museum ha creato 6 istallazioni oversize interattive in collaborazione con i suoi artisti dove il pubblico potrà perdersi in un’esperienza sensoriale sofisticata.

La scelta di Milano non è casuale. Oltre ad essere la capitale italiana del design e dell'arte contemporanea, la città è un vulcano di idee, in costante dialogo con le nuove tendenze. The Flat by Macan si colloca nel complesso di Scalo Farini, un'area in fermento, oggetto di un ambizioso piano di riqualificazione e ingenti investimenti. Questo nuovo distretto moderno, a due passi dal celebre quartiere Isola e dalla zona di Sarpi e Moscova, rappresenta il futuro della città come la nuova Macan rappresenta il futuro della casa di Stoccarda. The Flat by Macan è un punto d'incontro per menti creative e un progetto ambizioso che animerà la città di Milano per sei mesi per poi “sgonfiarsi” e volare a Roma. Con questo progetto, Porsche Macan esprime il suo lifestyle e trasforma The Flat in un hub di scambio ed entertainment, un luogo dalla vibrante atmosfera contemporanea dedicato a chiunque voglia vivere una serata inaspettata e sorprendente.

L’esperienza dell’arte contemporanea vissuta in prima persona Il progetto trova la sua massima espressione nell'incontro con l'arte, grazie al coinvolgimento di artisti del calibro di Alex Schweder con le opere “Our Joy” e “Our Floating”, Hyperstudio & Mauro Pace con “Onde Sospese” e “Invisible Ballet”, Pepper's Ghost con “M.A.I.A.” e Michela Picchi con “TIGERS”, riconosciuti per il loro approccio avanguardistico e la capacità di trasformare gli spazi in ambienti esperienziali. In questo luogo l'arte non si osserva soltanto: si vive, si tocca e si racconta, dando vita a nuove connessioni.

The Flat by Macan, in via Valtellina 5, sarà aperto al pubblico tutti i giovedì, venerdì e sabato sera dalle 20.00 alle 02.00 (theflatbymacan.com) e disponibile su richiesta per grandi eventi tutti gli altri giorni. Un'opportunità unica per immergersi nell'universo Porsche e vivere un'esperienza inaspettata nel cuore contemporaneo di Milano.

SAPERNE DI PIÙ:

AUTO SEMPRE +VECCHIE

L’ETÀ MEDIA DEL PARCO CIRCOLANTE

È DI OLTRE 11 ANNI E IN AUMENTO RISPETTO AL PASSATO

Il parco circolante in Lombardia è sempre più vecchio tanto che, secondo un’analisi* di Facile. it, l’età media delle auto che viaggiano sulle strade della regione è arrivata a settembre 2024 a 11 anni e 1 mese, addirittura il 3,2% in più rispetto ad un anno prima. Nonostante questo, la Lombardia è risultata essere la seconda regione in Italia con i veicoli più giovani con un valore al di sotto della media nazionale (11 anni e 8 mesi).

Continuando nella lettura dell’analisi si scopre che, vista l’età media dei veicoli, sono tanti coloro che scelgono di aggiungere all’Rc auto anche la copertura assistenza stradale; in Lombardia la percentuale di automobilisti che ha fatto questa scelta è pari al 42%.

I dati provinciali

Analizzando i dati a livello provinciale emerge che, in Lombardia, le auto più “vecchie” circolano a Sondrio, dove a settembre 2024 l’età media era pari a 13 anni e 3 mesi. Al secondo posto troviamo, a pari merito, Cremona e Mantova, aree dove i veicoli hanno, in media, 12 anni e 2 mesi. La provincia di Brescia, invece, si posiziona terza sul podio con un’età media delle auto pari a 11 anni e 11 mesi.

Continuando a scorrere la graduatoria troviamo le province di Bergamo e Pavia con un’anzianità di 11 anni e 7 mesi, non discostandosi troppo da Lecco e Varese; qui le vetture hanno “appena” 11 anni e 3 mesi, seguite da Como (11 anni e 2 mesi) e Lodi (10 anni e 11 mesi).

La provincia di Monza Brianza, invece, è risultata essere tra le aree della Lombardia dove circolano le auto più giovani con “appena” 10 anni e 10 mesi; seconda soltanto a Milano che, con un’età media dei veicoli pari a 10 anni e 5 mesi, è la provincia lombarda con il tasso di anzianità più basso.

Guardando a come è variata l’età media dei veicoli lombardi nell’ultimo anno, emerge che i valori sono aumentati in tutte le province della regione, con variazioni che vanno dal +1% di Lecco al +5% di Como e Brescia.

Rc auto

L’anzianità di una vettura, oltre ad essere probabile causa di minore sicurezza per i passeggeri e peggiore sostenibilità am-

bientale, incide sul premio pagato per l’assicurazione Rc auto? La risposta è sì. Facile.it ha preso in considerazione il profilo di un assicurato** e ha calcolato – a parità di condizioni - quanto varia il premio medio pagato con l’anzianità del veicolo. Con un’età media di 10 anni la tariffa da sostenere per l’Rc auto è di circa 206 euro, dato che sale a 228 euro se il veicolo ha 12 anni e raggiunge addirittura i 284 euro in corrispondenza di un’anzianità di 14 anni. Una differenza del 38% in quattro anni.

Agim Gruda DALL’ALBANIA, LA FUGA PER LA LIBERTÀ GRAZIE ALLO SPORT

La storia di Agim Gruda è una storia finita bene. Una storia di fuga da un paese retto da una dittatura dove libertà vuole dire solo migrazione. Agim nato a Tirana durante il regime comunista, studente modello, si laurea in Scienze Motorie, è alto, un po’ timido e bravo a giocare a pallacanestro.

Verrà schierato nel quintetto della Dinamo di Tirana nella serie A albanese e, grazie al basket, riesce ad arrivare, prima in Grecia, poi in Germania e, infine, in Italia. E sempre grazie al basket, ottenuti vari permessi tra mille peripezie, inizia ad allenare squadre giovanili anche con discreti risultati. Oggi insegna Educazione Fisica all’Istituto Superiore Antonietti di Iseo, molto conosciuto, unico istituto superiore di questo tipo nella zona che, sotto la guida del dirigente Giacomo Bersini, prepara con grande dedizione i suoi studenti al futuro.

