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EDITOR’S LETTER

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Aut. Trib. Bergamo n°19 del 22.06.04

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Direttore responsabile: Vito Emilio Filì Direttore editoriale: Patrizia Venerucci venerucci@editaperiodici.it Progetto grafico ed impaginazione: Paolo Biava

p. 23

Editing: Tommaso Revera Ufficio pubblicità e relazioni esterne: Tel. 035.270989 - 335 6028408

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Hanno collaborato Valentina Colleoni - Paolo Bussi - Anna Donatini Credits: Paolo Stroppa, Paolo Pellion di Persano,Claudio Abate, Archivio di Stato di Latina, Paolo Mussat Sartor, Giorgio Colombo, Korakrit Arunanondchai, Mari Katayama, Zanele Muholi, La Biennale di Venezia, Jonathan Leijonhufvud, courtesy of Migliore Servetto, AuNomdeLaRose, Giulia Benvenuto, ©Paola Lenti srl - ph. by Sergio Chimenti, Marcello Mariana

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Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta senza autorizzazione dell’editore. Edita Periodici srl 24121 Bergamo Via Bartolomeo Bono, 10 Tel. 035.270989 Fax. 035.238634 25100 Brescia Via G. Renica, 63 Tel. e Fax 030.2808528 www.EDITAPERIODICI.it

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p. 30 LA BELLEZZA CONQUISTARLA E MANTENERLA, IL BELLO PIACE A TUTTI MA LA MAGGIOR PARTE DI NOI È DISINFORMATO SU QUANTO LE NOSTRE AZIONI QUOTIDIANE INCIDANO. IN COPERTINA RITRATTO DI JANNIS KOUNELLIS

SONO ANDATA AD ASCOLTARE DEI RAGAZZI DEL LICEO CHE SI SONO ATTIVATI

NELLO STUDIO, 1969. FOTO CLAUDIO ABATE

PER FORNIRCI INFORMAZIONI SU COME AFFRONTARE NEL QUOTIDIANO IL RICICLO E COME LO SVILUPPO CIRCOLARE SIA LA STRADA DA SEGUIRE SEMPRE

JANNIS KOUNELLIS, TRAGEDIA CIVILE. THE BLACK ROSE, LUCIO AMELIO MODERN

CONIUGANDO IL PROFITTO ALL’AMBIENTE.

ART AGENCY, NAPOLI, 1975. PHOTO CREDITS

SONO INFORMAZIONI CHE CONOSCEVO MA SENTIRLE DA LORO MI HA DATO SPERANZA.

ARCHIVIO STORICO MIMMO JODICE

QUESTO É BELLEZZA.

BUONA LETTURA PATRIZIA VENERUCCI

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DIFFUSORI BLUETOOTH O ACCESSORI DI MODA?

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MADEINDESIGN.IT


Diffusore bluetooth Copenhague di Vifa Spirito vintage e look originale per questo diffusore senza fili Bluetooth. Grazie al manico in pelle singolare, ricorda una radio a transistor dal design semplificato al massimo. Copenhague è interamente rivestito in tessuto di lana Kvadrat che gli conferisce uno stile unico. Il logo in rilievo è discreto e i pulsanti del volume ricamati si fondono impercettibilmente con il tessuto. Questo diffusore senza fili vi seguirà ovunque grazie alle batterie ricaricabili integrate (5 ore d'autonomia). Copenhagen si connette via Bluetooth (aptX), Apple AirPlay o dlna (supporta Wi-Fi Direct) alla maggior parte di cellulare, tablet e PC/Mac. e la fonte musicale non supporta la trasmissione wireless, sarà possibile effettuare una connessione analogica o ottica tramite i cavi in dotazione. Il sistema musicale è semplice da utilizzare e non richiede pre-impostazione. Per preferenze specifiche, Stockholm può essere regolato con la Vifa-app, che può essere scaricata gratuitamente (app iOS già disponibile, app Android disponibile a breve). Nonostante le dimensioni contenute, Helsinki ha una notevole potenza sonora grazie ai 2 altoparlanti da 50 mm e ai 2 woofer da 80 mm, il tutto supportato da quattro radiatori passivi. Risposta in frequenza: 50 Hz et 20 kHz (+/- 3 dB). Elaborazione del segnale tramite DSP, per diminuire la distorsione e garantire un'alta precisione del suono. Dimensioni: L36.2 x H26.8 x P9 cm Prezzo: 699 euro

Diffusore bluetooth Reykjavik di Vifa Un design atipico e davvero compatto per questo autoparlante wireless Bluetooth che si presenta sotto forma di ciottolo. La sua concezione intrigante è ispirata ai paesaggi frastagliati e nebbiosi dell'Iislanda, da cui deriva il suo nome: Reykjavik. Prodotto a partire da materiali nobili e naturali, è disponibile in due versioni per unire resistenza e stile: vi si ritrova la finitura classica e di alta qualità del tessuto Kvadrat oltre che un’altra versione in alluminio grezzo anodizzato. Compatto, quest’altoparlante portatile senza fili vi segue ovunque grazie alla sua dimensione contenuta e al suo peso piuma e la sua batteria ricaricabile integrata (8 ore di autonomia). Potete anche trasportarlo a mano o agganciarlo facilmente con l’aiuto della sua elegante cinghia in cuoio. Reykjavik è dotato di Bluetooth 4.0 aptX, una porta USB per ricaricare i vostri apparecchi, un ingresso ausiliario mini-jack 3,5 mm oltre ad una batteria ricaricabile in litio Ion. Dispone anche di un microfono che permette di rispondere alla chiamate tramite bluetooth, con riduzione del rumore e degli echi e si può sincronizzare con un’altro altoparlanti Reykjavik per un effetto stereo. Nonostante le sue ridotte dimensioni, questo altoparlante ha una potenza sonora straordinaria, a 360°, grazie ai suoi tre altoparlanti larga banda: due twitters da 19 mm e un woofer da 70 mm con una risposta di frequenza da 58 Hz a 18kHz. Inoltre, quest’altoparlante integra un’elaborazione del crossover con DSP ottimizzato, per una distorsione minima e un’alta precisione del suono. Diametro: Ø13,9 x H6,5 cm Prezzo: 199 euro

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Diffusore bluetooth Helsinki di Vifa Look originalissimo per questo diffusore senza fili Bluetooth che ricorda una borsetta. Helsinki è interamente rivestito in tessuto di lana Kvadrat che gli conferisce uno stile unico. Dotato di manico in pelle e disponibile in una magnifica palette di colori, sembra un accessorio di moda. Il logo in rilievo è discreto e i pulsanti del volume ricamati si fondono impercettibilmente con il tessuto. Questo diffusore senza fili vi seguirà ovunque grazie alle batterie ricaricabili integrate (8 ore d'autonomia). Il tessuto è stato sottoposto a un trattamento anti-umidità: potrete quindi utilizzarlo all'interno come all'esterno. Bluetooth 4.0 aptX, chip NFC per favorire il pairing, entrata ausiliare mini-jack 3,5 mm e batteria ricaricabile agli ioni di litio. Nonostante le dimensioni contenute, Helsinki ha una notevole potenza sonora grazie ai 2 altoparlanti a banda larga da 50 mm e ai 2 woofer da 60 mm, il tutto supportato da due radiatori passivi. Risposta in frequenza: 58 Hz - 18 kHz (+/- 3 dB). Elaborazione del segnale tramite DSP, per diminuire la distorsione e garantire un'alta precisione del suono. Dimensioni: L21 x H15.6 x P7 cm Prezzo: 399 euro


LA STORIA DI QUELLE STRANE CASE DI MILANO A FORMA DI IGLOO NATE COME PROGETTO TEMPORANEO PER GLI SFOLLATI DEL SECONDO DOPOGUERRA, SONO ANCORA OGGI UNO DEGLI ESPERIMENTI RESIDENZIALI PIÙ CURIOSI MAI COSTRUITI IN ITALIA