“La Tirana del comunismo offriva poco in termini di libertà. Lo sport per tanti era l’unico mezzo per sentirsi liberi, per realizzare un sogno, per costruire il fisico, in quanto le palestre nel nostro paese esistevano solo per gli sportivi, e perché no, anche per uscire fuori dai confini della feroce dittatura comunista”. Chi scrive queste parole è Vojsava Zagali, compagna di classe di Agim e che ha curato la prefazione del suo secondo libro. Sì, perché Agim ha scritto un primo libro in albanese dove ha raccontato l’Italia, la sua Italia, il suo vissuto da un punto di vista differente dal nostro e che forse sarebbe interessante tradurre e leggere. Nel suo secondo libro Agim, questa volta in Italiano, ha scelto di scrivere di sport, passione di una vita e passaporto per il mondo, raccontando le gesta di 7 campioni che hanno lasciato un segno nella storia dello sport. “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo - scrive Agim nella prefazione di Sognando le Stelle dello Sport - riesce a suscitare emozioni, unisce le persone come poche altre cose al mondo. Parla ai giovani in un linguaggio che capiscono. Lo sport può creare speranza dove prima c’era solo disperazione. È più potente di qualsiasi governo nel rompere le barriere razziali. Lo sport ride in faccia a qualsiasi tipo di discriminazione.”

Cosa ricordi della tua gioventù in Albania? “Nel 1990, il comunismo crolla in un paese dove era stato particolarmente feroce. I divieti e le restrizioni avevano messo in allarme tutti. L’Albania era l’ultimo paese in Europa a liberarsi dopo 50 anni di isolamento sotto una dittatura che aveva reso le persone diffidenti e dure. Tutti desideravano vedere il mondo esterno, che conoscevamo soprattutto attraverso la televisione italiana. Dopo una partita di basket, decidemmo di scappare. Ormai chi fuggiva non era più considerato un nemico del popolo. Così intraprendemmo un viaggio di 600 km verso la libertà, diretti in Grecia. Tuttavia, la Grecia non aveva alcuna intenzione di accogliere un milione di albanesi, che finirono per restare per strada, molti di loro vittime della malavita. Cercai di ottenere un permesso di soggiorno, ma senza successo: avrei dovuto avere radici greche per ottenerlo. Dopo due anni tentai nuovamente di scappare, un’impresa difficile fino a quando non riuscii a imbarcarmi su una nave per Ancona. Da lì raggiunsi Monaco di Baviera, Copenaghen e infine Oslo, ma ottenere un permesso di soggiorno che mi avrebbe permesso di vivere legalmente sembrava impossibile.

Alla fine degli anni ‘90, lessi che la legge Napolitano in Italia stava cambiando la vita degli stranieri clandestini, offrendo il permesso di soggiorno a chi avesse dimostrato di avere un lavoro. Così partii dalla Germania, viaggiando in auto con un passaggio fino a Paratico, un paese sul lago. Iniziai a lavorare di notte e a frequentare la scuola di scienze motorie a Milano, poiché mi ero laureato a Tirana, nell’unica università che offriva un’eccellente preparazione, con obbligo di frequenza sia mattina che pomeriggio. A Milano non ebbi difficoltà, conoscevo già tutto.

Ottenni il diploma ISEF a Milano, ma per insegnare era necessaria la cittadinanza italiana e per ottenerla avrei dovuto aspettare dieci anni, oltre a dover affrontare la lunga burocrazia italiana, la più complessa del mondo. Nel frattempo, iniziai ad allenare basket: prima a Iseo, poi a Costa Volpino, dove ottenemmo una promozione dalla C2 alla C1. Seguirono altre esperienze a Darfo, Pisogne, Villongo, Brescia, Iseo, Chiari, Corte Franca, Ospitale, e infine a Coccaglio.

Perché quei sette campioni? “Ho scelto proprio coloro che secondo me hanno cambiato il mondo, che hanno fatto una rivoluzione, che si sono distinti contro le ingiustizie andando in controtendenza ma, soprattutto, perché sono emersi senza raccomandazioni grazie allo sport Campioni in campo e nella vita che hanno dato un contributo utile ai diritti umani e al progresso sociale e hanno combattuto la discriminazione”.

Agim Gruda

Nel frattempo, cominciai anche a insegnare nelle scuole di diversi paesi: Coccaglio, Cologne, Capriolo, Chiari, Palazzolo, Corte Franca, Brescia e Iseo, fino a ottenere il ruolo a Brescia. Oggi sono insegnante titolare a Iseo. Per me la scuola è tutto, sono molto vicino alle esigenze degli studenti. Non è facile lavorare con una generazione che sembra spesso in conflitto con i docenti, ma io non ho mai avuto problemi. Sono sempre stato amato dai miei alunni”.

Come vedi il tuo ruolo come insegnante di Educazione Fisica?

“Ogni giorno mi impegno a costruire un ambiente dove gli studenti possano sentirsi accolti, compresi e supportati, non solo nello studio, ma anche nelle loro sfide personali. Essere insegnante significa molto più che trasmettere conoscenze: è una responsabilità che coinvolge il cuore, l’empatia e la capacità di comprendere le sfide della generazione attuale. All’inizio, il percorso è stato estremamente impegnativo. Di notte lavoravo in una fabbrica, e la mattina, senza aver riposato, mi spostavo per raggiungere l’università a Milano. Nel pomeriggio allenavo una squadra di basket. La mia giornata era così piena che a volte mi sembrava quasi impossibile trovare il tempo e l’energia per fare tutto. La situazione è diventata ancora più complicata quando sono arrivati i miei due figli piccoli. Dovevo cercare di ritagliare momenti per stare con loro, nonostante il mio tempo fosse già limitato e la stanchezza si facesse sentire. Nonostante le difficoltà, sentivo che ne valeva la pena: la mia dedizione al lavoro, allo studio e allo sport era il modo per costruire un futuro migliore non solo per me stesso, ma anche per la mia famiglia”.

Ilsuopercorsoèunesempiodicomesipuòriuscire adintegrarsibenissimoinItalia,conunaprofessione riconosciutaeunimpiegonelsettorepubblicoeci insegnaanchechechiarrivanelnostroPaesenonsono solospacciatori,violentiefannulloni,anzi,afronte diunaminoranzadidelinquenti,cisonomilionidi uominiedonnecheinItalia,spessoconfatica,superandomoltiostacoli,sonoriusciticostruirsiquella vitamigliorepercuisonopartitidalleterredovesono nati e che in Italia adesso ci aiutano a tirare la carretta anchemettondoalmondopiùbambinidinoi.

Quali sono i difetti degli italiani? È vero che siamo razzisti?

“Credo che non siano razzisti di natura, anche perché molti di loro hanno vissuto l’esperienza dell’emigrazione negli anni ’50, cercando lavoro e nuove opportunità all’estero. Tuttavia, è naturale che all’inizio ci sia stata una certa diffidenza verso chi arriva da altre culture; è una reazione comprensibile quando si tratta di accogliere nuove persone. Con il tempo, però, ho visto questa diffidenza trasformarsi in apertura e rispetto reciproco, costruendo rapporti di fiducia e comprensione”.

Cosa pensi dell’Unione Europea?

“Per me, è come una madre, un simbolo di unità e di speranza per il futuro. Sono fermamente convinto dell’importanza dell’Unione Europea, non solo come progetto politico ed economico, ma come ideale che unisce popoli e culture diverse in un percorso comune. Penso che l’Unione Europea possa davvero fare la differenza per paesi come l’Albania, che in questi anni ha compiuto progressi che in pochi avrebbero potuto immaginare. Anche se la strada verso un’Europa unita è ancora lunga e complessa, sono fiducioso che, con perseveranza e volontà, il percorso porterà a una crescita reciproca. Il cammino dell’Albania è una testimonianza della forza e della determinazione di un popolo che, nonostante le difficoltà, sta costruendo un futuro migliore per le nuove generazioni”

Fellini Museum

Castel Sismondo

Dalle ore 10 alle ore 13

e dalle 16 alle 19.

Palazzo del Fulgor

Dalle ore 11 alle ore 17

Chiuso Lunedì non festivi. Fino al 31 gennaio 2025 www.fellinimuseum.it

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Il 31 ottobre di trentuno anni fa moriva Federico Fellini lasciando in eredità il suo mondo universale di sogni e visioni. Una data che Rimini ha scolpita nel cuore e che quest’anno vuole ricordare con uno speciale omaggio al rapporto che il regista aveva con il suo amico e attore preferito Marcello Mastroianni, nel centenario della sua nascita. Con una carrellata di oltre 100 immagini tra foto di scena, scatti rubati sul set e qualche prezioso fotogramma, Rimini festeggia i 100 anni di Marcello Mastroianni rendendo omaggio non solo al suo talento e alla sua straordinaria simpatia umana ma al suo rapporto speciale con Federico Fellini.

Il 31 ottobre è stata inaugurata la mostra fotografica “Semplicemente Marcello. Il cinema, il fascino, lo stile di un antidivo di successo”, a cura di Laura Delli Colli, giornalista ed esperta di cinema, allestita al Palazzo del Fulgor fino al 20 gennaio. La mostra è composta da una carrellata di 120 immagini che vogliono tratteggiare il talento poliedrico di Mastroianni e la sua multiforme versatilità, qualità che siglano la storia eccezionale di uno dei più grandi attori del cinema italiano. Un talento che, grazie alla notorietà internazionale raggiunta come protagonista dei due film più iconici di Fellini, La dolce vita e 8½, lo ha imposto alla platea internazionale come simbolo dell’italian way of life.

Come in un gioco di depistaggio e di straniamento il Mastroianni dei ritratti diventa nella seconda sezione della mostra “L’altro Marcello” che sul set svela il Mastroianni della semplicità più autentica colto ne momenti di pausa, attraverso sguardi di complicità o scatti che lasciano cogliere i momenti più tesi prima di una scena che diventa il focus della terza sezione (“Marcello in scena”), che mostra il Mastroianni del grande schermo. Non poteva mancare “Il dolce cinema”, scatti tratti dai film che lo hanno fatto forse invidiare da tanti spettatori in tutto il mondo, iconiche sequenze di coppia girate insieme ad alcune tra le più belle attrici del cinema nazionale e internazionale. Per chiudere “Caro Marcellino…” sezione in omaggio al rapporto speciale con Federico Fellini che al suo amico e attore preferito era legato affettuosamente dalla stima e dall’amicizia con un ‘alter ego’ davvero speciale.

Le foto della mostra, realizzata da Laura Delli Colli con la collaborazione di Antonella Felicioni, responsabile dell’Archivio fotografico della Cineteca nazionale, provengono da: Centro sperimentale di Cinematografia, Reporters Associati & Archivi, Bridgeman Images, Collezione Maraldi, Fondazione Cineteca di Bologna, Archivio Patrizia Mannajuolo, Archivio David Secchiaroli, Archivio Emilio Lari, Archivio Franco Pinna.

Applaudito come grande attore e identificato a Hollywood come il ‘latin lover’ italiano, erede del mito di Rodolfo Valentino, Mastroianni rifiutò spesso indignato l’etichetta attribuita dai rotocalchi di irresistibile seduttore che ne accompagnò il successo. Proprio alcuni ritratti fotografici e immagini di quel fascino speciale aprono il percorso della Mostra nella prima delle cinque sezioni che la compongono intitolata semplicemente “Marcello!”, un incipit che accanto o all’ombra della celebrità arrivata con la Dolce vita, ne ricorda gli scatti delle pagine più patinate, in piazza Duomo o a Venezia o al circuito di Monza dove Mastroianni dà corpo e volto a una serie di personaggi che mascherano, a volte fino alla deformazione, quelle immagini da copertina.