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Milano Nord, dove il tessuto urbano si sfila verso Greco Pirelli e la vecchia zona industriale della città, si nasconde uno degli esperimenti residenziali più curiosi mai costruiti in Italia: le case igloo di Mario Cavallè. Siamo in via Lepanto, quartiere Maggiolina, a ridosso del cosiddetto Villaggio dei Giornalisti, alloggi e case popolari per la piccola e media borghesia milanese progettato dall’ingegnere Evaristo Stefini e realizzato da una cooperativa – composta principalmente da giornalisti, pubblicisti e avvocati – tra il 1909 e il 1912 nell’allora Comune di Greco. Un progetto nato in seguito a un editoriale pubblicato nel 1911 da Mario Cerati, direttore de Il Secolo, nel quale si denunciava come l’attenzione del governo fosse concentrata solo sulle masse operaie e sull’urbanistica popolare, mentre scarseggiavano i quartieri della media borghesia. Tra palazzine liberty a due o tre piani e ampi spazi di verde che fanno di questo quartiere il primo esempio di città-giardino in Italia, qualche anno più tardi sorsero anche gli otto igloo di cemento costruiti nel primo dopoguerra (1946) su progetto dell’ingegnere Mario Cavallè, a cui si devono anche le case a fungo del quartiere Maggiolina, demolite negli anni Sessanta, ma noto anche per essere stato uno dei massimi esperti

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di quegli anni in tema di architettura di sale cinematografiche. Modello abitativo e tecnica costruttiva delle case igloo, chiamate anche case zucca, sono un retaggio degli Stati Uniti, dove si era formato e dove, in quegli anni, era piuttosto diffusa l’architettura delle case circolari: da qui Cavallè prende spunto per progettare case a pianta circolare di circa cinquanta metri quadrati sviluppate su due livelli (seminterrato e primo piano). Il sistema costruttivo a volta, formato da mattoni forati disposti a losanghe convergenti, permetteva la massima libertà sulla disposizione degli spazi interni, dove la disposizione originaria prevedeva ingresso, bagno, due camere e cucina.

Le case a igloo e le due case fungo di Mario Cavallè alla Maggiolina piacquero agli abitanti, che decisero di rimanere ad abitarle. Negli anni Sessanta se ne paventò la demolizione, ma l’architetto Luigi Figini, che abitava nello stesso quartiere nella cosiddetta casa-palafitta, si mobilitò per evitare che venissero abbattute. Come arrivare alle case igloo di Milano: metropolitana linea Lilla, fermate Marche e Istria.

Oggi solo due case igloo hanno mantenuto questo impianto, mentre le altre hanno subito importanti interventi di ampliamento e ristrutturazione: una di loro ha un nuovo vano, accorpato all’igloo originale, destinato a bagno, mentre un’altra è stata ripensata come loft open space. Il progetto di Mario Cavallè, che oggi appare eccentrico, era in realtà piuttosto concreto: dodici unità abitative provvisorie che avrebbero potuto rappresentare una risposta veloce ai bisogni delle famiglie sfollate, con le case distrutte dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

ELLEDECOR.COM/IT/VIAGGI/A26534707/CASE-IGLOO-MILANO-STORIA


A CURA DI GERMANO CELANT

FONDAZIONE PRADA, PALAZZO CÀ DELLA REGINA, VENEZIA FINO AL 24 NOVEMBRE 2019

JANNIS KOUNELLIS A CURA DELL’ ARCH.PAOLO BUSSI

"Io sono un pittore: sono un visionario, ma non dipingo. Vorrei guadagnare la visione, cioè ciò che all'inizio era il quadro. è la visione il mestiere del pittore" affermava Jannis Kounellis, esponente di primo piano di quella che il critico Germano Celant ha definito "Arte Povera". Fondazione Prada rende omaggio all'artista con la prima grande retrospettiva dalla sua scomparsa nel 2017, allestendo una grande mostra nel palazzo di Cà Corner della Regina, sede veneziana della fondazione, fino al 24 novem-

bre 2019. Questa considerevole iniziativa, sviluppata grazie alla collaborazione dell'Archivio Kounellis, riunisce più di 60 lavori dal 1959 al 2015, provenienti dalle più importanti collezioni private e dai più prestigiosi musei, tra cui Tate Modern di Londra, Centre Pompidou di Parigi, Museum Boijmans Van Beuningen di Rotterdam e Walker Art Center di Minneapolis. Nato a Pireo, nell'Attica, a vent'anni arriva a Roma, dopo essere stato respinto dalla Scuola di Belle Arti di Atene.

Ritratto di Jannis Kounellis, Genazzano 1982. Foto Paolo Pellion di Persano

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Jannis Kounellis, Senza titolo 1969. Foto Claudio Abate

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Fin da subito Jannis evidenzia un rifiuto per i dettami della pittura del periodo, rifiutando prospettive individualistiche e rigorose, arrivando a teorizzare una elaborazione d'arte più potente, drammatica, decadente e dal forte valore collettivo. Nelle sale del primo piano nobile del palazzo veneziano sono esposte le prime opere dell'artista datate tra il 1960 e il 1966 che evidenziano una disgregazione del linguaggio convenzionale, impiegando scritte, segnali stradali, insegne prese dalla strade, frecce e numeri incisi su carta e tela. Il senso di movimento che trasmettono queste opere è lo slancio che Jannis vuole cavalcare per allontanarsi dal quadro: oltrepassare la centralità della tela, aumentando lo spazio espositivo dell'opera come Lucio Fontana. Proprio per questo le frecce e i simboli sembrano evidenziare l'insofferenza per essere racchiuso in uno spazio delineato dalla cornice, la necessità di uscire dal confine e slanciarsi verso un nuovo concetto di opera d'Arte. La teatralità di stampo ellenico e l'insofferenza per la tradizione espone Kounellis a gesti estremi, come portare 12 cavalli vivi in una galleria d'arte ed elevarli a opera d'arte vivente, non circoscritta e inamovibile, ma viva, mossa e rumorosa.


Ritratto di Jannis Kounellis, 1961. Courtesy Archivio di Stato di Latina Fondo galleria d'arte La Tartaruga

Proprio assecondando questa sua necessità, dal 1967 in poi Jannis Kounellis si avvicina al movimento denominato Arte Povera, assecondando l'esigenza di trovare un'alternativa alla tendenza geometricoornamentale astrattista e alla impostazione asettica del minimalismo. Il movimento Arte Povera prospetta tutto quello che Jannis cerca: l'utilizzo di materiali umili e semplici come terra, carbone, pietre, sacchi di juta, lana, legni ma anche di presenze viventi come uccelli o piante. Kounellis da valore estetico a ciò che prima non veniva considerato, anzi appariva come materiale di risulta o da isolare. Il mondo dell'arte fino a qui conosciuto, dominato da una elite impersonale e intransigente, viene sconvolto da una visione terrestre e popolare, intenzionalmente povera e scarna, dura e sbaragliante. Kounellis eleva, come Burri e Parmiggiani, la materia di cui è fatta la realtà ad Arte, dando dignità assoluta ad oggetti inconsiderabili dalle elite culturali. Il codice dell'arte divine corporeo, materico e sensoriale, motivo per cui l'artista aumenta la percezione del visitatore, arrivando alla dimensione sonora con l'utilizzo di spartiti musicali e alla percezione olfattiva grazie all'utilizzo di caffè e grappa. Tutto ciò sfocia in una ideazione artistica sovversiva, materica e fisica: in opposizione con la perdita di identità storica politica del secondo dopoguerra, l'arte di Kounellis esalta lo stampo classico delle sue origini, la drammaturgia che scorre nelle sue vene, ma con un' innovazione scenica contemporanea. Rinuncia a considerare l'arte una forma sterile e apollinea, ma la vuole caricare di pathos, drammaturgia, mistero: per questo si sente un pittore, nonostante realizzi pochissimi quadri, proprio perchè, come Pollock o Fontana, concepisce solamente una soluzione asimmetrica e indefinita per esprimere il proprio credo, levando le catene e sbaragliando i confini alle menti del periodo che, non va dimenticato, da pochi anni hanno superato il cataclisma della seconda guerra mondiale e della Shoah.

Ritratto di Jannis Kounellis, Galleria L'Attico, Roma 1972. Foto Claudio Abate

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Ritratto di Jannis Kounellis, Galleria Gian Enzo Sperone 1971. Foto Paolo Mussat Sartor

Jannis Kounellis, Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro 2016. Foto Michele Alberto Sereni

Ritratto di Jannis Kounellis, Venezia 1975. Foto Giorgio Colombo


Ritratto di Jannis Kounellis con cavalli, Roma 1969 Galleria L'Attico. Foto Claudio Abate

Ritratto di Jannis Kounellis nello studio, 1969. Foto Claudio Abate

Nel 1967 la nascita della "margherita di fuoco" pone al centro della composizione artistica appunto il fuoco, o meglio la combustione, che diventa una torcia, una scritta incandescente, un reticolo di fiamme negli anni di furore artistico e politico, per poi diventare miseramente una flebile fiammella o una candela con il trascorrere degli anni e con il venire meno delle speranze, schiacciate dal conservatorismo dominante. Questo sentimento drammatico e di sconforto interiore aumenta con il trascorrere del tempo, simboleggiato dalla fuliggine e dal fumo: come la fiamma e il vigore del fuoco animavano le opere del giovane artista, ora il carbone anticipa un attivismo ormai sopito, una incredulità rassegnata di fronte all'incapacità di tramutare ideali politici e sociali in azioni concrete. Un altro elemento caratterizzante è l'oro, utilizzato in differenti situazioni: in Senza titolo (tragedia civile) del 1975 fa da cornice alla mancanza dell'artista stesso che non compare nell'opera ma che ne caratterizza il senso tramite la sua assenza, rappresentata dall'attaccapanni con cappotto e cappello e dalla flebile lampada ad acetilene accesa, chissà ancora per quanto. Questo è uno dei contrasti più forti nell'arte di Kounellis: l'oro, con il suo potere e ricchezza, simbolo indiscusso di prosperità e calore, viene utilizzato per incorniciare il nulla, ovvero per esaltare la mancanza e determinare l'assenza.


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Ritratto di Jannis Kounellis, Galleria Lucio Amelio, Napoli 1973. Foto Claudio Abate

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LA BIENNALE DI VENEZIA 58. ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D’ARTE Il titolo di questa Mostra può essere letto come una sorta di maledizione, nella quale l'espressione "interesting times" evoca l'idea di tempi sfidanti e persino minacciosi. Ma può essere anche un invito a vedere e considerare sempre il corso degli eventi umani nella loro complessità, un invito pertanto che ci appare particolarmente importante in tempi nei quali troppo spesso prevale un eccesso di semplificazione, generato da conformismo o da paura. E io credo che una mostra d'arte valga la pena di esistere, in primo luogo, se intende condurci davanti all'arte e agli artisti come una decisiva sfida a tutte le inclinazioni alla sovrasemplificazione. Sono trascorsi vent’anni dalla presentazione, in queste stesse stanze, della mia prima Mostra (da Presidente) dopo l'importante riforma della Biennale del 1998. Posso dirvi sono stati tutti very interesting times. è naturale che durante questi anni, insieme a tanti altri, ci siamo spesso interrogati sul ruolo

della Biennale e sulle sfide che deve affrontare, consapevoli delle molteplici ambivalenti possibili letture del nostro lavoro (della nostra missione), che si distingue da tanti altri non per quello che si fa (Exhibitions) ma forse per lo spirito con cui lo si fa e per le modalità con cui si opera, modalità che a loro volta devono essere coerenti con quello spirito. In tempi di grandi cambiamenti è parso a tutti necessario essere attenti all'evoluzione del mondo e del mondo dell'arte. Devo riconoscere che alla guida della Biennale di Venezia siamo agevolati in questo esercizio dall'essere attivi in diversi settori artistici - dal Teatro alla Musica alla Danza al Cinema all'Architettura - non cessano mai gli stimoli, le sfide e le sollecitazioni. Come abbiamo reagito? Per essere brevi: cerchiamo di essere sensibili allo spirito del tempo ma fermi su alcuni punti. Innanzitutto siamo una mostra Internazionale, una mostra Internazionale complessa nella quale numerose mostre promosse dei paesi parteci-

panti dialogano in rapporto dialettico le une con le altre, e tutte insieme stanno in rapporto dialogico con la mostra Internazionale da noi organizzata con il nostro curatore, mostra che a sua volta deve essere aperta e senza confini di sorta. Ricordo a questo proposito che la parola "aperto" più di ogni altra risuonava tra noi negli anni iniziali e caratterizzò le nostre scelte nel 1999 e 2001: "aprire" nuovi spazi, "aprire" la mostra verso una rappresentazione dell'arte come fenomeno dell'umanità ("dAPERTutto" fu il titolo della prima di queste biennali, "Platea dell'Umanità" quello della seconda; quei titoli sono stati il sottotitolo di tutte le seguenti edizioni). Il modello fondato sull'autonomia nostra e su quella del curatore ci parve allora, come ci pare oggi, il modello più efficace per attrezzare la Mostra come uno strumento di conoscenza, imperfetto ma vitale, adeguato per vivere la complessità, consapevole delle ambivalenze che ogni fenomeno porta con sé, senza volerle negare con ricette ambigue.


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Korakrit Arunanondchai in collaboration with Alex Gvojic No history in a room filled with people with funny names 5 - 2018 Video with boychild: 3 channel video, 30:44 min. Installation: Mixed seashells, tree branches, laser harp, hazer, resin, LED lights, fabric pillows Copyright: Korakrit Arunanondchai and Alex Gvojic Courtesy: Carlos/Ishikawa, London, C L E A R I N G, New York/Brussels, Bangkok CityCity Gallery, Bangkok

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Mari Katayama Cannot Turn the Clock Back #005, 2017 C-Print 150 x 100 cm Courtesy of Mari Katayama, rin art association Š Mari Katayama


Corderie - Giulio Squillacciotti Courtesy La Biennale di Venezia Gaggiandre - Photo by Andrea Avezzu’ Courtesy of La Biennale di Venezia

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Liu Wei Microworld, 2018 Aluminium plates - Dimensions variable Courtesy Liu Wei Studio & Faurschou Foundation Beijing Photo: © Jonathan Leijonhufvud

Zanele Muholi Bona, Charlottesville, Virginia, 2015 Silver Gelatin Print 80 x 50.5cm © Zanele Muholi Courtesy of Stevenson, Cape Town/Johannesburg and Yancey Richardson, New York

Vivere la complessità significa non ridurre in schemi e formule ciò che per sua natura è molteplice e non è riconducibile a un unicum se non al prezzo di gravi rinunce. Con queste scelte di "apertura" rispondemmo vent'anni fa ai molti critici che imputavano alla Biennale con i suoi "padiglioni dei paesi" di essere fuori moda, erano anni in cui era in voga l'elogio del cosmopolitismo e della globalizzazione. Trascorsi vent'anni oggi c'è chi solleva il dubbio se il cosmopolitismo sia stato anche un modo di esercitare una sorta di dominio (soft power) da parte delle società e delle economie dominanti. Ma ancora una volta penso che l'attenzione agli artisti delle minoranze (minority artists) che consegue queste preoccupazioni debba svilupparsi nel senso di ulteriori aperture, piuttosto che lungo le ambigue vie della celebrazione delle identità

locali. E comunque non riproponendo solo una nuova moda. Nel nostro lavoro occorre dare il senso dell'evoluzione storica senza necessariamente seguire lo schema parabolico-fisiologico secondo il quale tutto nasce, cresce, decade. Occorre essere favorevoli alla rivoluzione permanente che ci è portata dalle opere e dagli artisti ma evitando schemi che fanno dell'artista un soggetto monodimensionale, agente diretto di storia ed evoluzione politica. Occorre non cadere nella trappola di farsi orientare dal mercato ma operare libere scelte e certamente evitare di compiacere il diktat delle tendenze prevalenti e, se necessario, agire in direzione opposta ai main stream del momento, ben sapendo che il mercato esiste e l'informazione che una Biennale offre finisce con l'essere anche un contributo al suo miglioramento. Intervento di Paolo Baratta Presidente della Biennale di Venezia