LISETTA CARMI

A 100 ANNI DALLA NASCITA DI LISETTA CARMI, UNA NUOVA RETROSPETTIVA
PALAZZO DUCALE, CON UNA SELEZIONE DI FOTO INEDITE

In occasione dei 100 anni dalla nascita di Lisetta Carmi, Palazzo Ducale presenta una grande mostra dell’artista e fotografa genovese, che nel corso della sua vita ha avuto il coraggio di percorrere vie diverse dando sempre voce agli ultimi. Un viaggio che parte da Genova e dall’Italia per raccontare con il suo sguardo acuto e lucido realtà lontane e mondi in trasformazione, con inedite immagini a colori che affiancano le serie più famose in bianco e nero. A Genova, nei primi anni Sessanta, la fotografia diventa per Carmi professione quotidiana, come fotografa di scena al Teatro Stabile, e per fornire le immagini ai quotidiani, dopo gli spettacoli, sviluppava e stampava per imbucare gli scatti all’alba. Da Genova parte per i suoi lunghi viaggi, nei vent’anni che ha dedicato alla pratica fotografica, con reportages in Venezuela, India, Afghanistan, il suo obiettivo strumento per capire il mondo e la condizione umana, attraverso scatti in bianco e nero o utilizzando la potenza del colore per far emergere la verità, suprema linea guida di tutta la sua pratica fotografica. E Genova emerge nelle sue sfaccettature inaspettate, col racconto del mondo del lavoro nelle famose immagini di Genova - porto e dell’Italsider ma anche quelle, in parte inedite, dell’Anagrafe e degli aspetti della vita culturale e sociale della città. In mostra non potrebbero mancare le immagini in bianco e nero della serie I travestiti degli anni Sessanta, pubblicate nel 1972 in un libro che fece scandalo allora, ma che oggi è una pietra miliare nella storia della fotografia. Immagini ormai iconiche che saranno messe a confronto con le loro declinazioni a colori riscoperte solo nel 2017, così come la versione inedita, sempre a colori, di Erotismo e autoritarismo a Staglieno in cui il famoso cimitero genovese diventa, attraverso l’obiettivo della fotografa, ritratto della società borghese ottocentesca, con le sue contraddizioni, tra ritrattistica celebrativa e sensualità inaspettatamente in dialogo nei monumenti funebri. Genova sua città natale, dopo le recenti grandi mostre di Torino, Firenze e Londra sceglie di omaggiare attraverso una nuova lettura, questa figura dirompente di fotografa e artista, centrale nella storia della fotografia del dopoguerra.

Quando mi chiedono “Chi ti ha insegnato a fotografare?” rispondo “La vita”

MARTIN MUNKACSI THINK WHILE YOU SHOOT

“Pensa mentre scatti”, è il motto di Martin Munkacsi, maestro della fotografia ungherese al quale la galleria Paci contemporary dedicherà la sua prossima mostra dal 30 novembre 2024 al 30 marzo 2025. Il progetto è stato pensato per la sede bresciana della galleria, un grande spazio dedicato alla fotografia, e realizzata in collaborazione con la galleria Howard Greenberg di New York e con l’Estate Martin Munkacsi (NY).

Martin Munkacsi è stato uno dei fotografi più famosi al mondo. Le sue fotografie dinamiche di sport, personaggi dello spettacolo, politica e vita di strada tra la fine degli anni Venti e gli anni Trenta erano realizzate in un nuovo stile libero che catturava la velocità ed il movimento dell'era moderna.

Come giovane fotoreporter, fotografò soprattutto eventi sportivi e, alla fine degli anni Venti, lavorò a Berlino con László Moholy-Nagy ed Ernő Friedmann (che in seguito divenne famoso come Robert Capa), per riviste innovative del fiorente mercato tedesco. Dopo gli eventi del 1933 lasciò la Germania. Un contratto da Carmel Snow, l'editore di Harper's Bazaar, lo condusse poi a New York, dove fece fama e fortuna soprattutto con la fotografia di moda.

Il suo stile dinamico fu di ispirazione per tutti i fotografi a divenire, tra cui Richard Avedon, che si dichiarò ammiratore del fotografo ungherese sin da ragazzo, “Siamo tutti dei piccoli Munkacsi” disse, e per Cartier-Bresson che vide nelle sue fotografie quell’attimo colto al volo che anche lui cercherà sempre di fermare.

In esposizione più di 80 opere, scatti celeberrimi e pluripubblicati, provenienti principalmente dall’Estate Martin Munkacsi, che fanno della mostra alla Paci contemporary una delle più grandi antologiche europee mai dedicate al maestro ungherese. La mostra è accompagnata da un volume antologico edito da Dario Cimorelli Editore, con un’introduzione di Howard Greenberg e testi critici di Andrea Tinterri e Karoly Kinces.

30 novembre 2024

30 marzo 2025

OPENING

Sabato 30 novembre ore 18.30

PACI CONTEMPORARY GALLERY BORGO WUHRER

Via Borgo P. Wuhrer, 53 Brescia

Parcheggio libero (sotterraneo area rossa)

Tel. 030 2906352 info@pacicontemporary.com www.pacicontemporary.com

ANGELINA CALLAS

LA DONNA, OLTRE IL PALCOSCENICO,

Il 16 settembre 1977 Maria Callas muore a 53 anni nel suo appartamento di Parigi, dove viveva sola con l'unica compagnia dei fidatissimi Ferruccio, autista e maggiordomo, e Bruna, la domestica. Nella settimana precedente alla morte, e a più di quattro anni dall'ultima performance, la straordinaria soprano greco-statunitense fa i conti con il peso della sua fama, con il ricordo ancora forte del compagno Aristotele Onassis e, forse, con un ultimo tentativo di tornare a calcare i palcoscenici dell'opera, pur indebolita e con una voce nella quale lei per prima non riconosce più il timbro de "la Callas" e delle sue indimenticabili interpretazioni.