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FINO AL 26 LUGLIO 2019

IULM 50 – EREDITÀ E FUTURO PHOTO_COURTESY OF MIGLIORE SERVETTO

“Mezzo secolo di vita. Mezzo secolo di idee, progetti, intuizioni, passioni”, come ha ricordato il Rettore dell’Ateneo Gianni Canova. “Nei cinquant’anni trascorsi dalla sua fondazione, dall’incandescente biennio 1968/69 a oggi, IULM è riuscita a costruirsi un’identità e a guadagnarsi una reputazione che ormai godono del consenso e del riconoscimento unanime nel mondo accademico e culturale italiano: IULM, l’Università della comunicazione”. La mostra IULM 50 – Eredità e Futuro ripercorre la vita dell’Ateneo che s’intreccia alla storia di Milano, come per la riqualifcazione architettonica e culturale del quartiere in cui sorge il campus dal 1994, la Barona. Un tempo la via della sede defnitiva dell’Univer-

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sità si chiamava Filippo da Liscate, oggi è via Carlo Bo, in onore del fondatore, insieme a Silvio Federico Baridon, del Libero Istituto Universitario di Lingue Moderne. IULM 50 – Eredità e Futuro articola la narrazione in otto aree tematiche (Rettori e testimoni, Lauree honoris causa, Sedi, Comunicazione, Mostre, Eventi, Produzioni, Relazioni internazionali) allestite nell’edifcio IULM 6 in via Carlo Bo 7 al piano terra di Contemporary Exhibition Hall. Una serie di approfondimenti è a disposizione dei visitatori al piano superiore dello spazio espositivo. Ogni tema si avvale di interviste video, documenti originali che confuiranno nel nucleo dell’archivio dell’Ateneo in via di realizzazione.

LA MOSTRA DEDICATA AI CINQUANT’ANNI DELL’UNIVERSITÀ IULM

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ARCHITETTIMIGLIORESERVETTO.IT ITALOLUPISTUDIO.COM



“ART JOURNEY”

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Parte ufficialmente “Art Journey”, il progetto culturale sviluppato da Copernico – la rete di luoghi di lavoro e servizi dedicati allo smart working – che esplora interconnessioni e assonanze tra il mondo dell’arte, del business e del lavoro, all’interno di un progetto ambizioso che ha l’obiettivo di creare un nuovo orizzonte lavorativo più dinamico, più flessibile e più connesso. L’arte come veicolo per ispirare i lavoratori e migliorare l’efficienza nelle aziende e del business attraverso un percorso artistico che si svilupperà all’interno degli spazi di Copernico a Milano e Torino. Ideato e curato da Giorgia Sarti – fondatrice di diverse Gallerie d’arte tra cui Whitelight Art Gallery, nata proprio tra le mura di Copernico Milano Centrale – “Art Journey” è un percorso che si svilupperà nell’organizzazione di mostre, eventi e iniziative culturali che contamineranno tutti gli spazi di Copernico e accompagneranno ogni momento vissuto dalla sua community e non solo. Un riconoscimento del ruolo dell’arte e della creatività che va oltre le logiche note, verso una collisione tra due differenti linguaggi che genera una nuova dimensione, in cui l’impresa e il mondo del lavoro si arricchiscono di nuovi contenuti e di un moto creativo che porta innovazione e idee avveniristiche. Arte come prezioso valore aggiunto al vivere quotidiano, che permette di approcciare temi trasversali ed eterogenei tra loro, creando un dialogo multidisciplinare a sostegno della crescita delle persone e delle im-

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prese.Copernico amplia così gli orizzonti dell’esperienza lavorativa quotidiana aprendo i suoi spazi all’arte e alla cultura, offrendo l’opportunità di stimolare e attivare abilità che rendono il lavoratore più appassionato e innovativo. Allo stesso tempo, artisti e operatori dell’arte entrano in contatto diretto con il mondo dello smart working, all’interno di un’impresa aggregatrice di altre imprese e acceleratrice di innovazione, dialogando a stretto contatto con un pubblico aperto e in sintonia con i linguaggi propri dell’arte e della creatività. Tra i primi appuntamenti, il talk con l’artista e paroliere Alfredo Rapetti Mogol, l’esposizione collettiva internazionale di Mobile Art “The Beauty Myth”, la mostra personale dell’artista Eldi Veizaj “Come il Fluido che scorre, Gardenia”, la personale del fotografo Pietro Lucerni “Naked Moon” e la mostra “IN ITINERE” degli artisti Alfredo Rapetti Mogol, Riccardo Gusmaroli e Barbara Nejrotti. “Art Journey consolida un percorso di esplorazione delle interconnessioni tra l’arte e il mondo del lavoro che con Copernico abbiamo iniziato nel 2016” commenta Giorgia Sarti, curatrice del progetto. “In soli 3 anni abbiamo prodotto venti mostre ed eventi culturali all’interno degli spazi di Copernico, raggiungendo un pubblico di migliaia di persone. Con Art Journey Copernico apre la porta ad una nuova forma di sinergia arte-business. Non solo arte per l’impresa ma impresa che si offre all’arte, in una forma di apertura straordinaria senza fini di lucro, dove il fine rientra in una logica

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di un vivere migliore all’interno del luogo di lavoro”. Alla base di Art Journey c’è la convinzione che l’arte e la cultura siano tra i principali motori dell’economia in Italia: basti pensare che secondo i dati di Unioncamere, solo nel 2017 il valore del sistema culturale creativo è stato calcolato in 92,2 mld di euro (6,0% della ricchezza prodotta in Italia) con un dato in crescita del 2% rispetto all’anno precedente e un effetto moltiplicatore pari a 1,8. Ed è proprio in questo contesto che Copernico sceglie l’arte attraverso una nuova modalità di apertura, in costante contatto con la sua community: la contaminazione è tangibile e continua, un flusso di scambio inesauribile tra creatività e logiche di business. “Questo progetto si inserisce all’interno del più ampio spettro di eventi ed iniziative che Copernico organizza per la sua community di oltre 6.000 professionisti e centinaia di aziende, dedicati ad accrescere le competenze e le abilità dei professionisti che vi partecipano” commenta Federico Andrea Lessio, Chief Experience Officer di Copernico. “Art Journey nasce da un percorso interno a Copernico di sensibilizzazione verso il valore del bello all’interno del luogo di lavoro e rappresenta oggi un’esperienza pionieristica in Italia di confronto e contaminazione tra mondo dell’arte e mondo del business. Art Journey genera infatti spunti di riflessione, idee e innovazioni, fornendo ispirazioni e soluzioni utili alle attività quotidiane di imprenditori e lavoratori”.


ÉGALITÉ PHOTO_AUNOMDELAROSE

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LA BOULANGERIE DI PORTA VENEZIA CELEBRA LA PRIMAVERA CON UNA NUOVA CREAZIONE: IL “PAIN DE PRINTEMPS”, CON FRUTTA SECCA, SEMI DI LINO E DI QUINOA CARAMELLATI. É ANCHE L’OCCASIONE PER PRESENTARE LE NUOVE SALADES E SANDWICH, RICCHE DI INGREDIENTI SANI E GUSTOSI Da Égalité si festeggia la Primavera! Sbocciano le rose, esplodono i colori e alla boulangerie di Porta Venezia i profumi di stagione prendono una forma nuova e inaspettata… quella del pane! Si chiama proprio “Pain de Printemps” la nuova creazione realizzata nel laboratorio a vista di Égalité, che ogni mattina sforna oltre 15 differenti tipi tra baguettes e pane. Nel “Pain de Printemps” la farina Tradition Française proveniente della Minoterie du Trièves si unisce al lievito naturale, ai fiocchi di segale e poi al farro, all’avena, ai semi di lino e di quinoa caramellati. Completa la ricetta la frutta secca: uva, albicocca e lamponi… et voilà, il pane di Primavera è pronto per essere gustato! Il risultato è un pane autentico, profumato, pieno di note olfattive e palatali secondarie, che sprigiona una palette di sapori distinti e intensi. La naturale dolcezza della frutta lo rende ideale per la prima colazione o per concludere un pasto come piccola ricompensa, per una merenda energetica, ma anche in abbinamento a formaggi dal sapore deciso.