Chissà se quella di Pablo Larraín ha sempre voluto essere una trilogia, o se i suoi ritratti di icone femminili del ventesimo secolo - colte sul precipizio della tragedia in una perenne lotta tra identità e aspettative esterne - si sono semplicemente affastellati uno sull'altro come dei bellissimi misteri insolubili.

Fatto sta che, dopo aver visitato Jacqueline Kennedy nei drammatici momenti successivi all'assassinio del presidente suo marito, e Diana Spencer prigioniera in una casa degli orrori reali, il regista cileno aggiunge un'artista al gruppo narrando con eleganza e riserbo degli ultimi giorni di una Maria Callas brillantemente interpretata da Angelina Jolie.

Proprio la diva americana sembra quasi risolvere - nei panni di un'icona globale come la più celebre delle cantanti liriche - il grande equivoco della sua carriera, lei stessa troppo icona per essere anche attrice, condannata da un magnetismo regale a trovarsi in perpetuo eccesso dei personaggi “normali”.

Con una vita alle spalle e un successo già incastonato nella storia, Maria Callas è in quell'ultima settimana parigina un puro simbolo, che chiude gli occhi e vede il teatro, che va al ristorante per essere ammirata ma torna a casa per sentirsi amata dai suoi due protettori (Favino e Rohrwacher, di delizioso supporto). Jolie ne prende le redini con agio, canta in un'unione di voci e come tema principale sceglie la ricerca di controllo: della sua legacy come della sua privacy, delle sue emozioni e delle sue fragilità; soprattutto, del suo gran finale.

Un ritratto intimo e sublime firmato da Pablo Larraín sulla vita di Maria Callas, rivissuta e reimmaginata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni '70.

Interpretata da una incredibile Angelina Jolie, al fianco di Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher, Kodi Smit-McPhee e Valeria Golino. Dal 1° gennaio 2025 nei cinema.

Un film Fremantle prodotto da Lorenzo Mieli per The Apartment Pictures, una società del gruppo Fremantle, Juan de Dios Larraín per Fabula Pictures, e Jonas Dornbach per Komplizen Film, un’esclusiva per l’Italia Rai Cinema.

UN’ANALISI DEL MAESTRO

MARCO MONTAGNANI METTE

IN EVIDENZA QUANTO SIA

IMPORTANTE QUESTO GESTO

ABBRACCIAMOCI DI PIÙ

DA 4 A 12 AL GIORNO

LA DOSE CONSIGLIATA

L’ABBRACCIO: ECCO PERCHÉ È IMPORTANTE E COSA PUÒ COMPORTARE QUESTO GESTO ALL’ORGANISMO E ALLA MENTE UMANA

Da un minimo di quattro al giorno per dare tranquillità fino a 12 per ridurre le ansie: la produzione di ossitocine di un abbraccio (di almeno 20 secondi) aiuta l’organismo sotto tanti aspetti. Marco Montagnani, maestro di filosofia taoista, analizza i motivi e i benefici che l’abbraccio apporta.

“È volgarmente definito come l’atto di circondare qualcosa con le braccia, in realtà è un gesto di comunicazione universale che tutti utilizzano inconsciamente per avere effetti positivi sulla persona. L’abbraccio rappresenta una vera e propria forma di terapia per il corpo e per la mente. “La Hug Therapy, basata sulla filosofia del Taoismo, rappresenta un modo naturale e profondo per connettersi con l'energia vitale che permea il mondo”.

Così spiega questo apparentemente semplice gesto Marco Montagnani, Maestro di filosofia taoista che ha analizzato la questione.

“Abbracciare non è solo un gesto di affetto o conforto, ma un potente strumento di guarigione che può influenzare positivamente il corpo, la mente e lo spirito. Nel Taoismo, l’abbraccio simboleggia l’unità degli opposti – il Yin e lo Yang – che si fondono per creare equilibrio e armonia. Questo concetto di dualità è presente in tutte le cose, dalla natura agli esseri umani. L’abbraccio consente di riconoscere e accogliere queste forze opposte, promuovendo un flusso energetico che armonizza l'individuo con l'universo.

Ogni abbraccio consapevole crea un circolo di energia tra due persone, che permette di rilasciare tensioni emotive, ridurre lo stress e favorire una profonda sensazione di benessere. La fase dell’abbraccio è in assoluto la situazione che avvicina maggiormente due cuori. Durante un abbraccio, infatti, i cuori delle due persone distano soltanto due dita l’uno dall’altro in quanto è solo lo spessore dello sterno a separarli”.

I benefici della Hug Therapy

“La terapia dell’abbraccio offre numerosi benefici psicofisici, tra cui la riduzione dello stress e dell'ansia: l’abbraccio attiva la produzione di ossitocina, l'ormone della felicità, che aiuta a ridurre il livello di cortisolo nel corpo, alleviando così lo stress. Oltre a questo, l’abbraccio rappresenta un valido rinforzo del sistema immunitario: attraverso la connessione energetica, la Hug Therapy sostiene l’equilibrio energetico del corpo, favorendo un sistema immunitario più forte”.

Il miglioramento della salute emotiva: “L’abbraccio consapevole aiuta a guarire ferite emotive, a creare legami di fiducia e a migliorare la propria autostima. Infine, genera un profondo senso di pace e benessere: con il flusso equilibrato di energia, la mente si calma e si raggiunge uno stato di rilassamento profondo e rigenerante”. La Hug Therapy in pratica. Durante le sessioni di Hug Therapy guidate da Montagnani, si imparano tecniche per vivere l’abbraccio in modo consapevole e meditativo. Le pratiche includono la respirazione consapevole: durante l’abbraccio, si insegna a sincronizzare il respiro con quello dell’altra persona, favorendo un senso di connessione e unità. La visualizzazione energetica: durante il contatto fisico, i partecipanti sono guidati a immaginare il flusso dell’energia che circola tra di loro, nutrendo il corpo e lo spirito. Infine, la consapevolezza corporea dal momento che l’abbraccio diventa un momento per ascoltare il proprio corpo, rilassare le tensioni muscolari e permettere all’energia vitale, il Qi, di fluire liberamente. La Hug Therapy del Maestro Marco Montagnani, integrata con i principi del Taoismo, rappresenta una straordinaria opportunità per chi desidera esplorare una forma di guarigione olistica e di connessione umana autentica.