Da Égalité il pane di Primavera viene proposto per la prima colazione con la gelatina biologica Myrtille sauvage e Foin de Normandie, dell'artigiano Eric Ribot proveniente dal Calvados in Normandia; per pranzo e aperitivo con Beaufort (DOP) Fruitières Chabert, formaggio vaccino di pasta dura con 5 mesi di stagionatura, proveniente dalle valli elevate della Savoie o, in alternativa, con Comté (AOC) Caves de Frontenay, formaggio di montagna che nasce nel Massiccio del Giura. Il “Pain de Printemps” si distingue anche per il suo aspetto: un'unica grande forma composta da 12 piccole pagnottine (di circa 400 grammi ciascuna) che, l’una dopo l’altra, possono essere staccate dalla madre. Una soluzione ideale per condividere un picnic o una merenda all’aria aperta, in pieno spirito primaverile. Non solo gusto, ma anche salute! Il pane di Primavera è ricco di cereali e fonte di fibre, minerali e vitamine, l’ideale per vivere la bella stagione nel pieno della forma.

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Il pane di Égalité è frutto di una lunga ricerca su impasti e tecniche di panificazione. La qualità delle farine (tutte da agricoltura responsabile, prive di additivi), gli impasti ad elevata idratazione e lunga lievitazione regalano un prodotto di alta qualità e durevolezza. In particolare il “Pain de Printemps” viene lasciato a fermentare 24 ore, in modo da sviluppare a pieno tutto il suo inconfondibile sapore.

Égalité via Melzo 22, 20129 Milano Martedì – Sabato: 7.30 – 21.00 Domenica 8.30 – 13.00 t: +39 0283482318

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CETTINA BUCCA “LIBER_FW19/20 COLLECTION” La collezione “LIBER” FW-19/20, disegnata da Cettina Bucca, riporta alla meravigliosa sensazione di libertà esplorando gli infiniti universi della fantasia dell’ecclettica designer siciliana e la sconfinata immaginazione di chi l’osserva e la sceglie come un life style da indossare per raccontare la propria armoniosa femminilità. La scelta stilistica che dà vita alla collezione interpreta con delicatezza, ma allo stesso tempo con impeto, la storia di una donna che cela pensieri ed emozioni sconfinate e desideri che si trasformano in pura gioia attraverso l’esplosione di colori e di leggiadre silhouette che abbracciano il corpo come se fossero delle trame coinvolgenti di romanzi. I colori, che tingono la collezione, sono caldi e richiamano le nuance delle copertine vissute dei libri collezionati negli anni sugli scaffali, come il marrone, il ruggine, il giallo, il cammello, il rosso. Colori mitigati dalla freschezza delle tonalità azzurre, blu e panna e dalle sfumature della fantasia, del mare e del cielo. La palette cromatica, da quella più tenue a quella più scura, si combina e si intreccia in storie uniche e irripetibili, dando vita a stampe che raccontano la fonte ispiratrice di questa collezione, i libri. Accanto alle micro fantasie compaiono pattern di medie dimensioni e stampe giganti che simboleggiano segni grafici e figure geometriche abbozzate, astrazioni

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di menti affascinanti che si incontrano su frequenze mai uguali, sempre nuove. I modelli scelti sono aggraziati e rivolgono uno sguardo alpassato pur esaltando un’assoluta contemporaneità. Le forme degli abiti e dei cappotti sono morbide e ampie per la parte che richiama lo stile vintage degli anni ‘50 ai ’60, e più attillate e sagomate per i capi che esaltano con eleganza una femminilità forte ed intensa. Un intreccio di suggestioni diverse che testimoniano la ricchezza del tema che ha ispirato la collezione espressa attraverso una straordinaria mescolanza di colori, texture e fantasie. “LIBER” FW 19/20 collection, designed by Cettina Bucca, brings back to the marvellous feeling of freedom exploring the infinite universes of the eclectic Sicilian designer's fantasy and the boundless imagination of those who observe it and choose it as a life style to wear and tell your own harmonious femininity. The stylistic choice, which gives life to the collection, interprets with delicacy but at the same time impetus, the story of a woman that conceals boundless thoughts and emotions and desires that are transformed into pure joy through by the explosion of colours and graceful silhouettes embracing the

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body as if they were engaging novels.The colours, which dye the collection, are warm and recall the nuances of the covers of books collected over the years on the shelves, such as brown, rust, yellow, camel, red. Colours mitigated by the freshness of azure, blue and cream shades and by the nuances of fantasy, of the sea and the sky.The colour palette, from the softest to the darkest, combines and intertwines into unique and unrepeatable stories, giving life to prints that tell the source of inspiration for this collection, the books. Next to the micro patterns appear medium-sized patterns and giant prints that symbolize graphic signs and sketchy geometric figures, abstractions of fascinating minds that meet on frequencies never the same, always new.The chosen models are graceful and look back at the past while enhancing an absolute modernity. The shapes of the dresses and coats are soft and wide for the part that recalls the vintage style of the 50s to the 60s, and more tight and shaped for the garments that elegantly highlight a strong and intense femininity. An interweaving of different suggestions that testify the richness of the theme that inspired the collection expressed through an extraordinary mixture of colours, textures and patterns.


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MILANO “LA BELLA” ANCORA UNA VOLTA CENTRO DEL MONDO. SEI GIORNI INTENSI PER UN’UNICA CELEBRAZIONE: IL DESIGN.

PEOPLE FROM FUORISALONE A CURA DI VALENTINA COLLEONI PHOTO_GIULIA BENVENUTO


Anche quest’anno è tornato, preciso come un orologio svizzero, l’appuntamento che tanti (se non tutti) attendono più di ogni altra cosa: Il Fuorisalone. E quando parliamo di tanti - o forse sarebbe meglio dire tutti- non intendiamo in “senso figurato” ma come dato più che tangibile in quanto in quei fatidici sei giorni Milano duplica, se non triplica, la sua popolazione. Un concentrato di etnie, lingue e stili che affascina sempre, al punto che è quasi più facile perdersi ad ammirare tutto questo potpourri che non le installazioni stesse. E nessun distretto ne è escluso.Che si percorra il Brera Design District passando per zona Isola, approdando poi al Tortona District o a Lambrate+Ventura, il concetto non cambia. Forse qualche leggera sfumatura. Se nelle Cinque Vie è più facile ammirare business man tutti avvolti in perfetti completi Balmain e business woman su tacchi che sfidano la gravità, a Lambrate è più facile trovare i creativi di ultima generazione tra l’hippie e l’hipster style. In Tortona invece non potrà certo mancare il marcato accento nerd che spadroneggia senza reticenza. Ma nonostante tutte queste varietà di stile vi è una cosa che accomuna tutti quanti: la frenesia di scoprire. Perché chi passa al Fuorisalone, sia per lavoro o semplicemente per diletto, alla base è in cerca di novità e di quella bellezza unica che solo il design e l’architettura possono dare. Un’anima sola - potremmo definirla - un intreccio perfetto capace di generare “creature” uniche siano esse oggetti, sedute, mobili e quanto altro. Ciliegina sulla torta, fa il suo ingresso la tecnologia che entra a spada tratta in questo mondo di artisti e visionari, per allungare ancora di più i loro orizzonti. E, in tutto questo, la “gente” ne è protagonista. Attenta, sognatrice, distratta, visionaria, incantata ogni sfaccettatura forma una sorta di puzzle che nel suo complesso potremmo definire come il grande quadro della “People from Fuorisalone”. Non importa se le condizioni climatiche siano avverse al punto dal trasformare le strade nel miglior campo di battaglia di ombrelli dai colori variopinti - come si è visto per questa edizione 2019 - o se il traffico è talmente congestionato da costringere a code interminabili, la “People from Fuorisalone” risponde diligentemente al richiamo e si riversa nelle vie di Milano. Una città che assorbe tutte le energie di questa gente, le trasforma e le rigetta nell’aria, resa così frizzante che è impossibile non venirne contagiati.

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E così è facile perdersi nel guardare un look sbarazzino, una Audrey Hepburn versione Millennials e un anziano vestito di tutto punto con la sua macchina fotografica d’epoca che sfida code, pioggia e frenesia per immortalare l’ultima chicca del design nascente. Buffo. Buffo come una manifestazione possa accendere gli entusiasmi degli adulti, così come della miriade di bambini e ragazzini di ogni età e colore che in questi sei giorni abbiamo incrociato nel nostro peregrinare. Un dato che ci piace: in un’Italia sempre più old, il Fuorisalone è sempre più Young. Non c’è dubbio il FUTURO è tutto qui!


CONNECTING EXPERIENCES SPAZI CHE DISEGNANO IL FUTURO. MICHELE DE LUCCHI E POLTRONA FRAU PRESENTANO "CONNECTING EXPERIENCES" @POLTRONA FRAU SHOWROOM, UN PROGETTO VISIONARIO E INNOVATIVO CHE RIFLETTE SULLE NUOVE MODALITÀ DI RELAZIONE FRA UOMO E TECNOLOGIA

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A Milano, in occasione della settimana del design 2019, l'architetto Michele De Lucchi ha presentato nello showroom Poltrona Frau "Connecting Experiences", nell'ambito del suo inedito progetto "Earth Stations". In futuro, la natura delle interazioni umane sarà radicalmente diversa. L'evoluzione della tecnologia avrà un impatto sempre maggiore sulle nostre vite, modificando il nostro modo di lavorare, di vivere e di fruire gli spazi collettivi. Quale sarà la risposta dell'architettura di fronte ad uno scenario così mutato e suscettibile di ulteriori rapidi cambiamenti? Le Earth Stations di Michele De Lucchi, frutto di due anni di ricerche sul tema, si propongono come luoghi per ridisegnare le relazioni interpersonali.

Le Earth Stations di Michele De Lucchi sono architetture attive che formano una rete di interconnessioni. Sono costruite in luoghi che creano o rigenerano nodi urbani e infrastrutturali. Rispondono a stili di vita in evoluzione, dove l'intelligenza artificiale solleva sempre più l'uomo da compiti burocratici e ripetitivi, dandogli l'opportunità di creare spazi di libera espressione personale sfruttando al meglio l'enorme potenziale offerto dalla tecnologia”.

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nƺ !Ȓȸƫɖɀǣƺȸ lj ɎȸƏ Ǽƺ ǔǣǕɖȸƺ ȵǣɞ ǣȇǔǼɖƺȇɎǣ ƳƺǼǼ‫ټ‬ƏȸƬǝǣɎƺɎɎɖȸƏ ȅȒƳƺȸȇƏ‫ژ‬ƺ ȵȸȒƫƏƫǣǼȅƺȇɎƺ anche tra le più discusse. Amato per la qualità scultorea dei suoi spazi liberi dalla forma e odiato per aver spianato la strada, con i suoi edifici post bellici, all’edilizia sociale. Assieme a Mies van der Rohe e Walter Gropius, Le Corbusier ha contribuito alla creazione del Movimento Moderno. Lo stile si definisce per forme lineari, interni aperti e strutture “senza peso”. I cardini del pensiero di Le Corbusier si riassumono nei cinque principi della nuova architettura, pubblicati nel 1927. Eccoli di seguito: • I Pilotis: un reticolato di colonne che sostituisce i muri portanti, consentendo agli architetti di utilizzare maggiormente lo spazio orizzontale del pavimento. • Plan libre: una pianta libera e flessibile, in grado di adattarsi agli stili più diversi, grazie all’assenza di muri portanti. • Tetto-giardino: un tetto piano ricoperto di vegetazione, che mantiene un grado costante di umidità e regola la temperatura. • Finestre a nastro: finestre tagliate da muri non portanti, che creano fessure in grado di garantire luce e vista panoramica. • Facciata libera: sezioni aperte e chiuse che consentono alla facciata di colleǕƏȸƺ Ȓ ɀƺȵƏȸƏȸƺ ǕǼǣ‫ژ‬ƺǼƺȅƺȇɎǣ Ƴǣ ƳƺɀǣǕȇ‫ژ‬ǣȇɎƺȸȇǣ‫ژ‬ƺƳ ƺɀɎƺȸȇǣِ

LE CORBUSIER

Le Corbusier ha amato anche la nostra bellissima città di Bergamo, tanto da definire Piazza Vecchia “una delle piazze più affascinanti al mondo, non si può più toccare neppure una pietra, sarebbe un delitto”. L’architetto durante la sua visita scrisse una cartolina: “Qui niente macchine. Qui la splendida città senza ruote. Quando entro da un amico lascio il mio ombrello alla porta; i visitatori della vecchia Bergamo possono benissimo lasciare le loro ruote alla porta”. Città elegante come poche in Italia, Bergamo è un luogo riservato che chiede di essere scoperto con sguardo attento e curioso.

E I L S U O A M O R E P E R L A N O S T R A C I T TÀ A LTA

All’interno dello storico “Palazzo da Ponte”, risalente al XVI secolo, proponiamo un appartamento di rappresentanza nel borgo medievale di Città Alta. Le parti comuni già ci anticipano l’unicità di questa residenza; androne lastricato in marmo ƬȒȇ ɀȒǔˡɎɎǣ Ə ɮȒǼɎƺ ƺ ƬȒǼȒȇȇƏɎȒِ Èȇ ǕȸƏȇƳƺ ɀƬƏǼȒȇƺ ǣȇɎȸȒƳɖƬƺ ƏǼ ɀƏǼȒȇƺ ƳȒȵȵǣȒ ƬȒȇ ɀȒǔˡɎɎȒ Ə ɮȒǼɎƏ Ə ƫȒɎɎƺ ƺ ǼɖȇƺɎɎƺِ La zona living è illuminata da grandi vetrate ad arco che afǔƏƬƬǣƏȇȒ ɀɖǼ ɎƺȸȸƏɿɿȒ ƬȒȇ ɮǣɀɎƏ ȅȒɿɿƏˡƏɎȒ ɀɖ ɎɖɎɎƏ ǼƏ ƬǣɎɎơِ nƏ zona giorno prosegue con una splendida sala da pranzo con ƬƏȅǣȇȒ Ƴ‫ټ‬ƺȵȒƬƏِ Èȇ ƏȅȵǣȒ ƬȒȸȸǣƳȒǣȒ ƬȒȇ ɮƺɎȸƏɎƺ Ƭǝƺ ɀǣ Əǔfacciano su un cortile con volta a crociera ed altissimi pilastri dove un tempo passava l’antico vicolo degli anditi, conduce ƏƳ ɖȇ ƫƏǕȇȒ Ƴǣ ƬȒȸɎƺɀǣƏ ƬȒȇ ˡȇƺɀɎȸƏ Ə ƫǣǔȒȸƏ ƺƳ ƺǼƺȅƺȇɎǣ ǣȇ marmo artigianali; a seguire una saletta da tè che comunica con la cucina. Nella zona notte troviamo un’ampia camera da letto, un bagno con diversi locali accessori, una spaziosa camera padronale con due bagni en-suite con diverse cabine armadio ed apertura su ampia terrazza panoramica con colonne. L’appartamento principale è corredato da un ulteriore ampio bilocale con possibilità di ingresso indipendente. 0ۭà X(‫ژي‬á‫¨(א׎ٮ‬çh ‫! ٮ‬0‫ ي‬I ‫ זזً׎גא‬Ǹáǝٖ٢ȅ‫نت‬Ə٣ ‫¨ ٮ‬ȸƺɿɿȒ‫ڡ ׎׎׎ِ׎׎דِג ي‬