Marco Montagnani è un maestro di filosofia taoista, esperto in medicina tradizionale cinese e dietetica cinese. Si descrive come un semplice viandante in perenne cammino sul sentiero della vita. Autore de Il Cibo della Saggezza, (Mondadori, 2020) e de La Medicina Energetica (CEA, 2005), tiene corsi e seminari di crescita personale interiore basati sulla filosofia orientale, presso il Tempio delle Sei Armonie all’interno dell’Agriturismo Nuova Era, nel cuore delle Foreste Casentinesi (in provincia di Arezzo). L’intento di Marco è quello di rendere le persone più consapevoli e migliorare la loro qualità della vita.

PIÙ PLASTICA CHE PESCE

NEI NOSTRI OCEANI SONO PRESENTI TRA I 75 E I 199 MILIONI DI TONNELLATE DI RIFIUTI DI PLASTICA. SI PREVEDE CHE ENTRO IL 2050 LA PLASTICA SUPERERÀ LA QUANTITÀ DI TUTTI I PESCI PRESENTI NEL MARE

Secondo un recente studio riportato da GreenMatch, oltre 500 località marine sono state definite morte. Si tratta di siti dove la vita marina non potrà più esistere. Oltre 1.000 specie di animali marini sono colpite dall’inquinamento delle acque oceaniche e ben il 17% delle specie colpite dalla plastica presente negli oceani fa parte della lista rossa stilata dall’Unione Internazionale per la conservazione della Natura degli esseri marini minacciati di estinzione. Giorgia Serrati, Presidente di Icat Food, ha dichiarato: “L’impegno per la salvaguardia ambientale è una scelta irrinunciabile per il futuro del nostro Pianeta”.

L’inquinamento degli oceani viene costantemente monitorato e, negli ultimi anni, è diventato sempre più evidente e allarmante. L’attuale situazione marina è un problema globale urgente che necessita di attenzioni e interventi immediati. Ma da cosa deriva principalmente l’inquinamento marino? Si tratta di una miscela molto complessa formata da metalli tossici, plastica, petrolio, deflussi agricoli e minacce biologiche sempre più frequenti. Se gli oceani sono i polmoni della Terra, il nostro Pianeta è in serio pericolo. Oggi, le acque degli oceani sono delle vere e proprie discariche piene di elementi inquinanti. Secondo alcuni dati raccolti e analizzati da Our World in Data, OCSE e Statista, si stima che nei nostri oceani siano presenti tra i 75 e i 199 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica e ogni anno entrano nell’ambiente marino poco meno di 15 milioni di tonnellate di plastica. Se si continuerà di questo passo, nel 2050 la plastica supererà probabilmente tutti i pesci presenti nel mare. L'80% dell'inquinamento marino globale deriva dal deflusso agricolo, dalle acque reflue non trattate e dallo scarico di nutrienti e pesticidi. Il 20% dell'inquinamento da plastica degli oceani deriva dalla pesca industriale. Se queste tendenze continueranno, l'inquinamento degli oceani causato dalla plastica triplicherà nel giro di 40 anni, con rifiuti che supereranno un miliardo di tonnellate.

Nonostante la situazione sia grave in tutto il mondo, è bene sapere che si stanno compiendo sforzi concreti per permettere di salvare gli oceani. Riducendo l'uso della plastica, gestendo la pesca in modo sostenibile e mitigando per quanto possibile il cambiamento climatico, ognuno di noi può contribuire a proteggere gli oceani. Proprio in quest’ottica ha parlato Giorgia Serrati, Presidente Emerito di Icat Food, una delle maggiori aziende che lavorano con i prodotti del mare, che ha dichiarato: “Siamo consapevoli che l’impegno per la salvaguardia ambientale unito all’impegno per lo sviluppo sociale siano una scelta irrinunciabile per garantire un futuro migliore alle prossime generazioni. Vogliamo contribuire a questo impegno attraverso un modello di sostenibilità in grado di intervenire concretamente in ogni fase della nostra filiera di attività”.

Ed è proprio in quest’ottica che è stato pubblicato il Primo Bilancio di sostenibilità, una vera e propria sfida, ma anche un’opportunità per capire dove migliorare ancora. Il percorso di sostenibilità di Icat Food, infatti, è iniziato anni fa ed è frutto della volontà di far crescere l’azienda coniugando la tradizione con la sostenibilità ambientale, tutelando le risorse naturali, sostenendo le comunità e i territori di riferimento e garantendo un luogo di lavoro inclusivo e sicuro. Da più di 170 anni l’azienda lavora sul mare e per il mare nel pieno rispetto dell’ecosistema marino. Le azioni concrete messe in campo spaziano dalla riduzione dell’utilizzo dell’olio di oliva alla realizzazione di un nuovo magazzino ecosostenibile, fino all’abbattimento dell’utilizzo delle plastiche per oltre il 35% grazie all’utilizzo del “Film Green” durante la lavorazione della merce in uscita dai magazzini. Oggi le aziende con l'introduzione della CSRD hanno davvero l’opportunità di percorrere una strada orientata alla sostenibilità. Le valutazioni ESG permettono di avere una visione completa della capacità delle imprese di generare nuovo valore e di essere protagonisti di azioni e comportamenti che determinano il benessere di oggi e di domani. In ballo ci sono scelte che coprono tutti gli aspetti del fare impresa e fare sviluppo nella salvaguardia delle risorse ambientali e umane! L’uomo cresce e si salva solo salvando l’ambiente.

SECOND LIFE AGAIN

Sono Luca Ruggeri malato di Sla dal 2015; non posso mangiare, non posso bere, non posso parlare, non faccio più nessun movimento volontario e muovo solo gli occhi che mi consentono di comunicare con un tablet oculare.