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I parchi parigini meritano sempre una passeggiata, in ogni stagione dell’anno, ma sicuramente è in primavera che danno il meglio di sé, con le loro fioriture colorate e tutte le sfumature del verde appena rinato. In particolare, da non perdere in questo periodo, il Parc de Bagatelle, dove si trova un magnifico roseto con 10.000 rose di oltre mille specie diverse, tra cui alcune delle piante più antiche e rare di tutta la Francia, un giardino di iris e bellissime aiuole di piante bulbose. Costruito nel 1775, il parco e fu realizzato in soli 64 giorni, in seguito ad una scommessa tra Maria Antonietta e il Conte D'Artois. Il Parc de Bagatelle si trova nel cuore del Bois de Boulogne, uno dei due grandissimi polmoni verdi situati alle estremità della città, insieme al Bois de Vincennes. Antico terreno di caccia del re, è la più vasta zona verde dell’ovest parigino con la sua superficie di 850 ettari. Oltre al Parc de Bagatelle, ospita l’orto botanico del Jardin des serres d'Auteuil, il ristorante stellato Pré-Catelan e il Jardin d'Acclimatation, a fianco del quale sorge da qualche anno la modernissima costruzione della Fondation Louis Vuitton, ad opera dell’architetto Frank Gehry. Per capirne meglio le dimensioni, basti pensare che al suo interno, in aggiunta alle varie strade pedonali, si estendono 28 km di sentieri per i cavalli e 15 km di percorsi ciclabili. Numerose le attrezzature a disposizione del pubblico: dalle aree gioco alle zone per il pique-nique e diversi punti ristoro, dalle biciclette alle barche a remi da noleggiare (disponibili nel Lac Inférieur), dai due ippo-

dromi al Théâtre de Verdure, uno spazio per spettacoli en plein air. Situato invece a est del centro parigino, il Bois de Vincennes è un altro immenso parco da scoprire a piedi, in bici o a cavallo, che si estende per 995 ettari tra il XII arrondissement e il comune di Vincennes. Anch’esso offre diverse attrazioni: il Parc Floreal, vero e proprio paradiso per le famiglie con i suoi spazi gioco, tra cui un mini-golf con 18 buche, e sede di numerosi eventi estivi come il Paris Jazz Festival o il Festival Classique au Vert; il castello di Vincennes, meraviglioso esempio di architettura medievale visitabile tutti i giorni; un ippodromo; l’Arboretum, museo vegetale con 1200 alberi di 650 essenze diverse; lo Zoo de Vincennes, il Jardin d'agronomie tropicale; il lago des Minimes e il lago di Daumesnil, sui quali si possono fare piacevoli gite in barca. Molto gradevole il ristorante che si trova su un’isoletta al centro di quest’ultimo, Le Chalet des Îles Daumesnil, dove è possibile riscaldarsi al fuoco del caminetto bevendo una cioccolata calda durante le passeggiate invernali, o godersi un pranzo in terrazza nella bella stagione, ammirando la vegetazione senza essere disturbati dal rumore del traffico. Al di là di questi spazi smisurati Parigi gode di molte altre aree verdi, tra cui il famoso Jardin du Luxembourg, che delimita lo chichissimo Quartiere Latino e circonda il palazzo del Senato (istituzione a cui appartiene). Tappa d’obbligo per i visitatori, resta nonostante tutto un parco molto frequentato dai parigini che, generazione dopo generazione, passeggiano tra

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i suoi viali, si fermano per una pausa al sole sulle sue sedie in ferro verde, fanno giocare i loro bambini sulle giostre, s’intrattengono tra i giardini all’inglese, si baciano all’ombra della fontana di Maria de’ Medici, si ritrovano per una partita a tennis o a scacchi… Senza dubbio questo parco rappresenta al meglio la Ville Lumière come la raffiguriamo nel nostro immaginario. Una curiosità: al suo interno si trovano anche delle arnie, gestite fin dal 1856 dalla Société centrale d'Apiculture, (che tiene anche corsi di apicultura per gli appassionati); il miele raccolto viene poi venduto presso l’Orangerie del giardino. Tra i luoghi più visitati, il Jardin des Tuileries è il più antico di Parigi. Meraviglioso giardino in stile francese, squadrato e geometrico, fu realizzato nel XVII secolo su progetto dell’architetto André Le Notre e deve il suo nome al quartiere in cui si trova, dove una volta fabbricavano le tuiles, ovvero le piastrelle. Il suo maestoso viale centrale si estende nel cuore della città, dalle aiuole dell’Arc du Triomphe du Carrousel fino a Place de la Concorde; riccamente decorato con meravigliosi gruppi di statue allegoriche di grande interesse, tra le quali alcune sono state realizzate da nomi di spicco come Rodin, Giacometti e Jean Dubuffet, nella sua parte occidentale è sede di due musei: la Galerie Nationale du Jeu de Paume, spazio espositivo dedicato all’arte contemporanea e alla fotografia, e il Musée de l'Orangerie, museo di pittura impressionista e post-impressionista, dove sono esposte opere di Cézanne, Monet, Picasso e Renoir.

A CURA DI ANNA DONATINI


Meno noto, ma sempre situato in un bellissimo quartiere, è l’incantevole Parc Monceau. Un parco rigoglioso, grazie alla presenza di alberi secolari e fiori di ogni tipo, e abbellito da un gran numero di statue in marmo di famosi personaggi francesi, soprattutto scrittori e musicisti, tra cui Guy de Maupassant, Frédéric Chopin, Charles Gounod, Ambroise Thomas, Alfred de Musset, e Edouard Pailleron. Si entra nel parco attraversando le due grandi e monumentali porte realizzate da Gabriel Davioud in ferro battuto e decorate con ornamenti dorati, che rispecchiano la sua appartenenza a un arrondissement da sempre frequentato dal ceto alto. Di particolare interesse, le Naumachie, vasca ovale circondata da un colonnato semicircolare in stile corinzio e da una ricca vegetazione; e il Pavillon de Chartres, un colonnato a pianta rotonda costruito da Claude-Nicolas Ledoux, e destinato originariamente a posto di guardia dei dazieri. Sempre nella Rive Droite, vale una visita anche il parco che si trova tra il XIX e il XX arrondissement, il Parc des Buttes-Chaumont, forse non molto popolare tra i turisti, ma molto amato dai parigini. Fu realizzato, su indicazione di Napoleone III, dal celebre barone Haussmann, che lo fece edificare sulle antiche cave di estrazione di gesso e di pietre utilizzate per la costruzione dei palazzi cittadini. Accoglie una grande varietà di specie, tra le quali alcune molto particolari, come una Sophora sulle sponde del lago, un Platano orientale del 1962, un Cedro del Libano del 1880 e un Olmo della Siberia. è popolato da una moltitudine di uccelli ed è il più ricco parco pubblico per varietà di essenza. Ricco di saliscendi, offre incantevoli prospettive sulla capitale, specialmente sul quartiere di Montmartre; un’isoletta rocciosa di 1,5 ettari si situa al centro del suo lago artificiale e, in cima ai suoi 30m di altezza si trova il Tempio della Sibilla, a cui si accede tramite un ponte sospeso. Costruito nel 1869 ispirandosi al Tempio di Vesta a Tivoli, questo tempietto si crede al centro di un pentagono mistico. Infine, una cascata conduce ad una grotta situata all’entrata di una cava sotterranea. PARC DE BAGATELLE BOIS DE VINCENNES JARDIN DU LUXEMBOURG JARDIN DES TUILERIES PARC MONCEAU PARC DES BUTTES-CHAUMONT PARC MONTSOURIS PARC DE LA VILLETTE PARCO DELLA REGGIA DI VERSAILLES JARDIN DU PALAIS ROYAL PARC DE SAINT-CLOUD