PRIDE

Oggi è il terzo anno che ho l’amante. Un’amante che si è introdotta nella mia vita silenziosa come un ladro nella notte, si è messa tra me e la mia famiglia, tra me e mia moglie; non l’ho invitata, non l’ho corteggiata, nemmeno sapevo della sua esistenza, ma lei ora c’è e non se ne andrà. Viene a letto con me, si sveglia con me, mi onora della sua sgradevole compagnia. Durante il giorno è possessiva, non mi molla un minuto, è gelosa, non vuole che abbracci, che parli, che cammini in autonomia. Nonostante la mia resistenza vince sempre lei. Ora vuole farmi mangiare come vuole lei: schifezze; mi vuole magro e filiforme. Si è impossessata dei miei pensieri, della mia testa. Anche se questo è l’unico posto dove posso mandarla via, dove ancora posso vincere. Non debbo farla arrabbiare, è vendicativa e m’impedisce anche di respirare. Ho appena una consolazione, le nostre strade un giorno si divideranno ed il mio ultimo giorno sarà fortunatamente anche il suo.

È impressionante la lucidità che questa malattia t’impone, paragonabile ad un potente zoom dove gioia e sofferenza vengono amplificate quando arrivano momenti negativi, come qualche settimana fa dove un caldo insopportabile mi ha impedito di uscire. Con fatica cerco di abituarmi a respirare con la bipap - la maschera per la respirazione; non senza difficoltà imparo a comunicare con l’oculare; imparo a mangiare tutto omogeneizzato con la preoccupazione di perdere peso. Sono caduto in una tristezza profonda. Entro nello sconforto, penso che non camminerò più, che le mie mani e braccia sono utili come due rami secchi di un albero malato, che la voce è sempre più debole, che fatico a mangiare e respiro con affanno.

Tocco il fondo quando penso che il peggio deve ancora arrivare, così entro in un vortice d’angoscia ed immagino come sarebbe bello addormentarsi e non svegliarsi più.

Molte persone non hanno la minima idea di come avvicinarsi ad un malato di SLA. Vorrei dire che davanti a loro non hanno solo un uomo segnato dalla malattia, costretto su una carrozzina; davanti a loro c’è una persona che nonostante tutto sorride per mettere a suo agio chi gli è di fronte. Quello che vedono non è solo l’occasione per mostrare compassione o per ricordare quanto sono fortunati perché loro camminano, parlano, mangiano e respirano in piena autonomia: davanti a loro c’è una persona che li ascolta e li capisce forse più degli altri.

Quello che vedono è un uomo come loro, solo con problemi diversi, è un uomo che ha ancora desideri e sogni e vuole parlare, abbracciare, sorridere, confidarsi attraverso i suoi occhi.

Alcuni mesi fa si è svolta la manifestazione del Pride a Bergamo cioè nelle mie zone, questa manifestazione mi ha incuriosito e allora sono andato a cercare informazioni e un dato mi è rimasto impresso: lo scorso anno si sono svolte 50 manifestazioni del Pride, ne sono previste altre 30 quest'anno e questo solo in Italia. Ora, la domanda che mi faccio è questa, al mondo gay mancano così tanti diritti? Eppure non siamo nel ventennio fascista? O queste manifestazioni fanno parte di una moda folcloristica del mondo gay?

Non ho una risposta, ma credo che il mondo gay non sia più distanziato come diritti dal resto della popolazione direi anche finalmente! Ma esistono ancora dei pregiudizi nel confronto del mondo gay? Sì, ma purtroppo spesso sono proprio loro ad evidenziarsi a mettersi in mostra e quando vai in piazza sei tu che vuoi essere giudicato.

I Pride sono manifestazioni allegre e colorate e prive di disordini sembrano delle carnevalate tipo Rio de Janeiro. Ma queste persone che partecipano con le scarpe alla Lady Gaga praticamente due sgabelli con calze a rete munite di giarrettiera con minigonna che più mini non si può, due seni pesanti mal coperti, viso con lineamenti maschili truccate in modo esagerato da sembrare truccate da un imbianchino con il rullo e infine parrucca biondo platino... Va bene che ognuno si veste come vuole, ma queste maschere che hanno da spartire con normalità e diritti? Forse siete proprio voi del mondo gay che volete mettervi sul piedistallo far vedere la vostra diversità e se ciò sia un bene o un male non lo so, non spetta a me giudicare, ma non lamentatevi. In tantissime nazioni le persone gay vengono discriminate, sia dalla società (cosa che succede anche in Italia, dobbiamo migliorare!) sia come leggi, vorrei tanto vedere un Pride in queste nazioni, allora si mi inchinerei davanti a voi come paladini dei diritti umani e delle libertà.

2

Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare.

(Winston Churchill)

LUPUS IN FABULA

Benito Melchionna

Procuratore emerito della Repubblica

LA SCUOLA ALLA SFIDA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE

1. Serve ancora la scuola?

Da qualche tempo la madre Terra ci invia poco rassicuranti segnali (vedi, per tutti, lo shock da clima impazzito) per mostrarsi non più in grado di tollerare l’irresponsabile comportamento dei suoi figli; la cui belluina ingordigia sta infatti provocando la irreversibile compromissione della biosfera e della stessa biodiversità. Peraltro, l’uomo-macchina del mondo scristianizzato, erede del realismo meccanicistico e del materialismo edonistico, non riflette più sui valori ecologici e ancor meno sul mistero della trascendenza.

Molti, perciò, appaiono addirittura timorosi di immergersi nel mare senza sponde della spiritualità universale; e intanto, con il supporto di “esperti” laici, si limitano a imputare il progressivo distacco dalla natura alla diffusa incapacità di adattamento della nostra tormentata epoca al dominio dei pervasivi apparati tecnologici. Si pensa pertanto che tale gap valga anche a spiegare il disordinato andazzo che sta disgregando la compattezza e la sostenibilità del corpo sociale. Pertanto, non a caso, si parla di “sociofobia” e di “sociopatia”, intese quali perniciose malattie che interrompono il filo della storia, lasciando ciascuno a procedere per conto proprio. Di conseguenza, molti Stati canaglia continuano a impegnarsi nello sterminio reciproco, salvo poi ringraziare - per il compiuto massacro - un Dio nel quale evidentemente neppure credono, anche in plateale contraddizione con taluni ipocriti fanatismi di matrice religiosa e/o ideologica.

Tanto più considerato che i tempi velocizzati dei supporti informatici e informativi risultano (fino a quando?) inconciliabili con i ritmi lenti, analitici e riflessivi delle mappe neuronali cognitive ed emotive della mente umana.

L’insistito richiamo al complicato contesto epocale della transizione digitale e della rivoluzione cognitiva, in connubio con le nuove opportunità aperte dalla intelligenza artificiale cognitiva, appare come premessa indispensabile per cercare di dare risposta all’essenziale interrogativo: sarà la scuola ancora utile e capace di gestire, anche nell’immediato futuro, gli impatti socioculturali di una transizione tanto profonda?

Pertanto, in mezzo mondo si vanno affermando regimi tradizionalisti dispotici e spesso sostenuti da sistemi politici in apparenza democratici; ma che nei fatti mascherano pericolosi effimeri movimenti illiberali: criptodittature, autocrazie, oligarchie, populismi, imperialismi, nazionalismi, sovranismi, integralismi morali, e… -ismi, via delirando.

Per questo, con la Enciclica (epistola circolare apostolica) “Dilexit nos”, Dio ci ha amato (ottobre 2024), Papa Francesco ci interpella sul perché “andiamo sempre di corsa, senza sapere perché, senza legami con le persone, schiavi dell’ingranaggio del mercato”; inducendoci in tal modo a riflettere sulle inevitabili ripercussioni etiche nel nostro labirinto-laboratorio interiore.

In realtà, la frenetica evoluzione tecnologica, priva di anima e di cuore (cioè di amore gratuito), mettendoci a portata di clic le illimitate potenzialità di nuove frontiere del sapere, sta modificando radicalmente il senso e il modo di percepire il nostro stare al mondo.

2. La scuola specchio e motore di civiltà

Il provocatorio quesito di cui sopra potrebbe apparire addirittura irriverente ove sottintendesse la messa in dubbio del ruolo stesso delle istituzioni scolastiche, da sempre e dovunque considerate essenziali per tenere in vita qualsiasi forma di civiltà sul piano culturale e su quello operativo.

Balza in ogni caso evidente l’urgente necessità di sollecitare la scuola - a tutti i livelli interessati - ad andare ben oltre la funzione pedagogica svolta fino al recente passato. Quando cioè la sua funzione si limitava a favorire - in proficua alleanza educativa con le famiglie - l’aggregazione sociale di base, veicolata tramite il saper

LUPUS IN FABULA

leggere, scrivere, far di conto e la condotta irreprensibile. Il tutto finalizzato a trasmettere ai giovani una visione genuina del mondo, fondata sul buon senso, sulla disciplina responsabile e la pacifica convivenza.

Sta di fatto però che la generazione Z, tutta imbrigliata nella rete del twittare compulsivo, considera la scuola di vecchio stampo come preistoria, ormai largamente superata; ciò perché, sin dalla prima adolescenza, è oggi agevole fruire di ogni sapere pratico disponibile, grazie appunto ai sistemi informatici.

Pertanto, tali apparati potrebbero presto mandare in soffitta le selettive liturgie della scuola tradizionale, facendo così a meno di maestri spesso barbosi e insieme rigorosi, prescindendo altresì dal ricorso all’esperienza maturata dagli adulti in un mondo che non esiste più.

Allora molti ragazzi sono indotti a coltivare la spocchiosa illusione di potersi rifugiare nella superficiale solitudine della realtà virtuale, e nella falsa identità - mai matura…al punto giusto - dei social.

I più fragili restano pertanto sommersi da mille paure, quasi sempre immaginarie o comunque indotte da contesti poco ospitali e talvolta violenti, sia in famiglia che fuori. Senza poi calcolare l’angoscia e il disagio di non poter riuscire a sfuggire alla “seduzione” di svariate “dipendenze”, che tendono a corrompere e comunque a depistare ogni sano percorso di crescita.

Da qui nasce l’impellente necessità di promuovere sistemi di accoglienza e di ascolto presso le più accreditate evolute istanze di solidarietà sociale. A cominciare appunto dalla scuola, dove la crescita culturale è l’unica in grado di sconfiggere le suddette paure e di infondere il necessario coraggio (dal latino cor-cordis, cuore) idoneo ad affrontare le sfide della vita; nonché a far maturare la necessaria fortezza quale virtù cardinale, intesa a favorire la speranza della rinascita, dopo aver superato ogni crisi (dal greco, passaggio) esistenziale. A tale proposito, basti pensare all’eroico coraggio mostrato da una giovane universitaria iraniana, la quale, per contestare l’obbligo di indossare correttamente il velo come imposto dalla religione musulmana, il 3 novembre 2024 si mostrò nuda in pubblico in Teheran. Detto gesto provocò l’immediato intervento e l’arresto da parte della polizia morale, con la piena consapevolezza della giovane di sacrificarsi e avviarsi così ad un tragico destino di segregazione o addirittura di morte.

Ecco perché in ogni caso la funzione “formativa” della scuola, come quelle svolte da altre fondamentali istituzioni rappresentative, non potrà mai essere messa in discussione; essendo essa considerata in particolare, sempre e in ogni angolo del mondo, specchio ed insieme motore di qualsiasi modello di civiltà.

Specchio, in quanto la cultura è diretta espressione del sentimento popolare, forgiato dalla politica attraverso la programmazione didattica, somministrata alle nuove generazioni in linea con gli scopi perseguiti dal potere dominante. Motore inoltre, in quanto la stessa scuola potrebbe risultare a sua volta idonea a tracciare nuovi modelli di civiltà, curando adeguatamente la formazione di coscienze critiche rispetto ai poteri di turno (anche in auspicabile sintonia con il diverso importante ruolo della intelligenza artificiale).

Segue a parte il paragrafo 3: “Educare, insegnare, istruire: da Socrate a Musk”.

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