Offre diversi punti ristoro tra cui il noto bar Rosa Bonheur, che prende il suo nome dalla famosa pittrice francese omosessuale vissuta nella seconda metà del XIX secolo; situato nel cuore del parco al posto di un exguinguette, è il posto ideale per godersi l’atmosfera idilliaca e abbandonare, seppure per un po’, il caos e la folla dello stile di vita urbano, per rifugiarsi nella tranquillità e nella piacevolezza della natura. Sono molti altri i giardini, più o meno grandi di cui gode la capitale francese, come l’elegante Parc Montsouris, il più popolare Parc de la Villette, o ancora, non molto lontano dal centro, il bellissimo parco della Reggia di Versailles. Se diventa difficile citarli tutti, non si può non menzionare il Jardin du Palais Royal, piccolo gioiello che si nasconde nel quadrilatero formato dal Consiglio di Stato e il Consiglio Costituzionale francese da una parte, il Ministero della Cultura dall’altra e le gallerie con boutique di moda e antiquariato dalle quali si può accedere. I giardini, che risalgono al 1633, fanno parte appunto di Palais Royal, insieme monumentale edificato per volere del Cardinale Richelieu che lo utilizzò come propria residenza personale. Oggi il palazzo comprende, oltre al parco, le gallerie, le sedi degli enti istituzionali francesi e una sala della Comédie Française, chiamata Salle Richelieu. Di forma rettangolare, il parco è progettato con vie che si aprono tra gli alberi, una fontana centrale e varie statue e aiuole fiorite. Spiccano elementi aggiunti di recente come le fontane di Pol Bury e le discusse colonne bianche e nere di Daniel Buren, installate nel 1986 all’entrata del giardino, nella corte d’onore del Palais. Se forse il giardino di Lussemburgo e il giardino delle Tuileries sono molto frequentati dai turisti per via della loro storia e della loro posizione, in generale i parchi sono luoghi molto vissuti dagli abitanti della capitale francese che, non appena il tempo lo consente - un po’ a causa degli spazi ristretti degli appartamenti, un po’ per la breve durata della bella stagione - amano stare all’aria aperta e organizzare pic-nic in famiglia o in compagnia. A questo proposito, difficile non rimanere sorpresi da come sia diffusa, tra i parisiens di ogni età, l’abitudine di ritrovarsi per pranzare all’aria aperta e poi gozzovigliare sdraiati sull’erba. Se durante il weekend si popolano di runner e di veri professionisti del picnic, in settimana i giardini sono popolati dai più anziani del quartiere, dalle baby-sitter e dalle mamme che portano a giocare i loro bimbi nel pomeriggio. Ogni parco, infatti, è dotato di un’area giochi e di una giostra per il piacere dei più piccoli. Spesso sono presenti i pony, che si lasciano docilmente cavalcare per una breve passeggiata dai bimbi anche piccolissimi, o un teatro di marionette, tradizione ancora molto viva e amata in città, come Les Marionnettes du Champ de Mars, Le Guignol du Parc de Saint-Cloud o Le Théâtre des Marionnettes du Luxembourg. Sempre in quest’ultimo parco, famosissima la fontana con le piccole barche a vela da affittare, che ricorda le atmosfere dei quadri impressionisti. Spesso si afferma che la qualità degli spazi verdi in una metropoli è indice della qualità stessa dello stile di vita cittadino: in questo senso, i giardini parigini offrono qualcosa di davvero unico a questa splendida città.

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SCENA. Dal latino scaena, greco σκηνή: tenda, fondale del palcoscenico. Parte del teatro dedicata all’azione, delimitata da strutture che formano la scenografia particolare di ciascun atto. Una sequenza di architetture disposte come quinte teatrali per raccontare intuizioni, innovazioni e prodotti, di ieri e di oggi, in un dialogo continuo fra colore, materia e forma: è la proposta dell’azienda Paola Lenti per l’edizione 2019 del Salone del Mobile di Milano presentata negli spazi industriali di Fabbrica Orobia 15 dal 9 al 14 aprile.

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Il pensiero creativo dell’azienda, declinato in tutti i suoi aspetti — dai prodotti di arredamento alle installazioni mobili di ceramica, metallo e tessuto fino alla decorazione dell’architettura — rivela allo spettatore come tutti gli elementi che compongono questo scenario concorrano a creare un insieme coerente ed equilibrato. Forme essenziali e inedite sfumature di colore diventano materiale narrativo che l’azienda propone con trame diverse in ogni stanza, per dar vita a un personale concetto dell’abitare contemporaneo, in cui elementi diversi convivono naturalmente in inaspettate relazioni progettuali, sempre attente all’utilizzo consapevole delle risorse e dei materiali, alla sostenibilità e al rispetto per l’ambiente. Il linguaggio unico e riconoscibile dell’identità estetica Paola Lenti si esprime nella realizzazione di spazi di vita interni ed esterni fin dal 1994. Un ritmo scandito da pezzi ormai iconici che oggi convivono con originali ed esclusivi progetti finalizzati alla ricerca di una perfetta sintesi di funzionalità ed estetica. SCENA. From the latin scaena, greek σκηνή: courtain, backdrop of the stage. A part of the theater dedicated to action, which is delimited by structures that form the specific scenery of each act. A sequence of architectures in the form of theatre drapes, aimed to narrate intuitions, innovations and

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products of yesterday and today, in a continual dialogue between colour, matter and form. This is the proposal of the Paola Lenti company for the 2019 edition of the Milano Design Week in the industrial spaces of Fabbrica Orobia 15, from 9 to 14 April next. The creative sparkle of the company permeates throughout the entire proposal – from the furniture products, to the ceramic, metal and fabric installations, to the decorations of the architecture. It reveals to the spectators how all the elements interpreting this scenery contribute to the creation of a coherent and balanced wholeness. Essential forms and inedited colour hues become narrations proposing different plots in each room and visualizing the company personal idea of contemporary living. A concept where different elements naturally coexist in surprising projects always based on the mindful use of resources and materials with respect for the environment. The unique, unmistakable language and the established aesthetic identity of Paola Lenti have been expressed in the indoor and outdoor living spaces since 1994. A rhythm set by iconic pieces that coexist today with original and exclusive novelties aimed to achieve a perfect synthesis of functionality and sustainability.


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IL COLORE È UNO DEGLI STRUMENTI PIÙ POTENTI ED EFFICACI PER IL RAGGIUNGIMENTO DI QUEL BENESSERE E QUELLA FAMILIARITÀ CAPACI DI TRASFORMARE UNO SPAZIO FISICO IN UNA VERA E PROPRIA CASA In un’abitazione a misura di famiglia le scelte cromatiche devono essere volte a creare ambienti accoglienti e vivibili, che stimolino la fantasia e la curiosità di chi li abita.The Playful Living è l’originale laboratorio creativo che ha preso forma in un appartamento di 150 mq, situato presso Opificio 31 in via Tortona. Lo spazio, diviso su due livelli, è stato progettato per diventare la casa ideale dove vivere e crescere in armonia. Nulla è stato lasciato al caso: oggetti, materiali, luci e soluzioni d’arredo, sono stati accuratamente scelti per creare uno spazio in cui raccontare la vita, il gioco e il lavoro di una famiglia dei giorni nostri. Quello di Sigma Coatings all’interno del progetto è stato un compito essenziale poiché, in quanto codice espressivo del sistema emozionale umano, il colore ricopre un ruolo fondamentale nella vita individuale e sociale per il benessere di ogni persona. Toni e sfumature raccontano storie, luoghi, stili di vita, personalità e stati d’animo. Il progetto cromatico concepito secondo la nuova strategia del colore Voice of Colour di Sigma Coatings rappresenta un esempio concreto di utilizzo funzionale e consapevole del colore: le tinte sono state infatti diversificate a seconda delle destinazioni d’uso degli ambienti, per sfruttare a pieno le potenzialità benefiche del colore.

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PROJECT VILLA AGHE TYPE RESIDENZA PRIVATA LOCATION ALSERIO (CO) DATE 2017

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è la compenetrazione dei volumi a caratterizzare il progetto di Alserio, edificio privato di 750 mq disposti su 3 livelli. L’articolazione degli elementi compositivi è suggerita da tre direttrici principali, recuperate dalla morfologia del sito e dallo sviluppo prospettico: il lago da un lato, le montagne dall’altro. L’impianto si snoda su tre giaciture, come una Y il cui segmento principale è dedicato alla zona giorno: qui, l’ampio living con doppia altezza accoglie un grande camino, la cui lunga canna fumaria fa da contrappunto verticale – è alta 7 metri. La terza compenetrazione è dedicata all’acqua: una piscina interna ne traguarda una esterna, rispettando lo stesso allineamento come se si trattasse di una sola vasca. Un raccordo ideale che costruisce un gioco di corrispondenze tra dentro e fuori. La zona notte, su esplicita richiesta della committenza, ha superfici più ridotte: ambienti raccolti pensati per vivere l’intimità e il relax.

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NEL CUORE DELLO STILE ITALIANO


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